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Ho notato che fino a questo momento la notizia non è rimbalzata nelle televisioni o in qualche interrogazioni parlamentare o in dichiarazioni di politici. Per quel che mi riguarda quando orchestrarono analoga operazione nei miei confronti ricordo e racconto sempre con grande spasso del governatore Marrazzo che avrebbe voluto “guardarmi negli occhi”, ma poi in non meno di 24 ore ho potuto io vedere lui che nascondeva la sua faccia davanti agli stessi giornalisti a cui il giorno prima aveva rilasciato incaute dichiarazioni nei miei confronti. Insomma, posso dire per ragioni strettamente personali di aver studiato la tecnica, la regia, i personaggi e che ora vedo ripetersi l’identico ai danni di un onestissimo medico di paese. Non hanno fantasia e si ripetono identici, offrendo essi stessi la prova della macchinazione e manipolazione.
La tecnica è chiara. Un grande quotidiano è come una agenzia di stampa. Viene cioè considerato esso stesso “fonte” di una notizia, a cui tutti gli altri attingono per il valore che in astratto e senza verifica attribuiscono al quotidiano, che magari i fatti semplicemente li crea e se li inventa di sana pianta, trovando ahimé chi è disposto a bere. E che un quotidiano come “Il Corriere della Sera” o “La Repubblica” può prestarsi a operazioni di bassa lega? Basta il nome! Così dicono i ripetitori della notizia, che vanno tranquilli. Pensano: se qualcuno mi obietta qualcosa, io indico la mia fonte in Repubblica, che è la testata in generale ma poi in concreto è il singolo personaggio che infila il pezzo nel calderone. Se poi si va ad indagare sull’articolista non è escluso che se ne scoprano delle belle, ma noi qui non possiamo dare verbo ai nostri sospetti. Invitiamo chi legge a dare piena libertà alla loro fantasia.
Gli “occhi” di Piero Marrazzo |
Sarà interessante seguire e prevedere gli sviluppi. La cosa è passata in facebook, un grande letamaio, dove ho tuttavia un account ma di cui mi servo il meno possibile, essendo uno strumento assai infido. Senza intervenire oltre in quello spazio farò qui l’analisi e il commento degli interventi più rilevanti. L’esordio è stato il “busto” di Hitler che sembra essere il principale capo di imputazione. Qualcuno ha osservato che non si chi aveva invece un busto di Stalin... Credo che il medico ne avesse anche lui uno di Stalin, ma non nell’ambulatorio, bensì nel suo studio privato, cioè nella casa dove abita e che in parte adibisce anche ad Ambulatorio, essendo strettamente separati i due ambienti. Di pagine facebook scopro che ve ne sono più d’una. Questa è gestita sembrerebbe direttamente da Repubblica, che dunque persevera nella condotta calunniosa. Anche se il fuoco di artiglieria è impari, si trova però on line qualche voce di contrasto, come il quotidiano Rinascita, che apre pure su una pagina fb.
Ad un dipresso la cosa sarebbe andata così, secondo le prime ricostruzioni. Ognuno di noi riceve ogni giorno telefonate dai call center: spesso ti invitano a cambiare gestore telefonico, ma ti offrono anche bottiglie di vino e di olio, fantastici viaggi assolutamente gratuiti... Si risponde in modo cortese o scortese, a seconda del proprio temperamento e del grado di disturbo che si riceve. Una di queste telefonate giunge dall’articolista di Repubblica, che con ogni evidenza aveva già pronto il pezzo ed il committente. Bisognava però procurarsi uno straccio di intervista. La telefonata – non è la prima volta – serve per poter far credere che si è fatta una intervista.
Non risulta però che l’articolista abbia messo piede nello studio del medico, nel suo ambulatorio e che abbia visto le cose che dice. Non risulta in nessun modo l’effettivo contenuto della telefonata. Che cosa abbia chiesto l’articolista al medico, come egli si sia presentato e cosa volesse, né se abbia ricevuto autorizzazioni a pubblicare interviste mai concesse. Soprattutto non si capisce cosa il Telefonista volesse dal medico. Se voleva scrivere quel che ha scritto, idiozie prima ancora che calunnie, non poteva certo pretendere di esserne pure autorizzato... A questo punto diventa evidente che si tratta di una operazione di bassa lega, che deve avere necessariamente un committente e che deve prestarsi a scopi che non sono quelli dell’informazione, ma che al contrario con l’informazione su una “non notizia” non hanno nulla a che fare... A proposito, per chi viaggiasse durante le vacanze dalle parte di Taormina è possibile acquistare busti in pietra lavica dei più disparati personaggi... Io credo di averne comprato uno, piccolo, di Mussolini, ma se ne avesse trovato una intera collezione di personaggi storici ne avrei comprati parecchi, per arredare determinati ambienti... Ovviamente, si tratta di un commercio del tutto lecito, alla luce del sole, e non è configurata nessuna fattispecie di reato... Un mio conoscente mi ha fatto vedere nella sua camera da letto, al posto del crocefisso, un pesantissimo ritratto in cemento di... Stalin. Io non ebbi nulla da obiettare su Stalin, ma espressi il mio timore per un eventuale cedimento del pesantissimo ritratto in cemento, cosa che avrebbe significato una morte certa che chi vi dormiva sotto...
Dunque, per ritornare a bomba, al nostro medico non è imputato di avere sbagliato qualche diagnosi, di aver somministrato male qualche farmaco, di aver trascurato i suoi pazienti, di aver commesso la benché minima infrazione della deontologia medica. Si badi: il dott. Valli è chiamato in causa come medico e in quanto medico, non come giocatore di golf o di tresette nel bar del paese, o per qualche debito e rissa di gioco, ma unicamente in quanto medico, al quale si imputa – secondo quel che si legge – di avere in casa il busto di un personaggio storico. È vero poi che il medico Valli, non in quanto medico, ma in quanto cittadino ebbe a partecipare ad una manifestazione in favore del legittimo governo siriano, dove pronunciò anche un intervento. E fu quella la causa degli attacchi che ebbe a ricevere a nome di un sedicente ricercatore di un istituto che fruisce di 300.000 euro dalle tasche dei contribuenti... Ma questa è un’altra storia. A questo ricercatore il dott. Valli, che si diletta di storia e filosofia, scrisse 20 garbatissime e dottissime lettere in replica a superficialissimi giudizi liquidatori del “ricercatore Gatti”, forse collega dell’articolista di “Repubblica”, o meglio del collocatore del pezzo su Repubblica, che somministra un attacco mediatico, di cui appunto stiamo seguendo il decorso mediatico. Almeno questo calunniatori fossero in grado di argomentare le loro calunnie e demonizzazioni, ma è vano sperarlo: lanciano il fango e ritraggono la mano, un fango che però ritorna al mittente.
Infatti, per quanto abbiamo potuto accertare nello studio ambulatorio del dott. Valli non si trova nessun busto di chicchessia. Per citare ancora Warburton, Libertà di parola, p. 6: «La libertà di parola non è questione che si riferisce a una conversazione privata o a un soliloquio davanti allo specchio in bagno...». La libertà di “parola” che può essere anche una fascia nera al braccio ha bisogno della sfera della pubblicità e non ha senso parlare di libertà di parola in uno spazio del tutto privato. Possedere un busto di chicchessia non è di per sé un reato, anche se il busto può avere in sé un significato, ma lo è ancora di meno se questo busto è conservato in uno spazio interamente privato. Quindi, l’articolista di Repubblica che sull’esistenza di un busto nell’ambulatorio orchestra la sua campagna non solo afferma il falso, ma contesta indebitamente l’altrui libertà di parola e viola la sua privacy: tre reati in uno: falsità materiale, violazione dell’altrui libertà di espressione, violazione della sua privacy. Costui non ha nulla a che fare con la professionale giornalistica e con il “diritto di cronaca”. Se anche il dott. Valli possedesse nella sua abitazione privata una collezione di foto pornografiche, o dipinti di nudi femminili, la cosa non costituisce alcuna forma di reato, al parti di coltelli, bicchieri e suppellettili di ogni genere. L’intento e la trama diffamatoria appare evidente, ma pare altrettante evidente che non può trattarsi dell’accanimento di un Tizio che non pare abbia consuetudine alcuna con la deontologia giornalistica. Dietro vi sono soggetti, interessi, ambienti, associazioni, organizzazioni che non è difficile immaginare chi e quali siano. Chiamatelo pure complottismo: non ci offendiamo.
Dunque, per ritornare a bomba, al nostro medico non è imputato di avere sbagliato qualche diagnosi, di aver somministrato male qualche farmaco, di aver trascurato i suoi pazienti, di aver commesso la benché minima infrazione della deontologia medica. Si badi: il dott. Valli è chiamato in causa come medico e in quanto medico, non come giocatore di golf o di tresette nel bar del paese, o per qualche debito e rissa di gioco, ma unicamente in quanto medico, al quale si imputa – secondo quel che si legge – di avere in casa il busto di un personaggio storico. È vero poi che il medico Valli, non in quanto medico, ma in quanto cittadino ebbe a partecipare ad una manifestazione in favore del legittimo governo siriano, dove pronunciò anche un intervento. E fu quella la causa degli attacchi che ebbe a ricevere a nome di un sedicente ricercatore di un istituto che fruisce di 300.000 euro dalle tasche dei contribuenti... Ma questa è un’altra storia. A questo ricercatore il dott. Valli, che si diletta di storia e filosofia, scrisse 20 garbatissime e dottissime lettere in replica a superficialissimi giudizi liquidatori del “ricercatore Gatti”, forse collega dell’articolista di “Repubblica”, o meglio del collocatore del pezzo su Repubblica, che somministra un attacco mediatico, di cui appunto stiamo seguendo il decorso mediatico. Almeno questo calunniatori fossero in grado di argomentare le loro calunnie e demonizzazioni, ma è vano sperarlo: lanciano il fango e ritraggono la mano, un fango che però ritorna al mittente.
Nigel Warburton |
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