domenica 30 settembre 2007

E. Il dissenso ebraico.

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Quadro d’insieme - Osservatorio sulle reazioni a Mearsheimer e Walt -

Versione 1.4
Testo in progress

Sommario: Premessa. – 1. Ariel Toaf: uno “sporco” ebreo? – 2. Un nuovo artificio ideologico: “l’odio di sé ebraico. – 3. L'industria del falso. – 4. La cattedra di Finkelstein. – 5. Ilan Pappe storico ebreo della pulizia etnica.



0. Premessa. – Nella pagine centrali del libro di Mearsheimer e Walt, La Israel Lobby e la politica estera americana, è descritto come il governo israeliano detti le linee di condotta della costellazione di gruppi ebraici che formano la Israel Lobby. Sono pagine altamente istruttive alle quali rinvio. Qui mi chiedo se qualcosa di analogo esista nei rapporti fra Italia ed Israele. Intanto esistono parecchi centri denominati Italia-Israele. Mi pare che ci siano anche legami parlamentari e mi chiedo quale sottobosco ci sia dietro la sorprendente dichiarazione del presidente Napolitano che assimila la critica al sionismo ad una forma di antisemitismo. Un parto della mente presidenziale o un lavoro di lobbying? Sarei propenso per questa seconda ipotesi, anche se non mi resta niente altro che l'immaginazione per individuare i soggetti, i tempi, i modi in cui si è potuto giungere ad una dichiarazione che di certo ha fatto felice la Lobby, ma ha allontanato il Presidente dal mio cuore di italiano con una sola patria a disposizione. Per quanto riguarda i nostri amici di I.C. ed il loro specifico ruolo sono probabilmente illuminanti le loro posizioni contro il povero Ariel Toaff che ho visto recriminato da Fiammetta Nirenstein in un dibattito televisivo dove aveva di fronte Sergio Luzzatto, che a Fiammetta ne ha dette di crude, avvertendo che la Lobby si assumeva la responsabilità di far nascere un nuovo antisemitismo, i cui contorni mi sembrano chiari e che sono già stati enunciati da un altro ebreo del dissenso, cioè Avraham Burg, che in pratica equipara l’odierna politica israeliana verso i palestinesi a quella dei nazisti verso gli ebrei degli anni trenta. E dunque per proprietà transitiva dire antisemitismo sarebbe lo stesso che antinazismo. Anche se non è stato esplicito credo che Luzzatto potesse alludere solo a questo nuova forma di antisemitismo, che assumendo i contenuti di Burg, sarebbe non solo legittima ma doverosa per governi e cittadini. Nella nostra analisi, limitata per penuria di fonti, ai soli testi di I.C., lo studio della lotta che chiamiamo sionista contro ebrei non allineati può rivelare aspetti interessanti.

1. Ariel Toaff: uno “sporco” ebreo?. Dio ce ne scampi! Non sono io a dare dello “sporco” a nessuno, sia esso ebreo, arabo o negro, una volta che sia stato assodato che queste espressioni denotano forme di razzismo, più o meno consapevole. La qualificazione la si può invece ricavare dal volgarissimo ed incivilissimo attacco allo storico Ariel Toaff, derubricato a “pseudostorico” (= pubblica denigrazione?) da nostri Corretti Informatori, i quali lo tacciano di cercare una “sporca" pubblicità con il suo libro costatogli sette anni di lavoro. Se è “sporca” la pubblicità, sarà dunque “sporco” lo stesso Ariel Toaff. Non vi pare? Avremo dunque degli ebrei che hanno dato dello “sporco” ebreo ad un ebreo. Che farà in questi casi l’ADL? ma riportiamo dal loro archivio l’edificante testo dei Corretti Informatori.
«Dal GIORNALE di oggi, 10/02/2007, riportiamo il commento di Fiamma Nirenstein sul libro di Ariel Toaff, sul quale abbiamo pubblicato in questi giorni molta informazione. Ci auguriamo che su tutta questa faccenda scenda al più presto il sipario [lo decidono loro quando e di cosa si deve e si può parlare: un intercalare abituale anche in altri casi che andremo evidenziando]. Uno pseudo storico in cerca di sporca [razzismo domestico?] e facile pubblicità [ma guarda un po’!], un docente universitario che intinge abitualmente il tasto del PC nel veleno antiebraico [un ebreo che si nutre di veleno antiebraico], bramoso di sentirsi il Finkelstein italiano [teoria dell'autolesionismo contro gli ebrei non allineati alle direttive del governo israeliano], lasciamoli cuocere nel loro brodo [grande bontà dei C. I. che però proprio non lasciano in pace nessuno, godendo purtroppo di protezioni ed impunità]. La generale disistima [generale di chi? degli stessi C.I.!] gli terrà compagnia.

Ecco il commento di Fiamma Nirenstein [buona costei!], dal titolo Se Toaff fa il vampiro con gli ebrei a pag.1: Non ho letto [sic!] il libro di Ariel Toaff “Pasque di Sangue”, appena uscito per il Mulino, che afferma sia vero il mito del blood libel, ovvero gli omicidi e l’uso rituale del sangue da parte degli ebrei qualche centinanio di anni fa. Ma ne ho letto molti commenti da parte di altri storici, e ho consultato testi sull’argomento, tanto da essermene formata un’opinione [meno male! Ha pure “opinioni” donna Fiammetta]. Raramente una più superficiale [parla donna Fiammetta che inizia un suo libro, L’abbandono, con un assoluto falso di una inesistente citazione di Martin Luther King] concezione delle parole “verità” [parla di verità la falsaria smascherata come tale] e “coraggio” [Fiammetta di coraggio ne ha da vendere, protetta dall'atomica israeliana] sono state applicate a un caso di studio e soprattutto a una questione politica e contemporanea così scottante come quella che solleva il libro di Toaff. L’enormità, lo scandalismo della tesi di Toaff e le possibili [nella testa di donna Fiammetta e dei suoi sodali di I.C.] conseguenze delle sue improvvide conclusioni, sono incomparabili al valore delle sue argomentazioni induttive basate su testimonianze estorte con la tortura, sulla forzatura dell’idea che la coincidenza delle testimonianze significhi verità, quando invece significava, e lo provano molti casi, adeguamento allo steretipo richiesto dai torturatori [e meno male che si tratta di eventi storici di oltre 500 anni fa!]. Fra i molti testi sul tema del blood libel, se uno legge il saggio di Massimo Introvigne [altro campione forse ascrivibile nella sezione “soggetti” della Lobby del nostro monitoraggio, equivalente italiano dei sionisti cristiani di cui parlano Mearsheimer e Walt] “Cattolici antisemitismo e sangue” uscito nel 2004, esso per esempio contraddice [non significa che abbia ragione] del tutto l’idea anche espressa da Toaff in un’intervista al Messaggero che Clemente XIV ritenesse veri i casi di due fanciulli presunte vittime di sacrifici rituali. La “rivelazione” di Toaff e l’entusiasta presentazione (“magnifico libro di storia”) [appunto un libro di storia... di secoli passati, mica della fondazione dello stato di Israele] che ne ha fatto il professor Sergio Luzzato [che storico è, mentre donna Fiammetta lo è solo per burla... pare alla Luiss] sul Corriere della Sera, è roba da grande brindisi e fuochi d’artificio per i milioni di antisemiti nel mondo [eccolo il problema! Come può vivere e prosperare donna Fiammetta e lo stato di Israele senza milioni di antisemiti sparsi per il mondo, pronti a nutrire il loro antisemitismo proprio dal libro dell’ignaro Ariel Toaff]; è uno strumento eccezionale; per i prossimi decenni il fatto che proprio un ebreo, un professore con quel nome ha “provato” il blood libel, farà la gioia di tutti gli Ahmadinejad [il bersaglio polemico deliberato dai servizi israeliani di guerra ideologica] del mondo.E sono tanti [tanti o pochi? Se vale l'asserzione della "generale disistima" di poche righe sopra dovrebbero essere pochi o perfino nessuno. E dunque di cosa vi preoccupate?]. Chi è in contatto quotidiano con la potenza del blood libel sa [cioè donna Fiammetta sa], che per proporre come autentica l’idea di Toaff è doveroso disporre di una corazzata di prove incontrovertibili, che invece non ci sono [parola di donna Fiammetta che neppure ha letto il libro, per sua stessa ammissione], e anche una grande motivazione verso un’irrinunciabile, santa verità [povera verità in bocca a donna Fiammetta!]. Toaff sa benissimo che ha compiuto un passo politico [lo certifica donna Fiammetta ad uno che fuori dalle università non è stato mai visto far comizi nelle piazze, mentre donna Fiammetta di comizi ne fa proprio tanti, ogni settimana da Radio radicale che gli tiene bordone come anni prima garantiva una rubrica settimanale ad un certo Pezzana], lo sa la casa editrice il Mulino, lo sa Luzzatto. In questa settimana soltanto mi sono per caso dovuta imbattere per due volte (poche, in genere capita più spesso a chi si occupa di Medio Oriente e di antisemitismo [e la “sporcizia” attribuita a Toaff cosa è se non l'unico antisemitismo/razzismo esistente, quello cioè di ebrei verso altri ebrei dissidenti]) nel mito che gli ebrei spillino il sangue dei gentili per usi rituali: il caso del libro di Ariel Toaff e, il 5 di febbraio il transcript delle risposte a un’intervista della tv libanese Teleliban del poeta libanese Marwan Chamoun: “Quanti libanesi, quanti arabi conoscono il talmud? O il libro “Il governo segreto del mondo?” o “Sangue per l’azzima di Sion” che racconta l’uccisione di Tommaso da Camengiano, un siciliano di cittadinanza francese dei giorni di Muhammad Ali Pasha nel 1840?..L’ha scritto il ministro degli esteri siriani Mustafa Tlass in cui si trovano tutti i documenti dei diplomatici francesi e del console in Libano..il prete fu sgozzato nella casa di Daud Al Harari, il capo della comunità ebraica di Damasco..il suo sangue fu raccolto e i rabbini se lo portarono via [e che c'entra tutta questa filastrocca con il libro di Toaff che parla d'altro?]. Perchè così gli ebrei poterono onorare il loro dio perchè bevendo sangue umano possono avvicinarsi a Dio. Dove siete dunque diplomatici e politici? Perchè non utilizziamo di questi argomenti storici presentatici su un semplice piatto d’oro? .. ci sono fra i 20 e i 30 libri di questo genere.. ne ho comprati 2000 copie.. quando qualcuno si sposa invece di cioccolatini, gliene regalo una copia..”. E’ storia i testi cantano, gli ebrei sono vampiri. Chamoun non è il solo a pensare che la diffusione di testi che provano storicamente la leggenda del sangue si debba studiare bene: [e lascia fare a Toaff il suo lavoro. se ne sei capace rispondi con un altro libro, dove dimostrerai tutta la tua bravura, magari con nuovi falsi di sana pianta, ma non si risponde ad un lavoro come quello di Ariel Toaff con il pubblico linciaggio e costringendolo al ritiro del libro dal commercio. Fatto inaudito e senza precedenti. Potenza della Israel Lobby! Altro che sete di sangue. Qui si succhia il midollo cerebrale della gente! Oggi, non sei secoli fa.] il testo che cita scritto dal ministro della difesa siriano Mustafa Tlass che “prova” il blood libel di Damasco del 1840 ha avuto almeno dieci edizioni. [Si tratta di una persona e donna Fiammetta parla di un'altra] Tlass è un avvocato, ha studiato alla Sorbona [caspita, quanto è istruita donna Fiammetta che sa tutte queste cose che c'entrano quanto i cavoli a merenda. Se è questa la campionessa dei Corretti Informatori, figuriamoci gli altri]. Afferma che il suo libro getta luce sui segreti dell’ebraismo: “Ogni madre dal 1840 dice a suo figlio “Non stare lontano da casa. L’ebreo può venire metterti nel suo sacco e succhiarti il sangue per l’azzima di Sion”. Negli anni 70 re Feisal dell’Arabia Saudita testimoniava su un settimanale (al Musawwar) che mentre era a Paigi per una visita, la polizia aveva scoperto cinque casi di bambini cui gli ebrei avevano cavato il sangue.. [Basta, ne abbiamo fin troppo di donna Fiammetta, una nullità che mi dicono aspira a passare per una novella Oriana. Con la potenza della Lobby si può credere che raggiungerà il suo traguardo di gloria, se qualcuno è disposto a considerare gloria un simile traguardo
]. E’ storia, la nobile testimonianza può essere messa in questione? Nel dicembre del 2005 la tv iraniana ha pubblicizzato il libro “Storia degli ebrei” invitando l’autore Hasan Hanzadeh a parlare dell’episodio, da lui verificato, che nel 1883 150 bambini furono rapiti a Parigi per estrarre loro sangue [a proposito di bambini come la mettiamo con quelli arabi morti ammazzati ad opera delle mine israeliane e certamente molto più numerosi di appena 150? Ne parlano i soliti Mearsheim e Walt a p. 126 del citato libro, dove si smonta la tesi della pretesa superiorità morale degli ebrei israeliani di cui in altri testi la nostra Fiammetta è un agitprop]. Il gran numero di testi e di intellettuali che usano oggi, non nel medioevo [appunto! Il libro di Toaff parlava di cose medievali, non di cose d'oggi, ma con donna Fiammetta ed i suoi sodali di I.C. non si può stare tranquilli neppure occupandosi di medievo e fuggendo la contemporaneità], il blood libel come una verità è spalleggiato da un’attività di propaganda popolare che per esempio ha fatto produrre a spese del governo siriano [come se il governo israeliano non spendesse ben altre somme per far passare in Occidente le immagini di sé che meglio aggradano. Addirittura, donna Fiammetta ha scritto un libro, osceno, dove sostiene che "Israele siano noi“. Noi chi? Pure io? ma per dirla con Beppe prenditi un Vaffa!], trasmesse da Al Manar, tv degli Hezbollah, 30 puntate di una serie televisiva,“Al Shatat” in cui orride [niente di più orrido della stessa Fiammetta] scene di martirio infantile vengono presentate come verità storiche. In Iran i giornali hanno parlato a lungo di “prove” del furto di organi di bambini arabi negli ospedali israeliani. La predisposizione degli ebrei a bere sangue, a usare il sangue, a spillare il sangue dei nemici è una spiegazione usata comunemente anche per delegittimarne la guerra di difesa [o di attacco e conquista di territori dove prima di ebrei vi era appena l'ombra e da dove gli arrivati hanno fatto sloggiare gli indigeni] in Israele: il caso famoso del bambino Mohammed Al Dura, che fu ucciso in uno scontro a fuoco fra israeliani e palestinesi è stato ossessivamente propagandato come frutto di un’endogena avidità ebraica di sangue infantile, anche se l’origine dei proiettili è molto più probabilmente palestinese secondo le indagini di numerose fonti intenazionali. [Quanto il governo israeliano ami i bambini palestinesi ben lo sappiamo da fonti diverse ed innumerevoli quanto insospettabili, cioè qui si parla non di bambini del Quattrocento, ma di bambini che in Gaza, in Libano, in Cisgiordania muoiono ogni giorno per rivendicare il sacrosanto - parola di Javeh - diritto di Israele all'esistenza sul territorio altrui, promesso da Javeh stesso agli ebrei nella mitica notte dei tempi con diritto di esproprio e di uso della forza pubblico ovvero manu militari!]

Ariel Toaff si dispiace che desti stupore il suo lavoro? Strano [Ma guarda un po. Si stupisce pure il criminale, che non ha chiesto l'Imprimatur al governo israeliano o a donna Fiammetta per stampare il suo libro].
Sa benissimo che la leggenda del sangue è una delle più aggressive e usate forme di antisemitismo contemporaneo [contemporaneo? Ma non è l'antisemitismo ad arte creato dagli stessi israeliani la principale risorsa dell'industria dell'Olocausto, di cui guarda caso non si lasciano fare studi che non siano altri che quelli finanziati o patrocinati dallo stesso governo israeliano?] , che piace a molti che un professore ebreo [dunque si tratta di un ebreo] con quel nome appaia così disinvolto. Demoni e vampiri ebrei non solo sono rappresentati a migliaia nelle vignette del mondo arabo; Ariel Sharon che addenta la testa di un bambino spargendone il sangue sul pancione nudo e dicendo “Beh, che c’è, sto solo baciando un bambino” è una vignetta britannica che vinse nel 2002 la più importante gara di umorismo inglese; le miriadi di soldati israeliani disegnati mentre bevono il sangue degli arabi; le “atrocità” dell’esercito israeliano... [È invece noto che sono dei grandi benefattori, dei missionari] sono tutti figli di San Simonino. Attenzione, poi, alle grandi ricerche sul blood libel che consentono rivelazioni eccezionali: nel 1842 il poeta e filosofo radicale tedesco Georg Friederich Daumer scriveva al filosofo Feuerbach sul “cannibalismo del Talmud” con citazioni di libagioni di sangue a Purim, dei “misteri dei rabbini e dei cabbalisti”. Promise a Feuerbach “incredibili informazioni”affermando che, secondo i suoi studi, Gesù Cristo faceva parte dei gruppi ebraici che bevevano il sangue.

Per inviare il proprio parere al Giornale, cliccare sulla e-mail sottostante
[manderò questo mio parere]».
Si noti la chiusa finale con il rituale invito a scrivere alla rubrica lettere del quotidiano, seconda la tecnica di lobbying descritta da Mearsheimer e Walt nel loro libro La Israel Lobby e la politica estera americana, libro puntualmente vituperato dai C. I. Si noti anche l'apprezzamento di donna Fiammetta Nirenstein, al cui competente giudizio ci si richiama per valutare il lavoro dello “pseudo” storico Ariel Toaff, ben altrimenti valutato dal vero (a donna Fiammetta piacendo) storico Sergio Luzzatto, altra bestia nera dei C. I. per aver fatto egli una positiva recensione del libro sul "Corriere della Sera". La volgarità bestiale e razzista del testo, la sua gratuità, la stretta connessione con i servizi di guerra israeliani, l'aspetto puramente propagandistico volto ad influenzare l'opinione pubblica italiana è del tutto evidente, ma si scontra con i principi della nostra costituzione che ad ognuno assicurano libertà di pensiero, di manifestazione del pensiero con ogni mezzo, di ricerca e di insegnamento. Tutto questo è stato negato con pubblici linciaggi da ebrei filoisraeliani ad un ebreo che ha il grave torto di non essere allineato sulle direttive della propaganda ideologica del governo israeliano. Dopo il linciaggio morale è seguito il ritiro del libro. Ciò avviene in una paese che si chiama Italia. I cittadini distratti da mille problemi di vita quotidiana devono accorgersi di cosa sta succedendo a proposito delle loro libertà, garantite a loro stessi ma anche ad ogni essere umano che si trovi sul territorio formalmente ancora italiano.

2. Un nuovo artificio ideologico: “l’odio di sé ebraico”. – Per fortuna dell'umanità nel suo insieme e degli ebrei in particolare non tutti gli ebrei sono fatti ad immagine e somiglianza di Angelo Pezzana o di altri soggetti che ricorrono nel nostro monitoraggio. Non tutti sono appianati sull’ideologia dell’«Olocausto» che ha trasformato una tragedia in un affare politico ed economico. Non tutti gli ebrei son disposti a chiudere gli occhi di fronte alla sofferenza inflitta al popolo palestinese tale da poter essere indicata come genocidio in atto. Finché sono non ebrei a dire queste cose contro di loro può essere utilizzata l’accusa di antisemitismo che a seconda della legislazione che la Lobby è riuscita ad introdurre nei vari paesi funge o da semplice squalifica morale o da delazione vera e propria con conseguenze giudiziarie e carcerarie per chi si trova così bollato. A proposito di “bollini” esiste un’apposita organizzazione con diramazioni nei singoli paesi, cioè l’ADL, che si occupa di certificare l'esistenza del reato di antisemitismo che il braccio secolare, cioè i giudici ordinari, non possono poi fare altro che applicare. E fin qui sono cose note che abbiamo già detto altrove e qui abbiamo solo riassunto e richiamate. Se a dire le stesse cose sono invece degli ebrei purosangue e di indubbia appartenenza ebraica, come la mettiamo? Per risolvere l’inghippo è stato inventato l'artificio ideologico dell’«odio di se stessi», cioè l’ebreo che odierebbe il suo essere ebreo, forse con specifiche peculiarità rispetto ad un’eventuale analogia per altra nazionalità. Arrivo a malapena a capire il caso patologico di un individuo che possa odiare se stesso e sarebbe questa materia per medici specialisti. Ma attribuire una simile patologia non ad individui ma a categorie di dissidenti e contraddittori mi sembra cosa quanto mai sospetta, che io qui mi limito a documentare attingendo rigorosamente dagli archivi dei nostri «Corretti Informatori». Mi riservo ulteriore analisi nel corso della raccolta dei dati o al suo termine. Ecco un primo documento dalla viva penna di Luciano Tas:
Ma se lo scopo della Mondadori era quello di suscitare le reazioni della “lobby ebraica” italiana per incrementare con qualche scandalo le vendite, proprio come aveva fatto non molto tempo fa l’editrice il Mulino con un infelice libro di “odio di sé ebraico”, eccoci qua, per servirvi o almeno, fateci avere “Le benevole”. [Si tratta dell'ennesima romanzata di un autore nato nel 1967, che deve essere il pronipote di qualche “sopravvissuto” di troppo. In effetti, la “leggenda dell'Olocausto” si è propagata attraversp innumerevoli fiction, che raramente reggono all'analisi storica. Mentre traduco le 150 pagine di Graf, mi reputo in dovere di leggere contestualmente le 1500 pagine di Hilberg criticate da Graf. Sull'opus magnum di Hilberg si basano in genere le benevole e false romanzate che tanto fruttano in danaro ed in potere a quanti hanno costruito una potenza nucleare su un senso di colpa instillato agli europei con il fucile puntato alla nuca. Si spiegano così nel vari paesi europei una incredibile legislazione liberticida che manda in carcere ricercatori che si propongono solo di verificare le tesi contenute in versioni ufficiali di governo come quelle di Hilberg, per non parlare poi delle romanzate benevole e tanto gradite ad un Luciano Tas. Buon divertimento, anzi buon pianto! Io avrei qualcosa di altro e di più produttivo da fare che non leggere romanzate]
Il brano si trova in un contesto che abbiamo già commentato e dove si raccomanda ai proni lettori di leggere la sola disamina di Luciano Tass e di non leggere per nulla il libro di Mearsheimer e Walt, La Israel lobby e la politica estera americana. Una Informazione saggiamente «corretta» con un salutare invito all’ignoranza.

3. L’industria del falso. – Il link si apre con una falsificazione della realtà operata dall'ineffabile giovane di belle speranze Emanuele Ottolenghi, che ha scritto il suo libro girando per l’America presso la Lobby Maggiore. Ciò che mi sorprende e mi indigna è uno spudorato vittimismo, per il ad essere penalizzati sarebbero quelli che come Ottolenghi hanno deciso per nascita e tradizione di «schierarsi con Israele», nato dalla mente diretta di Javeh che con questo popolo ha stabilito da tempo immemore una relazione privilegiata a tutto danno e discapito degli altri popoli, rimasti orfani di tanto Iddio. Per confutare Ottolenghi basta ricordare le legislazioni liberticide, ispirate da lobby ebraiche nei vari paesi: per tutte la Fabius-Gaissot. Può essere perfino pericoloso dire senza la benché minima intenzione offensiova a Emanuele Ottolenghi che lui è un “ebreo” che cura interessi ebrei, non italiani o europei o americani. Vi è il rischio di essere tacciati di antisemitismo per aver detto la pure e semplice verità: che un ebreo è un ebreo. L'assurdo è che ad un ebreo è lecito dire: sono un ebreo. A chi ascolta non è lecito ripetere: tu sei un ebreo. Se si azzarda a dire una cosa del genere ed a malapena scampa rischi giudiziari, viene certamente messo all'ostracismo. Esattamente il contrario di quello che dice Ottolenghi. Avendo fatto abilmente uso del cosiddetto Olocausto come una clava morale contro la coscienza europea, gli ebrei sono diventati negli stati cittadini privilegiati, che hanno più diritti degli altri cittadini e la cui arroganza non conosce limiti. Per fortuna, non tutti gli ebrei si chiamano Emanuele Ottolenghi! Esistono non poche persone di buon senso, anche fra gli ebrei, i quali hanno capito che una simile politica non potrà che alla lunga produrre una reazione di insofferenza. Sarà questa una tipologia di antisemitismo non contenuta nello stupido libro di Ottolenghi che ha fatica ho incominciato a leggere dopo aver assistito ad una sua presentazione con dibattito e mio intervento. Erano presenti due grossi sponsor Antonio Polito e Gianfranco Fini, il cui interesse elettorale era fin troppo evidente. Mi impegno comunque a terminare il libro ed a condurvi una più stringete analisi. Qui segnalo questo link, trovato per caso, dove vi è materiale bellico contro gli ebrei del dissenso. Quelli che cioè considerano razzistica la politica di Israele. Uno stato sorto in quelle condizioni non potrà che portare per tutta la sua esistenza storica le sue tare di nascita.

4. La cattedra di Finkelstein. – Non pare dubbio che la mancata concessione della cattedra a Norman G. Finkelstein sia stata una conseguenza delle note posizioni espresse dall'autore del libro “L'industria dell'Olocausto”. Chissà come perfino su un fogliaccio come L’Opinione è pure uscito un articolo che stigmatizzava l'episodio. I Corretti Informatori scrivono ad Arturo Diaconale, forse ammalato in quel periodo, per rimproveralo di aver lasciato passare un simile contenuto, lui che è solitamente così attento e prono verso gli interessi di Israele e delle sue lobbies. Ma ecco il commento dei nostri Correttori, esemplare come sempre in faziosità:
Caro Direttore,

apprezziamo il quotidiano L'OPINIONE come un esempio di correttezza nell'informazione e per le sue battaglie politiche, civili e culturali.
Quello da lei diretto è uno dei pochi quotidiani che informa in modo oggettivo sulla realtà mediorentale. Le opinioni in merito che ospita ci vedono spesso consenzienti. Comunque sono sempre meritevoli di essere valutate attentamente e discusse.
E' con grande stupore, dunque, che abbiamo letto l'articolo di Paolo Bernardini "La lunga ombra di Auschwitz E’ ancora possibile fare Storia?" pubblicato il 20 giugno 2007.
In esso viene difeso il libro di Norman G. Finkelstein "L'industria dell'Olocausto". Un esempio di propaganda antisionista e antisemita. Giustamente, esercitando il diritto delle istituzioni accademiche a scegliere i loro docenti, l'Università de Paul di Chicago ha negato a Finkelstein una cattedra. Così facendo, a nostro avviso, ha reso un servizio ai propri studenti e alla verità: Finkelstein non è uno scienziato, ma un propagandista. Non si tratta di un attentato alla libertà di espressione.
Va detto comunque che Bernardini non si limita certo a difendere la libertà di opinione di Finkelstein, non accorgendosi che non è implicata nella vicenda.
Per lui, come per Finkelstein, l'"industria dall'Olocausto" serve a giustificare moralmente lo Stato di Israele, e va condannata per questo.
La differenza sembra essere che mentre Finkelstein è ossessionato da Israele e dagli Stati Uniti, e rivolge a loro il suo odio, Bernardini condanna in blocco "lo Stato".
Una posizione che, portata alle sue estreme conseguenze, fa preferire l'anarchia armata palestinese a Israele. E impedisce di cogliere la differenza tra democrazie liberali e totalitarismi.
Ci auguriamo che sul suo giornale compaiano presto opinioni che possano controbilanciare quella di Bernardini.
Con stima

la redazione di Informazione Corretta
Merita di essere riportato per intero, per la sua rarità rispetto ai consueti contenuti de L’Opinione anche l'articolo incriminato di Bernardini:
Dagli Stati Uniti giunge la notizia che l’università DePaul di Chicago, ispirata all’insegnamento del francese Vincent de Paul (1581-1660) – e non dai Gesuiti come ha scritto Alessandra Farkas su “Il Corriere della Sera” del 13 giugno – ha negato una posizione permanente a Norman Finkelstein, dopo i canonici sei anni di “tenure-track” che portano, o meglio dovrebbero portare, dalla posizione di “Assistant” a quella permanente di “Associate Professor”. Ora, generalmente si tratta di un periodo in cui un candidato alla posizione permanente scrive un libro e qualche articolo, e quasi sempre viene promosso. La promozione – un auspicio presente anche nella riforma Moratti dell’università nostra, datata 2005 ma mai in toto applicata – dovrebbe avvenire sulla base di tre criteri: servizio alla comunità, insegnamento e produzione scientifica. Ora, qui siamo dinanzi ad un intellettuale di fama mondiale, vicino ai 50 anni, i cui libri sono stati tradotti in diecine di lingue, e sono numerosi. Il più famoso, “The Holocaust Industry”, è stato tradotto in Italia nel 2004 da Rizzoli: “L’industria dell’Olocausto.

Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei”. Ed è proprio per questo libro, soprattutto, che l’accademia americana “politically correct” di ispirazione “liberal”, ovvero di sinistra, ha iniziato da anni, guidata da uno dei suoi guru, l’avvocato-professore Alan Dershowitz, una campagna asperrima contro Finkelstein. Che cosa sostiene in questo libro e nella sua intera produzione Finkelstein, di tanto scandaloso? Sostiene solo quello che già tutti sanno, ma che molti hanno difficoltà a formulare o magari si vergognano perfino talora di pensare, ma sempre senz’altro di esprimere. Ovvero che lo sterminio di 6 milioni di ebrei di Hitler ha portato tantissimi frutti economici, beneficiando intere categorie: non solo ebrei, ma editori, università, media, creatori e gestori di musei, nel mondo universo, da New York fino agli assessorati comunali di tanti microscopici paesini italiani. La Shoah è entrata insomma a far parte, e quale parte, dell’industria culturale, per usare la locuzione cara a T. W. Adorno. Il quale si domandava come si potesse ancora scrivere e vivere dopo Auschwitz.

La risposta: su Auschwitz moltissimi hanno prosperato. Ma non solo con restituzioni e compensazioni economiche dirette non sempre del tutto giustificate. Anche e soprattutto con lo sfruttamento “culturale” del più atroce genocidio della Storia, “tutto quanto fa spettacolo”, come diceva la vecchia e dignitosa trasmissione “Odeon”, della RAI. Così come Che Guevara, divenuto a dispetto di tutto il suo comunismo ortodosso una grande icona nel mercato capitalistico, un grande produttore postumo di ricchezza, così i forni di Auschwitz continuano a far lievitare musei, istituzioni, convegni, cattedre. Insomma, il Male assoluto sembra produrre un bene relativo, se non altro in termini di circolazione di denaro. Non ci sarebbe niente di male se non vi fossero tali implicazioni ideologiche, che nella loro radicalità sfuggono perfino a Finkelstein: l’industria dell’Olocausto è soprattutto una industria di Stato o comunque pubblica – perfino i contribuenti di Padova hanno pagato per mostre su Auschwitz – e la sua funzione prima, celata ma mai abbastanza, non è quella di dire “guardate che cattivi i tedeschi, e i loro amici (anche italiani) , questo non si ripeterà mai più! ” Ma è un’altra ad essa correlata: quella della legittimazione assoluta dello statalismo democratico, come garanzia prima, appunto, che tale Male non avrà a ripresentarsi più.

Ancorando così la coscienza dell’individuo allo Stato in maniera subdola e invereconda: senza lo Stato come è e che celebra in mostre e mostriciattole “quel Male”, la coscienza sola non saprebbe ribellarsi alla possibilità stessa che in qualche modo si ripresenti, dimenticherebbe tutto. Lo Stato demagogo e psicagogo dunque per eccellenza, il perfetto compimento dell’istruzione statalistica e unidirezionale dei maestri alla De Amicis. La Democrazia come unica salvaguardia e salvezza. E a questo si collega la difesa strenua, ovviamente, dello Stato di Israele, facendo credere che si difende il popolo di Israele, ma in realtà si vuole difendere quella realtà in tutto il mondo in crisi che è lo “Stato” stesso. E dunque l’esistenza dello “Stato di Israele” garantirebbe la salvezza sia degli Ebrei che vi abitano, sia, per esteso, di tutti i cittadini degli Stati democratici del mondo. I Palestinesi, sia detto per inciso, non hanno alcun Stato. L’astuta extrema ratio di un sistema prossimo alla fine. E quindi occorre svellere alla radice tutti coloro che mettono in crisi questa ideologia – anche se Finkelstein ha talvolta esagerato negli attacchi personali, Elie Wiesel non è un “clown”, come non lo è nessuno che quel Male abbia visto e vissuto davvero. Purtroppo o per fortuna però siamo nel mondo mediatico: per cui una cattedra negata con clamore internazionale rende infinitamente più di una concessa pacificamente, per cui le idee di Finkelstein sono ora destinate a viaggiare sempre più, e siamo certi che Norman non soffrirà la fame. Egli ci ha offerto, forse disordinatamente, forse enfaticamente, materiali per una riflessione profonda, che ognuno dovrebbe compiere.
Per un lettore criticamente accorto è sufficiente il confronto fra la reprimenda al Direttore Arturo Diaconale per aver lasciato passare l'articolo ed il contenuto dell'articolo stesso. La concezione gerarchica del reprimere, del non far passare, del denunciare è tipica dei nostri Correttori, malattia di inguaribile intolleranza.

Ma eccolo subito risolto il mistero nella Corrispondenza che segue. Si trattava della classica concezione che conferma la regola. Si trova infine la risposta di Diaconale, che non era malato, ma si era illuso di poter passare per liberale e di poter far credere che quello da lui diretto sia un giornale liberale. La sua osservazione sull’Olocausto è semplicemente “bestiale”. Ecco i testi apparsi successivamente su L'Opinione:
Caro Direttore,

a quanto pare il mio articolo su Finkelstein ha sollevato molte polemiche, anche personali (in fondo ancora dipendo dall’Elie Wiesel Center for Judaic Studies di Boston University, e quindi ci saranno senz’altro ripercussioni per me). Ma in ogni caso, viva la libertà, di pensiero innanzi tutto. Vi invio un articolo-risposta alle obiezioni che "informazionecorretta" ha inviato al mio articolo: Democrazie, olocausti, libertà: la questione di Israele e quello dello "Stato". Se tutti i difensori di Israele e della democrazia "liberale" sono davvero convinti che nella classifica dei poteri dispotici la democrazia stia qualche gradino più in alto del totalitarismo, forse gioveranno loro e alla verità alcune riflessioni non tanto teorico-politiche, o storico-politiche, quanto logiche, e di senso comune. Perché una democrazia dovrebbe dare maggiori garanzie rispetto ad un regime totalitario, riguardo al rispetto della vita umana, dei singoli e dei popoli? Nessuno nega ad esempio che gli Stati Uniti sono la maggior democrazia del mondo (anche se dal mio punto di vista libertario metterei la Svizzera o l'Irlanda su tale podio).

Eppure la loro politica estera da una parte, e, per la maggioranza degli Stati dell'Unione, il loro diritto penale, hanno ampiamente mostrato, con invasioni di paesi terzi, con pesanti condizionamenti nelle politiche degli altri paesi, e, dal punto di vista interno, con il persistere della pena capitale nonostante il mondo intero, o meglio l'Occidente intero, alzino contro di essa alte e giuste grida, che la stessa maggior democrazia al mondo conosce diverse limitazioni per quel che riguarda i diritti fondamentali degli individui. E questo vien detto da chi ama l'America e vi ha vissuto a lungo, e preferirà sempre vivere a Boston piuttosto che a Teheran o a Pechino. E da chi, come storico, deve ammettere che in regimi totalitari sono avvenute le maggiori violazioni dei diritti degli individui e di quell'insieme di individui che è un popolo. Non era democratica la Prussia di Bismarck, che ha inaugurato il Novecento - il secolo breve di un lungo massacro - con lo sterminio degli Herero e dei Bororo in quella che è l'attuale Namibia.

Non era democratico l'Impero ottomano, che ha iniziato la persecuzione degli Armeni, né lo erano, se non in apparenza, i Giovani Turchi che la hanno continuata. Certamente non era democratica la Yugoslavia di Tito e nella sua dissoluzione quanti stermini sono avvenuti. E' democratica la Russia di Putin? Certo il Nazismo non era un regime democratico. E tuttavia, è un'illusione che una forma politica, piuttosto che un'altra, garantisca di per sé i diritti dell'individuo, la vita e la libertà. Se concediamo al principio di maggioranza l'essere elemento non solo qualificante, ma determinante di una democrazia, nulla vieta che, sia in forme di democrazia diretta (ormai scomparse, ma potrebbero tornare) sia in forme di democrazia rappresentativa, la maggioranza dei delegati del popolo voti a favore dello sterminio di una minoranza, o a favore di una guerra di invasione (che porterà a stermini senza dubbio).

E allora, che cosa importa davvero? La vita degli individui e la loro libertà, o il trionfo del democratico principio di maggioranza? Se il Knesset votasse democraticamente a favore dello sterminio di tutti i Palestinesi, non si guarderebbe con orrore a questo, o si direbbe invece, "This is Democracy, Baby", e si andrebbe innanzi? E se il Parlamento iraniano votasse a maggioranza, magari sicuro di interpretare il volere della maggioranza dei Persiani, una risoluzione per cui il giorno dopo Israele verrà annientato con tutti i missili atomici a disposizione? Quale suprema illusione che la democrazia raddrizzi il legno storto dell'uomo, la locuzione di Kant cara a Isaiah Berlin, d'origine cristiana, se il legno non trova da sé il modo di raddrizzarsi. E secondo una prospettiva liberale-classica, in cui mi riconosco, esso può farlo. E allora non sarebbe meglio, si dirà, un tiranno pacifico, rispetto ad una democrazia crudele? Solo la progressiva resezione del potere dello Stato potrà garantire contro la barbarie che ogni volta di nuovo esso ha compiuto contro l'individuo.

E' vero, repetita iuvant, la maggior parte delle barbarie sono state compiute da totalitarismi, da regimi non-democratici. Ma la democrazia occidentale ha avuto il suo battesimo di sangue nei 120.000 morti della Vandea, e non era, nel 1794, appena nata, non era stato da poco decapitato il re, e la regina? Il regno era senza testa, il trono vuoto (questo il titolo di un bel libro di Paolo Viola, storico di valore prematuramente scomparso), ma il potere come la materia non tollera vuoti e il trono si riempì subito di quelle élite "democratiche" che votarono a favore, nel pieno rispetto del principio di maggioranza, del primo etnocidio della Storia. Certo, gli storici francesi pro-rivoluzione, i suoi macabri servi come Michelle Vovelle, obiettano che vi era stata pure la notte di San Bartolomeo e molti episodi simili nel Regime Antico, e che Luigi XIII si divertiva a torturare gli Ugonotti, ma se nella notte di San Bartolomeo fossero stati uccisi 120.000 uomini ben poco sarebbe rimasto di Parigi. Non è lo Stato totalitario, o quello democratico, una minaccia per la libertà e per l'individuo.

E' lo Stato tout court. Solo i piccoli Stati offrono qualche garanzia. La mia memoria di storico non rammenta grandi massacri in Svizzera, in Danimarca, in Olanda. Neanche in Belgio, finché lo Stato piccolo, e ci volle poco, non volle diventare grande e si macchiò in Congo di crimini inenarrabili. Israele è un piccolo Stato. Vi abitano uomini operosi e allegri, ha università popolate forse dei maggiori cervelli del mondo. Solo facendo del tutto propria la natura del piccolo Stato, incrementando i commerci e l'economia, e liberandosi dei fardelli del "grande" Stato, l'esercito, l'apparato partitico, l'apparato di governo, l'insensata chimera dell'ingresso nella UE, potrà salvarsi. Ma come fa? E' stretto da nemici, e spesso i suoi nemici - come i Palestinesi - sono foraggiati dai suoi stessi amici. Israele non ha una costituzione scritta, ad esempio. Può essere un bene, visto che in Italia ne abbiamo una che sarebbe meglio non avere, tanto è obsoleta ormai, e mesta, e già lo era nel 1948. Ma un briciolo di carta costituzionale in cui vi fosse anche un solo articolo: "Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te", il principio fondante della libertà negativa, forse gli gioverebbe: un rigoroso principio di difesa dei diritti, ma soprattutto delle libertà individuali.

E' un principio confuciano. Ma quante volte ritorna nei cardini teologici ebraici, si pensi solo a Hillel il Vecchio! La Torah non può essere davvero una buona costituzione: le sue interpretazioni storiche, e mi riferisco soprattutto al Talmud, sono piene di patenti contraddizioni, perché neppure il testo base ne è scevro. Soprattutto per quel che riguarda i diritti degli individui. Con questo non intendo sminuire il significato delle apologie di Israele che riempono le librerie, da Emanuele Ottolenghi a Magdi Allam. Semplicemente, intendo portare il discorso ad un livello di complessità maggiore. Radicalmente - ovvero coerentemente, direbbe Ayn Rand - ponendo in dubbio la forma-Stato, qual che sia, come garante dei diritti degli individui. Anche la moderna Democrazia, degno prodotto di Rousseau e dei suoi turbamenti mentali, è nata con un massacro. E in Vandea tale massacro è ancor vivo nella memoria. Certe cose non si dimenticano neppure dopo generazioni.

Il futuro di Israele, la discussione su Israele, riguarda i sei milioni di individui che vi vivono sì, ma anche molto più, e lo Stato mediterraneo e mediorientale diverrà, nel suo continuo confrontarsi con guerra e violenza, l'epitome del destino della forma-Stato, e della forma-Stato democratica, stessa. In qualche modo è vera dunque, ma per questa ragione, l'asserzione così di frequente ripetuta, che dal destino di Israele dipende il destino del mondo. Speriamo solo che sia un destino più luminoso di quello che abbiamo visto dal 1948 ad ora, da Ben Gurion alla palude attuale. Sono stati 60 anni da brivido, e di brividi. Se una nuova democrazia e un nuovo Stato è questo...
Buon lavoro e grazie dell'attenzione.
Paolo Bernardini

Da perfetto anarcocapitalista Paolo Bernardini insiste nel teorizzare la necessità di abolire lo stato, totalitario o democratico che sia. Ed applica lo schema anche allo stato d'Israele. In nome della libertà d'opinione [commovente!] ho pubblicato le sue considerazioni, le repliche che sono seguite e la sua controreplica. Ma il rispetto della libertà d'opinione non comporta in alcun modo la condivisione della tesi. Soprattutto quando queste tesi sono il frutto di schematismi ideologici astratti ed estremi. L'Opinione, giornale di cultura liberale [ne dubito] è per lo stato minimo [una banalità], non per l'abolizione dello stato. E' contro i regimi totalitari ed a favore delle democrazie liberali. [mah!]
Quanto ad Israele la “complessità maggiore” di Bernardini mi sembra una semlice sciocchezza. Senza lo stato d'Israele in Medio Oriente ci sarebbe un nuovo olocausto, cioè altri sei milioni di ebrei eliminati, magari con l'atomica del regime iraniano. [Ed Israele l'atomica a che scopo la tiene? E contro chi sono puntati i suoi missili? Ma a sei milioni di palestinesi non ci stiamo arrivando? I 600 mila civili iraqueni ammazzati sono già il 10 per cento!]
Ed al suo posto non ci sarebbe il trionfo dell'anarcocapitalismo ma solo dell'anarchia dei fondamentalismi islamici. [Quello ebraico non è un fondamentalismo?]

(a.diac.)

5. Ilan Pappe storico ebreo della pulizia etnica. – Particolarmente intenso il livore dei nostri “Corretti Informatori” contro un loro connazionale o correligionario, al quale non è facile rivolgere l'abituale accusa di antisemitismo, scontata ed automatica per i non-ebrei, o goim. Per gli ebrei in posizione critica verso Israele e la religio holocaustica si è inventata una particolare dottrina psichiatrica, quella dell'odio verso se stessi. Sono lucide le analisi di Ilan Pappe che documentano come dire “Stato ebraico” significa “pulizia etnica”, ossia uno Stato che si caratterizza come “ebraico” per il fatto che espelle i palestinesi dal territorio dove abitavano e ne impedisce in ogni modo il ritorno, quel ritorno che invece gli ebrei di tutto il mondo invocano come un loro diritto. Eccolo il commeno delirante dei Corretti Informatori:
Il Manifesto Informazione che informa
[Si tratta di un refuso: normalmente gli articoli che non piacciono sono rubricati come “Critica”]

23.12.2007 Professione bugiardoNon inusuale fra certi storici
Testata: Il Manifesto

Data: 23 dicembre 2007
Pagina: 10
Autore: Emanuela Irace
Titolo: «La pulizia etnica continua e Israele vuole farvela accettare»

Che Ilan Pappe sia lo storico preferito del MANIFESTO non stupisce. Pappe ha applicato nella sua professione la regola dettata da Goebbels, «mentite, mentite, una bugia raccontata mille volte diventa verità».
[A maggior e più fondata ragione la suddetta e supposta regola più essere rivolta ed applicata ai “Corretti Informatori»]
Potremmo commentare riga per riga le falsità,
[e fatelo! A mia volta sarò lieto di commentare riga per riga le vostre sedicenti verità. Anzi aprirò proprio qui una sottorubrica proprio su Ilan Pappe. Avrò così modo di esaminare il vostro superiore sapere storico]
il non detto, la mezze verità, il tutto a sostegno della tesi di Pappe. Sul piano storico è stato scaricato da tutto l'establishment internazionale, anche da chi è critico nei confronti della posizione israeliana.
[Che vuol dire “scaricare”? Da internet? Bene! Mi appresto a farlo anche io. ]
La sua minestra è digeribile solo per i palati dei lettori del MANIFESTO. Lo publichiamo senza commenti, i nostri lettori sono abituati al confronto delle idee.
[E quando mai? Sanno solo lanciare insulti da voi istigati. Michelino il Folle non è un vostro Benianimo?]
In Pappe le idee sono poche, le menzogne tante.
[Nel vostro sisto esistono solo menzogne, diffamazioni, denigrazioni, delazioni]
Ed è bene conoscerle. [Appunto, quello che io faccio con voi sistematicamente con dispendio di tempo e mettendo a dura prova il
mio sistema nervoso] L'intervista di Emanuele Irace è uscita oggi, 23/12/2007, a pag.10, con il titolo " La pulizia etnica continua e Israele vuole farvela accettare".
Ilan Pappe ha parlato in Roma nella stessa sede in cui pochi giorni prima aveva parlato Bernard Lewis, il quale ha equiparato nazismo e Islam: sono questi i “grandi storici” amati dal «Corretti Informatori». Ma come abbiamo già detto numerose volte: «Questa è una guerra ideologica». Tra Lewis e Pappe la differenza è che il primo dice cose manifestamente assurde, mentre il secondo documenta con ricchezza di analisi verità storiche alla portata di chiunque abbia autonomia di giudizio e non sia un «Corretto Informatore».

6.
Crepe interne al fronte ideologico del sionismo. – Esiste un personaggio così autorevole che i «Corretti Informatori» non possono insolentire come fanno ordinariamente con ebrei “rinnegati”, ad esempio Richard Goldstone, che pare si professi perfino sionista. In effetti, vi è da credere che il suo rapporto proprio per questo sia stato alquanto edulcorato. I “crimini” sono probabilmente molto più gravi di quelli riportati. Co Arrigo Levi non si può usare lo stesso tono. Arrigo Levi è un Altissimo Consulente del Presidente della Repubblica. Non aggiungo altro. Da un po’ di tempo perfino un Arrigo Levi deve essersi accorto che è stata superato la misura. Da qui una serie di “risposte”, insolitamente non offensive, al Consulente presidenziale. Questa di David Cassuto, già vice sindaco di Gerusalemme, rimprovera sostanzialmene ai palestinesi di non volersi arrendere, di non volersi accordare, avendo subito ripetute sconfitte non già dal 1948 ad oggi, ma direi dal 1882. La colpa sarebbe poi tutta nostra, ora Arrigo incluso, per il fatto che non riusciamo a convincere i palestinesi ad arrendersi, cioè a sparire non solo dalla carta geografica e dalla geografia umana, ma anche dalla nostra memoria. Ecco un esempio di superiore moralità che si pretende pure da noi tutti! Conoscevamo dai racconti evangelici una simile ipocrisia.
(segue)

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