mercoledì 9 luglio 2008

Impenitenti: 32. Marco Berti ed il cambio della guardia

Come «Informazione Corretta» e altri media denigrano quanti criticano il sionismo, Israele, e gli Stati Uniti: Aloni - Arbour - Barghouti - Berti - Blondet - Burg - Caio - Cardini - De Giovannangeli - D’Orsi - Facci - Finkelstein - Giorgio - Grillo - Gideon Levy - Luzzatto - Moore - Morgantini - Odifreddi - Paci – Pappe - Prodi - Romano - Sabahi - Salerno - Sand - Spinelli - Stabile - Storace - Tizio - Vanunu - Vattimo -
Cosa si intende qui per Israel Lobby?
«Una coalizione informale di individui e gruppi che cerca di influenzare la politica estera americana in modo che Israele ne tragga beneficio».
Ed in Italia come stanno le cose?
Stiamo cercando di scoprirlo!
«Esistono due distinti meccanismi che impediscono alla realtà del conflitto israelo-palestinese di essere giustamente divulgata, e sono i due bavagli con cui i leader israeliani, i loro rappresentanti diplomatici in tutto il mondo, i simpatizzanti d’Israele e la maggioranza dei politici, dei commentatori e degli intellettuali conservatori di norma zittiscono chiunque osi criticare pubblicamente le condotte dello Stato ebraico nei Territori Occupati, o altri aspetti controversi della storia e delle politiche di quel Paese. Il primo bavaglio è l’impiego a tutto campo dei gruppi di pressione ebraici, le cosiddette lobby, per dirottare e falsificare il dibattito politico sul Medioriente (negli USA in primo luogo); il secondo è l’accusa di antisemitismo che viene sempre lanciata, o meglio sbattuta in faccia ai critici d’Israele» (P. Barnard, Perché ci odiano, p. 206).

Ricerche correlate:

1. Monitoraggio di «Informazione Corretta»: Sezioni tematiche. – 2. Osservatorio sulle reazioni a Mearsheimer e Walt. – 3. L’11 settembre: misteri, dubbi, problemi. – 4. Rudimenti sul Mossad: suo ruolo e funzione nella guerra ideologica in corso. 5. Free Gaza Movement: una sfida al blocco israeliano di Gaza. – 6. La pulizia etnica della Palestina. – 7. Studio delle principali Risoluzioni ONU di condanna a Israele. – 8. Cronologia del conflitto ebraico-palestinese. – 9. Boicottaggio prossimo venturo: la nuova conferenza di Durban prevista per il gennaio 2009. – 10. Teoria e prassi del diritto all’ingerenza. – 11. Per una critica italiana a Daniel Pipes. – 12. Classici del sionismo e dell’antisionismo: un’analisi comparata. – 13. Letteratura sionista: Sez. I. Nirenstein; II. Panella; III. Ottolenghi; IV. Allam; V. Venezia; VI. Gol; VII. Colombo; VIII. Morris; – 14. La leggenda dell’«Olocausto»: riapertura di un dibattito. – 15. Lettere a “La Stampa” su «Olocausto» e «negazionismo» a seguito di un articolo diffamatorio. – 16. La sotterranea guerra giudaico-cristiana dei nostri giorni. – 17. Jürgen Graf: Il gigante dai piedi di argilla. – 18. Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodologia. – 19. Analisi critica della manifestazione indetta dal «Riformista». – 20. Controappello per una pace vera in Medio Oriente. –

A differenza di testate come il «Foglio», «l’Opinione» ed altre che sembrano un’emanazione di «Informazione Corretta» ovvero ne hanno il plauso godono invece di cattiva rassegna giornali come il «Manifesto» o il «Messaggero», dove in quest’ultimo caso viene particolarmente stigmatizzato Marco Berti (da non confondere con il tenore lirico) che va a sostituire Eric Salerno, entrambi colpevoli per non gradite corrispondenza dal Medio Oriente. Non si può sapere nulla di più preciso perché secondo una “corretta” ed inusuale tecnica, già rilevata, la “rassegna stampa” diventa qui “riasssunto stampa” con una scheda di merito sul dipendente impenitente. Chissà che un giorno non se ne possa ottenere il licenziamento. Non è un’esagerazione se si ricorda la pretesa di Michael Levi, il quale scriveva al presidente dell’Ordine, perché radiasse Maurizio Blondet, colpevole di non allineamento, o come si diceva in Germania negli anni Trenta di non Gleichschaltung. Esploreremo a fondo gli archivi di IC per scoprire le ragioni di tanta impenitenza da parte di Marco Berti, secondo la “corretta” e “prescrittiva” visione sionista del mondo.

Versione 1.1
Status: 2.10.08
Sommario: 1. Dilettanti allo sbaraglio: Frattini ministro degli esteri. – 2. Marco Berti oscurato da IC. – 3-

1. Dilettanti allo sbaraglio: Frattini ministro degli esteri. – Rendiamo giustizia a Marco Berti che si è visto censurato dai «Corretti Informatori», che sarebbero stati più corretti se avessero semplicemente saltato Berti nella loro rassegna anziché riassumerne ad usum delphini il contenuto di un articolo, dove è ben evidenziato il dilettantismo di Franco Frattini, certamente “amico” senza se e senza ma di Israele e già per questo inadatto a qualsiasi tavolo negoziale dove pretenda addirittura di mediare fra le parti. Ecco il testo integrale dell’articolo di Marco Berti, a pag. 17 del Messaggero dell’8 luglio 2008, pagina perfettamente raggiungibile via internet:
GERUSALEMME (8.7.08) - Titolo originale: Frattini: «Non si negozia la sicurezza di Israele e con Hamas non si tratta» - Un tour de force disseminato di incontri a tutti i livelli quello che ha intrapreso in Medio Oriente il ministro degli Esteri Franco Frattini. Una missione che lo porterà da Gerusalemme a Ramallah per una verifica dello stato dei negoziati che vedono seduti allo stesso tavolo il premier israeliano Ehud Olmert e il presidente palestinese Abu Mazen. Con un convitato di pietra, Hamas, con cui prima o poi i protagonisti della crisi mediorientale dovranno fare i conti.

La posizione della Farnesina sul movimento islamico fondato dallo sceicco Ahmed Yassin, che peraltro continua a riscuotere grandissimo consenso fra i palestinesi, è di netta chiusura. «La sicurezza di Israele non può essere negoziata - dice Frattini - e Hamas non è un interlocutore politico. Hamas è un aspetto preoccupante in questa crisi, come l’Iran. E’ di poche ore fa la dichiarazione del presidente Ahmadinejad con cui ha confermato che Teheran andrà avanti con l’arricchimento dell’uranio e che la questione non è negoziabile, in alcun modo».

Qual è, allora, la strada da percorrere, secondo il ministro degli Esteri, per dare un senso concreto al dialogo fra le parti, per aprire scenari di pace in un’area dove la pace oggi è solo utopia? In primo luogo, va accertata «la serietà dell’impegno di tutte le parti in causa». Frattini è convinto che questo sia ormai un dato di fatto. «Lo dimostra - dice - l’intesa di governo all’interno di Israele e l’impegno straordinario dell’Egitto per una situazione di sicurezza nella Striscia di Gaza». Un secondo tassello è costituito dalla necessità «di non indebolire gli interlocutori». Per questo, massimo sostegno ad Abu Mazen e «delegittimazione dei movimenti terroristici». Terzo passo un piano internazionale di rilancio dell’economia palestinese, una sorta di piano Marshall. «Se investiamo un euro nello sviluppo della Palestina - spiega il capo della Farnesina - lo investiamo anche nella sicurezza di Israele». Il ragionamento di Frattini parte dalla constatazione che, dove c’è disperazione, il terrorismo ne approfitta per fare proselitismo. Dunque, stop ad aiuti assistenzialistici, ma impegno di tutti per la rinascita del tessuto economico palestinese. Da qui l’annuncio del ministro di un nuovo sforzo economico dell’Italia, nel contesto del piano Pegaso (il progetto di finanziamento del bilancio palestinese).

«A Israele chiederò - annuncia Frattini - di fare a sua volta uno sforzo per consentire alla popolazione di Gaza di migliorare le proprie condizioni di vita».

Oggi a Gerusalemme Frattini vedrà il primo ministro Olmert, il presidente Shimon Peres e il ministro degli Esteri Tzipi Livni. Incontrerà poi il leader dell’opposizione Benyamin Netanyahu e il suo numero due nel Likud, Silvan Shalom. Domani partenza per la Cisgiordania, dove a Ramallah vedrà il capo della delegazione palestinese per i negoziati, Abu Ala, e il premier Salam Fayyad. Non sono previsti incontri con Abu Mazen: il presidente palestinese è infatti in missione diplomatica fuori dai Territori. Ma venerdì sarà a Roma dove vedrà sia Frattini che Berlusconi.
È da chiedersi se in un “serio” avvio di negoziati qualcuno dei negoziatori essenziali facesse sapere di non considerare Franco Frattini un valido “interlocutore” e ne rifiutasse apertamente la presenza in quanto ultronea e controproducente.

2. Marco Berti oscurato da IC. – Davvero un curioso modo di fare la Rassegna Stampa, ammesso e non concesso che IC sia una rassegna stampa. Proprio nel numero di ieri era stato dato dai «Corretti Informatori» un benvenuto a Marco Berti che come corrispondente dall’estero va a sostituire Eric Salerno. Oggi Berti pubblica sul “Messaggero” una sorprendente intervista a Franco Frattini, che boccia senza mezzi termini l’ipotesi di un attacco “preventivo” di Israele all’Iran, ipotesi ampiamente caldeggiata da tutto il sionismo militante, dentro e fuori Israele. Ebbene cosa fanno i «Corretti Informatori»? Nulla! Non danno la notizia e continuano con il “riassunto stampa”, omettendo per giunta ogni accenno alla sorprendente posizione di Frattini, un ministro che più “amico” non si poteva desiderare. Che fare? Attaccare adesso anche Frattini, dandogli magari del traditore? Resta poi ancora da capire questa mossa a sorpresa di Frattini. Cosa sarà successo dietro le quinte? Forse non lo sapremo mai. Ma intanto suppliamo noi alle mancanze degli Eletti Mentitori, dando copertura a ciò che hanno intenzionalmente omesso, non sapendo forse che pesci pigliare per il quotidiano eletto commento:

GERUSALEMME - «L’attacco all’Iran? Sarebbe un disastro. Una catastrofe per l’intera regione e per lo stesso stato di Israele». Il ministro degli Esteri Franco Frattini, in missione in Medio Oriente, boccia senza appello l’ipotesi di una reazione militare israeliana come risposta alla ipotizzata minaccia nucleare iraniana. Frattini è appena uscito da un colloquio con il premier israeliano Ehud Olmert e da un incontro con il presidente Shimon Peres, a Gerusalemme, e solo pochi minuti prima da Teheran era arrivata una minacciosa dichiarazione sull’onda delle voci di guerra provenienti da Israele e dagli Usa. «Se vi sarà un attacco contro i nostri impianti nucleari, metteremo a ferro e fuoco Tel Aviv e le navi americane nel Golfo Persico», aveva detto Ali Shirazi, rappresentante dell’ayatollah Ali Khamenei nelle forze navali dei Pasdaran, dando il via a manovre missilistiche nel Golfo.
Quindi, che soluzione propone la Farnesina? «Dobbiamo far di tutto per mantenere l’unità dell’Europa e della comunità internazionale, e portare di nuovo la questione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu», risponde Frattini.
L’ambizione del ministro degli Esteri è di far svolgere all’Italia un ruolo di mediatore, anzi, per dirla come il capo della Farnesina, di «facilitatore» nei vari fronti di crisi mediorientali, in particolare in quello israeliano-libanese. Peres, tra l’altro ha definito «eccellente» il lavoro svolto dalle forze italiane dell’Unifil in Libano.
«Tra Italia e Israele - è questa la proposta italiana - è giunto il momento di stabilire un dialogo politico bilaterale strategico, quindi dobbiamo fissare dei vertici periodici, così come già facciamo con gli altri partner». L’idea piace a Peres e piace anche al ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni che, poche ore più tardi, salirà su un elicottero dell’aeronautica militare israeliana insieme a Frattini per una ricognizione dall’alto del Nord d’Israele, a ridosso dei confini con il Libano.
«L’Italia - spiega il capo della Farnesina - può incoraggiare Beirut e Tel Aviv a un negoziato diretto, in particolare sui confini e sulle aree contese dai due stati». «Non vedo alcuna ragione - aggiunge - per cui Israele e Libano debbano essere nemici e non debbano arrivare alla pace». Frattini si dice sicuro che, appena il premier libanese Fuad Siniora avrà portato a termine la composizione del nuovo esecutivo, Beirut sarà disponibile a un negoziato con Israele. Tre sono i passi da percorrere, secondo il capo della Farnesina: rafforzamento dell’esercito regolare libanese, disarmo delle milizie (Hezbollah), e ricerca di un accordo sui confini.
Da Beirut arriva a tamburo battente la risposta alla proposta italiana. «Se l’Italia può aiutarci a recuperare le fattorie di Shebaa è benvenuta», dice un portavoce del governo libanese. E aggiunge: «Il ritiro israeliano da Shebaa non è negoziabile e Beirut su questo non è interessata ad alcun contatto con Tel Aviv». Le fattorie di Shebaa ocupano una piccola porzione di terra al confine fra Israele, Siria e Libano, sulle quali Beirut rivendica la sovranità e sono sotto il controllo di Israele dal 1967. Oggi Frattini lascerà Gerusalemme per la Cisgiordania: a Ramallah incontrerà il primo ministro dell’Anp Salam Fayyad e il capo dei negoziatori palestinesi, Abu Ala. L’appuntamento con il presidente Abu Mazen è stato fissato per venerdì prossimo, a Roma.
È buffo come chi fa una così plateale disinformazione imputa ad altri quella disinformazione che è invece propria. Ma ecco l’eletteo quanto esilarante commento:
Il MESSAGGERO titola a pagina 14 "Se attaccati colpiremo Tel Aviv" Sottotitolo: "Ma il presidente Ahmadinejad frena: "non vi sarà guerra" ".
[Ma a pag. 14 vi è ben altro! Vi è l’articolo principale, in primo piano e con titolo più grande che dice: “Frattini: Israele non usi le armi contro l’Iran. Con sottotitolo: “Sul nucleare iraniano il ministro degli Esteri punta tutto col Consiglio di sicurezza dell’Onu”. Di questa parte della pagina i «Corretti Informatori» hanno omesso tutto, come se non esistesse affatto. Che esempio di “corretta informazione”! Caspita!]
L’articolo, redazionale, attribuisce anch’esso ad Ahmadinejad un «inaspettato discorso moderato»
[E perché limitarsi a questo virgolettato quando è possibile dare tutto il testo? Se gli abituali Lettori/Lapidatori non sono autentici imbecilli dovrebbero essere in grado di capire ciò che la lingua italiana dice. In questo caso vi è poco su cui fare del trionfalismo]
Le cose, però , stanno molto diversamente. Quando Ahmadinejad afferma che non vi sarà guerra non sta rassicurando sulla natura pacifica delle sue intenzioni. Sta affermando che Stati Uniti e Israele non attaccherano l’Iran perché politicamente troppo deboli e perchè temono le conseguenze che un azione militare avrebbe nella regione mediorentale.

Analogamente, quando afferma che "non vi è alcun bisogno che il popolo iraniano" prenda misure "atte a mettere fine al regime sionista in Israele", non sta rinunciando al suo "sogno" di vedere lo Stato ebraico cancellato dalla carta geografica.
Sta solo affermando, come ha già fatto, che esso si cancellerà da solo.
[Razza di ipocriti! Razza di vipere! Dunque lo sapevate quel che andava dicendo! E cioè: che non vi è nessun bisogno di portare ad Israele un attacco esterno. Basta soltanto il suo regime di apartheid a produrre l’implosione. Israele scoparirà da solo, alemeno così come è configurato, perché contrario a quell’idea de diritti umani che i vostri amici radicali stanno sbrodolando fino alla spasimo o al vomito, secondo i punti di osservazione.]
Al con l’aiuto del terrorismo palestinese e libanese che Teheran finanzia e sostiene.

L’articolo del MESSAGGERO, come quello della STAMPA, è dunque un esempio di disinformazione. Per di più, disinformazione su una vicenda particolarmente grave come la crisi iraniana. Una vicenda nella quale sono in gioco l’esistenza stessa di Israele e la sicurezza del mondo.

Colpisce poi il fatto che dopo che la Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, è stata presentata come l’alternativa "moderata" ad Ahmadinejad, in seguito a una dichiarazione bellicosa e incendiaria di un suo rappresentante, l’hojatoleslam Ali Shirazi, alcuni giornali italiani giungano al punto di credere all’improvvisa "moderazione" di Ahmadinejad.
[Dove stia la disinformazione lo si capisce meglio riportando per intero il testo da cui i «Corretti Informatori» danno solo alcune frasi, avulse dal contesto: «nostro servizio - TEHERAN - L’Iran è pronto a mettere «a ferro e fuoco Tel Aviv e le navi americane nel Golfo Persico» se Israele o gli Stati Uniti dovessero lanciare un attacco contro le strutture nucleari iraniane. La nuova sparata è venuta ieri per bocca dell’hojatoleslam Ali Shirazi, rappresentante della Guida suprema ayatollah Ali Khamenei in seno alle forze navali dei Pasdaran, nel giorno in cui i guardiani della rivoluzione hanno avviato manovre missilistiche nel Golfo. «La prima pallottola sparata dagli Usa contro l’Iran - ha affermato il religioso - provocherà la distruzione degli interessi vitali americani in tutto il mondo. La nostra prima risposta distruttiva sarà prendere di mira Tel Aviv e le navi americane nel Golfo Persico e metterle a ferro e fuoco».
Le roboanti minacce di Shirazi - proprio mentre dal G8 arriva un nuovo invito all’Iran a sospendere l’arricchimento dell’uranio - devono essere parse eccessive persino a presidente Mahmud Ahmadinejad, il quale, parlando al vertice delle nazioni silamiche in via di sviluppo a Kuala Lumpur, ha tirato il freno a mano.
«Vi assicuro che non vi sarà alcuna guerra», ha affermato. In primo luogo, ha spiegato, perché il popolo americano non permetterà che il presidente Bush autorizzi un attacco all’Iran perché sabbe «un suicidio politico». In secondo luogo, perché un tale attacco sarebbe «il più grande pericolo per il Medio oriente e il mondo intero». E per dare forza al suo inaspettato discorso moderato, Ahmadinejad ha voluto precisare che «non vi è alcun bisogno che il popolo iraniano prenda misure «atte a mettere fine al regime sionista in Israele».
Mentre il vertice politico di Teheran è impegnato a lanciare minacce e smentite, le forze navali dei Guardiani della rivoluzione hanno iniziato nel Golfo persico manovre congiunte - denominate Profeta-3 - assieme all’aviazione iraniana. Le forze dei Pasdaran possiedono missili balistici, tra i quali lo Shahab-3, che è in grado di raggiungere Israele.
Nei giorni scorsi i vertici militari iraniani avevano minacciato di rispondere a un eventuale attacco anche con la chiusura dello Stretto di Hormuz, la porta di accesso al Golfo attraverso la quale passa il 40 per cento del traffico di petrolio mondiale.
Le crisi mediorientali, iraniana in testa, sono state citate ieri in un comunicato del Pentagono come risposta all’ira di Mosca - che minaccia una risposta militare - per la firma, ieri a Praga, per l’accordo base sull’installazione nella Repubblica ceca di un radar antimissilistico nell’ambito del controverso progetto dello scudo spaziale progettato da Washington. Il documento è stato firmato dal segretario di stato Condoleezza Rice e dal ministro degli Esteri ceco Karel Schwarzenberg. I colloqui fra le parti erano cominciati a gennaio 2007. Ancora sospeso invece il negoziato per la realizzazione della seconda parte del progetto, la costruzione di una base di dieci intercettori antimissile in Polonia. Il portavoce del Pentagono, Bryan Whitman, ha precisato che gli Stati Uniti hanno «le idee molto chiare per quanto riguarda il sistema missilistico di difesa in Europa. Il sistema non è stato concepito per respingere una minaccia dalla Russia. Noi abbiamo ben chiaro che riguarda la crescente minaccia in Medio Oriente, che noi pensiamo possa riguardare non solo gli Stati Uniti ma anche i nostri alleati in Europa».]
Il testo lascia capire cose ben diverse da come sono state finora presentate dai “Corretti Informatori”, che si caratterizzano qui in modo particolarmente chiaro come agenti propagandistici per la lobbying sui media italiani da tenere sempre sotto pressione con un vittimismo israeliano, quando perfino il ministro Frattini ha dovuto dissociarsi dalle intenzioni di Israele di muovere un attacco preventivo, che dovrebbe poi trascinare in guerra gli USA ed il mondo intero: l’Olocausto appunto, tanto congeniale ai cervelli ebraico sionisti. Ma per loro parla Bastiano dall’«Opinione di Arturo Diaconale».


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