giovedì 30 aprile 2009

Giornata di protesta contro la visita del ministro sionista e razzista Lieberman



Nell’Assemblea cittadina che si è tenuta mercoledi pomeriggio del 29 aprile 2009, in Roma, è emerso chiaramente che la profonda ostilità e avversione che si intende manifestare ad Avigdor Lieberman non è rivolta al singolo esponente di un determinato partito della cosiddetta democrazia israeliana, ma è un netto giudizio politico di condanna a tutto lo stato criminale e razzista di Israele, fondato sul genocidio. In un simile stato non esistono partiti migliori di altri, ma sono tutti complici di una stessa politica criminale che non ha ancora cessato il massacro di Gaza: continua il blocco e continua a morire la gente con il silenzio complice del governo italiano che in Frattini ha avuto il peggiore ministro degli esteri. Si è antisemiti se non si è antisionisti: è questa la risposta che lo storico israeliano ed ebreo Ilàn Pappe ha dato a chi gli chiedeva di commentare il noto discorso del presidente Napolitano, scritto dai suoi Consulenti sionisti e da lui letto al popolo italiano, equiparando l’antisemitismo all’antisionismo ed associando perfino il Risorgimento italiano all’occupazione coloniale della Palestina, iniziata nel 1882, nello stesso anno in cui moriva Garibaldi, e dieci anni dopo la morte di Mazzini, che sarebbe inorridito nel vedere contaminato il suo nome con il sionismo.

Civium Libertas


Il ministro israeliano Lieberman non è un ospite gradito

[Clicca qui o sul nome per un profilo dell’ospite di Frattini]

Lunedi 4 maggio giornata di protesta a Roma


Lunedi 4 maggio il ministro razzista del nuovo governo israeliano Lieberman incontrerà il ministro Frattini nella sua prima visita ufficiale all’estero.

Le associazioni e le forze politiche solidali con il popolo palestinese ritengono questa visita una vergogna e intendono contestare la permanenza a Roma di Lieberman.

Lunedi 4 maggio ci saranno in tutta la città azioni di comunicazioni e disturbo di un ospite indesiderato


Dalle 10.00 di mattina ci sarà un presidio fisso a Largo di Torre Argentina


Lunedi 4 maggio, alle ore 18.00 tutti in piazza a largo Torre Argentina per protestare contro la visita di Lieberman a Roma


Forum Palestina, Donne in Nero, Comitato Palestina nel cuore, Sport sotto l’assedio, UDAP, Associazione Punto Critico, Associazione La Villetta, Associazione Altrimondi, Partito dei Comunisti Italiani, Sinistra Critica, Rete dei Comunisti, Partito della Rifondazione Comunista, Partito Comunista dei lavoratori..... “Civium Libertas”



Quale liberalismo? Sbarca in Italia la «spazzatura che nessuno prende sul serio»: Alan Dershowitz in tournée. – Homepage

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Sto per uscire e continuerò a scrivere sul tema di questo post al mio rientro. Nel frattempo passerò in libreria per vedere se trovo in commercio il “capolavoro” di pensiero liberale che è annunciato prossimamente nelle librerie italiane. Infatti, chiedo alla commessa Feltrinelli se hanno in commercio il dello spregevolissimo Alain Dershowitz, che nientepopodimeno vuol fare un “Processo ai nemici di Israele”, per i tipi dell’editore Eurilink. “Ma perché allora compra il libro, se ha una così bassa opinione del suo autore?”, mi chiede la commessa. Le spiego che i libri si comprono anche per criticarli. Ed inoltre come non leggere il libro di uno che espressamente dice dice di volerti fare il “processo”. Mi considero un fiero ed orgoglioso “nemico” di Israele quanto un convinto e fedele “amico” della Palestina e dei Palestinesi. Per quanto dipende da me, Israele non è stato mai riconosciuto e continua ad esistere solo la Palestna. Poiché con questa gente è sempre bene chiarire le proprie espressioni – tanto sono in malafede – spiego che la «spazzatura che nessuno prende sul serio» non è una mia espressione, ma è un virgolettato che Alessandra Farkas, un ebrea sionista collocata al “Corriere della Sera” attribuisce allo stesso Dershowitz, il quale a suo volta se ne serve per esprimere un apprezzamente nei confronti di un suo connazionale o correligionario ebreo, cioè Norman G. Finkelstein, autore del noto e benemerito libro “L’Industria dell’Olocausto”. Ahimé la denuncia di Finkelstein gli ha scatenato tutta la lobby ebraica d’America e di fuori. La storia è nota a chi segue questa problematica e non staremo qui a ripeterla ancora una volta. Ricordiamo che per queste ragioni a Finkelstein è stato negato l’insegnamento. In questa “discriminazione” e “persecuzione” dell’«ebreo» Finkelstein si è particolarmente distinto l’«ebreo» Dershowitz.

E veniamo ora a parlare di liberalismo. A chi si picca di volersi dare aria da liberale è noto il principio «Disapprovo quel che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo». Per il sedicente “Liberal” Dershowitz vale il principio opposto: «Farò di tutto, proprio di tutto, perché tu non possa dire quel che pensi». Non è una sua caratteristica personale. Vi sono in America e altrove ricchissime associazioni, arricchitesi con l’«industria» di cui ha parlato Finkelstein – per questo odiatissimo dai suo correligionari – , le quali finanziano innumerevoli iniziative, lecite e meno lecite, il cui scopo è di far valere, di promuovere l’immagine di Israele nel mondo ed il senso di colpa degli europei per un evento mitico, che per legge non può essere indagato: la sua veridicità è data non per spontanea convinzione sulla base di una libera ricerca e di approfonditi studi, ma per costrizione di legge. Cosa ciò abbia a che fare con il liberalismo, lo comprende chiunque non si chiami Alain Dershowitz, il cui libro non possiamo criticare perché ancora non entrato nel circuito commerciale. Alla Feltrinelli non ne sanno proprio nulla e ne hanno sentito parlare per la prima volta da me. In rete non esiste nessun annuncio librario. Almeno per Mearsheimer e Walt si sapeva esattamente il giorno di uscita in Libreria: fui il primo a comprarlo e a leggerlo.

Oltre a Finkelstein, apprezzato da Alan Dershowitz come “spazzatura che nessuno prende sul serio”, i nemici dichiarati sono pure i due politologi americani, insieme a Carter. A proposito di “spazzatura” l’insigne “giurista” Dershowitz dovrebbe sapere ed accettare come in tal modo diventi lecito per la spazzatura un viaggio di ritorno, con valore incrementale. Giusto io mi darò la pena di comprarlo, quando uscirà il libro. Ma per i più una simile “spazzatura” non merità neppure di essere sfogliata. La sua naturale circolazione potrà essere al massimo la comunità ebraica italiana che non conta più di 40 o 45 mila persone. Qui avrà tutto il successo che merità. Alessandra ha un bel da fare a creare il mercato con una recensione sul “Corriere” prima ancora che il libro sia disponibile. È un privilegio di cui tanti autori italiani certamente non godono. I librai sanno bene che una recensione significa automaticamente un certo numero di esemplari venduti. Potenza della lobby ebraica!

Tempo addietro abbiamo letto un’incredibile notizia, facile da reperire in rete. Un ambasciatore israeliano si era recato nella sede del Corriere della Sera per spiegare ai giornalisti di quella primaria ditta come dovessero informare gli italiani sul massacro, sul genocidio di Gaza. Posso immaginarmi che Alessandra Farkas fosse seduta al primo banco. «In Italia Alan Dershowitz è di casa dal 1974»: così inizia Alessandra il suo articolo. Ma chi lo dice che è di casa? Alessandra! E cosa significa propriamente? Ricordo che decenni orsono, certamente dopo il 1974, lessi di una visita in Italia di David Irving, il quale avrebbe dovuto tenere una conferenza all’Hotel Parco dei principi. La cosa mi incuriosiva e sarei andato ad ascoltare le sue controverse teorie. Non potei. Il giorno dopo lessi sullo stesso giornale la notizia che lo storico era stato fermato all’aeroporto e rispedito indietro in quanto non si voleva non già che collocasse bombe in qualche banca, ma che tenesse una semplice conferenza. Allibii e mi chiesi se l’Italia fosse un paese libero e democratico. Certamente, per me italiano al 1000 per mille, Dershowitz non è “di casa” nella “mia casa” e volentieri lo caccerei fuori dalla “mia casa” con un cordiale accompagno sul di dietro.

Costoro sono gli apostoli della menzogna. Poiché possono disporre di grandi mezzi di comunicazione come il “Corriere della Sera” sono arciconvinti di poterci dare a bere ogni cosa. È da ascrivere alla maturità del popolo italiano quello di non essere un grande lettore di giornali. Con simile carta stampata a non leggerli ci si salvaguarda la salute mentale ed al tempo stesso si amministra più saggiamente la propria tasca. Meglio un caffè con gli amici a fare quattro chiacchiere che non comprare quotidiani che sono soltanto mezzi di propaganda, anzi di questi tempi anche mezzi di sterminio e di genocidio, se si accetta l’idea che nel genocidio tuttora in corso a Gaza la nostra stampa è complice a pieno titolo. Potrei continuare a commentare il disgustoso articolo di Alessandra Farkas, che cerca di creare affabulazione su un lpoco raccomandabile figuro che pretende di essere un “vero liberale” e che vuol convincerci ad essere complici di un vero e proprio genocidio. Ma noi rispondiamo con le parole evangeliche riformate: lasciando stare i tuoi figli, il sangue degli innocenti che da cento anni a questa parte viene versato in Palestina, ricada tutto su di te e sui tuoi complici.

RASSEGNA STAMPA COMMENTATA

1. La fiera della corbellerie. – Mi sono risparmiato la tournée del “visitatore apostolico”, anche perché fortunatamente martedi 5 maggio era altrove, sia pure a poche centinaia di metri distante in Roma. Ero alla presentazione di un altro libro, quello di Filippo Giannini, su “Gli ebrei nel ventennio fascista”. Se fossi stato allo spettacolo ebraico-americano offerto dal compaesano Nucara difficilmente avrei potuto sopportare in silenzio l’accostamente fra Mazzini e il Risorgimeno con il sionismo e Alan Dershowitz. Francesco Nucara è un calabrese, come me. Mi dispiace che si sia messo sulla scia del sionismo. È un politico marginale e mi auguro che resti marginale. Se pensa di raccogliere i suoi voti fra gli ebrei di Roma, poco più di 10.000, credo che faccia male i suoi calcoli. Questi votano altrove. Quanto poi ai 400.000 calabresi residenti nella capitale si tratta di un voto non organizzato, che io sappia. Certamente, io non voterò mai per Nucara e non chiederò a nessuno di votare per lui. Se legge queste righe, sappia regolarsi. Anche io mi do da fare per organizzare i calabresi romani, ma i fondamenti “sionisti” di Nucara sono decisamente improponibili e indigeribili. Nucara, non a Sderot doveva andare, dove al massimo ha potuto trovare qualche vaso rotto, ma doveva andare a Gaza, dove si consuma un genocidio fra fa rivoltare dalla tonba Giuseppe Mazzini, se qualcuno pensa di usare il suo nome a beneficio dei vasi rotti di Sderot ed in dispregio dell’«Olocausto» palestinese, cioè la Nakba.

Che i Repubblicani italiani siano sempre stati quattro gatti, che hanno ben saputo beneficiare del sistema proporzionale, lo si è sempre saputo. È forse giunto il momento buono perché scompaiano del tutto. Mazzini fu repubblicano, ma non basta questo per collegarlo ad un qualsiasi partito che si dica repubblicano. Restano moltissimi elementi che fanno la differenza. La “somiglianza culturale” di cui parla Nucara è tutta e soltanto nella sua testa. L’Italia nasce come stato unitario attraverso una tormentato unificazione di stati e popolazioni autoctone preesistenti. Israele nasce su fondamento coloniale, sulla “cacciata” dei palestinesi che sono sono gli unici legittimi, naturazizzati da millenni, abitanti del territorio. Bisogna essere del tutto digiuni ed ignoranti di storia per non capire la differenza fra chi a casa propria ci sta da sempre e chi viene per cacciarti da casa tua.

Non voglio andare sul pesante, ma lascio all’interessato la valutazione politica di chi si mette dalla parte dell’aggressore e contro l’aggredito. Mazzini ed Herzl sono distanti l’uno dall’altro come la notte e il giorno. Di “visionario” non è il caso di parlare né per Mazzini né per Herzl: sapevano cosa volevano e volevano cose diverse. Sto percorrendo altrove tutta l’opera di Mazzini (ahimé 100 volumi!) per cercare di capire su quali basi scientifiche o politiche vengano propositi simili accostamenti da parte di autentici irresponsabili, i quali evidentemente contano sul fatto che Mazzini siano un “cane morto”, cioè che del suo non profondissimo pensiero siano assai pochi ad interessarsene. In realtà, non lo legge nessuno e per questo gli si può far dire di tutto, anche cose che contrastano con le basi stesse del suo elementarissimi pensiero politico: l’Italia era divisa in tanti stati e staterelli. Bisognava farne un solo stato, un solo popolo, una sola Repubblica. Ma non ha mai detto andiamo in Libia e buttiamo al mare i libici, o i tunisini, o gli eritrei, ed occupiamo il loro territorio, le loro case, magari appellandoci al diritto imperiale degli antichi romani, di cui ben si sa siamo i legittimi eredi. Di queste corbellerie ben si nutre in sionismo, che è una dottrina sorta non già all’interno della buriana nazionalista del XIX secolo quanto del colonialisno europeo che dal 183o in poi (occupazione coloniale dell’Algeria) ebbe una recrudenscenza che portò ad immani disastri. Questo è il dna del sionismo. Mazzini non c’entra.

Rosselli e Nathan erano ebrei. Mazzini morì da esule a casa loro. Ecco dunque il grande legame logico! Come a dire che se io a scuola ho avuto per compagni degli ebrei, e magari sono stato pure a casa loro, divento per questo anche io un ebreo ed un sionista. Grande, proprio Grande Logica! Già, «come non ricordare?» Cosa? Mah! Le corbellerie si accompagnano ad altre corbellerie. Il Nostro ci dice che fra i 1000 vi erano 8 ebrei. E allora? Erano “sionisti”? Le brigate “ebraiche” che sbarcarono in Sicilia? Nucara lo ha letto il recente libro del suo collega Augiello? Sulla “liberazione” portata dalle “brigate ebraiche” io esprimo qui tutte le mie riserve, ma prima di me è stato fatto dagli stessi invasori americani, essendo stato finora i nostri politici troppo votati alla loro “cupidigia di servilismo”.

A Basilea Herzl fondò uno Stato Ebraico di cui ancora non sapeva quale sarebbe stato il territorio. Meno che mai si chiedeva, in termini liberali e democratici, coma comportasse l’aggettivo “ebraico” accanto a Stato. Noi oggi sappiamo che significa “razzista”. E meglio di noi lo sanno i palestinesi che dal 1882, anno in cui moriva anche Garibaldi che l’Italia l’aveva fatta non meno di Mazzini, hanno incominciato a sperimentare la pulizia etnica, o “transfer”, come usano dire in Israele.

La nascita dello stato di Israele coincide con la Nakba e con la vergogna di un sistema internazionale, la cui logica è quella della sopraffazione, della depredazione delle risorse altrui, del colpo di stato indotto, delle rivoluzioni colorate ed eterodirette, nella menzogna istituzionizzata. Beninteso, il Presidente non si tocca! Ma quando si parla si parla del suo “pensiero” sorge il problema e lo scrupolo filologico di poter distinguere quale sia il suo proprio pensiero e quale sia il pensiero dei suoi consulenti, ebrei pure loro, con tutto il rispetto! Si tratta di capire e di sapere a quale pensiero a quale pensiero richiamarsi. Io ho ancora in casa gli atti del Congresso del partito comunista del 1956, dove si può leggere un intervento, non propriamente liberale, dell’allora comunista Giorgio Napolitano. Il suo passaggio al sionismo è un capitolo che sto meticolamente studiando, desideroso di capirci qualcosa. Ho l’impressione però che la sua famosa dichiarazione sull’equivalenza fra antisemitismo e antisionismo sia il risultato di un lavorio analogo a quello fatto per la “Nova Aetate”. Qualcosa che deve essere spiegato nella sua genesi, diventa un dato di fatto, un assioma, su cui si costruiscono poi interi castelli concettuali-propagandistici. Non con parole mie, ma con le parole di Ilàn Pappe, ebreo ed israeliano, ma per noi soprattutto storico, ebbe a commentare su richiesta la dichiarazione del signor Napolitano, che lui confondeva con Berlusconi, dicendo che si è antisemiti se non si è antisionisti. E meglio non poteva esser detto.

Proseguendo nell’analisi delle corbellerie repubblicane nucarariane viene fuori anche Moses Hess, che a me è noto per il costante dileggio che ne faceva un altro e ben diverso ebreo: Karl Marx. “Gerusalemme e Roma” significa tutto e nulla. Intanto, significa che Roma distrusse Gerusalemme. Oggi vale il contrario: Gerusalemme minaccia di distruggere Roma. È da chiedersi da che parte stia qui Nucara.

Di Spadolini ancora non sapevo, ma certamente la sua banalità pronunciata all’incontro organizzato dall’associazione Italia-Israele è tutta da verificare nella suo contenuto adulatorio di circostanza e soprattutto è giunto il tempo per togliere loro dalle mani il pupazzo Mazzini, con il cui pensiero giocano pericolosamente, giungendo a rendere inviso e sospetto quello che era finora apparso ai più come un innocuo “visionario”, che l’«ebreo» Marx ebbe a definire come una sorta di cretino l’unica o le rare volte cui ebbero ad incontrarsi. Non ci importa se di destra o di sinistra, ma un “repubblicano”, ossia un “mazziniano” che osi definirsi “sionista”, per noi non ha nulla a che fare né con Mazzini né con il Risorgimento italiano né con il liberalismo né con i diritti umani e neppure con la Calabria.

In attesa del libro una recensione della tournéé

Il libro, anzi il “libraccio” non sembra proprio voler uscire. Ne ho già chiesto almeno una mezza dozzina di volte alla Libreria Feltrinelli che ho vicino casa. Mi dicono che dall’editore è annunciato per settembre. Addirittura. E qui si aprono una serie di considerazioni generali che raccolgo qui senza iniziare un nuovo apposito post. Mi allargo per poi recensire tutte le altre pagine, oltre a questa sulla quale scrivo, dove il motore di ricerca Googlie offre risultati alla voce “processo ai nemici di Israele”. Non so quanti leggerano questa pagina, ma non importa: si scrive per uno, per nessuno, per centomila. La traccia della riflessione che abbozzo ha il titolo La Israel lobby nei suoi rapporti con l’editoria e l’industria mediatica. Voglio ancora una volta ricordare il momento in cui Gianni Vattimo perse le staffe, quando infastidito dall’azione fraudolenta dei media ebbe a sbottare: ma insomma forse i “Protocolli” non avevano tutti i torti, quando evidenziavano il possesso ebraico dei mezzi di comunicazione. Ed eravano agli inizi del Novecento. E la cosa era vera in sé, Protocolli o non Protocolli. Fi guriamoci oggi. Ne abbiamo le prove che più prove non si può.

Naturalmente Gianni Vattimo fu subito messo sotto tiro per questa sua uscita, che per chi ne avesse in buona fede captato lo spirito non aveva nulla a che fare con una dichiarazione di autenticità o meno del “Protocolli”. Non sono io l’avvocato difensore di Vattimo. Non lo conosco neppure. Conosco invece o conoscevo un poco Massimo Cacciari. Non mi piacque un suo sorrisetto, assai poco filosofico, nel commentare in un passaggio televisivo la sortita di Vattimo, a lui probabilmente giunta di terza o quarta mano. E questo forse lo giustifica. Ma del giudizio extra chatedram di Massino appresi a diffidare fin dai tempi della prima guerra irachena. Ricordo poche settimane prima dell’aggressione american all’Iraq una intervista radiofonica, dove prima veniva chiesto a Massimo se fosse un esperto di cose militari. Lui rispose di sì, che se ne intendeva. Dopo diede un giudizio secondo cui gli americani si sarebbero arenati nelle sabbie del deserto o qualcosa di simile. A qualche settimana i fatti smentirono clamorosamente l’«esperto» Cacciari. Da allora, restando invariata la stima o disistima, ho appreso a non prestare credito a valutazioni arbitrarie da chiunque provengano. Resta qui il fatto che Massimo Cacciari si schierò con la lobby negli attacchi a Vattimo.

Torniamo a noi. Mi è giunta notizia in questi giorni di un nuovo clamoroso caso di censura in Francia, patria della rivoluzione francese. Già! La rivoluzione francese con i suoi diritti di libertà, in primis di pensiero, di parola, di stampa. Chiedevo di questo precedente politico al libraio francese, di una libreria francese, dove sono andato a ordinare il libro di P.-E. Blanrue, Sarkozy, Isräel et les juifs, che il suo distributore con elevato spirito di libertà non vuole distribuire e non vuole far leggere a quanti possono esserne interessati. Il libro descrive anche per la Francia l’esistenza di quella lobby che Mearsheimer e Walt – nemici di Dershowicz – ha denunciato negli Usa. A impedire l’uscito del libro è proprio quella Lobby, di cui Dershowicz è il rappresentante in tourné diplomatica ora presso di noi.

Del tutto chiaro, no? Impedire agli altri di parlare, attraverso la censura di libri o la diffamazione dei loro autori e lasciare spazio e libertà di parola ai Dershovitz di turno. Tornando a costui, come non notare la propaganda che gli viene fatta ancora prima, molto prima che il libro esca, in settembre, secondo quanto mi dicono alla Feltrinelli. Ma intanto i manutengoli nostrani si danno da fare per battere la grancassa. Mi viene da pensare ad un passaggio televisivo di Maurizio Molinari –buono pure lui! Se ne parlava già nel libro sul B’naï B’rith apparso in Francia oltre 10 anni fa!– Diceba il buon Molinari, non un volgare esagitato alla IC, che il libro di Mearsheimer e Walt sarebbe stato in America “demolito”. Avendo ben letto il libro in ogni sua pagina e ogni sua riga mi chiedevo chi potesse essere un simile “demolitore”. Veniamo a sapere che sarebbe questo Dershowitz, di cui però il libraccio non possiamo leggerlo prima di settembre. Dobbiamo qui accontentarci di esaminare le sparate laudatorie degli imbonitori localizzati su questo nostro disgraziato e occupato paese. Sia Mearheimer e Walt, sia Blanrue, ci ammoniscono sul fatto che non bisogna sottovalutare le lobby. Condizione del loro successo è proprio che gli altri, le vittime designate, non abbiano ad accorgersi di loro. Per questo non dobbiamo stancarci di denunciare le loro mene.

a. – Una manifestazione vomitevole. – Ho ascoltato per oltre un’ora e mezzo la registrazione di cui al link. Ho fatto ciò mentre eseguivo una lunga seduta di scansione di alcuni testi a stampa. Quindi le impressioni che riporto qui di seguito sono a registrazione conclusa La manifestazione si è tenuta a Roma il 4 maggio. Non ne ho avuto notizia né mi è giunto alcuno nè so se mi sarebbe mai giunto, pur chiedendolo. Credo che il pubblico fosse di giornalisti, le cui domande erano tutte addomesticate e non meno infami dello sproloquio da azzercagarbugli americano del “professor” – così chiamato – Dershowitz, che ha il potere in America di impedire che altri, ad esempio Norman G. Finkelstein, possano portare il titolo di professore. I rilievi che ho qui da fare finché mi resta la memoria della registrazione, che all’occorrenza posso risentire, pur guastandomi il sangue sono di diversa portata. Intanto voglio occuparmi di filologia o meglio di cronologia. Abbiamo detto che il “papa” sionista ed ebreo venuta dall’America, ovvero la “spazzatura” – se per Dershowitz possiamo democraticamente e paritariamente usare la stessa terminologia che lui ha usato per Norman G. Finkelstein – ha parlato in Roma – dove ahimé nella “città sacra” ha insultato il vescovo di Roma, come se fosse a Tel Aviv o in America –, ebbene un simile “papa” ebreo che fa lezioni al papa cattolico ha parlato in data 4 maggio, come si legge nel link alla data della registrazione. Non so quale fosse il luogo, ma credo fosse l’Eurispes. Lo leggeremo da qualche parte. La data, dunque: il 4 maggio.

Qualsiasi azzegarbugli di provincia sa bene ed insegna che quando si vuole offendere, diffamare, infangare qualcuno è bene farlo senza farne il nome, ma parlandone tuttavia in modo che si capisca a chi ci si rifererisce. Si evitano in questo modo fastidiose ed eventuali conseguenze giudiziarie. Non è stato però difficile capire che l’addebito di scarsa professionalità era rivolto a Ilàn Pappe, che noi sappiamo ha dovuto lasciare la sua università in Israele a seguito di minaccie per aver scritto il suo libro sulla “Pulizia etnica della Palestina” per andare in Inghilterra a Exterer, che l’azzeccagarbugli venuto dall’America derubrica a università inglese di terza o quarta categoria. Qui voglio aprire una parentesi, avendone tutta la comodità e non costringendo nessuno ad ascoltarmi o a leggermi.

Di Avraham Burg sappiamo che, conservando il passaporto francese, ha scelto lui di buon grado di andarsene da Israele, dopo aver definito quella realtà politica come uno stato alla nitroglicerina ed pratica assimilandolo al nazismo, anche se personalmente non approvo queste analogie: ogni cosa va contestualizzata nello spazio e nel tempo. Se però si vuol comparare, non definire per analogia, il nazismo e il sionismo, io non ho dubbi che il sionismo sia molto peggio del nazismo. Non sono né un ebreo – mai la mia gens lo è stata in 1000 anni di storia che posso documentare – né un filogiudaico e meno che mai un sionista, ma per nulla ciò che si dice provocatoriamente e artatamente un “antisemita”, tuttavia io mai e poi mai accetterei o potrei vivere in uno stato come quello di Israele fondato sulla pulizia etnica, sull’aggressione coloniale, sull’apartheid, sull’inganno e l’ipocrisia come filosofia di vita. Che Ilàn Pappe o altri abbiamo trovato il modo di andarsene, trovando luoghi disposti ad accoglierli trattandoli da esseri umani, è a mio avviso una gran fortuna. Se per immaginazione io mi chiamassi Ilan Pappe o Shlomo Sand io sarei ben lieto di scambiare un posto di maestro di scuola elementare in un qualsiasi paese d’Europa, Sud America o Africa con la più prestigiosa cattedra universitaria di Israele in Israele. Se poi Exeter in Inghilterra sia un’università di terza o quarta categoria io non so dirlo e poco mi interessa saperlo. Il quesito deve essere rivolto al rettore di quell’università ed ai suoi docenti. Quel che so è che nella comunità scientifica alla quale appartengo non esistono le categorie razziali e razziste che sembra governare il cervello del “professor” Dershowitz, “professore” quando non fa l’azzegarbugli o il propagandista dello stato “criminale” (leggi Jasper rovesciato) di Israele.

La data: il 4 maggio Dershovitz parlò in Roma insultando il vescovo del luogo. Se si va a guardare un’altra data, quella del 23 maggio dello stesso anno 2009, si scopre la “fonte” del fango irradiato dai media sionisti. In un infame commento di “Informazione Corretta”, cui segue l’articolo di Sfaradi su “Liberal” dello stesso giorno, un articolo che noi in termini assai moderato abbiamo inteso fustigare, stando bene attenti a contenere gli insulti ad un grado di intensità inferiore a quello altrui. L’azzegarbugli, il giurista dei miei stivali, ha perfino preteso di fare una lezione sul concetto penalistico di offesa proporzionata. Non ho bisogno delle sue lezioni di diritto penale, ma mi baso sul principio pratico: ti rispondo, offendendoti meno di quanto tu non offendi me stesso o altri che io difendo, senza averne avuto il mandato, ma sulla base di un principio di civiltà e solidarietà umana, in genere estranea alle religio ebraica, di cui il nostro è per sua ammissione fedele, avendo perfino citato la Bibbia, cioè la Torah e il Talmud, fantastici testi di immoralità. I «corretti informatori» e con loro lo “squallido” Sfaradi non sarebbero stati capaci per scienza propria di dare alcun giudizio sull’opera storiografica di Ilàn Pappe, se non avessero potuto attingere alla “spazzatura” venuta dall’America. Non era dunque farina del loro sacco. Peraltro un “sacco” dove al massimo si può trovare qualche “grida” di quelle adoperate alla bisogna dall’Azzeccagarbugli manzoniano. Non avendo specifiche competenze “storiche” il nostro prof. Azzeccagarbugli non ha nessunissimo titolo a proncunciarsi su un libro di storia, fondato su dati archivistici e fonti storiche magistralmente adoperate, come quello di Ilàn Pappe, il cui contenuto può avere solo conferme da ulteriori ricerche e non può certo essere confutato dal fango, dall’immondizia che i suoi detrattori solo sanno gettargli addosso.

Ho citato anche Shlomo Sand, il cui libro sull’«invenzione» del popolo ebraico ho letto in traduzione francese, non certo nella lingua tanto originale quanto artificiale che è l’ebraico moderno, una lingua patologica sorta solo sulla base di una diffusa patologia di massa. Shlomo Sand – se ben ricordo – ebbe a rimproverare Pappe per essere stato incauto, avendo voluto scrivere il suo libro in inglese, anziché in un ebraico che nessuno legge. A sua volta, Shlomo Sand ha anche ammesso di essersi deciso a scrivere il suo libro dopo essersi accertato che ormai in fatto di carriera non avrebbe più potuto venirgli nessuna ritorsione. Ognuno di noi, in qualsiasi ambito egli viva e lavori, sa quale potente fattore di condizionamento è la carriera. I filosofi antichi al riguardo la sapevano lunga.

Ma veniamo ora agli aspetti maggiori dell’obbrobrio che si può sentire in registrazione. Una persona appena un poco esperta di cose mediorentali è subito in grado di riconoscere le colossali menzogne e mistificazioni dette dal nostro Azzeccagarbugli da quattro soldi. Le confutazioni possibili sarebbe a centinaia. Dovrebbe qui attardarci fino a scrivere un libro, cioè un supporto cartaceo di centinaia di pagine che non sarebbero necessariamente un “libro” nel senso proprio e nobile del termine: dubito che di simili libri il nostro Azzeccagarbugli ne abbia mai scritto uno, anche se viene presentato come uno “scrittore”. Leggeremo comunque per intero la porcheria che ha scritto e che Eurilink a pubblicato, appena la si potrà acquistare in Libreria. Per tutte una: ha ripetutamente in Nostro parlato di “scudi umani” che il “demone” – mai più democraticamente eletto – Hamas userebbe. Se mi riesce di estrarre l’immagine del dvd di cui ho parlato appena ieri, Araba fenice il tuo nome è Gaza, allego qui l’immagine di un soldato israeliano, soldato ad alto indice di moralità, mentre spara da un cantone di strada, tenendosi al riparo di un prigioniero palestinese, bendato, legato, e messo in ginocchio, mentre sopra la sua testa il glorioso soldato israeliano spara ad altri esseri umani indifesi. I “demoni” accreditati, cioè i nazisti o i fascisti, che a loro modo avevano alto il senso dell’onore, anche bellico, mai sarebbero stati capaci di tanta infamia. Il superiore popolo “eletto” e “sopravvissuto”, quindi “sbarcato” nella Terra Promessa da dove dice di essere andato via... duemila anni fa, il popolo “eletto” è capace di tanto. E l’azzeccagarbugli viene a Roma a fare lezione di “morale cattolica” a quello che per noi una volta era la Somma Potestà, superiore perfino all’Imperatore, è che oggi viene insolentito in casa sua da chiunque se lo voglia permettere. Si può non essere più cattolici praticanti, ma è difficile che l’apostasia o il rigetto di tante posizioni della Curia spinga a tanta insolenza. I nostri politici baciapile lo consentono: fra due padroni scelgono quello che ha il “bastone”!

Ma devo chiudere, almeno per adesso. Non si respira un’aria salubre in mezzo a tanta sporcizia morale. Forse l’elemento più fragile di tante frivolezze esposte per un’ora e mezza come fossero argomento è l’assioma del “diritto di Israele” alla sua esistenza. Nessun finto giornalista – erano tutti fra di loro – ha pensato di chiedergli quali siano le basi di legittimità di un simile diritto, quasi che il suo contraltare fosse il dovere alla non esistenza dei palestinesi o il loro obbligo di farsi annientare e perfino sodomizzare in reale e in senso metaforico. Un bambino di scuola elementare, che però non faccia le sue elementari in Israele, è in grado di capire il problema se gli si prospetta poniamo la situazione in cui in Italia sbarcano i cosiddetti clandestini, non come disperati in cerca di lavoro o di qualche pezzo di pane, ma armati fino ai denti ed attrezzati con tutti i mezzi finanziari, militari, politici, mediatici, religiosi perfino, ed il cui scopo fosse di cacciare dalla penisola tutti gli indigeni italiani, parte massacrandoli, parte mandandoli profughi nella vicina Africa, o in Albania, o nel Kossovo, per poi infine rivendicare il proprio “diritto all‘esistenza”. È esattamente quello che è successo in Palestina a far data dal 1882. Il resto è storia. E la storia bisogna conoscerla ed interpretrarla. L’ebreo israeliano Ilàn Pappe lo ha fatto, se è accorto, ma dicono che non sa la storia, che è addirittura un “antisemita”, un “nemico del suo popolo”. Lui però si permette di rispondere a quelli che a Napolitano hanno messo in bocca la famosa dichiarazione sull’antisemitismo e l‘antisionismo, dicendo che in realtà si è antisemita se non si è antisionisti. Lo ha capito perfino Avraham Burg, che non è storico, ma è stato addirittura ai vertici dell’ebraismo. Cosa altro dobbiamo dire? Ascoltando la registrazione si puà dire ancora molto, guastandosi il sangue. Ed occorre dirlo per salvaguardare gli ingenui e i disinformati dall’inganno, dall’industria mediatica della menzogna e dell’inganno, di cui relatori e pubblico ivi convenuto sono parte attiva.

Un’ultima osservazione riassuntiva di questa parte. Non nascondo che avevo avvertito una certa soggezione quando mesi addietro ebbi ad ascoltare un breve inciso di Maurizio Molinari sul fatto che il libro di Mearsheimer e Walt sarebbe stato “demolito”. Avendo letto il libro, oltre 600 pagine note escluse, e trovandolo assai ben costruito e documentato, e perfino assai cauto, volendo chiaramente i due autori prevenire l’accusa scontata quanto strumentale di antisemitismo, mi chiedevo quali argomenti mai i “demolitori” avessero trovato. Se la conferenza e il dibattito di cui in registrazione sono rappresentativi del libro, di cui ci prenderemo intero il disgusto di leggerlo, allora devo concluderne che il “demolitore” Dershowitz ha in realtà demolito se stesso, dando ai due autori americani la migliore conferma delle verità, peraltro assai edulcorate, da essere rivelate ad un grande pubblico. Già il pubblico. Quale pubblico? Era pubblico quello che ha retto il sacco al nostro Azzeccagargli, che gli ha fatto da spalla per poter dire impunemente le bestialità che ha detto, proprio qui in Italia ed a pochi passi dalla dimora del papa cattolico? No! Il pubblico che a noi interessa è la comunità degli “spiriti liberi”, di quanti possono essere sensibili alle ragioni della verità, della giustizia, dell’umanità. Noi siamo certi che presso questo pubblico costoro non hanno udienza. E lo sanno bene. Come sanno bene che il loro potere non si fonda né sulla verità, né sulla giustizia, né sull’umanità.

venerdì 24 aprile 2009

Liebermann in Italia non è un nostro gradito ospite!

Ben ricordo l’accoglienza che la comunità ebraica romana su iniziativa di Pacifici e di Polito ha riservato al presidente iraniano Ahmadinejad. Le speranza allora dei nostri politici riuniti in piazza del Campidoglio con qualche centinaio di ebrei della comunità romana, con degli omosessuali lì riuniti che pensavano di poter difendere i diritti degli omosessuali in Iran semplicemente facendo la guerra ad un intero popolo di 70 milioni di anime, presumibilmente non tutte omosessuali. Non vi era dubbio di sorta che in quel momento la Israel lobby sperava in una guerra imminente contro l’Iran. Quella manifestazione capitolina aveva il preciso scopo politico di creare un orientamento favorevole alla guerra come era già successo con l’Iraq, a colpi di menzogne. Chi ha mentito in quell’occasione non sperava evidentemente di ottenere adesso credito ed assai ipocritamente si mascherava la manifestazione come una richiesta di diritti civili ed umani in… Iran, come se noi in fatto di “diritti” fossimo avanzatissimi. Dobbiamo ricordare che in Germania, in Francia, in Svizzera, etc., si continua ad andare in galera per meri reati di opinione. Tutta la canea contro il vescovo Williamson, guarda caso subito dopo l’operazione “piombo fuso”, è un clamoroso attacco alla libertà di pensiero: il merito della questione – quale che sia – non è per nulla comparabile al bene prezioso e supremo della libertà di pensiero, che è stata clamorosamente negata e che viene continuamente negata. Altro che Ahmadinejad! Ci vogliono fottere! E Lieberman viene per questo! Viene per tramare guerre! Non dobbiamo fare del trionfalismo. Non dobbiamo ignorare il tradimento della nostra classe politica, di maggioranza e di opposizione. Ma se in una pubblica manifestazione contro Lieberman saremo più numerosi di quanti erano i filoisraeliani a piazza del Campidoglio o in piazza Montecitorio – rispettivamente non più di 100 e 400 persone –, allora possiamo dire di rappresentare noi, e non loro, il popolo italiano.

WWW.FORUMPALESTINA.ORG

Lieberman in Italia non è un ospite gradito
Il ministro razzista israeliano a maggio viene a Roma


Il ministro Frattini e il governo Berlusconi hanno invitato per i primi giorni di maggio in Italia il principale dirigente del partito razzista e antipalestinese ed attualmente ministro degli esteri del governo israeliano

Per discutere le iniziative di protesta contro la visita di Avigdor Lieberman a Roma, invitiamo tutte le realtà antirazziste e di solidarietà con la Palestina a partecipare ad una assemblea cittadina.

Mercoledì 29 aprile, ore 17.30

Assemblea cittadina

alla sala di Carta in via dello Scalo di S. Lorenzo 67

www.forumpalestina.org


Nota:

“Civium Libertas” aderisce alle iniziative di Forum Palestina e di ogni altra organizzazione di solidarietà verso il popolo palestinese e di contrasto contro il governo colonialista, invasore, oppressore e razzista di Israele.

giovedì 23 aprile 2009

Campagna di sottoscrizione per la digitalizzazione dell’opera dell’ebreo convertito Giulio Morosini: “La via della fede svelata agli ebrei”, 1683.

Versione 1.4
Status: 21.6.09
Sottoscrittori: 34

La Societas “Civium Libertas” si caratterizza anche come “Societas Studiorum” proponendo ai suoi iscritti una sottoscrizione per la digitalizzazione della corposa opera in tre volumi, per circa 1800 pagine complessiva, di Giulio Morosini. Dato il costo elevato della digitalizzazione è possibile dividerne il costo in modo che ogni sottoscrittore non debba spendere complessivamente più di 30 euro, in pratica il costo di un normale libro, ma trattandosi qui di una seicentina, mai più ristampata dall’anno 1683 e reperibile solo in poche Biblioteche. Le adesioni si raccolgono previa iscrizione alla Societas

Civium Libertas

che offre il servizio e all’interno della quale verranno comunicate tutte le informazioni necessarie, fino al completamento della campagna di sottoscrizione. Qui di seguito vengono forniti alcuni campioni di ciò che poi i sottoscrittori potrebbero trovare in un cd-rom che verrà spedito al loro recapito dietro un contributo di sottoscrizione non superiore ad euro trenta. Questo è al momento il solo dato impegnativo che può essere comunicato, pena l’abbandono della campagna di sottoscrizione che in questo momento ha raggiunto 25 adesioni. Di seguito ai fotogrammi di campione, per come qui possono venire visualizzati, verrano curate informazioni sull’opera la la figura di Giulio Morosini.


Le adesioni,
esterne alla Societas, possono venire inoltrate anche al seguente indirizzo:

progettomorosini@gmail.com


Campione n. 1
Pagine 636-37

Cliccando sull’immagine si ottiene il suo ingrandimento

Campione n. 2
Pagine 1406-1407


Campione n. 3
pagina 637
Nota bene: il cd-rom, per ragioni di costo,
verrà realizzato su pagina doppia!


Questo campione ha solo valore indicativo in quanto la digitalizzazione, per dimezzare i costi, verrà fatto su pagina doppia. Successivamente, grazie al concorso di una squadra di amanuensi, l’opera verrà pubblicata trascritta in questo blog, con tipi moderni, e corredata di illustrazioni. Le pagine dell’esemplare sono in buono stato di conservazione, tutte leggibili, ma presentano coloriture differenti dovute ai processi chimici subite dalle singole pagine dal 1683 ad oggi. Con il fotografo, che assicura la buona riuscita della digitalizzazione, è stata concordata la realizzazione di un formato pdf da poter scorrere come le immagini di un libro. Variazioni tecniche sono possibili fino ad accordo definitivo.

Citazione di Morosini
fatte da Ariel Toaff in “Pasque di sangue”
(edizione ritirata)



Nella prima età moderna i festeggiamenti carnevaleschi del Purim finivano col perdere quelle punte di aggressività e violenza che ne erano state le caratteristiche nell’antichità e nel primo Medioevo, pur non rinunciando alle valenze chiaramente anticristiane che per tradizione li caratterizzavano. Così scriveva Giulio Morosini, chiamato Shemuel Nahmias a Venezia quand'era ancora ebreo, in passato discepolo tutt'altro che sprovveduto di Leon da Modena.
Nel leggerla [la meghillah di Ester], quando si nomina Aman i ragazzi con un martello o bastone battono a tutta forza sopra i banchi della Sinagoga in segno di scomunica, dicendo ad alta voce Sia cancellato il nome suo e E’l nome degli empij si putrefaccia. E tutti gridano Sia maledetto Aman, Sia benedetto Mardocheo, Sia benedetta Ester, Sia maledetta Zeres. E ciò fanno così la sera, come la mattina di questo primo giorno, ma non lasciano, mentre esercitano il giusto sdegno contro Aman e gli avversari dell'Ebraismo in quel tempo, copertamente spargere il veleno contro i Christiani, sotto nome d'Idolatri […] gridano dunque ad alta voce Maledetti tutti gl’Idolatri (432).
Ma già in precedenza l’illustre giurista Marquardo Susanni, protetto di Paolo IV Carafa, il fervente e appassionato fondatore del ghetto di Roma, accennava alla sfacciata ostilità al cristianesimo come alla caratteristica peculiare del carnevale di Purim. A suo dire, «nella festa di Mardocheo» gli ebrei non si peritavano di rivolgersi l'un l'altro questo augurio dai toni offensivi: «Come è andato in malora Aman, vada in malora d'urgenza il regno dei cristiani» (433).

432 Cfr. Giulio Morosini, Derekh Emunah. Via della fede mostrata agli ebrei,Roma, Propaganda Fide, 1683, p. 836.

Alle radici della holocaustica religio: 2. Hans Jonas, filosofo della colpevolizzazione altrui.


Considero esaurito e squalificante il monitoraggio di centrali di propaganda sionista come “Informazione Corretta”, “Honest Reporting” (dismesso), “In difesa di Israele” nonché dei numerosi giornalisti, politici, intellettuali, conferenzieri propagandisti che hanno chiaramente un rapporto gramscianamente organico con Israele e l’ebraismo olocaustico. Vogliamo passare ai livelli alti, cioè ai tentativi di fondazione filosofica della “colpa altrui”, non già della colpa in generale dell’umanità in una visione dell’uomo peccatore, bisognoso di una redenzione universale, come sarà poi con il cristianesimo, che nasce da una rottura necessaria ed insanabile con le angustie e le barbarie proprie dell’ebraismo. Il conflitto millenario fra ebraismo e cristianesimo sembra si vada componendo non già con un risibile “dialogo”, ma con i collaudati ed efficaci metodi del B’naï B’rith, la massoneria ebraica che è riuscita ad infiltrarsi fin nel Concilio Vaticano II. Ma di ciò basti qui un solo accenno: ne parliamo altrove. Ora ci preme misurarci e confrontarci con Hans Jonas, la cui produzione interessa le aule dove si insegna o almeno si parla di filosofia. Avevamo già cominciato a farlo con Karl Jaspers. Questo è ora il secondo capitolo di un libro che non verrà mai scritto, ma i cui spunti vengono tracciati in internet, nella forma a me congeniale della “scrittura sull’acqua”.

Sommario: 1. Due parole su Elie Wiesel in Prefazione. –

1. Due parole su Elie Wiesel in Prefazione. – Su Carlo Angelino dovremo tornare ad occuparci a proposito di Carl Schmitt. Per adesso mi soffermo brevemente sulla sua prefazione ad Hans Honas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Una voce ebraica, edito da il Melangolo. Mentre lo stesso Jonas inizia senza andare oltre con una citazione forte e qualificante, cioè con Kant più o meno lecitamente chiamato in causa, invece Angelino chiama in soccorso Elie Wiesel. Questo personaggio appartiene secondo noi ai livelli bassi della propaganda e merita quel che Norman G. Finkelstein di costui dice e pensa. Ne abbiamo fatto qua e la una critica demolitrice e testuale in alcune interviste rilasciate a quotidiani italiani. Rinviamo a quei testi ed ad occasionali interventi ulteriori sul personaggio. Recentemente su di lui ne abbiamo letta una ancora più grossa senza che sia seguita una smentita. Per non riassumere il testo a cui mi riferisco ne faccio una citazione integrale, aspettando la smentita da parte degli interessati, se una simile smentita vi sarà mai: la si attende da oltre 20 anni. Si vada in questo blog al link su Un sopravvissuto di Auschwiz afferma che Elie Wiesel è un impostore. La persona che lo accusa di essere un “impostore” e un “plagiario” non ha ricevuto smentite, ma solo minacce di morte, di un “omicidio mirato”, secondo la moderna prassi ebraico-israeliana e la corrispondente filosofia della morte, che in Jonas trova le sue sublimazioni filosofiche. Ci soffermiamo un istante su alcune piacevolezze. Dal vero internato Miklos Gruner viene chiesto all’«impostore» Wiesel di mostrare il suo numero di matricola tatuato sul braccio: il numero A-7713 che Gruner conosceva bene per averlo visto sul braccio del suo compagno di prigionia e di cui Wiesel si sarebbe appropriato, usurpando un’identità altrui. L’unica volta che si incontrarono – come si narra nel link citato – Gruner, che non riconobbe Elie, gli chiese però di poter vedere sul braccio il numero di riconoscimento. Vi fu un rifiuto con la motivazione che Elie “non voleva far vedere il suo corpo”. Strabiliante motivazione che potrebbe giustificarsi se si fosse tratto di parti pudiche e pudibonde del corpo, ma il braccio! A questo punto con maggior fondamento Wiesel farebbe meglio a non mostrare più la sua faccia, una faccia a cui Carlo Angelino attribuisce grande credito.

Dell’opera di Elie Wiesel il prefatore cita la “Notte”, i cui brani scelti mi riescono assordanti ma privi di contenuto filosofico. Per giunta non sarebbero neppure opera dello stesso Wiesel, secondo quanto afferma l’inascoltato testimone sopravvissuto.
…Miklos scoprì inoltre che il libro che Elie Wiesel gli aveva dato nel 1986, spacciandolo come opera sua, era stato in effetti scritto in ungherese nel 1955 dal vecchio amico di Miklos Lazar Wiesel, e pubblicato a Parigi col titolo di “A Vilàg Hallgat”, approssimativamente “Il silenzio del mondo”…
E dire che di questi “sopravvissuti”, quando sono a favore, li vanno a pescare in ogni dove, coprendoli di onori e di ricchezze, ma in questo caso oltre al silenzio il poveretto che attende un pubblico confronto dal 1986 ha ricevuto solo “numerose telefonate anonime in cui mi si diceva che mi avrebbero sparato se non stavo zitto”.

(segue)

mercoledì 22 aprile 2009

Il discorso di Ahmadinejad sui diritti umani alla conferenza ginevrina



L’informazione è imbavagliata. Le notizie che riceviamo attraverso i principali canali di informazione non hanno lo scopo di informarci e mantener desto il nostro senso critico, la nostra consapevolezza, la nostra capacità di assumere le decisioni che come cittadini ci competono. I maggiori mezzi di informazione sono invece uno strumento di inganno e di persuasione subliminale. Sono un’immensa fabbrica del pregiudizio. Per quel che possiamo, cerchiamo di contrastare questa tendenza. Diamo quindi di seguito la traduzione integrale del testo del presidente iraniano alla conferenza di Durban II. Il nostro governo non ha partecipato, ma oltre la metà degli stati rappresentati all’ONU, Vaticano compreso, hanno dato prova di maggiore autonomia. Ma ecco il testo che proponiamo alla nostra e alla vostra riflessione:


PressTV
21 aprile 2009


Quello che segue è il discorso che il Presidente Iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha tenuto il 20 aprile alla conferenza sul razzismo Durban II, tenutasi a Ginevra


Signor Presidente, onorevole Segretario Generale delle Nazioni Unite, onorevole Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Signore e Signori:

Siamo qui riuniti per il proseguimento della conferenza di Durban contro il razzismo e la discriminazione razziale, per elaborare metodi pratici da adottare nelle nostre sacre campagne umanitarie.

Nel corso dei secoli trascorsi, l’umanità ha attraversato enormi sofferenze e dolori. Durante l’epoca medievale, filosofi e scienziati venivano condannati a morte. Poi seguì un periodo di schiavitù e di commercio degli schiavi. Milioni di persone innocenti vennero catturate, separate dalle loro famiglie, dai loro cari, per essere condotte in Europa e in America nelle condizioni peggiori. Si trattò di un periodo buio, fatto di occupazioni, saccheggi e massacri ai danni di quelle persone innocenti.

Dovettero passare molti anni perché le nazioni si risvegliassero per combattere in nome della loro libertà ed indipendenza, pagandole a caro prezzo. Milioni di vite andarono perse per cacciare gli occupanti e stabilire governi nazionali e indipendenti. Però i detentori del potere non impiegarono molto tempo ad imporre due guerre all’Europa, che afflissero anche parte dell’Asia e dell’Africa. Queste guerre orribili decimarono milioni e milioni di vite, lasciandosi dietro una massiccia devastazione. Fosse stata imparata la lezione impartita dalle occupazioni, dagli orrori e dai crimini di queste guerre, sarebbe spuntato un raggio di speranza per il futuro.

Le potenze vittoriose si atteggiarono a conquistatori del mondo, ignorando o calpestando i diritti delle altre nazioni attraverso l’imposizione di leggi oppressive e ordinamenti operanti a livello internazionale.

Signore e Signori, osserviamo dunque il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che è uno dei lasciti della Prima e della Seconda Guerra mondiale. Quale era la logica dietro la garanzia del diritto di veto per i suoi membri? Come può una tale logica soddisfare i valori spirituali e umanitari? Non parrebbe per niente conforme ai riconosciuti principi di giustizia, di eguaglianza davanti alla legge, dell’amore e della dignità umana? Non sembrerebbe piuttosto significare discriminazione, ingiustizia, violazione dei diritti umani o umiliazione della maggioranza delle nazioni e dei Paesi?

Il Consiglio è il più importante organismo mondiale in grado di decidere della sicurezza e della salvaguardia della pace internazionale. Come possiamo aspettarci la realizzazione della pace e della giustizia quando la discriminazione viene legalizzata e la fonte stessa del diritto è dominata dalla coercizione e dalla forza piuttosto che dalla giustizia e dal diritto?

La coercizione e l’arroganza sono l’origine dell’oppressione e delle guerre. Sebbene oggi molti fautori del razzismo condannano la discriminazione razziale a parole e negli slogan, un certo numero di Paesi potenti sono autorizzati a decidere in nome di altre nazioni sulla base dei loro propri interessi e a loro discrezione, potendo a loro volta violare facilmente tutte le leggi e i principii umanitari, come in effetti fanno.

A seguito della Seconda Guerra mondiale, hanno fatto ricorso all’aggressione militare per defraudare della terra un’intera nazione, avendo a pretesto la sofferenza degli Ebrei, ed hanno inviato immigrati dall’Europa, dagli Stati Uniti e da altre parti del mondo, con lo scopo di stabilire un governo completamente razzista nella Palestina occupata. E infatti, a compensazione delle spaventose conseguenze del razzismo europeo, essi hanno contribuito a portare al potere il più crudele e repressivo regime razzista in Palestina.

Il Consiglio di Sicurezza ha preso parte alla stabilizzazione del regime occupante, e l’ha sostenuto nei sessanta anni passati dandogli mano libera per commettere ogni sorta di atrocità. Ed è ancora più deplorevole che un certo numero di governi occidentali e degli Stati Uniti si sono impegnati a difendere quei razzisti autori del genocidio, mentre la coscienza lucida ed il libero pensiero delle persone sa condannare l’aggressione, le brutalità e i bombardamenti sui civili di Gaza. I sostenitori di Israele sono sempre stati complici o silenziosi di fronte ai crimini perpetrati.

Cari amici, eminenti delegati, Signore e Signori. Quali sono le cause profonde dell’attacco statunitense all’Iraq o dell’invasione dell’Afghanistan?

C’è stata altra motivazione all’invasione dell’Iraq, oltre alla tracotanza della precedente amministrazione americana e alle crescenti pressioni da parte dei detentori di potere e ricchezza, intenzionati ad espandere la loro sfera di influenza, impegnati a rincorrere gli interessi dei giganti produttori di armi a danno di una nobile cultura con un bagaglio storico di migliaia di anni, e nello tempo tempo ad eliminare le minacce reali e potenziali al regime Sionista provenienti dai Paesi musulmani, conquistando il controllo e lo sfruttamento delle risorse energetiche del popolo iracheno?

Davvero, per quale ragione quasi un milione di persone è stato ucciso e ferito, e molti altri sono stati resi profughi? Perché il popolo iraniano ha dovuto soffrire perdite enormi, che ammontano a centinaia di miliardi di dollari? E perché i miliardi di dollari di queste azioni militari devono essere pagati dai cittadini americani? Non è vero che l’azione militare contro l’Iraq è stata pianificata dai Sionisti e dai loro alleati all’interno della precedente amministrazione statunitense con la complicità dei Paesi produttori di armi e dei detentori della ricchezza? E l’invasione dell’Afghanistan, ha forse ristabilito la pace, la sicurezza ed il benessere economico in quel Paese?

Gli Stati Uniti e i loro alleati non solo hanno fallito nel ridurre la produzione di oppio in Afghanistan, ma la sua coltivazione si è addirittura moltiplicata nel corso dell’occupazione. L’interrogativo fondamentale allora è – qual è stata la responsabilità e il ruolo svolto dall’amministrazione degli Stati Uniti e dei suoi alleati?

Erano lì in rappresentanza degli altri Paesi del mondo? Hanno ricevuto un mandato da essi? Sono stati autorizzati dai popoli del mondo ad interferire ovunque, e naturalmente soprattutto nella nostra regione? Oppure le iniziative intraprese sono un chiaro esempio di egocentrismo, di razzismo, di discriminazione o di violazione della dignità e dell’indipendenza delle nazioni?

Signore e Signori, chi è il responsabile dell’attuale crisi economica mondiale? Dove è cominciata? Dall’Africa, dall’Asia, o dagli Stati Uniti, per poi diffondersi attraverso l’Europa e i suoi alleati? Per un lungo periodo di tempo, essi hanno imposto una regolamentazione economica iniqua, forti del loro potere politico. Hanno imposto un sistema finanziario e monetario privo di un appropriato meccanismo di controllo internazionale su nazioni e governi che non avevano alcuna parte negli orientamenti e nelle politiche di repressione. Non hanno neanche consentito ai loro cittadini di sorvegliare o monitorare le politiche finanziarie da loro adottate. Hanno introdotto una serie di leggi e regolamenti in spregio di qualsiasi valore morale, col solo obiettivo di difendere gli interessi dei possessori di ricchezza e dei detentori del potere.

Inoltre, hanno definito un concetto di economia di mercato e di competizione che ha negato molte opportunità economiche a disposizione di altri Paesi nel resto del mondo. Hanno persino affibbiato ad altri i loro problemi, mentre la crisi rimbalzava a ondate e affliggeva le loro economie con migliaia di miliardi di dollari di deficit di bilancio. E oggi pompano centinaia di miliardi di dollari di liquidi, presi dalle tasche dei loro cittadini e dalle altre nazioni, nelle banche che falliscono, nelle società e nelle istituzioni finanziarie, rendendo la situazione sempre più complicata sia per il sistema economico che per le persone. Sono semplicemente concentrati sul mantenimento del potere e delle risorse. Non potrebbe interessargli di meno dei loro cittadini, figuriamoci delle altre nazioni.

Signor Presidente, Signore e Signori, il Razzismo si sprigiona dalla mancanza di conoscenza del fondamento dell’esistenza dell’uomo come creatura prescelta da Dio. Rappresenta anche il prodotto della deviazione dal vero cammino della vita e dalle responsabilità dell’umanità nel mondo della creazione, laddove viene meno l’adorazione di Dio, e non si è più in grado di riflettere sulla filosofia della vita o sul cammino che conduce alla perfezione, gli ingredienti fondamentali dei valori divini e umani, per questa via restringendo l’orizzonte della visione dell’uomo e servendosi di interessi limitati e caduchi come parametro della sua azione. Questa è la causa per cui il potere maligno ha preso forma e ha accresciuto il suo regno di influenza, mentre altri venivano privati della possibilità di godere di eque e giuste opportunità di sviluppo.

Il risultato è stata la creazione di un razzismo a briglie sciolte, che pone le più gravi minacce alla pace internazionale, e che ostacola la strada alla costruzione di una coesistenza pacifica a livello globale. Certamente il razzismo è simbolo dell’ignoranza che ha radici profonde nella storia, e rappresenta, senza alcun dubbio, il segno della frustrazione nel progresso della società umana.

E’ dunque di importanza cruciale riconoscere le manifestazioni di razzismo nei singoli episodi e nelle società dove prevalgono ignoranza o difetto di conoscenza. Questa crescente consapevolezza generale e la comprensione della filosofia dell’esistenza dell’uomo sono lo strumento principale della battaglia contro le manifestazioni del razzismo, e rivelano la verità, secondo cui il genere umano si fonda sulla creazione dell’universo e la chiave per risolvere il problema del razzismo è costituito dal ritorno ai valori spirituali e morali e alla disposizione definitiva ad adorare Dio Onnipotente.

La comunità internazionale deve intraprendere iniziative collettive per risvegliare la consapevolezza nelle società afflitte, dove prevale tutt’ora l’ignoranza alla base del razzismo, così da arrestare la propagazione di queste manifestazioni maligne.

Cari Amici, oggi la comunità umana sta affrontando un genere di razzismo che sporca l’immagine del genere umano al principio del terzo millennio.

Il Sionismo Mondiale incarna quel razzismo che si affida falsamente alla religione e che abusa del sentimento religioso per celare il suo volto di infamia e di odio. Comunque, è di assoluta importanza portare allo scoperto gli obiettivi di alcuni dei poteri mondiali, e di quanti controllano enormi risorse economiche ed interessi a livello globale. Essi mobilitano tutte queste risorse, inclusa la loro influenza economica e politica sui media mondiali, per garantire un sostegno vano al regime Sionista e per sminuire colpevolmente l’indegnità e il disonore di questo regime.

Questa non è semplicemente una questione di ignoranza, e non si possono ridurre simili fenomeni a campagne di rappresentanza. Devono essere compiuti dei tentativi per porre fine all’abuso dei Sionisti e dei loro sostenitori politici internazionali, nel rispetto della volontà e delle aspirazioni di ciascuna nazione. I governi devono essere incoraggiati nelle loro battaglie volte a sradicare questo razzismo barbarico, e a procedere ad una riforma delle attuali procedure internazionali.

Non c’è dubbio che voi tutti siate consapevoli delle cospirazioni di alcuni poteri e dei circoli Sionisti, che sono in contrasto con gli scopi e gli obiettivi che si pone questa conferenza. Disgraziatamente, ci sono scritti e dichiarazioni a supporto dei Sionisti e dei loro crimini. Ed è dovere degli onorevoli rappresentanti delle nazioni svelare queste trame che procedono in senso opposto ai valori e ai principii umanitari.

Dovrebbe essere riconosciuto che boicottare una conferenza come questa, di straordinario livello internazionale, è un’indicazione evidente di supporto ad un esempio di razzismo manifesto. Nell’ambito della difesa dei diritti umani, è di prioritaria importanza difendere il diritto di tutte le nazioni ad un’equa partecipazione a tutti i processi di decisione internazionale, al riparo dell’influenza di certi poteri mondiali.

In secondo luogo, è necessario procedere ad una ristrutturazione delle organizzazioni internazionali esistenti e ai loro rispettivi ordinamenti. Ecco perché questa conferenza è un banco di prova, e l’opinione pubblica mondiale di oggi e di domani valuterà le nostre decisioni e le nostre azioni.

Signor Presidente, Signore e Signori, il mondo sta per affrontare fondamentali e rapidi cambiamenti. Le relazioni di potere sono diventate deboli e fragili. Il rumore delle crepe nei pilastri del sistema mondiale si può avvertire con chiarezza. Le più importanti strutture politiche ed economiche sono sull’orlo del collasso. All’orizzonte compaiono crisi politiche e di sicurezza. Il peggioramento della crisi economica, per cui non si riesce ad intravedere una prospettiva brillante, dimostra un’onda crescente di cambiamenti globali di lungo termine. Io ho ripetutamente enfatizzato la necessità di un cambiamento della direzione sbagliata verso cui il mondo è condotto oggi, e ho anche ammonito sulle funeste conseguenze in caso di ritardo di fronte a questa responsabilità cruciale.

Ora, nel corso di questo notevole evento, vorrei annunciare a tutti i leaders, agli intellettuali, alle nazioni del mondo presenti a questo incontro e a tutti coloro che aspirano alla pace e al benessere economico, che l’iniqua gestione economica del mondo è giunta al capolinea. Lo stallo era inevitabile, data la logica oppressiva e impositiva della gestione.

La logica di una gestione collettiva degli affari del mondo si basa su aspirazioni nobili, a loro volta imperniate sugli esseri umani e la supremazia di Dio l’Onnipotente. Perciò rifiuta qualunque politica o progetto che va contro l’influenza delle nazioni. La vittoria del bene sul male e la fondazione di un sistema mondiale giusto sono state promesse dall’Onnipotente e dai suoi messaggeri, ed è stato un obiettivo condiviso degli esseri umani appartenenti alle più diverse società nel corso della storia. La realizzazione di un simile futuro dipende dalla conoscenza della creazione e dalla fede.

La creazione di una società globale è infatti la realizzazione di un obiettivo nobile, raggiunto dalla costituzione di un sistema comune retto dalla partecipazione di tutte le nazioni del mondo a tutti i principali processi di decisione, e aderendo senza indugio a questo obiettivo.

Le capacità tecniche e scientifiche, così come la tecnologia delle comunicazioni, hanno reso possibile una comprensione comune e diffusa della società, e hanno reso disponibile la necessaria piattaforma per un comune sistema. Ora sta agli intellettuali, ai filosofi, ai politici adempiere alla loro responsabilità storica, credendo fermamente a questa idea.

Voglio anche porre l’accento sulla circostanza che il liberalismo ed il capitalismo occidentali hanno raggiunto il loro punto terminale anche in virtù della mancata percezione della verità relativa al mondo e agli esseri umani, per ciò che realmente sono.

Essi hanno imposto i loro propri obiettivi e la loro guida agli esseri umani, senza riguardo alcuno per i valori umani e divini, la giustizia, la libertà, l’amore e la fratellanza, ma vivendo esclusivamente in funzione di una competizione esasperata, e sull’assicurazione di interessi individuali e di gruppo di natura materiale.

Adesso dobbiamo imparare dal passato intraprendendo sforzi collettivi per affrontare le sfide presenti, ed a questo proposito, e a chiusura del mio intervento, vorrei attirare la vostra attenzione sui due aspetti importanti:

Primo, è assolutamente possibile migliorare la situazione esistente al mondo. Ma ciò può essere fatto solo attraverso la cooperazione di tutti i Paesi, in modo da sfruttare al meglio le potenzialità e le risorse esistenti. La mia partecipazione a questa conferenza è motivata proprio dalla convinzione in questa soluzione, e nella nostra comune responsabilità nella difesa dei diritti delle nazioni, di fronte alle sinistre manifestazioni del razzismo e schierandoci al vostro fianco, i filosofi del mondo.

Secondo, tenendo presente l’inefficienza degli attuali sistemi politici, economici e di sicurezza internazionali, è necessario concentrarsi sui valori umanitari e della fede, facendo costante riferimento alla vera definizione di esseri umani, che si basa sulla giustizia e sul rispetto dei diritti di tutti i popoli di tutti i luoghi del mondo, e riconoscendo gli errori trascorsi nella passata amministrazione fondata sul dominio, così da adottare misure collettive per riformare gli ordinamenti esistenti.

In questo senso, è di importanza cruciale una rapida riforma del Consiglio di Sicurezza, compresa l’eliminazione di un diritto di veto discriminatorio, ed il cambiamento dei sistemi finanziari e monetari mondiali.

E’ chiaro che sottovalutare l’urgenza del cambiamento equivale a sopportare costi di ritardo ancora più gravi.

Cari Amici, siate consapevoli che il movimento in direzione della giustizia e della dignità umana è come lo scorrere veloce di un fiume. Facciamo in modo di non dimenticare l’essenza dell’amore e dell’affetto. Il promesso futuro degli esseri umani è una ricchezza enorme che può servire i nostri propositi di costruire un mondo nuovo restando uniti.

Per fare del mondo un luogo migliore, colmo di amore e di benedizione, un mondo senza povertà né odio, benedetto dai crescenti doni di Dio l’Onnipotente e da una virtuosa condotta del perfetto essere umano, stringiamoci le mani in amicizia, per il raggiungimento di un simile nuovo mondo.

Ringrazio il Signor Presidente, il Segretario Generale e tutti gli illustri partecipanti per aver avuto la pazienza di ascoltarmi. Grazie di cuore.

Mahmud Ahmadinejad

Traduzione per EFFEDIEFFE.com
a cura di Milena Spigaglia

*

Ahmadinejad ha messo subito il dito nella piaga, cioè la stessa struttura del Consiglio di Sicurezza. In base a quali principio di giustizia i più potenti, i vincitori decidono per i più debole, per i vinti? In passato, non ha certo brillato per senso di giustizia: schiavitù, tratta dei negri, conversioni forzate, sfruttamento coloniale in cambio di nulla, ma per il solo utile proprio, razzismo bello e buono fino alla teorizzazione delle “nazioni civili” a fronte dei popoli “incivili”, per questo alla mercé dei “civili”. Ed il Consiglio di Sicurezza pretende di decidere in nome della Giustizia e del Diritto? Gli Stati che non hanno partecipato alla Conferenza non pretendevano forse che tutti gli altri dovessero sottoscrivere e condividere i “propri” criteri di giustizia e di diritto? Lo hanno sempre fatto. È difficile per loro accettare l’idea che il mondo, gli altri, possano pensarla diversamente da loro. Dove sta dunque il razzismo? Chi più condanna il razzismo, più è razzista. Chi proclama la libertà di parola e di pensiero, è lo stesso che manda in galera i propri cittadini per meri reati di opinione. La vergogna del caso Williamson è intesa dagli organi di governo esattamente al contrario di quanti ritengono che nessuno possa essere criminalizzato per ciò pensa, ma se mai per ciò che fa, ove ciò sia contrario ai diritti altrui, alla loro vita, alla loro dignità. Chiunque voglia darsi la pena di leggere il discorso di Ahmadinejad sopra riportato difficilmente riuscirà a contestare le singole frasi, i principi enunciati. Credo bene che l’israeliano Frattini sia fuggito davanti ad una chiara rappresentazione dello stato del mondo e di quanti sono responsabili delle guerre che lo hanno afflitto e ancora lo affliggono, della misera e della fame in cui versano interi popoli, del sistema della menzogna che chiama pace la guerra e l’aggressione, che vediamo ogni giorno rappresentato da una stampa asservita che ci vuol convincere di ciò che è contrario ad ogni evidenza e sentimento di giustizia e pietà.

APPENDICE
La disinformazione della stampa italiana

È difficile non consentire con Ahmadinejad se appena si legge il suo discorso sopra riportata. È esattamente quello che la stampa italiana non fa. In compenso, si riportano ampiamente e con evidenza le prese di posizione contro. Quando e se posso, mi concedo una breve escursione nei commenti riservati ai lettori. Faccio usa rapida escursione della cattiva stampa italiana. I titolo sono nostri e sono parte del nostro commento. Per gli articoli originali basta cliccare sul titolo.

Sommario: 1. L’immagine di chi? – 2.

1. L’immagine di chi? – L’articolo di Pioli contiene opzioni e valutazioni che sono di Pioli soltanto e che dovrebbero influenzare – pensa lui, troppo preoccupato a questioni di pagnotta che di verità – chi legge. Mi auguro che non ci siano lettori criticamente sprovveduti come la maggior parte dei giornalisti italiani pensa o si augura. Odiose e vergognose sono non le parole di Amadinejad, ma quelle di un Frattini che ha creduto di boicottare una conferenza alla quale ha invece partecipato più di metà degli Stati del mondo. Evidentemente Frattini pensa di essere lui “più civile” di quelli che alla conferenza ci sono andati. E del resto, dopo quello che ha fatto e detto, cosa sarebbe andato a fare? Può forse infinocchiare quei cittadini italiani, disgraziati, che distratti come sono possono credere alle bufale di un Frattini. Odio razziale? Saro farebbe meglio a guardare in Francia non solo quella di oggi, ma quella di ieri, quella dell’avventura coloniale dove il razzismo e l’odio razziale si è potuto contare a milioni di morti ammazzati dalla civilissima Francia. La storia d’Algeria, con il suo Olocausto algerino, per il quale non vi è Museo della memoria, ma il Dimenticatoio, sta lì a parlare. Basta soltanto leggere qualche libro. Caspita! Mi correggo! Ero rimasto a 103 paesi. Invece sono ben 189 su 192 che hanno partecipato, raggiungendo l’unanimità! In pratica, tutto il mondo meno i quattro compari, che pensano di essere loro e solo loro il mondo. Ma chi può davvero difendere Israele? Il fiasco è in realtà solo nei desiderata di Giampaolo? Ma come si fa a spiegare un fiasco? Sarebbe questo fare del giornalismo? Sarebbe stato più onesto riportare interamente il discorso di Ahmadinejad oppure farne un commento, anche critico, ma pertinente. Invece il giornalista Pioli è stato del tutto elusivo sul contenuto e sul merito del discorso del presidente iraniano, unico capo di stato presente, e ne ha fatto solo il dileggio, evidentemente in nome e per conto di Israele. È stato inviato un nostro commento con link a questo nostro testo.

sabato 11 aprile 2009

Pensatori ed ideologi dell’ebraismo: 59. Alain Finkielkraut. – Nuova Serie del “Monitoraggio”.

NS - Vers. 1.3
Status: 11.4.09

Dopo una pausa di riflessione, riprendo il mio monitoraggio delle organizzazioni e della propaganda ebraico-sionista o semplicemente ebraica. Esiste un problema di cosa sia ebraismo e cosa sionismo e se o come i due concetti possono essere tenuti distinti o perfino essere considerati contrapposti. Per il momento non ci addentriamo al riguardo. Ci eravamo stancati per la verità della rozzezza e della volgarità propria di “Informazione (S)scorretta”. Credo che perfino un certo ebraismo voglia prendere qui le distanze. Ho ormai acclarato ampiamente che da qui partono numerosi attacchi verso quanti hanno il grave torto di essere non solo critici verso Israele ed i suoi miti fondatori, ma anche verso quanti vogliano semplicemente starne alla larga e persino mantenersi neutrali. Non avrebbe senso continuare ad occuparsi di simili soggetti, una volta individuata la natura e la funzione. Continuano però a fare del male, a disinformarme, a intimidire gli ignari e sprovveduti, a fare quanto altro sappiamo. Li terremo ancora d’occhio, ma con uno stile diverso. Ci siamo ormai abituati alla loro natura ed abbiamo collaudato una tecnica per trattarli. Sappiamo quanto possono essere perfidi e pericolosi. Non li sottovalutiamo e sappiamo di correre dei rischi. L’occasione di questo ritorno ci è data da una sfida concettuale ad occuparci di uno del loro mondo concettuale e religioso: Alain Finkielkraut. Veramente, abbiamo ben altri interessi al momento. Ma le sfide vanno raccolte ed il Monitoraggio deve avere una sua completezza, deve essere continuato, anche perch* ci viene richiesto e non possiamo interrompere il “pubblico servizio”. Possiamo però riorganizzarlo su nuove basi che adesso non stiamo qui a descrivere. Torno adesso dalla libreria sotto casa: non hanno nulla dei numerosi libri scritti da questo autore ebreo. Attingiamo pertanto all’archivio di «Informazione (S)corretta», dove l’Autore è considerato un araldo della causa ebraico-sionista. Attingiamo qui le prime notizie. Se poi ci parrà il caso, dedicheremo un apposito studio ai libri di questo Campione.

Sommario: 1. Di quale Europa stiamo parlando?Segue: a. La visione dell’Europa in Finkielkraut; – Segue: b. La visione dell’Europa in un condannato al carcere a vita. – 2. Ancora sull’Europa. – 3. Gli ebrei sono razzisti? –

1. Di quale Europa stiamo parlando? – L’articolo, ripreso dall’archivio pubblico di IC, è del 14 luglio 2008 ed appare originariamente sul “Giornale”. – Confesso che in me sorgono reazioni fin dalle prime righe dell’articolo che si può leggere su un giornale per me divenuto sempre più indigesto, benché si richiami all’area politica nella quale io stesso milito. Uno potrebbe dire: e che ci stai a fare? Rispondo: e perché dovrei uscirne io e non invece il direttore Giordano? Del resto, dove sta scritto che in un grande partito si stia solo per applaudire, accodarsi ai notabili, battere le mani? Si sta per dissentire e controbattere civilmente. Dalle prime righe di Finkielkraut ne capisco il cervello e non credo di aver nulla di difficile da confutare e con cui confrontarmi. Viene fuori un’idea di Europa che ho già incontrato nelle pagine di un altro ebreo, Tony Judt, che ha scritto un ampio e istruttivo libro sul dopoguerra europeo per concludere che l’identità concessa a noi europei può essere solo quella fondata su Auschwitz. A chi pensa così io gli mando per posta una cartolina di Gaza, ancora più eloquente e desolata dopo l’operazione “piombo fuso”. I cervelli ancora non “fusi” da una propaganda come quella di Finkielkraut possono facilmente constatare che Gaza supera largamente in orrore ciò che Auschwitz evoca presso gli indottrinati e subornati. Ma con una differenza importante: Auschwitz non è direttamente verificabile e la sua “verità” è imposta per legge, mentre Gaza è una tragedia in atto, una sofferenza inflitta all’umanità che dura da oltre 60 anni e che solo i “complici” non vogliono o non hanno interesse a vedere. Il nostro Finkielkraut ama tanto l’Europa da invitarci al “de profundis”. Insiste su “miti” che in Francia ed anche in Germania non possono essere contraddetti non perché gli argomenti addotti hanno forza logica, ma perché esiste un drappello di delatori pronti a chiamare il bargello appena uno tenta di sostenere qualcosa di contrario. Credo che il migliore commento al cicaleccio letterario di questo articolo di Finkielkraut su un Europa che certamente lui non ama sia far seguire un testo che mi è giunto proprio l’altro ieri. Si tratta di una persona in pratica condannata in Germania all’ergastolo per il solo fatto di avere vedute opposte a quelle del nostro abominevole Finkielkraut, eroe dell’ebraismo sionista-olocaustico.

a.
La visione dell’Europa in Alain Finkielkraut

Alla domanda «che cos’è l’Europa?» un numero impressionante di pensatori, giornalisti, cittadini e responsabili politici europei reagiscono affermando che non esiste una risposta, o meglio che nessuna risposta deve essere fornita. L’Europa, dicono, non è nulla di tangibile e questo nulla - lungi dal rappresentare un handicap - è il suo mandato, la sua vocazione, la sua virtù tardiva e cardinale.

Il filosofo francese Jean-Marc Ferry definisce l’Europa un’identità il cui principio è legato alla sua disposizione ad aprirsi alle altre identità. L’Europa, l’essere europei significherebbe dunque non dovere nulla alla propria origine ed essere sradicati da se stessi.

Questo modo di percepire, di pensare l’Europa è dovuto al trauma di Auschwitz. La forma apocalittica che ha assunto l’esclusione dell’Altro nei campi della morte potrebbe essere riscattata dall’avvento di un’umanità che nessun dissidio interiore sarebbe in grado di fragilizzare o dividere. E l’Europa, essendo appunto stata il luogo del crimine, deve dare l’esempio ed espiare il crimine cancellando il luogo. L’unica identità che può accettare è quella del ripudio di ogni brama identitaria; per non cedere nuovamente alla tentazione dell’esclusione deve optare per la strada redentrice dell’indeterminatezza. Fuggire lontani dall’appartenenza: questa sarebbe la missione civilizzatrice e, innanzitutto, auto-civilizzatrice che si attribuisce l’Europa del «dovere di memoria».

Ed è sorretti da questa definizione della non-definizione che i sostenitori dell’integrazione della Turchia nell’Unione Europea hanno accusato i loro avversari di lasciarsi guidare dalla retorica reazionaria della provenienza.

«Coloro che vogliono i turchi fuori dall’Ue scoprono il radicamento dell’Europa nell’occidente cristiano», dicono con sarcasmo. Questo radicamento rappresenterebbe ai loro occhi una caduta, anzi una ricaduta. Chiedersi se la Turchia fa parte dell’Europa - ovvero se questo Paese è rimasto ai margini del cosiddetto concerto europeo o se ha condiviso le esperienze che hanno modellato il vecchio continente e che gli hanno conferito la sua particolare fisionomia: il Cristianesimo, il Rinascimento, la Riforma, la Controriforma, l’Illuminismo, il Romanticismo - vuol dire dimenticare che la stessa Europa non fa più parte dell’Europa e che questo distacco la libera finalmente dalla sua storia sanguinosa.

L’Europa deve fare di tutto per impedire il ritorno dei suoi vecchi demoni. Ma lo sta facendo bene? Cosa significa veramente questa sua proclamazione di apertura? Rinchiudere l’Altro (in questo caso la Turchia) nell’alternativa tra inclusione ed esclusione non significa rispettarlo in quanto Altro bensì militare attivamente in favore di un mondo privo di alterità. Significa istituire, sotto l’egida del diritto, dell’economia e della morale, l’impero dell’Identico.

«Non sono nulla, dunque sono tutto», afferma oggi l’Europa autocritica, pentita, postnazionale e, in un certo senso, post-europea. A questa xenofilia senza xenos si aggiunge l’esercizio di una memoria che dimentica tutto quello che non è stato criminale. In nome di Auschwitz, l’Europa, in quanto esperienza e destino, viene sostituita dall’Europa delle regole, delle procedure e dello sciovinismo di un presente che fonda il suo regno sulle macerie del nazionalismo e dell’etnocentrismo.

Prima di noi il diluvio! Prima delle nostre attuali instancabili lotte contro ogni discriminazione, il razzismo, l’antisemitismo, la misoginia, l’omofobia, la colonizzazione, la schiavitù regnavano, insieme o alternativamente, nel territorio europeo.

Questa Europa della memoria è un’Europa della tabula rasa. Questa Europa dell’apertura è un’Europa chiusa a tutto quello che non è, qui e ora, come lei.
Esiste tuttavia un’altra modalità del dovere di memoria: la cultura. Come ha scritto il filosofo Alain «l’uomo vive in società non perché eredita dall’uomo ma perché commemora l’uomo. Commemorare vuol dire far rivivere quello che vi è di grande nei morti, e nei morti più grandi».

Questo utilizzo della memoria è oggi in disuso. Se l’Europa si allontana da se stessa senza cedere ad alcun tipo di nostalgia non è solo perché è ancora abitata dalle atrocità del ventesimo secolo ma perché, purtroppo, la cultura - questa grande mediazione dell’arte, questo tentativo di capire attraverso i nostri morti cosa siamo e cosa rappresenta la vita, ovvero quello che contraddistingueva l’umanesimo europeo - non ha più nessuna importanza nel vecchio continente.

In un rapporto che presenta 314 proposte per favorire la crescita, consegnato recentemente al presidente della Repubblica francese da una commissione internazionale di esperti, diretta da Jacques Attali, viene scritto e ripetuto che l’attuale organizzazione dell’insegnamento è sbagliata perché favorisce l’attitudine dei bambini ad imparare conoscenze accademiche a memoria invece di facilitare lo sviluppo della loro creatività, delle loro doti linguistiche, informatiche, artistiche e sportive. L’Europa non ha più il tempo e la voglia di guardarsi indietro. Altri compiti, più impellenti, l’occupano e la preoccupano: l’accesso a tutte le informazioni disponibili su Internet, l’adattamento all’economia mondializzata, il benessere dei consumatori. Questa Europa hyper-connessa è sinceramente convinta che è la sua umanità a distaccarla dalle sue radici identitarie, a spingerla a rinnegare o a trascendere le proprie frontiere. In realtà, è per mancanza di umanesimo che tutto questo accade.
b.
La visione dell’Europa in un condannato al carcere a vita
IL LASCITO DI HORST MAHLER
LA SUA ULTIMA DICHIARAZIONE PRIMA DEL VERDETTO E DELLA CONDANNA IL 25 FEBBRAIO 2009.

(Appartenente al crescente movimento di disobbedienza civile in Germania, Mahler è stato accusato di “Negazione dell’Olocausto”)

Invio il presente all’ultimo momento. Sta per essere emesso il verdetto e verrò rinchiuso immediatamente. Dopodichè non avrò più alcuna possibilità di esprimermi pubblicamente, quindi colgo questa occasione per spiegare brevemente, ancora una volta, che cosa veramente c’è in gioco.

Molti miei sostenitori disapprovano ciò che ho fatto. Mi chiedono: “perché lo fai?” Alcuni di loro sottolineano che sarei stato più utile fuori dalla prigione e non dentro. Dicono che adesso il governo si sbarazzerà di me e non ne verrà tratto alcun vantaggio. Io rispondo a loro che essi considerano la questione dal punto di vista sbagliato. La cosa più importante non è più il fatto che l’attuale regime ci ha tolto il nostro diritto di libertà di parola!

Questo stato ha sempre avuto il potere di farlo, in molti modi, indipendentemente dal fatto che si voglia esprimere un’opinione o meno. Qui c’è in gioco qualcosa di più che il diritto di divulgare idee non conformi. Se ci si accorge, come lo è stato per me, che la Religione dell’Olocausto è l’arma principale per la distruzione morale e culturale della nazione tedesca, allora è chiaro che ciò che è in gioco non è altro che il diritto collettivo all’auto-difesa, cioè, il diritto della Germania a sopravvivere.

La sopravvivenza interessa tutti quanti! Il mondo crede veramente che noi Tedeschi ci lasceremo passivamente distruggere come Popolo, che permetteremo altrettanto passivamente che il nostro spirito nazionale venga estinto senza lottare? Quale tipo di uomo di legge ritiene che l’auto-difesa è un atto criminale?

In qualità di Popolo ed entità collettiva vivente abbiamo una natura nazionale e spirituale. Il mezzo più sicuro per estinguere la Germania come entità spirituale è distruggere la nostra identità ed anima nazionale, in modo da non sapere più chi o cosa siamo. Distruggere il nostro spirito nazionale è esattamente lo scopo del nostro nemico, chiedendo di accettare senza domande il suo estraneo Dogma dell’Olocausto, rinunciando a mettere in evidenza che il suo fantastico “Olocausto” non è mai avvenuto.

Non c’è alcuna prova di esso! Quando ci accorgiamo di essere minacciati di annientamento, allora non abbiamo più dubbi su chi è il nostro nemico: è il vecchio assassino di nazioni. Una volta accorti di questo, non ascoltiamo più passivamente le menzogne e i travisamenti del nemico. Cerchiamo un’arma ed un modo per proteggere la Germania, privare il nemico del potere che ha su di noi.

Ma ecco che abbiamo l’unica arma di cui abbiamo bisogno per proteggerci dall’annientamento. Abbiamo la verità. “ La verità, tutta la verità, nient’altro che la verità ! ” Un aspetto piuttosto insolito della storia della mia vita è la mia entrata da sinistra nell’ambito politico, tramite la Rote Armee Fraktion (RAF). Per farla breve, la RAF prese la via della lotta armata contro “ Il Sistema ”, così come veniva chiamato in quei giorni.

L’idea che ci motivò a prendere la via della lotta armata era la nostra credenza nell’Olocausto. Credevamo effettivamente in ciò che “ Il Sistema ” ci aveva insegnato a scuola e in ciò che veniva costantemente affermato dai media controllati dal nemico. Come altri nella RAF, io credevo in questa propaganda anti-tedesca. Ci credevo veramente e cercavo un modo per infrangere quell’insopportabile complesso di colpa associato “all’assassinio di sei milioni di ebrei ”.

Non intendo antrare nei dettagli di quel periodo della mia vita; il punto è che, quando ero giovano, ero un “fervido credente” dell’Olocausto. Nel 2001, nel corso della mia carriera come avvocato, mi fu chiesto di difendere un patriota musicista. Si trattava del cantante Frank Rennicke che fu condannato dal tribunale per “Negazione dell’Olocausto ”.

La mia risposta a questa richiesta fu: “Naturalmente la difenderò!” Il compito di difendere Frank rese necessario che indagassi sui fatti, prove e accuse collegati all’Olocausto. Ecco a cosa hanno rivelato le mie inchieste: non c’è nessuna prova al riguardo delle fantastiche asserzioni inerenti l’Olocausto! Ci sono soltanto dichiarazioni rilasciate dal tribunale dei vincitori a Norimberga che dicono che ciò avvenne e che in merito si è già sufficientemente “investigato”.

Con la sua proverbiale faccia tosta il nostro nemico ci dice: “nessun altro evento in tutta la storia è stato così attentamente esaminato come l’Olocausto ” (La stessa faccia tosta che porta il nemico ad asserire che le enormi quantità di insetticida che la Germania usò per proteggere la salute dei prigionieri durante la Seconda Guerra Mondiale, fu usato per uccidere gli ebrei).

Se esaminiamo i fatti attuali, scopriamo che tutto ciò è una menzogna. E’ una propaganda di atrocità che viene tutt’ora seminata, 65 anni dopo la sconfitta della Germania. Quando il servile Bundesgericht (Corte Suprema tedesca) dichiara che un migliaio di “ testimoni oculari “ sostengono “ l’evento provato “, si tratta di un’altra sfacciata menzogna!

La nostra cosidetta Corte Suprema sa perfettamente che la nostra cosìdetta Bundesrepublik (Repubblica Federale) non è uno stato sovrano e quindi non è un governo legittimo. Il Prof. Carlo Schmid, l’esperto di diritto internazionale riconosciuto a livello mondiale e autore della nostra Grundgesetz (Legge Fondamentale), affermò chiaramente che la Repubblica Federale non è uno stato valido.

In una conferenza che diede in occasione della sua creazione nel 1949, egli la descrive specificatamente come una “Organisationsform einer Modalität der Fremdherrschaft “ (Forma Organizzativa di una Modalità del Dominio Straniero), in altre parole, un mezzo di dominio dei nostri nemici. Il Prof. Carlo Schmid compose questa descrizione diplomatica per evitare di usare il termine “ governo fantoccio “

La nostra legge Fondamentale non è stata scritta da un’assemblea di rappresentanti eletti e non è stata approvata plebiscitariamente. I nemici occupanti ce la imposero e non risponde ai requisiti di uno stato legittimo. Poiché la Repubblica Federale non è uno stato legittimo, le istituzioni e le condizioni che i nostri nemici ci obbligano ad accettare, sono altrettanto illegittime sulla base del diritto internazionale.

E’ chiaro che i vincitori o il vincitore della Seconda Guerra Mondiale (il vero unico vincitore fu l’ebraismo mondiale) si diede un gran da fare per assicurare che le basi del dominio ebraico, di fatto il culto religioso dell’Olocausto, fossero legalmente inattaccabili. Questo fu il loro intento quando crearono la Repubblica Federale ed è chiaro che la Corte Suprema a quel tempo adottò un ordinamento giudiziario destinato a perpetuare “ l’Olocausto “.

La missione di proteggere l’Olocausto è insita sia nella Repubblica Federale che nella Legge Fondamentale. Questa è la base della dominazione della Germania da parte dei suoi nemici. Il ministro degli esteri Joschka Fischer lo ha spiegato molto chiaramente quando si riferì all’Olocausto ed alla sponsorizzazione di Israele come la ragione di essere della Repubblica Federale.

Ciò che sta accadendo ora, altro non è che la distruzione del fondamento morale del nostro Popolo tramite un assalto genocidi alla nostra anima nazionale. In questo non c’è niente di sorprendente. Dovremmo considerare i nostri nemici veramente stupidi, specialmente il nostro più potente e più pericoloso nemico, se non avessero preso le misure idonee a mantenere il dominio su di noi.

I nostri nemici non scatenarono la Seconda Guerra Mondiale contro di noi semplicemente per abbandonare i loro scopi bellici dopo l’inevitabile vittoria delle loro risorse soverchianti in uomini e mezzi. Andarono ben oltre, evitando di darci la possibilità di esonerarci dalla Grande Menzogna, tramite autentici processi condotti da un potere giudiziario indipendente e professionale.

Il nostro peggior nemico non è stupido! Egli prese scrupolose precauzioni e conosce fin troppo bene i metodi da elaborare per assicurare la compiacenza al suo modo di intendere la “giustizia” . Chiunque non si accorga che il nostro nemico continua a perpetrare il genocidio contro di noi, come parte dei suoi scopi bellici, può aspettarsi che un Tedesco obbedisca al divieto di mettere in dubbio l’Olocausto.

Nessuno può aspettarsi che un Tedesco che voglia essere Tedesco non si ribelli a questo assalto contro la nostra nazione. Questo assalto non è altro che un genocidio culturale e ci minaccia tutti. Se è possibile, vi chiedo di osare immaginare che cosa necessariamente ne seguirà, se ne sarà il caso.

Che disgraziato essere umano sarei se, conoscendo questa minaccia per la nostra nazione e tutte le sue implicazioni, me ne stessi tranquillo seduto sulla mia comoda poltrona in attesa del giorno nel quale la verità verrà alla luce per conto suo! Ogni Tedesco ha l’obbligo di fare il suo dovere per la Patria! Abbiamo il sacrosanto diritto di difenderci, preservare la nostra nazione ed il nostro Popolo.

In ogni paese civilizzato c’è un obbligo legale di venire in aiuto di coloro che sono in pericolo. Infatti la legge prescrive delle pene per coloro che non portano soccorso. La mancanza di aiutare e soccorrere è una grave violazione della legge, costituisce in se stessa un corpus delicti. Sarei colpevole di un grave crimine se io non venissi in aiuto del mio Popolo, se me ne stessi tranquillo senza venirne in soccorso, sapendo che quella mostruosa impostura chiamata “Olocausto” non è mai avvenuta. In tal caso sarei veramente un criminale depravato!

Nell’attuale situazione non avrebbe senso per me tirare avanti a stento e cercare di guadagnare una maggioranza in questo o quel partito politico, oppure fondare un nuovo ed indipendente partito che si farebbe in un qualche modo strada attraverso il nostro intricato e corrotto parlamento per abrogare le leggi liberticide anti-tedesche.

Lavorando da solo, la mia linea d’azione è quella di continuare a fare ciò che ho sempre fatto. Confidando su me stesso, non posso fare altro che ripetere la verità, sempre e di più. Ho fatto un sacro giuramento che può essere letto su Internet, la nostra unica fonte informativa non censurata, che non desisterò mai dal ripetere questa verità: “L’Olocausto è una menzogna e lo è anche l’affermazione che ritiene sia stato provato”. Non c’è nessuna prova che lo sostenga.

Nella sua intrepida difesa della fede cattolica, il Vescovo tradizionalista Richard Williamson ha recentemente affermato la stessa verità che io scoprii molto tempo fa. Nel caso di Frank Rennicke fui professionalmente obbligato ad indagare le prove dell’Olocausto ed arrivai alla conclusione che tali prove non esistono. Dopo aver riesaminato diversi processi simili, fummo in grado di esibire una lettera scritta da un professore di storia contemporanea, il Prof. Gerhard Jagschitz, di Vienna, le cui ricerche avevano anch’esse portato alla conclusione che non c’è alcuna prova a difesa dell’Olocausto.

Quando lo contattai, egli mi disse: “ Si certo, lo sappiamo già “. Il Prof. Jagschitz era stato incaricato dal tribunale come perito testimone onde determinare se l’Olocausto fosse “ evidentemente ovvio “ come evento della storia contemporanea. Passò tre anni ad esaminare la letteratura disponibile riguardante l’Olocausto in modo da determinare la verità. Trascorsi questi tre anni informò il tribunale che non poteva più difendere la sua iniziale ipotesi a difesa della validità dell’Olocausto. Arrivò alla netta conclusione che, nell’ambito delle direttive di una società di diritto, non è ammissibile usare la “ manifesta ovvietà “ dell’Olocausto come base per condannare coloro ritenuti colpevoli di metterla in dubbio.

In quei giorni era il Prof. Jagschitz ed ora è la volta del Vescovo Williamson ma presto ci saranno molte altre personalità prominenti che arriveranno alla stessa conclusione. L’auto-difes è un diritto inalienabile. Come Tedesco che vuole essere Tedesco mi sento personalmente coinvolto da questo assalto contro il mio Popolo. La nazione Tedesca non ha solo il diritto di difendersi, in effetti essa è obbligata a difendersi.

A causa della nostra sostanza culturale, noi come nazione nell’Europa centrale abbiamo il dovere e l’obbligo di resistere ai tentativi di distruggerci culturalmente, di annientarci come Popolo e come entità spirituale. Ecco la posta in gioco! Non scelgo di aspettare che siano altri a difendere la nazione Tedesca, scelgo di farlo io stesso!

Sto dicendo la verità così come la percepisco e la verità è quella che il cosiddetto “ Olocausto “ non c’è mai stato. E’ questa l’ovvia ragione per la quale non vi sono prove in merito. Non c’è niente che difenda l’Olocausto, tranne i verdetti dei processi farsa in stile moscovita.

Questi verdetti ci vengono costantemente martellati nel cervello dai media giudaici come “ prova “ che l’Olocausto fu reale e che c’è un’abbondanza di prove che lo dimostrano. Coloro che applicano e perpetuano quest’etichetta sanguinaria sono colpevoli di tradimento contro la nazione Tedesca.

I più famosi fra questi traditori sono i giudici della Corte Suprema che santificano e rafforzano le decisioni dei tribunali minori riguardanti l’assurda “ manifesta ovvietà “ dell’Olocausto. Ciò è peggio che travisare la giustizia, significa portare avanti un deliberato genocidio contro il popolo Tedesco. Ho dimostrato la colpa dei traditori togati di Karlsruhe numerose volte e continuerò a sottolinearlo anche dalla prigione.

Dovrò farmi 12 anni di carcere. Come andrà a finire? Ho 73 anni e quindi questa è una condanna all’ergastolo per me. La mia sentenza prova che nella Germania di oggi il carcere a vita può essere comminato a chiunque si rifiuti di fare atto di sottomissione alla Grande Menzogna.

Naturalmente gli ebrei sono sempre disposti a “ trattare “. Il dissidente viene prima punito in maniera leggera, magari con un’ammenda pecuniaria. Oppure ci può essere una condanna al carcere di qualche mese che può tramutarsi in libertà vigilata. C’è sempre la possibilità di uscirne facilmente inchinandosi servilmente davanti alla Grande Menzogna e dando assicurazioni che non ci saranno più difficoltà in futuro.

Questo è ciò che il nemico vuole. Chiunque sia convinto che la vita sotto la Grande Menzogna non valga la pena essere vissuta, deve essere tenuto dietro le sbarre per sempre. Siccome io ho apertamente espresso questo sentimento innumerevoli volte, sapendo molto bene che la clava si sarebbe abbattuta, il nemico mi terrà sicuramente in prigione per il resto della mia vita.

Il nemico deve dimostrare al pubblico intimorito che cosa è veramente in gioco. Chiaramente noi Tedeschi ci troviamo in una situazione nella quale dobbiamo mandare a monte le nostre vite se non ci sottomettiamo alla Grande Menzogna. Qualunque cosa mi accada, posso solo dire, così come il nostro Salvatore dice nel Vangelo di San Matteo: “ chiunque non è disposto a portare la sua croce non è degno di me! “

Non siamo degni di chiamarci Tedeschi se, invece di alzarci in piedi per la verità, ci sottomettiamo supinamente alla Grande Menzogna! Credo comunque che la situazione storica della Germania stia per cambiare. La lotta sull’autenticità dell’Olocausto e sul dominio del dogma olocaustico sta ora imperversando nell’ambito della Chiesa Cattolica.

La Chiesa ha ancora un grande potere, anche se la sua gerarchia è stata corrotta ed erosa dagli ebrei. Con la sua grande ricchezza e centinaia di milioni di devoti seguaci, la Chiesa è la roccia sulla quale la nave della Grande Menzogna si andrà ad infrangere per poi affondare.

Gli ebrei stanno per avere la loro Waterloo. Una volta che l’Olocausto potrà essere apertamente discusso, la conoscenza della sua vera natura non potrà più essere soppressa. Quando l’affare del Vescovo Williamson raggiunge il punto in cui un papa è obbligato a scomunicarlo un’altra volta, come richiesto dall’ADL (Anti-Defamation League: organizzazione attivista dell’ebraismo mondiale), oppure se, sotto la pressione dei media ebraici e di corrotti politici, Papa Benedetto XVI° dovesse abdicare dal Trono di San Pietro, ciò sarebbe un atroce shock per il mondo cattolico, allora la verità si farebbe strada!

La fede cristiana è basata sulla Verità, la Roccia dei Tempi. La Verità ci renderà liberi e la volontà di essere liberi crescerà sempre più forte fino ad essere irresistibile, dopodichè avremo vinto. Per quel che mi riguarda, io ho fatto tutto quello che potevo. Ho dato un esempio. Ho detto spesso che la nostra è la più facile rivoluzione che sia mai stata portata avanti.

Abbiamo soltanto bisogno che alcune migliaia di persone si alzino e dicano la verità chiaramente ed apertamente come ha fatto Richard Williamson ed io ho cercato di farlo, assieme ad altri che si sono autodenunciati per aver detto la verità e per aver distribuito “ Conferenze sull’Olocausto “ di Germar Rudolf .

La vittoria finale della verità è inevitabile, così come lo è la sconfitta dell’ Impero Sionista globale. Tuttavia, non abbiamo modo di sapere quanto tempo dovrà passare ancora, o le esatte circostanze che porteranno la verità alla vittoria.

Aspettiamo e vediamo. Al momento stiamo assistendo ad un altro crollo del sistema finanziario globale ebraico. La base del potere ebraico, il tempio del loro dio Jahweh-Mammona, è stato colpito al cuore dal crollo del loro sistema bancario predatore. Il potere ebraico è basato sul potere del denaro col quale comperano il controllo dei politici e dei media. Al momento stanno perdendo questo controllo del denaro. Una volta che lo hanno perso, perderanno anche il controllo del governo e dell’opinione pubblica. Il loro controllo sull’opinione pubblica è già stato indebolito dalla nascita del non censurato Internet che non sono in grado di sopprimere. Appena perderanno il controllo dei media, si troveranno in una situazione pietosa!

Quando ciò accadrà, gli ebrei ci saranno riconoscenti per aver capito e accettato il loro storico ruolo nella redenzione del mondo. Noi riconosciamo la loro tirannia distruttiva come una rivelazione del sentiero di Dio attraverso il mondo verso se stesso, come spiegò il filosofo Hegel.

Noi rispettiamo gli ebrei come i seguaci di Satana e li accettiamo nella certezza che potremo redimere loro e noi stessi portando la Verità nel mondo con le nostre azioni. Gli ebrei hanno un pressante bisogno di redenzione e un giorno essi ci saranno grati!

HORST MAHLER
Inviato da: Ingrid Rimland Zuende
Per ragioni grafiche devo qui scrivere altro testo che serva a separare il mio commento dai due ampi testi di Alain Finkielkraut e di Horst Mahler. Mi limito a dire che qualunque cosa si voglia dire su Mahler resta una disfatta di tutta la nostra pretesa civiltà giuridica il fatto che uomo, chiunque egli sia e qualunque sia la verità di cui è convinto, possa oggi essere condannato al carcere duro a vita, alla pubblica gogna, per il solo fatto di essere fedele alla sua idea di verità. Un poeta immortale ci ha abituato ad un motto che è diventato un luogo comune dei nostri discorsi: c’è del marcio nel regno di Danimarca. Continuare a parlare di Europa è solo un modo per prendere in giro e per prenderci in giro l’un l’altro.

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2. Ancora sull’Europa. – L’articolo di cui al link è del 18 marzo 2004 ed appariva su “Libero”. È proprio vero il motto che l’uomo è misura di tutte le cose. Leggendo testi e commenti di cui al link e su cui cerchiamo di trattenere la polemica, in osservanza dei principi che vogliamo seguire in questa seconda serie del nostro “Monitoraggio”, le nostre valutazione sono diametralmente opposte a quelle degli autori. Mi viene da sorridere alla “critica del presente” cui da anni attende Alain Finkielkraut. Come non pensare a ben altra critica del presente? A quella di Horst Mahler e di tutti quanti gli altri innumerevoli, grandi e piccoli, noti e ignoti, che per la loro “critica del presente” devono scontare il carcere e la gogna mediatica? Tiriamo avanti! La sete di guerra e di sangue del nostro Alain è tutta degna di lui e della sua appartenza. Quanto all’11 settembre 2001 permangono tutti i dubbi e gli inquietanti interrogativi. Che cosa sia poi seguito, ben lo sappiamo. Vi è stata la plateale menzogna dei falsi armamenti di Saddam, una mezogna ben alimentata da Israele e dalle sue lobbies in servizio permanente attivo in ogni paese, alla quale è seguita in Iraq una guerra che è costata un milione di vittime innocenti e pare tremila miliardi di dollari. Mi chiedo se l’odierna crisi economica non abbia nulla a che fare con quell’immenso spreco di risorse umane e materiali. Ma tutto questo Alain non lo sa o non gli interessa. Non lo riguarda. Quanto alla parola “terrorismo” è semplicemente inadatta ad un filosofo o sedicente tale che abbia una qualche dimestichezza con la filologia. Edward Said, di ben altra pasta di Alain Finkielkraut, ha già avvertito come al concetto di “terrorismo” si sia incominciato a far ricorso fin dalla metà degli anni settanta al solo scopo di delegittima la legittima resistenza dei palestinesi e di tutti i popoli mediorientali che godono della presenza di basi ed eserciti americani. Finkielkraut lamenta che gli spagnoli si siano ritirati subito dall’Iraq al primo attentato. Ma cosa stavano a fare in Iraq? Ci dovevano stare per la bella faccia degli israeliani e degli ebrei nostrani, compresa quella di Alain? Gli ebrei si indignano e reagiscono ferocemente alla «accusa del sangue». Ma non è sangue quello degli iracheni? Facendo un calcolo approssimativo sono milioni e milioni di litri di sangue versati. Per Alain non è ancora abbastanza! Decisamente miserabile come articolo ed è penoso dover giungere alla fine del testo. Una sofferenza, ma non perché dissento totalmente, bensì per l’enormità e la faziosità delle affermazioni. Finkielkraut ben merita di venir considerato come un agente di guerra, come uno di quegli scrittori che sistematicamente tentano di convincere gli sprovveduti che è nostro interesse e nostro dovere muovere guerra alla gente più povera del pianeta, i quali hanno il solo torto di non decidersi a lasciarsi sterminare in silenzio o a mettersi ubbidiente in ginocchio, lasciando che di loro e su di loro decidano i civilizzatori giudaico-americani o giudaico-bolscevichi. L’unica minaccia che abbiamo alle nostre libertà, una minaccia che dura dal 1945, è quella che ci viene da Israele. Questo per fortuna molti che non scrivono sui giornali come il “Foglio” lo hanno ben capito. Il nostro Alain ci tira per la giacca in una guerra di sterminio e di pulizia etnica, che non è nostra, ma di cui ci vuole convincere che è nostra. E questo sarebbe il Finkielkraut che il mio anomimo detrattore sulla rete mi invita a leggere. Se tutti i suoi libri sono dello stesso tenore, non credo che avrò bisogno di leggerli tutti. Una sciocchezza, una bestialità detta in una pagina si autoriproduce per migliaia di volte. Userò tutti gli scrupoli della filologia e le regole della deontologia, per ricredermi eventualmente, ma il “campione” non depone a favore del nostro monitorizzato. L’attenzione che gli ho fin qui dedicata è pure troppo e di certo non apprenderò nulla di utile o di buono andando avanti. Mi arrabierò certamente. Non poteva mancare la critica ad un ebreo intelligente: a Edgar Morin. Su un fatto possiamo concordare: «L’Europa si chiede: ma cosa ho fatto per meritare tutto questo?». Cosa abbiamo fatto per meritarci un Alain Finkielkraut?! Abbiamo perso nel 1945 la guerra e questo è il prezzo che non finiamo ancora di pagare! La viltà non quella cui allude Finkielkraut, ma quella di chi non dice ai tanti Finkielkraut quel che meritano si dica loro. Se il Male c’è, non è quello che dice Finkielkraut e non lo si trova dove lui dice che sia.

3. Gli ebrei sono razzisti? – L’articolo è del 25 agosto 2004 ed appariva sull”«Avvenire». Contiene un’intervista al “filosofo ebreo” Alain Finkielkraut: dunque si può almeno dire “ebreo”. Il filosofo lasciamolo pure da parte. Se si va al link ed ai commenti che lo accompagnano, è difficile trattenere il sorriso, ma non ci lasciamo trascinare in una facile polemica. Non credo ad un fenomeno di risorgente antisemitismo, per lo meno nelle forme del passato. Credo invece che una qualsiasi minimo pretesto serva agli ebrei per chiedere ed ottenere nuove posizioni di privilegio. Mi viene perfino il sospetto che gli atti vandalici possano essere autoalimentati o strumentalmente ingigantiti ed enfatizzati. Se poi per antisemitismo si intende antiisraelismo, ve ne sono tutte le ragioni come potevano esservi a suo tempo per il Sud Africa, non volendo fare altre analogie. A Finkielkraut non è difficile obiettare che il “razzismo” degli ebrei non è per nulla “presunto”, ma fondato sia se si vuole condiderare la peculiare religiosità ebraica che pone un “popolo eletto” da una parte e tutti gli altri popoli squalificati come “idolatri” e simili. Leggendo un altro ebreo o di origini ebraiche come Bernard Lazare, che scrisse nel 1894 un libro importante sull’antisemitismo, si trova una sensatissima affermazione: se gli ebrei lungo tre mila anni della loro storia, almeno in quanto comunitò religiosa, hanno avuto sempre difficili relazioni con tutti gli altri popoli, è forse il caso di cercarne la causa non in tutti gli altri popoli, ma negli stessi ebrei. Ma a maggior ragione si può parlare di un “razzismo” ebraico o sionista, se si va a considerare ciò che gli ebrei hanno fatto e continuare a fare in Palestina non dal 1948, anno della grande pulizia etnica descritta dall’ebreo Ilan Pappe, ma dal 1882 con i primi insediamenti sionisti, dove possono cogliersi tracce di una teoria e di una prassi razzista. La gente comune, che abbia un minimo di informazione e sia priva della deformazione filosofica di Alain Finkielkraut, tutto questo lo vede bene. Che non si possa pretendere di plaudire al razzismo un “filosofo” come Finkielkraut è, lo si dovrebbe ben comprendere. Che poi le forme della protesta e del dissenso debbano essere civili e non violente siamo perfettamente d’accordo. Personalmente ritengo che il mondo sarebbe oggi più felice, se anziché cristianesimo o ebraismo le epoche passate avessero trasmesso fino a noi le antiche religioni “pagane”, che erano certamente più tolleranti e pacifiche di tutti i monoteismi, e fra questi ritengo che l’ebraismo sia la più inumana e feroce, certamente antisociale se non proprio razzista. Sbaglia Finkelstein quando parla di “conflitto” israelo-palestinese. In realtà, come di recente ha spiegato l’ebreo Ilan Pappe non vi è nessuna “dualità” – concetto insito nell’idea di conflitto –, ma soltanto una “monodica” unilaterale aggressione coloniale di conquista da quando gli ebrei russi della seconda metà del XIX secolo, sostenuti finaziariamente dal giudaismo americano, si sono messi in mente che avevano diritto di “ritornare” nella Terra che Geova loro promise in dono, scacciandovi e sterminando ieri i cananei ed oggi i palestinesi. Se questo non è feroce razzismo, diventa difficile trovare un altro modo per definirlo. Ma da un filosofo come Finkielkraut siamo certi che qualcosa troveremo nei suoi numerosi libri. Infine, vorrei ricordare un fatto successivo all’epoca dell’intervista. Avraham Burg ha pensato di fare buon uso del suo passaporto francese, ritornandosene in Francia e lasciando Israele, da lui definito in pratica uno stato “razzista”. Avraham Burg non è un ebreo qualunque, ma viene da una famiglia che si è sempre trovata ai vertici della società israeliana. Stando poi ad alcune notizie a me giunte sembrerebbe che molti israeliani si tengano ben cari il loro doppio passaporto. Ahimé, il problema è tutto nostro, se ci ritornano in casa e pensano di poterci trattare come hanno trattato finora i palestinesi. Meno male che è lo stesso Finkielkraut ha riconoscere che in Francia gli ebrei non hanno nessun “ostacolo” nelle loro carriere. Ahimé! Lo hanno gli altri! In Italia, basta che qualcuno non sia gradito agli ebrei, perché si senta la voce di chi chieda pubblicamente al ministro se quel tal docente può continuare ad insegnare! L’ultimo caso ha riguardato un certo prof. Valvo di cui non mi è riuscito di saper più nulla, benché abbia chiesto notizie alle Autorità sull‘esistenza in vita di questo docente.


(segue)