martedì 18 dicembre 2012

Commento al Rabbino Bahbout. – Note in margine ad una Lettera aperta dello stesso.

Al quotidiano di Napoli
Il Mattino
e p. c. al Sindaco di Napoli

Vorrei commentare con dei numeri la Lettera aperta del rabbino Shalom Bahout, da voi pubblicata e di cui leggo nella rassegna stampa sionista all’URL:

http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=18&sez=120&id=47383

Intanto Lettera «aperta» cosa significa? Che ognuno la può liberamente leggere e liberamente commentare?

È quel che faccio, riservandomi una ripubblicazione nel mio blog, con possibili rielaborazioni e ampliamenti nonché correzione di refusi e miglioramenti formali.

Parto intanto dall’oggettività dei numeri.

Ho visitato di recente in Londra la Exibition “Britain in Palestine”, da cui è stato tratto il libro-catalogo a cura di Karl Sabbagh, dove a pagina 11 si trova una interessante tabella, che riporto solo parzialmente, commentando poi brevemente i dati e le implicazioni.

Nel 1860-61 vi erano in Palestina 325.000 musulmani arabi, 31.000 cristiani pure arabi, che fanno in tutto 356.000 arabi a fronte di soli 13.000 ebrei autoctoni e pari al 3,5% della popolazione complessiva. Gli studiosi sanno che dal 1882 incomincia in Palestina una immigrazione specificamente sionista, che fino al 1915-18 era malvista dalla stessa popolazione ebraica autoctona.

Poiché il rabbino Bahbout parla di suo padre, nonno e bisnonno potrebbe essere interessante sapere se il suo radicamento in Palestina è di prima o dopo il 1882 e se è un autoctono del 1860-61, quando gli “ebrei” residenti erano il 3,5% della popolazione complessiva, all’interno della quale vivevano in piena armonia.

Nel 1861 gli ebrei erano il 3,5%
Appaiono poi del tutto fuori luogo, da un punto di vista religioso-teologico, storico-culturale e politico le pretese del rabbino Bahbout nei confronti di Abu Mazen, poste come pre-condizioni al conferimento della eventuale cittadinanza onoraria di Napoli. Per la quale sarebbe in linea di principio auspicabile, non solo in Napoli, ma in tutti i Comuni d’Italia, che fossero sempre sentiti con referendum i cittadini. Essi non possono vedersi imporre delle concittadinanze, gradite o non gradite, ma sempre da giustificare su una base etica, se si vuole conservare la propria di identità, senza dover riconoscere quella altrui, mortificando e distruggendo la propria. Come cittadino romano non gradisco per nulla la “concittadinanza” di uno Shalit o di un Foxman, per me incomprensibile, mentre avrei accettato come concittadino un Mordecai Vanunu, ritenendo doveroso e giustificato un simile riconoscimento, dopo che egli fu “rapito” da Roma, città ospitale, che dovrebbe essere anche “sicura” per tutti quelli che vi si trovano, cittadini o non cittadini.

Il Rabbino Bahbout
Non si capisce perciò in quale veste ed a quale titolo parla o intende parlare il rabbino Bahbout. La confusione dei ruoli non aiuta a comprendere cosa egli voglia non tanto dal Sindaco di Napoli, ma da quanti leggono la sua Lettera aperta e sono legittimati ad esprimere un giudizio, anche in dissenso, sul contenuto della Lettera e sugli argomenti addotti.

Il Sindaco di Napoli
Non so il Sindaco di Napoli, ma personalmente non avrei bisogno dei consigli del Rabbino Bahbout, ed anzi potrei io dargliene a Lui stesso ed Sindaco di Napoli, ma avendo di entrambi grande rispetto è cosa che non mi permetto di fare. Mi difendo soltanto dai “giudizi”, meglio “pregiudizi” del Rabbino Bahbout, resi pubblici dal Mattino.


Poiché dunque il governo ottomano teneva sotto controllo l’immigrazione sionista, nel 1914-15 (secondo la tabella citata) la percentuale ebraica della popolazione complessiva di 722.303 abitanti sale ad appena il 5,4 %, formata da autoctoni ed immigrati. È solo con il mandato britannico che si assiste ad una massiccia immigrazione ebraica, una vera e propria esplosione, anzi una invasione coperta dal potere britannico, chiaramente volta ad espellere la popolazione palestinese autoctona, come a dire: “ti entro in casa e ti caccio fuori”. È istruttivo lo studio della storia della Palestina durante il Mandato britannico. E da qui si dovrebbe incominciare quello studio che il rabbino Bahbout raccomanda, ma in una interpretazione assai discutibile, forse facendo aggio su una diffusa ignoranza al riguardo e soprattutto sulla scarsa propensione degli italiani a spulciare la storia della Palestina, quando – soprattutto a Napoli – devono ancora guardare bene al modo in cui è stata fatta l’unità d’Italia, anzi così malfatta che dopo 150 ne paghiamo ancora le conseguenze. Figuriamoci a dover andare a studiarsi la storia della Palestina e dell’immigrazione sionista, che ha portato alla espulsione e all’oppressione della popolazione autoctona palestinese.

Immaginiamo, se gli italiani, alle prese da decenni con una immigrazione clandestina, possano mai ammettere un simile filosofia ogni volta che si imbattono in un clandestino che lava loro il vetro della macchina ad un incrocio. Questa massiccia immigrazione, favorita dagli Alti Commissari Britannici, sionisti pure loro, provoca la reazione degli arabi nella grande rivolta del 1936-39, repressa nel sangue dagli inglesi. L’obiettivo principale dell’immigrazione ebraica sionista è stato sempre quello di diventare maggioranza in Palestina. Ma questo obiettivo viene raggiunto solo con la grande pulizia etnica del 1948. Naturalmente, conosco bene le favolette della propaganda israeliana al riguardo e non mi soffermo. Stupisce che un “rabbino” – suppongo un uomo religioso legato alla Torah – accolga nel suo bagaglio siffatti stereotipi del tutto propagandistici e privi di qualsiasi base scientifica ed etica. Ignoro quale sia la normale formazione culturale di un “rabbino”, cosa e come essi studino, come venga loro insegnata la storia, la filosofia, il diritto, l’etica.

Resta il fatto che 750.000 palestinesi furono espulsi dalla Palestina nel 1948 e 400 villaggi palestinesi furono letteralmente distrutti, rasi al suolo e cancellati dalla carta geografica. Il famoso museo israeliano, diventato una sorta di Altare della Patria, sorge su due di questi villaggi distrutti. Quando la propaganda rimprovera ad Ahmadinejad ciò che egli non ha mai detto, a proposito della “cancellazione” di Israele dalla carta geografica, stupisco come non venga notata che una simile cancellazione dalla geografica è stata fatta, ma dagli israeliani con i villaggi palestinesi da loro distrutti.

Mi chiedo se il “rabbino” Bahout pensa di avere una qualche relazione con i testi religiosi ebraici ed in particolare con la Torah, per come intesi e interpretati dai rabbini di Neturei Karta, che personalmente ritengo gli unici depositari della tradizione religiosa ebraica. Poco importa che oggi essi siano una minoranza, anzi come si dice oltraggiosamente “quattro gatti”, rispetto all’universo identitario ebraico, per il quali rinvio al fondamentale testo di Gilad Atzmon. Questo autore, che è un ebreo nato in Israele, ma emigrato in Inghilterra, e divenuto fedele cittadino britannico, offre spiegazioni su una materia sulla quale la stampa mainstream non ama fare distinzione, trattando dell’«ebraicità» come se fosse qualcosa di univoco. Quando si dice “ebreo” Atzmon distingue tre gruppi di persone: 1°) persone religiose legate alla Torah ed alla tradizione religiosa ebraica. Uomini e donne che vivono interamente nell’osservanza ai precetti della loro religione. Ed è certamente il caso degli ebrei di Neturei Karta. 2°) Persone che si trovano ad essere ebrei, semplicemente perché lo erano i loro genitori e vivono in un contesto sociale detto "ebraico”, ma possono essere perfino “atei” e dichiararsi pubblicamente tali. 3°) persone che antepongono la loro “ebraicità” ad ogni altra caratteristiva distintiva: per loro l’«essere ebreo» è più importante di ogni altra cosa. Il tema è di estrema delicatezza e la semplificazione eccessiva potrebbe essere fatale. Si rinvia prudentemente al libro di Atzmon, ora disponibile in italiano. È di questa terza categoria che si interessa Atzmon, ed alla luce del suo libro, ci sembra che la formazione culturale del rabbino Bahbout rientri in questa terza categoria, per la quale si rinvia ad Atzmon.

Gli “ebrei” del primo gruppo, i rabbini di Neturei Karta, ritengono che lo «stato di Israele» sia una bestemmia contro la Torah e che lo «stato di Israele» debba essere «smantellato» e che ai palestinesi debba essere restituito ciò che è stato loro tolto e tutti i torti debbano essere riparati.

Non intendo entrare in questioni religiose ebraiche. Ricordo solo che per i rabbini di Neturei Karta quando si dice “Israele” si intende con questo termine un luogo dello spirito e della liturgia, non certo un concreto stato territoriale, sorto nel modo che si è detto. Ricordo ancora come nel libro di Ghada Karmi, profuga palestinese del 1948, si possa leggere la risposta che diedero due persone appositamente incaricate dai rabbini di Vienna che li avevano mandati in Palestina nel 1897 per studiare la fattibilità del progetto sionista emerso dal primo congresso di Basile.  Il telegramma recitava: “La sposa è bella, ma sposata a un altro uomo”, per indicare che quella terra era abitata dai palestinesi, e che non li si poteva far sloggiare.

Orbene, per concludere, la questione palestinese può essere vista oggi in due modi: sotto il profilo etico e sotto il profilo politico.

Un comune cittadino, che non è ministro degli esteri, che non sta in parlamento, che non ha potere di nessun genere, che è spesso in Italia oppresso come lo sono i palestinesi sotto l’occupazione israeliana, può solo giudicare la questione unicamente sotto il profilo etico. E ne viene fuori la verità contenuta nel detto popolare: “chi dintru ti metti, fori ti caccia”. È proprio quello che è avvenuta in Palestina con l’immigrazione ebraico-sionista, se si va a studiare in modo scientifico la storia dal 1882 ad oggi. Con la differenza però che i palestinesi non hanno MAI voluto l’immigrazione ebraica, quel genere di immigrazione ebraica, e fin dal primo momento si sono opposti in tutti i modi possibili alla Dichiarazione Balfour, che oltrettutto contraddiceva la “promessa”, poi tradita, che era stata fatta alcuni anni prima agli arabi, anche palestinesi, per indurli a rivoltarsi contro gli Ottomani, sotto i quali la storia ha largamente dimostrato che si trovavano meglio di quanto non si siano poi trovati sotto dominazione coloniale britannica e francese.

Se il Sindaco di Napoli pensa di dare una cittadinanza onoraria ad Abu Mazen, questa non è certamente meno arbitraria di quella concessa a Roma dal sindaco Alemanno, al soldato Shalit e se la memoria non mi difetta a quella conferita da amministrazioni precedenti a tal Foxman, capo dell’ADL, mentre mi sorprende come una cittadinanza onoraria non sia stata data a Mordecai Vanunu, che con grave oltraggio della sovranità italiana fu rapito in Roma dal Mossad…
Il rapito Mordecai Vanunu
Ricordo che Mordecai Vanunu rivelò al mondo l’esistenza dell’atomica israeliana, di cui in una recente risoluzione l’ONU chiede ad Israele di render conto… Ma Israele non risponde, non ci sente da quell’orecchio, ed il segreto dell‘arsenale nucleare israeliano è il classico segreto di Pulcinella. Ma Israele e i suoi agenti propagandistici ci bombardano quotidianamente con l’atomica che oggi non esiste, che si teme possa esistere, e che per impedire possa esistere ci si vuol costringere ad una guerra con l’Iran, un paese e un popolo che al pari dell’estinto Regno borbonico non ha mai fatto guerra a nessuno!

Concludo, rigettando uno dei consueti topoi della propaganda israeliana: non dobbiamo guardare a quello che succede in Israele, ma a quello che succede altrove. Ebbene, il vigile al semaforo attraversato con il rosso risponde così al multato: io ora vedo te! Ma a parte questo vi è una questione di carattere generale. L’immigrazione ebraico-sionista in Israele ha carattere di unicità. Noi comuni cittadini, che esprimiamo giudizi “etici”, non possiamo concepire un sistema di relazioni fra i popoli, come quello storicamente verificatosi in Palestina, dove si è assistito nell’arco storico 1882-2012 ad una immigrazione che ha totalmente espulso e sradicato la popolazione autoctona.

E se domani la stessa cosa succedesse a Napoli, in Campania, in Calabria, in Italia?

Potremmo noi accettare di essere cacciati dalle nostre case, dai nostri paesi, dalle nostre città?

È quello che è successo in Palestina, dove Abu Mazen rispetto ad Hamas è il Quisling della situazione, a cui si vuol far firmare la rinuncia al “diritto al ritorno” dei profughi del 1948, riconosciuto e sancito dall’ONU, citato a favore solo per la «spartizione” (illegitima) della patria palestinese, ma osteggiato e vituperato per le innumerevoli risoluzioni con cui si condanna Israele, ed in ultimo per il riconoscimento con schiacciante maggioranza della statualità della Palestina.

* * * 

Integrazione “cristiano-sionista”
alla Lettera rabbinica



Pochi sanno a Napoli cosa sia il “cristiano sionismo”, che negli Usa è una realtà rilevante ed equivale suo piano funzionale al “complesso di colpa” che in Europa viene usato come una clava morale per far passare ad Israele ogni cosa e per spegnere ogni critica. Non sappiamo per quali vie e quali prospettive di successivo ma di tenta di trapiantare anche in Italia frange “cristiano-sionista, che nelle loro riunioni  hanno sempre al posto di onore o al tavola di presidenza funzionari israeliani o rappresentanti della comunità ebraica. È così che la Lettera del rabbino sopra commentata trova una sponda di sostegno in un commento “cristiano sionista” di M.C. (Marcello Cicchese) che cura un’apposita rassegna stampa che si affianca alla sionistissima “Informazione Corretta”, di cui riporta spesso gli stessi testi, ma a volte differenziandosi per curare lo specifico “cristiano sionista” o “pseudo cristiano”. Ecco dunque l’appendice “cristiano sionista” alla Lettera rabbinica:
Le parole del rabbino Shalom Bahbout al sindaco di Napoli sono ragionevoli e fin troppo gentili, riportano fatti e li collegano fra loro con argomenti razionali, ma è questo che desiderano i "difensori della pace" come il nostro sindaco? Non ne hanno bisogno: a loro basta quello che hanno già assorbito dai generici umori dell'ambiente circostante, che si riassume in questo: Israele è un prepotente che mette in pericolo la pace internazionale, e Abu Mazen rappresenta il debole popolo oppresso che deve essere aiutato e incoraggiato. E' già tutto chiaro, che bisogno c'è di aggiungere altro? Affinché gli argomenti di giustizia e ragionevolezza possano avere qualche speranza di successo è necessario che in chi li ascolta sia presente una ben precisa componente morale: la buona fede. E questa è merce rara quando si coinvolge Israele in un discorso che si presenta come anelito alla pace. "Non si può costruire la pace nel mondo se non sulla base della buona fede internazionale", disse David Lloyd George, Primo Ministro inglese al tempo della prima guerra mondiale, in un’occasione in cui il governo inglese, come oggi quello italiano, stava facendo un’ignobile voltafaccia davanti al popolo ebraico che di lì a poco sarebbe stato massacrato dai nazisti e non solo. Di questa buona fede internazionale ancora oggi non si vede traccia. M.C.  (Fonte)
Che dire? Dobbiamo commentare anche questa appendice? Non abbiamo le stesse vedute sul “ragionevoli” e addirittura “fin troppo gentili”. Non hanno nulla a che fare con la “ragione” e non hanno proprio nulla di gentile. La “ragione” su cosa si fonderebbe mai? Sul diritto? Ma quale diritto? Quello di scacciare una popolazione dalle case, dai villaggi, dai cimiteri? Sulla base di cosa? Di un chimerico “diritto divino” che nessun ragionevole e nessun spirito autenticamente religioso ha mai riconosciuti? Gli autentici uomini pii del giudaismo, cioè i rabbini di Neturei Karta hanno tutt’altre vedute. Per la presunta ragionevolezza non può essere chiamata in soccorso né la religione né la storia, che ha suoi propri metodi e che non è dettata dai Fini o Violanti o da artefici di leggi che pretendono di imporre per legge, e non per ragione e ricercata fondata su documenti e discussione critica delle fonti, nè il diritto che non può essere chiamato a giustificare il furto, l’omicidio, la menzogna. Meno che mai una simile ragionevolezza può essere fondata sull’etica, che nasce dal seno dei popoli che con il loro comportamento indicano la strada a cui la politica deve incanalarsi: etica e politica che possono essere bensì distinti ma non opposti. E l’etica in quanto saggezza popolare si trova già del detto popolare: «Chi d’intru ti menti, fori ti caccia». Un comportamento che l’Etica dei popoli del Regno borbonico non ha mai legittimato e che nel caso palestinese ha tutta la gravitò che abbiamo già illustrata,

Sulla “gentilezza” è il commento che si può fare è ancora una volta sulla totale mancanza di spirito critico di persone che probabilmente per il fatto di avere una assoluta presunzione della propria soggettività ed identità non riescono neppure per il momento a vedersi non con gli occhi del proprio pregiudizio, ma con gli occhi di chi li osserva. Questa assoluta incapacità di assumere il punto di vista degli altri è decisamente sconcertante ed anche terrificante, considerando che oggi Israele possiede un arsenale di 400 testate nucleari, di cui non si sa bene cosa voglia fare e chi si voglia minacciare. Quindi, non “gentilezza”, ma piuttosto “arroganza” e presunzione.

Che «Israele sia un prepotente», etc., e che M.C. ne riesca per lo meno a contemplare la possibilità significa che non si tratta di “ignoranza” che possa giustificare, ma di una particolare struttura morale e forza volitiva che preclude la conoscenza di ciò che non solo è ovvio, ma che è fondato sulla realtà sperimentale con la stessa logica stringente della caduta dei gravi. E qui vi è poco da insistere. Non è ignoranza. È la menzogna che pretende di imporsi quella che vuole invertire i ruoli dell’aggredito e dell’aggressore, della vittima e del carnefici, di chi abita a casa propria e chi lo scaccia di casa, dell’autoctono e dell’immigrato.

Un esempio di malafede inglese
La «buona fede» di chi? Ma chi è che parla di “buona fede”, negandola ad altri e presumendola per sè? Davvero questa è totale mancanza di pudore. Esilarante l’associazione della “buona fede” ad un esponente del colonialismo britannico, che due anni prima prometteva agli arabi il contrario di ciò che poi fu concesso da Lord Balfour con la famosa dichiarazione. Più malafede di questa ne è mai esistita nella storia? E che dire in anni ancora recente del Bugiardo Blair ribattezzato Bliar il Mentitore. Dunque, una malafede ed una abitudine alla menzogna che nella storia inglese ha una lunghissima tradizione. Quanto poi alle filastrocche sul “popolo ebraico”, non volendo usare parole nostre, ci limitiamo ad indicare autori che hanno detto parole definitive al riguardo: Shlomo Sand, Norman G. Finkelstein, Ilan Pappe, Jacob Rabkin, Gilad Atzmon, ed altri ancora che faremo diventare familiari ai lettori di questo blog.

Lo sfottìo sui “difensori della pace” lascia pure alquanto perplessi. Se si ha netta la percezione della “pulizia etnica” che si è consumata in buona parte e che perdura, ci si chiede: dove vuole andare a parare questo signore? Come si dice: ci è o ci fa? Se un simile sfottio è tuttavia anche soltanto concepibile, occorre trovare una spiegazione. E questa la si trova nel controllo totale o quasi dei media da parte della propaganda israeliana, che riesce a presentare le cose con l’ottica che gli è propria. Chi non è capace di decostruire la comunicazione che riceve, rischia perfino di venirne influenzato. Se poi, oltre ad essere influenzato, viene anche armato ed istigato, succedono così spiacevoli che vediamo tutti i giorni: all’antisemita! È il grido, che al suono dei tamburi di stampa, si ode appena qualcuno, mosso da semplice buon senso, esce fuori dagli schemi della comunicazione ammaestrata, abbandonando i cliché che sempre scattano appena si fanno dei nomi o si ricordano eventi: una corrispondenza biunivoca! E non forniamo esemplificazioni che ognuno può cercarsi da solo.

Post Scriptum - Sempre su «Informazione Corretta», testata sionista e filo-governativa, appare un intervento di sostegno, a commentare il quale non ci sembra il caso di indugiare troppo. Basta rilevare che sul carattere “israeliano” della propria identità è lo stesso rabbino Bahbout a richiamare l’attenzione dei Lettori della sua “lettera aperta”. Inoltre, è forse finalmente giunto in tempo di chiedere alle Comunità ebraica di chiarirci le idee sulla loro identità, per la sola un unica ragione di aiutarci a comprendere chi sono, da che parte stanno e cosa vogliono la noi, la cui identità e fedeltà non è duplice o addirittura triplice. Noi certamente siamo cittadini italiani, non israeliani, ed abbiamo tutto il diritto di poter giudicare la politica di quella entità statuale sorta nel 1948 con il nome di «stato di Israele» ed il cui carattere “ebraico” è per noi irrilevante: nessuno può rivendicare un “diritto” alla “pulizia etnica” di una popolazione autoctona e pretendere che la nostra politica estera di italiani sia di sostegno a quello che a noi appare come un “crimine”, che non può essere mascherato da nessuna ideologia religiosa o da vittimismi strumentali, per giunta scaricati su una popolazione, quella palestinese, del tutto innocente delle colpe attribuite ai popoli europei e gravate sulle spalle di nipoti e pronipoti non solo innocenti, ma ai quali è perfino preclusa la libera conoscenza storica delle “colpi” attribuite ai padri, nonni e bisnonni. Difficile immaginare tanta barbarie messa insieme.

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Integrazione con riserve critiche
su un  Video di ricostruzione storica,
ricevuto da «Invicta Palestina»

 Riceviamo da «Invicta Palestina» un video prodotto da -------, che in 7 minuti offre una ricistruzione storica della “questione palestinese”. Ne condiviamo quasi in tutto il contenuto, ma sembra opportuno far seguire ad esso le nostre riserve critiche, giacché i tempi ci sembrano maturi per una più compiuta conoscenza del problema in tutta la sua complessità. Le osservazioni seguiranno fra qualche tempo, perché vogliamo prima effettuare alcuni riscontri e controlli.




Nota tecnica

Non comprendiamo perché, ma il video non parte dall’interno del blog, come prima avveniva. Si può però rimediare cliccando direttamente sul Video You Tube, dove compaiono anche i  commenti al video stesso.

mercoledì 7 novembre 2012

Cosa succederà dopo le elezioni USA


«Chiunque vinca queste elezioni, che sia Obama o Romney, lo stato delle cose non farà che precipitare comunque verso il baratro che stiamo osservando  - perché è chiaro che continueremo a fare le guerre volute da Israele.»

Oggi, 6 novembre 2012, gli americani si recheranno alle urne per decidere chi sarà il presidente degli Stati Uniti d'America nei prossimi 4 anni, e l'esito delle elezioni sarà già noto quando questo post verrà pubblicato.

Ma qualunque sarà l'esito, leggere il racconto narrato in basso - un vero thriller in certe parti - sarà utile per comprendere cosa succede dietro le quinte nelle sfere di Washington e quali saranno le possibili conseguenze delle elezioni presidenziali negli USA in questo momento di tensioni internazionali, che vinca l'uno o l'altro aspirante alla carica.

Gli esperti e autori che leggiamo sul web di lingua inglese da tempo ci informano che Netanyahu ha messo in atto ogni possibile strategia per assicurarsi che il suo accolito Mitt Romney diventi il prossimo fantoccio israeliano ad insediarsi nella Casa Bianca al posto di Obama, che Netanyahu e la destra ebraica in USA e Israele percepiscono come una spina nel fianco per i motivi che poi illustreremo.

E' tuttavia opinione generale della comunità del giornalismo alternativo che per quanto riguarda Israele non farà alcuna differenza se sarà Obama oppure Romney a rivestire la carica presidenziale degli USA, perché sarà comunque la Lobby ebraica americana a dettare legge per le politiche estere di Washington, come succede dall'epoca in cui Israele dichiarava unilateralmente l'esistenza dello stato ebraico nel cuore delle terre arabe in Palestina. E chi si oppone alla Lobby viene spazzato via.

Scrive la poetessa e autrice Lasha Darkmoon in un articolo del 6 ottobre scorso:

«Gli americani hanno perso il loro paese, ormai nelle mani del potere ebraico organizzato. Lo hanno perso lentamente e impercettibilmente. In effetti, la maggior parte degli americani non è consapevole che il loro paese non gli appartenga più. Credono con fervore di vivere ancora in una democrazia. Tuttavia, la presa di controllo di un paese da parte degli ebrei non è senza precedenti. E' successo in Germania. E' successo in Russia. E ora è accaduto in America. 

«Governata da una élite ebraica e dai suoi subalterni cristiani ebraizzati, in disprezzo di ogni legge internazionale in favore di Israele, e odiata ovunque nel mondo, l'America è oggi una colonia israeliana in tutto tranne che nel nome. I giorni del vino e delle rose è da tempo finito. Il Sogno Americano è morto. Come la Germania e la Russia prima di lei, l'America ora giace soggiogata. Nelle parole di P. C. Roberts: 'Quando il mondo guarda l'America, ciò che vede è una colonia israeliana'.»

Non sorprende quindi che nel terzo e ultimo dibattito televisivo tra Obama e Romney, che doveva affrontare il tema delle politiche estere americane, l'argomento "Israele" abbia sbancato l'intero evento.

Emblematico nel riassumere il confronto Obama-Romney sulle politiche estere, è il titolo dell'articolo di Justin Raimondo: "Sommario del dibattito: Israele, Israele, Israele, Israele ... Ah sì, e anche l'America".

Mentre il politologo e pastore afro-americano Randy Short - un uomo di grande profondità d'animo - commentava su Press-TV il dibattito presidenziale con queste parole: "Era come vedere due bambini nel cortile di scuola contendersi un ruolo esclamando: Sono io Netanyahu! No, sono io Netanyahu! Stavano virtualmente rivaleggiando nel ripetere al meglio le battute dettate dalla Lobby Ebraica - ed era spaventoso vederli, perché essenzialmente si assisteva ad una competizione tra due mostri, il Frankenstein Romney e il Dracula Obama."


Eppure esiste una ragione per cui una possibile rielezione di Obama metterebbe in agitazione Netanyahu e la Lobby ebraica americana.

Lo spiega al meglio Mark Glenn, giornalista, autore e conduttore radiofonico americano di fede cattolica, frequentemente interpellato da Press-TV.

Mark Glenn è anche il gestore del sito web The Ugly Truth (la sporca verità) e dell'omonimo talk show politico online che va in onda ogni giorno eccetto la domenica.

Il lunedì sera è lui stesso a condurre la trasmissione, e qui in basso forniamo la trascrizione/traduzione parziale della puntata in cui Mark analizzava il dibattito tra Obama e Romney sulle "politiche estere americane".


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«La differenza tra Romney e Obama»


- parla Mark Glenn



La sera del lunedì 22 ottobre scorso, mentre stava per andare in onda in mondovisione il terzo ed ultimo dibattito tra Barack Obama e Mitt Romney per contendersi la carica di presidente degli Stati Uniti, iniziava contemporaneamente la puntata quotidiana della trasmissione americana "The Ugly Truth", che il lunedì viene condotta direttamente dal fondatore e direttore Mark Glenn.

«Immaginate la mia costernazione - esordiva Mark Glenn nell'introdurre l'argomento della puntata - quando stamattina apprendevo dal maggior giornale online israeliano Y-net, che il dibattito tra i due contendenti alla Presidenza degli Stati Uniti d'America si sarebbe focalizzato su due aspetti e due soltanto: Israele e Iran - e in parte sul recente episodio dell’uccisione dell’ambasciatore americano in Libia - episodio che Romney sta sfruttando nella sua campagna elettorale come “prova” che Obama non sarebbe adatto a rivestire la carica di presidente perché non è in grado di proteggere gli interessi dell’America.

«Quindi, prima di passare a commentare la scelta 'Iran-Israele' - ragioniamo su questo: per capirci bene, la Libia non verrà discussa in quanto paese che è stato annientato e massacrato e ridotto in macerie dalle forze occidentali provocando un genocidio di centinaia di migliaia di cittadini, con le infrastrutture distrutte, e con il leader libico catturato, brutalizzato e ucciso, poi sostituito da un governo fantoccio instaurato per rappresentare gli interessi dei vincitori – e con questo non intendo gli interessi  dei cittadini occidentali – intendo gli interessi organizzati degli ebrei in America e degli ebrei in Israele che lavorano in tandem come una coppia di avvoltoi per realizzare quel disegno folle che questi hanno in mente da migliaia di anni (la “Grande Israele”). No, la Libia verrà riesumata da Romney all’unico scopo di screditare Obama per l’episodio di Bengasi.

«Ma a parte questo, stanotte si dibatterà principalmente su Israele e sull’Iran.

«E lo so che ci saranno tanti americani interessati a sentire cosa si dirà di Israele e dell’Iran, perché sono stati condizionati a ritenere che Iran e Israele abbiano a che vedere, ognuno per motivi separati, con la sicurezza nazionale del nostro paese, gli Stati Uniti d'America.

«Noi qui – conduttori e ascoltatori di questo programma – sappiamo bene che il nostro paese ci è stato rubato. Che altri prima di noi, in passato, hanno permesso che il nostro paese venisse a noi sottratto, con ciò impedendo a me e a voi in ascolto di sentirci orgogliosi del nostro paese, di ritenerci fortunati di vivere in America e di poter crescere i nostri figli con la prospettiva di un futuro di pace e prosperità.

«E invece ci troviamo qui a dovere ammettere che non possiamo essere affatto orgogliosi del nostro paese. Né possiamo chiamare l’America il “nostro” paese – prova ne è il contenuto annunciato del dibattito che sta per andare in onda (sulla CNN, ecc.).

«Sì, perché stasera, signore e signori, questi due criminali, Obama e Romney, che dovrebbero stare dietro le sbarre (per motivi separati, ma entrambi per alto tradimento …) - questi due dibatteranno NON su cosa è meglio per il nostro paese - gli Stati Uniti d’America  - ma su cosa è meglio per Israele, l'entità straniera che ha violentato il mio paese, che ha attaccato il mio paese (11 Settembre) che ha ucciso nel mio paese, che è responsabile della bancarotta del mio paese – sia morale che economica – l’entità che ha forzato il mio paese a fare le guerre che vediamo, e che ora vorrebbe coinvolgere il mio paese in altre guerre ancora.

«E quindi chiedo a tutti voi: ma come siamo arrivati a questo punto – come osano questi due esseri disonesti  che stasera si confronteranno per l’ultimo dibattito prima delle elezioni, che si contendono la Presidenza del nostro paese - come osano questi due dibattere Iran e Israele. Pensate se l'annuncio fosse stato per dibattere ad esempio l’Italia e l’Irlanda, oppure Islanda e Indonesia - quale sarebbe ora la reazione dei media? Si chiederebbero: ma perché questi vogliono discutere l’Italia e l’Irlanda - cosa c'entrano Italia e Irlanda con i 340 milioni di cittadini americani!? Cosa rende questi due paesi così importanti che due candidati alla presidenza americana ne vogliano discutere nell'ultimo dibattito che precede le elezioni di sole due settimane!?

«Questa dovrebbe essere la reazione dei media se i media fossero nelle mani di gente sana di mente, in un paese governato da persone sane di mente. Dovrebbero chiedersi: come diavolo viene in mente a due candidati di discutere per un'ora e mezza su un paese straniero, Israele, e sul paese che Israele considera il suo nemico, l'Iran. Ma non abbiamo cose più importanti da discutere che non del “popolo eletto”? Ma non vi sembra più importante discutere della realtà degli Stati Uniti, dove la gente sta perdendo il lavoro, la casa, la dignità di cittadini con diritti, visto che il cosiddetto sogno americano viene discusso ormai alla stregua delle specie animali in via di estinzione?

«E invece NO! Stanotte a Boca Raton, in Florida, nella città a più alta densità di ebrei in America (dove gli ebrei più facoltosi hanno la propria residenza estiva e vi passano gli anni della vecchiaia) si tiene questo dibattito anacronistico. Proprio mentre noi siamo in onda, i cittadini americani sono costretti a sentire questi due prostituti di Israele - scusate il linguaggio ma non so come altro definirli - per sapere quale dei due sia più disposto a sporcarsi le mani in favore di Israele. Perché è di questo che il dibattito si occuperà.

«Ma arriviamo al dunque. Ho appena avuto una conversazione telefonica con il mio amico Mike Piper (conduttore radio su RBN), che tutti conoscete – e sapete bene che non è possibile avere una conversazione con Mike che non sia di alto profilo politico. Discutevamo su chi sarà il candidato prescelto - l'eletto, per rimanere in tema. Su chi gli “eletti” sceglieranno come l'eletto. Perché non è mica chiaro chi sarà l'eletto - perché anche il “popolo eletto” (che in USA decide chi sarà Presidente) è grossomodo diviso in due gruppi: da una parte quello più radicale, gli armagheddonisti, quelli davvero fuori di testa che prendono sul serio la storiella della bibbia secondo cui loro sarebbero il popolo eletto e il resto del mondo è plebaglia che deve servire da zerbini per gli eletti, e dall’altra parte il gruppo più moderato, la cosiddetta sinistra ebraica, che comunque opera anch’esso nell’interesse del potere ebraico.

«Ora, questi tra loro si stanno facendo una guerra come quella tra gang opposte, per decidere chi tra i due candidati dovrà essere il prescelto – così come hanno fatto nel 2000, quando una gang voleva Bush junior e l’altra voleva Al Gore.

«Nella nostra conversazione, Mike e io concordavamo che stiamo assistendo ad un replay dello scenario elettorale del 2000. E tutti ricordiamo com’è finita quella storia, con la corte suprema che ha deliberato in favore di Bush, consegnandoci a 10 anni di guerra in Medio Oriente.

«Ma chi mi conosce, sa bene come la penso sulle guerre che facciamo – che da molto prima dell’11 Settembre 2001 siamo in uno stato di guerra permanente. A dire il vero, prima dei fatti dell’11 Settembre eravamo già in guerra contro l'Iraq, per mezzo delle sanzioni genocide contro quel popolo che hanno condannato a morte mezzo milione di bambini per mancanza di forniture elementari come latte e medicinali. 500 Mila Bambini. Per non parlare della prima guerra all'Iraq negli anni 90 – la ricordate, no?, la carneficina denominata Operazione Desert Storm … E facevamo la guerra in Somalia e in altre parti dell'Africa nei 10 anni che hanno preceduto Bush figlio.

«E poi è arrivato l'11 settembre, che è stato il mezzo di cui il potere ebraico organizzato si è servito per gettare benzina sulle braci mezze spente.

«Ebbene, nell'eventualità che alla fine venga dichiarato vincitore Romney non escludo che vedremo entrare in azione l'apparato militare. Perché vi ricordo che dal momento delle elezioni al momento in cui l’eventuale nuovo eletto diventerà presidente a tutti gli effetti mediante giuramento, passeranno mesi  - durante i quali Obama continuerà ad essere presidente.

«Ma vi garantisco (sulla base delle confidenze che giungono a Mark Glenn da un insider della CIA, come vedremo in basso) che in questo momento si stanno svolgendo incontri al vertice tra vari gruppi: i militari di alto rango, i funzionari di alto livello all'interno delle agenzie di Intelligence come la CIA, e i funzionari dell' Enforcement come l'FBI.

«E vi garantisco che questi signori si stanno tutti agitando alla prospettiva che Romney possa essere dichiarato vincitore.

«Ma non è che siano particolarmente entusiasti di Obama. Bisogna pensare a questi ufficiali e funzionari alla stregua dei medici che stanno monitorando il polso del sistema politico americano per controllarne i segni vitali – e questi signori sono bene in grado di leggerli accuratamente. E questi sanno che al prossimo colpo inflitto al "paziente" (un altro 11 Settembre per indurre la guerra contro l'Iran), sarà la fine per l’America. Sarà il caos, la catastrofe a tutti i livelli: economico, militare, politico, sociale. E la portata del disastro sarà senza precedenti.

«Questi sono ora nel panico più totale alla prospettiva di una presidenza Romney. Perché sanno benissimo che Romney non è altro che un fantoccio di Netanyahu. E Romney si presterà a qualsiasi gioco. Lo sanno bene.

«E ora sarò costretto a usare un tipo di linguaggio che non mi piace, ma che è necessario per descrivere la situazione in modo adeguato.

«Come tutti sappiamo bene, i politici sono in genere dei venduti, delle prostitute. Li possiamo osservare, su base regolare, fare la danza dei 7 veli e spogliarsi un poco alla volta di ogni strato di decenza per compiacere chi li mantiene al potere. Per quanto riguarda Obama, sappiamo che lui si è concesso per qualunque tipo di posizione richiesta dal padrone, per quanto sporca, amorale e degradante fosse la posizione. Si è mostrato disponibile a qualsiasi orgia e bestialità ordinata dal cliente in favore degli interessi del potere ebraico organizzato che lo ha messo al potere.

«Ma c'è quell'unica cosa che Obama si è rifiutato di fare per compiacere il suo cliente, quella di prendere una pistola e farsi saltare il cervello. E naturalmente mi riferisco qui a una guerra contro l'Iran.

«Ha fatto capire chiaramente di essere disposto a fare qualunque cosa, ma la guerra all'Iran no! Qualunque bassezza, ma il suicidio no! 'Non potresti allettarmi con le ricchezze più fantastiche per farmi commettere questa follia, perché poi non sarò in grado di potermele godere'.

«Romney invece è tutta un'altra storia. Lui sì che si presta a questo e ad altri giochi sporchi ancora. Lui si presterebbe alla follia della roulette russa personale e collettiva. E la comunità dell'Intelligence e le sfere militari lo sanno bene. Sanno bene che è questo che Romney farà se verrà messo al potere.

«Sanno questo, i militari e le agenzie dell'Intelligence: così come George Bush figlio, dopo il 'successo' dell'11 Settembre, si è prestato a finire l'opera iniziata da Bush padre e rimasta 'colpevolmente' incompiuta (in Iraq, ecc.), allo stesso modo Romney si presterà a finire l'opera incompiuta di Obama (previa operazione analoga all'11 Settembre).

«E dunque dopo questa lunga premessa, ecco la mia previsione.

«So per certo che ci sono ufficiali di alto rango, e mi riferisco a generali con 4 stelle, che in questo momento stanno progettando quello che faranno personalmente se Romney diventa presidente.  E per quanto ne sappia, i loro progetti sono in qualche modo coordinati con Obama - che appunto avrebbe altri due mesi di presidenza dopo le elezioni se Romney venisse dichiarato vincitore.

«Altrettanto si stanno preparando funzionari al vertice nei servizi segreti, nella Sicurezza di Stato, nel contro-spionaggio e nelle altre Agenzie di Intelligenze -  tutti ben consapevoli dei pericoli di una presidenza Romney.

«E pur non avendo specifiche indicazioni sulla natura dei progetti in corso, ma basandomi sull'analisi di quanto è di mia conoscenza posso dire questo.

«So per certo, da fonte sicura, che i nostri servizi segreti stanno da tempo tenendo d'occhio, molto da vicino, ogni persona di nazionalità israeliana che entra negli USA, e ogni persona con passaporto israeliano in USA, e ogni persona associata ad Israele o sospetta di avere ascendenti in Israele. E questo come risultato di quanto è successo proprio l'11 Settembre 2001, quando a New York sono stati fermati diversi israeliani in diverse circostanze, alcuni dei quali fermati all'ingresso del Ponte George Washington a bordo di un furgone pieno zeppo di esplosivi - altri (sempre israeliani) avvistati e fermati perché erano intenti a giubilare vedendo le Torri Gemelle collassare su sé stesse.

«I servizi segreti sono ben consapevoli di quanto è successo allora, l'11 settembre - ecco perché le sorveglianze da quel momento in poi.

«E quindi per tornare alla mia previsione di quanto succederà se Romney avrà la carica di presidente. In un dato momento tra il giorno delle elezioni di novembre e il giorno dell'inaugurazione della presidenza in gennaio, prevedo che vedrete accadere qualcosa di molto significativo. Qualcosa di simile a quanto accaduto nel 2009, se ricordo bene l'anno. Tutti ricorderete la serie di arresti per smantellare la rete di traffico internazionale di organi umani gestita dai rabbini ebrei nello Stato di New York e nel confinante New Jersey. Ricorderete gli arresti dei rabbini che hanno fatto notizia su ogni prima pagina di ogni giornale per settimane.

«E qualcosa di simile accadrà tra novembre e gennaio se Romney avrà la presidenza, e farà notizia a lettere cubitali. Ma questa volta non saranno i Musulmani a fare notizia, o ad essere "arrestati prima di far saltare qualcosa" - saranno gli ebrei israeliani ad essere arrestati un po’ ovunque sul territorio americano.

«Non si vedranno necessariamente arresti di massa, magari si tratterà di dieci o venti arresti - ma al pubblico verranno rivelati i rapporti dettagliati sui piani che questa gente era sul punto di mettere in atto – piani terroristici per colpire questo o quel centro commerciale, o altri obiettivi più importanti - pianificati per essere falsamente imputati ai Musulmani, come abbiamo visto succedere tante volte nel corso degli anni, e come questa gente progetta di continuo - lo sanno bene i servizi segreti che ne monitorano le attività.

«E tutto questo avrà ovviamente lo scopo di evitare che dopo le elezioni Israele riesca a mettere a segno una nuova false flag – un’operazione sotto falsa bandiera, analoga all’11 Settembre (per provocare la guerra contro l’Iran). Perché se dopo questa ondata di arresti Israele si dovesse azzardare a mettere in atto una nuova false flag, una nuova atrocità da imputare ai Musulmani, questa volta il pubblico non cadrà nel tranello. Questa volta il pubblico sarà stato preparato per mezzo degli arresti e dei rapporti forniti dai servizi segreti attraverso i media a riconoscere l’impronta di Israele. 

«E ricordiamo che Israele tenterà COMUNQUE di trascinare gli USA in una guerra contro l'Iran indipendentemente da chi si insedierà nella Casa Bianca. E lo farà usando tutti i trucchi che ben conosciamo. Lo sanno bene le sfere militari e i vertici dell'Intelligence, e sono preparati a tutto».

Domande e risposte su quanto sopra


A questo punto  sorgono spontanee tre domande:

1 - Perché la sinistra ebraica in Israele e in USA - e soprattutto la generazione dei giovani  - appoggia la candidatura di Obama, mentre la destra appoggia Romney, nonostante entrambe le fazioni agiscano nell'interesse del potere ebraico organizzato?

2 -  Cosa legittima a supporre che non saranno gli elettori a determinare l'esito delle elezioni, ma altre forze in campo?

3 - In base a quali informazioni Mark Glenn avanza le sue ipotesi?

La risposta alla prima domanda è semplice quanto breve: mentre le generazioni ebraiche più mature sono anche di vedute tradizionali, intransigenti, radicali ed estreme, i giovani iniziano a temere che un presidenza americana apertamente sbilanciata in favore di Israele potrebbe essere contro-producente per la causa del potere ebraico e per l'impunità di Israele. I popoli del mondo si stanno agitando, non vedono più Israele come un paese legittimato a comportamenti aggressivi. In altre parole, Israele è sempre più isolata sulla scena politica mondiale, e l'America è costretta a correre continuamente ai ripari per dare allo stato ebraico una parvenza di legittimità agli occhi della comunità internazionale. Gli ebrei americani più cauti preferiscono che nell'avanzare gli interessi di Israele, la Casa Bianca mantenga un basso profilo e il Presidente sia un uomo dal volto amichevole, dalla personalità carismatica e trascinante, capace di convincere le folle della necessità di applicare le politiche di sua scelta.

Anche la seconda domanda trova una risposta immediata, basata sulle informazioni fornite dalla comunità del giornalismo alternativo. Contrariamente ai risultati dei sondaggi ostentati nei media americani - e prontamente riportati nei media europei compiacenti - non è vero che quello tra Obama e Romney sia un testa-a-testa sul filo del rasoio. Pur con grandi riserve, i cittadini americani preferiscono alla lunga Obama - che considerano in grande maggioranza un traditore ma lo ritengono il male minore rispetto a Romney, di vedute troppo estreme per i gusti dell'elettorato generale. E se dovesse "vincere" Romney, secondo gli esperti che leggiamo e ascoltiamo, il risultato non rifletterà la volontà dell'elettorato. Mentre è vero che secondo il sistema elettorale americano, non sono gli elettori, ma i "grandi elettori", a determinare il risultato diretto, non andremo tuttavia ad approfondire questo aspetto, perché non ha niente a che fare con la discussione in oggetto. Aggiungiamo invece questo: se sarà Obama a "vincere", vorrà dire che le due fazioni ebraiche avranno raggiunto un accordo basato sulle strategie da adottare dopo le elezioni.

Ma per rispondere alla terza domanda, relativa alle fonti su cui si basano le analisi di Mark Glenn fornite in alto, dobbiamo fare un passo indietro per parlare di un incontro a Washington e di un rapporto commissionato dalle più alte cariche del governo, delle sfere militari e dei servizi segreti americani.

Il 20 agosto di quest'anno, Mark Glenn relazionava in una sua trasmissione sull'incontro di alcuni giorni prima in Washington con il suo contatto nel mondo dei servizi segreti, in cui opera ora in veste di consulente dopo decenni di attività come funzionario di medio -alto livello all'interno della CIA.

Mark Glenn descrive il suo informatore e amico come un uomo concreto, che non tergiversa e va subito al sodo e dice le cose come stanno senza peli sulla lingua e senza aggiungere ipotesi speculative, spiegando che: "in ragione del ruolo che per decenni il mio amico ha rivestito nella CIA, molto dipendeva dall’accuratezza e chiarezza delle analisi di intelligence che forniva. Quindi la veste di relatore attendibile di dati sensibili è la sua seconda natura".

Il racconto dell'informatore



«Nel corso del nostro incontro a Washington - continua Mark Glenn - durato più a lungo del solito, il mio contatto mi ha messo a parte di alcuni aspetti che oserei definire inquietanti e di atri che invece mi hanno dato un barlume di speranza.

«Ha esordito dicendo: è arrivato il momento per tanti di noi di lasciare il paese, gli USA. Siamo arrivati ad un punto di non-ritorno, per ora irreversibile. Le elezioni presidenziali a venire saranno, o le ultime “normali” elezioni che vedremo, oppure  le prime di un nuovo trend in cui ogni parvenza di democrazia sarà scartata. Chiunque vinca queste elezioni, che sia Obama o Romney, lo stato delle cose non farà che precipitare comunque verso il baratro che stiamo osservando  - perché è chiaro che continueremo a fare le guerre volute da Israele.  L’unica differenza tra una presidenza Romney e una presidenza Obama, è che Romney, come Bush, sarà un volenteroso e convinto esecutore degli ordini bellici che provengono da Tel Aviv, mentre se vince Obama, su ordine della Likud il Mossad metterà a segno un altro colpo terrorista in territorio americano sulla falsa riga dell’11 Settembre (attacco alle Torri Gemelle di New York) che questa volta verrà imputato all’Iran per mettere Obama in una posizione in cui non potrà esimersi  di dichiarare la guerra.  E a causa dell’era che si prepara, presto persone come te e come me faranno meglio a togliere le tende e fuggire dal paese prima che ci mettano in gabbia per farci tacere – specie se ci sarà un altro ”11 Settembre”, con il rischio che persone come noi questa volta verranno credute dal pubblico americano, visto che da anni stiamo informando su chi sono i veri responsabili dell’attacco terrorista all’America del 2001.

«Pensate – continua Mark Glenn rivolto agli ascoltatori della trasmissione – che già da anni penso di emigrare con la mia famiglia, e la prima meta di nostra scelta era stata allora la Siria, per una serie di motivi tra cui la libertà di culto e per essere il punto di incontro di una molteplicità di culture – e ora, invece, guardate cosa stanno facendo alla Siria, i soliti noti in oggetto. Sapevo già allora che la Siria era da anni tra i paesi nel mirino di  Israele e sapevo che prima o poi anche lì sarebbe arrivata una guerra. Ma mi dicevo: se rimango in America non sarò comunque al sicuro – né io, né la mia famiglia, e preferisco andare ad aggregarmi e dare man forte alle genti di paesi che la pensano come me.

La doccia fredda

«Ma per entrare nel vivo del nostro colloquio ... ho poi rivolto al mio amico di lunga data la domanda cruciale: “Ma cosa pensano di Israele i tuoi colleghi nelle Agenzie di Intelligence?” Mi ha dato una risposta secca, dicendo: “La odiano”. Gli ho chiesto: “Ma quanti di loro ... in che percentuale?" La risposta del mio amico mi ha lasciato esterrefatto : “Ho lavorato nella CIA per oltre tre decenni, e nel corso di tutti questi anni mi sarà capitato di conoscere forse una persona su mille che non odiasse  Israele. E aggiungo che la stessa cosa vale per i colleghi delle Agenzie di Enforcement come l’FBI. Non la sopportano, Israele”.

«A questo punto ho cominciato a sentirmi bene»  – continua Mark Glenn il suo discorso radio. «Cominciavo ad avere qualche speranza, e ho detto al mio amico: “Ma fantastico, ma allora quali sono le prospettive che questi mettano in atto iniziative per impedire che accada quel che sta per succedere? – La risposta arrivò come una doccia fredda: “Nessuno farà niente”.

Il compito dei servizi segreti in USA ... Da non credere!

«Riassumo così la spiegazione che mi diede.  A differenza di quanto creda la gente, il compito principale di queste agenzie è proteggere l’incolumità e gli interessi, non del loro paese e dei suoi cittadini, ma del mostro che loro stessi odiano. E la sussistenza e la vita stessa di questi individui, sia singoli che in quanto gruppo, è strettamente legata al grado dell'impegno con cui si assicurano che il mostro sia ben vivo e in buona salute.  E quindi, prendere in considerazione di  ribellarsi sulla base di principii morali, o addirittura – che non sia mai! – operare nell’interesse della Patria … ebbene, questo è del tutto fuori discussione.

«Ma c’è un risvolto positivo in tutto questo, diceva il mio amico. Perché proprio in ragione del compito che hanno queste agenzie di Enforcement e di Intelligence, gli agenti che operano al loro interno hanno tutta la situazione sotto controllo. Mantengono una sorveglianza costante e minuta di ogni singolo individuo legato in qualche modo a Israele – che siano i tanti ebrei con doppia nazionalità israelo-americana, o i parlamentari che operano appunto nell’interesse di Israele. E in particolare se si tratta di quegli individui che sono i più strenui difensori di Israele. Seguono da vicino ogni loro singola mossa. Conoscono ogni dettaglio delle loro attività.

«E tu mi vorresti dire - esclamai rivolto al mio amico - che i nostri servizi segreti, che sono a conoscenza di ogni piano che questa gente progetta di mettere in atto – non interverrebbero per rivelare informazioni incriminanti o perlomeno imbarazzanti  - e soprattutto per prevenire un eventuale progetto criminale, una guerra contro la Russia magari, o un altro paese chiave, oppure per prevenire un’operazione false flag da imputare ai Musulmani  – mi vorresti dire che queste agenzie non interverrebbero … ? 

«Assolutamente no – ha risposto il mio amico, scuotendo la testa per scoraggiare ogni possibile fraintendimento.

«E dunque questa è la sintesi della nostra discussione che mi ha lasciato l’amaro in bocca.

Analisi e conclusioni

«Ma riflettendo in seguito sulle rivelazioni del mio amico, ho concluso che il ruolo che ha rivestito per decenni, non gli permette di concedersi margini di incauto ottimismo. Lui non può permettersi di contare sull’intervento di insperati fattori risolutivi in positivo e costruirsi castelli in aria. E questo potrebbe impedirgli di considerare che si sono sempre verificati, nel corso degli anni, nei momenti più bui, gli interventi di individui che hanno deciso di portare alla luce scomode verità ai fini della giustizia, pur mettendo con ciò a repentaglio la carriera e perfino la vita ... 

... (e qui Mark Glenn cita il caso del capo di Stato Maggiore, Ammiraglio Thomas Moorer, che ha commissionato un’indagine indipendente sull’attacco israeliano alla nave americana Liberty - un'operazione false flag che aveva lo scopo di imputare l'attacco all'Egitto per indurre gli USA ad attaccare l'Egitto di cui Irsaele voleva impossessarsi. Successivamente la Casa Bianca ha deciso di insabbiare la vicenda - ma presto verrà resa nota al grande pubblico internazionale per mezzo di un film che narra la verità sull'aggressione israeliana alla nave Liberty, che ha causato la morte di decine di marinai americani. Per tornare al coraggioso ammiraglio Moorer: è anche noto per una sua osservazione sul potere della Lobby ebraica in America: "Non ho mai visto un Presidente tenere testa a questa gente. Hanno sempre ottenuto ciò che vogliono. Se il popolo americano fosse a conoscenza del dominio che il potere ebraico esercita sul nostro governo, ci sarebbe una rivolta armata“).

«E quindi, conclude Mark Glenn, per quanto sia importante ascoltare periodicamente i resoconti realistici di un personaggio così esperto ed informato sul mondo dei servizi segreti, è altrettanto importante basare le nostre decisioni sulla base di considerazioni a 360 gradi. Per noi è importante non perdere la speranza. Pensiamo ad esempio a quali risvolti in positivo potrebbe avere il fattore che abbiamo appena appreso, che ci rincuora. Sappiamo ora che le decine di migliaia di agenti dei nostri servizi di Intelligence e Enforcement sono in realtà dalla nostra parte e odiano il nostro nemico, anche se non possono per ora intervenire – almeno non ufficialmente. In qualunque momento potrebbe accedere qualunque cosa.»

Detto, fatto ...

Parole quasi profetiche quelle di Mark Glenn, che infatti hanno trovato un riscontro immediato in quanto veniva rivelato solo una settimana dopo dall’amico Franklin Lamb. E nel definirlo amico, intendiamo con ciò il fatto che Franklin fa parte della comunità che opera in favore della giustizia per la Palestina e per gli altri paesi della regione affetti dall’occupazione e aggressione di Israele. Di Franklin Lamb, giurista internazionale americano, con sede operativa nell’area meridionale del Libano costantemente sotto attacco da parte di Israele, abbiamo parlato in tante occasioni e i lettori di questo blog lo ricorderanno magari per l’articolo in cui ci informava che Israele potrebbe sfaldarsi a causa degli esodi di massa da parte dei suoi cittadini.

Il 27 agosto 2012, una settimana dopo la trasmissione di Mark Glenn appena narrata, Franklin Lamb pubblicava un articolo dal titolo:


«Gli USA si preparano per un Medio Oriente post-Israele»

 


L’articolo rivela quanto riassumiamo qui di seguito e conferma che, sia le sfere militari, sia i Servizi di Intelligence degli Stati Uniti d’America sono determinati a salvare gli USA dalla morsa di Israele e del potere ebraico organizzato rappresentato dalla Israel Lobby .

Franklin Lamb ci informa che la comunità congiunta delle Agenzie di Intelligence, delle Forze Amate e dei Ministeri competenti aveva recentemente commissionato uno studio di analisi sulle ripercussioni del rapporto tra USA e Israele.

I committenti congiunti comprendevano: 16 Agenzie di intelligence americane aventi un bilancio annuale di oltre 70 miliardi di dollari. E inoltre: la Marina Militare, l’Esercito, l’Aeronautica, il Corpo dei Marines, la Guardia Costiera, la Difesa, la Sicurezza Nazionale, il Tesoro, il Dipartimento di Energia, la DEA, l’FBI, l’NSA, l’Agenzia di Intelligence Geo-spaziale,  l’Agenzia Nazionale di Ricognizione e la CIA.

I risultati dello studio sono contenuti in un rapporto di 82 pagine dal titolo: Preparazione per l’era post-Israele nel Medio Oriente.

Il rapporto conclude che gli interessi nazionali americani sono in netto contrasto con quelli di Israele, e che Israele rappresenta la più grande minaccia per gli interessi nazionali degli Stati Uniti perché la sua natura e le sue azioni impediscono agli USA di intrattenere relazioni normali con i paesi arabi e musulmani e, in misura crescente, con la comunità internazionale allargata.

Ecco alcuni passaggi del rapporto.

- Israele, data la sua brutale occupazione e belligeranza non può essere salvata più di quanto non si poté salvare lo stato di apartheid del Sud Africa, quando Israele fu l'unico paese "occidentale" a conservare i rapporti diplomatici con il Sud Africa fino al 1987, ed fu l'ultimo paese ad aderire alla campagna di boicottaggio internazionale prima che il regime crollasse;

La leadership israeliana, con il suo crescente sostegno agli oltre 700.000 coloni illegali nella Cisgiordania occupata, è sempre più estraniata dalle realtà politiche, militari ed economiche del Medio Oriente;

Il governo israeliano è profondamente complice e influenzato dal potere politico e finanziario dei coloni e si troverà ad affrontare lotte civili organizzate in cui il governo degli Stati Uniti non dovrebbe essere coinvolto;

Le rivolte arabe e il risveglio islamico hanno indotto la maggioranza del mondo arabo e islamico – di 1,2 miliardi di persone – a contrastare l'occupazione illegittima, immorale e insostenibile della Palestina, imputando la responsabilità dell’occupazione  alle politiche dei paesi occidentali, specie quelli europei (da dove proviene la maggioranza degli ebrei immigrati in Israele);

Mentre si osserva un crescente potere regionale e un aumento dell’ascendente esercitato dall’Iran, allo stesso tempo recede l’influenza dell'America nel Medio Oriente - e diventa quindi insostenibile per gli Stati Uniti appoggiare una belligerante e opprimente Israele, anche in ragione dell’importanza primaria degli interessi nazionali americani che includono la normalizzazione dei rapporti con i 57 paesi islamici;

La grave interferenza di Israele negli affari interni degli Stati Uniti. Ciò comprende il sostegno ad oltre 60 'organizzazioni di facciata' (pro-israeliane) e circa 7.500 funzionari statunitensi che eseguono gli ordini di Israele ed esercitano pressione e intimidazione sui media e sulle agenzie del governo degli Stati Uniti – un situazione che non deve più essere tollerata;

• Il governo degli Stati Uniti non ha più le risorse finanziarie, né l’approvazione pubblica, per continuare a finanziare Israele. Gli oltre tre miliardi di dollari annui in aiuti diretti e indiretti dai contribuenti statunitensi a Israele dal 1967 non sono più sostenibili e sempre più contestati dai contribuenti americani che si oppongono al continuo coinvolgimento militare americano nel Medio Oriente. L'opinione pubblica non tollera più i finanziamenti né le guerre degli Stati Uniti per conto di Israele, percepite ampiamente come illegali. Questo punto di vista viene largamente condiviso da Europa, Asia e dal pubblico internazionale;

L’occupazione segregazionista di Israele, provata dalla discriminazione legalizzata e dai sistemi di giustizia separati e disuguali, non deve più essere direttamente o indirettamente finanziata dai contribuenti degli Stati Uniti o ignorata dal governo degli Stati Uniti;

Israele ha fallito come presunto stato democratico,  e una continuata copertura finanziaria e politica da parte degli USA non potrà impedire l'ineluttabile destino di Israele a diventare uno stato paria per la comunità internazionale;

Il razzismo dilagante e violento evidenziato da parte  dei coloni ebrei in Cisgiordania, viene condonato dal governo israeliano, che si fa complice e protettore di atti criminali;

L'uccisione e brutalizzazione dei palestinesi sotto l'occupazione israeliana, rappresentano gravi violazioni del Diritto americano e internazionale e sollevano interrogativi all’interno della comunità ebraica americana in merito alla responsabilità che gli USA dovrebbero avere nel proteggere civili innocenti sotto occupazione (R2P);

L'opposizione internazionale a Israele è indice di quanto il sostegno a Israele sia incompatibile con i valori umani che l’America dichiara di rappresentare,  e incompatibile con le aspettative degli Stati Uniti nell'ambito delle relazioni bilaterali con i 193 paesi membri dell’ONU.

Il rapporto termina evidenziando la necessità di evitare alleanze che allontanano il resto del mondo dagli USA e condannano i cittadini americani a subirne le conseguenze.

Ma la parte più interessante del rapporto riguarda l’Iran. Il rapporto cita l'Iran come esempio di un paese e di un popolo che hanno molto in comune con gli USA, e i cui cittadini evidenziano un reale interesse in rapporti bilaterali PARITARI (qui un evidente riferimento a Israele e la sua lobby negli Stati Uniti) e non condizionati dalla volontà di un paese straniero e dei suoi agenti.

Il rapporto evidenzia anche la necessità per gli Stati Uniti di intraprendere "relazioni di riparazione con i paesi arabi e musulmani, compreso abolire l’aggressione per mezzo di droni”.

* * *

Ecco, sulla base di un simile rapporto – e alla luce di quanto afferma il contatto di Mark Glenn nelle sfere dei servizi segreti - è lecito avanzare l’ipotesi che in Washington qualcuno non è più disposto a subire i soprusi di Israele che sfrutta l’America come un parassita per i propri scopi criminali, costringendo gli americani a fare il lavoro sporco per Israele.

Vedremo cosa succederà dopo le elezioni … e Speriamo Bene! Perché l’esito di queste elezioni ci riguarda tutti, ovunque nel mondo.