giovedì 24 gennaio 2019

Quale popolo? Quale sovranità? - Una recensione di Teodoro a Rinaldi.


Pubblico di seguito una recensione di Teodoro al libro di Rinaldi, di cui una presentazione è stata fatta alla Libreria Hora Felix, su cui avevo creato un evento MeetUp... Aggiungo qualche parola... Ci volevo andare, ma poi ha vinto la pigrizia ed anche volevo evitare una polemica personale con Rinaldi, di cui non mi ha soddisfatto la risposta che mi aveva dato in un precedente dibattito, in cui si presentava l'ultima libro di Nino Galloni... Rinaldi non aveva capito il mio intervento e meno che mai ha seppe rispondere a una domanda che mi chiese di fargli. E gliele la feci la domanda: cosa è una costituzione? Mi miede una risposta che non avrei accettato neppure da uno studente. Su questa materia, sui concetti di costitizione, popolo, stato, sovranità, sul concetto stesso del politico, per me le risposte sono quelle date da Carl Schmitt, e non ne conosco altre che meglio definiscono l'oggetto. Qualche decennio fa, un collega tedesco, insigne docente di filosofia del diritto, venuto alla mia facoltà, pensava di essere all'avanguardia, spiegando il concetto di sussidiarità... La Grecia non fa bene i suoi compiti? Interviene l'Europa! Ed abbiamo visto come... I cittadini greci semplicemente non esistono più: ne hanno fatto pulizia etnica, riducendolo alla condizione di sguatteri... In pochi decenni non esisterà niente che possa chiamarsi "popolo greco". Ne hanno distrutto tutti gli attributi dell'identità... Già! Una "identità” non deve esistere, non deve esserci in Europa nessuna identità dei popoli!... Diceva il collega tedesco: Schmitt non è più attuale! Siamo in Europa e vige il principio di sussidarietà: se non fai quel che ti dico, subentro io, anche con il “colpo di stato", come minacciò di fare in Grecia la Nuland, se tutti i greci non si fossero messi in ginocchio, calando i pantaloni... In Portogallo lo hanno giù fatto, spontaneamente, e si sono venduti tutti... Quello che avevo cercato di far capire al televisivo Rinaldi era che un paese uscito da una disfatta bellico mai avrebbe potuto darsi una costituzione vera, in senso proprio, in senso schmittiano come decisione politica fondamentale sulla forma e la specie della propria esistenza ed unità politica, quindi sulla forma di stato... Meglio la si sarebbe chiamata Legge Fondamentale, caratterizzata da una procedura aggravata per la sua modifica... Dissi a Rinaldi, che non lo capì, ciò su cui il liberale Teodoro Klitsche de la Grange spesso ritorna nelle nostre private conversazione: in realtà, la nostra costituzione fu dettata a Yalta... E Rinaldi, il Televisivo, che ti scuote la testa, e che alla domanda su cosa è una costituzione ti risponde peggio di una studente, con una banalità priva di qualsiasi barlume di riflessione: "i principi generali di organizzazione dello Stato...”. Rinaldi il televisivo pensa di essere un Rivoluzionario... nei talk show, dove ormai lo chiamano sempre e dove ci sta ben volentieri... in attesa di qualche incarico governativo... Insomma, questi sono gli Uomini che abbiamo sulla piazza, i nostri Capitani, ma diamo la parola a Teodoro, più di me capace di un equilibrato giudizio:
AC
Antonio Maria Rinaldi 
 La Sovranità appartiene al popolo o allo spread?
www.aliberticompagniaeditoriale.it
Reggio Emilia, pp. 143, € 9,90

Questo libro è scritto da Rinaldi in collaborazione con gli altri autori di “Scenari Economici”. Una cospicua parte del libro consiste in contributi (2015-2018) di Paolo Savona sull’euro e sulla nomina dello stesso a ministro del governo Conte. Rinaldi ricorda che “Le scuole economiche italiane, oggi, sono quasi tutte egemonizzate dai bocconiani. Mediocri e ridicoli apprendisti stregoni nel neoliberismo e del rigore. Non dimentichiamoci che questi signori ci hanno regalato Monti e il montismo”; di converso “Questo è un libro al disperato inseguimento della realtà. Disperato, perché in questo Paese sostenere temi economici e politici controcorrente rispetto al main-stream porta a essere bollati con i più svariati epiteti, nessuno dei quali lusinghiero”; malgrado ciò l’obiettivo principale degli autori “è sempre stato quello di vedere veramente attuata la Costituzione in particolare la costituzione economica … Purtroppo l’adesione “distratta” ai Trattati europei da parte di una classe politica che non ha mai compreso in pieno gli effetti di cosa stava facendo in Europa, non ha consentito che quella parte così importante e fondamentale della Carta venisse rispettata”. Poi tutto è cambiato: il pensiero conformista, prono alle élite xenodipendenti (Monti e successori) è stato ridimensionato radicalmente dalle elezioni del 4 marzo. E tesi come quella sostenuta dagli autori sono state sdoganate per decisione popolare.
Sarebbe lungo seguire gli autori nei loro brillanti articoli sui vari aspetti della questione: rinviamo il lettore al libro.
Ma su un paio di temi, generali, occorre intrattenersi.

Il primo è la sovranità: che appartenga al popolo è scritto nella Costituzione, tanto sbandierata quanto interpretata ad usum delphini dall’élite e dai giuristi di regime. E quindi la domanda – titolo del saggio è retorica e provocatoria. Aggiungiamo noi che un patriota (a cominciare dagli uomini del Risorgimento) l’avrebbe giudicata un raggiro dello straniero e di italiani abituati a servirlo. Ma c’è di più: dalla cultura dell’ancien regime non è stata messa da parte solo la sovranità del popolo italiano, ma lo stesso concetto di sovranità.
Quanto al primo aspetto non potendosi negare il principio dell’art. 1 (la sovranità appartiene al popolo) se ne sono implementati (dalle élite)  limiti, deroghe ed eccezioni, a cominciare dall’art. 1 stesso con l’esaltare “forme e limiti” costituzionali entro i quali il popolo esercita la sovranità, proseguendo con l’obbligo di conformarsi “alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute” (art. 10), alle limitazioni di sovranità necessarie ad una giusta pace tra le nazioni (di solito si omette di ricordare “in parità con gli altri Stati” - art. 11) e così via. Nel pensiero moderno invece, la sovranità ha il carattere di essere assoluta, cioè di non conoscere limiti, al contrario di tutti gli altri poteri pubblici (tra i tanti V. E. Orlando e Romagnosi); di consistere in un volere sopra lo Stato e il diritto (Sieyès e Von Seydel), onde Stato e diritto (comprese forme, limiti ecc. ecc.) sono tali finchè il Sovrano non esercita il potere morfopoietico abolendo, riformando, abrogando, ecc.; il diritto internazionale si regge sul principio di parità giuridica tra gli Stati par in parem non habet jurisdictionem (v. A. Gentile e Vattel tra i tanti) e così via. Tutte concezioni alla base dello jus publicum europaeum, e gelosamente occultate e ridimensionate dalle élite e dai loro giuristi.
Quanto al secondo aspetto eliminare la sovranità è come pensare di abolire la legge di gravità, o comunque una qualsivoglia legge (o fatto) di natura.
Perché significa cancellare dal mondo il presupposto del comando-obbedienza, fondamento di ogni comunità politica. Ideologie moderne (dal marxismo collassato al pluralismo all’economicismo radicale) lo credono. Ma non risulta al mondo chi vi siano comunità senza comando e senza che alcuni (o pochi) esercitino il potere su tanti. Quando non è all’interno, la sovranità, il cui nocciolo duro consiste nell’unione di un potere di fatto e di un potere di diritto, c’è dall’esterno. Il sovrano c’è (sempre), ma non è il popolo, ma qualcun altro che popolo non è (Stati, multinazionali, poteri forti, chiese): e perfino lo Spread di cui al titolo. E che teme la sovranità del popolo perché è alternativa alla propria. Come scrive Rinaldi il gruppo degli autori “ha solo sostenuto che è la Terra che gira intorno al Sole e non viceversa. Come Galileo Galilei”; hanno demolito gli idola (le derivazioni paretiane) al servizio di precisi interessi.
E se un libro come questo porterà ad un crescere della consapevolezza del dovere dei governanti di fare gli interessi della comunità politica; che la politica serve a questo e che, come scriveva Friederich List l’economia politica è quella che li persegue mentre quella di A. Smith e Say era economia cosmopolitica, il popolo italiano avrà tanto da guadagnare.

Teodoro Klitsche de la Grange

Dalla Francia in Rivolta con preghiera di massima divulgazione: «Direttamente dai giubbetti gialli»!

Ho ricevuto ieri sera, ed accolgo la richiesta, ma non con un mero copia ed incolla... cosa che non faccio mai. Cerco sempre di dare un valore informativo e riflessivo in aggiunta... Qui il pensiero mi corre ai primi tempi del Movimento Cinque Stelle, quando i partitit erano tutti implosi e si cercava qualcosa di nuovo... Ad una di queste prime riunioni ebbe una intuizioni e una proposta no dico geniale, ma che oggi mi sembra quanto mai giusta... Avessimo seguito quella strada, in ogni paese d'Europa!

Il Movimento pacifico e non violento di occupazione delle piazze, doveva essere coniugato con il sistema della rappresentaza politica... Il popolo doveva stare in permanenza attendato in ogni piazza d'Italia, e i «Portavoce» (oggi: del cavolo!) dovevano fare la spola fra i consigli comunali e municipali, regionali e nazionali parlamentari...

Tutto questo è stato tradito!
Perché nel nostro decreto sicurezza hanno messo una norma che commina fino a sei anni di carcere per un blocco stradale? Chi si vuole colpire?
Salvini cosa è andato a fare in Israele?
Chi crede di infinocchiare con il blocco dei porti di arrivo quando non va a toccare i porti e le cause della partenza? E chi più di Israele è causa di questo fenomeno?

Salvini, se mi senti, che fine ha fatto la promessa di abrogazione della Legge Modigliani-taradash-Mancino?

La nostra libertà di pensiero, di espressione, di ricerca, di insegnamento, di critica politica a chi e a quanto l'avete venduta?

Mi dispiace, ma l'inganno è finito!
Iddio ci salvi! Siamo nelle mani della Provvidenza, che ci aiuta nella misura in cui siamo capaci di resistere, resistere, resistere, per poter continuare ad esistere, esistere, esistere. Con la vostra viltà, corruzione, tradimento state portando il mondo verso una guerra globale nucleare quale l'Umanità non ha mai visto. Vi è il concreto rischio che questa sia l'Ultima guerra dell'Umanità, per il semplice fatto che dopo non potrà esservene più un'altra.

Civium Libertas

 Direttamente dai giubbetti gialli
DIVULGALO PER FAVORE
SUSANNA PACCIONE:

Twitter - Gruppo VK.
Buongiorno, vi scrivo dalla Francia dove sono immigrata dall’Italia nel 99. Sono una delle portavoci dell’insurrezione dei gilets jaunes, in Dordogna.

Abbiamo bisogno del vostro aiuto, dell’aiuto di tutti. Dico insurrezione perché non si tratta più né di movimento né di manifestazione sociale, questi stadi sono già superati da un pezzo.

Abbiamo a che fare con un potere esecutivo sordo ad ogni rivendicazione e che tenta di risolvere un problema politico con la repressione violenta.

Contiamo oramai più di mille feriti e 12 morti, centinaia di gente arrestata, tribunali in panne e non molliamo. Sabato prossimo, verremo trattati come hooligans, ritireranno fuori i blindati e continueranno a picchiare selvaggiamente vecchi e donne, a ferire mortalmente liceali, a gasare bambini.

Questo mio post serve a far passare un solo ed unico messaggio:

La violenza di cui vi fanno parte i media francesi é diventata disgraziatamente l’unica risposta umanamente possibile di fronte alla reazione del governo.

Questo post é una bottiglia gettata in mare, spero il messaggio sia colto, letto e capito. Sono incaricata dal mio gruppo di contattarvi oltralpe per trasmettere quella realtà che tentano di nascondere senza alcuna vergogna.

Resto a vostra disposizione per altri chiarimenti, testimonianze, prove irrefutabili. Grazie

Abbiamo iniziato ad occupare, ognuno nel proprio villaggio o città un punto nevralgico perché il governo aveva deciso di aumentare la tassa sulla benzina per finanziare la transizione ecologica, il che non era vero.

Insomma, Macron ha mentito e ha iniziato ad essere insultante (siamo ignoranti, fumatori di sigarette che circolano con macchine inquinanti). La realtà è che sono mesi che ingoiamo rospi mostruosi (regali di milioni di euro a chi non ne ha bisogno e un trattamento fiscale allucinante per i più demuniti).

Dunque abbiamo continuato a ritrovarci, a parlare tra noi e con le persone che passavano. Ci siamo resi conto che la popolazione era ai ferri corti.

Anziani costretti a lavorare a 73 anni, madri che decidevano di non scaldare più la casa per comprare cibo piuttosto che elettricità… vi passo i dettagli, si piangeva ogni giorno davanti a situazioni insostenibili.

Il 24 novembre molti di noi sono montati a Parigi. Pensavamo che sarebbe stato sufficiente essere numerosi per essere ascoltati. La sera stessa, abbiamo visto i tg mentire senza pudore sulle cifre; eravamo quattro gatti.

Quelli che erano montati a Parigi si erano fatti bastonare dai CRS, erano traumatizzati sopratutto le signore di una certa età.

Abbiamo preparato l’atto secondo, l’uno dicembre. Stavolta gli anziani sono restati e sono saliti a Parigi gente più giovane.

La polizia ha controllato l’identità di chiunque voleva manifestare; chi mostrava i documenti è stato bloccato sui champs élysées come in una fan zone dalla quale non hanno potuto muoversi e quelli che non si sono sottomessi al controllo d’identità, perché non si è mai sentita una cosa del genere per manifestare, sono stati bloccati all’arco di trionfo e si sono fatti massacrare tutta la giornata. a questo punto le immagini violente hanno iniziato a circolare, ma si trattava di gente disarmata, che ha tentato di difendere la fiamma del soldato ignoto cantando la marsigliese, i black blocs fanno cosi?

Il giorno dopo, la gente piangeva per strada, è dura quando ti rendi conto che non sei più in democrazia; gli anziani che avevano già vissuto la resistenza tremavano di rabbia.

I liceali hanno raggiunto il movimento due giorni dopo ed è stato un massacro, ragazzini sfigurati, occhi saltati, mani strappate dai flashball.

Macron ha dato ordine di sparare sul suo popolo.

Con la collaborazione delle televisioni che non fanno altro che diffondere immagini troncate. In sostanza, qui ci si chiede perché un governo che deve per forza conoscere le vere cifre dei simpatizzanti al movimento ( e siamo migliaia) tenti di provocare a tutti i costi una reazione violenta.

Il 31 dicembre i suoi auguri di fine d’anno si sono ridotti ad un insulto deliberato verso la popolazione, trattandola di folla piena d’odio.

Il punto è che ora la gente è veramente fuori di sé, ma vi assicuro che questo è il triste risultato di settimane di maltrattamenti e violenze, insulti e umiliazioni.

Abbiamo in nostro possesso decine di filmati che confermano cio’ che vi scrivo.

I prefetti hanno ordine di fare sparire tutto cio’ che c’è di giallo dalle strade, i porta voce come me si fanno imbarcare tutti i sabati senza ragione, gli avvocati si fanno trascinare fuori dai tribunali dalla polizia, siamo tutti schedati da novembre ed il prossimo sabato si annuncia una carneficina, lo so che è dura da credere, siamo i primi a svegliarci tutte le mattine sperando che non sia vero.

C’è modo di diffondere la nostra testimonianza in altro loco perché sti maledetti 2000 caratteri non bastano! per favore.

DIVULGALO PER FAVORE!

lunedì 21 gennaio 2019

«I Conquistatori»: una recensione di Teodoro klitsche de la Grange a Alterio, Fracassi, Lannutt.

Amazon
E. Lannutti – T. Alterio – F. Fracassi, I conquistatori, Roma, 2018, p. 176, € 15,00.

Questo è il terzo libro che gli autori dedicano alle vicende economiche del recente passato; tratta delle privatizzazioni che hanno connotato le politiche economiche di molti paesi occidentali, con riguardo – quasi esclusivo – a quelle italiane. Il giudizio è negativo; parte della tragedia del ponte Morandi, che rivelò all’opinione pubblica come la vendita di Autostrade abbia generato enormi profitti per l’acquirente-concessionario, dovuti – anche – ai risparmi sulla manutenzione delle opere.
Analizzando buona parte delle privatizzazioni la costante principale che ne ricava è che sono state assai profittevoli per gli acquirenti, ma, di conseguenza, assai poco per il venditore (lo Stato italiano nelle sue varie articolazioni).
Le notizie che si scorrono nella lettura sono in larga misura già note: il pregio del libro è averle organizzate in un tutto organico che ne rende manifesta la logica generale come i rapporti tra i protagonisti pubblici (creditori) e privati (acquirenti). Curiosamente  in Italia il maggior privatizzatore è stato il centro-sinistra (altrove sono stati i partiti di destra).
Il motivo esternato di tante (e imponenti) svendite era non tanto d’opportunità economica, ma ideologica: si voleva ridurre la presenza pubblica nell’economia perché si riteneva la mano invisibile del mercato migliore e più razionale produttrice di ricchezza.
Solo che a riprendere la teoria di un economista come Friederich List ciò che è valido per l’economia globale, può non esserlo per l’economia nazionale, ossia per le comunità umane organizzate in Stati; del pari ciò che è economicamente vantaggioso può non esserlo per l’interesse nazionale (il bonum commune) che è il fine della politica.
É il caso di ricordare che è legittimo e prevedibile che il privato operi per il proprio profitto, cioè l’interesse individuale (anzi e proprio questo il presupposto della “mano invisibile”); ma, del pari – è – o meglio dovrebbe essere – che il pubblico operi per quello pubblico. La conseguenza è che nella generalità delle situazioni c’è la necessità di bilanciare (e regolare) interesse pubblico e interessi privati, senza enfatizzare l’ “appartenenza” al settore d’attività. L’esempio di “scuola” è quello del monopolista: il quale di solito manovrando per il proprio interesse privato spesso danneggia quello pubblico, quello dei consumatori e, ovviamente la stessa dinamica concorrenziale. Non è detto quindi che, specie nell’assenza o nell’insufficienza di una regolazione appropriata e di procedure trasparenti, la mano invisibile non finisca per impinguare sempre gli stessi portafogli. Proprio quello che purtroppo è spesso capitato nelle privatizzazioni-maccheroni realizzate in Italia.
Queste sono state frequentemente caratterizzate da condizioni di grande favore per gli acquirenti. Gli autori, pagina dopo pagina mostrano che i corrispettivi di cessione erano modesti rispetto al valore delle aziende e dei beni ceduti; che spesso quanto comprato è stato rivenduto a terzi a prezzi enormemente superiori; che privatizzatori pubblici e acquirenti privati erano legati da interessi, frequentazioni, affari; frequentemente lo erano quanto meno i primi con i consulenti che avrebbero dovuto assisterli (a pagamento) nelle procedure. Inoltre “Era il 1992. Il cartello finanziario internazionale aveva messo gli occhi e le mani sul nostro Paese con la complicità e la sudditanza di una nuova classe politica imposta dal cartello stesso. Il suo compito era quello di cedere le banche e i gioielli di Stato italiani ai potentati finanziari internazionali anche attraverso il filtro di imprenditori nostrani”.
La stessa “tangentopoli” è quindi vista dagli autori in quest’ottica: occorreva delegittimare e detronizzare la vecchia classe dirigente della prima repubblica, meno incline a realizzare il piano. Manovra reiterata nel 2011, col governo Monti, dato che Berlusconi era meno disponibile a favorire gli interessi stranieri a scapito di quello nazionale, come fatto dal “governo tecnico” xenodipendente.
Nel complesso un libro interessante, documentato e che si spera, possa contribuire a un common sense del popolo italiano più consapevole dei propri interessi e meno influenzato dalle derivazioni del terzo millennio. Ossia dell’occultamento di interessi sotto la copertura di obiettivi esternati che coniugano idola a carattere economico (tecnocrazia, progresso) con  idola a carattere morale-legalitario. Quelli, come diceva Craxi, dei moralisti “un tanto al chilo”.
Teodoro Klitsche de la Grange


-->

venerdì 18 gennaio 2019

Teodoro Klitsche de la Grange: «Aveva ragione Marx?»


AVEVA RAGIONE MARX?
Capita di leggere che, a seguito del crollo del comunismo e del crescere del turbo-capitalismo trionfante, il divario tra ricchi e poveri, in particolare nelle democrazie “occidentali”, è aumentato: a meno ricchissimi corrispondono molti più poveri. Ciò sembra una conferma tardiva della “legge” dell’immiserimento crescente, connaturale al modo di produzione capitalistico, che Marx formula nel Capitale[1].
Come è noto tale tesi era successivamente contestata da Eduard Bernstein, il quale fece notare che le predizioni di Marx (e ancora più, dei marxisti) sull’imminente e inevitabile crollo del capitalismo non solo non si erano realizzate, ma vi erano prove evidenti che negli ultimi decenni le condizioni della classe operaia erano notevolmente migliorate sul piano (politico ed) economico.
Al contrario dell’immiserimento di masse sempre più numerose il capitalismo aveva arricchito un numero sempre maggiore di individui. Da qui la necessità non di abbattere, ma di riformare il sistema. Le tesi di Bernstein, come noto, influenzarono e furono seguite dalla prassi della maggior parte dei partiti della Seconda Internazionale.
Il teorico socialista basava le proprie tesi sull’evoluzione del capitalismo ottocentesco: la concentrazione delle aziende non aveva provocato una analoga concentrazione del capitale, ma anzi aumentava il numero dei capitalisti, cioè degli azionisti dell’impresa, dato che queste erano gestite – almeno le più grandi – quasi tutte da società per azioni, così sempre più diffondendo il capitale. L’accrescimento della ricchezza aveva, contrariamente alla tesi di Marx, non diminuito il numero dei magnati, ma aumentato quello dei capitalisti[2].
La correlativa, annunciata, scomparsa dei ceti medi non si era realizzata. A fronte di un incremento della popolazione di un terzo – nei paesi industrialmente più avanzati all’epoca – i ceti medi erano cresciuti di circa tre volte[3]. Le stesse imprese, peraltro  non erano spesso facilmente concentrabili per cui quelle di piccola o media dimensione aumentavano a dispetto delle previsioni del filosofo di Treviri.
Per cui Bernstein ne concludeva che lungi dal provocare la polarizzazione della società in due campi: capitalisti – pochissimi - e proletari - quasi tutti - destinati alla lotta (di classe e politica), la situazione reale che si configurava non era riconducibile ad uno scenario pre-rivoluzionario. Né era possibile prevedere il crollo del sistema capitalistico[4]
Col XX secolo, almeno fino al collasso del comunismo, la tesi di Bernstein, anche grazie all’influenza del movimento socialista, al “compromesso fordista”, allo Stato sociale, era confortata. Invece dell’incremento dei sempre più poveri e della riduzione degli straricchi, a crescere erano le posizioni sociali intermedie.
Col turbo-capitalismo o, come molti preferiscono chiamarlo, col neo-liberismo globalizzatore, pare sia cambiato tutto. La profezia di Marx riprende vigore e Bernstein va in soffitta. È il caso di rifletterci un po’.
2. Prima di Marx, un acuto pensatore come de Bonald aveva intuito quanto poteva succedere. Scriveva, infatti, a proposito della funzione della nobiltà e della borghesia “È una contraddizione di cui è toccato a noi dare l’esempio, veder gli stessi uomini che chiedono a gran voce lo spezzettamento illimitato della proprietà immobiliare, favorire con tutti i mezzi la concentrazione senza freni della proprietà mobiliare o dei capitali. L’appropriazione di terre ha per forza termine. Quella del capitale mobiliare non ce l’ha, e lo stesso affarista può far commercio di tutto il mondo” (il corsivo è mio)[5].
Quindi l’alternativa che poneva il pensatore francese è netta: il proprietario di beni immobiliari trova nella natura delle cose stesse e nelle condizioni (culturali e) sociali dei limiti; quello di beni mobili, no. Sul piano semantico se ci sono limiti (per natura o per volontà) l’accrescimento non può essere, ovviamente, illimitato. La possibilità di appropriazione quindi del secondo è enormemente superiore a quella del primo. E così il potere che ne consegue. Aggiungeva de Bonald di non voler valutare il patriziato auspicato dalla de Staël “come istituzione politica, in relazione cioè alla forza e alla stabilità dello Stato; ma sotto il profilo della libertà e dell’eguaglianza, che è quello che la signora de Staël considera, e per cui la preferisce alle antiche istituzioni della monarchia francese”[6].
Anche Fichte notava che, ordinariamente, sono le costituzioni politiche a separare gli uomini [7] e che gli Stati moderni sono le “parti staccate di un tutto anteriore” (le società feudale)[8]. “L’Europa cristiana era come un tutto unico, doveva perciò il commercio degli Europei tra loro esser libero. L’applicazione allo stato presente delle cose è facile a farsi. Se tutta l’Europa cristiana con tutte le colonie aggiunte e le piazze commerciali in altre parti del mondo, è ancora un tutto unico, il commercio tra le varie parti deve restar libero come era una volta. Ma se, al contrario, essa è divisa in stati soggetti a governi diversi, essa deve parimenti esser divisa in più stati commerciali rispettivamente chiusi”. E ne concludeva “Tutti gli ordinamenti che permettono o suppongono il commercio immediato di un cittadino con quello di altro stato … sono avanzi e risultati di una costituzione da lungo tempo distrutta, elementi di un mondo passato, che più non convengono al mondo nostro”[9].
Con questo il filosofo constatava un fatto (la divisione in più Stati) e una necessità (ed auspicio): che la politica dovesse prevalere sull’economia. Ed è questa la sostanza della concezione di Fichte[10].
Come scrive Fusaro la concettualizzazione dello Stato commerciale chiuso di Fichte è “coerente reazione all’egemonia dell’utile (economico) e alla correlata soppressione dello spazio veritativo della filosofia…. Per Fichte, fedele ai principi della Rivoluzione e, ipso facto, nemico del mondo che ne è scaturito, si tratta di contrastare l’egemonia dell’utile e dell’egoismo sfrenato che ad esso si accompagna”[11].
È inutile ricordare che tra i più accaniti sostenitori della distinzione tra economia cosmopolitica (attribuita a A. Smith, J. B. Say) e economia politica (o nazionale) si trova Friedrich List[12].
La concezione del quale è ispirata alla prevalenza del bene comune delle comunità politiche su quello dell’economia globale nel suo complesso.
3. Se è vero che le economie delle società più sviluppate hanno sofferto della globalizzazione, già prima della crisi, è anche vero che, di converso, quelle dei paesi emergenti ne hanno beneficiato.
Da una statistica - graduatoria degli Stati in base dell’incremento del PIL nel 2017 tra i primi venti (per percentuale d’incremento nell’anno) non c’è un solo paese “sviluppato”, ma ovviamente ci sono India e Cina. A parte l’Islanda e la Romania (comunque al 25° e 26° posto), i primi paesi “sviluppati” li si trova dopo il 55° posto in classifica. Tutti i primi 50, tranne Islanda e Romania, sono “paesi in via di sviluppo”. E se si va a vedere le altre annate, a partire dal crollo del comunismo, la tendenza è quella.
La conclusione è che, se all’economia globale la globalizzazione ha fatto bene, alle economie nazionali talvolta ha arrecato modesti vantaggi, talaltra no. Onde a ragionare secondo il criterio di List (e non solo), occorre conformare la politica economica all’esigenza del benessere (e alla potenza) della comunità nazionale; “mercati”, intesi nel senso corrente, non sono sempre sinonimo di ricchezza crescente. Scriveva List che l’economia cosmopolitica (quella di Smith) “guardando all’umanità e all’individuo, aveva dimenticato la nazione. Mi convinsi di due cose: la prima che era per due nazioni, entrambe sviluppate culturalmente, la libera concorrenza poteva essere benefica soltanto se ambedue si fossero trovate allo stesso grado di sviluppo industriale; la seconda che una nazione, arretrata nel campo industriale,  commerciale e della navigazione, ammesso che avesse i mezzi intellettuali e naturali per sviluppare questi rami, dovrebbe cercare da sola di mettersi in grado di sostenere la libera concorrenza con le altre più progredite. In breve: trovai la differenza tra l’economia cosmopolitica e l’economia politica”[13].
Ovviamente i tempi sono mutati dall’epoca di List, Bonald e Fichte, ma le esigenze alla base dalle concezioni dei tre – pur nelle differenze determinate dai diversi “campi” da questi esplorati  - sono uguali: e che la politica e il bene comune della comunità che questa deve perseguire – deve prevalere sul bene “globale”; e che sia funzione del potere politico quanto meno, introdurre dei correttivi – dei  temperamenti – che concilino gli interessi nazionali con quelli internazionali: le nazioni con l’umanità. La nazione non è l’umanità; i diritti dell’uomo non sono quelli del cittadino; il modo d’esistenza delle comunità è il proprium di ciascuna con i valori cui si ispira (e non è, in larga parte, misurabile).
4. Tornando alla profezia di Marx, questa è stata falsificata perché comunque l’immiserimento crescente non si è verificato. Tuttavia a ridimensionarla, non è totalmente errata. Ciò per due ragioni: la prima perché contribuisce a una valutazione (realistica); non è detto che ad un’economia (senza limiti e) globalizzata corrisponda una ricchezza crescente per tutti (o quasi tutti). Come in altri tempi la prosperità della Gran Bretagna era (anche) l’altra faccia della miseria dei coolies indiani e cinesi, così oggigiorno al crescente benessere di certi popoli corrisponde un diminuito (o stagnante) benessere di altri. La seconda è che la politica ha corretto l’economia, frenandone (spesso ma non sempre) le conseguenze meno desiderabili. In fondo allo straordinario sviluppo economico del XX secolo ha contribuito in modo determinante il compromesso fordista e le (varie) “terze vie” con le quali si è cercato – riuscendoci – non solo di relativizzare e neutralizzare politicamente il conflitto borghesia/proletariato ma anche di aumentare il benessere e diffonderlo tra masse sempre più numerose. Così integrandole nello “stato sociale”, ovvero nel “secondo tempo” delle democrazie liberali.
Infine appare teoricamente – e praticamente, almeno in parte, realizzato – che la ricchezza mobiliare, in particolare quella (dell’intermediazione) finanziaria e commerciale può crescere in misura enormemente superiore sia a quella del settore primario che, ancorché meno intensamente, anche a quella dell’imprenditoria industriale. E le ragioni per limitare l’accrescimento di potere – e anche la diminuzione di libertà – di quella e i pericoli che comporta per lo Stato borghese – e per i principi di libertà ed uguaglianza, sono evidenti.

                                   Teodoro Klitsche de la Grange


[1] “Con la diminuzione costante del numero dei magnati del capitale che usurpano e monopolizzano tutti i vantaggi di questo processo di trasformazione, cresce la massa della miseria, dell’asservimento, della degenerazione, dello sfruttamento, ma cresce anche la ribellione della classe operaia che sempre più s’ingrossa ed è disciplinata, unita e organizzata dallo stesso meccanismo del processo di produzione capitalistico” Marx, il capitale, Libro I, “Tendenza storica dell’accumulazione capitalistica”

[2] v. “La forma della società per azioni agisce, in larga misura, in senso contrario alla tendenza alla centralizzazione dei capitali attraverso la centralizzazione delle aziende. Essa permette un vasto frazionamento di capitali già concentrati, e rende superflua l’appropriazione di capitali da parte di singoli magnati allo scopo di concentrare le imprese industriali”. I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia, (trad. it. Bari 1974 p. 87.
[3] V. per i dati precisi Bernstein op. cit. p. 89; per cui concludeva “È dunque assolutamente falso ritenere che l’attuale sviluppo indichi una relativa o addirittura assoluta diminuzione  del numero dei possidenti. Il numero dei possidenti aumenta non «più o meno», ma semplicemente più, ossia in senso assoluto e in senso relativo” (il corsivo è mio).
[4] V. “Se la società fosse costituita o si fosse sviluppata secondo le ipotesi tradizionali della dottrina socialista, il crollo economico sarebbe soltanto una questione di breve periodo. Ma come vediamo non è così. Ben lungi dall’essersi semplificata rispetto a quella precdente, la struttura della società si è in larga misura graduata e differenziata, sia per quanto concerne il livello dei redditi sia per quanto concerne le attività professionali” (op. cit. p. 91.
[5] E proseguiva “Ma il lusso segue dappresso la ricchezza, il mercante arricchito poco pressato a vendere, alza il prezzo della propria merce, e costringe così il consumatore a pagare i lussi della Signora e del Signore. Questa è una delle ragioni del rialzo dei prezzi delle derrate in Inghilterra, nei Paesi Bassi e anche in Francia, e dovunque il commercio non ha altro fine che il commercio e dove i milioni chiamano e producono altri milioni.
I grandi patrimoni immobiliari fanno inclinare lo Stato verso l’aristocrazia, ma le grandi ricchezze mobiliari lo portano alla democrazia; e gli arricchiti, divenuti padroni dello stato, comprano il potere a buon mercato da coloro cui vendono assai cari zucchero e caffè” V. Observations sur l’ouvrage de M.me la Barone de Staël …” trad. it. La Costituzione come esistenza, Roma 1985, pp. 43 - 44.
[6] V. op. loc. cit. p. 45.
[7] v. Lo Stato secondo ragione, trad. it. Milano 1909 p. 68.
[8 e prosegue “Durante l’unità dell’Europa cristiana si è formato, tra le altre cose, anche il sistema commerciale, che dura, almeno ne’ suoi tratti fondamentali, fino ad oggi” op. cit., p. 69.
[9] Op. cit. p.71
[10] “… è in questo: che lo stato si chiuda completamente ad ogni commercio coll’estero, e formi d’ora in poi un corpo commerciale così separato, come finora ha formato un separato corpo giuridico e politico”, op. cit. p. 98.
[11] e, poco dopo, afferma “in un’epoca di “compiuta peccaminosità” e di egoismo universale, diventa necessario l’intervento massiccio di uno Stato “commerciale chiuso” che sappia opporsi al cosmopolitismo utilitaristico del mercato e al codice individualistico su cui esso si regge, per far valere l’istanza morale di un comunitarismo solidale nell’epoca della “compiuta peccaminosità” v. L’aporia dello Stato in Fichte, GCSI – Anno 3, numero 5, pp. 122-123.
[12] Il quale, tra l’altro, riteneva che “Tutti gli esempi che la storia ci può presentare dimostrano che l’unione politica ha preceduto l’unione commerciale. Non si conosce nessun esempio dove sia avvenuto il contrario. Ci sono però dei motivi molto forti, e secondo la nostra opinione incontestabili, per far presumere che, nelle attuali condizioni mondiali, la libertà commerciale universale non porterebbe ad una repubblica universale, ma alla universale soggezione delle nazioni meno progredite alla supremazia della potenza preponderante nell’industria, nel commercio e nella navigazione…  l’economia nazionale si presenta come quella scienza che, tenendo conto degli interessi esistenti e delle condizioni particolari delle nazioni, insegna in che modo ogni singola nazione possa essere elevata a quel grado di sviluppo economico giunta al quale l’unione con le altre nazioni ugualmente progredite, - e quindi la libertà di commercio – le risulterà possibile e vantaggiosa. La scuola, però, ha confuso fra di loro le due idee; ha commesso il grave errore di giudicare le condizioni delle nazioni secondo i principi cosmopolitici e di disconoscere, per ragioni politiche, la tendenza cosmopolitica delle forze produttive”, v. F. List Il sistema nazionale di economia politica 8° cura di G. Mori) trad. it. Milano 1972
[13] Op. cit., Prefazione, p. 4.

mercoledì 9 gennaio 2019

Intervista ad Alan de Benoist su “La Verità" con titolo «Ora l'alleanza dei populisti d’Europa».


L'Intervista esce il 7 gennaio su "La Verità", pagina 9, condotta da Alessandro Rico. Viene qui riprodotta sentito lo stesso de Benoist che non problemi...  Ci preme poter consentire ad ognuno  di partecipare tempestivamente ad un dibattito che è nelle cose e vive della sua attualità. Avverto anche che in un pubblico dibattito è stato da me posta la domanda se l'esperienza francese dei gilet gialli può essere ripresa in Italia, ottenendo una cauta e scettica risposta. Del resto, in altro pubblico dibattito, l'ex magistrato De Magistris, sindaco di Napoli, ha richiamato la mia attenzione su una norma del decreto sicurezza che commina sei anni di carcere per il reato di blocco stradale. Contro chi è stato pensata e progettata questa norma? Osservava de Magistris che sarebbe sufficiente che una manifestazione regolarmermente chiesta e autorizzata, si attardasse per le strade in capannelli di persone per far scattare la norma. Ed inoltre, in Italia, Beppe Grillo e Casaleggio non si sono spesso vantati di avere impedito che in Italia si potesse sviluppare un movimento come quello francese dei gilet gialli? Attento osservatore di ciò che succede in Francia, dove vive, a Versailles, l'amico Alan lo è forse di meno per le cose italiane che dietro un avvio “populista" nascondono - io temo - un volto reazionario. Parlo per cognizione di causa, essendoci dentro il m5s ed avendo proprio io dato avvio alla stagione delle cause per far ritornare il m5s allo spirito delle origini. Proprio ieri, alla presentazione del libro di Tiziana Alterio e Franco Fracassi, parlando con un sedicenti iscritto al m5s2017 mi sono accorto di come la Piattaforma Rousseau sia uno strumento di manipolazione e di ingabbiamento di ogni tentativo di partecipazione democratica dei cittadini. Salvini? Ci sta ingannando con quello che è stato il suo cavallo di battaglia: lo stop ai “migranti”. Ma da dove parte il flusso che lui vuole arrestare con la chiusura dei porti? Nasce in Israele e nelle guerre della Nato in Medio Oriente. Salvini è andato a stringere la mano e a sollazzarsi con Bibi e si dichiara con tutti gli altri fedele alleato della Nato, da dove un governo davvero "populista" dovrebbe subito uscire. Prima dei gilet gialli noi abbiamo i Forconi, che forse hanno anticipato i gilet francesi. Che fine hanno fatto i Forconi? Non se ne sente più parlare e forse il Decreto sicurezza era contro di loro. Certo, una reazione dei popoli d'Europa è urgente e necessaria, ma innanzitutto deve essere una reazione contro i governi e i leader che pretendono di rappresentarli ed in realtà li ingannano e tradiscono, secondo una tradizione che in Italia è inizia 70 anni fa con la “cupidia di servilità” di cui parlò Vittorio Emanule Orlando per il modo frettoloso in cui fu sottoscritto il Trattato di Pace che ci fu imposto. Questa Europa è una gabbia che imprigiona i popoli e mette in concorrenza gli stati, amalgamando la "gente" in una massa di disperati impotenti. Se in Siria i governi europei, in particolare quello francese, hanno reclutato nel loro stesso paese i terroristi mandati a fare un “cambio” di regime, qui da noi mostrano tutto il volto repressivo dello stato se appena un manifestante osa scagliare un sasso: guerra feroce, spietata, sanguinaria all'estero, per esportare la nostra “democrazia" e le nostre istituzioni parlamentari che così magnificamente ci rappresentano, e ferocia repressiva sui popoli che in Europa osano protestare e manifestare: la doppia faccia del diavolo!
Antonio Caracciolo


* Alain de Benoist, flagello del politicamente corretto, è uno degli intellettuali francesi di destra più noti al mondo. Con La Verità ha conversato su Islam, populismi e fallimenti dell’Europa.

D. L’ultimo è stato l’attentatore di Strasburgo. La Francia è piena di immigrati di nuova generazione che, pur essendo legalmente cittadini, odiano il loro Paese.

R. «Sì, ci sono molti giovani, francesi a tutti gli effetti, che non si sentono francesi. Pensano che, quali che siano i loro sforzi per integrarsi, saranno sempre considerati cittadini di serie B».

D. E sparano sulla folla?

R. «Diciamo che, per compensazione, si mettono a fantasticare sull’identità culturale dei loro genitori e nonni, che però hanno a loro volta ormai perduto».

D. Quindi?

R. «Quindi vivono un profondo malessere identitario, che li rende vulnerabili alla propaganda».

D. Il fondamentalismo islamico sfrutta questi vuoti d’identità?

R. «In alcune zone, la comunità musulmana ha già cominciato a ergersi come una sorta di “controsocietà”».

D. Una “controsocietà”?

R. «Per molti giovani, già passati attraverso la delinquenza, diventare soldati del califfato è un sogno, se paragonato alla prospettiva di consegnare le pizze» (1).

D. Allora l’islam non è tanto il nemico della civiltà cristiana (1), quanto la scoria del fallimento delle democrazie liberali?

R. «Di sicuro è troppo semplicistico giudicare islam e cristianesimo come due entità tra loro nemiche, anche perché l’uno e l’altro non sono realtà omogenee. Ma credo che sono lei abbia ragione».

D. Sul vero nemico dell’islam?

R. «Sì. Gli islamisti che attaccano l’Occidente non lo fanno tanto perché esso sia, o sia stato, cristiano, ma perché si è votato a una cultura priva di punti di riferimento, a una cultura della merce, che è una cultura senza senso».

D. Insomma, il melting pot all’americana è stato un fallimento.

R. «In realtà, anche negli Usa, dove gli immigrati che vengono dal Sud del continente non sono musulmani, non parlano più di melting pot, bensì di “insalatiera”. Ma una cosa è sicuramente vera…».

D. Quale?

R. «Che oltre una certa soglia quantitativa, la coesistenza tra diverse etnie pone problemi che nessuno, per il momento, sa risolvere».

D. Gli immigrati in Europa sono troppi?

R. « Be’, è certamente preferibile preservare l’identità etnica delle nazioni europee. Ma resta da stabilire come riuscire a raggiungere questo obiettivo».

D. Mi parla di nazioni europee. La rinascita dello Stato nazionale non
è una pia illusione?

R. «Gli Stati nazionali sono in crisi ormai dal 1930. Troppo grandi per affrontare i problemi quotidiani, sono diventati oggi troppo piccoli per far fronte alle grandi questioni globali».

D. Sono incapaci di prendere decisioni?

R. «La globalizzazione e la costruzione europea li hanno privati della maggior parte della loro sovranità, senza che questa sovranità venisse riprodotta a un livello più alto». (3)

D. Ma allora perché stanno rinascendo i nazionalismi?

R. «Perché per la gente è meglio un cattivo rifugio che nessun rifugio».

D. Lei è considerato il teorico della cosiddetta Nouvelle droite. Destra e sinistra hanno ancora senso?

R. «La dicotomia tra destra e sinistra è obsoleta da tempo (4). È chiaro che, con la crescita del populismo, l’asse verticale popolo-élite sta sostituendo l’asse orizzontale destra sinistra».

D. A proposito delle élite: non le pare impossibile farne a meno, come invece paiono credere alcuni populisti?

R. «Oggi, nella società globale, le élite rappresentano una casta interessata ai suoi privilegi esclusivi, che gradualmente si è staccata dal popolo. In questo senso, i populisti sono perfettamente giustificati se si oppongono alle élite che li ignorano, li umiliano e li sottopongono a una triplice esclusione, culturale, sociale e politica».

D. Sì, ma non è anche questo un «cattivo rifugio»?

R. «Infatti, stabilire se e come queste élite transnazionali, di “senza terra”, che si oppongono un po’ovunque alle classi medie in via di depauperamento, possano essere sostituite da un’altra élite, è tutta un’altra questione».

D. Se alle elezioni europee dovessero sbancare i partiti populisti, l’Unione
europea collasserà?

R. «È difficile affermarlo con certezza. Ma una maggioranza euroscettica consacrata dalle urne sarebbe già di per sé l’equivalente di un tuono». (6)

D. Molti però giudicano improbabile un’alleanza tra i vari movimenti populisti.

R. «A me un’alleanza tra i diversi movimenti populisti europei sembra del tutto possibile».

D. Le sembra possibile?

R. «Sì. In alcuni casi è stata già realizzata. D’altra parte, non credo che tali alleanze, necessariamente contingenti, possano condurre a una vera “internazionale”. I contesti nazionali sono troppo diversi». (7)

D. E in Francia che aria tira? Marine Le Pen beneficerà dell’impopolarità di Emmanuel Macron?

R. «Secondo gli ultimi sondaggi, il Rassemblement national della Le Pen è in testa».

D. In testa?

R. «La rivolta dei gilet gialli gli ha giovato più di quanto non abbia giovato alla France insoumise di Jean-Luc Mélenchon. Però…».

D. Però?

R. «Se i gilet gialli presentassero una loro lista indebolirebbero le opposizioni e farebbero vincere isostenitori di Macron». (8)

D. Ma come? I gilet gialli rischiano di diventare gli «utili idioti» di Macron? (9)

R. «È il motivo per cui l’Eliseo sta spingendo sottobanco per la costituzione di una loro lista». (10)

D. Davvero finirà così?

R. «A mio parere, l’interesse dei gilet gialli è di non cedere a questa tentazione. La loro forza sta proprio nel fatto che agiscono al di fuori di partiti e sindacati».

D. Devono rimanere «mine vaganti»?

R. «Devono rimanere plurali, elusivi, incontrollabili, non trasformarsi in un partito» (11).

D. Intanto, il primo governo populista d’Europa è nato in Italia.

R. «Come sempre, da voi la situazione politica si è evoluta a una velocità straordinaria».

D. Abbiamo battuto tutti sul tempo…

R. «La formazione del governo populista è stata avvertita ovunque come un evento storico».

D. Addirittura?

R. «Certo. Chi con simpatia, chi con paura, ma tutti oggi guardano all’Italia
come al “laboratorio del populismo”». (12)

D. E a suo avviso l’esperimento italiano durerà?

R. «Una rottura tra Lega e 5 stelle è una possibilità concreta: sia per via di differenze programmatiche, sia per via di questioni personali, sia, ancora, per via di possibili difficoltà a governare» (13).

D. Al netto degli ostacoli che potrebbero incontrare i populisti, si può immaginare un’Europa diversa da quella dei burocrati? (14)

R. «Ma certo. Anzi, non dovremmo confondere questa Europa con l’idea di Europa in sé: la più grande accusa che può essere mossa all’Ue è proprio di aver screditato l’Europa in quanto tale».

D. Il fatto che l’Unione europea abbia voluto ignorare la questione delle sue radici culturali (specialmente cristiane) è tra le cause di questo fallimento?

R. «Io non parlerei di radici cristiane» (15).

D. No?

R. «Nel vero senso della parola, una radice è qualcosa che va in profondità, che si riferisce all’origine. Ma il cristianesimo non è all’origine dell’Europa: quando nacque Cristo, la cultura europea esisteva già da secoli».

D.Un’Europa prima di Cristo?

R. «Sì, ma d’altra parte il cristianesimo è stato una componente molto importante della storia dell’Europa. È la totalità di questa storia che deve essere presa in considerazione».

D. E invece l’Europa di oggi che fa?

R. «Dà un quadro vergognoso del suo passato, ridotto a una successione di pagine oscure».

D. Si riferisce ai vari tentativi di cancellare il passato, magari nel nome della condanna di fascismo e nazismo? (16)

R. «Io dico che qualsiasi forma di “pentimento” deve essere respinta. Non sappiamo dove dobbiamo andare se non sappiamo da dove veniamo».

D. Che responsabilità ha la Germania nell’impasse della costruzione europea?

R. «Non amo la germanofobia né la logica del capro espiatorio».

D. Ma…

R. «La politica che conduce la Germania sotto la guida di Angela Merkel è detestabile». (17)

D. Detestabile?

R. «È all’origine di tutte le difficoltà causate dall’adozione di una moneta unica modellata sul marco. Ma non è detto che la politica della Merkel, che sta per abbandonare il potere, appartenga alla “Germania eterna”».

D. C’è chi sostiene che le grandi difficoltà incontrate dalla Gran Bretagna per attuare la Brexit siano la prova che l’Unione europea è irreversibile.

R. «Non credo che l’esempio della Brexit sia il migliore in assoluto. A questo punto ci si potrebbe chiedere se l’adesione della Gran Bretagna all’Unione europea sia mai stata giustificata».

D. Non lo era?

R. «Charles De Gaulle non la pensava così. Riteneva, non senza ragione, che il Regno Unito si sentisse più vicino agli Stati Uniti che agli interessi europei. Detto questo, nulla è irreversibile nella storia». (18)

D. E come lo vede il futuro dell’Europa?

R. «Credo a un’implosione dell’Unione europea».

D. Un’implosione? E dopo che verrà?

R. «La storia è aperta. Ma sul mondo incombono tre minacce».

D. Quali?

R. «Un’esplosione demografica, che è una delle cause dell’immigrazione, una nuova crisi finanziaria e un disastro ecologico».

D. Mamma mia…Rischiamo l’apocalisse?

R. «Nella storia nulla è predeterminato. Dobbiamo solo stare attenti ai segni che ci avvisano su cosa è in arrivo…».

_____________

MIE ANNOTAZIONI CRITICHE
al testo dell'Intervista.

(1) In particolare la propaganda israeliana e i media sotto il controllo e l'influenza del Mossad molto spingono a una artificiosa contrapposizione fra Islam e Cristianesimo. Sono spesso intervenuto per distinguere fra la sfera religiosa-teologica da quella politica. Carl Schmitt ha ben spiegato come il "politico" possa tranquillamente trasferirisi in ogni campo. Chi ha progettato da oltre 20 anni le guerre in Medio Oriente ha un evidente interesse a suscitare moderne guerre di religione che tuttavia in una società profondamente secolarizzata non trovano terreno su cui attecchire. I due massimi esponenti della teologia cattalica e islamica hanno ben capito dove li si vuol spingere ed hanno lanciato al mondo un messaggio abbracciandosi e baciandosi: se voi uomini volete scannarci fra di voi, non dite che ve lo ha chiesto Dio... De Benoist ha ben chiaro questo aspetto della questione, che tuttavia resto sullo sfondo... Un'intervista è condizionata dalle domande che vengono poste.

(2) Forse per le leggi vigenti in Francia, dove non esiste libertà di pensiero - peggio che da noi - de Benoist non può dire questi consegnatari di pizze a domicilio, una volta “radicalizzati”, vengono arruolati dallo stesso governo francese per andare a combatteri nei paesi “islamici" che si vogliono destabilizzare: per la Siria e la Libia il coinvolgimento del governo francese è noto, acquisito, non controvertibile. In ultimo, si veda Blondet: «Il conflitto siriano è iniziato a Daraa nel 2011 come progetto USA-NATO per “cambio di regime”, e la partecipazione di Francia e Gran Bretagna che hanno arruolato i “loro” islamisti sui loro territori, fra i propri cittadini “radicalizzati”  (da cui le stragi del terrorismo islamico i Francia).» «Specialisti ed ufficiali inglesi e francesi (alcuni sono stati catturati o rimandati da Assad in Francia) hanno spesso guidato i terroristi. I capi terroristi più preziosi per la causa occidentale, sono stati  esfiltrati con le famiglie da elicotteri americani  per salvarli dalle  ridotte e roccaforti che via via il terrorismo perdeva.»

(3) Julien Freund, comune amico e maestro, in una dei primi articoli tradotti in Behemoth, rivista diretta da me insieme con Teodoro Klitsche de la Grange,  spiegava la relazione di protezione / obbedienza in Hobbes come il criterio fondantamente per stabilire nella storia la legittimità di un qualsiasi governo. La sovranità piena di uno Stato o di una qualsiasi Autorità è il presupposto necessario per poter assicurare quella "protezione" che oggi i cittadini disperatamente cercano. L'Europa che chiede sempre di più, protegge sempre di me... È il regno incontrasto dei mercati, e in ultima analisi di pochi ricchissimi individui, diventato il moderno stato di natura dove impera la legge del più forte che piega ai suoi voleri qualsiasi istituzione rappresentativa, cioè eletta con procedure elettorali facilmente manipolabili e condizionabili. Forse è questo il vero interesse quando si fanno guerre per esportare le nostre istituzioni, più efficaci nel dominio coloniale dei vecchi governatorati.

(4) Ancora Julien Freund che cito a memoria, ma che ho già spesso citato testualmente da un suo libro del 1970, dove già allora scriveva: “i concetti di destra e di sinistra non mi aiutano a pensare politicamente...”. Sono categorie delle istituzioni parlamentari in un'epoca in cui la democrazia rappresentativa uscita dalla rivoluzione francese è giunta al sua capolinea. Gli slogan iniziali del m5s a gestione Grillo-Casaleggio molto battevano sulla "democrazia diretta", ma erano solo slogan... Il nostro Cacciari in una trasmissione televisiva con la Gruber (una donna del Bilderberg) ha tacciato "idiozia" l'idea stessa di democrazia diretta... Non le ha nemmeno la nobiltà dell'Utopia. Di certo, se la democrazia rappresentativa che di certo è al suo capolinea non viene sostituita da una miriade di istituti di democrazia diretta, sapientemente ed efficacemente costruiti, e ciò richiederebbe un processo storico, magari non secolare, ma abbastanza lungo, almeno qualche generazione, allora ha libero spazio il tecnicimo neoliberista, dal quale appunto siamo governati, o meglio vessati, sfruttati, usati, gettati via appena spremuti... Per tornare al tema destra / sinistra, io direi che oggi, 2019, è obsoleto anche il concetto di "nuova destra” o per contrasto "nuova sinistra"... Ci si vuole attardare ancora in vecchi concetti, versando vino forse nuovo in otri certamente vecchi... Sta venendo fuori, ma come insulto, il termine "rossobrunismo" che intende vituperare una commistione dei seguiti, dei gregari, che prima si distribuivano e contrapponevano, come i polli di Renzo, fra destra e sinistra, con somma gioia degli strateghi della tensione, degli anni di piombo, delle stragi di stato, che hanno funestato le piazze italiane post 68.

(5) In un convegno all'aperto, in una piazza di Brindisi, insieme al compianto Alberto B. Mariantoni, ed altri, rispondevo ad una signora che dal pubblico mi chiedeva cosa potesse fare per il sociale, io rispondevo che insieme ad altre dieci persone, anche di modesto ingegno, potevano fare molto, se sapevano organizzarsi in una lavoro comune ed erano animati da uno spirito adeguato. Io non credo che la democrazia diretta sia una "idiozia". Penso sia l'ultima speranza dell'umanità prima del Diluvio, prima della distruzione della biosfera verso la quale ci sta portando un capitalismo dominato e cavalcato da una finanza, che non ha più nemmeno il volto umano dell'usuraio, ma è solo un algoritmo che non conosce altro di diverso dalle formule matematiche di profitto e perdita di guadagno.

(6) Personalmente, avendone ormai viste tante di tornate elettorali, sono scettico davanti ad attese palingenetiche risposte nei risultati elettorali, che vedo sempre più preordinati e manipolati entro margini che non sono mai contro l'istituzione dei cui favolosi privilegi gli Eletti beneficiano, diventando subito quella élite di cui si parla nell'Intervista. I parlamentari che vengono dall'Italia sono strapagati ed essere in parlamento anche per un solo mandato significa per essi aver fatto la fortuna della loro vita. Basta poco per giustificare la propria funzione davanti a fan appositamente allevati. Peraltro, è ben noto che il Parlamento europeo è un organismo che non ha nessuna funziona sovrana. Non è in suo potere dare all'Europa una costituzione sovrana e solidale. L'hanno già fatta a Maastricht ed è il nostro cappio.

(7) L'assenza di scrupoli dei parlamentari cinque stelle in un loro fallito tentativo di rovesciamento delle alleanze ha lasciato di stucco in Italia quanti militano nel “partito delle Cinque Stelle”. Per aversi una "internazionale” dei popoli e dei movimenti sarebbe necessaria una facilità di viaggi e contatti interpersonali che solo le élites possono permettersi. I popoli e i loro movimenti comunicano con segnali: l'occupazione delle piazze, i “gilet gialli" come segno di riconoscimento. Ma da noi con il decreto sicurezza il governo "populista" gialloverde ha già risposto a questi segnali che vengono da fuori: sei anni di carcere per un blocco stradale.

(8) Quello che appunto sopra dicevasi: di parlamento si muore. È come se una parte sempre crescente di popolazione venisse destinata al macello sociale, allo sgozzamento, alla morte civile... Si va ad elezioni? Una sorta di gioco dei bussolotti o delle danze e alleanze elettorali. La necessità esistenziale della sopravvivenza non è materia elettorale. La rivoluzione francese che ha fondato un nuovo ordine che ancora dura dopo due secoli fu un atto violento che poneva termine all'ancien regime e creava nuove classi privilegiate che oggi sono diventate assai più tiranniche e feroci della vecchia nobiltà e del clero. Con l'impiego dei giornali e delle televisioni, con il pieno controllo della sovrastrutturale culturale e ideologica ogni tornata elettorale sposta di assai poco i fondamenti del sistema. Da noi alcuni Portavoce delle Cinque Stelle sono andati ad assicurare Lilli Bilderberg cha ssolutamente il Movimento Cinque Stelle non è Antisistema! Un simile idiota giunto in parlamento con un video gioco dovrebbe essere il fondamento ultimo delle speranze degli italiani, anzi addirittura dei popoli d’Europa!

(9) "Idioti", utili o inutili, sono quanti in ogni momento e in ogni paese accettano una parlamentarizzazione della loro legittimità esistenziale. Il proprio essere, la propria vita, la propria esistenza, “il diritto ad esistere", come dicono gli israeliani che hanno soppiantato i palestinesi, negando loro con la forza il loro diritto ad esistere, questo diritto hobbesiano di protezione / obbedienza, non lo si mette ai voti: lo si affida a chi è capace di proteggerlo nella misura in cui ne è fattivamente e presentemente capace.

(10) Esattamente questo auspicava pochi giorni fa un personaggio del sionismo francese, in una intervista tradotta in italiano, da me letta e commentata, e che ora vado a ricercare: eccola! È stata presa da una rassegna stampa sionista predisposta per il web italiano. Ne estraggo direttamente la pagina e poi i singoli brani, pertinenti al nostro discorso: «Quale sbocco prevede per il movimento dei gilet gialli? ”La sola via d'uscita sarebbe che i gilet gialli si costituissero in partito politico per calmare le persone fino alla prossima rivolta” ». L'intervista di questo romanziere francese non poteva che uscire sul Corriere della Sera, di cui si è appena occupato ancora Blondet per una questione di fake news. Con questi giornali figuriamoci cosa possono essere le farse elettorali!

(11) Ciò che ha fatto esattamente il Movimento Cinque Stelle, trasformandosi in Partito, come dicono ormai anche le sentenze giudiziare, ed in questo modo affossando sul nascere i gilet tricolori.

(12) Per una mia particolare posizione, di iscritto al m5s, che ha fatto causa a Beppe Grillo e al suo Staff, mi sforzo di tacere sul governo detto “gialloverde", e mi comporto come fossi uno straniero, al pari di Alan. Preferisco che siani gli altri a vedere e a dire. Intanto però le mie tasche di pensionato, non d'oro, sono più leggere: hanno tolto a me che mi considero povero per attingere risorse da dare a quelli ancora più poveri, che peraltro ancora non hanno visto nulla... Hanno innescato una guerra fra poveri... Già dagli ultimi stipendi e ora con le pensioni il reddito dei docenti universitari nelle diverse fasce è stato decurtato - ho sentito da un collega - di un quinto, secondo una valutazione fatta circa quattro anni fa... Se poi devo valutare la politica estera il quadro non è confortante... De Benoist sa certamente che l'Italia è il paese del Gattopardo e che la classe politica italiana è pronta e rotta ad ogni tradimento... Io temo che questo governo tradirà ogni attesa in esso riposta e getterà la maschera. Sono il primo a desiderare che i miei timori siano infondati ma non posso tacere.

(13) Vi è un collante tutto italiano che de Benoist sembra ignorare, forse in Francia non è così: l'interesse alla gestione del potere e a durare in esso quanto più possibile. Nella passata legislatura si parlava di scioglimento anticipato delle Camere, ma poi si è andato fino alla fine, incamerando così i diritti maturati del vitalizio. Per non parlare poi di altri vantaggi ai più ignoti. Di "programmi" è poco il caso di parlare: non ne avevano! Erano solo degli slogan per aggregare poco curandosi della loro realizzabilità. Chi segue su determinati temi, sa già come sia subito cambiata la musica, magari una piccola musica rispetto al quadro complessivo, ma certamente un'indicazione di tendenza.

(14) L'immagine del burocrate qui rischia di essere distorcente. Non si tratta di un ottuso funzionario pubblico, dipendente da un potere pubblico, che non vede l'interesse pubblico e si lascia avviluppare da formalismi regolamentari. I “burocrati” sono diretta emanazione della finanza internazionale, del sistema bancario a cui unicamente rispondono contro i popoli e i cittadini europei. Dovrebbe averci insegnato qualcosa come hanno ridotto la Grecia. Vi è stata anche un'aperta minaccia di colpo di stato da parte della Nuland, come è stato raccontato dagli autori del volume "Colpo di Stato" che precede di pochi mesi quello appena uscito: "I Conquistatori", che in un primo erroneo annuncio aveva altro titolo: I Predatori, a mio avviso più azzeccato e rispondente al vero. Di Europa si muore e a sentire certe previsioni la guerra civile è alle porte.

(15) E meno male che non sono venute fuori le radici “giudaico-cristiane”, direi un ossimoro, dove il termine prevalente è addirittura il giudaico! Chissà poi perchè si sono dimenticati l'Islam che ci ha restituito le radici greche che si erano perse e che teologicamente è meno incompatibile con il cristianesimo di quanto lo sia il giudaismo... Infatti, per l'Islam Gesù e sua madre Maria sono figure "venerate", laddove nel talmudo sono "vituperate"... Sarebbe interessante uno studio che ricostruisca l'origine e la dinamica di questa espressione... Ma anche sull'idea di “Europa” cristiana mi sovviene qui la posizione di Alvaro d'Ors, un notevole filosofo spagnolo tradizionalista, di cui recensii il volumetto "Ordine e violenza", promuovendone la traduzione italiana. Per Alvaro d’Ors la Spagna non fa parte dell'Europa in quanto l'idea di Europa è una creazione della Riforma e proprio per questo la Spagna tutta cattolica non ne ha mai fatto parte. Esisteva una Respubblica christiana che era tutt'altra cosa,,, Vi era la netta condanna dell'Usura che è l'anima e l'essenza dell'Europa quale si è sviluppata dalla Riforma in poi. Anche l'Islam condanna l'usura!...  E direi che oggi l'idea di Europa diventa obsoleta rispetto a quella di Eurasia. Ma è un'altro discorso...

(16). La solita cantilena, ma potrebbe essere un artificio retorico di adesione a un modo di pensare a cui i giornali non possono sottrarsi né possiamo sapere quali sono stati gli accordi per la concessione dell'Intervista, certamente interessante e pregevole. Tuttavia, trovo qui una manifestazione di ciò che chiamo «l'antifascismo fascista», traducendo la nozione di Gilad Atzmon  di  “antisionismo sionista”. Ricordo vagamente uno straniero che avevo conosciuto non so dove, che sapeva poco e male dell'Italia, ma che si aspettava da me che appena lui pronunciava la parola “fascismo” io scattassi subito cantando a voce alta “Bella ciao”. Gli risposi che era un periodo della storia d'Italia e che andava studiato e trattato storicamente. Il problema delle interviste spesso nasce dall'Intervistore e dalle domande che pone. Possono essere espressione di un suo pregiudizio o una insidia deliberata. Ho avuto esperienza personale di un giornalista cialtrone, del Corriere della Sera, il quale non aveva nessun interesse a ciò che io pensavo su una certa questione, ma voleva che gli dicessi quello che lui volevaa sentire... Mi fece poi una carognata che non gli poter far pagare. Il suo nome l'ho pure dimenticato... Ottima la risposta di de Benoist che non è non è caduto nella trappola, intenzionale o meno... Non si vive il proprio passato storico collettivo sotto le categorie del “pentimento” o della “colpa” perché come la responsabilità penale è sempre personale, così i sentimenti di "pentimento” e di “colpa" possono essere solo personali, se uno nella vita a fatto cose di cui si debba pentire e sentire in colpa. Appunto! Abbiamo detto che non esiste la "democrazia diretta”. Vi è chi dice che è addirittura una "idiozia”. Allora si assumano le loro "colpe" e abbiano a "pentirsi" quanti nel tempo ci hanno governo, sapendo - nessuno meglio di loro - il male che hanno fatto e che ci hanno fatto... ma non gettino su di noi tutti, generazione dopo generazione, le loro colpee i loro delitti, se vi sono stati. Questa purtroppo è stato l'Europa che ci è stato imposta: l'Europa della Colpa, che deve emendarsi in eterno... Questa Europa è una mostruosità ed è tutta da picconare. Ma quando potremo farlo, se potermo farlo, non lo sappiamo... Nella misura in cui singoli intellettuali, di grande rilievo, come in nostro de Benoist, sanno difenderci da queste operazioni, possiamo e dobbiamo esser loro grati.

(17) Proprio nella discussione di ieri sera sul libro che continuo a chiamare «I Predatori» è chiaramente emerso un dato di riflessione: questa Europa, che è da abbattere al più presto, ha privato gli stati della loro sovranità e li ha posti in concorrenza fra di loro come se fossero delle imprese commerciali. Anziché sviluppare la solidarietà fra i popoli europei, lasciando ad ognuno di essi la loro diversità culturale, che è una ricchezza da conservare,  questa Europa ha trasformati i cittadini  in tanti sacchi di patate che possono essere trasportati da un luogo all'altro a seconda del bisogno. Questa Europa è qualcosa di mostruoso, ma vi è chi dice "più Europa!".

(18) A mio modo di vedere, qui poco importa se fondato o meno, è la vera responsabile della prima guerra mondiale e con essa della distruzione dell'Europa che ne è seguita in tutto il secolo, È anche la principale responsabile di un secolo di guerre che ancora dilaniano il Medio Oriente. Poiché le Unificazioni politiche si sono fatte fino ad oggi in un certo modo e non in un altro modo, cioè con la spada del diavolo, l'unificazione politica quasi raggiunta da Napoleone ci avrebbe potuto risparmiare tante guerre. I manuali dicono tutti che la politica dell'Inghilterra nei confronti dell'Europa continentale è sempre stata quella di favorire i conflitti e impedirne in ogni modo la spinta geopolitica alla sua unificazione. Ma ciò che non si dice nell'Intervista, perché la domanda non è stata posta, è che questa Europa è stata una creazione della CIA. Lo leggo, se ben ricordo il contenuto del libro da poco letto, in Thierry Meyssan, in "Sotto i nostri occhi”. E credo che l'Ingilterra stesse in Europa come una sorta di agente della CIA. Come ben dice de Benoist, i processi storici possono essere reversibile, ma vista con il mio occhio da straniero, non mi sembra edificante il disegno storico della Gran Bretagna e del suo Impero quale esce fuori dalle mie letture.