sabato 20 ottobre 2007

Monitoraggio di “Informazione Corretta”: X. Antisemitismo e antisionismo

Sezioni: A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z
Quadro d’insieme - Osservatorio sulle reazioni a Mearsheimer e Walt -

Versione 1.1

All’inizio di questo anno corrente 2007 il presidente della Repubblica pro tempore, Giorgio Napolitano, ha pronunciato un discorso che per molti è stato come un fulmine a ciel sereno, nel senso che normalmente non si occupano di queste cose e non vi prestano attenzione. Un presidente della Repubblica italiana, che a quanto possiamo apprendere ci costa molto più di quanto agli inglesi non costi la loro Regina, non è un amministratore di condominio. Dispone di Uffici e di un nutritissimo staff, che cura e sorveglia ogni suo passo. Di questi tempi un comune cittadino deve anche aver paura a pronunciarsi su ciò che il Presidente dice e su cui può capitare, esercitando il diritto dell'art. 21 della costituzione, di non trovarsi d’accordo con il suo Supremo rappresentante, benché mai eletto direttamente dai cittadini, ma solo in modo indiretto dai magnifici Mille parlamentari oggi indicati e considerati come facente parte di una Casta con privilegi ed interessi discordanti con quelli dei cittadini. Basti pensare ad alcuni casi, ben individuati ma di cui non facciamo per adesso i nomi, di parlamentari per un giorno solo che percepiscono un vitalizio di euro 1733 mensili netti. Chiusa la digressione. Torna a bomba per dire semplicemente che la dichiarazione di Napolitano che equipara antisionismo e antisemitismo è inaccettabile sul piano storico perché si tratta di fenomeni alquanto diversi. Una simile dichiarazione appare di parte. È legittimo chiedersi attraverso quali passaggi logici e con l'ausilio di quali accorti consiglieri il presidente Napolitano sia giunto ad una simile affermazione che pone non poche preoccupazione a cittadini che ritengono di poter avere una visione storica diversa da quella del Presidente. È ovvio che i Corretti Informatori e tutta la Israel Lobby italiana esulti per una simile dichiarazione. È da chiedersi se i cittadini italiani non corrano il rischio di essere fatti stranieri in patria. È sufficiente una modesta cultura storica per delineare il diverso svolgimento di antisemitismo e antisionismo. Il primo ha una lunghissima millenaria storia che precede la nascita di Cristo e non coincide affatto con l'antiebraismo cristiano che è solo una sua componente. Resta poi da analizzare se la persecuzione di cui gli ebrei per millenni sono stati oggetto debba trovare la sua spiegazione in una matrice religiosa o in cause sociali ed economiche. Sembra di dover propendere per la seconda spiegazione. Il sionismo – come è noto - è un fenomeno che si presenta nella storia da poco più di un secolo e presenta diverse sfaccettature. Da questa storia merita di esserne estratta una sua briciola. Ed è la risposta che diede il sultano ad Herzl, che nel 1901, credette di poter imprimere una svolta decisiva alla politica sionista, semplicemente comprando per due milioni di sterline la Palestina direttamente dal sultano ormai in cattive acque. Forse non diversamente da come lo zar di Russia aveva venduto agli USA l’Alaska. Ma il Sultano non era lo zar di Russia e diede la seguente risposta:
«Non posso cedere neppure un metro quadrato di terra perché non appartiene a me, bensì al mio popolo. Il mio popolo ha conquistato e cementato questo impero con il suo sangue. Gli ebrei risparmino i loro milioni. Forse, quando il mio impero sarà smembrato, la Palestina la otterranno gratis. Ma faranno a pezzi il nostro corpo solo dopo che sarò morto; non acconsentirò alla vivisezione» (citato in P. Sella, Prima di Israele. Palestina, nazione araba, questione ebraica, Milamo 2006, p. 154-155).
Queste nobili e profetiche parole non possono che farci riflettere e ben avrebbe fatto il Presidente ovvero il suo staff a prenderne nota. Di certo ne hanno preso nota i nostri Corretti Informatori. In questa sezione saranno isolati, sempre rigorosamente dal loro Archivio, tutti gli interventi.

1.Il triste Giorno della Memoria. – I commenti dei Corretti Informatori appaiono in genere non firmati. Possono attribuirsi ad Angelo Pezzana o a chiunque altro. Anche per noi è comodo non personalizzare le nostre critiche: attacchiamo gli argomenti e le posizioni altrui, non le loro persone fisiche e morali. Questa volta però vi è una nota di giubilo con tanto di firma, quella di Giorgio Israel, che riportiamo per intero, in modo da poterne meditare ogni sua virgola:

Viene spontanea allora una considerazione. Stavamo per avere al posto di questo Presidente della Repubblica l’attuale Ministro degli Esteri, Massimo D’Alema. E allora diciamolo chiaro: ce la siamo scampata bella. Forse D’Alema non si sarebbe presentato alle manifestazioni per la Giornata della Memoria, parlando dell’ebraismo italiano come di una ristretta lobby di mestatori oppure non ne avrebbe lamentato l’incapacità di prendere le distanze da Israele e non si sarebbe messo a scrivere su un lato della lavagna i nomi degli ebrei buoni e quelli degli ebrei cattivi. Forse si sarebbe comportato in modo più istituzionale. Forse. Ma di certo un discorso di condanna e di delegittimazione dell’antisionismo come quello di oggi ce lo potevamo scordare. Parole ben diverse dalle solite logore litanie sulla Shoah come orrore profondo senza che si dica mai nulla dell’antisemitismo di oggi: si proclama la pietà per gli ebrei morti abbandonando alla loro sorte quelli vivi. Nella fattispecie abbandonandoli nelle mani di Ahmadinejad, ovvero dell’antisemitismo vivo e operante. La differenza tra il messaggio di Napolitano e quello di altre autorità istituzionali salta agli occhi.

Occorre riconoscerlo. Le parole pronunziate oggi dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano hanno una straordinaria importanza, soprattutto perché pronunziate in un’occasione – la Giornata della Memoria – che sta diventando la sagra della ritualità. Al contrario, Napolitano ha parlato in modo assolutamente irrituale. No all’antisemitismo, ha detto, «anche quando si travesta da antisionismo». Ed ha spiegato perché: «Antisionismo significa negazione della fonte ispiratrice dello stato ebraico, delle ragioni della sua nascita, ieri, e della sua sicurezza oggi, al di là dei governi che si alternano nella guida di Israele». Quindi, delegittimando esplicitamente l’antisionismo, Napolitano ha detto che se si vuole criticare questo o quel governo israeliano non si può farlo in nome dell’antisionismo. Viceversa chi fa professione di antisionismo nega la legittimità stessa dell’esistenza dello stato di Israele, dello “stato ebraico”, e quindi pratica dell’antisemitismo.


Conveniamo sulla “straordinaria importanza” delle parole di Giorgio Napolitano ma non per trarne motivo di giubilo come fa Giorgio Israel, bensì motivo di allarme e preoccupazione. Non essendo noi nelle segrete stanze non possiamo conoscere tutti i passaggi che hanno portato alla strabiliante dichiarazione, ma possiamo solo immaginarli ed il libro di Mearsheimer e Walt ci è di aiuto all’esercizio della nostra immaginazione. A criticare il sionismo ci aveva già pensato nel 1901 il Sultano, che probabilmente dimostrava di avere più rispetto per i suoi popoli di quanto ne abbiano oggi i governanti europei per i loro. Quanto ad Ahmadi Nejad, faziosamente citato dal Giorgio israeliano, è cosa diplomaticamente infelice, commentando il discorso del Giorgio napoletano: l’Italia ha regolari relazioni diplomatiche con l’Iran e nessun cittadino italiano, per costituzione, potrebbe mai manifestare intenzioni belliche verso l’Iran, secondo spinte e pressioni che da più di un anno vengono sempre più apertamente dalla comunità sioniste. Inoltre, il discorso Giorgio Napolitano potrebbe meglio farlo non già agli italiani, che in genere non ascoltano i discorsi presidenziali, ma con maggior fondamento lo potrebbe e dovrebbe fare ai palestinesi ed ai paesi arabi, con i quali il governo ed il popolo italiano dovrebbero avere relazioni pacifiche. Sarebbe interessante sentire cosa ne pensano tutti costoro. Il tutto sembra un ragionamento di gioco delle tre carte, dove in genere per indurre al gioco il povero malcapitato vi è chi fa finta di prender parte al gioco come terzo, ma è invece dalla stessa parte di chi organizza il gioco. Del tutto gratuita ed arbitraria pare poi la connessione fra gli ebrei morti e quelli vivi: una cosa è la storia d’Europa, altra la storia dell’insediamento ebraico in Palestina. A questo argomento ricorrente giustamente il presidente iraniano può obiettare che se gli europei si sentono ancora oggi colpevoli ed in debito verso gli ebrei morti nella seconda guerra mondiale, non vi è nessuna ragione logica per la quale a doverne fare le spese debbano essere i palestinesi e le popolazioni arabe dello smembrato impero ottomano. Chissà se i Consiglieri del presidente, dentro e fuori il Quirinale, hanno considerato questo aspetto. Infine, viene pure a noi spontaneo chiederci se l’Italia è cosa che appartiene agli italiani, ovvero se il sentirsi e dirsi italiani è una cosa che ha ancora un senso, oppure l’Italia è ritornata ad essere una mera espressione geografica, dove si combattono le battaglie di eserciti stranieri. Viene altresi da chiedersi se tutti questi personaggi che si annidano dietro “Informazione Corretta” parlano in nome e per conto dell’Italia, ovvero rappresentano interessi stranieri con un non troppo celato obiettivo di mettere l’Italia in guerra contro il mondo arabo e vicino-orientale.

5. Mancanza di buon senso e perdita del pudore. In questo momento in cui a Gaza si consuma la tragedia di cosa si occupa il “Corriere della Sera” attraverso un suo articolista nelle evidenti grazie dei nostri Corretti Informatori? Della danza del ventre! Ed anche qui i nostri sionisti si atteggiano a vittime perché una danzatrice israeliana vuol fare un festival della danza e vuole invitare danzatrici egiziane del ventre. Amenità mentre a quattro passi la gente muore. Se di cultura (del ventre) minacciata si può parlare mi viene qui in mente un brano del libro di Barnard, Perché ci odiano (BUR, 2006), in cui si parla di un architetto arabo che fu tra i piloti suicidi dell’11 settembre. Alla sua tragica decisione concorse la vista dello scempio che l’Occidente aveva fatto nella città di Aleppo, distruggendo un gioello di civiltà architettonica araba per edificare dei mega hotel turistici. Di certo, ventre o non ventre, i sionisti israeliani non sono amanti della cultura araba, tanto che perfino il nome di Palestina è stato reso illegale al punto da non consentire l’inoltro della corrispondenza indirizzata in Palestina… La buffonata continua e fra un morto e l’altro interviene un buffone che sembrava un buffone serioso: Luciano Tas.

(segue)

Nessun commento: