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Le notizie sono confortanti e le si possono leggere in «Come don Chisciotte», in un articolo di Cori Modigliani, ripreso da “Libero Pensiero”: proprio tutti i media, Repubblica compresa, hanno avuto un poderoso calo di introiti pubblicitari: «By Bye cara cupola mediatica. Crolla in Italia il mercato dell’editoria, dell’informazione e dell’ascolto televisivo...». Il testo di Cori Modigliani è basato sul rapporto ufficiale dell’Agenzia Nielsen, azienda leader nel settore. Ieri pomeriggio, davanti a Montecitorio, vi è stata una delle nuove iniziative del Movimento Cinque Stelle: Agora. Una manifestazione che vede convocati davanti alla piazza i cittadini cinque stelle che discutono essi stessi in piazza (agorà) le leggi che i parlamentari votano in parlamento... Curioso, come ieri non vi fossero i soliti media. Davvero strano... Eppure non pochi parlamentari cinque stelle sono usciti dal Palazzo, si sono seduti per terra, ed hanno illustrato ai cittadini la loro attività dentro il Palazzo. Quindi, è proseguito il dibattito fra i presenti... un dibattito, dove certo non è mancato il dissenso, come ad esempio sulla opportunità di invocare l’estensione della legge Mancino detta così impropriamente, ma in realtà opera di Taradash-Modigliani, su commissione di interessi lobbistici che ora tornano puntualmente in campo, con azioni mediatiche di supporto. Dicevamo, su una cosa tutti erano d’accordo: sulla natura e la funzione eufemisticamente disdicevole del quotidiano “La Repubblica”, che meriterebbe dalla Presidenza della Repubblica una reprimenda non meno severa di quella impartita oggi al quotidiano “Libero”, espressione della stessa Lobby i cui tentacoli si estendono a tutto il sistema mediatico italiano ed internazionale.
Per chi ha seguito i movimenti di truppe e i compiti assegnati agli “agenti” non è difficile collocare l’odierno attacco al medico Gianantonio Valli, un galantuomo, una persona per bene, colpita dalla recente perdita della moglie, a cui era legatissimo. Quella di “Repubblica” è una assoluta vigliaccata che fa parte di una serie premedita, che è un attacco alla libertà di tutti i cittadini, quelli comuni che incontriamo per le strade, il fornaio, il barbiere, il calzolaio, il medico di famiglia. Come diceva Pasolini, so tutto, ma non posso provare nulla. Si può citare il Guardian di qualche anno fa che parla di un reclutamento massiccio da parte delle Ambasciate di “operatori” a sostegno dell’immagine e degli interessi israeliani, soprattutto in Europa. Personalmente, resto ancora in attesa da parte di “Repubblica” degli adempimenti di legge per la pubblicazione delle rettifiche e smentite, a proposito di una grossolana menzogna più grande di una montagna. Chi è vittima di un torto subito è naturalmente e spontaneamente solidale con chi subisce analoghi torti. Da qui la mia immediata discesa in campo in difesa del medico, studioso di storia, a prescindere da ogni rapporto personale di stima ed amicizia.
Stessa ed identica tecnica che ormai ben conosciamo. Ancora una volta “Repubblica” fa una caricatura delle idee e opinioni altrui, legittime, in violazione del calpestato art. 21 della costituzione italiana, nonché della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e delle più recenti raccomandazioni agli stati per il rispetto della libertà di pensiero senza che venga aggirata dalle elucubrazioni memoriali. A proposito di quest’ultime recentemente lo storico Cardini ha osservato come con la prossima scadenza dei 70 anni per l’apertura degli Archivi di Washington e di Mosca proprio su Hitler e il nazismo gli storici si troveranno costretti a “rivedere” le loro conoscenze. Ho detto “rivedere”, giacché ogni storia che non sia propaganda o arte della calunnia e della demonizzazione del diversamente pensante non può che essere continua “revisione”, o è altrimenti inutile. Far capire ciò ai calunniatori di professione è pretendere l’impossibile. Di fronte alla malafede non esiste “dialogo” di sorta ed è ingenuo aspettarselo. Questo per dire, che in condizioni ordinarie di civiltà nessuna idea o opinione, vera presunta o falsamente attribuita e manipolata, può essere materia per una autentica “porcata” come quella che ci è capitata di leggere su “Repubblica”, ancora una volta. E non si troverebbe giudici disposti a dare copertura a queste mascalzonate, sentenziando ogni volta che si tratta di “diritto di cronaca”, pur in aperta violazione di criteri giurisprudenziali della “veridicità”, “pertinenza”, continenza. Infatti, a prima vista, non vi è nessuna “pertinenza” fra l’attività medica di un ambulatorio, quello di Valli, e quanto riportato dall’Articolista neppure degno di essere nominato: trasforma un ambulatorio, un normalissimo ambulatorio, in una biblioteca specializzata di demonologia. Sarebbe interessante scrivere un libro sulla giurisprudenza di questo regime, nel quale viviamo assai infelici, comparandola con la giurisprudenza di altri regimi. E non perché con questo ci si dichiari nostalgici di quei regimi nei quali hanno vissuto i nostri padri e nonni.
In altri miei post e interviste ho insistito sulla distinzione e contrapposizione fra “libertà di stampa” - in ispecie quella dell’articolista di Repubblica – e “libertà di pensiero” che è invece propria del medico Valli, che viene attaccato non in quanto “storico” ma in quanto “medico”, secondo una stessa identica tecnica più volte da me rilevata: se un calzolaio o un barbiere, durante l’esercizio del loro mestiere esprimono personali opinioni, condivisibili o meno, non vengono contestate le loro opinioni in quanto cittadini con diritto di avere delle opinioni, ma vengono colpisti onesti e diligenti lavoratori nel loro mestiere di calzolaio, barbiere, bigliettaio, commesso... insegnante... ricercatore... medico! Libertà di stampa e libertà di pensiero vengono spesso presentati come intercambiabili, quando la realtà odierna dimostra sempre più che sono opposti, grazie a questi giornali! A “Repubblica” è nei fatti lasciato libero il diritto di caricatura, falsificazione, denigrazione del dott. Valli, mentre il dott. Valli non avrà gli stessi identici mezzi per replicare e manifestare il suo “libero pensiero”, che potrà essere condivisibile o meno, ma che è un sacrosanto diritto costituzionale di ogni cittadino, un diritto che deve essere riconosciuto da tutti gli altri cittadini che si riconoscono nella costituzione in modo tanto più forte e deciso quanto più evidente è la sproporzione fra i mezzi di cui dispone il calunniatore, di gran lunga superiore, e quelli di cui dispone il calunniato, praticamente inesistenti, lasciando il cittadino, anche quella analfabeta, alla mercé dei potenti del regime. La professione giornalistica consiste ormai nella calunnia su commissione, nella certezza di trovare quasi sempre una magistratura compiacente e connivente: due poteri che si sostengono a vicenda.
Già scritto e commissionato, allo scopo di calunniare presso i suoi clienti un onesto e valente medico di famiglia, l’articolo odierno di Repubblica, di cui non diamo il link per non propagarne l’indecenza, trae avvio da una assoluta calunnia di un cosiddetto ricercatore, specializzato in ritagli di giornale da Repubblica, che poi come fonte autorevole cita il suddetto identico ricercatore, al quale il dott. Valle scrisse una ventina di garbatissime e dottissime lettere di replica, alle quali l’esimio ricercatore mai seppe rispondere. Al momento il testo online di Repubblica compare in automatico in una serie di aggregatori, che evidentemente fanno affidamento sulla fonte “Repubblica”, ma non ho potuto leggere nessuna replica dove sia possibile interagire. La risposta del “ricercatore” è stata probabilmente concertata con “Repubblica” che lancia una nuova battuta di caccia alle streghe. Di solito la cosa funziona con la ripresa della fonte da altri media e quindi con una “gogna” mediatica che ha bisogno sempre di nuova carne da triturare. La cosa pare sia nata da una di quelle normali telefonate, che Valli riceve in genere dai suoi clienti o da quanti in questo periodo lo chiamano per porgli le condoglianze per la grave perdita subita. E forse la perfidia ha previsto che il dott. Valli è ora particolarmente indifeso per il grave lutto privato che lo vede disarmato nel rispondere con facile replica e confutazione del calunniatore di turno, che si inventa o travisa quanto carpito telefonicamente da una persona di animo gentile, disponibile ed in buona fede. Questo tipo di informazione è vomitevole e sarà veramente una grande segno di maturità del popolo italiano il giorno in cui neppure una copia di questi giornali sarà acquistata in edicola. La tecnologia della comunicazione consente oggi di farne a meno, e soprattutto di licenziare, metaforicamente, a pedate nel sedere questo genere di giornalisti, sedicenti tali, che si guardano bene dal mostrare la loro faccia alle vittime designate. Tra un precario che lavoro ad un Call Center ed un giornalista che si attacca ad un telefono non vi nessuna differenza, eccetto che il primo resta un lavoro ingrato ma onesto ed il secondo non ha nulla di onesto. Ed in effetti non è raro scoprire che simili figuri non hanno nulla a che fare con l’informazione in senso professionale, intesa come etica giornalistica, ma possono essere figuri messi nel sistema mediatico per losche operazione, come nel caso di spie o agenti dei servizi, espressamente incaricati di manipolare l’informazione e di indurre in errore la cosiddetta “opinione pubblica”, che in realtà non esiste e si dovrebbe parlare più concretamente di una “opinione pubblicata” di qualche Betulla d’Italia o d’Israele.
Seguiremo comunque gli sviluppi di questa nuova campagna di stampa, ma consideriamo una buona notizia il fatto che gli investitori in pubblicità vadano sempre più disertando l’industria mediatica della diffamazione, che getta fango perfino sui loro prodotti commerciali reclamizzati – le ditte lo hanno capito! – e si sposta sul web, dove anche guadagniamo cifre minuscole, centesimali, simboliche. Agli introiti pubblicitari dovranno essere tolti i milioni che i giornali ricevono dal finanziamento pubblico. I cittadini accorti potranno accelerare il processo tenendosi lontani dalle edicole e lasciando i giornali al consumo interno delle loro redazioni e dei loro committenti e padroni. Se di una Liberazione abbiamo bisogno, occorre incominciare con il liberarsi di tutte le centrali della diffamazione, facendo seguire la liberazione dai loro supporter, committenti e manutengoli. L’informazione è certamente un bene prezioso e necessario, ma costoro non hanno nessun rapporto con l’informazione e perseguono fini che è poco definire criminali.
Stessa ed identica tecnica che ormai ben conosciamo. Ancora una volta “Repubblica” fa una caricatura delle idee e opinioni altrui, legittime, in violazione del calpestato art. 21 della costituzione italiana, nonché della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e delle più recenti raccomandazioni agli stati per il rispetto della libertà di pensiero senza che venga aggirata dalle elucubrazioni memoriali. A proposito di quest’ultime recentemente lo storico Cardini ha osservato come con la prossima scadenza dei 70 anni per l’apertura degli Archivi di Washington e di Mosca proprio su Hitler e il nazismo gli storici si troveranno costretti a “rivedere” le loro conoscenze. Ho detto “rivedere”, giacché ogni storia che non sia propaganda o arte della calunnia e della demonizzazione del diversamente pensante non può che essere continua “revisione”, o è altrimenti inutile. Far capire ciò ai calunniatori di professione è pretendere l’impossibile. Di fronte alla malafede non esiste “dialogo” di sorta ed è ingenuo aspettarselo. Questo per dire, che in condizioni ordinarie di civiltà nessuna idea o opinione, vera presunta o falsamente attribuita e manipolata, può essere materia per una autentica “porcata” come quella che ci è capitata di leggere su “Repubblica”, ancora una volta. E non si troverebbe giudici disposti a dare copertura a queste mascalzonate, sentenziando ogni volta che si tratta di “diritto di cronaca”, pur in aperta violazione di criteri giurisprudenziali della “veridicità”, “pertinenza”, continenza. Infatti, a prima vista, non vi è nessuna “pertinenza” fra l’attività medica di un ambulatorio, quello di Valli, e quanto riportato dall’Articolista neppure degno di essere nominato: trasforma un ambulatorio, un normalissimo ambulatorio, in una biblioteca specializzata di demonologia. Sarebbe interessante scrivere un libro sulla giurisprudenza di questo regime, nel quale viviamo assai infelici, comparandola con la giurisprudenza di altri regimi. E non perché con questo ci si dichiari nostalgici di quei regimi nei quali hanno vissuto i nostri padri e nonni.
In altri miei post e interviste ho insistito sulla distinzione e contrapposizione fra “libertà di stampa” - in ispecie quella dell’articolista di Repubblica – e “libertà di pensiero” che è invece propria del medico Valli, che viene attaccato non in quanto “storico” ma in quanto “medico”, secondo una stessa identica tecnica più volte da me rilevata: se un calzolaio o un barbiere, durante l’esercizio del loro mestiere esprimono personali opinioni, condivisibili o meno, non vengono contestate le loro opinioni in quanto cittadini con diritto di avere delle opinioni, ma vengono colpisti onesti e diligenti lavoratori nel loro mestiere di calzolaio, barbiere, bigliettaio, commesso... insegnante... ricercatore... medico! Libertà di stampa e libertà di pensiero vengono spesso presentati come intercambiabili, quando la realtà odierna dimostra sempre più che sono opposti, grazie a questi giornali! A “Repubblica” è nei fatti lasciato libero il diritto di caricatura, falsificazione, denigrazione del dott. Valli, mentre il dott. Valli non avrà gli stessi identici mezzi per replicare e manifestare il suo “libero pensiero”, che potrà essere condivisibile o meno, ma che è un sacrosanto diritto costituzionale di ogni cittadino, un diritto che deve essere riconosciuto da tutti gli altri cittadini che si riconoscono nella costituzione in modo tanto più forte e deciso quanto più evidente è la sproporzione fra i mezzi di cui dispone il calunniatore, di gran lunga superiore, e quelli di cui dispone il calunniato, praticamente inesistenti, lasciando il cittadino, anche quella analfabeta, alla mercé dei potenti del regime. La professione giornalistica consiste ormai nella calunnia su commissione, nella certezza di trovare quasi sempre una magistratura compiacente e connivente: due poteri che si sostengono a vicenda.
Già scritto e commissionato, allo scopo di calunniare presso i suoi clienti un onesto e valente medico di famiglia, l’articolo odierno di Repubblica, di cui non diamo il link per non propagarne l’indecenza, trae avvio da una assoluta calunnia di un cosiddetto ricercatore, specializzato in ritagli di giornale da Repubblica, che poi come fonte autorevole cita il suddetto identico ricercatore, al quale il dott. Valle scrisse una ventina di garbatissime e dottissime lettere di replica, alle quali l’esimio ricercatore mai seppe rispondere. Al momento il testo online di Repubblica compare in automatico in una serie di aggregatori, che evidentemente fanno affidamento sulla fonte “Repubblica”, ma non ho potuto leggere nessuna replica dove sia possibile interagire. La risposta del “ricercatore” è stata probabilmente concertata con “Repubblica” che lancia una nuova battuta di caccia alle streghe. Di solito la cosa funziona con la ripresa della fonte da altri media e quindi con una “gogna” mediatica che ha bisogno sempre di nuova carne da triturare. La cosa pare sia nata da una di quelle normali telefonate, che Valli riceve in genere dai suoi clienti o da quanti in questo periodo lo chiamano per porgli le condoglianze per la grave perdita subita. E forse la perfidia ha previsto che il dott. Valli è ora particolarmente indifeso per il grave lutto privato che lo vede disarmato nel rispondere con facile replica e confutazione del calunniatore di turno, che si inventa o travisa quanto carpito telefonicamente da una persona di animo gentile, disponibile ed in buona fede. Questo tipo di informazione è vomitevole e sarà veramente una grande segno di maturità del popolo italiano il giorno in cui neppure una copia di questi giornali sarà acquistata in edicola. La tecnologia della comunicazione consente oggi di farne a meno, e soprattutto di licenziare, metaforicamente, a pedate nel sedere questo genere di giornalisti, sedicenti tali, che si guardano bene dal mostrare la loro faccia alle vittime designate. Tra un precario che lavoro ad un Call Center ed un giornalista che si attacca ad un telefono non vi nessuna differenza, eccetto che il primo resta un lavoro ingrato ma onesto ed il secondo non ha nulla di onesto. Ed in effetti non è raro scoprire che simili figuri non hanno nulla a che fare con l’informazione in senso professionale, intesa come etica giornalistica, ma possono essere figuri messi nel sistema mediatico per losche operazione, come nel caso di spie o agenti dei servizi, espressamente incaricati di manipolare l’informazione e di indurre in errore la cosiddetta “opinione pubblica”, che in realtà non esiste e si dovrebbe parlare più concretamente di una “opinione pubblicata” di qualche Betulla d’Italia o d’Israele.
Seguiremo comunque gli sviluppi di questa nuova campagna di stampa, ma consideriamo una buona notizia il fatto che gli investitori in pubblicità vadano sempre più disertando l’industria mediatica della diffamazione, che getta fango perfino sui loro prodotti commerciali reclamizzati – le ditte lo hanno capito! – e si sposta sul web, dove anche guadagniamo cifre minuscole, centesimali, simboliche. Agli introiti pubblicitari dovranno essere tolti i milioni che i giornali ricevono dal finanziamento pubblico. I cittadini accorti potranno accelerare il processo tenendosi lontani dalle edicole e lasciando i giornali al consumo interno delle loro redazioni e dei loro committenti e padroni. Se di una Liberazione abbiamo bisogno, occorre incominciare con il liberarsi di tutte le centrali della diffamazione, facendo seguire la liberazione dai loro supporter, committenti e manutengoli. L’informazione è certamente un bene prezioso e necessario, ma costoro non hanno nessun rapporto con l’informazione e perseguono fini che è poco definire criminali.
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