mercoledì 9 luglio 2008

Impenitenti: 33. Eric Salerno e le cronache dal Medio Oriente

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Come «Informazione Corretta» e altri media denigrano quanti criticano il sionismo, Israele, e gli Stati Uniti: Ahmadinejad - Alemanno - Aloni - Arbour - Barghouti - Barnard - Berti - Blondet - Burg - Cardini - Carter - Chiesa - Chomsky - De Giovannangeli - D’Escoto - D’Orsi - Facci - Farrahkan - Finkelstein - Giorgio - Grillo - La Russa - Michael Lerner - Gideon Levy - Luzzatto - Man - Moore - Morgantini - Morin - Odifreddi - Oz - Paci - Pannella - Pappe - Piccardo - Pillay - Prodi - Ramadan - Romano - Sabahi - Salamelik - Salerno - Sand - Schiavulli - Shamir - Spinelli - Stabile - Sternhell - Storace - Tizio - Toaff - Tutu - Vanunu - Vargas Llosa - Vattimo - Veneziani - Viola - Zanotelli -
Cosa si intende qui per Israel Lobby?
«Una coalizione informale di individui e gruppi che cerca di influenzare la politica estera americana in modo che Israele ne tragga beneficio».
Ed in Italia come stanno le cose?
Stiamo cercando di scoprirlo!
«Esistono due distinti meccanismi che impediscono alla realtà del conflitto israelo-palestinese di essere giustamente divulgata, e sono i due bavagli con cui i leader israeliani, i loro rappresentanti diplomatici in tutto il mondo, i simpatizzanti d’Israele e la maggioranza dei politici, dei commentatori e degli intellettuali conservatori di norma zittiscono chiunque osi criticare pubblicamente le condotte dello Stato ebraico nei Territori Occupati, o altri aspetti controversi della storia e delle politiche di quel Paese. Il primo bavaglio è l’impiego a tutto campo dei gruppi di pressione ebraici, le cosiddette lobby, per dirottare e falsificare il dibattito politico sul Medioriente (negli USA in primo luogo); il secondo è l’accusa di antisemitismo che viene sempre lanciata, o meglio sbattuta in faccia ai critici d’Israele» (P. Barnard, Perché ci odiano, p. 206).
Come «Informazione Corretta» e altri media presentano Israele, il Medio Oriente e la Palestina: Allam - Battista - Broder - Bordin - Buffa - Bush - Cicchitto - Colombo - Diaconale - Fait - Fallaci - Ferrara - Fourest - Foxman - Frattini - Guzzanti - Israel - Lisistrata - Livni - Loewenthal - Meotti - Morris - Nirenstein - Ostellino - Ottolenghi - Pacifici - Pagliara - Palazzi - PanellaPetraeus - Pezzana - Polito - Prister - Ranieri - Rocca - Ronchi - Santus - Sfaradi - Shalev - Steinhaus - Sussmann - Tas - Teodori - Ulfkotte - Volli - Wiesel

Ricerche correlate:

1. Monitoraggio di «Informazione Corretta»: Sezioni tematiche. – 2. Osservatorio sulle reazioni a Mearsheimer e Walt. – 3. L’11 settembre: misteri, dubbi, problemi. – 4. Rudimenti sul Mossad: suo ruolo e funzione nella guerra ideologica in corso. – 5. Free Gaza Movement: una sfida al blocco israeliano di Gaza. – 6. La pulizia etnica della Palestina. – 7. Studio delle principali Risoluzioni ONU di condanna a Israele. – 8. Cronologia del conflitto ebraico-palestinese. – 9. Boicottaggio prossimo venturo: la nuova conferenza di Durban prevista per il gennaio 2009. – 10. Teoria e prassi del diritto all’ingerenza. – 11. Per una critica italiana a Daniel Pipes. – 12. Classici del sionismo e dell’antisionismo: un’analisi comparata. – 13. Letteratura sionista: Sez. I. Nirenstein; II. Panella; III. Ottolenghi; IV. Allam; V. Venezia; VI. Gol; VII. Colombo; VIII. Morris; – 14. La leggenda dell’«Olocausto»: riapertura di un dibattito. – 15. Lettere a “La Stampa” su «Olocausto» e «negazionismo» a seguito di un articolo diffamatorio. – 16. La sotterranea guerra giudaico-cristiana dei nostri giorni. – 17. Jürgen Graf: Il gigante dai piedi di argilla. – 18. Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodologia. – 19. Analisi critica della manifestazione indetta dal «Riformista». – 20. Controappello per una pace vera in Medio Oriente. –

Versione 1.3
Status: 4.11.08
Sommario: 1. Ormai il «riassunto stampa» è la regola dei «Corretti Informatori». – 2. Senza pudore. – 3. Difesa d’ufficio nel corretto “riassunto stampa”. – 4. Cascano le braccia. – 5. Nuovo riassunto stampa. – 6. Non ci azzeccano proprio. – 7. Faziosi manifesti che si inventano l’altrui faziosità. – 8. Dramma in atto: lo sgombero di Hebron e la preparazione della guerra all’Iran. – 9.

A differenza di testate come il «Foglio», «l’Opinione» ed altre che sembrano un’emanazione di «Informazione Corretta» ovvero ne hanno il plauso godono invece di cattiva rassegna giornali come il «Manifesto» o il «Messaggero», dove in quest’ultimo caso viene particolarmente stigmatizzato Marco Berti (da non confondere con il tenore lirico) che va a sostituire Eric Salerno, entrambi colpevoli per non gradite corrispondenza dal Medio Oriente. Non si può sapere nulla di più preciso perché secondo una “corretta” ed inusuale tecnica, già rilevata, la “rassegna stampa” diventa qui “riasssunto stampa” con una scheda di merito sul dipendente impenitente. Chissà che un giorno non se ne possa ottenere il licenziamento. Non è un’esagerazione se si ricorda la pretesa di Michael Levi, il quale scriveva al presidente dell’Ordine, perché radiasse Maurizio Blondet, colpevole di non allineamento, o come si diceva in Germania negli anni Trenta di non Gleichschaltung. Esploreremo a fondo gli archivi di IC per scoprire le ragioni di tanta impenitenza da parte di Marco Berti, secondo la “corretta” e “prescrittiva” visione sionista del mondo.

1. Ormai il «riassunto stampa» è la regola dei «Corretti Informatori». – Davvero strano, contrario ad ogni principio di “rassegna stampa”, è il criterio secondo cui non viene letto l’articolo al quale ci si riferisce, ma si pronuncia un vero e proprio attacco contro il giornalista che ha scritto il pezzo non gradito. Per giunta si invitano i Lettori, meglio dire i Lapidatori, a scrivere alla redazione del “Messaggero” per protestare contro un articolo che neppure hanno letto. Il lettore tipo di «Informazione Corretta» resta quel Michael Levi che pretendeva la radiazione dall’albo di Maurizio Blondet, ma evidentemente non solo di un Blondet. Bel possono starci tutti quelli che non ottengono il Placet di IC. Ma cosa conterrà mai questo articolo di Eric Salerno. Leggiamolo:
TRIPOLI (18.7.08, p. 17 del Messaggero) - Gheddafi non ci sta. La versione, completamente modificata rispetto al progetto originale del «mio grande amico, il presidente francese Sarkosy», dell'Unione per il Mediterraneo che sarà varata domenica a Parigi è, per il leader libico, una miscela esplosiva. Ha il potenziale di provocare una vasta ondata di terrorismo jihadista perché «in quanto sbilanciato verso il Nord potrebbe apparire come una nuova colonizzazione, una nuova crociata» dell'Europa sui paesi dell'Africa. Potrebbe paralizzare tutti gli sforzi bilaterali in corso per fermare il flusso continuo d'immigranti africani verso l'Europa. E, non ultimo: «Non capisco - ha insistito più volte - quale sia l'utilità di sedere accanto a Israele se prima non sarà risolta la questione palestinese».

Con toni pacati come quando, all’inizio della sua lunga carriera alla guida di questo paese, saliva in cattedra, bacchetta e gesso in mano, per spiegare la sua visione del mondo, Gheddafi si è rivolto a un gruppo di giornalisti europei e arabi invitati appositamente a Tripoli. Una conferenza stampa cominciata con una lunga analisi (un'ora) e seguita da (mezz'ora) domande e risposte. Non sotto una tenda, per fortuna visti i quaranta e passa gradi all'esterno, ma in una sala (aria condizionata e traduzione simultanea), all'interno di uno degli edifici dentro la grande caserma Azizia, domicilio e uffici del leader nel cuore della città in rapida, frenetica, evoluzione.

Pochi minuti in giro per Tripoli sono sufficienti per assaporare il boom: cantieri edili, cartelli per indicare dove sorgeranno nuovi grattacieli e complessi residenziali per una popolazione per troppi anni costretta al sacrificio e dove, presto, nasceranno sulla sabbia grandi parchi verdi. Anche Gheddafi è apparso in qualche modo “nuovo”. La giacca bianca su camicia nera aperta sul collo ricorda quando negli anni ’70 si vestiva a Roma dal sarto Litrico. Ma una grande Africa nera sul risvolto indicava dove sono, oggi forse più di ieri, i suoi occhi e speranze. Dimagrito, volto tirato (un lifting?), capelli neri tinti come il nostro premier, barbetta e baffetti neri tinti anche loro servono a ringiovanire. Ad adattarsi in qualche modo alla nuova Giamahiria lanciata, dopo anni d’embargo voluto da Washington e un certo autoisolamento, verso l’omologazione insita nella globalizzazione che piace più ai figli del leader che non a lui.

Molto attento a non offendere i suoi colleghi europei, Gheddafi ha messo l’accento sui rapporti bilaterali, quasi sempre corretti ha detto, per spiegare come l’Unione che sta per nascere può fare più male che bene. Sarkosy aveva proposto un sodalizio dei paesi rivieraschi del Mediterraneo - «il gruppo dei 5+5 si poteva allargare a 6+6)» - ma la Germania ha imposto una scelta diversa. Un errore, secondo Gheddafi, in quanto impone a cinque o sei paesi arabi di staccarsi dai loro naturali partner come la Lega araba e l’Unione africana e sedersi in un nuovo sodalizio dove si troverebbero in totale minoranza. «Questo potrebbe essere presentato dagli islamisti estremisti come una forma di nuovo colonialismo, una nuova crociata, una nuova dominazione europea. E le conseguenze - terrorismo, odio - potrebbero essere disastrose». Gli abbiamo chiesto se l’Unione non servirebbe in qualche modo a contenere l’ondata migratoria dal Sud. «Al contrario.

La gente ci potrebbe dire: ecco ora facciamo parte della stessa unione e allora perché ci volete impedire di trasferirci dove ci pare!» «Non chiudo le porte all’Europa ma non vedo perché andare a Parigi a sottoscrivere un documento creato dagli europei senza un dialogo serio con noi. Abbiamo interessi in comune ma anche culture, religioni e politiche diverse». E una nota polemica: «Per l’Islam è fondamentale il rispetto di Gesù e Mosè, in Europa c’è chi continua a prendere in giro Maometto».
Dalla lettura integrale si riesce a capire che la sola cosa che possa dispiacere ai «Corretti Informatori» è il giudizio di Geddafi su Israele e soprattutto il fatto che il giornalista Salerno non stigmatizzi questo giudizio di terzi: è il modo in cui i «Corretti Informatori» intendono la «corretta informazione»: sempre dalla parte di Israele e sempre contro quelli che ne parlano male.

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2. Senza pudore. – Il commento è tale da non richiedere particolare analisi. Basta soffermarsi sulla frase finale: «Israele non ha mai minacciato nessuno». Ha scatenato guerre preventive, ha cacciato i palestinesi dallle loro case e dai loro villaggi, pratica l’apartheid, viola i diritti umani, pratica il terrorismo. Fa in misura più grave ciò che imputa agli altri e mente sapendo di mentire.

3. Difesa d’ufficio nel corretto “riassunto stampa”. – Per una serie di quotidiana, non avendo abbastanza soldi per comprare il giornale e digitalizzarlo, i «Corretti Informatori» ormai sostituiscono la “rassegna stampa” con il “riassunto stampa commentato”. In questi giorni è stata data la notizia ed il filmato delle normalissime e quotidiane vessazioni, quando non si va a veri e propri massacri, che i soldati israeliani usano verso i palestinesi, anche residenti in Israele. Colti eccezionalmente in flagrante gabbano la stampa internazionale con banalità di routine che esprimono oltre che il disprezzo per le vittime anche l’irrisione dell’opinione pubblica internazionale. Qui di seguito è riportato nell’ordine un articolo di Eric Salerno e subito la «difesa d’ufficio» sempre pronta da parte degli IC:

Eric Salerno su Il Messaggero
del 22.7.08 pag. 18
«Sparagli tre volte». L’ordine del tenente colonnello Omri comandante di un reggimento dell’Idf, le Forze di difesa israeliane, è stato prontamente eseguito dal suo sottoposto ma soltanto un proiettile è andato a segno. Il video della scena (su www.Haaretz.com e su altri siti non soltanto israeliani), girato di nascosto da una ragazza palestinese, non ha bisogno di commenti. Dopo una delle consuete manifestazioni di protesta pacifica contro il Muro che trancia il territorio palestinese, uno dei dimostranti, mani legate e occhi bendati, viene messo in piedi e, a bruciapelo, colpito da un proiettile speciale - metallo ricoperto di gomma - al piede. Ferita leggera, confermano tutti ma le immagini sono terrificanti nella loro fredda eloquenza e anche se il ministro della difesa Barak ha espresso parole di condanna - «Guerrieri non si comportano in questo modo» - e il soldato è finito in galera (per ora) resta il sospetto che come per il passato, la vicenda finirà per essere attribuito allo “stress” o a un “malinteso”, come si è giustificato già il colonnello Omri.
Il video, girato il 7 luglio accanto al villaggio di Na’alin, è stato distribuito da B’Tselem, nota e stimata organizzazione israeliana per i diritti umani. Sono anni che i suoi collaboratori seguono gli avvenimenti nei territori occupati e nelle comunità arabe d’Israele per denunciare episodi di violenza sulla popolazione. Le testimonianze degli arabi non sempre riescono a convincere media e tribunali israeliani e così da un anno, B’Tselem ha distribuito cento videocamere alla popolazione della Cisgiordania nel quadro del progetto “Shooting back” (gioco di parole che significa sia “Rispondere al fuoco” che “Rispondere filmando”). A riprendere l’evento di Na’alin è stata, dalla sua casa, una quattordicenne. Pochi minuti, in tutto. C’è soltanto un breve stacco quando la ragazza, sorpresa o spaventata dallo sparo, perde il controllo della camera.
Soltanto dopo la pubblicazione del video in cui sono facilmente identificabili tutti i protagonisti, dalla vittima Abu-Rahama, 27 anni, al soldato con il fucile, all’ufficiale che nella sequenza è ripreso mentre tiene fermo il palestinese, sono intervenute le autorità. Il militare è stato arrestato e interrogato. Non ha avuto problemi a raccontare come sono andate le cose. L’ordine di sparare l’ha avuto direttamente dal suo superiore e, visto il risultato, non gli è venuto in mente di potersi rifiutare di colpire un prigioniero legato e bendato. Abu-Rahama ha raccontato a B’Tselem di essere stato picchiato dai soldati e poi, non potendo vedere quello che gli accadeva intorno, non ha capito per quale motivo gli hanno sparato. È il colonnello Omri? L’ufficiale ha detto di essere rimasto sorpreso dall’accaduto. Si è trattato probabilmente di un malinteso - la sua spiegazione - il soldato deve aver capito male l’ordine.
L’esercito, ha confermato Barak, ha aperto un’inchiesta. «Cose di questo genere accadono spesso» ha confermato B’Tselem che il mese scorso aveva distribuito un altro video in cui si vedono quattro persone mascherate che aggrediscono a bastonate un gruppo di contadini nei pressi di Hebron in Cisgiordania. La polizia ha successivamente arrestato due coloni residenti nell’insediamento di Susya e sta cercando di identificare gli altri due.

Qui finisce l’articolo di Eric Salerno. Di seguito una «difesa d’ufficio» del servizio di propaganda di «Informazione Corretta», con sede in Torino, ma costantetemente collegata con Tel Aviv:

Umberto De Giovannangeli sull’UNITA’ ricorre alle dichiarazioni della pacifista Yael Dayan per ricavare dall’episodio una condanna dell’“occupazione” della Cisgiordania. Dove le truppe israeliane garantiscono la sicurezza dei civili israeliani e impediscono la presa del potere da parte di Hamas (come avvenuto a Gaza). L’ “occupazione" israeliana, al momento, è autodifesa.
Eric Salerno sul MESSAGGERO avanza preventivamente il sospetto che "come per il passato" (quando?) "l’episodio finirà per essere attribuito allo stress o a un malinteso"
Michele Giorgio sul MANIFESTO intervista il palestinese vittima dell’abuso, senza nemmeno scrivere che il soldato che ha sparato è stato arrestato.
L’intervista è un occasione per proclami propagandistici di "lotta" contro Israele.
Sullo stesso numero odierno di IC è pure apparso una penosa filastrocca di Michael Sfaradi su «l’Opinione di Arturo Diaconale».

4. Cascano le braccia. – Non potendosi più negare l'appartenenza di Livni al Mossad, come uscirne? Con un classico “embé?” nello stile dei «Corretti Informatori». Infatti, il Mossad è come la Legion d’Onore e quindi farne parte è non solo legittimo, ma onorifico. Torture, assassinii, operazioni coperte, tutto ciò che con fondamento si può attribuire al Mossad, lo si può quindi attribuire alla Livni. O almeno questa sarebbe stata la sua strada se avesse svolto interamente la sua carriera in un ambito dove sembrava avere buone attitudini. E chissà che non ne facciano parte i nostri stessi «Corretti Informatori» che non riescono a sapere se il criminale articolo apparso sul Messaggero – e da loro “correttamente” riassunto – sia o non sia Eric Salerno. Non lo sanno, ma glielo attribuisconono. Tanto rientra nello stile. Questa la sguaiata «informazione» dei nostri «Corretti Informatori», la cui attività sembra piuttosto una copertura per una diversa attività. Del resto lavorare al Mossad significa farsi onore. Sembra che la Livni sia stata indotta all’ammissione per poter presentare in questo modo i suoi titoli di esperta di sicurezza per la lotta alla successione di Olmert, dove un concorrente esibisce specifici titoli. Almeno ora sappiamo per certo e senza tema di smentita quale sia stato il curriculum della ministra Livni che si era scagliata contro Louise Arbour, l’Alto Commissario ONU per i diritti umani. Possiamo essere certi che come agente del Mossad abbia ben appreso a tutelare i diritti umani.

5. Nuovo riassunto stampa. – La solita tiritera per dire ciò che altri, in questo il giornalista salerno, può dire pensare e scrivere, per giunta senza che il Lettore della presunta “rassegna stampa” possa sapere cosa effettivamente Eric Salerno abbia scritto. Ma ciò propriamente non interessa ai Lapidatori di «Informazione Corretta» il cui compito è di lanciare sassi a comando.

6. Non ci azzeccano proprio. – Il killeraggio dei “Corretti Informatori” manca decisamente di ogni barlume di professionalità. Tutto sommato la loro azione che adesso rinnova il suo look, facendo risaltare meglio la sua dipendenza estera, produce un effetto utile in quanto allontana gli influenzabili ed ingannabili, restando circoscritta agli ideatori. Il loro strutturale vittimismo li porta immaginare che un giornalista del “Messaggero” abbia inteso negare libertà di pensiero ad alcune frangie estremiste presenti nel parlamento israeliano. Riporto per intero il testo che da “Corretti Informatori” è citato solo in una riga, sommerso da un “corretto commento” che è uno scorretto obbrobrio:
Martedì 04 Novembre 2008
il Messaggero, p. 18

GERUSALEMME - L’estrema destra israeliana si coalizza e forma un nuovo partito, per ora senza nome. La sua nascita è stata annunciata ieri a Gerusalemme.
Il nuovo partito - che si presenterà alle elezioni che si terranno il 10 febbraio prossimo - nasce dalla fusione di due formazioni presenti alla Knesset, il Partito Nazionale Religioso (Mafdal, in ebraico) e l'Unione Nazionale (Ihud Leumi, in ebraico), che insieme contano attualmente nove seggi. Al partito hanno dato la loro adesione anche altre due piccole formazioni.
Le priorità del nuovo partito saranno «il carattere ebraico dello stato, l'istruzione e l'etica ebraica», oltre, naturalmente, alla promozione degli insediamenti ebraici» in Cisgiordania. Il partito si opporrà inoltre alla costituzione di uno stato palestinese in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. I democratici israeliani, e i palestinesi, sono avvertiti.
Intanto, il ministro degli Esteri israeliano e leader di Kadima, Tzipi Livni, ha dichiarato che con le consultazioni di febbraio gli elettori decideranno anche se proseguire o bloccare i negoziati di pace.
La Livni ha detto ai membri del suo partito che il Likud, la maggiore formazione diopposizione guidata da Benjamin Netanyahu, vuole interrompere tutte le iniziative di pace, riferendosi a quelle con l'Anp e la Siria. «Non credo però che gli israeliani vogliano uno stop completo del processo di pace», ha aggiunto il leader di Kadima.
Il Likud ha presentato alla Knesset una proposta di legge per vietare ai governi di transizione di condurre trattative di pace e concedere porzioni di territorio israeliano.
Tutto questo mentre il ministro della Difesa, Ehud Barak, annuncia la linea dura contro gli insediamenti illegali. «Le forze di sicurezza agiranno fermamente contro coloro che infrangono la legge nei Territori», ha detto Barak durante un meeting del Labour. Ha anche affermato che alcuni gruppi di coloni intendono minare l'autorità dello stato e che Israele non permetterà che questo accada.
È da chiedersi se via sia una ragione per la quale i «Corretti Informatori» nella loro rinnovata testata non abbiano voluto dare tutto il testo, facilmente attingibile dalla edizione online del quotidiano romani e riproducibile con lo stesso copia e incolla limitato ad una sola riga. In effetti, leggendo tutto l’articolo si vede bene che non vi è nessuna denegazione della sacrosanta libertà del pensiero, che i “Corretti Informatori” non hanno proprio intenzione di riconoscere a nessuno che non ripeta le loro follie. Ciò che invece si nota è l’esistenza all’interno del parlamento israeliano di autentici partiti razzisti: carattere ebraico dello stato di Israele, no a qualsiasi ipotesi di stato palestinese in Gaza e Cisgiordania, tutela di quegli stessi insediamenti che il governo in carica giudica indifendibili e per i quali Israele è stata ripetutamente condannata dall’ONU. Che ci azzecca tutto questo - direbbe Di Pietro – con la libertà di pensiero di cui cianciano i «Corretti Informatori»?

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7. Faziosi manifesti che si inventano l’altrui faziosità. – Se esiste un dato di fatto indifendibile questo è costituito dagli insediamenti coloniali che si sono stratificati nel tempo con l’imbarazzo della scelta della data iniziale. Il dato che è fonte di ogni conflittualità diventa per i “Corretti Informatori” un elemento marginale e quindi tacciono di faziosità quanti riportano l’attenzione sulla sorgente del fiume che scorre a valle. Naturalmente, i «Corretti Informatori» si rivolgono ad una loro mailing list di faziosi e provocatori, la cui funzione è di inviare “corrette proteste” all’indirizzo dei giornalisti e delle loro redazioni. I “cattivissimi coloni” che vanno ad occupare i villaggi altrui, massacrandone gli abitandi con la protezione dell’esercito israeliano, sono dei poveri “capri espiatori”. L’abietto vittimismo, tipico di una certa propaganda, si ripete qui per la milionesima volta. Poiché da un poco di tempo a questa parte neppure danno il testo integrale dell’articolo, sostituendolo con un loro “riassunto stampa” riportiamo l’articolo i Eric Salerno nella sua integrità:

Lunedì 10 Novembre 2008
il Messaggero, p. 18
Israele, pace ancora lontana. Ma ora si spera in Obama. Ban ki-Moon: a Mosca nuova conferenza come Annapolis

di ERIC SALERNO

TEL AVIV - «Obama, fai pace ora» era scritto, sabato sera, su alcuni dei cartelli tenuti alti da giovani arrivati nella piazza dove, tredici anni fa, Itzhak Rabin
venne ucciso da un estremista israeliano ebreo. La maggioranza della gente, qui, guarda con sospetto al nuovo presidente americano non tanto perché nero quanto perché ha come secondo nome Hussein e un fratello musulmano, ma c’è chi spera in lui e in una spinta americana per convincere Israele a fare la pace. La speranza, a sentire Tzipi Livni, capo di Kadima e ministro degli Esteri, non è morta con Rabin. Per la pace bisognerà, però, attendere. Ieri a Sharm El Sheik, sul Sinai, dove i rappresentanti del Quartetto (Ue, Usa, Russia, Onu) hanno fatto il punto del negoziato israelo-palestinese, il segretario generale dell’Onu, Ban ki-Moon, ha fissato per la prossima primavera una nuova conferenza tipo Annapolis. Ossia un incontro internazionale che, ha spiegato il capo della diplomazia di Mosca, dovrà «portare avanti la trattativa».

Bush avrebbe voluto segnare una vittoria prima di andarsene e annunciare un accordo quadro per mettere fine al lungo conflitto ma Condolezza Rice ha dovuto ammettere che la crisi politica in Israele e la frattura all’interno della società palestinese impongono una pausa. Il 10 febbraio gli israeliani dovranno decidere se riportare al governo il centro-sinistra o premiare l’opposizione guidata dall’ex premier Netanyahu. E i palestinesi dovranno decidere se ricomporre la loro unità nazionale.
«Noi riconosciamo la necessità di uno Stato palestinese, a condizione che non sia uno Stato terroristico», ha ripetuto Livni al termine dell’incontro nella località balneare egiziana. E anche se un anno dopo Annapolis, una tardiva iniziativa di Bush, non c’è un accordo, «passi concreti e cospicui» sarebbero stati compiuti. Cosa? «Non possono essere resi pubblici in questa fase», ha detto. Il premier dimissionario Olmert non nega di aver offerto la restituzione del 95 per cento del territorio occupato (con uno scambio per il resto). E, in una lunga intervista ha esortato gli israeliani a rendersi conto che per la pace dovranno rinunciare alla parte araba di Gerusalemme. Con Abbas, ha spiegato Livni, sono stati stabiliti alcuni principi: «Niente sarà considerato concordato fino a che ogni dettaglio non sia stato concordato, e la necessità di raggiungere un accordo complessivo su tutti i temi, come deciso ad Annapolis, piuttosto che annunciare accordi su argomenti singoli».
Il dialogo diretto, dunque, andrà avanti nell’attesa del voto degli israeliani e dell’arrivo d’Obama alla Casa Bianca. Mesi difficili, incerti. La situazione a Gaza, dove la fragile tregua è stata più volte violata, è incandescente e Ehud Barak, ministro della difesa e leader laburista, spinge per un’escalation. Gli sforzi egiziani per convincere Hamas ad accettare una proposta articolata per condividere il potere con l’Autorità nazionale sono nuovamente bloccati. E Abbas, ancora ieri, ha voluto rilevare come l’attività dei coloni è un costante crescente pericolo per tutti. «Io continuo a comunicare agli israeliani la mia opposizione alla colonizzazione, chiedo loro il blocco dei raid e la fine delle violazioni contro i palestinesi». A Sharm non si è parlato di Siria o Iran ma anche i leader di questi due stati chiave per la stabilità regionale attendono Obama e di sapere se gli israeliani sceglieranno chi parla di compromessi o chi respinge il dialogo
I «Corretti Informatori» hanno censurato buona parte dell’articolo, la parte iniziale, per riportarne ciò che serve alla loro faziosità. È da chiedersi che senso abbia una simile censura. Non è certo un servizio che si rende ad un terzo neutrale che desideri solo di essere informato. Il chiaro senso è di indicare agli ascari lapidatori il bersaglio quotidiano dove lanciare pietre, cioè scrivere email, i cui contenuti si possono solo immaginare. Attività istigativa più che informativa: una «corretta istigazione». Il “diritto ad esistere”, ormai un cliché ripetuto ad ogni piè sospinto, è un’assoluta banalità priva di senso sul quale si è pronunciato Noam Chomsky, ebreo pure lui, magari di quelli che «odiano se stessi», altra insulsa banalità con cui si pensa di mettere a tacere critiche che vengono da parte di ebrei, chiaramente non sionisti, non razzisti, non coloni occupanti.

8. Dramma in atto: lo sgombero di Hebron e la preparazione della guerra all’Iran. – Tralascio gli Ottusi Commenti per riportare direttamente dal sito del Messaggero l’intero articolo di Eric Salerno, da leggere attentamente in ogni sua riga. Peccato che non sia disponibile quello di Michele Giorgio, ultroneo quello di Francesca Paci, che una volta ottiene il voto sufficiente dei «Corretti Informatori»:
Venerdì 05 Dicembre 2008
Il Messaggero, p. 19
«Piano per bombardare l’Iran senza l’appoggio Usa»
di ERIC SALERNO

TEL AVIV - Il "Jerusalem Post" parla di preparativi israeliani per attaccare l'Iran «anche senza il sostegno americano», ma la vera guerra è in corso a Hebron dove i coloni hanno vandalizzato le proprietà dei palestinesi e sparato contro gli arabi ferendone almeno tre. Venticinque tra agenti di polizia e coloni sono stati ricoverati dopo lo sgombero forzato di una casa araba illegalmente occupata dagli estremisti ebrei, quasi tutti giovani venuti anche da altri insediamenti in Cisgiordania. La tensione sui due fronti - Iran e colonie nei territori occupati - sta crescendo con l'avvicinarsi nelle elezioni politiche in Israele previste per il 10 febbraio. Il quotidiano di Gerusalemme in lingua inglese conferma, senza entrare nel dettaglio, che le forze armate stanno esaminando vari scenari e modi per colpire gli impianti nucleari israeliani senza contare sull'autorizzazione americana per attraversare lo spazio aereo iracheno. «E' un'operazione complicata - ammettono i militari - ma non impossibile». Sui tempi, ovviamente, nessun'indicazione. E molti si chiedono se, come avvenuto in passato, l'attuale governo intende agire prima del voto per guadagnare consensi.
A Hebron, sia i coloni che la coalizione in carica agiscono anche in funzione della campagna elettorale. I primi cercano di forzare la mano o di trascinare a lungo la vicenda che rischia di provocare un violento conflitto in tutta la Cisgiordania ; il governo fa la voce grossa ma permette agli estremisti nazional-religiosi di scatenarsi contro i palestinesi e cerca nel contempo di disinnescare la situazione per non favorire l'allargamento della destra. All'interno della città araba -160 mila abitanti - c'è un'enclave di 600 coloni protetta da migliaia di soldati israeliani che vengono insultati quotidianamente dagli stessi estremisti. La vicenda nuova è una casa araba di quattro piani occupata dai coloni che affermano d'averla acquistata: l'alta Corte ne ha ordinato lo sgombero giudicando falsi i contratti mostrati. Nei giorni scorsi i coloni hanno aggredito anche alcuni soldati ebrei nativi dell'Etiopia: «Non permetteremo a dei neri di cacciare via degli ebrei», il più blando degli insulti. Falliti gli sforzi per trovare un compromesso, il ministro della difesa Barak ha fatto intervenire ieri pomeriggio reparti speciali anti-sommossa della polizia mentre l'esercito isolava Hebron per impedire ad altri coloni di raggiungere la città. Lo sgombero è avvenuto rapidamente e nel giro di mezz'ora diverse decine d’occupanti sono state trascinate fuori ma i coloni hanno reagito attaccando case e negozi arabi e, almeno in un caso, sparando contro gli arabi. La radio israeliana nel descrivere le violenze dei coloni ha parlato di “pogrom” contro i palestinesi.

Le notizie non sono confortanti ed i pericoli per la pace sono crescenti. Israele appare con una variabile impazzita nell’area mediorientali. In questi anni i media hanno blaterato su armamenti inesistenti, mentre chiudono sistematicamente gli occhi sui veri armamenti di distruzione di massa, quelli di Israele.


(segue)

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