Non credo che Michael Sfaradi sia «icona sacra» del giornalismo italiano allo stesso modo in cui l’Amos Oz al quale egli si rivolge in una lettera aperta sarebbe una «sacra icona» del mondo letterario israeliano. Per me il nome Sfaradi si colloca nell’universo sionista. Con difficoltà ne ho rintracciato una foto in rete: ho bisogno di avere almeno una rappresentazione visiva delle persone di cui critico gli scritti e le posizioni politiche. È un modo per umanizzarli ed anche per stemperare i miei impeti polemici nella misura in cui mi convicno che si tratta pur sempre di essere umani, anche quando sono i peggiori nemici. I loro meriti o demeriti c dipendono per noi dal loro agire individuale. Noi in ogni caso non possiamo esimerci dall’assumere posizione risposto a ciò che sono o rappresentano. Potremmo anche decidere di ignorarli, ma ciò potrebbe significare dare ad un nostro nemico piena libertà di spararci addosso senza nemmeno sapere da dove vengono i colpi. Un’ignoranza che non paga e produce tragedie. Per questo mi occupo di agenti propagandistici di un’epoca in cui le guerre hanno bisogno di copertura giornalistica, o meglio si combattono attraverso l’informazione che viene data agli ignari o attraverso il modo in cui vengono occultati e mistificati i fatti. Il nostro vivere quotidiano è influenzato dal modo in cui i fatti ci vengono presentati. Alla nostra sete di verità certamente non offre nessun aiuto un foglio come «l’Opinione di Arturo Diaconale», che al massimo potrà esprimere la sola opinione dello stesso Diaconale e di quanti sono con lui uniti in una siffatta impresa editoriale, fra cui appunto Sfaradi da noi scherzosamente detto per questo un “diacono”, che però di recente è approdato su un altro fogliaccio finanziato dai contribuenti il “Liberal” del camaleontico Giuseppe Adornato.
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Sommario: 1. Spunti e riflessioni su una lettera aperta. – 2. L’antinegazionista Sfaradi. – 3. Il sorriso di Michele. – 4. Il Mossad come fonte giornalistica: un omicidio di Stato annunciato. – 5. Sfaradi amico di Magdi Allam. – 6. Ipocrisia di regime. – 7. Niente di nuovo. – 8. La convivenza impossibile. – 9. Un’intervista sbagliata fin dall’inizio. – 10. L’imposizione di un tributo non è un trattato di pace. – 11. Fango “Liberal” su Ilan Pappe. – 12. I “cretini” ci sono, ma esterano da un’altra parte. – 13. Documentazione supplementare. –
1. Spunti e riflessioni su una lettera aperta. – Non mi sarei soffermato su un precedente intervento di Amos Oz, che non mi è sfuggito, se non mi ci avesse indotto Michael Sfaradi, giornalista de «l’Opinone», quasi sempre citato favorelmente dai «Corretti Informatori». I suoi articoli hanno la nota dei “buoni”: «Informazione che informa» mentre i “cattivi” portano di solito la nota “Critica”. Sarà! Noi siamo autonomi e giudichiamo con la nostra testa, alla quale risultanto verità ben diverse da quelle spacciate come tali. Non voglio andare per le lunghe. Amos Oz, che non ha partecipato alla Fiera del Libro – una colpa che Sfaradi gli rmprovera – , si limita in fondo a dire che in Israele si vive male. Ovviamente che vivano male i palestinesi non vi è nessuno che lo neghi: neppure Sfaradi! Vivrebbero male anche gli israeliani di etnia ebrea, cioè l’etnia padrona che ha preso possesso coloniale di un territorio dove i palestinesi, o se si preferisce gli indigeni, vivevano da tempo immemorabile e con continuità generazionale. In fondo, la legittimità che gli israeliani rivendicano davanti al restante mondo è un vero e proprio diritto di conquista, malamente fondato ora su una deliberazione dell’ONU che in ogni caso non avrebbe avuto l’autorità di creare dal nulla stati sovrani a spese degli indigeni, poveri e indifesi; ora su un preteso diritto al risarcimento a spese di un terzo. Si dice in questo secondo caso: noi (ma chi propriamente?) saremmo stati perseguitati dai nazisti, dagli europei, dal mondo intero e per questo abbiamo diritto ad uno stato tutto nostro, a spese di indigeni cui si nega perfino l’identità di popolo, ed inoltre con diritto ad un flusso immenso di risorse e di armamenti. Non senza fondamento l’ebreo Norman G. Finkelstein ha parlato di vera e propria «Industria dell’Olocausto», che non ha soltanto un carattere pecuniario, ma che ha inaccettabili conseguenze su una visione autorativamente imposta circa la storia del Novecento. Si pretende con legge e con ogni mezzo di imporre una Memoria di parte, costruita ad arte, a chiunque altro. E se qualcuno si azzarda a partorire nella sua mente pensieri non “corretti”, scattano i fulmini della diffamazione, dell’emarginazione, perfino del carcere. Beninteso senza nessun altra colpa che quella di pensare fuori dai binari prefissati.
Della insostenibilità morale di questa posizione Amos Oz deve essersi accorto e non ne ha fatto mistero, pur restando egli un ebreo che risiede su una terra che non era la sua. Ho letto da qualche parte che in Gerusalemme vi sono abitazioni dove ne sono stati scacciati i precedenti legittimi proprietari e vi si sono insediare iure bellico i conquistatori. Non so dove Amos Oz abiti in Israele, ma nei suoi panni non mi sentirei moralmente a mia agio ad abitare in una casa simile, magari con i vecchi proprietari o qualche discendente che ogni giorno passando dalla casa fissi sopra gli occhi su di essa e sui nuovi occupanti. Il disagio morale che un Amos Oz pare esprima è il minimo che ci possa aspettare da una persona che ancora conservi un briciolo di umanità. Che di umanità ve ne sia poca in Gerusalmemme e fuori mi è capitato di pensarlo alcuni giorni fa, aprendo l’audio-video di una incredibile relazione di un anziano signore, di nome Fubini, il quale pretendeva di offrire lumi al suo Eletto Uditorio riguardo i presunti diritti dei beduini del Negev. L’anziano signore con un’aria invero irritante di sufficienza commentava il fatto che i beduini del deserto non avessero documenti catastali per comprovare la loro proprietà. Ebbene, si immagini una simile pretesa nei confronti degli aborigeni australiani, che risiedono nelle loro tempi fin dalla preistoria. Vi è da ridere più che se si trattasse della più indovinata delle barzellette. Ma è questa la realtà di Israele, l’«unica» democrazia del medio Oriente.
Ma la coscienza e sensibilità morale di un Michael Sfaradi è evidentemte diversa da quella di Amos Oz, al quale in pratica dà del visionario. Ed a dimostrazione di ciò indica il fatto che quando ha
voglia di andare a mangiare in qualche ristorante, di andare al cinema o al teatro, devo sempre prenotare con largo anticipo perché sperare di trovare un posto libero all’ultimo momento è una vera utopia.Magari a quel ristorante ci è andato percorrendo una strada riservata a soli ebrei, secondo quanto ci fa sapere Shulamit Aloni con la sua inconfutabile testimonianza:
Vivere in una città simile per me sarebbe un incubo, non un’utopia. Tanto più che Sfaradi sembra clamorosamente smentito dai fatti. È di ier sera l’immagine di un buldozer guidato da un palestinese suicida che si è scagliat contro un autobus facendo morti e feriti, prima di essere a sua volta ucciso, da un poliziotto israeliano, che certo non si è posto il problema di neutralizzare l’uomo, come si vede nei buoni film di propaganda. Eccolo l’altro elemento di riflessione: perché un uomo, sano di mente, va così consapevolemnte incontro alla morte? La diffamazione non mi piace quando è fatta verso i vivi. Ancor meno mi piace quando è rivolta ai morti o a chi sa di andare incontro alla morte. Se Sfaradi può esprimere la sia opinione scrivendo sul foglio di Diaconale, vi è chi esprime il suo pensiero con il sangue, facendo sacrificio innanzitutto della sua vita. Se a queste persone fosse data loro diversa possibilità di esprimersi, forse non ricorrerebbe a tanto. Ma sono “terroristi” e per principio non possono né parlare né essere ascoltati.L’apartheid esiste davvero qui. E il nostro esercito non è “l’esercito più morale del mondo”, come ci dicono i comandanti. Sia sufficiente ricordare che ogni cittadina e ogni villaggio si sono trasformati in centri di detenzione e che ogni ingresso e ogni uscita sono stati chiusi, escludendoli dal traffico sulle grandi vie di comunicazione. Come se non bastasse il divieto ai palestinesi di percorrere, sulla loro terra, le strade asfaltate “solo per ebrei”, l’attuale generale in capo ha trovato necessario appioppare, con una “proposta ingegnosa”, un altro colpo a chi è nato lì. Nemmeno gli attivisti umanitari possono trasportare palestinesi.
Vi è un facile confronto che può fare anche un bambino. Tutti sappiamo cosa è la CIA o il Mossad. Vi sono libri attendibili – in ultimo Chamers Jonhson – che descrivono la CIA come un servizio alle sole dipendenze del presidente amricano e adibite per le operazione “coperte”. Per loro uccidere e torturare altri uomini al di là di tutte le leggi consacrate e sbandierate non è un problema. Ma i sicari di stato sono pagati per i loro omicidi di stato. È questo un vero e proprio terrorismo di stato. Il kamikaze del buldozer non era pagato da nessuno! Per il danaro si può far tutto. Ci si può pure vendere l’anima. Ma il danaro lo si deve spendere e non ha senso un danaro che non si può spendere perché si è scelto di morire. Chi non è capace di riflettere su tanta disperazione probabilmente non vuole riflettere affatto. Si vuole illudere andando al ristorante, magari augurandosi che all’uscita non si trovi davanti un buldozer impazzito. Tuttavia, Sfaradi tradisce la sua cattiva coscienza, quando allude ad una possibile pace accettata solo per “rassegnazione” dai palestinesi oppressi. È la cattiva coscienza del mancato genocidio totale del popolo palestinese nel silenzio del mondo, quel silenzio che si cerca di ottenere attraverso un controllo dei media di cui neppure il fascismo ed il nazismo erano capaci. Da Gerusalemme se ne andato, non volendoci vivere, un persona non certo sprovveduta, quale sarebbe – secondo Sfaradi – un Amos Oz. Se ne andato Avraham Burg che ha definito Israele uno stato alla nitroglicerina, dove forse è possibile vivere ancora, a patto di affogare nel vino la propria coscienza morale, di chiudersi gli occhi con fette di prosciutto, di tapparsi le orecchie magari con pistacchi impastati di burro.
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2. L’antinegazionista Sfaradi. – Il link offre l’accoppiata sionsita Sfaradi/Israel. È da chiedersi a quali lettori potrebbe interessare l'articolo di Michael Sfaradi su “l’Opinione di Arturo Diaconale”, che è poco più di un foglio governativo israerliano, riportandone sempre i punti di vista e le pulsioni. Non capita mai di poter leggere su questa testata, ahimé finanziata con i soldi di noi contribuenti, un punto di vista appena un poco neutro. Ormai mi vado sempre più convivendo che l'unica via di uscita eticamente e politicamente possibile in Palestina è la creazione dello Stato Unico, ma ciò significherebbe la fine dello Stato ebraico e del regime di apartheid. Una soluzione inaccettabile per il sionismo dentro e fuori Israele. L’articolo di Sfaradi non ha nessun valore sul piano dell’analisi storico-politica, ma è in sè un documento della mentalista sionista. Ed è per questo che lo registriamo ed analizziamo.
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3. Il sorriso di Michele. – Da una Google alert attingiamo qualche notizia su Michael Sfaradi, cui abbiamo già inviato una nostra critica alla sua “Lettera aperta ad Amos Oz”: se è “aperta”, vuol dire che tutti la possono leggere e dire ciò che ne pensano. Non lo abbiamo fatto e lo abbiamo mandato a dire a Michele, della cui biografia apprendiamo al link qui dato:«Michael Sfaradì, israeliano di origine italiana in visita a Roma, corrispondente da Gerusalemme con L'Opinione delle libertà e con Liberal. Sfaradì è anche uno scrittore esordiente, autore di un interessante romanzo di genere : "Il sorriso della morte" (Fratelli Frilli editore), un giallo ambientato nel mondo dello spionaggio e del controspionaggio mediorientale». Appunto! Sulla morte Michele può solo sorridere. E viene da sorridere amaramente sull’orchestrazione mediatica dello scambio di bare. Il macabro non ci attrae, ma altri sanno speculare molto bene sulla morte. Sono specializzati.
4. Il Mossad come fonte giornalistica: un omicidio di Stato annunciato. – In un articolo che non informa, ma lascia ben trapelare le simpatie politiche di chi scrive, sono qui evidenziati un paio di passaggio dove a) si rileva l’esistenza di un Mossad quale fonte giornalistica di notizie:
Alcuni esponenti del Mossad, il servizio segreto israeliano, parlando anonimamente con dei giornalisti del quotidiano Maariv, hanno volutamente fatto trapelare quale è il sentimento in seno agli agenti operativi e nei gruppi combattenti dell’esercito.e b) si annuncia un prossimo omicidio di stato:
La loro dichiarazione è stata breve, ma non lasciava dubbi: “ Peres non ha firmato la grazia per Kuntar, ma la sua condanna a morte; Samir Kuntar è un morto che cammina.”E dire poi che terroristi sono gli altri. Troviamo qui l’ammissione di un omicidio di stato annunciato. Da questo momento fisseremo le lancette dell’orologio per ricordarci la data dell’evento ora annunciato. Questo si chiama terrorismo di stato. Abbiamo avuto il caso di un noto giornalista intricato in traffici con i servizi segreti e per questo espulso dall’ordine dei giornalisti. Non ho seguito bene il caso, ma il giornalista in questione scrive ancora ed esprime le sue opinioni, regolarmente riportate nelle rassegne stampa.
5. Sfaradi amico di Magdi Allam. – Ne ero certo senza propriamente saperlo, ma è lo stesso Sfaradi che andando al link lo si vede pubblicamene iscritto all’anagrade degli “Amici di Magdi Allam” con annessa motivazione: «Perché aderisco all’associazione “Amici di Magdi Cristiano Allam”? Perchè da ebreo ho bisogno di sapere chi mi è amico, e Magdi ha dimostrato di essermi amico anche se non mi conosce. Iscrivermi è il mio modo di ringraziarlo per questa amicizia». Possiamo essere certi che nella sua nuova veste Cristiana il nostro Magdi oscurerà la santità di padre Pio e dunque essersi registrati per tempo fra i suoi fedeli è segno di matura preveggenza. Ma la dichiarazione di Sfaradi si presta a qualche considerazione. Lui dice che da “ebreo” ha bisogno di sapere chi gli è “amico” e dunque si suppone che chi non gli risulti amico debba essere automaticamente “nemico”, ovvero se è amico dei palestinesi vittime degli “ebrei” d’Israele o anche della Diaspora debba essere necessariamente suo “nemico”: o con me o contro di me sembra essere la superiore Eletta Etica di Michael Sfaradi.
Come “italiano” non mi sono mai posto il problema di chi mi fosse amico o nemico, sapendo l’Italia essere un paese in pace e non in stato di guerra. In quanto persona, concreto individuo con i suoi pregi ed i suoi difetti, so di poter essere simpatico o antipatico ad altri individui, ma la simpatia o antipatia che suscito mi appartiene in quanto concreto individuo e non tocca per nulla il mio essere italiano. Stando a sentire Michael Sfaradi, ed il suo amico Madgi Cristiano Allam, la cosa per gli “ebrei” funziona diversamente. Credo che dobbiamo preoccuparcene e prestare la dovuta attenzione. Se dal ragionamento di Sfaradi/Allam, si devono trarre le logiche conseguenze, ogni volta che incontriamo un ebreo ci si pone in una classica contrapposizione di amico/nemico. Che ciò accada in Israele, forse può essere concepibile, ma che accada in Italia è inammissibile. Può semplicemente significare – e temo significhi – che una ben individuabile Lobby voglio spingere in guerra l’intero popolo italiano, cioè oltre 50 milione di cittadini di cui appena un 40.ooo sono di religione ebraica, dico religione ebraica e non cittadinanza israeliana.
Esiste una gran confusione, spesso un gioco truffaldino di mescolamento delle carte, fra concetti diversi come antiebraismo, antisemitismo, antisionismo, antisraelismo. È importante saper distinguere.
6. Ipocrisia di regime. – Ho appena redatto un rapido testo di dissenso critico contro l'articolo di Sfaradi pubblicato da l’«Opinione di Arturo Diaconale» (sic: quanto ce ne può importare di una simile opinione, per giunta pagata con i soldi nostri). Il leit-motiv ormai stantio è costituito dall’uso del termine terrorista per delegittimare ogni forma di resistenza. Di certo non si va per il sottile e la crudeltà genera crudeltà, ma la crudeltà maggiore resta resta il cinismo con il quale dal 1948 in poi si è ritenuto di poter rivendicare il diritto ad una tardiva forma di colonizzazione e occupazione dei territori palestinesi. L’ideologia che sta alla base di una simile guerra di aggressione, che continua ancora oggi e che ci vuole sempre più coinvolti nelle intenzioni di un propagandista come Sfaradi, è invero alquanto fragile. Ma non è nella logica o nel senso di giustizia che essa si basa, bensì nella ripetizione costante dello stesso falso messaggio attraverso media organici come «l’Opinione di Arturo Diaconale» o attraverso atti di pressione sulla stampa non organica. Qui ci limitiamo a raccogliere, classificare e registrare i links.
Una piccola nota sul merito: ma i francesi in Afghanistan cosa ci stanno a fare? Forse hanno nostalgia dell’Algeria? Temo purtroppo che solo con atrocità come quelle strumentalmente evidenziate dall’«informatore» Sfaradi gli europei si porranno doverosi interrogativi su una presenza militare in Afghanistan del tutto illegittima e politicamente inopportuno. La loro presunta “missione di pace” è l’estremo oltraggio ai loro cadaveri. Si tratta in genere non di truppe di leva, ma di professionisti della guerra. Che loro stessi credesse alla loro “missione di pace” dipende dal loro rapporto di fronte alla verità ed alla ricerca della verità, ma ammesso che ci credessero alla “missione di pace” meritano tutta la nostra pietà e compassione per essere morti in nome di una menzogna, i cui vantaggi per giunta sono di altri. Quanto alla distinzione fra “genti civili” (saremmo noi) siamo ancora al vecchio razzismo di tipo ottocentesco che distingueva fra popolazioni civili (noi) e genti incivili da colonizzare ed educare. Ed è proprio su questa distinzione che è sorto l’insediamento sionista in Palestina: gli ebrei d’Europa (come un tempo i missionari cattolici) andavano a portare la civiltà ai beduini del deserto e agli indigeni palestinesi, il cui sterminio non ha bisogno di tribunali cui render conto.
7. Niente di nuovo. – Le analisi di Sfaradi sono tanto poco analisi quando un disco che suona sempre la stessa musica. Di nuovo sembra invece esservi la percezione che l’ostilità verso Israele sia un fatto largamente condiviso in Medio Oriente. Non si tratta di una paranoia di Ahamadinejad, che si tenta di diffamare in ogni modo e con tutti i mezzi. Probabilmente saranno stati riversati fiumi di denaro sui media occidentali per una simile campagna. Ma tutto questo denaro sembra aver ottenuto l’effetto opposto. Anche perché la menzogna su Saddam è stata ampiamente assimilata nel giudizio dell’opinione pubblica. Chi ha usato già una volta l’arma della menzogna si può esser certi che continuerà a mentire. I fatti di Georgia e la crisi economica inducono governanti e governati ad un maggiore senso di responsabilità. Solo dei pazzi vorrebbero gli stessi scenari quali già si sono visti in Iraq. Meno male che l’«intelligente» Sfaradi si accorge che a possedere l’atomica finora è solo Israele, non l’Iran o la Siria o l’Egitto. Dovrebbe sapere anche spiegarci perché mai dovremmo sentirci più sicuri se a possedere l’atomica sia Israele (che è pronta ad usarla in ottemperanza alla sua cultura dell’Olocausto) anziché l’Iran. Ciò che diventa ogni giorno più chiaro è che ad essere un pericolo per la pace in Medio Oriente è proprio e soltanto Israele.
8. La convivenza impossibile. – Mi è impossibile entrare nella dinamica dei fatti di cronaca qui narrati. Trovo solo strane alcune espressioni di Sfaradi. Per quanto posso io saperne e giudicarne nessuno può seriamente pensare che gli arabi possano essere considerati un “quinta colonna” all’interno di un territorio dove sono stati progressivamente emarginati, scacciati, ridotti in lager, se appena sopravvissuti. Se veramente la situazione evolve come narra Sfaradi, allora incomincia ad apparire quella “implosione” di cui parla propriamente Ahmadinenjad, ma anche Avraham Burg, o Shlomo Sand, quando dice che il popolo ebraico fu inventato di sana pianta intorno alla metà del XIX secolo.
9. Un’intervista sbagliata fin dall’inizio. – Cliccando sul link del titolo si trova un’intervista allo scrittore Michael Sfaradi. Naturalmente, leggeremo tutto il testo. Ci daremo questa pena. Ma intanto possiamo osservare come sia fuorviante l’esordio. Qualificare “terroristi” dei legittimi resistenti e combattenti è già un modo di porre il problema nell’ottica di una delle parti in guerra, quella che ha storicamente vinto ma che non per questo si trova eticamente nel giusto. In realtà, la qualificazione di “terrorista” è una forma di continuazione della guerra attraverso l’uso dei media. Per Israele l’appoggio dell’opinione pubblica internazionale è non meno importante della vittoria militare ottenuta con l’uso delle armi, quelle armi che i “terroristi” non possono avere di eguali, ad incominciare dall’atomica che Israele possiede indisturbata e incontestata. Quando perciò si sente dire “terroristi” basta la parola per capire tutto il contesto, che però noi leggeremo in seguito per scrupolo filologico.
10. L’imposizione di un tributo non è un trattato di pace. – Nella storia romana ricordo la prassi frequente con cui Roma prima di passare al dominio e all’amministrazione diretta di un territorio imponeva una serie di tributo. Vi erano gli stati tributari: se non si pagava regolarmente il tributo, tornava di nuovo l’esercito. Grazie all’articolo di Umberto De Giovannageli ho potuto apprendere i termini del cosiddetto trattato di pace fra Israele e l’Egitto consistente nell’obbligo di fornitura di gas, per giunta a basso costo. Incredibile ma vero. Che questa non fosse una pace, ma la continuazione della guerra non era cosa difficile da comprendere. Pare che adesso quell’equilibrio sia venuto meno. Sfaradi, che è un’analista per modo di dire, avverte che gli stati arabi si devono preparare ad assaggiare le potenti armi di Israele. Siamo nell’Anno Domini 2008. È vero che le cose si ripetono, magari con qualche mutamento di forma. Tuttavia, le forme della pace e della guerra possono mutare nel tempo. Si può vincere in apparenza ma perdere nella sostanza e viceversa. Non è pensabile nella coscienza di noi uomini moderni, capaci di essere informati in tempo reale di ciò che accade nell’estremità del mondo, che oggi il diritto, la legittimità, quel diritto all’esistenza su cui la propaganda israeliana ritorna sempre, possa essere fondato sulla sopraffazione, sull’occupazione coloniale, sullo sterminio del vinto grazie al possesso di superiori ordigni di morte. Israele è veramente “sopravvissuta” ad un mondo che fu.
11. Fango “Liberal” su Ilan Pappe. – Senza essere uno studioso della carriera politica di Francesco Adornato ne ricordo casualmente alcuni momento in cui avevo incrociato il personaggio, piuttosto scialbo. Da quando lavorava a Rinasciata fino alla sua partecipazione alla manifestazione governativa di Piazza di Montecitorio organizzata da Fiammetta Nirenstein: non erano più di 400 a fronte dei 200.000 che il 17 gennaio di quest’anno 2009 hanno sfilato per le vie di Roma. Ora, come direttore di “Liberal” ospita un articolaccio di Michael Sfaradi, dove pretende di occuparsi di Ilàn Pappe mentre rivela soltanto la sua insipienza. Ilàn Pappe è certamente un ebreo, ed ancora più certamente è uno storico non di regime, non di quelli che ottengono fiumi di finanziamenti per sostenere ciò che l’Hasbara chiede. Ed è ancora più certo che il suo detrattore Sfaradi è un sionista, forse anche ebreo, non lo sappiamo, ma certamente è un sionista come il nostro monitoraggio ha finora dimostrato. Intanto osserviamo che se si tratta di un “capostipite di quella corrente di storici moderni...” non è l’ultimo arrivato, non è professionalmente sguarnito come pretenderebbe l’infame commento che precede il pezzo di Sfaradi. Ilan pappe sarebbe stato «cacciato per scarsa professionalità da molte università israeliane, finito in Inghilterra a Exeter, dove guida la propaganda contro Israele». In realtà, io so di minaccie che Pappe ha ricevuto in Israele per i suoi coraggiosi e documentatissimi libri, che innovano le bugie alla Morris, lui si storico di regime. Ho conosciuto Pappe ha Roma nel gennaio scorso in occasione del gremitissimo seminario sul genocidio di Gaza. In questo occasione, era presente anche Angelo d’Orsi il quale ha ribadito il concetto che in oltre 2000 intellettuali italiani avevamo sottoscritto. In questa fase, l’informazione non è più semplice strumento di propaganda, ma è essa stessa parte attiva della guerra in corso. Il pezzo di Sfaradi – riportato nella cosiddetta “rassegna stampa” di «Informazione (S)scorretta” e pubblicato sul “Liberal” dello stesso Adornato che diceva sciocchezze a piazza Montecitorio con la sigla dell’UDC dopo essere uscito dal PdL che pretendeva di fondare, – e l’infame commento che lo precede sono una documentazione di questa guerra in atto. Sfaradi ha lui la “pretesa” di parlare di cose che non capisce o che non ha interesse a capire, essendo il suo compito quello di gettar letame su un “ebreo” intellettualmente onesto come Ilàn Pappe, il quale a proposito di antisemitimo ha risposto ad una domanda su Napolitano – che appena sapeva chi fosse – osservando che si è antisemiti se non si è antisionisti. Essendo certamente sionisti sfegatati i suoi detrattori di cui al link, se ne deve concludere che sono anche, proprio loro, antisemiti sfegatati. In effetti, Pappe documenta un fatto le cui conseguenze sono implacabili: se l’entità geopolitica che risponde al nome di Israele ha fondato illogicamente la sua legittimità ad esistere sulla Shoah – argomento tabù –, ciò che di atroce e inumano ha commesso ai danni dei palestinesi, ancor prima che la Shoah esistesse storicamente, supera in orrore quanto sarebbe stato commesso verso gli ebrei durante gli ultimi due anni della seconda guerra mondiale. La pretesa risarcitoria di superiorità morale cozza contro la realtà della Nakba, la cui semplice commemorazioni dicono che nella “democratica” Israele si vorrebbe sanzionare penalmente. È difficile commentare l’articolo di Sfaradi perchè fin dalle prime righe ogni parola è una sciocchezza, una bestialità che richiede ancor più parole per essere commentata e confutata. Del resto, è da chiedersi: chi sono i destinatari dello scritto, di uno scritto tanto idiota quanto sciocco oltre che infame? Non certo le persone intelligenti e informate oltre che intellettualmente e moralmente libere. Probabilmente l’esercito o la lobby degli orchi alla Tolkien che sta ha bisogno di tener serrate le sue file e si alimenta di quelle menzogne ed infamie con le quali si vorrebbe colpire l’«ebreo» Pappe, colpevole di non essere un sionista e quindi di “non essere” antisemita. Un vecchio adagio recita: calunniate, calunniate, qualcosa resterà. È la linea “editoriale” di una testata che Odifreddi ebbe a definire “parafascista” in un articolo su “Repubblica”, come pure ironicamente “collaborazionisti” quanti vi collaborano spesso senza neppure il coraggio di firmare gli infami trafiletti di sozzo commento. Sorvoliamo sul fatto che il fascismo fu cosa diversa dalla caricatura mediatica che se ne fa abitualmente. Intanto, la maggior parte degli ebrei che vissero sotto il fascismo erano fascisti come e più degli altri. Chiusa la digressione. Altra amenità sfaradiana: se il popolo palestinese vive una “terribile situazione” deve ringraziare proprio i sionisti che Sfaradi incontra nei ristoranti di Gerusalemme, da lui abitualmente frequentati. Richard Fisk, nelle sue “Cronache mediorientali” (pagine 1200) che vado leggendo e che in quanto giornalista è professionalmente parlando ben altra cosa che Sfaradi, osserva che quando si parla di “tragedia” si intende eludere il problema della responsabilità per quella tragedia. Che l’operazione «piombo fuso» abbia dei responsabili, che non possono essere le vittime stesse, è una cosa ovvia per quanti non si chiamino Sfaradi o non scrivano l’infame commento precede il suo articolo, dove si getta fango su uno storico che ha il gravissimo torto di dire la verità. Ma qui ci fermiamo non volendo dedicare altro tempo all’articolo “Liberal” di Sfaradi, dove si procede di bestialità in bestialità sino alla conclusione dell’articolo. Se chi legge queste mie righe, può giudicare aspro il tono, osservo che quanto scrive l’articolista da me criticato non è meno denso di termini ed espressioni che nulla hanno a che fare con un giornalismo il cui compito fosse quello di informare chi legge un organo di stampa, ma è chiaramento fazioso e volto a quella stessa guerra di sterminio che è stata denunciata nel Manifesto d’Orsi. Non ci si può occupare ahimé di letame senza sporcarsi. Non basta mettersi i guanti: almeno questi bisogna sporcarli. Al letame occorre aggiungere la malafede che caratterizza costoro: inutile quanto ingenuo cercare un contraddittorio. È sufficiente prender nota e monitorare. Non sono stato in quel di Torino, per me fuori di mano, ma nel seminario che si è svolto a Roma il 20 gennaio di “schizofenia” intorno al libro di Pappe, contornato di altre irrefutabili relazioni (vedi gli Atti da noi qui pubblicati), non ve ne era proprio! Oltre 200 persone (il massimo che la sala poteva contenere, escludendo gli altri che non son potuti entrare) erano calme, tranquille, interessate, prendevano appunti, facevando domanda scritte che venivano raccolte ed alle quali i relatori rispondevano: anche la domanda su Napolitano era fra queste. Non ero a Torino, ma sono certo che la “schizofrenia” è tutta nella testa di Sfaradi e del suo ambiente. Se Israele è stato messo “alla berlina”, per il sionista Sfaradi qualcosa dovrebbe significare cha a farlo sia stato un ebreo figlio di ebrei tedeschi, non un fantomatico “euroarabico”. Ed invece niente! Contro questi ebrei i sionisti si sono inventati la categoria concettuale dell’«ebreo che odia se stesso» per il solo fatto, anzi la colpa gravissima, di non essere un sionista genocidiario. Piuttosto che scaricare letame, Sfaradi e/o Adornato dovrebbero dimostrare che il genocidio non vi è stato. Piuttosto che accusare Ahmadinejad di voler cancellare Israele dalla carta geografica, dovrebbe parlare dei 400 villaggi palestinesi che sono stati rasi al suolo, cancellati dalla carta geografica e sostituiti con nomi ebraici. Gli storici di regime, soldati della menzogna e del genocidio stesso, questo non lo avevano detto e per decenni hanno tentato di occultarlo. Pappe lo ha detto e lo ha documentato, servendosi degli archivi dell’esercito israeliano. Purtroppo, le fonti delle vittime sono in gran parte scomparse insieme con le vittime. Le bestialità di Sfaradi si commentano da soli: «Ilan Pappe è profondamente innamorato dei nemici del suo popolo e prova da anni a sdoganare come verità storiche gli slogan della più losca propaganda antisemita». Ce la dica Sfaradi la Verità. Intanto da un altro ebreo di nome Shlomo Sand apprendiamo che il “popolo” ebreo è una mera invenzione. E qui rinviamo a Sand senza aprire un’altra digressione che ci tiene ancora inchiodati qui, mentre vogliamo al più presto liberarci di tanto letame. Se di “propaganda antisemita” occorre parlare, ne abbiamo una prova nella scrittura dello stesso Sfaradi e nel senso chiarito dall’ebreo Pappe: si è antisemiti se non si è antisionisti. La pretesa di superiorità morale da parte dell’ebraismo è una operazione propagandistica alla Sfaradi che ritorna indietro come un boomerang colpendo quanti brandivano come una clava morale il “mito” di Auschwitz contro la coscienza europea. Che buona parte della stampa sia in mano sionista (non diciamo ebraica) è una realtà, la cui efficacia è quella della menzogna sostenuta dalla propaganda a tutto discapito della verità, di quella verità che Pappe vuol servire, sia egli ebreo o non ebreo: la verità non è diversa a seconda della nazionalità. Lo Sfaradi di turno mentre getta fango sull’ebreo Pappe non si cura neppure di leggere ciò che Pappe sostiene, certamente in modo originale. Pappe rigetta lo schema del “conflitto” nelle relazioni fra arabi ed israeliani, ebrei o sionisti che dir si voglia: non vi è mai sta dualità! Vi è sempre stato aggressione unilaterale da parte ebraica, dapprima coltivata dagli stessi inglesi, quindi dagli USA e da tutti quegli alleati che la Lobby riesce a procurare alla causa del genocidio di un popolo: quello palestinese! Che i palestinesi siano stati cacciati dalle loro case e dai loro villaggi da gente venuta da fuori è una verità lampante che grida vendetta al cospetto di Dio! Se con il loro pezzo Sfaradi ed il suo editore Adornato vogliono la nostra complicità intellettuale e morale, sappiano che non l’avranno mai e le loro menzogne possono trangugiarsele loro stessi.
Chi è “squallido”? Lo storico Pappe o il sionista Sfaradi che “ha preso la parola in Torino”? La consueta idiozia che “genocidi” possano e vi siano anche altrove non giustifica il “genocidio” da parte degli israeliani ai danni dei palestinesi. Se mai, vi è da interrogarsi sulla “unicità” di questo genocidio! Davvero “unico” e più grave di tutti gli altri messi insieme, compresa la cosiddetta Shoah di cui non possiamo sapere fino a quando non se ne potrà parlare liberamente: Williamson insegna! Il “Prof” Pappe è prof molto più di quanto Sfaradi sia “giorn” o anche soltanto qualcosa di moralmente e intellettualmente apprezzabile. Le domande del “Giorn” sono idiote e per nulla originali e se mai pongono in termini nuovi la questione ebraica ed il ruolo di quanti vivendo all’interno di una comunità pretendono di essere un “altro” popolo, qualcosa di diverso ed estraneo, di quanti hanno in tasca un doppio passaporto, di quanti pretendono da ebrei di andare in Israele e di essere subito “cittadini” ottenendo sussidi e sostegno per l’integrazione, mentre i “palestinesi” cacciati nel 1948 non possono rientrare nelle case di cui conservano ancora le chiavi: in barba a specifica risoluzione ONU. I palestinesi che non sono stati scacciati nel 1948 vivono in Israele in regime di apartheid. Se il loro tenore di vita è superiore a quello di quanti vivono nei campi profughi, ciò significa che il tenore di questi ultimi è infimo, ai limiti della sopravvivevenza. Ed in effetti le tecniche di genocidio fisico, morale, politico e culturale sono ampie, articolate e sofisticate. Lo “squallido” giorn dovrebbe essere perfino lui in grado di capirlo se la sua armata e militante e stipendiata faziosità non glielo impedisse. Non ha nessun interesse a capire quello che per ogni altri altro sarebbe di evidenza solare.
Lo “squallido” soggetto – il giorn, non il prof – non avrebbe avuto bisogno di chiedere a Pappe una defizione di “pulizia etnica” se avesse letto la parte iniziale del libro la “pulizia etnica”. Avrebbe visto da dove e da cosa è stat desunta. Intanto, il riferimento storico più preciso e immediato è quanto successo nella ex-Iugoslavia. Nel seminario romano è stato spiegato che non è che gli israliani, i sionisti o gli ebrei alla Sfaradi praticano in Palestina dal 1948 ad oggi, anzi dal 1882 ad oggi, non sia “pulizia etnica” ed essi non siano consapevoli di ciò che fanno. Semplicemente anziché dire “pulizia etnica” dicono “transfer”. Niente altro che ipocrisia farisaica di cui sappiamo tutti fin dall’infanzia per aver letto almeno una volta i Vangeli. Le menzogne che vengono reiterate e che sperano di diventare verità a furia di essere reiterate sono quelle di Sfaradi. Sempre in Torino non deve mai dimenticarsi come un docente torinese sia stato addirittura sottoposto a perizia psichiatrica per aver osato formulare lievi critiche ad Israele, non sua sponte, ma sollecitato da una domanda, forse di una studentessa figlia di una nota giorn ebrea e sionista. La doppiezza morale di questi squallidi personaggi fa venire il voltastomaco.
12. I “cretini” ci sono, ma esternano da un’altra parte. – Siamo alla solida campagna di intimidazione dell’opinione non allineata sulla “Gleichschaltung” di regime. Siamo ai nostri posti di osservazione. Vediamo quel che succede. Il raffinato linguista che risponde al nome non italiano di Michael Sfaradi pensa di aver individato l’essenza dell’antisemitismo nell’espressione “puparo ebreo”. Mi chiedo cosa avrebbe detto il nostro Esimio Linguista se anziché il puparo fosse “ebreo” poteva essere “napoletano”, “siciliano”, “curdu” ecc. Evidentemente avremmo dell’antinapoletanismo, dell’antisicilianesimo, e simili. A questo punto occorre fare una riforma normativa della lingua italiana dove con legge si stauisce che del termine “ebreo” si può usare solo la forma sostantivata e mai quella aggettivata. L’associazione fra il “puparo ebreo” e la fine di Biagi è una capriola sfaradiana che può essere tacciata come una forma di diffamazione di soggetti che chiaramente non hanno alle spalle per la loro difesa l’associazionismo ebraico con le sue innumerevoli sigle, finanziatissime per attentare alle libertà fondamentali dei cittadini. Ci metteranno il bavaglio e pretenderanno che questa sia democrazia. L’avere una scorta, se non erro, significa avere anche un indennizzo monetario: Può essere un’affare: avere la propria scorta di “bravi” di stato e pure un aumento di stipendio. Ci metterei subito la firma se mi dessero una scorta con emolumento. Ne sarebbero meno contenti i contribuenti italiani. Infine, si scopre che Sfaradi è pure un esperto di problemi dell’università e della scuola. Ne parla con insuperata competenza. Un commento finale: attacco vomitevole ad una libertà di stampa e di pensiero non allineata. A Sfaradi che parla di sprechi di denaro pubblico gli ricordiamo che il giornale su cui scrive, essendo verosimilmente retribuito, è pagato dai contribuenti italiani, almeno fino all’altro ieri e stando a quanto si può leggere in una pubblicazione sull’argomento. Ci eravano scornati con Diaconale al riguardo.
13. Documentazione supplementare. – Abbiamo pocoa voglia di occuparci ancora di Sfaradi. Il link che registriamo serve come prova ulteriore della organicità del “giornalista” Sfaradi rispetto alle veline che gli passano da Israele. Rivelatore come rispetto al caso denunciato, di solare evidenza e per nulla isolato, lo Sfaradi giornalista hasbarota offre i suoi servigi, mette la buona parola, là dove è di cosa e dove conosce ogni ristorante. La solita incredibile solfa che si riassume nella teoria secondo cui la vittima è responbile delle torture che le infligge il carnefice: tutta colpa di Hamas, anche quando Hamas non c’era ed anche quando non ci sarà. Il lupo troverà sempre un padre o un nonno dell’agnello sacrificale. È incredibile, ma costoro sembrano credere di poter infinocchiare chi ha appena un poco di informazione. In realtà, confidano nella propaganda che ripete sempre se stessa, nella verità viene zittita e tacciuta, nella ripetizione della menzogna che passa perciò per verità. Già! La “sicurezza di Israele” che ha tolto alle sue vittime ogni sicurezza, ogni dignità, la vità, i barattoli di latte in polvere, ma forse con la buona parola di Sfaradi qualche barattolo passerà attraverso il filo spinato.
(segue)
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