mercoledì 31 luglio 2013

Al Movimento 5 Stelle “risponde Lui”: Furio Colombo, sionista e padre per imposizione di legge della nostra Memoria.

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I media, perfino quelli in apparenza più vicini al Movimento, cioè il “Fatto quotidiano” si mobilitano per impedire che si valichi la «linea rossa» (v. l’incredibile arroganza ed intimidazione dell’ambasciatore israeliano!) del controllo mediatico: non si devono toccare Israele ed i suoi miti fondativi, di cui uno dei guardiani è appunto Furio Colombo, strategicamente ubicato nel “Fatto quotidiano”. I tabù non si possono toccare, ma forse è venuto il tempo di abbatterli. Io sostengo che la migliore traduzione italiana del concetto elaborato da Atzmon di «antisionismo sionista» sia quello di «antifascismo fascista», imperante dal 1945 ad oggi. I più grandi “fascisti”, secondo la narrativa che se ne è costruita, li si trovano dopo e non prima di quella data. Un libro appena uscito, postumo, avanza una tesi seducente a proposito delle leggi razziali del 1938. Il fascismo scopre il sionismo dopo la guerra di Spagna, dove gli “ebrei” costituivano il 25 % delle truppe anti-franchiste. Una materia interessante che ci si augura di poter studiare liberamente senza censure di sorta.

A Furio Colombo e al suo sionismo si può ricordare, anzi contro-ricordare quell’altoparlante che lui racconta di aver sentito alla scuola elementare, dove veniva chiamato per nome, per poi essere escluso in quanto “ebreo”. Ebbene, avendo letto il libro fumetto di Joe sacco su Gaza 1956, vi si parla di un altro altoparlante. Tutti i cittadini di Khan Younis, una località della striscia di Gaza, furono chiamati dagli ebrei “sionisti” pure da un altoparlante, con l’ordine di concentrarsi nei locali della scuola, dove furono… tutti massacrati dagli ebrei “sionisti”. E questo non è che un episodio del genocidio palestinese, dove per uno che se ne conosce altri 1000 sono obliterati, come si desume dall’autobiografia di Ilan Pappe, che narra le vicende connesse al procedimento disciplinare intentatogli dalla sua università, per aver concesso una tesi di laurea, dove uno di questi episodi occultati era venuto a galla. Questo è il sionismo, che va definito per la sua intrinseca natura e non per ellissi: il fascismo, il nazismo, il processo di pace, la Shoah, l’antisemitismo, ecc. ecc.

Ma sentiamo cosa dice Furio Colombo. È meravigliato. Ma come? Proprio adesso che iniziano i negoziati di pace… Verrebbe da obiettare: E che ci azzezza?... Ben lo sappiamo: è la solita truffa che serve per occultare meglio la pulizia etnica programmata e perché lo “stato ebraico di Israele” continua a fare indisturbato quello che ha sempre fatto. Furio Colombo elude la domanda su cosa è il sionismo e mena il can per l’aia citando le credenziali che ha avuto Israele e il sionismo e elencando la lista dei cattivi che sono ed erano contro israele. Ripete la bufala della equazione sionismo = Risorgimento e ignora autori recenti come Gilad Atzmon che sul sionismo hanno detto parole decisive senza contare l’opera di Alan Hart, che ahimé non trova un traduttore italiano. Senza contare la pronuncia dell’Onu sulla equiparazione fra sionismo e razzismo. Poco importa che la Lobby abbia poi fatto cancellare quella risoluzione.

Cito spesso il giudizio di un filosofo italiano, morto di recente, secondo cui il sionismo è una dottrina criminale per essenza. Credo si tratti di Massimo Bontempelli, autore di scritti politico-filosofici insieme con il matematico Marino Badiale. Criminale per “essenza” significa che si tratta di una dottrina insanabile. La sua idea è fin dagli esordi associata alla “pulizia etnica” della Palestina, e quindi al “genocidio” se si ammette l’equiparazione fra “genocidio” e "pulizia etnica”. Gli agit-prop del sionismo negano l’addebito di “genocidio” perché i palestinesi non sono stati uccisi, o almeno ad oggi non lo sono stati tutti. Se si va a leggere ciò che scrivono al riguardo ci si chiede perché gli stessi media non si scandalizzino e alzino i loro lai davanti a tanto corposo razzismo. Eppure basta una banana per unificare tutte le reti nazionali, pubbliche e private...

I fatti che parlano
Una saccenza che non ha fondamento. Il sionismo è quello che si ricostruisce attraverso tutta la sua storia e la sua dottrina. Non vi è nulla che si salvi ed è filologicamente scorretto tirare in ballo fascismo, nazismo e quanto altro. Il sionismo, con le sue peculiare caratteristiche, esisteva prima di ciò che è venuto dopo ed è di gran lunga peggiore…

Non credo che il deputato Cinque Stelle si lascerà intimidire, ma se appena appena si metterà a studiare non ciò che vorrebbe il signor Gattegna, ma i libri di Atzmon, Hart, Pappe, Sand nonché le cronache giornalistiche dal 1882 in poi, avrà di sua scienza di che ribattere alla Lobby che non esiste e che non si può nominare. Ci si augura che sappiano cogliere le connessioni fra la legge Mancino e il sionismo cui si deve la committenza di questa ed altre leggi.

martedì 30 luglio 2013

Nuovo attacco della “Israel lobby” al Movimento Cinque Stelle a seguito di un viaggio di studio di sei parlamentari grillini in Palestina, accompagnati da Luisa Morgantini

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Non poteva che partire da Repubblica, luogo permanente di diffamazione e disinformazione, l’ennesimo attacco al Movimento Cinque Stelle, di cui sei parlamentari si sono recati in Palestina, ripeto: Palestina, non già Israele, “snobbando” il governo di Tel Aviv, e ripeto: Tel Aviv, denominazione che irrita i “sionisti” di «Informazione Corretta», che pretendono il riconoscimento ufficiale di Gerusalemme come capitale di Israele, cosa che ancora non ha fatto nessuna cancelleria. Si ricordi che l’attacco mediatico al Movimento ha una regia che viene da Israele, a seguito di un vecchio video You Tube, dove Beppe faceva vedere un villaggio palestinese come era prima e come divenne dopo la sua distruzione ad opera degli israeliani: era rimasto solo un albero che consentiva di riconoscere lo stesso luogo. L’articolo su “Repubblica” è preceduto da altro dello stesso tenore apparso sul “Corriere della Sera”, a dimostrazione del controllo capillare della stampa e delle televisione italiane da parte della Lobby che non esiste e non si può nominare.

Gilad Atzmon
Partì da Tel Aviv un giornalista che fece a Beppe una intervista, pubblicata su un giornale israeliano, ma poi ripresa da Battistini sul Corriere della Sera. Quel breve video you tube fu sufficiente a far capire quale sarebbe stata la politica estera del Movimento, come già traspare dai 6 parlamentari Cinque Stelle, di cui uno dice apertamente di essere “antisionista”… A rimbeccarlo è stato subito un noto rappresentante dell’ebraismo italiano, che con sicumera professorale pretende di spiegare lui ad un presunto scolaretto cosa è il sionismo, ossia secondo lui cosa giusta e buona… Se legge questa mia, o gliene riferiscono, gli consiglio un testo dove lui stesso si può istruire, o per lo meno con il quale si dovrebbe pubblicamente confrontare: Gilad Atzmon, L’Errante chi?, disponibile ora anche in traduzione italiana e la cui tesi delinea il sionismo come una gravissima forma di “primatismo razziale” a carattere globale, e non già locale come vorrebbero i teorici del sionismo quale mero colonialismo. Infatti, noi abbiamo il sionismo anche in Italia, dove si esercita anche attraverso la comunicazione sionista di… Repubblica! E non solo! Tutti i media italiani, i grandi giornali e le televisioni, sono visibilmente sionistizzati. In questo caso, l’informazione è davvero a senso unico, perché le vittime, i palestinesi, semplicemente non esistono ovvero la loro “sicurezza” è cosa che si può tranquillamente violare. Esiste una sola «sicurezza» ed un solo «diritto ad esistere»: quella di Israele, mentre per le loro vittime vige l’insicurezza permanente e l’obbligo di sparire senza lamentele e senza dare nell’occhio. “Piombo Fuso” docet e un Claudio Pagliara informa da Tel Aviv.

Nel libro di Atzmon si dà credito all’ex spia del Mossad, Viktor Ostrovsky, che parla dell’esistenza di una fitta rete di sayanim, ossia persone, ebrei, che all’interno dei singoli paesi offrono supporto svariatissimo al Mossad e agli interessi israeliani. Non è difficile immaginare quanti se ne annidino nel sistema dell’informazione. La cosa fu resa nota da un articolo del  Guardian, e non solo, dove si apprendeva del reclutamento di migliaia di persone per fare promozione dell’immagine di Israele. La cosa non suscitò lo scandalo che doveva e non se ne parlò troppo. In altro contesto, Si leggeva pure come nella redazione di un grande quotidiano italiano l’ambasciatore israeliano vi si recasse per tenere… seminari! Nell’unica forma possibile, quella del romanzo, l’esistenza dei sayanim veniva ripresa e ribadita dall’ebreo  Jacob Cohen, nel romanzo Le printemps des sayanim.

300.000 di denaro pubblico
I toni isterici di una “testata storica” dell’ebraismo italiano fanno a gara solo con la sua corposa volgarità, che non ha mai trovato censure di sorta, mentre nel suo ricco archivio di perle se ne potrebbe trovare quante se ne vogliono. Evidentemente, godono di protezione e si aspettavano pure un finanziamento pubblico, lo stesso avuto dal CDEC, ai tempi in cui regnava Fini. Gli insulti che si leggono danno la misura della loro isteria, ma fanno anche ridere...

Naon Gilon, ambasciatore d’Israele
La protesta dell’ambasciatore israeliano che pretende di sindacare la libertà di sei parlamentari italiani la dice lunga sul tipo di mentalità che per questi signori è del tutto naturale: bisogna leggere Gilad Atzmon per capire i loro meccanismi mentali. Confidano non già sulla intrinseca qualità dei loro argomenti, ma sul sul fatto che un giornale come "Repubblica” appartiene a chi appartiene, o che quell’altro quotidiano sia diretto da un loro uomo, e così via. Molti anni fa, raccontava di sé un giovane inesperto, del fatto che negli Usa erano degli “ebrei” che andavano acquistando tutti i canali televisivi… Alla domanda: “ma cosa ve ne fate di tutte queste reti? La risposta fu: “ragazzo, chi controlla l’informazione ha il potere”. Di un altro ambasciatore, quello kazaro, abbiamo già appreso quale rispetto si abbia della inesistente sovranità italiana. Figuriamoci quale rispetto si possa avere di sei grillini piombati in parlamento... Li si può prendere tranquillamente “a schiaffi”, come si legge in Repubblica.

E la filosofia politica?
La domanda nuova è: riusciranno a infiltrare anche il Movimento Cinque Stelle? O anche soltanto a intimidirli e condizionarli? La domanda non è peregrina e le preoccupazioni nascono dal fatto che al Senato i portavoce Cinque Stelle hanno co-firmato una disegno di legge tanto liberticida quanto sionista: il disegno di legge Amati. Se ne accorgeranno in tempo i portavoce Cinque Stelle? Si sono resi conti di quale carro è quello in cui sono forse incautamente saliti? La loro inesperienza è un fatto notorio ed ammesso. Ed ognuno sa che politicamente un singolo parlamentare non conta più di un singolo attivista, a prescindere dai risvolti istituzionali: le odierne dichiarazioni rilasciate dai membri della commissione esteri al Senato si aggiungono alle ambiguità della firma al ddl Amati. Per questo si rivolgono costantemente agli Attivisti, di cui si dicono portavoce piuttosto che non degli Elettori il cui voto resta nel segreto dell’urna e può manifestarsi nuovamente solo alla prossima tornata elettorale. Quegli stessi Attivisti ai quali hanno demandato la definitiva espulsione di alcune portavoce che non hanno rispettato il codice di comportamento liberamente sottoscritto. Quegli stessi Attivisti che possono ben avvertirli dei loro errori. Del resto, il 25 % che è confluito nel Movimento non viene dalla luna, ma dai vecchi partiti dei quali ancora si portano pregiudizi che è faticoso scrollarsi di dosso. Non bastano le Cinque Stelle (Ambiente, Energia, ecc.), ma esiste anche una cultura e filosofia politica che occorre ricostruire di sana pianta. Ed i temi della politica estera portano diritti in questi domini dove bisogna recuperare la capacità di pensare autonomamente. Non ci sembra richieda un post autonoma la ripresa della notizia sull’Unità – a firma Toni Jop che fa il paio con Ciriaco – dove si arguisce ciò che abbiamo qui detto: il Movimento non ha finora fatto una specifica riflessione sul “sionismo”, occupato come è sui maggiori temi della disoccupazione, dell’economia, dell’attacco alle istituzioni democratiche, del “colpo di stato” in atto. Mi auguro che venga il tempo in cui i giovani parlamentari possano aprire gli occhi non già sul “sionismo”, secondo la falsa rappresentazione che se ne è finora data ai vertici delle nostre istituzioni, ma sul “sionismo” secondo la visione che ne dà il suo maggior conoscitore odierno: Gilad Atzmon, che dovrebbe essere invitato alla Camera ed al Senato, per esporre le sue tesi.

L’articolo di Repubblica è firmato da un certo Tommaso Ciriaco, che sarà certamente una prima penna ma che a noi riesce del tutto nuovo: mai coperto! Analizzando la sua prosa viene da sorridere, rilevando come Tommaso pensa di riuscire a far vedere le cose con i suoi occhi a chi si disseta alla fonte Repubblica: L’ambasciatore Gilon avrebbe dato uno “schiaffo ai grillini”… espressione metaforica, che di rimbalzo e per reazione metaforica potrebbe suscitare, per associazione di idee, un “calcio in culo” allo stesso ambasciatore, dopo aver questi appena sferrato il suo immaginario “schiaffo” ed essersi così permesso di schiaffeggiare il parlamento italiano nella persona di sei parlamentari, colpevoli di aver fatto un viaggio in piena autonomia e senza essere andati da chi e dove pretendeva l’Ambasciatore sovrano in casa altrui… Si rifugia, infatti, questo Eccelso Signore nell’equidistanza o nell’equi-vicinanza, pretendendo che i grillini avrebbero dovuto ascoltare “le posizioni di entrambi le parti”, dove una delle parti è quello “stato ebraico” che nasceva nel 1948 sulla base della “pulizia etnica della Palestina”, narrata dall’ebreo israeliano Ilan Pappe, ma la cui verità era già nota ad ogni bambino palestinese. Una “nascita”, sorta su basi siffatte, ma di cui si invoca la legittimazione del fatto compiuto: «il diritto all’esistenza dello stato di Israele», invero un diritto assai dubbio sulla base del diritto naturale, ben diverso dal diritto positivo che delle lobbies nei vari paesi riescono a influenzare e manovrare come vogliono, giungendo a quella che Noam Chomsly chiama la distruzione del diritto internazionale: non esiste più nessun diritto come conseguenza del «diritto all’esistenza dello stato di Israele».

E così via. Esilarante la presunta “mancanza delle minime nozioni di storia” imputata al deputato Bernini. Ma quale storia? Per chi ama l’oggettività dei numeri e delle statistiche basterebbe leggere le tabelle della immigrazione sionista dal 1882 in poi per avere un quadro di evidenza matematica del processo di pulizia etnica in Palestina, risalente a ben prima del 1948. Naturalmente, conosciamo le chiacchiere sulla dichiarazione Balfour che contemporaneamente prometteva ad arabi ed ebrei cose opposte e contraddittorie, gli intrallazzi di Sanremo, e quanto altro. Tutto che fa a pugni contro la chiara e spontanea evidenza dei principi del diritto naturale. Un bello spirito che siede in parlamento e sempre partecipa agli show sionisti a sostegno di Israele, pretende che il sionismo sia la stessa cosa che il nostro Risorgimento, dove tuttavia non è mai successo che i piemontesi abbiano fatto "pulizia etnica” di siciliani, calabresi e napoletani… Un piccola differenza che non disturba la propaganda sionista, che si basa non sulla ragione e il buon senso ma sulla proprietà di chi controlla i mezzi di comunicazione. Cossiga, lettore interprete e correttore di Machiavelli, così si esprime in un recente libro di Ferdinando Imposimato: «governare equivale non a dire la verità, ma a fare credere, a convincere gli altri a pensare quel che si vuole» (p 47). Non condividiamo questa forzatura cossighiana del pensiero di Machiavelli, ma invece pensiamo che esso ben si adatti alla prassi sionista.

Difficile leggere tante idiozie in un solo articolo di giornale. Ad evidenziarle una per una non basterebbe un solo libro. E noi qui non abbiamo molto tempo a disposizione, anche se assai facile ci riesce la confutazione di Tommaso e del suo Ambasciatore... Notiamo che questo post è stato ripreso da “Come don Chisciotte”. Non ce ne dispiace affatto. Solo che è pieno di refusi che non abbiamo fatto in tempo a correggere. Ho già detto molte volte che la mia scrittura nasce di impulso all’istante: non scrivo prima la bozza che poi correggo e infine pubblico. Scrivo direttamente sul blog e solo in seguito correggo e miglioro il testo. Questa tecnica mi è valsa l’addebito di non saper scrivere... Può darsi. Avverto tuttavia i Lettori di “Come don Chisciotte” che li ringrazio della loro attenzione, ma che non interverrò nel loro Forum, per lasciare ad ognuno piena libertà di giudizio critico. Le mie posizioni, se occorre, si verranno precisando meglio in questo mio blog, rispondendo in questo blog eventualmente ai commenti, moderati in funzione anti-troll ma liberi nel giudizio anche fortemente critico, purché nel rispetto della legalità.

sabato 27 luglio 2013

L’«isteria» che percorre l’Europa: da Berlino a Cuveglio, da Cuveglio a Londra. Lettera aperta a "The Indipendent".

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Nell’epoca di internet i grandi quotidiani della carta stampata, che gestiscono anche loro siti web, dove si conserva lo stesso impianto industriale della carta stampata e dei grandi interessi che vi si celano dietro, continuano a fare la voce grossa e a influenzare la cosiddetta “opinione pubblica”, che in realtà non esiste e consiste soltanto nella “opinione pubblicata” come quella del Berlizzi della situazione. Esiste tuttavia per i navigatori esperti che vogliono conoscere la verità delle cose, e soprattutto il contraddittorio e l’altra campana rispetto alle notizie diffuse dai media, una concreta possibilità di attingere la “verità” se come in una bottiglia lanciata nell’oceano si immette nella rete e nei motori di ricerca non già la “verità” stessa – sempre inafferabile – ma la via per poterci giungere e soprattutto poter maturare un proprio autonomo convincimento, basato su informazione non taroccate alla fonte. È con questo spirito che abbiamo appena mandato a The Indipendent la lettera che segue. Ai critici della nostra scrittura (ce ne sono stati) diciamo che non intendiamo concorrere al premio nobel per la letteratura italiana, o a uno dei numerosi premi letterari italiani, ma che riteniamo invece di vitale importanza la tempestività della informazione e della contro-informazione, una tempestività alla quale si può ben sacrificare la forma, una forma che può tuttavia essere sempre modificata in seguito liberando la scrittura da refusi o altri vizi formali ed espressivi.

***

THE INDIPENDENT

Egregi Signori,

In merito alla notizia da voi ripresa da fonti italiane e riportato nella stampa inglese, sulle vostre colonne, di cui leggo qui:

http://olodogma.com/wordpress/2013/07/27/0321-repressione-della-liberta-di-espressione-il-caso-del-dr-gianantonio-valli-esportato-dalla-dolocaut-irael-lobby/valliarticolo-su-indipendent27-07-2013/

posso affermare senza tema di smentite che costituisce


una assoluta falsità


la notizia secondo cui il dott. Valli avrebbe esposto nel suo ambulatorio medico un busto di Hitler e altro materiale affine:

- A testimoniarlo sono oltre 600 pazienti dello stesso dott. Valli che hanno sottoscritto di NON aver mai visto in 36 anni nell’ambulatorio medico, aperto al pubblico e alle visite mediche, nessun busto di cui fantastica un articolista di “Repubblica”: ha inventato la notizia, senza mai essere stato sul luogo e aver verificato con i suoi occhi. Chi segue gli eventi sa cosa si cela dietro all’operazione, come essa nasce e a cosa tende.

Un altro giornalista, di un giornale locale, vi è invece andato nello studio del dott. Valli ed ha potuto verificato la "bufala”, che ora attraversa la Manica ed arriva sulla vostra testata, dove mi sembra scrivesse Robert Fisk, un giornalista da me apprezzato.

Ripeto si tratta di una

BUFALA


che ha attraversato la Manica e che ha trovato presso di voi un compiacente articolista, forse unito in relazione lobbistica con gli articolisti italiani. Quanto ai risvolti parlamentari fareste meglio a condurre una vostra inchiesta che fosse per davvero “Indipendent”.

Il tutto è finalizzata ad una operazione mediatica volta a far introdurre anche in Italia le stesse leggi che esistono in Germania, e che dal 1994 ad oggi hanno comportato ben 200.000 casi di procedimenti penali per reati di opinione.

Naturalmente, il dott. Valli - nella sua vita privata, ben diversa dalla sua vita professionale – dovrebbe avere il pieno diritto di avere le opinioni che meglio crede, condivisibili o meno.

So che l’Inghilterra in merito alla libertà di pensiero ha una ben diversa e più solida tradizione.

Stanno cambiando adesso anche da voi le cose?

Scrivo questa mia lettera, estemporanea sotto la spinta dell’indignazione e senza particolare elaborazione e senza nessuna speranza di ristabilimento della verità sulle vostre colonne, ma il tentativo andava da me fatto per scrupolo di coscienza e in difesa di una libertà di pensiero sempre più minacciata in un Occidente che fa le guerre al mondo intero per imporre con la forza delle sue armi una civiltà che non possiede.

Ricordatevi del vostro Blair che ha portato il mondo alla guerra contro l’Iraq sulla base di menzogne riconosciute tali, ma per le quali nessuno ha pagato. Si potrebbe coniare il seguente slogan: l’Occidente ossia l’Impunità della Menzogna.

venerdì 26 luglio 2013

L’«isteria» percorre l’Europa tutta. Dal letto negato in Berlino a Irving alle invenzioni persecutorie sul medico di Cuveglio

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La notizia del letto negato a Irving dagli albergatori berlinesi è di alcuni giorni e non ci sarei tornato sopra se non per segnalare un post di Gilad Atzmon, che è il migliore conoscitore di quel genere di “isteria” che percorre questa nostra magnifica Europa che mai ci ha visto così servi e impoveriti. Non è difficile cogliere una concertazione che supera le frontiere nazionali: non solo i tedeschi ci spoglieranno di ogni nostro avere ma ci priveranno di ogni nostra libertà, non i tedeschi del tempo di Hitler, ma quelli odierni governati dalla Merkel. L’interrogazione che ad arte è stata fatta in parlamento dal solito personaggio è rivolta ad altri personaggi che fanno parte di una stessa concertazione, essendo promotori e firmatari del disegno di legge che pende in Senato e che vuole introdurre anche in Italia il reato di “negazionismo”, magari anche con effetti retroattivi a migliore dimostrazione dell’imbarbarimento giuridico in atto. Non nascondiamo tutto il nostro «disgusto» – termine che recepiamo dal campo avverso –  per l’operazione in atto e per i soggetti che vi stanno dietro: bastano poche parole per rivelare la trama, sufficiente per chi ha già un minimo di informazione e non è reso idiota da giornali come “Repubblica”. Se mai volessero combattere l’«odio», abbiamo il fondato sospetto che vogliano alimentarlo insieme con il “terrore” che vogliono introdurre per legge. Seguiamo con apprensione gli sviluppi e per quanto possa giungere la nostra voce lanciamo, anzi rinnoviamo l’allarme per le sorti delle nostre libertà. Se prima eravamo convinti che la legge Mancino debba essere abrogata, gli avvenimenti recenti ce ne offrono ulteriore conferma.

lunedì 22 luglio 2013

Giustizia o vendetta? L’imbarbarimento del diritto in Italia, terra del diritto romano.

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Uno dei motivi sui quali la Lobby imbastì contro di me un attacco mediatico, per il quale pende ancora la mia causa donchisciottesca contro Repubblica, dopo essere stato assolto in sede amministrativa, fu il mio giudizio su un accanimento per me incomprensibile contro una persona assai anziana, che ritenevo avesse scontato la sua pena. Che di una stessa trama si tratti lo dimostra il “caso” Valli che abbiamo seguito per ultimo ed il mio stesso “caso,” del 2009,  che ha dato avvio alle mie ricerche, al mio Osservatorio. Per restare alla sortita odierna del nostri “amici”, mi limito a dire che avendo studiato un poco di diritto penale, so che nel nostro sistema la pena deve tendere alla “rieducazione” e che comunque, scontata la pena, giusta o ingiusta che fosse, il “reo” ha pagato alla società tutto il suo debito. Ed inoltre la società è tenuta a cooperare, accogliendolo e consentendogli una vita normale, alla “rieducazione” del cittadino che è ritornato in libertà ed a poter fare uso di una libertà che gli è stata restituita.


Non ho seguito né mai mi sono interessato alle vicende processuali in questione. La mia attenzione è venuta dopo, a pena scontata. Nella mia memoria si erano impresse le parole di Marco Pannella, che a sua volta riprendeva un giudizio del rabbino Elio Toaff. Se la memoria non mi inganna, suonava all’incirca così nel suo senso: lo hanno condannato, abbiamo ottenuto la soddisfazione giudiziaria che volevamo, quindi lasciamolo morire in pace. Ed eccolo il punto: non lo si vuol lasciar morire in pace, anche se tarda a morire, giungendo a... “festeggiare” – lo si può dire? – i cento anni di vita, un traguardo che ognuno di noi desidererebbe raggiungere e che sempre suscita sentimenti di pietà negli altri.

Accanirsi contro un centenario, qualunque sia stata la sua vita, ed avendo per giunta scontato presso il giudice terreno le colpe di cui era imputato, non corrisponde alla mia educazione cattolica, almeno quella preconciliare, essendomi oscura l’evoluzione postconciliare. Non vedo nulla di eticamente buono nell’accanimento, che ravviso nel Corriere della Sera,  uno, anzi il primo dei grandi quotidiani italiani, dove la stessa Lobby può trovare di volta in volta “pezzi” sui temi di loro interesse. Pensano in questo modo di essere l’«opinione pubblica», ovvero di rappresentare o condizionare l’«opinione pubblica», magari ripresa, citando lo stesso “pezzo di carta”, da qualche Loro parlamentare (ne hanno tanti!)... Oh, potenza delle Lobbies e disgrazia d’Italia, di quei tanti che non hanno santi in paradiso, in quel di Montecitorio e vicini Palazzi.

All’epoca vi fu anche un giornalista del Corriere, che dopo il colpo di Repubblica, voleva fare il bis sul Corsera. Allora avevo tanti che mi stavano addosso ed è difficile difendersi contro una intera muta di cani, anzi di sciacalli. Ad uno ad uno, si può anche farcela, ma contro tutti insieme anche un leone soccombe ad un branco di iene. Di questo individuo, la cui faccia vorrei qualche volta vedere, o forse è meglio non vederla, ricordo al telefono l’ostinazione con la quale voleva farmi dire non ciò che io effettivamente pensavo, e tentavo di spiegargli, ma ciò che lui voleva io pensassi e gli dicessi... Dopo i primi attacchi canini non mi fu difficile capire il gioco di questo «signore» che si presentava come “giornalista”. Gli intimai tassativamente una diffida, che lui aggirò scrivendo un articolo che più denigratorio ed offensivo non poteva essere... Non feci nulla allora e la partita resta ancora aperta.

Sto mescolando esperienze personali e osservazione di una pratica giornalistica, le cui trame ormai ben riconosco ogni volta che si ripresentano su materie solo in apparenza distinte e scollegate. Non si tratta di informazione che nasce su una notizia del giorno, ma esattamente di una “trama” mediatica che ha dietro di sé una pluralità di soggetti collegati, una “associazione” alla quale nessun giudice – anche lui probabile soggetto della stessa trama – va a contestare il classico “reato associativo”, come sta avvenendo in questi mesi, con salti da Bolzano a Lecce e collegando persone del tutto ignare l’una dall’altra. Questi signori considerano la carta stampata, ormai “carta straccia” secondo Giampaolo Pansa, e le televisioni, come una cosa loro, dove hanno i loro uomini e dove possono attuare quanto si trova enunciato nel principio:
“Governare equivale non a dire la verità, ma a far credere e a convincere gli altri di pensare quel che si vuole”
Attraverso giornali, associazioni come l’AIPAC, che hanno in Italia i loro equivalenti, e quanto altro, questi signori sono più che convinti di poterci costringere, con le buone o le cattive, a pensare ciò che loro vogliono noi pensiamo. Ad assumere il pieno controllo delle nostre menti e dei meccanismi individuali di ideazione, dall’infanzia alla estrema vecchiezza. I “diritti umani” che si dice di voler rispettare da una parte vengono poi clamorosamente violati e disattesi dall’altra, e grazie ai media, questi media, senza nessuno che rilevi la contraddizione. Non esiste più l’uomo libero di pensare, nel bene o nel male, ma un suo simulacro, coniato dal Governo o meglio da chi sta al Governo o ancora meglio dietro ai Governi che si succedono come in uno spettacolo di burattini.

Ma non vogliamo andare per le lunghe in queste nostre riflessioni del tutto estemporanee. Non abbiamo intenzione di scrivere un libro, un lungo libro, che poi nessuno ha il tempo di leggere, sempre che ne avesse l’interesse e la voglia.

Nel pezzo collocato sul Corriere della Sera, e commentato dalla Lobby, si parla di “pentimento” e di “perdono”. Se il mio catechismo non si è del tutto oscurato il pentimento sta ad indicare una posizione della coscienza, certamente libera, davanti a Dio e ai suoi comandamenti. Il “perdono” ha poi poco senso, quando si è scontata o si sta scontando la pena che un giudice terreno ha inflitto... Perdono di chi a chi?... Per il giudice divino, che potrebbe perfino ribaltare il responso del giudice terreno, bisogna aspettare i tempi tecnici, anche se 100 anni sono già tanti e la Provvidenza non pone limiti...

Insomma, io penso di poter confermare il mio giudizio secondo cui in questo accanimento non vi è “giustizia”, ma una “vendetta persecutoria” sulla quale – per quelli che ci credono – la giurisdizione compete al Giudice Divino. Ripeto: non mi sono mai interessato delle carte processuali, non prendo posizione al riguardo, ma mi baso su un giudizio etico che prescinde da ogni merito della causa. Tuttavia trovo ben strano l’Addebito se – come ha fatto il matematico Odifreddi – posto in confronto, ad esempio, un solo esempio fra innumerevoli noti e ancora ignoti, con “Piombo Fuso” dove le vittime, non meno innocenti, ascrivibili agli Eredi delle Vittime, sono enormemente maggiori. Nessun Tribunale è stato costituito e nessun processo avviato per oltre un migliaio di vittime, di cui centinaia bambini e loro madri. Per non dire poi della grande “pulizia etnica” avvenuta in Palestina nel 1948, narrata e divulgata da Ilan Pappe, che ha dovuto lasciare il suo paese per aver detto quella “Verità”, di cui ben sappiamo che esiste, anche se non la si può dire e non ce la lasciano dire.

venerdì 19 luglio 2013

Lettera aperta del dott. medico Giuseppe Luigi Sassi al Signor Paolo Berizzi del giornale “Repubblica”

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John Stuart Mill
Riceviamo e volentieri pubblichiamo senza indugio questa “Lettera aperta” sul “caso” Valli, al quale abbiamo dedicato i precedenti post. Di nostro a mo’ di commento estemporaneo e provvisorio aggiungiamo che appare ormai ben delineata l’esistenza di una Lobby liberticida il cui unico scopo è di spegnere ogni voce fuori dal coro. Noi non riteniamo che idee e posizioni come quelle del dott. Valli o di chiunque altro debbano essere condivise, ma certamente possono essere espresse e su di esse avviarsi un utile e fecondo contraddittorio. Ricordiamo il solo limite che John Stuart Mill poneva alla libertà di espressione: il principio del danno. Mill riteneva sommamente utile alla società anche la libera espressione di idee “erronee” perché solo con il confronto ed il libero contraddittorio le idee “vere” potevano rivelarsi come tali: non certo con la repressione e la criminalizzazione delle idee antitetiche. Gli scritti del dott. Valli, e non di lui solo, non ledono nessun interesse individuale e riguardano temi di interesse storico e filosofico. È la classica materia in cui maggiormente si esercita il diritto alla libertà di espressione. Non ci sono mariti e mogli tradite che si vedono messi in pasto al gossip. Niente che non rientri nella problematica storica, filosofica, letteraria, teologica. 

Chi conosce il dott. Valli conosce anche la sua gentilezza e signorilità che si esprime anche nella sua scrittura, che racchiude quel principio di “continenza” richiesta dalla giurisprudenza e che non è per nulla rispettato negli articoli demonizzanti di "Repubblica”. A proposito della quale ribadiamo una distinzione da noi già fatta e che non ha ancora trovato il suo Stuart Mill: la contrapposizione fra libertà di stampa e libertà di pensiero. La libertà di stampa di “Repubblica” attacca e reprime la libertà di pensiero del dott. Gianantonio Valli. I grandi organi di stampa sono in realtà, oggi più di ieri, strumenti di condizionamento dell’altrui opinioni. Anzi sono loro i veri “istigatori d’odio”. Nella sua epoca, nel suo ristretto uditorio di un seminario o di un’aula parlamentare, Stuart Mill non conosceva il «discorso dell’odio», oggi fonte di una normativa tanto assurda quanto liberticida. Noi riteniamo che l’unico limite che oggi si possa ammettere in questa materia non riguarda la “libertà di pensiero”, che per noi è assoluta come il diritto stesso alla vita, o anche la spontaneità dei sentimenti umani che non possono essere comandati o compressi, ma ai soli effetti dannosi della espressione pubblica della libertà di pensiero o anche alla espressione dei sentimenti umani. Si tratta però di limiti per i quali non si possono fissare normative a priori, ma che devono essere verificate caso per caso. Per ritornare al “caso” Valli non ci pare dubbio che dall’articolista in questione sia stata violata la privacy del dott. Valli, di cui si è chiamato in causa la sua onesta ed onorevole professione di medico. È questo per noi l’«imbarbarimento» della vita civile sul quale in nostro Presidente dovrebbe rivolgere la sua augusta attenzione.

Antonio Caracciolo

* * *


LETTERA APERTA AL SIGNOR PAOLO BERIZZI INVIATO DEL GIORNALE “REPUBBLICA”

Egregio Signor Berizzi,

    mi riferisco al suo scoop  sulla testata on-line di Repubblica del 12/7/13 concernente il mio collega dottor Valli Gianantonio.

    Sono l’altro medico di famiglia con studio in Cuveglio da oltre trent’anni, poco meno del dottor Valli con il quale condivido ininterrotti rapporti di fattiva e proficua collaborazione nonché di personale frequentazione nel rispetto delle rispettive specificità e individualità.

    Quasi ogni giorno passo nel suo studio, che è di fronte al mio.  Mai ho avuto occasione di riscontrare in sala d’aspetto o in sala visite la presenza di quel materiale che lei scrive «tutto lì in bella mostra».
             
    Mi riferisco a «una bella pila di riviste d’area nazionalsocialista a disposizione dei pazienti malati» e ancora «un busto di Mussolini che i pazienti giurano aver sempre fatto bella mostra di se nello studio».

    No, io non li ho mai visti.  E neppure li hanno visti le centinaia di pazienti che già hanno sottoscritto una dichiarazione in tal senso e i tanti altri che si sottoscriveranno prossimamente sotto un gazebo organizzato spontaneamente in paese.

    In riferimento poi alla «medaglia d'argento per la commemorazione di un combattente repubblichino di Cuveglio» si tratta di un caporale dell’esercito italiano caduto in Etiopia nel 1936 sette anni prima che venissero organizzate le milizie della R.S.I.

    Credo che lei signor Berizzi oltre a lezioni di minimale etica giornalistica abbisogni anche di un ripasso della Storia.

    Si, perché le notizie da lei riferite come certe al fine di sostenere l’impalcatura del vile attacco mediatico al dottor Valli sono menzogne.

    Quindi o lei, signor Berizzi, è un bugiardo nell’esercizio della sua professione oppure è uno scribacchino ignorante dei minimi principi metodologici del suo mestiere per niente diversi dal mio:

  • anamnesi, ossia raccolta di informazioni le più ampie possibili nel tempo remoto e prossimo e nella molteplicità delle fonti;
  • esame obiettivo, ossia verifica  meticolosa sul campo operativo della verosimiglianza, attendibilità, significatività delle notizie e soprattutto delle loro fonti;
  • diagnosi, ossia elaborazione della migliore ipotesi possibile da porre a fondamento dei successivi atti operativi che nel mio caso sarà una malattia con relativi protocolli di cura e nel suo caso la costruzione di un articolo giornalistico.
    Una cosa è sicura: che se parto da dati incerti potrò spero correggermi lungo la strada, ma se inizio da dati inventati o peggio ancora da menzogne insieme al fallimento del mio lavoro è giusto ed auspicabile che perisca anch’io. Il giusto ed il vero sono sovente incerti, certa è la menzogna sbugiardata.

    Mi chiedo perché lei abbia aggredito il dottor Valli  sul piano professionale tirando in ballo Ippocrate, etica e deontologia (tutte virtù che a lei – come abbiamo visto – mancano totalmente) e non invece sul piano delle idee, del pensiero e degli scritti del Valli storico cosiddetto revisionista. Si tratta di decine di migliaia di pagine in corpo 8, tutte coerenti con la sua visione politica del mondo maturata nel corso di decenni passati a masticare le più svariate pubblicazioni di storia e di politica.

  Nella sua biblioteca sono ordinati  più di trentamila libri e riviste dedicate, in  tante lingue e di tutte le tendenze ideologiche; è abbonato a riviste di ogni area politica, compresa quella giudaica.  E’ dotato di una non comune  capacità di analisi e di sintesi che  tengono costantemente aggiornata quella chiave di lettura dei fatti che gli rende istantanea la spiegazione di ogni nuovo evento.  Se lo facessi io verrei giustamente tacciato di “dietrologia” gratuita e inconcludente.  Evidentemente lei  Berizzi non è dotato delle argomentazioni necessarie per polemizzare con lui, e lo sa, quindi lo aggredisce vigliaccamente alle spalle. Indi vada a piantar patate invece di imbrattare d’inchiostro velenoso carta e siti web.

    Parliamo degli articoli di giornali o riviste che il dottore metterebbe a disposizione dei malati appendendoli nella bacheca.

    Il dottor Valli, come me, ha assistito ad un cospicuo incremento di accessi in ambulatorio di pazienti portatori di una nuova malattia: una sindrome che contempla malessere esistenziale, incertezza economica, deterioramento conseguente dei rapporti famigliari e sociali, stato di profondo avvilimento, depressione, ansia per il futuro con le conseguenti somatizzazioni. Sono uomini o donne, mogli o figli di disoccupati o mobilitati che non sanno dove cercare un lenimento al loro malessere (al bar scialacquerebbero il già misero borsellino, in chiesa si usa lasciare l’elemosina e comunque i preti sono indaffarati a soccorrere un’altra tipologia di indigenti).  Si fermano quindi nelle nostre sale d’attesa, silenziosi, si riconoscono ma non parlano neppure tra di loro, non sanno neppure cosa chiedere al medico quando è il loro turno oppure inventano una scusa banale sperando di poter entrare in argomento alla ricerca di un’improbabile cura per la loro angoscia.   I primi anni si vergognavano quasi per falso pudore come di un fallimento personale, oggi un po’ meno perché sono in tanti.

    Il dottor Valli conosce le cause del loro male, anzi le aveva già previste e scritte 10 o 15 anni fa.  Ecco perché di quando in quando prende un articolo di giornale o un manifesto elettorale del PD e lo appende, magari a scopo provocatorio alla sua bacheca.  Lo faccio anch’io perché so che spiegare ad un paziente le cause ed il nome del suo male è già una terapia anche se purtroppo alcune volte rimane unica, o quantomeno può essere un aiuto a conviverci.

    Il dottor Valli conosce il bisogno di stato sociale che oggi viene trasversalmente messo in liquidazione;  il dottor Valli conosce il bisogno di solidarietà che oggi si esprime a paroloni verso tutti ma non verso il proprio fratello di sangue.

    Il dott. Valli, che è pagano, conosce il detto evangelico “ama il prossimo tuo” ma lo ricorda fino in fondo laddove continua dicendo all’incirca così: “il prossimo tuo  è il fratello che ti sta più vicino” ed io aggiungo: in casa tua, nel tuo villaggio, nel tuo paese, nella tua Patria.  Come puoi guardare oltre mare se già non conosci le coste di casa tua?

    Che piaccia o non piaccia e che sia scomodo per tanti Gianantonio Valli è un socialista integrato nella sua nazione ed ha già letto tutto questo nei programmi del Nazionalsocialismo.

    Ovvio che faccia paura a molti, soprattutto a quelli che invece di porre mano ai problemi si dedicano a perseguire coloro che a torto o a ragione la soluzione dei problemi dicono di averla già in mano.

    E se avessero ragione?

    Ho chiesto più volte a Gianantonio quale anelito sottenda al suo ventennale sacrificio di tempo e risorse per riscrivere la storia recente diversa da come ormai è stata inculcata nelle menti di tre generazioni post-belliche.  Ebbene, nessuna aspirazione a didattiche alternative, nessuno scopo di proselitismo, nessuna volontà di indottrinamento di gruppi, associazioni o organizzazioni politiche da cui sempre rifugge (quindi nessuna apologia e ancor meno speranza di ricostituzione di quelle realtà politiche che furono militarmente schiacciate e messe fuorilegge settant’anni fa). No, egli si considera un viaggiatore disperso nel deserto che raccoglie memorie e testimonianze del suo immaginario culturale di tempi a lui meglio congeniali e le semina nella speranza che un giorno, forse tra mille anni, piova su quell’arida terra facendoli germogliare per futuri terrestri che neppure conosce.

    Anche io espongo talvolta  giornali o riviste “non politicamente corretti”.  Nel mio studio, alle mie spalle, discreta ma non nascosta tra le foto di mia moglie e di mia figlia c’è quella del Duce che campeggia anche su una medaglia appesa al portachiavi che getto sul tavolo di lavoro ogni volta che entro nello studio.  E allora, signor Berizzi? Anche una figura eccellente del firmamento ospedaliero, accademico e framassonico varesino espone nel suo studio, lui sì, un busto di Mussolini e pure altri cimeli del ventennio fascista.  Notizia questa verificata per la molteplicità univoca e concorde delle mie fonti; impari Berizzi!

    Suvvia signori, sappiamo entrambi come dietro questo fumo diffuso da voi manutengoli ci sia il disegno di spianare la strada, creando magari qualche “caso”, alla sempre progettata legge liberticida del pensiero e della ricerca storica che come già in Francia ed altri paesi europei punisce chi faccia studi che mettono in discussione le sentenze del processo di Norimberga e quindi del dogma olocaustico, pilastro portante del progettato governo mondiale. Non c’è riuscito Mastella, è andata buca ad Alfano ora tocca alla vostra presidentessa Boldrini.

    Infine, signor Berizzi, il prossimo mese di Agosto mi prenderò qualche settimana di vacanza.  Mi sostituirà il dottor  Valli nella assistenza ai miei pazienti e a quelli occasionali presenti a Cuveglio presso strutture residenziali.  Lei mi consiglia diversamente?

    Mi associo ad altri amici nel salutarla con un: si vergogni signor Berizzi, si vergogni.

 Dott. Giuseppe Luigi Sassi
 in Cuveglio il 18 luglio 2013

lunedì 15 luglio 2013

Può un bigliettaio che... non va a Messa la domenica continuare a vendere i biglietti e vivere di un lavoro onesto?

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Studiando le tecniche diffamatorie, messe in atto per ultimo contro un onesto medico di Cuveglio, scopro una uniformità di strategie. Davvero sempre le stesse. In genere funziona così. Si decide prima il bersaglio e cosa deve esser detto sulla persona. Poi ci si inventa una intervista. In pratica, ci si procura il numero telefonico del bersaglio. Questi riceve una telefonata del genere: “posso farle alcune domande?” “Sono un giornalista di Repubblica”. “Vorrei approfondire il suo caso?” “Ma perché vuole approfondire il mio caso? Cosa vi è da approfondire che non sia chiaro? Ma chi è lei?” E così via. Ricordo personalmente il caso di un sedicente giornalista del Corriere della Sera, ma spesso sono “precari” che collocano dei pezzi, il quale mi aveva innervosito perché appariva chiaro che non aveva nessun interesse a ciò che io effettivamente pensavo o quali fossero per davvero le mie posizioni, ma voleva che io gli confermassi le opinioni che mi voleva attribuire... Lo diffidai formalmente dall’attribuirmi una certa cosa, ma lui se ne uscì con un articolo denigratorio dove sviliva la mia persona... Erano tante allora le iene che mi stavano addosso che io non potevo tutte respingerle nello stesso tempo e soprattutto non avevo il tempo per studiarne le prave intenzioni. Per costoro l’importante non è che vi sia stata per davvero un’intervista, che corrisponde alla verità delle cose, ma che sia stata fatta una telefonata e che vi sia stato il “contatto”. Non è neppure necessario che vi sia una richiesta formale di intervista, con tutte le garanzie possibili sulle domande fatte e sulle risposte effettivamente date, ed una formale autorizzazione a pubblicare il contenuto della telefonata. Il sedicente giornalista non offre nessuna certificazione della sua identità. Potrebbe trattarsi di un impostore che si spaccia per chiunque... Poi, come nel caso ultimo del dott. Valli ci si trova nella classica posizione del “mostro sbattuto in prima pagina”, con la canaglia che aspetta il suo pasto quotidiano. Le cose che vengono attribuite, un ambulatorio trasformato in un museo delle cere, risultano immediatamente false, ma la vittima spesso è impreparata e non ha dietro di sé una rete mediatica per il fuoco di risposta. Questo è il giornalismo... di “Repubblica”, secondo quotidiano d’Italia.


L’obiettivo di questo genere di attacchi è di colpire la vittima non già tanto nelle sue opinioni, criminalizzate e demonizzate in partenza, ma di incidere sulle basi della sua esistenza materiale, sul suo mestiere che spesso non ha nulla a che fare con le opinioni professate o attribuite. Danneggiare la vittima perchè non abbia più un lavoro con il quale vivere onestamente. Vi può essere un comportamento più ignobile ed infame? Cosa ha a che fare ciò con la professione giornalistica? Ad un carcerato che esce dal carcere e che debba essere reinserito nella vita sociale si cerca di trovargli un lavoro onesto, per non tornare a delinquere. Invece questi Signori, che si ergono a Sommi Sacerdoti della Verità e della Morale, fanno di tutto per togliere alla loro vittima l’onesto lavoro del quale vivono. Un fornaio fa il pane, e non ha nessun interesse a fare del pane avvelenato. Tutti possono mangiare tranquillamente il suo pane senza minimamente curarsi o interessarsi delle opinioni del fornaio, sempre che ne abbia. Vi sono casi molto noti, come quello che ha colpito Norman G. Finkelstein, privato della cattedra. In alcune interviste rilasciate si confessa apertamente l’intenzione di privarlo di qualsiasi fonte di reddito e quindi di ridurla alla fame: “imparerà come si vive, andando al mercato per cercare la frutta che costa di meno...”. Questa “perfidia” viene dagli stessi correligionari... Similmente, dunque, se si va a leggere l’articolo di Repubblica, uscita nella cronaca di Milano, chiaramente un articolo preconfezionato, si può rilevare come il suo contenuto non è già la critica alle personali opinioni private del medico Valli, ma il suo rapporto con i pazienti, con i quali certamente il medico Valli di altro non parlava che delle loro malattie e della cura che doveva lui farne.

Norman G. Finkelstein
Tanta perfidia lascia senza fiato. Naturalmente, è una assoluta menzogna, spudorata menzogna che il medico Valli tenesse in esposizione nel suo ambulatorio il campionario di cui discetta l’Articolista. L’unica cosa che si può rimproverare al medico Valli è la sua ingenuità, o meglio la sua buona fede, per non aver subito sbattuto il telefono al giornalista di Repubblica, che lo molestava ponendogli domande campata in aria e poi del tutto falsificate nelle risposte effettivamente date, come può confermare lo stesso dott. Valli. 

È probabile che la strategia di queste combricole, lautamente finanziate e fornite di risorse illimitate, consista nella rapida diffusione della “calunnia”: un “venticello” che cresce e diventa subito tsunami, ormai inarrestabile. So per esperienza come soprattutto da persone in malafede anche a distanza di anni si continui a sfruttare una calunnia, dimostrata come tale anche in sede giudiziaria.

Basterebbe fotografare l’ambulatorio del dott. Valli, per verificare l’inesistenza dell’armamentario impiantatovi da Repubblica.  L’Articolista non ha mai messo piede nell’Ambulatorio. Per concludere, l’osservazione su cui è costruito questo post è nella rilevazione della perfidia con la quale si vuol colpire il medico Valli nel rapporto fiduciario costruito in tanti anni con i suoi clienti. Questo nuovo “caso” si aggiunge al bigliettaio che non può vendere i biglietti o all’insegnante che non potrebbe più insegnare, per colpe attribuite da una oscura e misteriosa Autorità. E così via. Fino a quando dovremo tollerare tutto questo?

domenica 14 luglio 2013

Appendice facebook: il “venticello” della calunnia nei “socialnetworks”.

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La tecnica è chiara. Un grande quotidiano è come una agenzia di stampa. Viene cioè considerato esso stesso “fonte” di una notizia, a cui tutti gli altri attingono per il valore che in astratto e senza verifica attribuiscono al quotidiano, che magari i fatti semplicemente li crea e se li inventa di sana pianta, trovando ahimé chi è disposto a bere. E che un quotidiano come “Il Corriere della Sera” o “La Repubblica” può prestarsi a operazioni di bassa lega? Basta il nome! Così dicono i ripetitori della notizia, che vanno tranquilli. Pensano: se qualcuno mi obietta qualcosa, io indico la mia fonte in Repubblica, che è la testata in generale ma poi in concreto è il singolo personaggio che infila il pezzo nel calderone. Se poi si va ad indagare sull’articolista non è escluso che se ne scoprano delle belle, ma noi qui non possiamo dare verbo ai nostri sospetti. Invitiamo chi legge a dare piena libertà alla loro fantasia.

Gli “occhi” di Piero Marrazzo
Ho notato che fino a questo momento la notizia non è rimbalzata nelle televisioni o in qualche interrogazioni parlamentare o in dichiarazioni di politici. Per quel che mi riguarda quando orchestrarono analoga operazione nei miei confronti ricordo e racconto sempre con grande spasso del governatore Marrazzo che avrebbe voluto “guardarmi negli occhi”, ma poi in non meno di 24 ore ho potuto io vedere lui che nascondeva la sua faccia davanti agli stessi giornalisti a cui il giorno prima aveva rilasciato incaute dichiarazioni nei miei confronti. Insomma, posso dire per ragioni strettamente personali di aver studiato la tecnica, la regia, i personaggi e che ora vedo ripetersi l’identico ai danni di un onestissimo medico di paese. Non hanno fantasia e si ripetono identici, offrendo essi stessi la prova della macchinazione e manipolazione.

Sarà interessante seguire e prevedere gli sviluppi. La cosa è passata in facebook, un grande letamaio, dove ho tuttavia un account ma di cui mi servo il meno possibile, essendo uno strumento assai infido. Senza intervenire oltre in quello spazio farò qui l’analisi e il commento degli interventi più rilevanti. L’esordio è stato il “busto” di Hitler che sembra essere il principale capo di imputazione. Qualcuno ha osservato che non si chi aveva invece un busto di Stalin... Credo che il medico ne avesse anche lui uno di Stalin, ma non nell’ambulatorio, bensì nel suo studio privato, cioè nella casa dove abita e che in parte adibisce anche ad Ambulatorio, essendo strettamente separati i due ambienti. Di pagine facebook scopro che ve ne sono più d’una. Questa è gestita sembrerebbe direttamente da Repubblica, che dunque persevera nella condotta calunniosa. Anche se il fuoco di artiglieria è impari, si trova però on line qualche voce di contrasto, come il quotidiano Rinascita, che apre pure su una pagina fb.

Ad un dipresso la cosa sarebbe andata così, secondo le prime ricostruzioni. Ognuno di noi riceve ogni giorno telefonate dai call center: spesso ti invitano a cambiare gestore telefonico, ma ti offrono anche bottiglie di vino e di olio, fantastici viaggi assolutamente gratuiti... Si risponde in modo cortese o scortese, a seconda del proprio temperamento e del grado di disturbo che si riceve. Una di queste telefonate giunge dall’articolista di Repubblica, che con ogni evidenza aveva già pronto il pezzo ed il committente. Bisognava però procurarsi uno straccio di intervista. La telefonata – non è la prima volta – serve per poter far credere che si è fatta una intervista.

Non risulta però che l’articolista abbia messo piede nello studio del medico, nel suo ambulatorio e che abbia visto le cose che dice. Non risulta in nessun modo l’effettivo contenuto della telefonata. Che cosa abbia chiesto l’articolista al medico, come egli si sia presentato e cosa volesse, né se abbia ricevuto autorizzazioni a pubblicare interviste mai concesse. Soprattutto non si capisce cosa il Telefonista volesse dal medico. Se voleva scrivere quel che ha scritto, idiozie prima ancora che calunnie, non poteva certo pretendere di esserne pure autorizzato... A questo punto diventa evidente che si tratta di una operazione di bassa lega, che deve avere necessariamente un committente e che deve prestarsi a scopi che non sono quelli dell’informazione, ma che al contrario con l’informazione su una “non notizia” non hanno nulla a che fare... A proposito, per chi viaggiasse durante le vacanze dalle parte di Taormina è possibile acquistare busti in pietra lavica dei più disparati personaggi... Io credo di averne comprato uno, piccolo, di Mussolini, ma se ne avesse trovato una intera collezione di personaggi storici ne avrei comprati parecchi, per arredare determinati ambienti... Ovviamente, si tratta di un commercio del tutto lecito, alla luce del sole, e non è configurata nessuna fattispecie di reato... Un mio conoscente mi ha fatto vedere nella sua camera da letto, al posto del crocefisso, un pesantissimo ritratto in cemento di... Stalin. Io non ebbi nulla da obiettare su Stalin, ma espressi il mio timore per un eventuale cedimento del pesantissimo ritratto in cemento, cosa che avrebbe significato una morte certa che chi vi dormiva sotto...

Dunque, per ritornare a bomba, al nostro medico non è imputato di avere sbagliato qualche diagnosi, di aver somministrato male qualche farmaco, di aver trascurato i suoi pazienti, di aver commesso la benché minima infrazione della deontologia medica. Si badi: il dott. Valli è chiamato in causa come medico e in quanto medico, non come giocatore di golf o di tresette nel bar del paese, o per qualche debito e rissa di gioco, ma unicamente in quanto medico, al quale si imputa – secondo quel che si legge – di avere  in casa il busto di un personaggio storico. È vero poi che il medico Valli, non in quanto medico, ma in quanto cittadino ebbe a partecipare ad una manifestazione in favore del legittimo governo siriano, dove pronunciò anche un intervento. E fu quella la causa degli attacchi che ebbe a ricevere a nome di un sedicente ricercatore di un istituto che fruisce di 300.000 euro dalle tasche dei contribuenti... Ma questa è un’altra storia. A questo ricercatore il dott. Valli, che si diletta di storia e filosofia, scrisse 20 garbatissime e dottissime lettere in replica a superficialissimi giudizi liquidatori del “ricercatore Gatti”, forse collega dell’articolista di “Repubblica”, o meglio del collocatore del pezzo su Repubblica, che somministra un attacco mediatico, di cui appunto stiamo seguendo il decorso mediatico. Almeno questo calunniatori fossero in grado di argomentare le loro calunnie e demonizzazioni, ma è vano sperarlo: lanciano il fango e ritraggono la mano, un fango che però ritorna al mittente.

Nigel Warburton
Infatti, per quanto abbiamo potuto accertare nello studio ambulatorio del dott. Valli non si trova nessun busto di chicchessia. Per citare ancora Warburton, Libertà di parola, p. 6: «La libertà di parola non è questione che si riferisce a una conversazione privata o a un soliloquio davanti allo specchio in bagno...». La libertà di “parola” che può essere anche una fascia nera al braccio ha bisogno della sfera della pubblicità e non ha senso parlare di libertà di parola in uno spazio del tutto privato. Possedere un busto di chicchessia non è di per sé un reato, anche se il busto può avere in sé un significato, ma lo è ancora di meno se questo busto è conservato in uno spazio interamente privato.  Quindi, l’articolista di Repubblica che sull’esistenza di un busto nell’ambulatorio orchestra la sua campagna non solo afferma il falso, ma contesta indebitamente l’altrui libertà di parola e viola la sua privacy: tre reati in uno: falsità materiale, violazione dell’altrui libertà di espressione, violazione della sua privacy. Costui non ha nulla a che fare con la professionale giornalistica e con il “diritto di cronaca”. Se anche il dott. Valli possedesse nella sua abitazione privata una collezione di foto pornografiche, o dipinti di nudi femminili, la cosa non costituisce alcuna forma di reato, al parti di coltelli, bicchieri e suppellettili di ogni genere. L’intento e la trama diffamatoria appare evidente, ma pare altrettante evidente che non può trattarsi dell’accanimento di un Tizio che non pare abbia consuetudine alcuna con la deontologia giornalistica. Dietro vi sono soggetti, interessi, ambienti, associazioni, organizzazioni che non è difficile immaginare chi e quali siano. Chiamatelo pure complottismo: non ci offendiamo.

Libertà di parola, libertà di pensiero, libertà di stampa e libertà di manipolazione. Come “La Repubblica” di De Benedetti informa gli italiani.

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Questa recensione di un libro, di Nigel Warburton, ha una sua singolarità, perché se ne vuole illustrare il contenuto e le problematiche, con un caso specifico, i cui sviluppi seguiremo nel loro divenire. Un tranquillo medico di paese, Cuveglio, svolge con scienza e coscienza la sua professione, di animo gentile e sempre disponibile ai suoi pazienti. Come ogni medico risponde per telefono a quanti lo cercano, buoni e cattivi. Questa volta è capitato il “cattivo”, che non telefona per farsi curare di qualche cosa, ma per spiare sugli interessi del medico, estranei all’arte medica. Ognuno di noi ha un mestiere, ma quando non esercita la professione, può avere gli interessi più disparati, rigorosamente distinti dalla professione. La tecnica manipolatoria degli articolisti di Repubblica si caratterizza ripetutamente per la commistione fra i due piani. Una immagine che mi viene in mente è tratta da ciò che sta succedendo in Egitto, dove vi è chi ha interesse a suscitare la guerra civile. Tutti sanno della cinquantina di morti. L’esercito dice di aver risposto al fuoco dei manifestanti. I Fratelli Musulmani dicono di essere innocenti. Hanno forse ragione entrambi: dai tetti sparavano dei cecchini che non appartenevano né all’esercito né ai fratelli musulmani, ma che evidentemente hanno interesse a scatenare una guerra civile fra gli uni e gli altri. È con ogni verosimiglianza anche questa la strategia domestica di Repubblica, che punta sulle convinzioni private e personali di un onesto medico di provincia e sulla reazione che queste opinioni private possono suscitare da parte di altri, opportunamente istigati dal sistema mediatico messo in movimento dal secondo quotidiano d’Italia. È una strategia che “La Repubblica” segue da anni, avvalendosi di una squadra ad hoc costituita ed assemblata. Seguendo e collegando episodi in apparenza scollegati e casuali ne viene fuori una situazione che ben si collega al libro di Warburton, che andremo leggendo e collegando sulla filigrana di un caso specifico, dalla sua genesi alla sua evoluzione in itinere.

L’agile volumetto è preceduto da una Introduzione del traduttore, Davide Cadeddu, il quale opportunamente osserva in limine che per il 2013 l’Italia è classificata al 57° posto su 179 paesi per la “libertà di stampa”. Io vado ripetutamente osservando che libertà di stampa, libertà di parola e libertà di pensiero non sono la stessa cosa. Anzi il mio contributo vuole consistere nella rilevazione della frequente contrapposizione fra libertà di stampa e libertà di pensiero, e spesso anche libertà di parola, se si considerano i modi frequenti in cui i giornali eludono il diritto di replica previsto a tutela dei cittadini da una legge del 1948. E possiamo anche documentare come la magistratura è perfino complice in questa elusione. Dobbiamo però procedere per gradi e chi ci segue deve aver pazienza, poiché la nostra scrittura è in tempo reale, in progress. Ciò è consentito dalla rivoluzione di internet che elimina lo iato fra i tempi di ideazione, i tempi di stampa, ed i tempi di pubblicazione e distribuzione.

Frank La Rue
Andando avanti nella lettura, e saltando spunti interessanti sui reati di opinione e sulla diffusa pratica dell’autocensura, fa al nostro caso una citazione di Frank La Rue, ossia un signore che è ancora nell’anno corrente il relatore dell’ONU per la libertà di espressione. La citazione suona: «In Italia c’è una concentrazione di gruppi di potere che manipolano l’opinione pubblica». Tornando al nostro “caso” non vi è dubbio alcuno che di “manipolazione” si tratta e siamo perfino in grado di individuare con nome e cognome i “gruppi di potere”, con mandanti e scagnozzi incaricati dell’esecuzione. Non vi è dubbio di sorta che l’articolista di Repubblica, il Tale di cui evitiamo di fare il nome, non avesse da farsi curare le emorroidi o il mal di pancia, telefonando al medico Valli, il cui Ambulatorio viene trasformato in una biblioteca specializzata ed i pazienti che vi si recano abitualmente in cultori di studi storici. La “manipolazione” è evidente e consiste nel mescolare un hobby privato con l’esercizio dell’arte medica e della relativa deontologia: il medico Valli non ha mai chiesto ai suoi pazienti come la pensassero su qualsiasi argomento prima di fare la sua diagnosi della malattia e quindi somministrare i relativi farmaci. Ma l’articolista di Repubblica mette insieme i dolori causati dalle emorroidi con le tragedie della seconda guerra mondiale, per la quale gli storici di professione – non i medici – aspettano la prossima apertura degli archivi di Washington e di Mosca. Non sembra neppure che il detto Articolista sia egli stesso un cultori storici che desideri confrontarsi dialetticamente e criticamente con quegli argomenti di storia su cui il medico ha una produzione imponente. L’interesse dell’articolista di Repubblica per il medico Valli non è né di carattere medico (visita privata per cura delle emorroidi, il mal di pancia o altro), né di carattere storico (chiedere lumi o avanzare puntuali critiche), ma solo di carattere diffamatorio e demonizzante. Se fossimo noi dei magistrati, apriremmo noi un fascicolo su questo articolista e sui suoi mandanti. Ne verrebbe forse il reticolato di quella “manipolazione” di cui parla Frank La Rue, relatore dell’ONU per la libertà di espressione.

Nigel Warburton
E qui ci fermiamo, rinviando ad altro post, lo sviluppo del nostro discorso, mentre proseguiamo nella istruttiva lettura del libro di Nigel Warburton ed aspettiamo gli sviluppi e gli effetti del lancio della “notizia” da parte di Repubblica e del suo articolista, le cui cantine per reciprocità dovrebbe essere indagate con lo stesso diritto con cui costui pensa di setacciare ed infangare la vita di un galantuomo, che non è il medico Valli, ma è ognuno di noi che nei pieno rispetto delle leggi della stato e nel puntuale minuzioso pagamento delle tasse pensa di avere almeno il diritto alle proprie private opinioni ed a condurre la propria vita, protetto dalla legge delle stato e dalle sua massime statuzioni che si rammentano qui di seguito:

Primo emendamento della costituzione degli Stati Uniti di America, ai quali siamo soggetti e che sul loro territorio hanno un rispetto per la libertà di pensiero alla quale noi “cupidi servi” abbiamo rinunciato spontaneamente senza esserne neppure richiesti:
“Il Congresso non potrà fare alcuna legge […] che limiti la libertà di parola, o quella di stampa, o quella del popolo di riunirsi pacificamente,  e di rivolgere petizioni al governo per la riparazione dei torti”.
Dichiarazione universale dei diritti umani, del 1948, che al suo articolo 19, dovuto alla mano di Stephen Hessel. così recita:
«Ognuno ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione. Questo diritto include la libertà di sostenere opinioni senza interferenze e di cercare, ricevere e fornire informazioni e idee in qualunque forma e senza riguardo delle frontiere».
Questo articolo va integrato il “General comment No. 34”, della Commissione dei diritti umani, riunitasi a Ginevra nel periodo 11-29 luglio 2011, che invitava espressamente gli stati al rispetto della libertà di pensiero senza alcuna limitazione fatta discendere dalle leggi memoriali. Ma di ciò ci dovremo occupare a parte, anche traducendo tutto il testo del commento. Per adesso possiamo rilevare una violazione dell’art. 19 nel tentativo legislativo in atto di introdurre anche il Italia il reato di “diffusione” di pensieri proibiti. Per cui avremo anche noi il caso di un padre di famiglia tedesco che si è trovato condannato a 9 mesi di carcere, scontando la pena, per il solo reato di aver prestato ad un amico un libro “proibito”, il cui autore sconta ancora in carcere 12 anni per averlo scritto quel libro. Forse neppure nei tempi più “bui” del medioevo!

A tutti noto dovrebbe essere l’Art. 21 della costituzione italiana sul quale ritorneremo ancora. Nel 1948 la legislazione italiano produsse anche la legge sulla stampa. che prevede il diritto di replica, di rettifica, smentita. Documenteremo il modo in cui questo obbligo viene disatteso dalla stampa nostrana, che gode impunemente del diritto di diffamare e denigrare. Se qualcuno, toccando gli stessi giudici, non i comuni cittadini, ci incappa, allora viene prontamente “graziato”.