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Non ho seguito né mai mi sono interessato alle vicende processuali in questione. La mia attenzione è venuta dopo, a pena scontata. Nella mia memoria si erano impresse le parole di Marco Pannella, che a sua volta riprendeva un giudizio del rabbino Elio Toaff. Se la memoria non mi inganna, suonava all’incirca così nel suo senso: lo hanno condannato, abbiamo ottenuto la soddisfazione giudiziaria che volevamo, quindi lasciamolo morire in pace. Ed eccolo il punto: non lo si vuol lasciar morire in pace, anche se tarda a morire, giungendo a... “festeggiare” – lo si può dire? – i cento anni di vita, un traguardo che ognuno di noi desidererebbe raggiungere e che sempre suscita sentimenti di pietà negli altri.
Uno dei motivi sui quali la Lobby imbastì contro di me un attacco mediatico, per il quale pende ancora la mia causa donchisciottesca contro Repubblica, dopo essere stato assolto in sede amministrativa, fu il mio giudizio su un accanimento per me incomprensibile contro una persona assai anziana, che ritenevo avesse scontato la sua pena. Che di una stessa trama si tratti lo dimostra il “caso” Valli che abbiamo seguito per ultimo ed il mio stesso “caso,” del 2009, che ha dato avvio alle mie ricerche, al mio Osservatorio. Per restare alla sortita odierna del nostri “amici”, mi limito a dire che avendo studiato un poco di diritto penale, so che nel nostro sistema la pena deve tendere alla “rieducazione” e che comunque, scontata la pena, giusta o ingiusta che fosse, il “reo” ha pagato alla società tutto il suo debito. Ed inoltre la società è tenuta a cooperare, accogliendolo e consentendogli una vita normale, alla “rieducazione” del cittadino che è ritornato in libertà ed a poter fare uso di una libertà che gli è stata restituita.
Non ho seguito né mai mi sono interessato alle vicende processuali in questione. La mia attenzione è venuta dopo, a pena scontata. Nella mia memoria si erano impresse le parole di Marco Pannella, che a sua volta riprendeva un giudizio del rabbino Elio Toaff. Se la memoria non mi inganna, suonava all’incirca così nel suo senso: lo hanno condannato, abbiamo ottenuto la soddisfazione giudiziaria che volevamo, quindi lasciamolo morire in pace. Ed eccolo il punto: non lo si vuol lasciar morire in pace, anche se tarda a morire, giungendo a... “festeggiare” – lo si può dire? – i cento anni di vita, un traguardo che ognuno di noi desidererebbe raggiungere e che sempre suscita sentimenti di pietà negli altri.
Accanirsi contro un centenario, qualunque sia stata la sua vita, ed avendo per giunta scontato presso il giudice terreno le colpe di cui era imputato, non corrisponde alla mia educazione cattolica, almeno quella preconciliare, essendomi oscura l’evoluzione postconciliare. Non vedo nulla di eticamente buono nell’accanimento, che ravviso nel Corriere della Sera, uno, anzi il primo dei grandi quotidiani italiani, dove la stessa Lobby può trovare di volta in volta “pezzi” sui temi di loro interesse. Pensano in questo modo di essere l’«opinione pubblica», ovvero di rappresentare o condizionare l’«opinione pubblica», magari ripresa, citando lo stesso “pezzo di carta”, da qualche Loro parlamentare (ne hanno tanti!)... Oh, potenza delle Lobbies e disgrazia d’Italia, di quei tanti che non hanno santi in paradiso, in quel di Montecitorio e vicini Palazzi.
All’epoca vi fu anche un giornalista del Corriere, che dopo il colpo di Repubblica, voleva fare il bis sul Corsera. Allora avevo tanti che mi stavano addosso ed è difficile difendersi contro una intera muta di cani, anzi di sciacalli. Ad uno ad uno, si può anche farcela, ma contro tutti insieme anche un leone soccombe ad un branco di iene. Di questo individuo, la cui faccia vorrei qualche volta vedere, o forse è meglio non vederla, ricordo al telefono l’ostinazione con la quale voleva farmi dire non ciò che io effettivamente pensavo, e tentavo di spiegargli, ma ciò che lui voleva io pensassi e gli dicessi... Dopo i primi attacchi canini non mi fu difficile capire il gioco di questo «signore» che si presentava come “giornalista”. Gli intimai tassativamente una diffida, che lui aggirò scrivendo un articolo che più denigratorio ed offensivo non poteva essere... Non feci nulla allora e la partita resta ancora aperta.
Sto mescolando esperienze personali e osservazione di una pratica giornalistica, le cui trame ormai ben riconosco ogni volta che si ripresentano su materie solo in apparenza distinte e scollegate. Non si tratta di informazione che nasce su una notizia del giorno, ma esattamente di una “trama” mediatica che ha dietro di sé una pluralità di soggetti collegati, una “associazione” alla quale nessun giudice – anche lui probabile soggetto della stessa trama – va a contestare il classico “reato associativo”, come sta avvenendo in questi mesi, con salti da Bolzano a Lecce e collegando persone del tutto ignare l’una dall’altra. Questi signori considerano la carta stampata, ormai “carta straccia” secondo Giampaolo Pansa, e le televisioni, come una cosa loro, dove hanno i loro uomini e dove possono attuare quanto si trova enunciato nel principio:
Ma non vogliamo andare per le lunghe in queste nostre riflessioni del tutto estemporanee. Non abbiamo intenzione di scrivere un libro, un lungo libro, che poi nessuno ha il tempo di leggere, sempre che ne avesse l’interesse e la voglia.
Nel pezzo collocato sul Corriere della Sera, e commentato dalla Lobby, si parla di “pentimento” e di “perdono”. Se il mio catechismo non si è del tutto oscurato il pentimento sta ad indicare una posizione della coscienza, certamente libera, davanti a Dio e ai suoi comandamenti. Il “perdono” ha poi poco senso, quando si è scontata o si sta scontando la pena che un giudice terreno ha inflitto... Perdono di chi a chi?... Per il giudice divino, che potrebbe perfino ribaltare il responso del giudice terreno, bisogna aspettare i tempi tecnici, anche se 100 anni sono già tanti e la Provvidenza non pone limiti...
Insomma, io penso di poter confermare il mio giudizio secondo cui in questo accanimento non vi è “giustizia”, ma una “vendetta persecutoria” sulla quale – per quelli che ci credono – la giurisdizione compete al Giudice Divino. Ripeto: non mi sono mai interessato delle carte processuali, non prendo posizione al riguardo, ma mi baso su un giudizio etico che prescinde da ogni merito della causa. Tuttavia trovo ben strano l’Addebito se – come ha fatto il matematico Odifreddi – posto in confronto, ad esempio, un solo esempio fra innumerevoli noti e ancora ignoti, con “Piombo Fuso” dove le vittime, non meno innocenti, ascrivibili agli Eredi delle Vittime, sono enormemente maggiori. Nessun Tribunale è stato costituito e nessun processo avviato per oltre un migliaio di vittime, di cui centinaia bambini e loro madri. Per non dire poi della grande “pulizia etnica” avvenuta in Palestina nel 1948, narrata e divulgata da Ilan Pappe, che ha dovuto lasciare il suo paese per aver detto quella “Verità”, di cui ben sappiamo che esiste, anche se non la si può dire e non ce la lasciano dire.
Attraverso giornali, associazioni come l’AIPAC, che hanno in Italia i loro equivalenti, e quanto altro, questi signori sono più che convinti di poterci costringere, con le buone o le cattive, a pensare ciò che loro vogliono noi pensiamo. Ad assumere il pieno controllo delle nostre menti e dei meccanismi individuali di ideazione, dall’infanzia alla estrema vecchiezza. I “diritti umani” che si dice di voler rispettare da una parte vengono poi clamorosamente violati e disattesi dall’altra, e grazie ai media, questi media, senza nessuno che rilevi la contraddizione. Non esiste più l’uomo libero di pensare, nel bene o nel male, ma un suo simulacro, coniato dal Governo o meglio da chi sta al Governo o ancora meglio dietro ai Governi che si succedono come in uno spettacolo di burattini.“Governare equivale non a dire la verità, ma a far credere e a convincere gli altri di pensare quel che si vuole”
Ma non vogliamo andare per le lunghe in queste nostre riflessioni del tutto estemporanee. Non abbiamo intenzione di scrivere un libro, un lungo libro, che poi nessuno ha il tempo di leggere, sempre che ne avesse l’interesse e la voglia.
Nel pezzo collocato sul Corriere della Sera, e commentato dalla Lobby, si parla di “pentimento” e di “perdono”. Se il mio catechismo non si è del tutto oscurato il pentimento sta ad indicare una posizione della coscienza, certamente libera, davanti a Dio e ai suoi comandamenti. Il “perdono” ha poi poco senso, quando si è scontata o si sta scontando la pena che un giudice terreno ha inflitto... Perdono di chi a chi?... Per il giudice divino, che potrebbe perfino ribaltare il responso del giudice terreno, bisogna aspettare i tempi tecnici, anche se 100 anni sono già tanti e la Provvidenza non pone limiti...
Insomma, io penso di poter confermare il mio giudizio secondo cui in questo accanimento non vi è “giustizia”, ma una “vendetta persecutoria” sulla quale – per quelli che ci credono – la giurisdizione compete al Giudice Divino. Ripeto: non mi sono mai interessato delle carte processuali, non prendo posizione al riguardo, ma mi baso su un giudizio etico che prescinde da ogni merito della causa. Tuttavia trovo ben strano l’Addebito se – come ha fatto il matematico Odifreddi – posto in confronto, ad esempio, un solo esempio fra innumerevoli noti e ancora ignoti, con “Piombo Fuso” dove le vittime, non meno innocenti, ascrivibili agli Eredi delle Vittime, sono enormemente maggiori. Nessun Tribunale è stato costituito e nessun processo avviato per oltre un migliaio di vittime, di cui centinaia bambini e loro madri. Per non dire poi della grande “pulizia etnica” avvenuta in Palestina nel 1948, narrata e divulgata da Ilan Pappe, che ha dovuto lasciare il suo paese per aver detto quella “Verità”, di cui ben sappiamo che esiste, anche se non la si può dire e non ce la lasciano dire.
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