martedì 8 luglio 2008

Anticonformisti: 31. Marcello Veneziani una voce fuori dal coro

Come «Informazione Corretta» e altri media denigrano quanti criticano il sionismo, Israele, e gli Stati Uniti: Aloni - Arbour - Barghouti - Blondet - Burg - Caio - Cardini - De Giovannangeli - D’Orsi - Facci - Finkelstein - Giorgio - Morgantini - Odifreddi - Paci – Pappe - Romano - Sabahi - Sand - Spinelli - Stabile - Storace - Tizio - Vanunu - Vattimo - Veneziani - Viola -
Cosa si intende qui per Israel Lobby?
«Una coalizione informale di individui e gruppi che cerca di influenzare la politica estera americana in modo che Israele ne tragga beneficio».
Ed in Italia come stanno le cose?
Stiamo cercando di scoprirlo!
«Esistono due distinti meccanismi che impediscono alla realtà del conflitto israelo-palestinese di essere giustamente divulgata, e sono i due bavagli con cui i leader israeliani, i loro rappresentanti diplomatici in tutto il mondo, i simpatizzanti d’Israele e la maggioranza dei politici, dei commentatori e degli intellettuali conservatori di norma zittiscono chiunque osi criticare pubblicamente le condotte dello Stato ebraico nei Territori Occupati, o altri aspetti controversi della storia e delle politiche di quel Paese. Il primo bavaglio è l’impiego a tutto campo dei gruppi di pressione ebraici, le cosiddette lobby, per dirottare e falsificare il dibattito politico sul Medioriente (negli USA in primo luogo); il secondo è l’accusa di antisemitismo che viene sempre lanciata, o meglio sbattuta in faccia ai critici d’Israele» (P. Barnard, Perché ci odiano, p. 206).
Come «Informazione Corretta» e altri media presentano Israele, il Medio Oriente e la Palestina: Allam - Battista - Bordin - Buffa - Colombo - Diaconale - Fait - Ferrara - Frattini - Israel - Livni - Loewenthal - Nirenstein - Ostellino - Ottolenghi - Pacifici - Pagliara - PanellaPezzana - Polito - Prister - Santus - Volli

Ricerche correlate:

1. Monitoraggio di «Informazione Corretta»: Indice-sommario. – 2. Osservatorio sulle reazioni a Mearsheimer e Walt. – 3. La pulizia etnica della Palestina. – 4. Boicottaggio prossimo venturo: la nuova conferenza di Durban prevista per il gennaio 2009. – 5. Teoria e prassi del diritto all’ingerenza. – 6. Per una critica italiana a Daniel Pipes. – 7. Letteratura sionista: Sez. I. Nirenstein; II. Panella; III. Ottolenghi; IV. Allam; V. Venezia; VI. Gol; VII. Colombo; – 8. La leggenda dell’«Olocausto»: riapertura di un dibattito. – 9. Lettere a “La Stampa” su «Olocausto» e «negazionismo» a seguito di un articolo diffamatorio. – 10. Jürgen Graf: Il gigante dai piedi di argilla. – 11. Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodologia. – 12. Analisi critica della manifestazione indetta dal «Riformista». – 13. Controappello per una pace vera in Medio Oriente. –

Versione 1.1
Status: 8.7.08
Sommario: 1.Il fascismo non fu totalitario. – 2. Veneziani tra Farina e Morigi. – 3. Fiaccolate. – 4. La situazione iraniana. –

Bravo Marcello! Non pensavo di reincontrarlo dentro l’archivio di «Informazione Corretta» proprio in questi giorni dove addirittura si vogliono “bonificare” i luoghi resi infetti dalla semplice firma delle leggi razziali, la cui effettiva portata cresce ogni anno insieme con la strumentalizzazione ideologica del passato che avrebbe soltanto bisogno di essere compreso quanto più diventa passato, allontanando dalla storia gli speculatori del regime vigente.

1. Il fascismo non fu totalitario. – Marcello Veneziani non riscrive la storia, come gli imputano gli Eletti Correttori, ma la libera coraggiosamente da un crescendo di falsificazioni e banalizzazioni che procede di giorno in giorno, vedendo in prima fila gli Alemanno, i Fini e quanti altri hanno bisogno di nuove patenti di legittimazioni in cambio di una rottamazione del passato e della memoria storica. Non sono vissuto durante il fascismo, ma ho il ricordo della memoria dei miei genitori di quella che è stata la loro vita quotidiana dal 1904 in poi. Non vi è nulla di ciò che gli oratori di regime pretendono vi sia stato. L’articolo di Veneziani è esemplare per sintesi e chiarezza. Per questo lo riporto per intero. Di Emilio Gentile, mio stimatissimo collega, ora in anno sabbatico, aspetto il suo ritorno in Dipartimento per avere direttamente da lui chiarimenti su tesi che così come qui appaiono non mi convincono. Intanto, leggerò questo suo libro, non potendo più indugiare un nuovo ciclo di letture sul fascismo, incominciando dall’opera stessa di Mussolini, ripassando per De Felice ed arrivando al suo allievo Emilio Gentile.
Non insista, professor Gentile, il fascismo non fu un regime totalitario. Aveva ragione Hannah Arendt, che lei maltratta con deplorevole sufficienza. È uscito da Carocci, riveduto e ampliato, il saggio di Emilio Gentile, “La via italiana al totalitarismo” (...)
(...) (pp. 421, euro 26,5). Allievo di Prezzolini e di De Felice, Gentile si discosta dalla lezione dei suoi maestri e sostiene che il fascismo sia stato un totalitarismo vero, polemizzando con la Arendt a cui si deve il saggio più importante sul totalitarismo. Lasciamo da parte i confronti tra gli studi del totalitarismo, proviamo a tuffarci nella storia. Il fascismo ha un destino paradossale: fu il primo regime a rivendicare la definizione di totalitario, tramite Gentile, nel senso di Giovanni, e lo stesso Mussolini. Ma per essere totalitario non basta il partito unico, la soppressione della libertà e la mobilitazione di massa. Occorrono altri tre decisivi requisiti: il monopolio assoluto del potere, la pratica del terrore, la tabula rasa del passato nel nome della rivoluzione. Ora, nel primo caso, il fascismo lasciò vivere e prosperare larghe zone franche, irriducibili al suo potere: la Chiesa, che ebbe anzi un esplicito riconoscimento con i Patti Lateranensi, la Monarchia, che caso unico per una dittatura, continuò a regnare, e il Capitale, che non fu distrutto o piegato. Per non dire di ampi poteri dello Stato che restarono negli assetti e nella mentalità largamente immuni dal fascismo, dalla magistratura alle prefetture, alle forze armate. In secondo luogo, nessuno storico di buon senso può parlare di un regime fascista fondato sul terrore. Non ci furono deportazioni o stermini di massa, gli antifascisti uccisi durante i vent’anni di regime non superarono le venti unità, furono uccisi più antifascisti italiani nell’Unione sovietica di Stalin, con il beneplacito di Togliatti, che nell’Italia fascista. Infine il fascismo non fece tabula rasa, ma la sua fu una rivoluzione conservatrice: la storia, la famiglia, la tradizione, pur reinterpretate, restarono salde. Imparagonabile con i regimi comunisti, che furono compiutamente totalitari, e con il nazismo che pure non riuscì a pervadere tutta la società tedesca. Il totalitarismo in Italia non fu solo temperato dall’inefficienza e dal generico mammismo degli italiani ma fu un totalitarismo geneticamente incompiuto e imperfetto; fu un regime autoritario di massa, una dittatura nazional-populista con tratti totalitari. Rispetto ai vecchi regimi autoritari, il fascismo mobilita il popolo, non lo chiude in casa; sogna una rivoluzione e non instaura solo l’ordine. Lo stesso Togliatti quando lo definisce regime reazionario di massa, riconosce quei tratti e il consenso popolare. E Gramsci dal carcere non critica il fascismo perché totalitario ma perché non lo è abbastanza, in quanto subalterno alla borghesia, alla Chiesa e al capitale, le mitiche “forze oscure della reazione”.

La questione delle leggi razziali

Avviene la svolta totalitaria con le leggi razziali del luglio ‘38, si chiede Gentile sulla scia della Arendt? Non credo. Le leggi razziali servono a potenziare la sua aggressiva aspirazione rivoluzionaria, protesa non a perseguitare la razza ebraica ma a rifondare la stirpe, come allora si diceva, nel sogno velleitario di generare l’italiano nuovo.
Condivido l’analisi che ne fa l’ebrea Arendt a tale proposito:
a) «L’Italia era uno dei pochi Paesi d’Europa dove ogni misura antisemita era decisamente impopolare». Infatti, aggiunge, «l’assimilazione degli ebrei in Italia era una realtà». La condotta italiana «fu il prodotto della generale spontanea umanità di un popolo di antica civiltà». Un popolo che dai tempi dei romani conviveva con gli ebrei, e continuò a convivere anche all’ombra della Chiesa cattolica: il cattolicesimo trasmise agli italiani il germe di una antica e diffusa diffidenza verso gli ebrei, considerati popolo deicida; ma trasmise agli italiani anche comprensione e umanità rispetto ai paesi di estrazione protestante, più decisamente antigiudaici.
b) «La grande maggioranza degli ebrei italiani - scrive la Arendt - furono esentati dalle leggi razziali», concepite da Mussolini «cedendo alle pressioni tedesche». Perché gran parte degli ebrei erano iscritti al Partito fascista o erano stati combattenti, nota la Arendt, e i pochi ebrei veramente antifascisti non erano più in Italia. Persino il più razzista dei gerarchi fascisti Farinacci, notava la Arendt, aveva collaboratori ebrei, e non era un’eccezione.
c) A guerra intrapresa, scrive addirittura l’Arendt «gli italiani col pretesto di salvaguardare la propria sovranità si rifiutarono di abbandonare questo settore della loro popolazione ebraica; li internarono invece in campi, lasciandoli vivere tranquillamente finché i tedeschi non invasero il Paese». E quando i tedeschi arrivarono a Roma per rastrellare gli ottomila ebrei presenti «non poterono fare affidamento sulla polizia italiana. Gli ebrei furono avvertiti in tempo, spesso da vecchi fascisti, e settemila riuscirono a fuggire». Molti, va aggiunto, con l’aiuto del Vaticano. I nazisti, per la Arendt, «sapevano bene che il loro movimento aveva più cose in comune con il comunismo di tipo staliniano che col fascismo italiano e Mussolini, dal canto suo, non aveva né molta fiducia nella Germania né molta ammirazione per Hitler».
Boicottaggio antinazista
d) L’Italia fascista adottò nei confronti dei nazisti antisemiti un sistematico “boicottaggio”. Nota la Arendt: «Il sabotaggio italiano della soluzione finale aveva assunto proporzioni serie, soprattutto perché Mussolini esercitava una certa influenza su altri governi fascisti, quello di Pétain in Francia, quello di Horty in Ungheria, quello di Antonescu in Romania, quello di Franco in Spagna. Finché l’Italia seguitava a non massacrare i suoi ebrei, anche gli altri satelliti della Germania potevano cercare di fare altrettanto… Il sabotaggio era tanto più irritante in quanto era attuato pubblicamente, in maniera quasi beffarda». Il caso di Giorgio Perlasca, il fascista che salvò la vita a 5 mila ebrei, non fu isolato e autarchico.
e) Quando il fascismo, allo stremo della sua sovranità politica, cedette alle pressioni tedesche, creò un commissariato per gli affari ebraici, che arrestò 22 mila ebrei, ma in gran parte consentì loro di salvarsi dai nazisti, di rifugiarsi, come scrive la studiosa ebrea. Nota la Arendt, eccedendo in indulgenza, che «un migliaio di ebrei delle classi più povere vivevano ora nei migliori alberghi dell’Isère e della Savoia». Risultato fu che «gli ebrei che scomparvero non furono nemmeno il dieci per cento di tutti quelli che vivevano allora in Italia». Le citazioni sono tratte dal libro “La banalità del bene” (Feltrinelli). È permesso aggiungere che morirono più italiani nelle foibe comuniste che ebrei italiani nei campi di sterminio?
f) Le origini culturali dell’antisemitismo sono ricondotte dalla Arendt in larga parte a sinistra; ne “Le origini del totalitarismo” ricorda che fino all’affare Dreyfus in Francia, «le sinistre avevano mostrato chiaramente la loro antipatia per gli ebrei. Esse avevano semplicemente seguito la tradizione dell’illuminismo del XVIII… l’atteggiamento antiebraico era parte integrante dell’anticlericalismo». In Germania, ricorda la Arendt, i primi partiti antisemiti furono i liberali di sinistra, guidati da Schonerer e i socialcristiani di Lueger.
Il prestigio di Mussolini
Nonostante avesse promulgato due mesi prima le leggi razziali, Mussolini a Monaco raggiunge l’apice del prestigio tra le democrazie occidentali.
Insomma, il fascismo non fu totalitario e tantomeno fu il male assoluto, che forse non esiste in terra ma a cui semmai si avvicinarono Hitler e Stalin, Mao e Pol Pot. Gli uomini non sono angeli né demoni, anche se prendono lezioni da ambedue. Magari più consigli dai primi e più esempi dai secondi.
Il “corretto commento” è non scalfisce la chiarezza delle tesi di Veneziani, facilmente condivisibili da chi senza essere un fascista o un nostalgico ha una visione del fascismo non ottenebrata dai pregiudizi di chi è venuto dopo, senza essere per questo migliore di quanti in posizione di potere e di comando lo hanno preceduto.

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2. Veneziani tra Farina e Morigi. – È bene che ognuno dica la sua, anche chi legge. Resto convinto che l’11 settembre ha significato un ottimo preteso per aumentare la pressione dell’Impero sul Medio Oriente ed altrove. Non sono ostile all’ipotesi secondo cui l’11 settembre ha favorito una politica. Di certo Israele ed i suoi “Corretti Interpreti” considerano loro interesse vitale non solo la guerra all’Iraq, ma anche quella all’Iran che non è mai stata tanto desiderata. Sono certo che se Ahamadinejad rispondesse positivamente a tutte le richieste di Bush, i fautori della guerra troverebbe il giorno dopo un nuovo pretesto per scatenare una guerra che devono fare. Stesso copione giò visto per l’Iraq. Spero che questo Marcello Veneziani possa condividerlo: non è questione di uranio arricchito, ma di una guerra che deve essere mossa in ogni caso all’Iran per interessi israeliani o statunitensi, ma più israeliani che non americani e per nulla europei. Qui noi facciamo proprio la figura dei fessi.

3. Fiaccolate. – Su “Libero” è stato messo a confronto un articolo di Marcello Veneziani, scettico sulla manifestazione organizzata dal “Foglio” davanti all’ambasciata iraniana, e l’entusiasta Angelo Pezzana, che quel giorno di trovava in Israele, forse a prendere istruzioni per la sua propaganda su «Informazione Corretta». Non conoscevo le riserve di Veneziani, timoroso soltanto per i rischi che possiamo correre esponendoci per primi. Non ritengo che sia Israele ad essere minacciato, ma che lo sia al contrario l’Iran. In infinite occasioni Ahmadinejad ha chiarito il senso delle sue dichiarazioni: Israele scomparirà per implosione. La stessa cosa che all’estero dice Ahmadinejad lo ha detto in Israele Avraham Burg, che ha parlato di uno stato alla nitroglicerina. È quanto mai fantomatica la bomba iraniana che non c’è, mentre pare che Israele di testate atomiche ne abbia 4oo. Curioso strabismo. Non vedere dove il pericolo atomico già esiste ed ostinarsi a vederlo dove non c’è. Ritengo che esiste una strategia per “liberare” tutto il Medio Oriente come è stata “liberata” nel 1945 tutta l’Europa. Costruire cioè un complesso di stati vassali sotto giurisdizione americana e con Israele principale beneficiari del nuovo assetto. Per fortuna, gli islamici hanno un senso della loro libertà, dignità ed indipendenza di quella che noi più civili pensiamo di avere. A proposito di fiaccolate ne ricordo un’altra alla quale ho partecipato: nei pressi dell’ambasciata israeliana in sostegno di Gaza. Non abbiamo avuto la stessa copertura mediatica. Ma non importa. Sono fiero di aver fatto la mia fiaccolata nei pressi dell’ambasciata israeliana anziché davanti a quella iraniana con Ferrara e gli altri suoi degni compagni di fede e di tifo calcistico.

4. La situazione iraniana. – Non è mio interesse trattare qui i problemi istituzionali dell’Iran, la cui base democratica è indubbia, ma che dice poco a chi è abituato a considerare secondo i suoi interessi ciò che è democratico e ciò che non lo è. Nostra analisi è il «corretto commento» dove sono evidenti gli interessi a spingere l’opinione pubblica in senso ostile ad un paese, l’Iran, che in cento anni della sua storia non ha mai mosso guerra a nessuno. La posizione di Marcello Veneziani si distingue quanto basta per non piacere ai «Corretti Informatori».

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