domenica 31 maggio 2009

Alan Dershowitz al microscopio: 1. È venuto a Roma per insultare il papa.

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Registrazione sonora qui commentata: Antefatto ovvero Il “Demolitore” che demolisce se stesso. – 1. È venuto a Roma per insultare il papa. – 2. Il processo alle intenzioni altrui. – 3. L’ospite non è di nessun riguardo ed ha già rotto le scatole. – 4. Prima di cominciare: “demonizzazione, critica e delegittimazione di Israele”. – 5. Il Lobbista venuto dall’America per sedere “in conclave” con i Cardinali riuniti in Vaticano. – 6. Anche Yakov Rabkin è un accademico “fallito” e imboscatosi in un’università di quarta categoria? – 7. «Ebreo», «sionista» o «lobbista»? Cosa è propriamente questo «ospite», introdotto in Vaticano e alla Camera? – 8. Dopo gli insulti e le contumelie, la parola ai derisi e diffamati: a. Intervista al cardinale Rodriguez. – 9. Gli altri genocidi nel mondo come “manovra diversiva” per far distogliere lo sguardo dal genocidio dei “cananei”. – 10. Hamas, Iran: un male assoluto o un postulato retorico e propagandisto, parola d’ordine per lo squadrone mediatico? – 11. Ma l’«ospite americano» i libri di cui parla li legge o li travisa soltanto? – 12. Cosa vi è dietro agli attacchi a Carter. – 13. Res gestae di Alano sul Google versione italiana. – 14. Chi demonizza chi? – 15. Alan Dershowitz visto da John H. Mearsheimer e Sthephen M. Walt. –

1. È venuto a Roma per insultare il papa. – Tra ieri ed oggi mi è venuta l’idea per una nuova serie di post su questo blog. Il personaggio Alan Dershowitz, un noto e dichiarato ebreo, diventa a me noto per la ferocia e la determinazione con cui si è accanito per impedire che ad Norman G. Finkelstein, altro ebreo ma non sionista, venisse tolta la cattedra a cui aveva diritto non meno di quanto lo stesso Dershowitz meriti di portare il titolo di “professore” con il quale lo si sente chiamare nel corso della registrazione: a me la cosa fa ridere. Ma queste sono quisquilie. Si tratta di un personaggio centrale di quella che Mearheimer e Walt hanno chiamato la “Israel lobby”, espressione edulcorata per “lobby ebraica”, il cui uso può prestare il fianco a contestazioni giudiziarie. Costoro sono “innominabili” ed amano operare nell’ombra, restando ignoti. Mi è stato riferito come anni addietro lo storico Ernst Nolte era stato invitato a tenere alla Camera una conferenza sulle sue note tesi. In quell’occasione Giorgio La Malfa, figlio ed erede politico di Ugo, si alzò per redaguardire l’illustre storico al quale lui non è neppure degno di allacciare le scarpe: “ma come si permette di venirci a dire queste cose qui, nel luogo che mio padre mi ha lasciato in eredità”. Non ero presente e ricostruisco la scena in analogia a quanto avrei detto ad Alan Dershowitz se avessi saputo in tempo della sua sortita romana e mi fosse stato concesso di ascoltare e intervenire, facendo ben altre domande da quelle di comodo che gli sono state rivolte.

Gli avrei detto: ma come ti permetti di venire qui a Roma per fare una tirata di orecchie al papa, vescovo di Roma. Siamo tutt’altro che bigotti e siamo certamente assai meno guastati dalla religione di quanto irrimediabilmente non lo sia un ebreo ovvero sionista, la cui ideologia religiosa lo conduce allo sterminio di un popolo innocente, cioè quello palestinese. Sono docente della Sapienza di Roma: università di terza o quarta categoria? Non saprei. Esisteva però molto prima che l’America venisse scoperta ed infinitamente prima della “fondazione” dello Stato di Israele. Ebbene, come docente della Sapienza ero contrario per ciò che la cosa significava all’idea che Benedetto XVI tenesse la “lectio magistralis” di apertura solenne dell’Anno Accademico. Per il resto non avrei nulla potuto obiettare se si fosse limitato a dir messa nella Cappella universitaria o avesse parlato in qualsiasi altra occasione nella vita della più grande e popolosa università d’Europa con oltre 150.000 studenti. Lo avrei perfino accolto in un mio Seminario sulla teologia politica, se l’idea stessa dell’invito non fosse irriverente, tenuto conto della maestà regale del Pontefice, capo della Chiesa e capo di Stato, discendente della più antica istituzione politico-religiosa oggi esistente nel mondo, diretta emanazione dai tempi dell’Impero romano. Al di là del senso religioso e confessionale, nessuno che abbia appena un poco il senso della storia non può non avere la dovuta deferenza verso la figura del Pontefice, che certamente è ben altra cosa di un Giorgo Napoletano giunto al Quirinale nel modo che sappiamo e con la storia personale che gli è propria e che nessuno gli toglie né lui può cancellare.

Gli Studenti che alla Sapienza minacciavano di contestare il papa non hanno neppure sfiorato le insolenze sostanziali che Alan Dershowitz ha pronunciato in Roma. E diremo subito appresso come e perché. Ebbene, questa volta che toccavano il “loro” Papa, dove erano i Ferrara, i Buttiglione, i Magdi Cristiano ah ah Allam? Evidentemente, il loro papa si chiama Alan I, non Benedetto XVI, che al massimo secondo loro potrebbe fare il chierichetto di Alan I. La Digos che tanto si è attivata per quattro studenti ha lasciato fare ed ha lasciato dire. Parecchi anni addietro la nostra servile polizia ha tenuto ben altro comportamento con uno storico, David Irving, invitato in Roma a tenere una pubblica conferenza annunciata sui giornali ed alla quale ognuno che lo avesse voluto poteva venire ed ascoltare. Incredibile, ma vero. L’uomo – evidentemente su segnalazione della Lobby, già allora tanto attiva quanto occulta – fu subito intercettato all’aeroporto di Fiumicino e rispedito indietro con l’aereo successivo. Non recava con sè bombe, o virus infettivi. Aveva solo parole da dire e che ognuno poteva liberamente valutare, in dissenso o condividendo. Al popolo italiano, minorenne e sotto tutela, fu tolto il diritto di poter ascoltare. Già, di questo si tratta! Un pensiero che si manifesti ha senso in quanto qualcuno possa ascoltare ed apprendere. Il diritto di chi ascolta è speculare al diritto di chi parla: se tu hai il diritto di parlare, io ho il corrisponte diritto ovvero facoltà di poterti ascoltare. Posso avvalermi o non avvalermi di una simile facoltà, ma nessuno me la può togliere se davvero valgono e non sono una finzione, una burla, i diritti sanciti dalla costituzione “nata dalla Resistenza”, ahimé come recita la retorica di un regime sempre più servo di chi invase il sacro territorio della patria italica, ritornata ai tempi in cui sarà stata pure un’espressione geografica, ma era nei suoi singoli stati più sovrana e più libera di quanto non sia oggi con oltre 100 basi americane dislocate sul suo territorio, per “difendere la nostra libertà”, come vorre un certo Sgarbi frequentatore di salotti televisivi di regime, ma in realtà per garantire la nostra servitù e obbedienza perpetua.

Per chi appena un poco conosce la storia del papato sa quanto sia stata delicata la fase della creazione di un nuovo papa. Non essendo una monarchia ereditaria, il papa deve essere ogni volta eletto. Si è giunti alla forma odierna del conclave, dove i cardinali che devono eleggere il papa si isolano ermeticamente dal resto del mondo per tutta la durata dell’elezione e per evitare in tal modo ogni pressione esterna. Dicono – quelli che ci credono – che in tal modo i Cardinali vengono ispirati dallo Spirito Santo, al quale evidentemente l’ebreo Derhowitz non crede, mentre crede all’efficacia degli interventi del B’naï B’brith, cui si deve quel capolavoro di intrigo che è la Nova Aetate. Ebbene, Benedetto XVI, fortunatamente in salute, è già dato per morto dall’ebreo Dershowitz, che sulla vita e la morte non ha evidentemente le stesse sensibilità di un cattolico. Si preoccupa di chi può essere il successore. Ha già imbalsamato papa Ratzinger. Paventa che un certo cardinale Rodriguez, non gradito alla Lobby, possa lui diventare il prossimo papa. Il B’naï B’rith non si accontenta più di aver prodotto il “fratello maggiore”, adesso vuole pure il “papa ebreo”, che risponde in subordine al Rabbino ed in ultima istanza ad Alan I.

Per dirla con Giorgietto La Malfa, figlio di Ugo, viene da chiedersi: ma Costui come si permette di venire a dire simili bestialità proprio a Roma, il cui carattere “sacro” in quanto sede del cattolicesimo, centro mondiale della cristianità, un tempo veniva addirittura sancito da leggi? Che Giuliano sia “ateo devoto” è cosa che sappiamo da lui, se mai significa qualcosa. Evidentemente la sua “devozione” significa che tutto va bene fino a quando Benedetto XVI sottostà ad Alan I. Il “rispetto” è condizionato ad una particolare funzione della chiesa cattolica e a una determinata politica della curia romana. La stessa cosa può dirsi per tutto il serraglio politico che ha alzato alte grida quando si è trattato di quattro professori e di quattro studenti che a casa propia ritengono di avere il diritto di pensare laicamente al di fuori dei binari del dogma cattolico. Allora si riunivano all’Angelus, ma adesso tacciono! Un silenzio eloquente.

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