Tranquillizzo subito chi si infiamma facilmente appena si tocca questo argomento. Sto dalla parte delle vittime, sempre e senza riserve. Ma chi è vittima? Vittima è l’innocente che ignora perfino le ragioni dell’odio e della persecuzione contro di lui. Vittima è il bambino, il vecchio e la donna, la cui debolezza mai potrebbe costituire minaccia e fonte di timore per l’aggressore. Vittima innocente è chi è privo di qualsiasi colpa che possa venirgli imputata per giustificare la ferocia che lo vuole morto per fini che rispondono molte volte ad un calcolo utilitario ma spesso sono anche frutto di follia e accecamento prodotto da ideologia, religione, manipolazioni e menzogne abilmente orchestrate da altri. Vittime sono state gli ebrei nell’ultimo conflitto mondiale, ed a loro va anche la mia solidarietà senza riserve, ma vittime ne esistono tante altre nella storia che meritano un’eguale (non maggiore né minore) solidarietà: lo sterminio ebreo è “unico” come è unico quello “armeno”, “amerindo”, “giapponese” (Hiroshima e Nagasaki),
e così via fino allo sterminio “ignoto”. Tutte queste vittime (non raccomandate) purtroppo restano in buona parte dimenticate e non hanno la stessa solidarietà strumentale riservata oggi agli Ebrei dell’Olocausto. Ritengo che questa discriminazione e disparità sia un’ingiustizia verso tutti i morti egualmente innocenti. Essa è nella sostanza un’operazione politica del presente che per oltre mezzo secolo è stata l’ideologia fondante di un equilibrio espansivo e di un politica imperiale. Sul tema è bene chiarirsi criticamente le idee. Ben vengano dunque le provocazioni iraniane sul tema. Diventeremo più civili quando la pietà per le vittime innocenti non avrà più confini e preferenze per colore della pelle, per credo religioso, per appartenenza politica, per ceto sociale, per stili di vita. Potremo guardarci nello specchio con buona coscienza quando nessuno penserà di sfruttare la memoria dei morti per suoi loschi fini che non hanno niente a che fare con la pace e la pietà.
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David Irving ha cambiato idea dopo aver sperimentato la prigione austriaca. Gli storici non sono liberi di fare le loro ricerche, che possono anche essere sballate.
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Il tema è complesso e non posso esaurirlo in un solo post. Conosco bene le reazioni che immediatamente si suscitano solo ad accennarne e pertanto la mia cautela contro chi è ideologicamente prevenuto non è mai abbastanza. Dico subito per sommi capi che a mio avviso tutta la faccenda dell'Olocausto è stata una politica strumentale con la quale un'intera generazione di politici al governo ha inteso vivere e speculare sul fallimento dei governi precedenti, le cui sedie hanno occupato con eguale cinismo e assenza di scrupoli, facendo pesare sulle generazioni successive ai fatti colpe a loro estranee. Anche questi giovani, che non hanno conosciuto gli orrori e le nefandezze della guerra, ma vengono nondimeno allevati nel culto della memoria e dell'odio verso i loro padri e la loro storia, sono vittime innocenti. Un grande filosofo, già nei primi anni del dopoguerra, si accorgeva di quanto i vincitori andavano orchestrando ed così ammoniva: «vivere della colpa altrui è il modo più basso di vivere a spese degli altri»
Offro in questo post di seguito la rassegna stampa che trovo sull'argomento. Di ogni articolo on line riscrivo il titolo originale, cioè correggo il titolista, e attraverso il titolo così modificato cerco di richiamare l'attenzione su altri aspetti del contenuto. Se del caso, aggiungo in calce un mio commento o contestazione all'articolo stesso. Mi riservo di ritornare in ogni momento sul contenuto di questo post, anche rivedendo radicalmente i giudizi espressi.
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Si accenna al ruolo cinico delle grandi potenze che disegnano con il gesso i confini degli Stati, cancellandone alcuni e facendone sorgere altri dal nulla e secondo le proprie convenienze.
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2. Logica di un ricatto. Nuova ricerca storica libera da condizionamenti ideologici. L'articolo della "Repubblica" riporta ampi stralci del discorso di Ahmadinejad. Non mostra però di prendere sul serio il contenuto del discorso e tralascia ogni approfondimenoi e riflessione: non sarebbe di poco conto l'attenta considerazione del ruolo e degli interessi dell'Europa come distinti da quelli degli USA e di Israele, come anche l'accenno ad una nuova ricerca storica libera da timori di rappresaglie, cosa che sarebbe più nell'interesse dell'Europa che non dell'Iran. Non possiamo e non dobbiamo nasconderci che l'interpretazione della storia europea del XX secolo è stata profondamente influenzata, per non dire dettata, dagli equilibri politici stabiliti a Yalta. Ogni voce fuori dal coro viene immediatamente emarginata e di recente l'incauto ed innocente ricercatore che tocca determinati temi rischia perfino il carcere e l'incriminazione penale. Non poteva esserci una più clamorosa sconfessione ai princìpi di libertà, nei quali l'Europa pretende di essere maestra e che vorrebbe perfino esportare in Medio Oriente. Il nazismo, elemento centrale nella storia d'Europa nel XX secolo, andrebbe considerato non nella sua sola veste di responsabile dello sterminio di suoi stessi cittadini, che avevano la sola colpa di essere di religione ebraica, ma nel più ampio contesto della relazioni internazionali europee e mondiali. Paradossalmente, con lo sterminio degli Ebrei il nazismo produsse a se stesso il maggior danno materiale e morale in quanto si trattava in buona parte di propri cittadini, che potevano dare alla Germania grandi apporti in ogni campo della vita sociale, economica, sccientifica, politica, culturale. Si assistette ad un'esplosione di follia che dovrebbe interessare la psichiatria e la psicologia sociale prima ancora che non la politica e la storia. Ma appunto si tratta qui di riaprire un franco e libero dibattito al riparo da ogni ritorsione morale e legale.
3. Verità scomode. La critica che si può fare all'articolo, che copia le agenzie, è di non fornire elementi di riflessione. Riporta le notizie con eccessiva distanza ed in questo modo le svaluta, staccandole da ogni sensato contesto, anzi esclude che vi sia alcunché di sensato nelle posizioni espresse dal presidente iraniano, appunto non un uomo della strada, ma il capo di uno stato potente ed in grado di mettere in pericolo la pace mondiale.
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4. Gruppo di studio sull'Olocausto: a Teheran il prossimo 11 dicembre. Quasi tutte le agenzie e gli articoli costruiti su di esse riportano la notizia del gruppo di studio che si terrà all'università di Teheran in dicembre. Il presidente iraniano si preoccupa che quale che siano (!!!) i risultati gli studiosi non debbano essere perseguitati, come avviene puntualmente nel libero Occidente, patria di splendide libertà che i musulmani non sanno darsi. Il caso Irving insegna! Le stesse agenzie riportano le reazioni suscitate in occidente alla tesi secondo cui l'Olocausto sarebbe un mito strumentale.
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5. La «Giornata di Qods», ossia la Memoria rovesciata. E' ormai imposta per legge una determinata e opinabile interpretazione storica del recente passato. Si badi bene: non si tratta qui di valori giuridici sui quali potrebbe scattare il vecchio principio della lesa maestà. Dire ad esempio che il popolo (che è o dovrebbe essere sovrano) è un reato di lesa maestà. Non è questo un esempio estrapolato a caso. Mi è capitato qualcosa di simile che ho narrato altrove. E' diverso il caso in cui si tratta di interpretazione di un intero periodo storico come la seconda guerra mondiale, le cui origini sono ancora oggi difficili da iindividuare per storici specialisti. E' assurdo che si voglia imporre per legge interpretazioni storiche che possono essere date solo da storici e che per giunta sono mutevoli a seconda dei punti di vista adottati. In Iran si è perciò adottato, per ritorsione, lo stesso principio delle giornate della Memoria delle legislazioni occidentali. Ma qui la Memoria è quella dell'altro, dell'altra parte. Le cose che apprendiamo, sia pure distorte dalle agenzie, ci preoccupano e ci paiono assurde. Ma tante assurde non sono se appena un poco riusciamo a riflettere. Ad esempio, che Israele sia destinata a scomparire può avere un senso politico. Posto che Israele è nel Medio Oriente lo zero virgola qualcosa per cento dell'intera popolazione, posto che l'avversione reciproca fra arabi musulmani e isrealiani sia destinata ad essere irriducibile, i casi sono due: o scompare Israele (lo zero per cento) o scompare tutto il mondo arabo musulmano del Medio Oriente (il 99,9 per cento della popolazione). Israeele possiede già la bomba atomica per realizzare questo obiettivo tecnicamente possibile. E possiede questa bomba atomica con la benedizione degli USA, dell'ONU, dell'Occidente. L'Iran ancora non la possiede e gli si contesta il diritto a possederla: o meglio le si contesta la volontà di armarsi. Di diritto qui non ne esiste da nessuna parte. Siamo alla situazione primordiale dello stato di natura hobbesiano della guerra di tutti contro tutti. E quale è il ruolo dell'Europa? Un ruolo servile e sottomesso ad interessi non suoi. Se si considera l'unità geopolitica del mondo antico, giunta a mirabile armonia con l'Impero romano, se ne scopre l'attualità. L'America ancora non esisteva ed oggi potrebbe essere solo un'appendice periferica. Non l'America a guidare la politica europea, ma l'Europa dovrebbe guidare la colonia (barbara e cattiva, che ha sulla coscienza il genocidio ed il primo uso dell'atomica) americana… Dovremmo essere grati al presidente iraniano per averci aperto gli occhi, che invece vogliamo tener chiusi con fette di prosciutto condite con la cocacola.
6. Il ruolo dell’ONU. In effetti, sul piano del diritto razionale e astratto, è difficile dare una patente di legittimità all'ONU che come già la vecchia Società delle Nazioni non è altro che un'organizzazione dei vicncitori, che in questo modo continuano a patrocinare i loro interessi politici. Le guerre stabiliscono delle situazioni di fatto che diventano poi anche situazioni giuridiche. Ma lo status quo è un principio che non puà valere per l'eternità. Se così fosse, noi avremmo ancora laa cartina geografica ferma all'epoca delle prime relazioni internazionali fra gli Stati costituiti come tali. Ai tempi dell'antico Egitto? di Roma? del Congresso di Vienna? E' difficile dirlo. E' più facile dire che le relazioni internazionali devono essere improntate alla ricerca costante della pace (prima parte della prima legge di natura in Hobbes: la seconda parte dice che se la pace non è proprio possibile bisogna allora volere la guerra, con tutti i mezzi disponibili ed allo scopo di vincerla per davvero. La politica avventuristica dell'Italietta da Cavour a Mussolini, ma anche fino ai giorni nostri, è tutt'altra cosa). Il discredito dell'ONU pare un fatto assodato, eccetto che per i politici e governanti italiani, che nello loro incostistenza politica hanno bisogno di fare ogni cosa "sotto l'egida dell'ONU".
7. Un nuovo documentario sull’Olocausto. E gli altri? La controinformazione volta a netralizzare le dichiarazioni del presidente iraniano sull'Olocausto offre con tempestività la notizia dell'uscita dell'ennessimo documentario sulla Shoa, prodotto dal Centro di Documentazione della Shoa, organo preposto a questo tipo di guerra ideologica. E va bene! D'accordo! Ringrazio pubblicamente l'autore Spielberg per un supplemento ad una informazione già abbondante. Ma mi interesserebbe maggiormente sapere di altro su cui non viene offerta un'eguale informazione. Ad incominciare dalla stessa Russia, dove esisteva un antisemitismo non diverso da quello nazista, ma dove si potrebbe pur documentare il trattamento riservato a qualche milione di tedeschi residenti nelle zone occupate dall'Armata Rossa. L'informazione a senso unico non può che essere sospetta e farci pensare il contrario di quello che vorrebbe. Per non parlare poi del genocidio meglio riuscito, quello degli Indiani d'America. Non solo si tace, ma su quel genocidio i nuovi Amerindi, disgraziati fuggiti dall'Europa che spesso lo cacciava, hanno fondato la loro Epopea. Leggo in un'altra notizia sull'argomento che scopo del documentario di Spielberg sarebbe quello di fornire un deterrente, un'arma contro i cosiddetti negazionisti dell'Olocausto. Ma il problema non mi sembra che sia questo. Nessuno può inventare o negare un fatto così eclatante come lo sterminio di sei milioni di persone, poco importa che siano ebrei o di altre religione. Il problema consiste invece nell'uso strumentale e politico che di quella tragedia si è voluto fare e si vuol continuare a fare. Nulla togliendo alla spontanea solidarietà per le vittime, è però legittima una reazione ad ogni uso strumentale che si voglia fare dei morti innocenti di ogni epoca e di ogni luogo. In pratica, il registra Steve Spielberg
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8. Parla Fassino: un esempio di insipienza politica! Non posso commentare la notizia se non indicandola come un esempio di insipienza politica, tipico in particolare della sinistra italiana che in tutta questa ideologia è cresciuta ed ha prosperato. Inaccettabili per chi? Per Fassino
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9. Morti non raccomandati e dimenticati: gli Armeni. L’Olocausto dimenticato. Finalmente il dibattito si allarga. Da questa notizia viene fuori la storia di un altro Olocausto, quello degli Armeni. Ma la notizia offre anche informazioni sull'inguaribile malvagità della natura umana. E' vero che gli armeni furono sterminati dai turchi, ma è anche vero che francesi e russi ci misero la mano, aiutando i turchi a sterminare gli armeni. Nella loro guerra contro i turchi sia i francesi sia i russi pensarono di poetrsi servire degli armeni e questi poveri disgraziati ne fecero le spese. La storia è più complessa di quello che appare a prima vista. Possiamo dire in una logica hobbesiana che gli Stati vivono fra loro in una logica perpetua di stato di natura e quindi non tralasciano l'uso di ogni mezzo possibile per danneggiare lo Stato confinante o rivale. In Hobbes questo è teoria, ma nel caso citato diventa realtà provata dai fatti.
10. Genocidio: complessità del fenomeno in un libro di Michael Mann. Si tratta di un'ampia intervista all'autore del libro, che si occupa preva-lentemente della questione armena e che tratta del concetto di genocidio con molti distinguo e tenta una definizione concettuale del termine genocidio. Incidentalmente, ad un certo punto dice testualmente «…Scrivo anche che qualsiasi gruppo etnico è capace di commettere atrocità. Gli Ebrei sono stati vittime dell' Olocausto, ma il modo in cui Israele tratta i Palestinesi ricorda molto da vicino i Nazisti. Non accuso Israele di commettere genocidio, naturalmente…». Qualcosa di simile è stato pure detto, mi pare, in Italia dall'UCOII, ossia da un'associazione musulmana. Ne è venuto fuori un vespaio in seguito al quale il ministro Amato ha fatto una sua personale riforma della costituzione, pretendendo di far firmare a chi vuole lui una "carta dei valori", buffa pretesa se si considera la relatività ed indeterminabilità dei valori. E' trascurato poi un principio elementare del vigente sistema del diritto penale: i reati devono essere certi, tipici, determinati. Il ministro Amato introduce il terrorismo di stato, ponendo ognuno in sospetto di non aver rispettato valori che esistono solo nella testa del ministro Amato, che quando era presidente del Consiglio in una sola notte depredò tutti gli italiani che avevano qualche soldo in banca. In bell'esempio del suo sistema di valori. Mai la frase corrente "governo ladro" fu mai più appropriata.
11. Ai margini dell’informazione: la Olocausto Spa. Farsa e tragedia. Il contesto della notizia riguarda la posizione assunta dalla Radio Maria polacca, distinta dalla nostrana Radio Maria. Il padre polacco Tadeusz Rydzyk
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12. Ricorrente confusione fra negazione e strumentalizzazione dell’Olocausto. L'agenzia è piuttosto ambigua, attribuendo a Khatami una presa di distanze dall'attuale presidente dell'Iran.
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13. Distinzione scolastica fra negazione e leggenda. Lungi da me il propormi come avvocato o portavoce del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, al quale Roberto Malini,
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14. La questione dell’unicità. Mi chiedo quali interessi ci possano essere dietro la tesi che un determinato sterminio di esseri innocenti, o genocidio che dir si voglia, o strage e simili sia una fatto “unico”. Forse in questa maniera si pensa di poter raccogliere un maggior numero di contributi di solidarietà senza aver concorrenti. Trovo contorte le giustificazioni teoriche lette qua e là. Credo che ci sia dietro un interesse pratico e strumentale, non apprezzabile.
15. UCOI e UCEI: fronti contrapposti su suolo italico. Nella scorso estate vi è stata una forte reazione ad un manifesto a pagamento dell’UCOI pubblicato sui principali giornali italiani. Nel testo si commentavano le vicende della guerra in Libano e si equiparavano le distruzioni materiali e le vittime fatte da Israele a condotte ed espisodi simili commessi da nazisti e fascisti. L’analogia non è piaciuta a molti e si è invocato il rigore del diritto penale per proibirla. Il ministro Giuliano Amato si è addirittura inventata una “carta dei valori” alla quale i membri dell’UCOI dovevano soggiacere come se fossero delle forche caudine sotto le quali dovevano passare. Essenza di ogni “valore” è la sua libertà e spontaneità. E’ assurdo concettualmente ed eticamente pensare che si possono imporre a chicchessia valori non sentiti spontaneamente. Al massimo si sarà un notevole apporto all’ipocrisia collettiva, che in Italia ha una lunga tradizione. Ma alle dichiarazioni dell’UCOII
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16. Angela Merkel su Israele: un prodotto della ragion di Stato. Il principale interessato alla pollemica scatenata da Mahmoud Ahmadinejad sarebbe la Germania. Ma quale è stato il suo ruolo? Per chi ha un poco di conoscenza della Germania è noto come ai tedeschi sia stato fatto un lavaggio del cervello dal 1945 in poi. Sono loro i reprobi della terra che hanno il grande torto di continuare ad esistere dopo l'immane ed inaudito Delitto che ha portato allo sterminio del popolo di Israele. E' scritto nel Vecchio testamentoche : «la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione» (Num. 14,18 e altrove). Si sa che i testi religiosi vengono interpretati in sintonia con i tempi, ma in Germania la tesi della colpa collettiva trova fior di filosofi pronti a sostenerla. E' così che tutti i tedeschi sono diventati un caso collettivo di psichiatria sociale. E su questa base sarebbe interessante una contabilità dei risarcimenti versati dalla Germania Federale allo Stato d'Israele. Chiamata in causa dal presidente iraniano il cancelliere tedesco Angela Merkel
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17. Intervista dello Spiegel al presidente iraniano: Parte prima e Seconda. L’intervista è del 29 maggio 2006 ed è stata rilasciata a Teheran ai giornalisti Gerhard Sporl, Stefan Aust e Dieler Bednarz; sulla stampa italiana la stessa ha avuto una scarsissima eco. Francesco Coppellotti ne ha fatto una traduzione per il giornale on-line EFFEDIEFFE.co, diretto da Maurizio Blondet. L'intervista ha il pregio di far parlare direttamente il presidente Mahmoud Ahmadinejad senza l'intermediazione giornalistica che tende a screditare la notizia stessa mentre la comunica a chi può avere interesse a prenderne conoscenza. E' una tecnica di controllo e manipolazione della cosiddetta opinione pubblica. Rispetto ai regimi detti totalitari non cambia molto. Chi riceve le notizie deve avere sufficiente spirito critico per difendersi o meno dalla mediazione giornalistica. Anche per questo motivo mi auguro che venga abolito l'ordine (creato dal fascismo) dei giornalisti e liberalizzata ad ognuno l'accesso alla professione.
• Dal testo dell'intervista che sto leggendo ora riga dopo riga sembra di capire ad un certo punto che il presidente Mahmoud Ahmadinejad sia un negazionista. Ho già detto che io non sono un suo avvocato difensore o un suo portavoce. Per me diventa una buona occasione il fatto che un capo di stato (non un cittadino qualunque che può essere tranquillamente ignorato e silenziato) costringa a riaprire una discussione, sulla quale assurdamente è intervenuto perfino il giudice penale. Per quanto riguarda la posizione negazionista la mia personale posizione è abbastanza semplice: io sono nato dopo i fatti accaduti e per giunta lontano dai luoghi i cui i fatti sono avvenuti. Ma se mi si para davanti una persona che mi dice di essere sopravvissuto ai campi di sterminio, di aver avuto genitori e parenti uccisi nei campi di concentramento e mi fornisce ogni genere di testimonianza su un fatto realmente accaduto, io non posso obiettare nulla e dare per vero e certo il fatto. Se poi si presentano altri persone che contestano su base documentale gli stessi fatti nasce una disputa, di cui io in posizione terza aspetto la conlusione. Personalmente propendo a credere che il fatto storico della morte fisica delle persone rinchiuse nei campi di concentramento sia un fatto accertato. Costruire una montatura mi sembrerebbe cosa troppo onerosa. Ma di ciò io non sono preoccupato. Non è il fatto in sé che mette in crisi la mia disponibilità a credervi o meno. Ciò a me interessa è l'interpretazione del fatto presentato come accertato ed indiscutibile. Mi interessano altresì le conseguenze morali e politiche che da quel fatto si pretendono di trarre. Questo mi sembra la sostanza del problema e del dibattito che ora può riaprirsi sulla spinta delle clamorose dichiarazioni del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Se poi vi siano storici che intendano dedicare il tempo delle loro ricerche alla verifica e discussione critica della documentazione sull'Olocausto, ne hanno bene il diritto e contro di loro non dovrebbe essere emanata nessuna legge penale. A rimetterci non sono loro, ma la libertà di ricerca e di manifestazione del pensiero. A me sembra cosa ovvia, ma evidentemente qualcosa deve essere successo in Europa se ciò che è ovvio per gli uni non lo è anche per gli altri.
L'Intervistatore è a sua volta criticabile, quando introduce la nozione di "colpa": i "tedeschi" (non già i nazisti, ma addirittura i "tedeschi", anche quelli che ancora non erano nati all'epoca dei fatti!) avrebbero avuto la colpa per la morte dei sei milioni di ebrei. Il concetto di colpa in sè applicato al caso specifico si presta a molte contestazioni. Altra cosa è la responsabilità materiale della concatenazione di eventi che hanno portato alla morte fisica di moltissime persone innocenti, alle quale va senza riserve la mia e la nostra solidarietà. Parlare di "colpa" significa però accettare già una determinata interpretazione del fatto. Ed è qui che è bene riaprire la discussione!
18. Ad Israele l’atomica si, all’Iran no! L’articolo parla del solito libro scritto dal solito giornalista con i soliti promotori. In questo modo si fa opinione, si forma opinione, si crea la cosiddetta opinione pubblica. A chi scrive solo per il fatto di scrivere è attribuita la capacità di pensare. Guai a chi non sa scrivere e non sa parlare.
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19. L’informazione "corretta" dei delatori di regime. Posso considerare almeno un successo l’aver destato un certo interesse con il mio post sull’Olocausto che secondo un mio commentatore non è abbastanza "approfondito". Ciò può essere vero in senso relativo ed accolgo l'invito a sempre maggiori approfondimento. Intanto lo ringrazio per avermi avvertito della fossa dove sono stato messo. Dopo aver letto il contesto in cui il mio post è stato messo con un link chiaramento rivolto a veicolare insulti e diffamazioni oltre che delazione devo rimandare l’invito a questi felici lettori della "corretta informazione" di regime: approfondiscano loro, se ne sono capaci, cosa significa libertà di pensiero e libera manifestazione del pensiero. Cosa significa il rispetto per l'altrui opinione. Dismettano i panni del delatore e si studino per bene l’art. 49 della costituzione che prescrive ciò che i partiti in Italia (nata dalla Resistenza) non sono mai stati: strutture democratiche. La mia tessera a Forza Italia risale al 2002: lo dico per i lettori di "informazione corretta", vitalmente interessati a questo dettaglio della mia biografia o almeno per il Cucco che dirige la "corretta" informazione. La tessaera ad un partito costituzionale (FI, ma poteva essere qualunque altro) che ho preso per dovere civico non mi è stata mai ritirata e viene da me puntualmente rinnovata: benché faccia chiasso in tutti i modo non mi è mai giunta nessuna censura, ma qualcosa di peggio sì: il silenzio. Da quando mi sono iscritto ho cercato tutti i momenti possibili di dibattito e di confronto: si svegliano solo al tempo delle elezioni per chiedere il voto e per trasformare gli iscritti in tanti galoppini cercatori di voti, ma a discutere e dibattere non se ne parla! Basta che dicano sciocchezze alla televisione i leaders e gli altri (300.000 tesserati e 10 milioni di elettori possono solo applaudire ed abbassare la testa). Ma io non intendo che sia questa la politica, cioè il carnevale elettorale ed i salotti televisivi, dove si alleva un popolo di idioti pronto a recepire la "corretta informazione" e a lasciarsi aizzare contro il negro, contro l'ebreo mutatis mutandis. Non sono stati prima mai iscritto ad un partito: mi disgustavano tutti, ma non sono stato mai un terrorista o un violento, un extraparlamentare sì. Tranquillizzo i miei detrattori di «Informazione “corretta” (!!!)»: se riuscite con la vostra delazione ai superiori organi di partito a far sì che qualcuno in Forza Italia si accorga di me e decidano di espellermi, mi avrete fatto un immenso piacere! Non cambierò parrocchia, ma me ne tornerò »lealmente« a vita privata, avendo salvato la mia coscienza nel rispetto di un falso e mai attuato articolo della costituzione del 1948, nata dalla guerra civile e dalla Resistenza: l’art. 49 che parla di partiti che nella realtà non sono diversi da quelli totalitari. Quanto poi a mettere in dubbio ciò che affermo e che posso dimostrare, e cioè di essere presidente di un Club da me fondato (e approvato da chi di competenza) e coordinatore provinciale (regolarmente agli atti), osserrvo che potrebbero esserci aspetti penali per i quali potrei querelare i “corretti” informatori. Li tranquillizzo dicendo che non mi attrae questo sport e che ritengo sano principio di un cittadino “dabbene” lo stare lontano dalle aule di giustizia, soprattutto quando è sicuro di aver ragione. Concludo dicendo ai “corretti” informatori che se avessero letto con intelligenza ed attenzione il mio lungo ed “approfondito” post le mie posizioni non sono quelle che mi vengono attribuite, ma per capirlo bisogno avere un’intelligenza ed un’attenzione che i corretti “informatori” sono lungi dal possedere! Rispondo da casa mia (dal mio Blog) e non dal sito nel quale vengo ignobilmente diffamato. Ancora più insensata la messa in dubbio della mia qualifica universitaria, da me sempre onorata nel più scrupoloso rispetto della deontologia didattica e scientifica. Esco infatti dai ristretti spazi delle aule universitarie per rendere un prezioso servizio alla società, educando all'esercizio critico del pensiero e contrastando la massificicazione mediatica e manipolatoria del "corretti" Informatori, ai quali do io stesso una mano riportando il testo appena inviato alla Direzione Nazionale del mio partito:
«Per le opinioni da me espresse in questo post è apparsa una pubblica delazione. Il fatto e la mia risposta si trova al n. 19 del testo. Sono a disposizione per rendere conto ovvero aspetto una qualche risposta MAI giunta. Antonio Caracciolo
Presidente di Club, Coordinatore provinciale di Clubs». Se in questo modo sarò riuscito a scuotere un partito detto di "plastica", sarà stato un successo politico. Ringrazio i miei delatori se in qualche modo con le loro infamie riescono ad attirare su di me l'attenzione dei vertici del mio partito: eterogenesi dei fini.
Post Scriptum. – Sul merito non posso ripetere quello che ho già diffusamente scritto nè anticipare quello che ancora più diffusamente scriverò. Apprendo che Vincenzo Cucco è il nome del direttore di "informazione corretta", dove vengo diffamato e deferito ai Superiori Organi. Se non erro, in dialetto calabrese cucco significa gufo, un uccello infausto e sinistro. Meglio sarebbe se avesse intitolato la sua testata "disinformazione": corrisponderebbe meglio alla realtà, almeno per quello che mi riguarda, non avendo letto altri articoli ed essendomi prima la testata del tutto sconosciuta. Vedo che si tratta di una testata specializzata nel passare in rassegna quanto esce sul Medio Oriente. Poiché questo Post intende fare la stessa cosa, siamo evidentemente dei concorrenti. Informo il gentile Direttore Cucco che questo assaggio della sua "corretta" informazione mi è sufficiente: non andrò a leggere altro ed attingo le mie notizie liberamente dal motore di ricerca Google. Non credo che a costituzione vigente né Cucco né altri possa costringermi ad assumere altro punto di vista che il mio, con il quale non intendo vincolare nessuno e meno che mai i miei compagni di partito, con i quali sarei ben felice di poter accendere un dibattito sulla politica estera italiana in Medio oriente. Quanto alle mie tesi, se le si vuol discutere e controbattere, io son qua! Ho potuto leggere finora solo contumelie, denigrazione e diffamazione: appunto l'eredità dell'Olocausto, il cui uso strumentale ("il dominio del mondo" bla bla, non sono parole mie. Leggi bene Cucco!) è confermato da una informazione "politicamente corretta". L'apologetica di cui vengo imputato c'entra come il cavolo a merenda. Vedo tanta idiozia disarmante. Non ci sono i presupposti per una proficua discussione. Ognuno si compri il pane che mangia nella bottega che preferisce!
20. Israele medita la guerra contro L’Iran in nome dell’Olocausto vilipeso. In Italia si è scatenato un putiferio appena l’UCOII si è permessa di paragonare al nazismo la ferocia delle rappresaglie israeliane contro inermi civili, imprese derubricate e tollerate come banali errori, che si verificano troppo spesso per non essere sistematici ed apparire come deliberati. Addirittura il ministro Amato ha inteso riformare di suo pugno commissariale la costituzione italiana imponendo opinabili dichiarazioni su arbitrarie ed amatesche “carte dei valori”. Nell’articolo sopra riportato si legge come un ministro israeliano
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21. La canagliata continua. Apprendo per puro caso la corrispondenza che mi riguarda e di cui al link. Intanto ritrovo un vecchio nome con il quale avevo chiuso una polemica, un tal Dr. Iannuzzi, che per decreto avrebbe il compito di “formarmi”, essendo nella redazione di Ragionpolitica.it Avevo avuto con lui una discussione a proposito di Augusto del Noce, del quale insieme con Buttiglione (che era già assistente volontario) era stato studente immatricolato nell’anno accademico accademico 1970-71 ed anche in anni successivi. Non mi dichiaro allievo fedele di Del Noce, nelle cui posizioni filosofiche non mi sono mai riconosciuto pur essendo stato io il più diligente e fedele degli allievi che Del Noce ebbe negli ultimi anni del suo insegnamento. Tra questi allievi non ricordo di aver mai visto o saputo di un tal Jannuzzi, ma devo ammettere che finita all’università non seguivo le orme private del Maestro e quindi non so cosa combinasse o facesse fuori dall’università, anche se mi giungeva qualche voce poco edificante. Lascio comunque immaginare come poteva indispettirmi la saccenza di un Iannuzzi che proprio a me parlava Del Noce! Avendo comunque capito che “Ragionpolitica.it” non era un organo di espressione delle varie posizioni esistenti in Forza Italia, decido di non continuare una polemica improduttiva e mi procuro miei propri organi di espressione, da cui il “Fare politica in Forza Italia”, che già nel nome dovrebbe far comprendere l’elemento della proposta, del chiamare alla discussione ed al dibattito, da cui poi in ultimo – si spera – dovrebbe poi sorgere una posizione comune, “condivisa”, come si suol dire. Non è nel mio stile o nei miei propositi “imporre” mie opinioni del momento che nascono sull’onda delle notizie del giorno, ma che richiedono una pronta interpretazione. Per formarmi le mie opinioni non aspetto che si pronunci il Papa, il Segretario del Partito o anche soltanto Jannuzzi. E mi spavento se trovo qualcuno che condivide le mie opinioni. Mi piace se vengono discusse e contestate con buoni argomenti, che sono poi per me occasioni di ulteriori approfondimenti.
• Ragionpolitica.it è un organo di cui auspico la soppressione non già in quanto esprime le mere opinioni dei suoi redattori, ma in quanto è un organo precluso agli Iscritti a FI, come ho potuto constatare. Si tratta di una delle tante iniziative anarchiche all’interno del partito. Qualcuno ha messo dei soldi e qualcun altro vi ha messo sopra il cappello, quei soldi che in parte vengono dalla mia tessera. Una costante della dirigenza nazionale del partito è di non rispondere ai problemi posti dai quadri intermedi e dalla base. Ancora non ho capito se per deliberata e meditata intenzione, o per semplice inettitudine ed insipienza politica. Fatto sta che molti proprio per questa ragione hanno lasciato Forza Italia e che proprio a partire dalla Calabria, dove ho iniziato la mia militanza, Forza Italia ha perso quelle elezioni (20.000 voti) a cui tiene tanto e su cui vivono tanti portaborse. Per essere più convincente cito il nome di Pietro Fuda, presidente della provincia di Reggio Calabria ed ora parlamentare con l’Unione! E’ bastato lo spostamento dei suoi voti per determinare la sconfitta. Forza Italia è un partito “nuovo” sorto dalla dissoluzione seguita a Mani Pulite. Attratto dalla sua “novità” e vincendo il disgusto indifferenziato che provavo per tutti i partiti, ma anche volendo evitare la via della contestazione violenta del sistema, ho preso sul serio il dettato della nostra magnifica costituzione, la quale nel suo articolo 49 costituzionalizza il sistema dei partiti. Ai miei delatori che tentano di farmi “cacciare” da Forza Italia ricordo che nel nostro sistema l’iscrizione ad un partito è un diritto del cittadino, con quel che consegue e che ora non sto ad illustrare. Mi aspettavo in effetti reazioni come quelle che ci sono state e non ho difficoltà o timore ad affrontarle. Quello che non mi aspettavo che i delatori della informazione politicamente corretta avrebbe interpellato proprio il tale Dr. Iannuzzi alle cui opinioni non mi sento minimante vincolato come non pretendo che lui debba essere vincolato alle mie. Lo avverto però che se alle prossime tornate elettorali con legge elettorale vigente dovessi trovare il suo nome in lista, questa volta non rispondere all’appello di Berlusconi. Alle ultime elezioni ho votato turandomi il naso. Alle prossime non lo farò più.
• Mi fa sorridere e mi diverte il tentativo di incrinare la mia posizione in Forza Italia. Signori, non sono un deputato e non guadagno neppure una lira con Forza Italia. Giusta una settimana fa ho incontrato e conosciuto il nuovo coordinatore regionale del Lazio di FI, Giro, e gli ho scherzosamente annunciato a fronte della transumanza generale da partito a partito io resterò fedelmente in Forza Italia fino a quando qualcuno non si prenderà la briga di “cacciarmi”, non per avere io rubato, ammazzato o fatto cose simili, ma soltanto per avere manifestato le mie libere opinioni. Nessuno però di quelli che interpello manifesta intenzione di “cacciarmi”. Anzi giudicano assurdo e ridicolo il solo pensarlo. Che poi un Jannuzzi conti più di me (se davvero conta più di me), è cosa che mi turba assai poco. Forza Italia è un partito dove non si discute, dove si trovano persone come il tal Jannuzzi che pretendono di imporre il Jannuzzi pensiero attraverso un foglio parrocchiale come Ragionpolitica.it, non a caso diretto nominalmente da un prete, l’ottimo Bagetbozzo, da cui ho ricevuto solo un abbraccio in un raro momento di casuale incontro. Insomma, tutto ciò è buffo ed assurdo e forse sbaglio io a non ignorarlo del tutto. Cercando infine di venire alla sostanza del problema, raffrendando gli spiriti bollenti, riporto l’attenzione sul fatto che un partito, e soprattutto un partito che si dice e vuol essere liberale, è innanzitutto un luogo di discussione. Per chi ha voglia di letture (che non siano le pagine di Del Noce) consiglio quanto al riguardo scrive Carl Schmitt (mio vero maestro), trovando la crisi del liberalismo proprio nel venir meno dell’elemento della “discussione”. La discussione non ha limiti nella sua libertà. L’unico limite è quello costituito dal codice penale e riguarda i reati rubricati come tali. Ma la libertà di pensiero e la sua libera manifestazione è il più importante fra quelli sanciti nella nostra costituzione, che è liberale forse per sbaglio o per retorica. Solo degli autentici idioti possono pensare di abolire la libertà di discussione sottraendosi alla discussione. Circa l’intrinseca validità delle mie argomentazioni sono quelle che possono emergere dalla loro confutazione, cosa di cui ben si guardano quelli della informazione politicamente corretta, perché loro hanno già in tasca la Verità. Se non hanno interesse o meglio non sono capaci di un confronto critico, meno che mai ho io interesse a perdere del tempo con degli idioti. Spendo ora il tempo strettamente necessario a respingere una diffamazione in atto, che trova una sponda proprio nel tal Jannuzzi, che se fosse stato appena un poco corretto avrebbe per prima cosa dovuto rivolgersi al sottoscritto, informandosi presso di me dello stato della polemica.
• E non credo di dover altro aggiungere, per adesso. Sono qui e aspetto i fulmini e le scomuniche, ma non quelle di Jannuzzi che non saprei neppure dove mettere. “Aberrante” è per me la posizione di chi non ritiene di affrontare la discussione, perché lui ritiene già di aver ragione: la sua è una posizione “politicamente corretta”, alla quale gli altri devono semplicemente inchinarsi. Oggi tutti si scoprono e si dichiarano maestri di liberalismo ed alla fine non si sa più cosa è questo liberalismo. Si vanifica e diventa privo di senso. Ma comunque in tutte le accezioni possibili di liberalismo non credo se ne possa trovare una che rifiuti in linea di principio la “discussione”. Inaudito, assurdo, ridicolo! Si paventa il fascismo ed il nazismo in quanto antitetici al liberalismo ma si pratica un fascismo che neppure i fascisti doc hanno mai praticato, sapendo essere ben più liberali (Gentile, ad esempio) degli odierni suoi detrattori. Trovo assai divertente lo sconcerto dei pensatori “politicamente corretti”, non sapendo essi se inquadrarmi all’estrema destra o all’estrema sinistra. Infatti, come ragiona un pensatore “politicamente corretto”? Ascolta la sera per televisionie innanzitutto il Papa (e tra questi ascoltatori annovero il Jannuzzi), poi i vari leaders dei partiti che ad imitazione del Papa amministrano la corretta interpretazione dei fatti del giorno. Se poi qualcuno non ne vuol sapere né del Papa in senso proprio né dei suoi imitatori (all’infimo grado perfino un Jannuzzi dalle pagine telematiche di Ragionpolitica.it) e tenta di pensare con testa propria ecco lo sconcerto fino allo spasimo dei “corretti informatori” del “corretto” pensiero politico. La politica però ha anche degli aspetti divertenti. Et de hoc satis. Spero, almeno.
22. Non solo ebrei. Ai nostri fini interessa sottolineare che tra le vittime del cosiddetto Olocausto, di cui non contesto il fatto ma di cui non comprendo linguisticamente il nome, vengono incluse altri gruppi sociali: Rom, Testimoni di Geova, prigionieri politici e omosessuali. L’azione per il risarcimento pare promossa da solo ebrei. Parlo qui di un risarcimento nel senso stretto dei contratti assicurativi.
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• La notizia del risarcimento assicurativo non sfugge ad un periodico come
Micromega, la cui ideologia è stata da me individuata e con il quale non intendo avviare una digressione polemica. Mi limito ad una picciola osservazione su un brano che riporto testualmente:
«La ferocia dello sterminio nazista del resto colpì non solo i figli di David, ma anche le minorane religiose, sessuali e etniche considerate inferiori e quindi immeritevoli di sopravvivere nel mondo ariano, ideato dal delirante Fuhrer tedesco e dalla sua squadra». Ciò che qui mi interessa sottolineare è il fatto che all’interno delle categorie di vittime non “figlie di David”, ve ne erano altre (quante?) che ben potevano essere di indiscussa “razza ariana” (= mito antiscientifico). E se così è, se ne dovrebbero trarre conseguenze sul piano ideologico. I campi di concentramento, non molto diversi dalle riserve indiane, erano un metodo rapido ed efficace per eliminare oppositori di ogni genere, senza andar troppo per il sottile. Noi abbiamo avuto di recente qualcosa di analogo con l’indulto. Non si sapeva dove tenere i carcerati, essendo insufficienti le strutture carcerarie, ed allora si è ben pensato di scarcerarli restituendoli alla società, che viene ad essere nuovamente taglieggiata da delinquenti riconosciuti tali e messi in libertà per continuare a delinguere. Forse con il bel campo di concentramento, dove avrebbero potuto lavorare e risarcire i danni fatti alla società oltre che il costo del loro mantenimento, la società sarebbe stata protetta. Mi viene ora in mente quel cittadino che in un autobus fermo davanti alle botteghe oscure si mise a gridare “Hitler!”, quando noi altri viaggiatori sorprendemmo un “povero albanese” in flagranza di reato. Il viaggiatore che gridò “Hitler!” non era chiaramente un nazista. Voleva soltanto sicurezza contro la microcriminalità. Un imbecille di mentalità sinistroide voleva che si lasciasse andare il “povero albanese” e si arrestasse quello che aveva gridato “Hitler!”. Ecco, qual è la cultura nata dall’ideologia dell’Olocausto!
- Probabilmente l'inciso "figli di David", contenuto nell'articolo di Micromega, è un mero artificio retorico per evitare una ripetizione della dizione ebrei. Ma esso mi offre l'estro per alcune riflessioni che probabilmente faranno imbestialire i miei detrattori anonimi. Non ve n'è bisogno. Sono già delle bestie che hanno sacrificato la loro intelligenza. Non so bene se Davide oltre ad essere il noto personaggio biblico sia anche una figura storicamente accerta. Non sono un biblista e non mi interessa il merito della questione. Per converso ogni abitante odierno di Roma potrebbe dirsi, sia pure per analogo artificio retorico, un figlio di Romolo, o se si preferisce di altri padri della monarchia, della repubblica o dell'impero romano: Cicerone, Cesare, Augusto, Virgilio. Se poi si vuol risalire ad origini mitiche il romano odierno può dirsi figlio di Enea, e quindi di Priamo, e perfino figlio di Troia, cioè dell'antica città di Troia secondo cui sarebbero poi venuti i Romani. Ma tornando al serio richiamo l'attenzione sul fatto che gli ebrei uccisi o morti di stenti nei campi di concentramento erano innanzitutto cittadini tedeschi, italiani, polacchi, europei. Non erano i soli, che io sappia, ad essere stati crudelmente sterminati nei campi di concentramento. E non mi si taccia di negazionismo perché è tutt'altro il piano concettuale in cui colloco questa mia riflessione. Voglio dire che ad essere penalizzato dall'orrendo crimine furono innanzitutto quei paesi d'Europa a cui sono stati sottratti cittadini ignari ed innocenti di ogni imputazione loro ascritta. Fu solo il furore e la cecità ideologica a privarsi di tanti talenti che avrebbero tanto giovato alla loro patria. In uno sceneggiato televisivo, che assumo come poeticamente verosimile non potendo accertarlo come storicamente vero, ricordo di un'intercessione presso Hitler dove gli si faceva presente che la chimica e la fisica tedesca avrebbero sofferto senza l'apporto di cittadini tedeschi rubricati come ebrei, per religione o razza. Nello sceneggiato era rappresentata la risposta sdegnata di Hitler che di fronte all'evidenza rispondeva che la Germania avrebbe fatto a meno della chimica e della fisica! Potrei continuare con altre esemplificazioni, ma voglio andare più rapidamente al concetto: il maggior danno dello sterminio di quanti senza colpa morirono nei campi di concentramento lo ebbero gli Stati europei di cui le vittime erano cittadini, in primis la Germania. A questo danno diretto ed immediato se ne sarebbe aggiunto un'altro che consiste nella strumentalizzazione che ancora oggi è fatta di un evento tragico di cui il principale danneggiato è l'Europa stessa e la Germania in misura maggiore. Chi vuol capire, capisca!
23. Norman Finkelstein. Non ho ancora mai fatto in queste mie note il nome di Norman Finkelstein, di cui ritrovo adesso fra le mie vecchie carte un fascicolo. Non credo di essere originale in ciò che ho finora detto. Mi limito a commentare e criticare notizie che trovo in rete. Sto seguendo questo metodo e non ho inteso scrivere un saggio originale sull'argomento. Del resto, trovo che sia poco utile scrivere saggi che possono essere facilmente a tacese se escono fuori della vulgata conformista. Con le nuove possibilità che oggi offre la comunicazione orizzontale trovo invece più efficace ricacciare nella rete ogni pregiudizio ad arte divulgato. Se uno solo dice la verità e cento gridano forte la menzogna, è quest'ultima a prevalere. I miei detrattori lo sanno tanto bene che non hanno pensato di misurarsi con me in un confronto critico, ma da degni successore di fascisti e nazisti hanno cercato di attivarsi presso superiori istanze, dove si immaginano che possano mettersi il bavaglio o indurmi all'autocensura. Hanno fatto male i loro calcoli perché soltanto moltiplicato la mia determinazione nel sostenere le mie opinioni che potranno essere anche erronee, ma al di la del loro contenuto quale che esso sia sono un bene più importante di ogni altro (anche di cento tabù sull'Olocausto) se viene in discussione il mio diritto di esprimermi. E' curioso come non ci si accorga che a voler essere liberali il peggior peccato, il peggior crimine che si possa commettere è quello di conculcare la libertà stessa del pensare. A questo punto si ha un bel recriminare il nazismo. Chi viene dopo non agisce meglio di quanto i nazisti abbiano mai fatti. A me ciò sembra ovvio, ma per i nostri democratici e liberali all'acqua di rose, capaci perfino una "informazione corretta" (secondo chi? e da chi corretta? ed in base a quali criteri?), evidentemente non lo è, o se lo è altri sono i loro intenti e le loro preoccupazioni. Ricordo qui soltanto in titolo del libro di Norman Finkelstein: "L'industria dell'olocausto. Riflessione sullo sfruttamento della sofferenza ebrea". In un'altro paragrafo farò un'analisi delle posizioni di Finkelstein, ma dico subito che la mia attenzione non è tanto sullo "sfruttamento" (magari economico) ma sull'uso strumentale che si è fatto e si continua a fare di un fatto certamente tragico, ma la cui interpretazione è stata piegata a fini strumentali quanto discutibili, unendovi anche una forma di terrorirismo ideologico di cui gli eventi che mi hanno direttamente riguardato non sono che un piccolo esempio di conferma del fatto denunciato e analizzato.
• Leggo e commento da un vecchio fascicolo emerso dalle mie carte. Mi riservo di aggiornare dopo i dati. Intanto qual è la tesi di Finkelstein? Chi è Finkelstein? Intanto è lui stesso un ebreo ed i suoi genitori hanno per davvero sofferto per discriminazioni.
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A Finkelstein ribatte Tzvetan Todorov, parlando di critiche giustificate all’opera di Finkelstein. L’argomento forte di Todorov
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24. La conferenza iraniana sull’olocausto del 15 dicembre 2006. Sono stati ben 600 gli studiosi riuniti in Teheran con il patrocinio e sotto gli auspici del presidente Ahmadinejad. Sull’iniziativa si sono scatenati fulmini e maledizioni di ogni genere, ma su ciò che si è effettivamente detto non mi è capitato di sentire nulla dai consueti miei canali di informazione. Radio radicale si avvale abitualmente della giornalista filoisraeliana Fiamma Nirenstein. Nel testo di Megachip sono accennati i risvolti geopolitici della conferenza. L’ “Avanti! Quotidiano socialista” parla di delirium tremens in un testo che non è di nessuna utilità dal punto di vista dell’informazione su ciò che deve pur essersi detto in Teheran, se erano in 600 a dibattere. A pensarci bene è delirante lo stesso Franco Marta che non dimostra di saper fare il giornalista, per cui mi augureri che questo ordine professionale creato dal regime fascista venisse abolito una volta per sempre, consentendo ad ognuno che lo voglia di poter scrivere sui giornali. L’articolista dell’Avanti si scandalizza perché gli studiosi (lui dice “presunti”) venuti dall’Europa “non si sono offesi per essere stati invitati”. Non possiamo però sapere chi sono questi studiosi perché il grande giornalista omette di dirlo. Se uno volesse sapere in cosa consiste la follia dei personaggi riuniti in convegno, non lo può sapere perché il Grande Giornalista nella sua Sapienza Infinita ha deciso per il bene della anime e delle menti “deboli” che è bene circondare di obblio l’evento, di cui si ha eco lontana soltanto dai roboanti insulti intrisi di parole come onore, follia e simili. Probabilmente il giornalista (se è tale) non sa nulla dell’evento ed è impossibile aspettarsi da lui una benché minima informazione.
• Ci si avvicina un poco al problema in un commento casualmente trovato nelle Google News. La confusione però è qui insita nel termine verità. Nel momento in cui io sto scrivendo non ho ancora potuto soddisfare la curiosità intellettuale di sapere cosa si è detto in Teheran, chi ha parlato, quali le tesi effettivamente sostenute. La speranza è che almeno in Iran si possa discutere di ciò che nella liberale Europa è assolutamente vietato. La quasi totalità delle notizie di stampa è una coltre di insulti e recriminazioni per la conferenza di teheran, ma manca una informazione oggettiva sulla stessa e sto facendo fatica a trovarla. Quanto alla verità di cui sopra è facile osservare che uno stesso indentico fatto è suscettibile di interpretazioni e valutazioni assai diverse. Ma evidentemente non sta tanto a cuore il dato fattuale quanto l’interpretazione che di esso è stata imposta per legge. Le conseguenze dall’Olocausto alla fondazione dello Stato d’Israele e spese di un terzo cozzano contro ogni senso elementare di logica, giustizia e verità.
• Qualcosa di diverso capita di leggere in qualche rara agenzia. Gli articoli di stampa sulla conferenza di Teheran sono tutti di sdegno e di condanna per aver osato affrontare il tema ed aver osato insinuare dei dubbi su verità che si proclamano accertate una volta per sempre e non si intendono discutere. Peggio ancora che voler discutere sulla verginità di Maria. È così e basta. Chi insinua il dubbio è un reprobo. Ma ciò che produce sospetto è proprio la veemenza e la univocità delle reazioni. A questo punto sorge in me la curiosità forte di poter disporre del testo delle relazioni o la registrazione dei discorsi pronunciati. La rete dovrebbe consentire ciò che i governi proibiscono si sappia.
• Istituzione di un Comitato. Traggo a fatica la notizia dell’istituzione di un Comitato internazionale di ricerca che si aggiungerà ai lavori della Conferenza, non destinata ad esistenza episodica. Si può leggere anche qualche nome dei partecipanti. Tra questi uno storico austriaco, Wolfgang Frölich, che non ha voluto leggere la sua relazione per il timore di essere messo nuovamente in carcere, appena ritornato in patria, nella civilissima Austria. Presidente del Comitato internazionale sarà Mohammad Ali Ramini, consigliere del presidente dell’Iran, affiancato da studiosi di Francia, Siria, Svizzera, Austria, Canada, Stati Uniti e Bahrain, che in caso di Francia, Svizzera, Austria, Canada e Stati Uniti non avranno certamente l’appoggio dei rispettivi governi. È capitato in passato che fossero proprio gli arabi a far conoscere ai latini cristianizzati i classici greci. Chissà che ancora una volta gli Europei non debbano ringraziare i vicini del Medio Oriente. Su Frölich ho appena trovato qualcosa che si può leggere in questo link. Sapevo di tecnici che si sono presi la briga di verificare la fattibilità tecnica dello sterminio tramite gas. Non sono un esperto in materia, ma non riesco proprio a capire cosa ci sia di criminale nel proporre simili argomentazioni che richiedono una semplici verifica sperimentale da parte di esperti del ramo. Se Frölich sbaglia nelle sue affermazioni, ne andrà di mezzo il suo credito, ma non capisco proprio perché abbia dovuto per questo subire la prigione. Forse proprio perché ha forse detto una verità che altri non vogliono dire. Non è questo tuttavia il mio campo. Io mi definisco un esperto in demistificazione dell’uso strumentale dell’Olocausto. Spetta agli storici del settore accertare o confutare tutto ciò che si collega al tragico evento della seconda guerra mondiale.
25. Irving ritornato in libertà. Leggo della scarcerazione di David Irving dopo aver scontato un terzo della pena nelle prigini austriache. Si è insinuato il dubbio che il suo non sarebbe stato sincero pentimento. Si sarebbe soltanto trattato del timore suscitato dalla prigione. Poiché anche io nel mio piccolo incomincio ad essere tenuto sotto osservazione da quelli di Informazione corretta (mi fa ridere a creparella l'aggettivo "corretta"!), vorrei dare alcune precisazione per il Pubblico Ministero che si dovrà occupare, mi auguro dopo aver ricevuto io il rituale avviso di garanzia. Non ho nulla a che fare con David Irving perché non ho nessuna competenza per confermare o confutare le sue tesi storiografiche. E neppure mi interessano questo genere di ricerche storiche. Trovo però vergognoso e indegno di ogni idea di giustizia che David Irving abbia dovuto sperimentare il carcere solo per aver avuto delle opinioni di carattere storico, suffragate o meno da documentazione storica. Le mie tesi sono di carattere filosofico e attengono ad una strumentalizzazione delle sofferenze di quanti sono stati impriogionati nei lager nazisti trovandovi la morte. Il nazismo e la seconda guerra mondiale non si esauriscono in questi fatti episodici. Se la "ritrattazione" di Irving è insincera, ciò non toglie nulla all'uomo, ma aumenta la vergogna dei suoi carcerieri e dei suoi accusatori. Non se anche in Italia i giornalisti della Informazione corretta vadano patrocinando una legislazione simile a quella austriaca, ma la cosa ha veramente dell'incredibile ai limiti inimmaginabili dell'idiozia e della meschinità intellettuale e morale. Non sono uomo dedito alla violenza, ma in senso tutto ideale credo che simili individui meritino un poderoso calcio nel di dietro. Non intendo più curarmi di loro, ma se si fanno vivi troveranno pane per i loro denti. La libertà di pensiero e di ricerca è per me cosa di gran lunga più importante della Shoa ed i crimini contro una simile libertà cosa infinitamente più grave perché riguarda tutti gli uomini, i quali senza una simile libertà non possono progredire e non si sarebbero mai differenziate dalle bestie, condizione nella quale peraltro temo siano rimasti i miei critici detrattori.
26. Uri Avnery, un pacifista israeliano. Ringrazio il mio ultimo commentatore per la segnalazione su Uri Avnery, di cui ignoravo perfino il nome.
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27. L’operazione Ostellino. È un fatto che a tutt’oggi non si è potuto sapere ciò che a Teheran si sono detti quanti a vario titolo e provenienti da 67 Stati si sono riuniti per discutere del cosiddetto Olocausto, dico “cosiddetto” allo stesso modo in cui Bertinotti dice legge n. 30 anziché legge Biagi. Non intendo negare un bel niente, se morti vi sono stati. Semplicemente non so cosa significa in lingua italiana la parola Olocausto. Se mi dicono sterminio, uccisioni di massa, stragi, ecc., capisco. Se mi parlano di olocausto devo andare a prendere qualche vocabolario, ma poi dopo qualche tempo mi dimentico di cosa si trattasse. Ostellino ha già decretato che di una verità ormai accertata (da tanti come lui), non si deve più parlare. La storia al di là dell’accertamento dei meri fatti (ed ogni tanto si scopre qualcosa di nuovo e diverso) è innanzitutto interpretazione. Il fatto senza la sua interpretazione non esiste. La morte fisica di un essere umano o animale può significare tante cose diverse. In una certa fase della storia la morte di un animale non era cosa diversa da quella di un uomo. Quella di un uomo puà essere poi morte naturale, omicidio punito dalle leggi, esecuzione di una sentenza, morte in combattimento, ecc. Direi che il lavoro storiografico si rinnova innanzitutto nell’interpretazione che in epoche e situazioni diverse viene fatta degli stessi eventi storici. A me personalmente interessa poco se a morire siano stati sei milioni o cinque milioni e mezzo, se causa della morte sia stato il gas o altra causa. Chi però intende indagare questi aspetti, ha tutto il diritto di farlo ed io non me ne allarmo. Nel caso del cosiddetto Olocausto, che sarebbe per Ostellino
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28. Finalmente! Si incomincia a sapere qualcosa. Sulla conferenza di Teheran per l'Olocauto era calato il silenzio.
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