venerdì 29 maggio 2009

Jürgen Graf: «Il gigante dai piedi di argilla. Raul Hilberg e la sua opera simbolo sull’ “Olocausto”». - II,1: Osservazioni di carattere generale.

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I. Introduzione. - II. Osservazioni di carattere generale: 1 - 2 - 3. – III. Osservazioni sul primo volume. – IV. La mancanza di documenti su una politica di annientamento degli ebrei e sue conseguenze per gli storici ortodossi: 1 - 2 - 3: a. b. c. d. e. f. – V. I massacri sul fronte orientale: 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8. – VI. Le deportazioni: 1 - 2 - 3 - 4 - 5. – VII. I centri di annientamento: 1 - 2 - 3: a. b. c. d. – 4: a. b. 5: a. b. c. d. e. – VIII. Statistica delle vittime in Hilberg: anatomia di una truffa. 1 - 2 - 3 - 4 - 5. – IX. Sconfitta di Hilberg nel processo Zündel. – X. Conclusioni.

Rinvii: Mattogno -
Osservazioni di carattere generale

Ad una prima lettura dell’opus hilberghiano appaiono vistosi tre punti:


Ignoranza conseguente delle tesi contrarie.

Chi si accinge alla lettura dell’opera di Hilberg che nel suo genere è un punto di riferimento ma senza una più profonda conoscenza della problematica sull’«Olocausto» mai e poi mai potrà immaginarsi che la versione degli avvenimenti qui offerta possa essere fondamentalmente discutibile. Neppure con una parola Hilberg accenna al fatto che esiste una scuola di ricercatori che mette in discussione tanto la realtà di una politica di sterminio degli ebrei nel Terzo Reich quanto dell’esistenza di campi di annientamento e di camere a gas per l’uccisione di uomini. Altri sostenitori della versione ortodossa dell’«Olocausto» menzionano almeno l’esistenza di queste opinioni divergenti, anche se spesso solo per oltraggiarle senza esame degli argomenti addotti (4). Invece Hilberg fa come se non avesse mai sentito parlare nemmeno un po’ dei revisionisti. Fa come se nemmeno conoscesse gli studi di un Arthur Butz, di un Wilhelm Stäglitz e di un Robert Faurisson. Non un solo libro revisionista, non una sola rivista revisionistica è menzionata da Hilberg anche solo con una parola, non una sola obiezione revisionista contro la tesi della dell’annientamento lo interessa anche solo fugacemente.

Nel 1961, quando Hilberg pubblicò la prima edizione di The Destruction of the European Jews, poteva forse ancora permettersi di ignorare opinioni che ponevano in dubbio la versione corrente del destino degli ebrei nel Terzo Reich; le poche opere revisioniste allora esistenti erano di livello per lo più modesto (5). Nel 1985 non poteva permettersi più questo atteggiamento. (Che la ricerca revistionista abbia fatto grandi progressi da quell’anno, mentre i sostenitori della tesi dello sterminio segnano il passo e – con la sola eccezione di Jean-Claude Pressac – non offrano più niente di nuovo, è qui ricordato solo marginalmente).

Dal momento che l’ignorare o il passare sotto silenzio gli argomenti rappresenta una chiara prova di non scientificità, la credibilità scientifica di Hilberg riceve perciò un duro colpo.

NOTE

(4) Nel volume collettivo edito da Eugen Kogon, Hermann Langbein, Adalbert Rückert e altri Nationalsozialistische Massentötungen durch Giftgas (Fischer Taschenbuch Verlag, Frankfurt 1986) gli editori imprecano nell’Introduzione contro i «giustificatori della prassi e della teoria nazista» che «contestano» l’accaduto, ragion per cui il lettore può almeno desumere che ci sono uomini che contestano l’immagine corrente dell’«Olocausto». È vero che non sono indicati né gli autori né i titoli. Torna al testo.

(5) Rappresenta un’eccezione degna di nota il libro di Paul Rassinier, La Mensonge d’Ulysse, apparso già nel 1950 (Ristampa: La Vieulle Taupe, Paris 1980; online: http://www.abbc.com/aaargh/fran/archRassi/prmu/prmu.html). Ma si tratta in questo caso di un racconto - necessariamente a tinte soggettive – e non di un lavoro scientifico. Torna al testo.

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