venerdì 30 novembre 2007

Lo stato di Israele scomparirà presto

di manno mauro,
30.11.07

Sono in troppi, di recente, a parlare della possibilità che lo stato di Israele scompaia nei prossimi anni. Il primo è stato Ahmadinejad, il presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, il quale affermò un paio d’anni fa che Israele ‘scomparirà dalle pagine del tempo’ (e non come malignamente vanno dicendo i sionisti e i loro amici: ‘sarà cancellato dalla carta geografica’) La seconda versione della frase del presidente iraniano offre l’opportunità ai sionisti e loro scribi amici di ripetere la solita solfa che Ahmadinejad, è ‘il nuovo Hitler’, che vuole la bomba atomica per realizzare un ‘nuovo olocausto’ ebraico, e sciocchezze del genere.

Ahmadinejad ha ribadito la sua posizione ancora una volta il 29 novembre di quest’anno. Questa volta le sue parole sembrano siano state “non è possibile che Israele duri” (televideo di Mediaset, 29.11.07, www.tgcom.it). Queste parole sono subito state semplificate dallo stesso televideo Mediaset nella frase “Israele sparirà” e sono state, ovviamente, definite ‘minacce’. Ma questo fa parte del gioco degli scribi amici e ci siamo abituati.

(I tre porcellini di Annapolis)

Qualche mese fa, fu la ministra (?) degli esteri israeliana Tzipi Livni che parlò del pericolo di sparizione che corre Israele a causa dei suoi problemi interni: la demografia, le divisioni interne delle varie comunità, l’occupazione. Successivamente la Livni manifestò la sua preoccupazione che il mondo avrebbe finito per rifiutare il concetto di “legalità di Israele come stato ebraico”. Noi commentammo i suoi timori nell’articolo con questo titolo: È giunto il momento di sciogliere il nodo di Israele. Oggi è lo spesso primo ministro Olmert che si dimostra preoccupato. Un articolo del britannico The Guardian riporta le sue preoccupazioni (The Guardian 29.11.2007, State of Israel could disappear, warns Olmert, di Mark Tran, vedi: qui.)

Cosa dice Olmert? Il primo ministro israeliano evoca lo spettro della disintegrazione dello stato ebraico a meno che non si raggiunga la soluzione dei “due stati” con i palestinesi. Facendo un parallelo con la fine del regime sudafricano dell’apartheid (lo ha fatto lui questa volta non io!), Olmert ha messo in guardia i suoi oppositori che:
“Se giunge il giorno in cui la soluzione dei due stati collassa e noi ci troviamo di fronte ad una lotta nello stile di quella del Sudafrica dove i palestinesi ci chiedono lo stesso diritto di voto che abbiamo noi ... allora , non appena ciò accade, lo stato di Israele avrà finito di esistere”.
Il pericolo è quello che la lotta dei palestinesi per uguali diritti in un unico stato Israele/Palestina finisca per raccogliere molti più consensi di quanto i palestinesi ne raccolgano adesso con le loro rivendicazioni. Cosa ancora più grave per Olmert sarebbe se molti ebrei della diaspora si schierassero per la democrazia e l’uguaglianza tra ebrei e palestinesi. Egli si dichiara sicuro che
“Le organizzazioni ebraiche, che sono la base del nostro potere in America (Oh filosionisti dalla facile accusa di ‘antisemitismo, è Olmert che dice questo, sta parlando della lobby ebraica in America!! Lo avete capito? Nda), saranno i primi a rivolgersi contro di noi,… perché ci diranno che non possono sostenere uno stato che non pratica la democrazia e applica un uguale diritto di voto per tutti i suoi residenti”.
Olmert ha sottolineato che aveva detto cose del genere già in un’intervista di 4 anni fa. “Da allora ho sistematicamente ripetuto queste cose”. Olmert teme che i suoi nemici
“diranno che in questo momento ho molti problemi (gli scandali per corruzione ecc., nda) e che questa è la ragione per cui sto cercando di realizzare la soluzione dei due stati. Ma i fatti devono essere affrontati correttamente”.
Uno dei tanti problemi interni che Israele deve affrontare per la propria sopravvivenza è il problema demografico. Oggi all’interno dell’entità sionista, anche detta ‘stato ebraico’ vi è una popolazione mista: da una parte gli ebrei dall’altra i palestinesi. Mentre i palestinesi rappresentano una comunità compatta e omogenea e non potrebbe essere diversamente visto che sono gli abitanti originari del paese, gli ebrei paradossalmente sono divisi e disuniti proprio perché sono una popolazione raccogliticcia proveniente da varie parti del mondo. I palestinesi d’Israele (che gli israeliani continuano a chiamare ‘arabi’ israeliani perché si rifiutano di usare la parola ‘palestinesi’) sono più di un quinto della popolazione e guadagnano posizioni di anno in anno dato che hanno una crescita più veloce di quella degli ebrei di Palestina (ricambiamo il favore). Questi ultimi sono, certamente, oltre il 70% della popolazione ma sono costituiti 1) dagli ebrei askenaziti, i fondatori del movimento sionista e di Israele, i quali provengono dall’est europeo, 2) dagli ebrei sefarditi che gli askenaziti hanno attirato dai paesi arabi, con le buone e le cattive, per fare gli operai agricoli nelle terre che gli askenaziti avevano rubato ai palestinesi, 3) dagli ebrei russi di recente immigrazione, in gran parte de-ebraicizzati e qualche volta convertiti al cristianesimo o atei (quindi non veramente ebrei), visto che sono passati per il regime sovietico. Molti ‘ebrei’ russi sono emigrati in Israele per ragioni economiche e non per amore del sionismo.

Non poche sono le contraddizioni tra queste tre comunità ‘ebraiche’. Non sono per altro le uniche perché vi sono altre minoranze (i falascià, gli ebrei dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, spesso feroci sionisti o coloni, ecc. Vi è poi la grande e pericolosa (per Israele naturalmente) divisione tra ebrei ortodossi e laici.

Ma lasciamo queste divisioni interne agli ebrei d’Israele e torniamo a quello che Olmert, giustamente, considera il pericolo principale oggi. I palestinesi d’Israele. Se non si realizza la separazione tra Israele e uno stato palestinese, c’è il rischio (per lo stato ebraico) che i palestinesi dei territori occupati si impegnino in una lotta per uguali diritti in un unico stato. Gli ebrei della diaspora (non la lobby, non le organizzazioni ebraiche, come dice Olmert) si sentirebbero costretti ad appoggiare la lotta per la democrazia e Israele potrebbe perdere “la base del suo potere in America”. Israele diventerebbe uno stato senza maggioranza ebraica, perché tra palestinesi d’Israele e palestinesi dei territori occupatati, la maggioranza sarebbe palestinese. Addio stato ‘ebraico’! A questo punto anche l’unità artificiale che tiene unite le varie comunità ebraiche d’Israele probabilmente salterebbe e molti ebrei emigrerebbero verso i loro paesi d’origine o verso l’Europa e gli Stati Uniti. Israele ridiventerebbe Palestina, anche se, questa volta, con una forte minoranza ebraica al suo interno. Niente di terribile visto che gli ebrei sono minoranza in tutti i paesi in cui vivono. E non se la cavano poi tanto male, dopo tutto.

Questo il problema e la soluzione, per Olmert, sarebbe …. Annapolis. Il Premier israeliano ha dichiarato che la Conferenza di Annapolis
“ha soddisfatto le aspettative israeliane più di quanto gli israeliani si aspettassero, ma questo non ci libererà delle difficoltà che ci saranno nelle trattative, che saranno complesse e difficili e richiederanno grande pazienza e sofistificazione”.
Eppure, ha riconosciuto Olmert, Abbas
“è un partner debole, che non è capace, e, come dice Tony Blair, deve ancora formulare i suoi strumenti e potrebbe non saperlo fare”.
Ma Olmert si fa rassicurante:
“È mio compito fare in modo che egli riesca a procurarsi gli strumenti e comprenda le linee guida per un accordo”.
Quali sono questi benedetti strumenti di cui parlano Blair e Olmert? Credo che i due si riferiscano agli strumenti repressivi per sconfiggere Hamas. In questo gli sforzi israeliani sono già evidenti e in funzione. Olmert libera sostenitori di Abbas a centinaia e imprigiona e uccide membri di Hamas, compresi membri del parlamento palestinese. Senza una parola di Abbas, Fatah e dell’Occidente. Gli strumenti sarebbero pure quelli politici, quelli cioè atti a sconfiggere in elezioni o in un referendum le posizioni di Hamas e far vincere la linea collaborazionista di Abbas. Questi strumenti politici -- Blair ha ragione -- Abbas potrebbe non riuscire a crearseli mai. Soprattutto per colpa di Israele e della lobby ebraica americana, in ultima analisi per colpa della natura del sionismo.

Vediamo perché: Il sionismo ha sempre perseguito la conquista di tutta la Palestina, da riservare esclusivamente a ebrei. Per fare questo era necessaria l’espulsione almeno della maggioranza dei palestinesi. Israele è riuscito ad espellerne 750.000 nel 1948 e altre centinaia di migliaia dopo il 1967. In Palestina però, i palestinesi restano ancora la maggioranza. Che fare? La speranza di espellerli tutti non è mai tramontata e alcuni politici israeliani (Lieberman) la manifestano ancora apertamente. Ma non è facile. Potrebbe diventare però possibile raggiungere un duplice accordo, coi palestinesi e con i paesi arabi. Ai palestinesi bisogna imporre uno ‘stato’ palestinese simile ai bantustans che l’Africa dell’apartheid ha cercato, fallendo, di imporre ai neri. Ai paesi arabi si potrebbe cercare di imporre l’assorbimento di gran parte dei profughi palestinesi (oggi 5 milioni) in modo che essi la smettano di rivendicare il ritorno alle case e ai villaggi da cui sono stati cacciati. Il tutto all’interno di una cooperazione economica e di una ‘integrazione dello stato ebraico’ nel Medio Oriente arabo e musulmano. Abbas potrebbe essere l’uomo giusto per favorire questo duplice accordo che salverebbe Israele. Da una parte gli toglierebbe l’incubo di dover integrare milioni di palestinesi in un unico stato facendo perdere la maggioranza agli ebrei, dall’altra concentrerebbe questi palestinesi in un minimo di territorio (4 riserve o bantustans) proclamato ‘Stato Palestinese’ lasciando agli israeliani l’80% delle terre dei Territori occupati. Infine ridurrebbe il pericolo rappresentato dai profughi, una parte dei quali (quanti?) potrebbe ‘tornare’ nello ‘Stato palestinese’ e parte potrebbe essere assorbita dagli stati arabi, finalmente diventati amici e partner economici di Israele. Ma rimane ancora un ultimo inconfessato vantaggio. Se nasce lo stato palestinese, che ci sta a fare nello stato ebraico quel milione e 300.000 palestinesi d’Israele? Si potrebbe deportarli (pardon, si deve dire ‘trasferire’) nei loro bantustans, cioè nel loro ‘stato’. I conti tornerebbero. O No?

Il sionismo non ha cambiato la sua natura razzista e deportazionista. Semplicemente ha adattato le sue tattiche alla nuova situazione. Ma il piano fallirà. Chi lo farà fallire, come abbiamo detto, saranno prima di tutto i coloni, gli ortodossi, i sostenitori del sionismo più intransigente, senza dimenticare la lobby ebraica d’America, più pericolosa e sionista dello stesso Israele. Costoro vogliono tutta la Palestina, tutto Gerusalemme, tutti i territori occupati. Non accettano nessun aggiustamento tattico.

Poi ci sono i palestinesi ed Hamas. Accetteranno i Palestinesi di rinunciare a ulteriori porzioni della loro terra? Accetteranno di farsi concentrare in alcuni grandi campi di concentramento murati e filospinati? E i palestinesi d’Israele accetteranno di farsi deportare? Cosa succederà?

(manifestazione palestinese contro Annapolis)

Abbas, il traditore, farà una brutta fine. Già alcuni membri di Fatah stanno passando dalla parte di Hamas e con le elezioni o con altri mezzi, Hamas finirà per conquistare anche la Cisgiordania. I palestinesi saranno allora nella condizione di modificare la lotta passando dall’obiettivo di due stati a quello di una sola Palestina, libera, democratica, non razzista e multietnica. Un solo stato proprio come teme Olmert e i suoi amici della lobby. È chiaro ormai che la politica dei ‘due stati’ è tutta interna alla logica sionista. In particolare la logica sionista dei pragmatici askenaziti d’Israele. Ma essi sono ormai minoranza perché vi sono le logiche dei sionisti ultra-ideologizzati o dei religiosi fanatici messianici, sostenute entrambe dai denari e dalle trame politiche in America della lobby ebraica d’oltreoceano. La politica dei ‘due stati’ deve essere rigettata completamente dai palestinesi perché è la visione del nemico. Se si persegue invece l’obiettivo politico di un solo stato democratico per ebrei e palestinesi, nel modo in cui hanno fatto l’ANC e il popolo nero del Sudafrica, allora si colpisce al cuore proprio l’unica possibilità di salvezza che rimane all’entità sionista, come Tzipi Livni, Shimon Peres, e Olmert hanno capito. Come Sharon, il boia, aveva capito.

La fine del sionismo e di Israele sarebbe un bene per l’umanità intera e un grande aiuto per gli stessi ebrei, che potrebbero cogliere quell’opportunità per farla finita con il loro esclusivismo e senso di razzistica superiorità, diventando liberi cittadini tra i liberi cittadini del mondo

mauro manno
30.11.07

giovedì 29 novembre 2007

La corruzione e addomesticazione dei vinti

Versione 1.0

Non posso impegnare tutta la mia giornata ad una continuazione della discussione sugli eventi mediatici suscitati dalla decisione dell'Associazione studentesca di Oxford di invitare Irving e Griffin ad un dibattito sui limiti della libertà di opinione.
Provo a svolgere brevemente alcune riflessioni che del resto sono già state da me sviluppate e che troveranno nuove formulazioni: tante sono le occasioni che continuamente le stimolano. Incominciamo con una domanda: ma perché tanto clamore per una cosa ovvia come la possibilità di dire la propria su un tema qualsiasi? Il tema è chiaramente sensibile! Ma perché? Oggi, il presidente Napolitano se ne è uscito con una sua autorevole esternazione sull'inconsistenza politica dell’Europa. E perché l’Europa è una nullità politica? Ne dovrebbe sapere qualcosa lo stesso presidente, quando era ancora a tutti gli effetti un esponente comunista.

Nel 1945 l’Europa è uscita militarmente e politicamente sconfitta. Vi è chi dice che è stata “liberata” o perfino “salvata”. Purtroppo, proprio come conseguenza di quella sconfitta, abbiamo perso anche la possibilità di chiamare le cose con il loro nome. La politologia insegna che quando si vuol veramente sconfiggere un nemico non basta averlo disarmato e ridotto all’impotenza militare. Bisogna soffiargli il cervello! Bisogna trasformare la sua coscienza ed il suo modo di percepire la realtà. Per cui se è stato sconfitto ed umiliato bisogna che si persuada che è invece stato liberato e salvato. Discorsi ufficiali, scuola, istituzioni educative e giudiziarie, carcere, mass media e così via sono gli strumenti che consentono di plasmare a piacimento la testa dei vinti. Naturalmente, si può anche optare per lo sterminio fisico di un popolo. È successo in passato e continua a succedere anche oggi. Non è però sempre una soluzione economicamente vantaggiosa. Nell’antichità gli schiavi erano il fattore più importante dell'economia. Anche oggi non conviene uccidere una persona, se se ne può ricavare un utile.

Malgrado le ideologie, sempre cangianti per adeguarsi ai tempi ed alle mode, le relazioni fra gli uomini presentano costanti identiche nel tempo.
Le guerre continuano ad esserci ed i mezzi di distruzione sono sempre più micidiali. Alcuni contendenti vengono per sempre eliminati dal ring della storia. Così è successo per l’Europa. Ma quali sono stati i mezzi con i quali è stata liquidata? Pensiamo per un momento al cosiddetto “terrorismo”. Cosa significa propriamente? Tante cose! Ma qui a noi interessa una soltanto: l’ostilità irriducibile. Posso essere anche vinto con mezzi militari, se le mie frecce ed i miei bastoni non possono competere con aerei, cannoni e bombe atomiche. Ma se il mio cervello non si arrende e mantiene la sua ostilità che si tramanda di generazione in generazione, perfino le bombe atomiche possono risultare inefficaci. Ben lo sanno quanti latrano contro il terrorismo presentato come un fenomeno indistinto da offrire alla pubblica esecrazione e dimenticando che i primi terroristi sono stati quelli che ora gridano contro di esso.

Nel caso dell’Europa i mezzi del suo assoggettamento ed asservimento politico sono connessi all’adulterazione della sua memoria storica e della sua consapevolezza politica. La questione del cosiddetto revisionismo storico tocca i nervi scoperti di tutti i processi politici con cui le vecchie classi dirigenti sono state sostituite da nuove praticamente al soldo dei vincitori, nel senso che devono la loro posizione e la loro fortuna personale al vincitore che li ha insediati e perpetuati al potere. Le forme politiche (costituzioni a sovranità limitata o ingabbiate) soprattutto se imposte dai vincitori sono una raffinatezza del moderno sistema di dominio. Il tema dell’«Olocausto»
fabbricato come una clava morale contro l’Europa si inserisce pienamente in questa strategia del dominio. Quanto le comunità ebraiche abbiano tratto vantaggio da questo mito fondativo della loro identità e della loro fortuna economica e politica non è difficile da spiegare e da capire per chi non è controinteressato a capire. Diceva Nietzsche: la verità riposa sull’errore e la volontà di verità è perciò volontà di morte.

Non si spiegherebbe il livore ed il carcere inflitto a pochi scrittori che scavando nel passato scoprono, o almeno così loro credono, verità diverse da quelle proclamate perfino nei discorsi del presidente Napolitano, che si meraviglia di cose di cui non dovrebbe affatto meravigliarsi.
Il buffo è che mentre in opposizione e dispregio ai regimi ante 1945 si proclama la libertà di pensiero, di parola, di opinione come il tratto maggiormente distintivo dalla tirannide precedente, si punisce poi con il carcere, l’ostracismo, l’emarginazione, il dileggio proprio quelle persone la cui unica colpa è di avere un pensiero, potremmo dire una “fede” diversa da quella programmata dai vincitori. La “corruzione dei vinti” è la formula della vittoria. Se i vinti non si lasciano corrompere, allora bisogna passare allo sterminio fisico ovvero al loro silenziamento. Guai se si concede loro la libertà di esprimere il loro pensiero: il contagio potrebbe diffondersi e non essere più circoscrivibile.

È chiaro? Se non lo è abbastanza, proverò ad esprimermi meglio in altre occasioni. Magari con dovizia di esempi e di documentazione. I migliori esempi sono però quelli che ci offre la quotidianità a condizione che si sappiano leggere gli eventi con i propri occhi e non con le “corrette” vedute di tutti i profittatori di regime.

mercoledì 28 novembre 2007

Cronache da e su Oxford: esiste in Occidente una libertà di manifestazione della propria opinione?

Versione 1.4
Testo in progress

Il Corriere della Sera aveva pubblicato una prima breve notizia sull’evento che in Oxford ha visto David Irving e Nick Griffin invitati dagli studenti dell’antica e prestigiosa Oxford Union a dibattere sul tema dei “limiti della libertà di opinione”, non su temi revisionisti. Essendo finito in carcere (ma non è il solo) proprio per aver manifestato la propria opinione, un personaggio come David Irving aveva certamente titolo a parlare sui “limiti della libertà di opinione”: li ha sperimentati sulla sua pelle! In altre epoche non avrebbe potuto ricevere un simile invito in quanto giù arrostito sul rogo. Nei nostri tempi più civilizzati, infatti, ci limitiamo ad infliggere il carcere, essendo per lo più bandita nei nostri ordinamenti la pena di morte: ci lusinghiamo di essere moralmente superiori ai nostri antenati, anche se siamo più intimamente ipocriti. Se non infliggiamo la morte fisica, in compenso pratichiamo abbondantemente la morte civile, negando ai nostri eretici la libertà di manifestazione del pensiero. Ma seguiamo le finezze del nostro sistema dell’informazione, beninteso “corretta”, attraverso cui i “signori del discorso” pretendono di formare le nostre coscienze e di produrre in redazione la nostra “opinione pubblica”.

Atto I

Esce dapprima su “Corriere della Sera” questo breve trafiletto di Giovanni Belardelli il data 20 novembre 2007, forse sfuggito al controllo censorio del vicedirettore Magdi Allam:
Giunge dall'Inghilterra una piccola lezione pratica sul significato della libertà di opinione. La prestigiosa Oxford Union Debating Society intende invitare a una discussione sui limiti della libertà di parola lo storico negazionista David Irving. L'invito, ha dichiarato il presidente dell'associazione al «Venerdì di Repubblica», non implica affatto un accordo con le sue posizioni, ma la convinzione che tutte le idee debbano poter essere espresse. Proprio una tale convinzione sembra essersi invece appannata nell'Europa continentale, dove si sono moltiplicate le leggi che prevedono il carcere per chi neghi lo sterminio degli ebrei, o non definisca come genocidio il massacro degli armeni, o (nella Repubblica Ceca) non riconosca i crimini del comunismo. L'iniziativa di Oxford ci ricorda appunto che la libertà di opinione si misura anche in relazione alle idee che consideriamo sbagliate e perfino aberranti.


Che è subito bollato come “scorretto” dalla lobby ebraica (o se si preferisce sionista ovvero filoisraeliana ovvero pezzaniana o giorgiana o steinhausiana o come cavolo volete, fate voi!) con il seguente proemio, rigorosamente anonimo:

Atto II

Fra parentesi quadre ed in corsivo, non riuscendo neppure io a contenermi, si trova un mio estemporaneo commento. I testi abituali dei Nostri hanno purtroppo la caratteristica di suscitare una reazione critica non già nella loro interezza per ciò che significano, ma in ogni singolo loro termine e perfino virgola. Pertanto, la risposta “critica” ai loro testi deve scindersi ogni volta in due sezioni: una generale a tutto il testo ed una particolae ed analitica per ogni singola parola, spesso usata a sproposito dai nostri Corretti Informatori, che hanno immaginato il loro servizio a guisa di un disco che gira sempre identico e che non ammette repliche. Con la testa tecnica si è ormai organizzato lo spam telefonico: sentite squillare il telefono e parte una registrazione che vi offre vino, un viaggio nei mari del sud, il viagra e simili. In fondo, tutto il service di “Informazione Corretta” non è altro che spam mediatico lanciato sul web.

Corriere della Sera - Critica
20.11.2007: Chi offre una tribuna a David Irving non difende la libertà di opinione
[come è noto la libertà di opinione è quella “corretta” dei Corretti Informatori: ogni diversa opinione non appartiene al regno umano, ma a quello subumano delle razze inferiori, come si è potuto apprendere in un recente articolo apparso su “l’Occidentale”, altra testata della rete mediatica sionista]

come invece pensa Giovanni Belardelli
[ma perché Belardelli pure pensa? E se pensa ne ha il diritto? Qui si apre una crepa interna che i Corretti Informatori neppure sospettano.]


Testata: Corriere della Sera
Data: 20 novembre 2007
Pagina: 51
Autore: David Irving
[un lapsus che la dice lunga sui sacri furori, sull’«odio» verso i soggetti di diversa opinione da quella decretata come corretta dal Sinedrio Pezzana]

Commento dei “Corretti Informatori”, ossia degli Inquisitori del Sinedrio Mediatico:
Invitare David Irving, lo storico negazionista
[che significa negazionista? Come anche qui si dimostra, il negazionismo è un espediante ampiamente usato dai nostri amici a scopo di diffamazione, denigrazione, delazione],
antisemita e neonazista,
[di neonazismo fondatamente, da interni al mondo ebraico come Avraham Burg, è gratificato lo stesso sato di Israele.]
a parlare alla prestigiosa Oxford Union Debating Society significa ricordare "che la libertà di opinione si misura anche in relazione alle idee che consideriamo sbagliate e perfino aberranti."
[il brano riportato contiene una sottile ironia che la mente programmata dello spammista non è in grado di rilevare],
come sostiene Giovanni Belardelli sul CORRIERE della SERA del 20 novemre 2007 ?
No, significa offrire una tribuna e una legittimazione alle "idee" e a alle menzogne di Irving.
[che siano menzogne è stabilito a priori da Angelo Pezzana, incredibile personaggio. Ad altri non è concesso il diritto di verifica ed un autono giudizio su ciò che può essere vero o falso. Forse, nella sua mezza giornata di attività parlamentare, che gli ha pure fruttato – a quanto pare e salvo smentita – un vitalizio, ha acquisito il monopolio della Verità: solo lui può dire ciò che è Verità]

La "libertà di opinione" non comporta nessun obbligo di offrire un pubblico,
[chi offre a chi? E di quale obbligo si parla? Gli studenti hanno forse l'obbligo di “non offrire”, prendendo ordini dalle varie lobbies ebraiche dei vari paesi o dallo stesso Pezzana? O forse io il diritto di imporre cià che Pezzana non dive dire o fare? Altro che nazismo! Come chiamarla una simile candida e spudorata pretesa?]
e riflettori pubblicitari, a chiunque pensi di avere qualcosa da dire.
[Interessante questa nuova raffinata teoria della libertà di pensiero riconosciuta dentro le pareti di una cella senza possibilità di comunicare con l’esterno]
Invocarla nel caso di Irving e della società di dibattiti di Oxford significa soltanto cercare un alibi per l'incapacità di riconoscere e isolare la barbarie.
[Autentica barbarie giuridica e morale è quella che documenta questo normale commento dei nostri Corretti Informatori. Vi è di che inorridire oltre che approntare le opportune e legittime difese]

Si noti la concitata faziosità del Commento, sopra riportato con gli errori originali. Addirittura nella furia distruttiva, altro che “odio” al altri elargito nell’abietta speranza di poter far scattare la legge Mancino, non si accorgono neppure di aver fatto uno scambio di persona: hanno fatto diventare lo stesso David Irving autore del testo di Giovanni Belardelli. Da almeno cinque anni il “servizio”, evidentemente collegato con Israele, agisce come strumento di pressione e di terrore verso gli organi di stampa, i singoli giornalisti e persone isolate che incautamente ed in buona fede osano manifestare una propria opinione, non in linea con gli interessi di regime interno ed internazionale dello stato di Israele. “Informazione Corretta” è un'agenzia nazionale di una rete di propaganda bellica che ha il suo centro in Israele. Nel libro di Mearsheimer e Walt è descritta una simile organizzazione nell'ambito degli USA, ma se ne trovano dislocate in ogni paese ed esiste un sistema capillare di pressione in ogni paese ed in ogni organo di stampa. Per il “Corriere della Sera” la Lobby può contare su un uomo come Magdi Allam, le cui posizioni non sono un mistero per nessuno. Su quest’ultimo estraggo da un ben diverso contesto un giudizio di Gravagnuolo, detto il Cosacco da Pansa. Con il Cosacco ho un personale conticino ancora aperto, ma mi è utile il suo non sospetto apprezzamento di Magdi Allam:
Mette in mostra «un’intolleranza da tarantolato. Il suo è terrorismo semiologico da tempi bui. Un delirio verbale. Possibile che al ‘Corriere della sera’ non susciti il minimo imbarazzo?» (G. Pansa, I gendarmi della memoria, p. 95).
Eccoli dunque i “gendarmi della Memoria”, qualifica quanto mai appropriata per i nostri Corretti Informatori, passare all’atto terzo.

Atto III

Se non era piaciuto sul “Corriere della Sera” il precedente trafiletto di Giovanni Belardelli eccolo ora un’ampio controarticolo di Guido Santevecchi, rafforzato da un’intervista di Alessandra Farkas nientepopodimeno che a Alan Dershowiwitz, dal quale ci si può aspettare la stessa obiettività di un oste che decanta il suo vino al metanolo. Sia di Guido che di Alessandra ci piace osservare le faccia con gli abituali colori. Se li troveremo in rete le pubblicheremo all'interno del testo che loro appartiene come già appartiene loro la faccia che la natura ha dato.
Corriere della Sera Informazione che informa
27.11.2007 Manifestazioni a Oxford contro la conferenza di David Irving
organizzata dalla Oxford Union: per Alan Dershowitz "una combricola di ipocriti" che finge di difendere la libertà di espressione per attaccare gli ebrei

Testata: Corriere della Sera
Data: 27 novembre 2007
Pagina: 15
Autore: Guido Santevecchi - Alessandra Farkas
Titolo: «Oxford, la rabbia degli studenti «Nessun dialogo coi negazionisti» - «Diverso l'invito ad Ahmadinejad: fu vero dibattito»» [Meglio Ahmadinejad e Hitler che non David Irving!]

Dal CORRIERE della SERA del 27 novembre 2007, la cronaca di Guido Santevecchi :

LONDRA — Era tutto meno che oxfordiano il clima ieri notte alla Oxford Union, il venerabile club radicato nell'università che nei 184 anni della sua storia ha ascoltato i discorsi di Winston Churchill, del Dalai Lama, di Madre Teresa di Calcutta.
[L’inizio dell'articolo è fesso e tendenzioso. Pensi che un lettore criticamente avvertito non possa accorgersi di dove vuo andare a parare, o caro Guido? Intanto quale doveva essere il clima? E se è stata alterato, ad opera di chi ciò è avvenuto? In normali circostanze non si disturba un dibattito di idee liberamente espresse. Il non far parlare gli altri non è il principale connotato di ciò che comunemente si chiama ‘fascismo’? In cosa il nostro regime sarebbe superiore a nazismo e fascismo o comunismo se non nella libertà di parola che si dice concessa ad ognuno? Può bastare il sofisma secondo cui quando parla o scrive Guido Santevecchi questa è legittima libertà di opinione, se invece a voler parlare è un altro, non importa chi e su cosa, questa non si chiama più libertà legittima, ma mortadella, menzogna, provocazione etc?]

Centinaia di manifestanti sdegnati
[sdegnati di che? del fatto che qualcuno voleva parlare? Piuttosto che essere sdegnati dovrebbero vergognarsi ed il nostro Guido non dovrebbere reggere loro il sacco] avevano circondato [= attività squadristica parafascista]
la palazzina fin dal pomeriggio, per sbarrare il passo ai due conferenzieri invitati dalla «più famosa società di libero dibattito del mondo»
[Appunto! Ben detto! Anche se le intenzioni interpretative di chi scrive e chi ora legge sono diametralmente opposte].
Uno dei due ospiti, Nick Griffin, leader del British National Party xenofobo e di estrema destra
[con beneficio di inventario ed in ogni caso l'incontro previsto era un dibattivo, non un’assemblea legislativa in cui votare normative che potessero incidere i diritti di terzi. la specifica fornita da Guida è decisamente fuori luogo e volta a creare un'immagine negativa della persona, che in ogni caso avrebbe diritto ad un’interpretazione autentica dei dati che lo riguardano e che gli vengono affibiati. Stesso discorso per Irving, tacciato come “negazionista”, con un termine stupido quanto erroneo],
era accompagnato da una scorta di skinhead
[altrove ho letto di normale scorta quale dispongono tutti i leaders politici: nella famosa manifestazione dello scorso anno avevo tentato di avvicinarmi a Bondi per salutarlo e per poco non mi si avventano addosso le sue guardie del corpo; incontro per Roma il presidente del Senato per le vie cittadine attorniato dal suo piccolo esercito di guardie del corpo: se mi azzardo a qualche movimento brusco, potrebbe arrivarmi una pallottola in fronte! Posso chiamare “bravi” (Manzoni) le guardie del corpo di Bondi o di Marini? Inoltre ‘skinhead’ è termine ufficiale? È questa «l’informazione che informa»?]:
nel 1998 Mr Griffin era stato condannato per incitamento all'odio razziale
[e perché di odio e pregiudizio razziale non se ne trova ora in abbondanza nella «informazione che informa»? E che vuol dire «odio razziale»? Come è nata questa legislazione? Caro Guido, non ti è mai venuto il sospetto che la legge mancino possa essere incostituzionale? E comunque che c’azzecca adesso questa chiosa informativa? Se per caso tu in gioventù hai rubato galline, devo adesso io andare ad informarmi e renderlo noto in questo mio commento? Se devi informare, cerca di stare sul tema! Altrimenti, è meglio che cambi mestiere. L'oratore avrebbe dovuto parlare sui limiti della libertà di pensiero. Se ha potuto dire qualcosa, adesso tu con la tua “corretta” cronaca dovresti saperci riferire cosa ha detto. Ma tu taci sull’essenziale, per la delizia dei Corretti Informatori alla Pezzana].
L'altro non ha bisogno di molte presentazioni
[già! è un bel modo per preparare il linciaggio mediatico. Eccola l’«informazione che informa»!]:
David Irving, lo storico britannico che si è fatto notare negando l'Olocausto e i sei milioni di ebrei sterminati dai nazisti
[se ti vai appena un poco a documentare sulla materia, e dovresti farlo visto che ne scrivi, vedresti che si tratta di una semplificazione grossolana]
e per questo nel 2005 è finito in carcere in Austria.
[E non inorridisci, tu eroe della libertà e della «informazione che informa»? Il tuo senso morale è all’altezza della tua scrittura prezzolata]
Gli studenti che aspettavano al grido di «no al fascismo, no al razzismo, vergogna»
[fascisti e nazisti, cari studenti, se davvero siete tali, siete voi ed a vergognarvi dovreste essere voi, se il vostro cervello non fosse stato messo fuori uso da tanta corretta informazione che informa nel modo che qui si vede. Sempre che il nostro Guido riporta il vero, essendo tanto generosi da dargli un credito immeritato],
si sono trovati di fronte qualche sostenitore di Griffin e Irving in tenuta di gala: a torso nudo, con tatuaggi «nazionalisti» su schiena e petto.
[Se vuoi ti do io un link fotografico della manifestazione: vai qui. Trovi otto fotografie in sequenza. Gli apprezzamenti sul look dei manifestanti, te li potresti anche risparmiare, se vuoi tentare di essere obiettivo anziché fazioso e distorsivo come sei]
C'era un cordone di polizia a cavallo.
[in condizione di normale esercizio della libertà di pensiero non dovrebbero esserci né polizia a cavallo né guradie del corpo: sembra che la cosa non ti passi neppure per l’anticamenra del cervello, ma tendi a far credere al lettore che il dibattito fosse una sorta di meeting aspromontano, da reprimere anche a costo di farci scappare il morto]
Ma verso le nove un gruppo di manifestanti ha creato una diversione, mentre una ventina di loro scalava il cancello della Oxford Union Society
[che spasso!].
I contestatori riusciti a entrare nella sala si sono sdraiati sul palco, gridando per impedire a Griffin e Irving di prendere la parola.
[E se questo non è ‘fascismo’ cosa altro? peggio del fascismo, che almeno sapeva rispettare e far rispettare le leggi che si era date]
A quel punto il dibattito è stato fermato. Ed è potuto riprendere due ore dopo in formula ridotta in due stanze separate.
Doveva essere un mirabile esempio di libertà di parola o piuttosto la concessione provocatoria di una tribuna a un politico razzista e a uno storico negazionista con precedenti penali?
[un barlume di coscienza che affiora nella testa di Guido! Non bisogna mai disperare. Se anche i criminali più incalliti possono ravvedersi, non dobbiamo disperare per il nostro Guido. Ma poi in fondo cosa significa e cosa è una provocazione? In questo caso chi sono i provocatori? I “contestatori” hanno perfino pagato il biglietto per non far parlare chi era stato invitato a parlare. Potevano starsene alle loro case e risparmiarsi i loro soldi. Nel corso di una manifestazione i “provocatori” sono degli infiltrati che tentano di far degenerare la manifestazione stessa, inizialmente pacifica e regolarmente autorizzata, ma poi per effetto di deliberate “provocazioni” suscettibile di degenerare in atti illegali e come tali repressi. A chi riflette seriamente sul significato del termine provocazione sarà chiaro che provocatori non sono né Irving né Griffin né i loro sostenitori, ma i sedicenti “democratici” ovvero giornalisti “che informano” nel modo che stiamo analizzando e denudando ]
Da quando la Oxford Union aveva annunciato l'evento, le proteste erano andate crescendo.
[Proteste orchestrate ed alimentate da chi? da tanti Corretti Informatori come Pezzana e con il concorso di giornalisti come il nostro Guido, che pensa di fare «informazione che informa»]
Il ministro della Difesa laburista Des Browne ha cancellato un discorso al club perché non ha ritenuto opportuno parlare nella stessa sala prestata a Griffin e all'ex galeotto Irving.
[E chi se ne frega! Se ne stesse pure a casa. Se sta zitto, fa pure più figura. Con il loro libro Mearsheimer e Walt ci hanno fatto sapere quanto i candidati al Congresso sono condizionabili dal voto ebraico. Lascio qui la congettura, ma una ricerca in tal per Des Browne ed i motivi che possono averlo ispirato non vale il mio tempo]

Il deputato conservatore Julian Lewis, membro emerito della società, ha scritto una lettera di dimissioni dicendosi «rattristato dalla decisione di dare a un paio di ignobili furfanti
[per chi offende così vale il reciproco: chi ci dice che non sia tu il furfante? Ce lo può assicurare Guido? E perché dovremmo credere a guido?]
il modo di uscire dall'ombra. Questa è l'iniziativa di giovani membri del club in cerca di pubblicità a fini di carriera».
[minchiate che non meritano neppure un commento!]
Luke Tryl, il giovane presidente della Oxford Union, sostiene invece di aver voluto Griffin e Irving per discutere dei limiti della libertà di parola, non per offrire loro lo spunto per esporre e ribadire lo loro teorie. «La nostra società fu fondata nel 1823 per promuovere e difendere la libertà di espressione. Per la gente in sala è anche un'occasione di confrontarsi con Irving e Griffin». Al suo fianco il deputato liberaldemocratico Evan Harris, convinto che mettere al bando i due significa promuoverli da «bigotti a martiri».
[Sono già dati per colpevoli. Bisogna solo trovare il giusto modo per impiccarlio nel modo più efficace]
«Sono le visioni di questi due estremisti che sono una vergogna, non il loro diritto ad avere quelle idee», ha sostenuto l'esponente della sinistra liberal.
Per inciso, nei mesi passati in una cella austriaca, David Irving ha avuto modo di studiare meglio e di rivedere le sue tesi.
[Sono stati aiutati dalla galera, allo stesso modo in cui anche Galilei ha riconosciuto che erano sbagliate le sue teorie. Il nostro Guido se la ride, ma farebbe meglio a vergognarsi con le sue basse insinuazioni. Per il resto, sul revisionismo Irving che qui a noi interessa per il solo aspetto della libertà di pensiero di veda in questo blog una lettera di Fritz Berg, tradotta e pubblicata da Andrea Carancini]
A quanto pare ha «scoperto documenti» che lo hanno portato ad ammettere che due milioni di ebrei sono stati uccisi, ma sostiene che era un piano clandestino di Himmler e che Adolf Hitler era assolutamente all'oscuro. La revisione ha comunque contribuito alla scarcerazione anticipata.
[Degne considerazioni finali di un articolo infame che pretende «di informare». Ma chi?]

Prossimo appuntamento della serie sul libero dibattito con un nuovo ospite non proprio famoso come campione della democrazia: la Oxford Union ha invitato il presidente bielorusso Alexander Lukashenko.
[La prossima volta possono invitare li stesso Guido Santevecchi sul modo “corretto” di informare e di fare il giornalista, il cui Ordine professionale – guarda caso – fu istituito proprio dal fascismo. E quando si trattò di votare per il referendum che lo aboliva, caspita!, come i giornalisti si tennero stretti un ordine professionale che non esiste da nessuna altra parte del mondo e che preclude ai comuni cittadini un mestiere che possono certamente fare meglio e con più correttezza di tanti altri che hanno invece il monoppolio della professione]


L'intervista di Alessandra Farkas a Alan Dershowitz:

NEW YORK — «Invitare David Irving e Nick Griffin sarebbe giustificabile, in nome della libertà di espressione, solo se l'Oxford Union fosse disposta ad ospitare i diffamatori di qualsiasi gruppo e minoranza. Ma ciò non accadrà mai».
[E che significa? Alan è un noto azzeccagarbugli, ma qui ci azzecca poco e chi lo capisce è bravo. Quanto alla diffamazione si tratta di sapere chi sono i diffamatori e dove stanno. Noam Chomsky, ebreo, parla dell’ADL come di una centrale di diffamazione permanente]
Non ha dubbi Alan Dershowitz,
cattedra di Giurisprudenza ad Harvard e principe del foro Usa: «L'associazione universitaria di Oxford è una combriccola di ipocriti».

[Anche qui vale il reciproco che gli azzeccagarbugli penalisti conoscono bene: se tu mi insulti, io posso rispondere con insulti equivalenti. Chi vuole si può qui esercitare a dare il suo ad Alan. Gli lascio lo spazio nei commenti. Mi limito a dire che in fatto di ipocrisia nessuno batte quelli della sua combriccola. Anche no, non lo dico io, ma lo faccio dire ad una fonte insospettabile della loro parte, ad un loro padre sacro della patria:
«Non conosco nessun altra nazione che abbia tanti ladri, imbroglioni e profittatori senza il minimo scrupolo come questa piccola nazione che si chiama Israele» scrisse il primo ministro Ben Gurion; qui citato da Tom Segev, Il settimo milione. Come l’Olocausto ha segnato la storia d’Israele, Milano, 2001, p. 221. ]
Si spieghi.
«Non si sognerebbe mai di offendere gratuitamente neri e musulmani, chiamando David Duke o il Dr. Watson. Ma non esita a insultare gli ebrei; in passato aveva già invitato Norman Finkelstein».
[Non so nulla dei primi due, ma ben conosco Finkelstein. E di nuovo: che c’entra? Se organizzo io una manifestazione invito chi mi pare e chi è invitato ha diritto alla sua libertà di opinione allo stesso titolo di chi non è invitato. O devono parlare solo quelli che il nostro azzegarbugli concede ndi poter parlare? Bella pretesa, bella faccia tosta! ]

Esistono paralleli tra Oxford e la polemica scatenata dall'invito della Columbia University al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad?
«No. Ahmadinejad è il leader politico di un Paese molto potente e voler ascoltare le sue idee per confutarle nel mercato libero delle idee è plausibile. Come lo sarebbe stato negli anni '30 con Hitler. David Irving, al contrario, è un fanatico completamente discreditato e senza la minima autorità o potere. L'Oxford Union l'ha resuscitato ».
[Incredile piroetta, dopo che la Israel lobby ha fatto di tutto per boicottare anche la Columbia University. Hanno inscenato vergognose proteste analoghe a quelle di Oxford e Deborah Fait ha pure scritto un pezzo adeguato alla sua levatura mentale, ma a fare una pessima figura sono stati i sabotatori sionisti. Se gli studenti della Oxford Union sono degli ipocriti, Alan Dershowitz manca del più comune senso del pudore.]

Perché l'ha fatto?
«Negli Usa come in Inghilterra, il mondo accademico è ormai ostaggio dell'estrema sinistra. Che censura la gente con cui non è d'accordo e promuove chi condivide le sue idee. O i suoi nemici ».
[Mente sapendo di mentire il nostro azzeccagarbugli. La verità è che la Israel Lobby ha costruito la sua immensa fortuna economica e politica inquinando la coscienza e la memoria di tutti i poli d’Europa. Il castello della menzogna sta lentamente crollando a pezzi così come è crollato, a martellate, il muro di Berlino. I tanti azzeccagarbugli sionisti che con i danari dell’«Olocausto» si sono arricchiti non vogliono perdere la loro principale fonte di guadagno]

I suoi nemici?
«È una dinamica complessa. Nessuno nell'Oxford Union approva le tesi di Irving però egli offende gente che all'Union non piace. Per questo l'ha invitato».
[Profonda scienza dietrologica nella quale non poteva non essere versato un azzeccagarbugli come Alan Dershowitz! Ma a noi di tutto questo – ammesso e non concesso che esista – poco interessa. La libertà di opinione va sempre e in ogni caso tutelata in tutta Europa!]
E se fosse una mossa pubblicitaria?
«È ben più insidioso e profondo. Cela il desiderio di provocare e offendere certi gruppi senza toccarne altri.
[Questo si chiama menar il can per l’aia! L’azzeccagarbugli ha troppa stima della sua intelligenza e assai poca di quella di chi lege la sua intervista]
Sfido la Oxford Union ad organizzare
[fanno quel che vogliono senza che a doverglielo dire siano azzeccagarbugli come Dershowitz o altri. Nessuno si sogna di dire ad Alan cosa fare o dove andare, anche se personalmente qualche idea ce l’avrei]
un dibattito con i vignettisti danesi autori dei famigerati cartoon sul profeta Maometto. Avendo il coraggio di esporre quelle immagini sul palcoscenico, permettendo a tutti di analizzarle e giudicare».
[Continua a menar il can per l’aia uscendo fuori tema e fuori causa: fatto piuttosto penoso per un acclamato azzeccagarbugli come Alan Dershowitz, battezzato “principe del foro” senza la benché minima coscienza della dignità e della maestà di ciò che è diritto e senso dell’equità]
L'effetto della polemica?
«Aver indebolito l'indipendenza del dibattito accademico sulle due sponde dell'Atlantico.
[Senti chi parla! E la cattedra tolta a Finkelstein grazie ai tuoi maneggi? Ed i pestaggi a Faurisson? E tutti quelli che della cattedra sono stati privati e mandati in galera o costretti a vivere in esilio? Ma di cosa parli? Cosa vai cianciando? Chi credi di infinocchiare?]
Guardatevi bene da chi vi dice "questo principio va bene per me e te, ma non per lui".
[Che c’azzecca?]
E ricordatevi bene: se applicata in maniera selettiva, la libertà di espressione cessa di essere tale».
[Idem con patate!]
Per inviare una e-mail alla redazione del Corriere della Sera cliccare sul link sottostante.

[Chi vuole può mandare per email questo mio post con qualche parola di commento suo proprio. Così facendo, contrasterà un'azione contraria della Agenzia Pezzana, che da cinque anni tenta in questo modo di influenzare i media e l’opinione pubblica italiana, almeno quella che si lascia influenza dal “giornale del cuore” che ogni mattina compra e legge traendo cibo adulterato per la sua mente]
Si Osservi la prima riga redazionale sopra riportata e ne ne misuri l’obiettività faziosa. Nel caso del trafiletto di Belardelli si poteva leggere la seguente riga: Corriere della Sera > Critica, che sarebbe il “delirio verbale” che abbiamo sopra evidenziato. La stessa riga diventa per la “correzione” prontamente apportata da una mano amica: Corriere della Sera > Informazione che informa. Cosa sia successo al “Corriere della Sera” per giustificare un così repentino cambiamento di giudizio nella linea editoriale di un giornale probabilmente non lo sapremo mai. Quello che certamente ogni lettore sa è che i giornali valgono quel che valgono. Ormai, per fortuna, neppure i bambini delle elementari prestano loro credito. Certo, le notizie che possono interessarci in qualche modo, per vie traverse e disparate, alla fine giungono alle nostre orecchie o ai nostri occhi. L’educazione critica del cittadino comporta la capacità di distinguere per quanto possibile il nudo fatto dall’interpretazione che se ne vuol dare. Le menti deboli vengono irretite da un'interpretazione faziosa di giornalisti disonesti che “non informano” affatto, ma tentano di condizionare i comportamenti ed i giudizi di chi legge. Alle menti non deboli che non cadono nella rete di un'informazione faziosa, cioè truffaldina e di parte, incombe il dovere civico di aprire gli occhi a quanti non vogliono o non hanno interesse a farsi irretire. Per fortuna che esiste internet e tanti blogs come il mio. Guarda caso, un sottosegretario di nome Levi, voleva mettere a tutti noi il bavaglio per lasciare liberi di scorazzare nel ciberspazio i Gendarmi della Memoria ovvero della Corretta Informazione.

Israel lobby e mass media

Versione 1.0

Sto seguendo con attenzione le reazioni mediatiche seguite al contrastato invito della Oxford Union, un'antica associazione studentesca, a David Irving e Griffin affinchè partecipassero ad una dibattito sui limiti della libertà di opinione. Gli eventi devono essere letti al di là di ciò che pretendono di significare nelle intenzioni dei loro autori. Emerge con chiarezza un condizionamento della stampa e delle agenzie di stampa ad opera della Israel lobby, per non dire più semplicemente “lobby ebraica”, espressione proibita in quanto accusata di impronta razzista o antisemtica, cosa che non è assolutamente nelle nostre intenzioni. A tanto assurdità terroristica siamo giunti! Non poter neppure fare normale uso del linguaggio.

Due elementi richiamo schematicamente a questo abbozzo di riflessione: a) tradizionalmente, per motivi che possono essere spiegati storicamente e sociologicamente, la diaspora ebraica ha avuto ed ha un rapporto privilegiato con il denaro, ovvero con il suo uso, che permette anche di comprare testate giornalistiche, case editrice, agenzie di stampa; b) per gli stessi motivi il settore delle professioni intellettuali vede una presenza ebraica percentualmente maggiore. Questo fatto sta generando un razzismo alla rovescia: gli ebrei sono più intelligenti a causa del loro superiore dna. Herbert Mengele ha oggi diversa nazionalità!

Un solo dato appare significativo: un giornale tedesco online ha pensato di fare un sondaggio fra i suoi lettori. Nel momento in cui io mi sono accorto del sondaggio erano questi i risulotati: su 309 intervistati il 70 per cento era del parere che la libertà di opinione debba essere garantita anche a David Irving e Griffin. È un 70 per cento che non si riflette, ad occhi e croce, nelle posizioni che traspaiono dalle testate giornalistiche, che dovrebbero esprimere l'opinione pubblica, ma che in realtà è soltanto un'opinione semplicemente pubblicata. Così ad esempio, nel principale giornale italiano, dove opera Magdi Allam, un primo breve articolo non in sintonia di Belardelli, che plaudiva all’iniziativa degli studenti inglesi, è stato subito zittito da altri due ampi articoli, di cui un o costituito dalla traduzione italiana del campione del lobbismo ebraico statunitense, quell’Alain Deshovicz – o come cavolo si chiama – che è il mastino che si è avventato su un altro ebreo non in linea, cioè Norman Finkelstein. Tuttavia, è utile ed efficace che la notizia degli eventi di Oxford circoli: l’opinione vera della gente – ben riflessa nel 70 per cento sopra citato – è diversa dall'opinione pubblicata ed imposta dalla Lobby.

martedì 27 novembre 2007

Boicottaggio o negazione del principio di libertà di pensiero ed opinione?

Versione 1.1

Ieri ad Oxford un’antica Associazione di studenti, la Oxford Union non si è lasciata intimidire ed ha lasciato dibattere David Irving e Nick Griffin non già su un argomento storico in ordine al cosiddetto negazionismo, ma proprio sul principio della libertà di pensiero e di opinione così spesso negata allo storico Irving, cui sono stati inflitti anni di galera per reati di pensiero. Mentre per il mondo si va sbandierando la dottrina, o meglio l’ideologia dei diritti umani, come il segno della superiore civiltà giuridica dell’Occidente assistiamo in tutta Europa alla fine del principio forse più caratterizzante della rivoluzione francese: il principio della libertà di pensiero e di tutte le altre libertà connesse, cioè dalla libertà di coscienza alla libertà di espressione. Già, proprio la libertà di espressione. Infatti, secondo la contorta morale che si può leggere in alcuni commenti, per lo più di provenienza sionista, si distingue fra la libertà di pensiero che si può esercitare fra le quattro pareti di una cella e la libertà di pensiero che si esprime in presenza di un uditorio, che è evidentemente interessato ad ascoltare. Ciò che alquanto ipocritamente viene rimproverato agli studenti, tacciandoli addirittura di puerilità, è di aver offerto un uditorio ai due personaggi ostracizzati.

Fortunatamente, l'Associazione studentesca non si è nasciata condizionare, ma è istruttivo seguire e leggere le reazioni. Talune fonti, come quella dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, si parla di “boicottaggio” della manifestazione per il fatto che alcuni personaggi invitati non sono poi andati per non trovarsi in cattiva compagnia. È però improprio parlare di boicottaggio perché la manifestazione si è tenuta, facendo sperare che altre possano esservi. Chi non ha voluto andare a confrontarsi, e segnatamente per la gloria dei posteri: Des Browne, June Sarpong, Chris Bryant e Austen Mitchell e l'ex sottosegretario per l'Europa Denis McShane – ha semplicemente dimostrato la sua illiberalità se non anche il suo razzismo.

Ma chi sono costoro? Se possibile è bene osservare la loro faccia per conoscere il volto dell’illiberalità intrisa del razzismo di chi non si mescola con “persone del genere”, ritenendosi a torto migliore. Des Browne è l'uomo delle interviste a pagamento, criticatissimo in patria per aver autorizzato le interviste degi militari catturati in Iran. Che ci vada o non ci vada è per lui forse solo una questione di prezzo, ma di certo non può portare lumi né in materia di revisionismo storico né sui principi della libera manifestazione del pensiero. Circa venti anni fa David Irving avrebbe dovuto tenere una conferenza in Roma. Ero interessato ad andarci per ascoltare cosa lo storico revisionista avesse da dire. Fu però bloccato all'aeroporto di Fiumicino e rispedito indietro come un pacco postale. Ci rimasi male ed ancora oggi ricordo quell'episodio. Di certo non sarei andato ad ascoltare Des Browne, ammesso che avesse qualcosa di interessante da dire. Se questo è il primo della lista dei sabotatori indicati dall’Unione ebraica, ci possiamo risparmiare gli altri, augurandoci che non vadano da nessuna parte, o meglio possono andare nelle conferenze delle Unioni ebraiche dei vari paesi d’Europa.

lunedì 26 novembre 2007

Riflettori su Oxford: Irving e Griffin hanno il diritto di parlare?

Versione 1.3

Traggo da varie fonti le notizie che riguardano un invito per oggi 26 novembre 2007 fatto dall’associazione studentesca The Oxford Union a David Irving e Nick Griffin a quanto pare non su un tema “negazionista”, ma sul principio stesso della libertà di parola. Probabilmente ad Irving è precluso anche di poter parlare sulla pastasciutta. Ad organizzare l’incontro è la Oxford Union, un’associazione studentesca universitaria «che organizza incontri di fama mondiale». La solita opposizione non manca: sono in centinaia venuti da fuori per manifestare contro David Irving e Nick Griffin.
Eccola intera la notizia tratta da Tendenze online:
Roma, 26 nov. (Apcom) - Centinaia di dimostranti sono attesi oggi fuori dalla Oxford Union - l'associazione organizzatrice di dibattiti all'interno dell'università di Oxford - per chiedere che David Irving, lo storico inglese negazionista, e NickGriffin, il leader del partito nazifascista inglese Bnp, siano esclusi dal dibattito sulla libertà di parola.
Trevor Philips, capo della Commissione pari opportunità e diritti umani (Equalitiesand Human Right Commission) ha bollato l'invito come una "disgrazia", mentre gli attivisti, che temono l'arrivo di sostenitori nazifascisti in città, avvertono che la sicurezza degli studenti è a rischio.
La Oxford Union, associazione universitaria che organizza incontri di fama mondiale, si trova sotto pressione per ripensare la sua decisione e già un prominente parlamentare Tory ha restituito la sua tessera di socio a vita accusando gli organizzatori di cercare "pubblicità naive".
Sul suo sito internet, Irving, condannato a tre anni di prigione dalla Corte d'assise di Vienna per apologia del nazismo, spiega di essere stato invitato più volte dalla Union, ma che ogni volta il suo intervento è stato cancellato. Vedremo se oggi le cose sono cambiate.
Al momento è questa la sola informazione disponibile in lingua italiana. La conferenza prevista per le 20 ha avuto luogo e se ne può trovare una sintesi nel sito della BBC, dove è disponibile anche un video per chi riesce a scaricarlo. Nelle News si può anche leggere un articolo di Julian Joyce su The limits to freedom of speech. Tra gli oppositori della libertà di parola è da annoverare Donna Guthrie, secondo cui «the fact that David Irving's views are offensive to large numbers of people is enough to prevent him from speaking».

Non poteva mancare l'immancabile barbarie liberticida dei Corretti Informatori, che teorizzano il possesso della Verità, avendola conseguita durante il lungo sonno della ragione che intorpidisce l’Europa continentale dal 1945 ad oggi. La notizia della conferenza di Oxford è data sul Corriere della Sera da un trafiletto di Giovanni Belardelli, che subito si guadagna le attenzioni del drappello dei lapidatori di Informazione Corretta, cioè i vari Michelini, che puntualmente scrivere al presidente dell'Ordine dei Giornalisti per la pronta radiazione dall'Albo del temerario che ha osato tanto. Ma ecco i testi: Invitare David Irving, lo storico negazionista, antisemita e neonazista, a parlare alla prestigiosa Oxford Union Debating Society significa ricordare "che la libertà di opinione si misura anche in relazione alle idee che consideriamo sbagliate e perfino aberranti.", come sostiene Giovanni Belardelli sul CORRIERE della SERA del 20 novemre 2007 ?
No, significa offrire una tribuna e una legittimazione alle "idee" e a alle menzogne di Irving.
La "libertà di opinione" non comporta nessun obbligo di offrire un pubblico, e riflettori pubblicitari, a chiunque pensi di avere qualcosa da dire. Invocarla nel caso di Irving e della società di dibattiti di Oxford significa soltanto cercare un alibi per l'incapacità di riconoscere e isolare la barbarie.

 Ecco i due testi:
a) Corretti Informatori, nemici della libertà di pensiero: Invitare David Irving, lo storico negazionista, antisemita e neonazista, a parlare alla prestigiosa Oxford Union Debating Society significa ricordare "che la libertà di opinione si misura anche in relazione alle idee che consideriamo sbagliate e perfino aberranti.", come sostiene Giovanni Belardelli sul CORRIERE della SERA del 20 novemre 2007?
 No, significa offrire una tribuna e una legittimazione alle "idee" e a alle menzogne di Irving.
 La "libertà di opinione" non comporta nessun obbligo di offrire un pubblico, e riflettori pubblicitari, a chiunque pensi di avere qualcosa da dire. [Come non considerante irritante e barbarica oltreche ‘parafascista’ tanta ottusa presunzione?] Invocarla nel caso di Irving e della società di dibattiti di Oxford significa soltanto cercare un alibi per l'incapacità di riconoscere e isolare la barbarie.

 [Inaudito! Un'offesa contro il comune senso del pudore e contro il buon senso! Testi così ottusi chi li scrive? Pezzana o Israel? o Deborah? o Steinhaus?] Ecco il testo dell'articolo:

b) Trafiletto del Corriere della sera: Giunge dall'Inghilterra una piccola lezione pratica sul significato della libertà di opinione. La prestigiosa Oxford Union Debating Society intende invitare a una discussione sui limiti della libertà di parola lo storico negazionista David Irving. L'invito, ha dichiarato il presidente dell'associazione al «Venerdì di Repubblica», non implica affatto un accordo con le sue posizioni, ma la convinzione che tutte le idee debbano poter essere espresse. Proprio una tale convinzione sembra essersi invece appannata nell'Europa continentale, dove si sono moltiplicate le leggi che prevedono il carcere per chi neghi lo sterminio degli ebrei, o non definisca come genocidio il massacro degli armeni, o (nella Repubblica Ceca) non riconosca i crimini del comunismo. L'iniziativa di Oxford ci ricorda appunto che la libertà di opinione si misura anche in relazione alle idee che consideriamo sbagliate e perfino aberranti.

c) Consueto invito ai Lapidatori legati al sito sionista:



Per inviare una e-mail alla redazione del Corriere della Sera cliccare sul link sottostante

lettere@corriere.it
Lo faremo anche noi, ma in senso opposto all'invito del sito “parafascista”,

Si noti l'immancabile invito a mandare lettere di protesta al quotidiano milanese, di cui è vicedirettore l'ineffabile Magdi Allam, il quale ha subito provveduto a correggere Belardelli facendo pubblicare testi “corretti” e sigillati da un’interbista al nemico giurato di Norman Finkelstein. La notiza è diffusa anche dalla Reuters, un'agenzia ebraica.

In lingua francese si può leggere la notizia su 7sur7, ma senza approfondimenti. Scontato il commento della Israel Valley, sito ufficiale della camera di commercio Francia-Israele. Espositivo delle reazioni negative il testo che si può leggere su Arouts 7. L’info en provenance d’Israel, tuttavia sempre meno ottusamente fazioso della nostrana “Informazione Corretta”, che proprio non dimostra per nulla quella superiorità del “genio ebraico”, scoperta da Daniela Coli su “l’Occidentale” di Quagliarello. In fondo in fondo i nazisti erano invidiosi: pensavano di essere loro supeiori per intelligenza, ma invece lo erano gli ebrei. Una forma di razzismo a segno rovesciato e con pretese scientifiche. Una superiore razza ebraica può ben negare ai popoli europei la libertà di pensiero e di parola ed ai popoli arabi financo l'esistenza fisica e politica. In fondo i nazisti non erano che degli innocui dilettanti, ingiustamente diffamati.

Anche nell'informazione in lingua spagnola si trovano allineati in una stessa versione i siti sionisti, che danno risalto al “boicottaggio”. Ad esempio: Nueva Sion, eloquente fin nel titolo. Un ampio servizio, benché partigiano, lo si trova in El País. È qui ripetuto fra l’altro il concetto secondo cui più che il dibattito in sé ciò che ha suscitato e sta suscitando interesse è un ben diverso dibattito che si va sviluppando sui media intorno alla libertà di espressione. È da aggiungere che qui non si può fare la somma dei voti perché la proprietà dei mezzi di espressione e delle agenzie di stampa non è distribuita equamente. A mio modesto avviso, è importante che l'iniziativa degli Studenti di Oxford non sia stata impedita di autorità. Che non ci vadano in segno di protesta questo o quel personaggio è di gran lunga meno importante ed alla fine un simile atteggiamento si ritorce contro chi non riconosce la libertà di manifestazione del pensiero, quale ne siano i contenuti. A lungo andare i pregiudizi non possono spuntarla sulle idee frutto di un pensiero razionale e sistematico.

Un più ampio risalto sembra avere la notizia nella stampa online tedesca, anche se le notizie sono suppergiù le stesse: derStandart.at, Die Presse, Welt Online, abbastanza ricco di dettagli e con una selezione di otto immagini dell’evento. Questo sito offre anche la possibilità di un sondaggio per i lettori, che offre quattro possibilità che traduco per quanti in questo blog non conoscono il tedesco e desiderano votare.
Domanda: Le università devono invitare oratori come il negatore dell’Olocausto David Irving?
Quattro le risposte possibili:
1°) Si, la libertà di opinione deve essere garantita anche a questi uomini (38%/37/45);
2°) Si, in un'università si trova un pubblico, che può formarsi una sua propria opinione (32%/21);
3°) No, a simili uomini ed al loro punto di vista non si deve dare nessun forum (19%/14);
4°) no, in un serio dibattito Irving non è ammesso; egli vuole solo provocare (11%/12/21). -
Fra parentesi sono indicate le percentuali delle 309/316/29(?) risposte pervenute in questo momento in cui io scrivo e che verranno aggiornate ad ogni nuova visita a Welt Online, lasciando traccia delle precedenti votazioni. È da presumere che se il sondaggio cade nell'attenzione di sito come “Informazioe Corretta” i voti saranno alterati e non più significativi. Considero rappresentativo il primo scrutinio da me fatto in quanto rappresentativi del normale campione di lettori di Welt Online, e quindi ammontano al 70 per cento il numero delle persone intervistate che ritengono che la libertà di opinione deve essere garantita a tutti.

Sulla stampa tedesca il dibattito, o meglio la notizia, è riportata con accuratezza e ampio commento, dove in genere ci si preoccupa di prendere le dovute distanze. Indico solo alcune testate:
1) Der Tageszeit; si riportano le proteste dei dimostranti.
2) europolitan;
3) die tageszeitung;
4) Spiegel Online;
2)

mercoledì 21 novembre 2007

Sull'olocausto la manipolazione sionista continua...

di
mauro manno

Messa in guardia iniziale al lettore: Presento qui un lungo articolo sulla religione dell’olocausto e sul sionismo. La mia argomentazione può risultare pesante a causa delle numerose citazioni. Ma se le citazioni appesantiscono il discorso, esse sono anche punti fermi della dimostrazione.
Sul Jerusalem Post è comparso alcuni giorni fa un articolo del giornalista Etgar Lefkovits dal titolo: 'Un dirigente sionista fu il primo a essere informato della soluzione finale'. L’originale in inglese si può leggere sul
The Jerusalem Post. L’articolo è un altro esempio di come la manipolazione sull'olocausto continui ad essere alimentata e diffusa dai sionisti per poter portare avanti i loro interessi e nascondere le loro responsabilità storiche. Traduco alcuni brani dell’articolo:
“Un dirigente sionista che operava in Svizzera durante la Seconda Guerra Mondiale fu probabilmente la prima persona a ricevere informazioni da fonte tedesca circa il piano per lo sterminio sistematico degli ebrei d’Europa, secondo un recente libro pubblicato dallo Yad Vashem.”
Lo Yad Vashem, come tutti sanno, è l’istituzione israeliana che cura la memoria degli ebrei morti durante la guerra 1939-45 e gestisce il museo dell’olocausto costruito in Israele a pochi passi da dove era il villaggio palestinese di Deir Yassin, i cui abitanti furono sterminati dall’esercito sionista durante la pulizia etnica dei palestinesi nel 1948. Il villaggio palestinese fu poi raso al suolo con la dinamite come altri 400 o 500 villaggi palestinesi fatti sgomberare con la forza e il terrorismo. Ma riprendiamo l’articolo:
“Jonathan Beck Chaim Pazner, capo dell’ufficio dell’Agenzia Ebraica di Ginevra, passò immediatamente l’informazione ai dirigenti britannici e ebraici della Palestina allora governata dall’Inghilterra, così il rapporto giunse ai livelli più alti del governo britannico, secondo il libro Chaim Panzer, l’uomo che sapeva.”
Chaim Pazner è il padre di Avi “Panzer” che forse qualche lettore ricorda. Avi è stato il portavoce del governo di Ariel Sharon per vari anni, un uomo piccolo, dal capo pelato ma dal parlare aggressivo, che nei telegiornali Rai, introdotto dall’inamovibile inviato filo-israeliano (pagato con i nostri denari), il famigerato Claudio Pagliara, si esprimeva in buon italiano e parlando dei palestinesi pronunciava tre volte ‘terrorista’ ogni quattro parole, un vero panzer, come d’altronde il suo capo.

L’articolo spiega che l’informazione proveniva da fonte sicura, una fonte tedesca. Un certo Edgar Salin, ebreo convertitosi al cristianesimo e professore di economia a Basilea aveva ricevuto l’informazione dal “Dr. Arthur Zommer, ufficiale tedesco e anch’esso professore di economia oppositore del regime nazista, amico e collega di Salin”. Il messaggio diceva: “In Oriente vengono allestiti campi per distruggere col gas tutti gli ebrei d’Europa e molti dei prigionieri sovietici”. Secondo l’articolo, Zommer implorava: “Per favore passate personalmente questa informazione immediatamente a Churchill e Roosevelt” e concludeva: “Se la BBC diffonde quotidianamente un avvertimento ai tedeschi affinché non mettano in funzione le camere a gas forse essi non lo faranno, perché i criminali stanno facendo di tutto per impedire al popolo tedesco di sapere cosa stanno preparando ed è chiaro che hanno serie intenzioni”. Cosa fa a questo punto Chaim Pazner? “Pazner passò l’informazione ad un dirigente ebraico svizzero, il dottor Benjamin Sagalowitz, un amico del rappresentante del Congresso Mondiale Ebraico, il dottor Gerhart Riegner”. Né Chaim si fermò lì. “Successivamente, Pazner spedì velocemente l’informazione ai dirigenti dell’Agenzia Ebraica di Gerusalemme nella Palestina britannica. Quindi, il 2 agosto 1942, incontrò l’agente dei servizi segreti inglese Victor Farell, che lavorava all’ufficio passaporti in Svizzera. Pazner lo implorò di mandare l’informazione a Churchill come aveva richiesto la fonte tedesca. L’agente britannico disse che lo avrebbe fatto, ma la notizia non fu mai trasmessa dalla BBC (..) Durante un successivo incontro, l’agente britannico assicurò un ansioso Pazner, il quale era stato sulle spine nella speranza di poter ascoltare la trasmissione del messaggio dalla BBC, che egli aveva effettivamente spedito la notizia e che questa era giunta nelle mani di Churchill, e che egli avrebbe nuovamente richiesto che fosse trasmessa”.

E bravo Pazner, il suo attivismo è encomiabile! L’articolo ci dice anche che “informazioni sulle intenzioni dei tedeschi e le uccisioni di massa erano filtrate già prima dai servizi segreti polacchi o da fonti ebraiche, ma questa era la prima volta che giungevano da fonti tedesche”. Le informazioni “parlavano di un piano, ma non si trattava (solo) di un piano, esso era già in via di realizzazione”. L’articolo cita anche lo storico ebreo David S. Wyman secondo il quale “Gerhart Riegner [sempre il rappresentante del Congresso Mondiale Ebraico], durante i primi giorni di agosto dello stesso anno, aveva ricevuto proprie informazioni circa il piano nazista di eliminare tutti gli ebrei d’Europa da un importante industriale tedesco, successivamente identificato per Eduard Schute”. Anche Riegner si era dato da fare, con gli americani però. Il suo messaggio “raggiunse gli Stati Uniti nell’agosto 1942 ma non fu dato alla stampa prima di novembre dello stesso anno, su richiesta del Dipartimento di Stato che analizzò i rapporti con incredulità totale e chiese ai dirigenti ebrei americani di non pubblicare l’informazione prima che fosse verificata”. È chiaro che, quando parla del piano tedesco di distruzione di “tutti gli ebrei d’Europa”, l’articolo si riferisce a quanto deciso alla conferenza di Wannsee (20 gennaio 1942). Da esso comunque risulta una lode sperticata dell’attivismo dei dirigenti sionisti ed una condanna di inglesi e americani i quali lasciarono che “lo sterminio nazista degli ebrei d’Europa continuasse ininterrotto per altri due anni e mezzo”.

Abbiamo riportato lunghe citazioni perchè risulti chiaro al lettore gli obiettivi dell’autore e dell’ Yad Vashem. Essi sono:
1. discolpare completamente i sionisti, nascondere le loro responsabilità
2. far ricadere la colpa sui britannici e sugli americani, oltre che sui tedeschi naturalmente dai quali evidentemente i sionisti si aspettano, tramite il ricatto, altri favori. Non bastano quelli che hanno già ottenuto
3. buttare fumo sui fatti storici e presentarli secondo la visione della religione dell’olocausto. Vediamo le cose da vicino e punto per punto:

1.
Discolpare e nascondere

La gente che cade vittima della religione dell’olocausto ignora che i sionisti collaborarono a lungo e intensivamente con tutti gli antisemiti, dai ministri della Russia zarista, agli antisemiti ucraini di Petliura, ai membri della X Mas di Junio Valerio Borghese, ai nazisti, le SS e la Gestapo, ecc. La logica era quella che gli antisemiti, cacciando e perseguitando gli ebrei assimilati o in via di assimilazione d’Europa, li avrebbero spinti nella braccia dei sionisti (ferocemente contrari al miscuglio della ‘razza’ ebraica con i goyim e favorevoli, come Hitler, alla separazione degli ebrei dagli ariani o comunque da popolazioni non ebraiche germanizzabili). I sionisti avrebbero provveduto ad avviarli in Palestina, a togliere le terre ai palestinesi. Per le persone ragionevoli gli ebrei che risiedono da millenni in Occidente sono cittadini (di religione ebraica) dei paesi occidentali e in questi paesi hanno ogni diritto di restare e devono restare. Se poi si assimilano alle popolazioni occidentali, tanto meglio, come si sono assimilati i normanni (in Inghilterra, in Francia e in Italia, i galli (in Francia, in Nord Italia e altrove), gli spagnoli e i francesi (ancora nel nostro paese, in particolare nel Meridione), prima di loro i longobardi, poi gli arabi (in Sicilia e in Spagna) e tutte le altre popolazioni che hanno fatto l’attuale popolazione europea. Anche tutti gli ebrei d’Europa si sarebbero oggi completamente assimilati (molti lo hanno fatto) se non fosse stato per tre fattori.

Il primo è un elemento della cultura e della religione ebraica che dice che gli ebrei sono il ‘popolo eletto’, concetto variamente interpretato ma oggi spesso e irresponsabilmente interpretato in senso razzistico ed etnico. Il secondo elemento è l’antisemitismo che considera gli ebrei una razza distinta, semitica, e quindi inassimilabile in Europa. Assurdità antistorica e ridicola perché la maggior parte degli ebrei (gli askenaziti) non sono semiti ma sono i discendenti dei khazari, un popolo di origine turca che si convertì all’ebraismo intorno all’ottavo secolo nella Russia meridionale. Gli askenaziti sono i primi responsabili dell’imbroglio perché hanno disconosciuto la loro origine non semitica e si sono dichiarati sempre discendenti razzisticamente dagli ebrei palestinesi (sefarditi), al punto di subire l’antisemitismo quando loro semiti non sono. Il terzo elemento è il sionismo, che vuole la separazione razziale degli ebrei dai goyim, sostiene il matrimonio tra ebrei e vuole in Palestina uno stato per soli ebrei. Il sionismo è nato prima dell’olocausto e in qualche modo lo ha favorito con la sua collaborazione ideologica e pratica con gli antisemiti e con i nazisti. Non è quindi vero che Israele è nato dall’olocausto, ma semmai ha approfittato dell’olocausto. La religione dell’olocausto serve appunto a confondere le idee e giustificare la criminale impresa sionista e il massacro quotidiano dei palestinesi. Di tutto questo io ho scritto nel mio libro La natura del sionismo (2006). Non sono l’unico ad averlo fatto; i libri sull’argomento abbondano, per esempio, per citarne uno solo, ‘Zionism in the Age of the Dictators’, 1983, di Lenni Brenner, un ebreo antisionista. Il libro è scaricabile dal sito http://www. marxists.de/middleast/brenner. Portando il lettore a concentrare la sua attenzione sull’attività per così dire frenetica dei sionisti per salvare gli ebrei, l’articolo rigetta la colpa delle disgrazie degli ebrei sugli altri, i goyim, senza grandi distinzioni. I nazisti sterminavano, gli inglesi, gli americani e gli altri stavano a guardare. Differenza non sostanziale in un unico atteggiamento antiebraico, antisemita. Contro tutti gli ebrei, sionisti e assimilazionisti insieme. Ma le cose stanno veramente così? C’è veramente una congiura mondiale, eterna dei goyim contro gli ebrei? E i sionisti sono poi così innocenti?

Tra il 1933 e il 1945 i sionisti furono i migliori alleati dei nazisti. Si considerino le seguenti citazioni:
Sulle Leggi di Norimberga, 1935: “Il centro Hechalutz [i pionieri sionisti “socialisti”] che reclutava e preparava ebrei tedeschi da inviare nei kibbutz, concluse che la promulgazione delle leggi che definivano un crimine i matrimoni misti rappresentava una buona occasione per un nuovo approccio al regime. I pionieri presentarono un piano [ai nazisti] per l’emigrazione dell’intera comunità ebraica [in Palestina] in un periodo di 15-20 anni”. (Lenni Brenner, Op. cit.)

Sull’antisemitismo dei nazisti:
“Se noi [sionisti, ndt] non ammettiamo che gli altri abbiano il diritto di essere anti-semiti, allora noi neghiamo a noi stessi il diritto di essere nazionalisti. Se il nostro popolo merita e desidera vivere la propria vita nazionale, è naturale che si senta un corpo alieno costretto a stare nelle nazioni tra le quali vive, un corpo alieno che insiste ad avere una propria distinta identità e che perciò è costretto a ridurre la sfera della propria esistenza. É giusto, quindi, che essi [gli anti-semiti, ndt] lottino contro di noi per la loro integrità nazionale. Invece di costruire organizzazioni per difendere gli ebrei dagli anti-semiti, i quali vogliono ridurre i nostri diritti, noi dobbiamo costruire organizzazioni per difendere gli ebrei dai nostri amici che desiderano difendere i nostri diritti” (Jacob Klatzkin citato in Jacob Agus, Enciclopedia Judaica, vol II, p. 425).
Sull’alleanza sionismo-nazismo contro il liberalismo:
“Per i sionisti, il nemico è il liberalismo; esso è anche il nemico per il nazismo; ergo, il sionismo dovrebbe avere molta simpatia e comprensione per il nazismo, di cui l'anti-semitismo è probabilmente un aspetto passeggero” (Harry Sacher, Jewish Review, settembre 1932, p. 104, Londra). “Il significato, per la nazione germanica, della rivoluzione tedesca risulterà chiaro alla fine a coloro che l’hanno creata e le hanno dato la sua impronta. Per noi (sionisti, ndt) il suo significato è questo: Le fortune del liberalismo sono finite. L’unica forma di vita politica che ha aiutato gli ebrei ad assimilarsi è scomparsa.” (Joachim Prinz, Wir Juden, Berlino, 1934, pp. 150-1).
Sull’alleanza sionismo-nazismo contro gli ebrei assimilazionisti:
“Hitler tra qualche anno sarà dimenticato, ma avrà un bellissimo monumento in Palestina. Sapete, la venuta dei nazisti è stato un avvenimento piuttosto benvenuto. Vi erano tanti dei nostri ebrei tedeschi che pendevano tra due sponde; tanti di loro navigavano nella corrente ingannatrice tra la sponda di Scilla dell'assimilazione e quella di Cariddi di una conoscenza compiaciuta delle cose ebraiche. Migliaia di loro che sembravano completamente perduti per l'ebraismo furono riportati all'ovile da Hitler, e per questo io sono personalmente molto riconoscente verso di lui”(Emil Ludwig intervistato da M. Steinglass, Emil Ludwig before the Judge, American Jewish Times, aprile 1936, p. 35).
“L'hitlerismo ... ci ha reso per lo meno un servizio dal momento in cui non ha tracciato una linea di demarcazione tra l'ebreo religioso e l'ebreo apostata. Se Hitler avesse fatto eccezione per gli ebrei battezzati [al cristianesimo], avremmo assistito allo spettacolo poco edificante di migliaia di ebrei che correvano a battezzarsi. L'hitlerismo ha forse salvato l'ebraismo tedesco, che stava assimilandosi fino all'annichilimento” (Chaim Bialik, Palestine and the Press, New Palestine, 11 dicembre 1933).
Sulla convergenza tra sionismo e nazismo circa uno stato fondato sulla purezza della razza:
“Uno Stato costruito sul principio della purezza della nazione e della razza (cioè la Germania nazista, ndt) può solo avere rispetto per quegli ebrei che vedono se stessi allo stesso modo” (Joachim Prinz, (1936), citato in Benyamin Matuvo, The Zionist Wish and the Nazi Deed, Issues, (1966/67), p. 12).
“Vogliamo che l’assimilazione sia sostituita con una nuova legge: La dichiarazione di appartenenza alla nazione e alla razza ebraica. Uno Stato costruito sul principio della purezza della nazione e della razza può solo essere onorato e rispettato da un ebreo che si dichiara appartenente alla sua razza. Avendo dichiarato apertamente la sua appartenenza, egli non sarà mai capace di un comportamento sleale verso uno Stato. Uno Stato, d’altra parte, non può volere ebrei diversi da quelli che dichiarano la loro appartenenza alla propria nazione. Non deve desiderare di avere ebrei che si fanno adulatori e strisciano davanti ad esso (gli assimilazionisti, ndt). Uno Stato deve esigere da noi fede e lealtà ai nostri propri interessi. Perché soltanto chi onora la propria razza e il proprio sangue può avere un atteggiamento onorevole verso il volere nazionale di altre nazioni” (Joachim Prinz, Wir Juden, Berlino, 1934, pp. 150-1).
I nazisti rispondono positivamente ai sionisti:
“I membri delle organizzazioni sioniste non devono essere, date le loro attività dirette verso l'emigrazione in Palestina, trattati con lo stesso rigore che invece è necessario nei confronti dei membri delle organizzazioni ebraico-tedesche (cioè gli assimilazionisti, ndt)” (Circolare della Gestapo bavarese indirizzata al corpo di polizia bavarese, 23 gennaio, 1935, Herzl Yearbook, vol VI, p. 340).“Il momento non può più essere lontano ormai in cui la Palestina sarà in grado di nuovo di accogliere i suoi figli che aveva perduto da oltre mille anni. I nostri buoni auguri e la nostra benevolenza ufficiale li accompagnino” (Reinhardt Heyndrich, capo dei Servizi Segreti delle SS, Das Schwarze Korps, organo ufficiale delle SS, maggio 1935).
Si tratta di un’alleanza ideologica bella e buona. Non solo. Sulla base della convergenza ideologica che abbiamo delineato, sionisti e nazisti costruirono una pratica comune finalizzata all’emigrazione degli ebrei tedeschi verso la Palestina (previa loro sionistizzazione) e alla distruzione degli ebrei non sionisti e assimilazionisti. Izaak Greenbaum, caporione dell’Agenzia Ebraica così si esprime nei confronti degli ebrei che non volevano sionistizzarsi ed emigrare in Palestina:
“Una mucca in Palestina vale più di tutti gli ebrei d’Europa” e ancora: “Se chiedessero a me «Non si potrebbero usare i fondi del United Jewish Appeal per soccorrere gli ebrei d’Europa?» Io ho già detto NO! e ribadisco il mio NO! ... Si dovrebbe resistere a quest’ondata che pone le attività sioniste in secondo piano” (suo discorso al Consiglio Esecutivo Sionista, 18 febbraio 1943, un anno dopo che il summenzionato Jonathan Beck Chaim Pazner aveva ricevuto notizia, da fonte tedesca,sui progetti nazisti riguardanti gli ebrei).
I sionisti sapevano tutto dal 1942, subito dopo la conferenza di Wannsee, dice l’articolo del Jerusalem Post, informarono inglesi e americani i quali non fecero nulla per salvare gli ebrei. La verità è tutt’altra. I sionisti sapevano tutto da molto prima. Sapevano quello che stava per avvenire agli ebrei non sionisti e lo sapevano perché avevano contribuito, per anni, sia ideologicamente sia praticamente a preparare con i nazisti la “distruzione di tutti gli ebrei d’Europa”, salvo i sionisti ovviamente. Non solo sapevano, degli ebrei non sionisti nei campi a loro importava meno di una mucca in Palestina! Operarono quindi di persona per tenere nascosta la realtà.

Stephen Wise, capo sionista, americano e consigliere di Roosevelt, nel dicembre del 1942, affermò:
“Da alcuni mesi ricevo cablogrammi e informazioni riservate che mi informano di queste cose (lo sterminio, ndt). Sono riuscito, insieme ai capi di altre organizzazioni ebraiche a non fare giungere queste notizie alla stampa” (in Eliyhu Matzozky, ‘The Responses of American Jewry and its Representatives Organizations’, Yeshiva University, app. II).
Dov Joseph, altro caporione dell’Agenzia Ebraica, nel 1944, parlando a giornalisti sionisti in Palestina preoccupati delle notizie provenienti dall’Est Europeo, li mise in guardia contro:
“la pubblicazione di dati che esagerano il numero delle vittime ebraiche, perché se noi annunciamo che milioni di ebrei sono stati massacrati dai nazisti, poi ci chiederanno, a ragione, dove sono i milioni di ebrei per i quali noi rivendichiamo una patria quando la guerra sarà finita” (in Yoav Gelber, ‘Zionist Policy and the Fate of European Jewry’, p. 195).
Potremmo aggiungere la collaborazione diretta dei sionisti nella deportazione degli ebrei non-sionisti in Ucraina, in Romania e in Ungheria dove il caporione della struttura sionista ungherese Rezso Kasztner e i suoi accoliti aiutarono alla deportazione di 400.000 loro correligionari verso i campi, e con questo ottennero di salvare familiari e membri delle organizzazione sioniste (1.600 persone in tutto). Ma è una lunga storia da raccontare per cui rimando ancora una volta al mio libro o a quello di Lenni Brenner. Potremmo aggiungere anche la collaborazione di tipo economico e commerciale tra Nazismo e sionismo. In un decennio, si misero su banche, istituzioni, organismi politici ed economici, trattati commerciali tra Germania e Yushuv (comunità sionista in Palestina), dove sionisti e nazisti operarono con l’obiettivo comune della deportazione, pardon si deve dire ‘emigrazione’, in Palestina degli ebrei tedeschi. Anche qui, troppo spazio ci vorrebbe qui per esporre tutti i fatti ma il lettore trovi il tempo di indagare sul patto commerciale Haava’ara firmato tra nazisti e sionisti ‘socialiti’, sulla International Trade and Investment Agency Bank (INTRIA), sulla Near and Middle East Commercial Corporation (NEMICO) che impegnava i sionisti a cercare soci commerciali per la Germania nazista in Medio Oriente. Vi era la Ha Note’a Ltd che serviva all’acquiso da parte dello Yushuv di prodotti tedeschi. Vi era una società per l’esportazioni di arance dello Yushuv in Germania, via Londra. Un’altra per l’acquisto di armi all’estero, compresa la Germania nazista, ecc ecc.Se si conoscono questi fatti (ovviamente tenuti nascosti), diventa evidente che l’articolo del Jerusalem Post è solo fumo negli occhi per occultare la natura perversa, nazista del sionismo e il suo ruolo nell’olocausto.

2.
Il ricatto

Chiaramente, una volta occultate le responsabilità sioniste, l’articolo diventa un ricatto bello e buono all’Occidente, accusato di aver lasciato compiere la “distruzione di tutti gli ebrei d’Europa”. Ma perché ricattare perfino i loro alleati di oggi? Non è difficile capirlo. Perché essi si sentano sempre obbligati moralmente a sostenere Israele e i suoi piani! La cosa sembra funzionare visto che Gran Bretagna e USA continuano ad essere le colonne portanti dell’appoggio internazionale allo stato sionista, fino al punto di far ammazzare per esso i loro stessi soldati in Iraq e Afghanistan. Oggi anche la destra fascista ha piegato le ginocchia davanti a Israele e si sente moralmente in dovere, come la Germania moderna d’altronde, di inchinarsi al sionismo. L’opinione pubblica occidentale continua ad essere bombardata con l’accusa delle responsabilità dell’Occidente nell’olocausto ed essa accetta e sostiene il coinvolgimento dei suoi governi nel sostegno a Israele e nei suoi crimini. A questo serve l’articolo del Jerusalem Post, assieme ai film sull’olocausto, ai musei dell’olocausto, alle celebrazioni del 27 gennaio, e a tutta la religione dell’olocausto. L’uso dell’olocausto da parte di chi all’olocausto ha partecipato, come hanno fatto i sionisti, è doppiamente vergognoso: perché si usano i morti e perché chi li usa ha le mani sporche del loro sangue.

3.
La religione dell’olocausto

L’articolo dà per scontato che la Conferenza di Wannsee abbia stabilito la “distruzione di tutti gli ebrei d’Europa”. Ma la cosiddetta soluzione finale è veramente questo e non invece una soluzione territoriale?

A tutti coloro, ebrei e goyim alike, destri e sinistri alike, che hanno sempre pronta l’accusa di ‘negazionismo’ per chi osa discutere i caposaldi della religione dell’olocausto, voglio rivolgere l’invito a leggersi il libro 'La soluzione finale', dello storico tedesco non negazionista Hans Mommsen (2002). Nel capitolo 6, ‘La politica dei trasferimenti e la soluzione territoriale della questione ebraica’, lo storico ribadisce la collaborazione dei nazisti con i sionisti per il trasferimento degli ebrei tedeschi in Palestina. Momsen scrive:
“negli anni dopo il 1933 non erano mancati, soprattutto grazie all’accordo di Hava’ara favorito da Hjalmar Schacht, i segnali che facevano pensare ad una politica migratoria abbastanza costruttiva” (p. 95).
Quando i nazisti si accorsero della resistenza degli arabi (possibili futuri alleati nella guerra contro i britannici) alla creazione di uno stato ebraico in Palestina, denunciarono l’accordo di Hava’ara e si volsero ad un altro tipo di soluzione migratoria. A Hjalmar Schacht fu chiesto dal regime di intavolare a Londra trattative con il famoso comitato Rublee.
“L’accordo negoziato nella capitale inglese prevedeva la progressiva sistemazione nel giro di 5 anni, nei paesi disposti ad accoglierli ma ancora da definire, di 150.000 ebrei, che a loro volta avrebbero potuto farsi raggiungere da non più di 250.000 familiari” (p. 96)
Emigrazione ancora, non sterminio! Verso paesi da definire assieme a GB, USA e Francia. L’accordo che riguardava la quasi totalità degli ebrei tedeschi non andò in porto. Con la guerra e la conquista della Polonia e della Francia, non fu più possibile continuare le trattative e questa prospettiva svanì. Ci fu allora
“una discussione in seno al Consiglio ministeriale per la difesa del Reich e, due giorni dopo, da un incontro con i capi della polizia di sicurezza nel corso del quale si parlò dell’espulsione degli ebrei dal territorio del Reich nel giro di un anno. In quel periodo Heydrich aveva in mente la creazione di una «riserva per gli ebrei» nella regione di Cracovia e, poco dopo, in quella parte del territorio polacco che l’Unione Sovietica aveva restituito in cambio degli stati baltici” (p. 101).
Ci fu anche una prima deportazione di ebrei viennesi in quella regione (piano Nisko) ma ben presto si presentò una nuova e più interessante prospettiva. Con la collaborazione fattiva tra nazisti e regime di Vichy si prospettò la possibilità di deportare gli ebrei tedeschi e quelli, molto più numerosi dei paesi conquistati, verso le colonie della Francia, in particolare il Madagascar. Questo piano aveva per i nazisti due vantaggi, da una parte permetteva di destinare i territori di Cracovia e Lublino, non più agli ebrei ma ai tedeschi espulsi dai russi dai paesi baltici, dall’altro estirpava gli ebrei dall’Europa e li spediva molto lontano, in Africa e per giunta su un’isola.
“In agosto (1940), a conclusione di un colloquio che ebbe con Hitler, Goebbels annotò nel suo diario: «Vogliamo spedire gli ebrei in Madagascar: lì potranno dare vita a un loro stato».
Anticipando il piano Madagascar, tra luglio e settembre 1940, 25.000 cittadini francesi, tra cui un gran numero di ebrei, vennero espulsi, con l’esplicito consenso di Hitler, dall’Alsazia-Lorena nella parte non occupata del paese, dove, tra il 22 e 23 ottobre, vennero raggiunti da 6.502 ebrei a loro volta deportati dal Baden e dal Saar-Palatinato” (p. 110). Se il piano era fin dall’inizio lo sterminio, queste espulsioni non si spiegano.

Ma per portare milioni di ebrei in Madagascar occorreva il permesso della Gran Bretagna che con la sua flotta controllava gli oceani e questo permesso Churchill non lo accordò mai.
“Il rifiuto che Londra oppose alle dubbie [perché mai dovevano essere dubbie? ndt] offerte di pace di Hitler e la sconfitta patita dai tedeschi nei cieli inglesi resero inattuale, almeno a breve termine, il piano Madagascar, la cui realizzazione presupponeva ovviamente il controllo delle rotte marittime” (p. 110).
Fallita anche questa possibilità e nel frattempo iniziata l’aggressione all’Unione Sovietica si pensò di deportare, ma dopo la guerra e la sconfitta di Stalin (allora data per certa non solo dai nazisti), tutti gli ebrei europei oltre gli Urali. La conferenza di Wannsee non fu affatto la sanzione dell’olocausto ebraico. Essa rimane sempre nell’ambito di una “soluzione finale territoriale”. Le chiacchiere sioniste contenute al riguardo nell’articolo del Jerusalem Post non devono ingannarci. Su Wannsee, Mommsen dice e non dice, anzi dice due cose contraddittorie.
“Si è spesso voluto ravvisare nella conferenza di Wannsee il decisivo via libera all’implementazione dell’Olocausto, se non addirittura una cospirazione delle élite di potere, ma essa, in realtà, costituì tutt’al più un ulteriore passo compiuto nella direzione dello sterminio ed ebbe soprattutto la funzione di indurre le amministrazioni interessate ad accettare l’estensione, reclamata da Heydrich in considerazione della situazione venutasi a creare nell’Europa orientale, del concetto di ebreo così come era stato definito dalle leggi di Norimberga” (p. 166).
La frase di Momsen è un capolavoro di contorsioni. Il tema è delicato e si rischia di farsi accusare di essere un ‘negazionista’ con immancabile ostracismo, perdita del posto di lavoro, processo e prigione, come è successo a Faurisson. Cosa dice Mommsen?

Vediamo con attenzione:
1) la conferenza di Wannsee non è “il decisivo via libera all’implementazione dell’Olocausto” come qualcuno (gli storici filoebraici o sionisti) hanno voluto ravvisare.
2) Essa rappresenta “tutt’al più un ulteriore passo compiuto nella direzione dello sterminio”
3) Essa “ebbe soprattutto la funzione di indurre le amministrazioni interessate ad accettare l’estensione del concetto di ebreo così come era stato definito dalle leggi di Norimberga”. In altre parole, un gerarca nazista, Heydrich cercava a Wannsee di estendere il concetto di ebreo ai «messi ebrei», cioè ai figli di un ebreo e di una non-ebrea (shiksa) o di un non-ebreo (goy) con una ebrea. Ma Heydrich riuscì nel suo scopo? Mommsen dice che su questo punto
“egli si scontrò con la decisa opposizione del rappresentante del ministero degli interni, il segretario di Stato Wilhelm Stuckart, il quale, rifacendosi a Hitler, prese posizione contro l’indiscriminata inclusione dei «mezzi ebrei» tra quanti dovevano essere deportati e contro il peggioramento dello status dei «misti di secondo grado»” (p. 166)
cioè i tedeschi che avevano un nonno ebreo o una nonna ebrea.
“Anche un’altra conferenza che si tenne poco dopo (6 marzo 1942) non consentì di comporre le divergenze esistenti al riguardo, soprattutto perché Stuckart sapeva di avere dietro di sé Hitler, il quale, almeno pubblicamente, non voleva rinunciare al sistema normativo fondato sulle leggi di Norimberga” (p. 166)


Il mancato peggioramento dello status dei «mezzi ebrei», che non dovevano essere nemmeno deportati, e dei «misti di secondo grado», a cui si opponeva Hitler smentisce di fatto l’affermazione precedente (già molto ambigua di per sé) di Mommsen del “tutt’al più un ulteriore passo compiuto nella direzione dello sterminio”. Un passo indietro semmai! E poi in cosa consiste quest’ulterore passo? Mommsen non dice né altri storici compiacenti sanno dirlo. Un poco oltre Mommsen, con molta prudenza, data la spada di Damocle incombente della prigione per ‘negazionismo’, afferma proprio il contrario:
“La presa di posizione di Heyndrich in occasione della conferenza di Wannsee lascia intendere [si noti l’eufemismo prudenziale, ndt] che ancora non esisteva, per la soluzione finale, un piano complessivo suscettibile di concreta applicazione, e non esistevano nemmeno i presupposti tecnici (…) per la realizzazione di un progetto che dava l’impressione [altro eufemismo prudenziale, ndt] di essere essenzialmente utopico” (p. 168).
Riguardo ai discorsi di Hitler circa la “distruzione della razza ebraica in Europa” (ad esempio il discorso tenuto davanti al Reichstag, 30 gennaio 1939) e alla politica del partito nazista, lo storico Momsen scrive:
“Sarebbe sbagliato ricavare da una simile affermazione, sebbene anche in seguito più volte ripetuta da Hitler, una precisa e diretta volontà di sterminio. In realtà, essa venne fatta nel contesto della conferenza di Évian e degli sforzi, all’epoca ancora in corso, che mediante le trattative con il comitato Rublee si stavano compiendo per indurre le potenze occidentali a finanziare l’emigrazione ebraica” (p. 94).
Gli sforzi fallirono e in seguito, durante la guerra, fino al dicembre 1944, la Germania, accanto alla politica dei trasferimenti, cercò di vendere gli ebrei alle potenze occidentali in cambio di denari o dei famosi 10 mila camion che i nazisti contavano di usare sul fronte orientale per cercare di contrastare l’offensiva sovietica. Gli alleati rifiutarono sempre.

Ancora Mommsen su Hitler:
“Le prese di posizione di Hitler in merito all’intera questione davano di norma l’idea di una soluzione finale [territoriale e non sterminazionista, ndt] della questione ebraica da collocare solo nel futuro” (p. 169).
Non ci furono quindi ordini diretti e scritti di Hitler che promossero lo sterminio fisico degli ebrei.Uno degli obiettivi della religione dell’olocausto è sempre stato quello di presentare la politica di soluzione territoriale della questione ebraica dei nazisti come sterminio fisico degli ebrei e Wannsee come il punto centrale di questa politica. I sionisti hanno anche insistito sul cosiddetto ordine scritto di Hitler sullo sterminio fisico. Mommsen, che non si dichiara negazionista, né è accusato di esserlo, sembra su questi punti dare ragione a Faurisson e agli altri ‘negazionisti’. Notiamo che Mommsen, che crede nell’esistenza delle camere a gas, non si sforza di portare la minima prova, dando per scontato che esse siano esistite e lasciando l’onere della dimostrazione ad altri. Lo storico tedesco però ci spiega che molti ebrei furono assassinati dai lettoni, lituani, estoni, polacchi o ucraini prima che le truppe tedesche entrassero nei loro paesi e subito dopo che l’esercito sovietico si era ritirato.
Vogliamo forse dimostrare che il giudeicidio non ci sia mai stato? No!

Molti ebrei sono stati uccisi nell’Est Europeo durante la guerra. Non lo si può negare. Ma la visione sionista della religione dell’olocausto è un’accozzaglia di reticenze e di menzogne. L'idea centrale non ha niente a che fare con il giudeicidio reale. La religione dell’olocausto si fonda sull’idea che il nazismo non cercava una soluzione territoriale ma una soluzione sterminazionista, e da subito. Per i sionisti è importante imporre al mondo l’idea che i nazisti abbiano incarnato nel modo più coerente ed estremo l’odio eterno che tutti i goyim hanno irrimediabilmente (come se fosse nel loro DNA) per tutti gli ebrei, indipendentemente da come essi agiscano e se siano assimilazionisti o meno. Così si spiega l’accusa rivolta anche a inglesi e americani (e agli altri) di aver assistito alla distruzione di “tutti gli ebrei” senza muovere un dito. Tutti i goyim sono responsabili! Così si spiega anche la centralità che i sionisti e i loro amici danno all’esistenza delle camere a gas. L'esistenza delle camere a gas proverebbe che non si voleva una soluzione territoriale ma si voleva uccidere e uccidere tutti gli ebrei e, sottinteso, solo gli ebrei. Non ci sono prove certe dell’esistenza delle camere a gas. Non ne sono state trovate, quelle che sono state additate come tali in realtà erano altro. Il libro di Mommsen, se letto attentamente, sottolinea soprattutto la morte e l’uccisione di ebrei sui campi di battaglia in Russia, nei rastrellamenti e nelle esecuzioni seguite alla guerra di resistenza nei territori occupati, nei campi di lavoro dove le condizioni imposte da uno sfruttamento micidiale all’interno di uno sforzo produttivo sempre più disperato man mano che la vittoria sull’Unione Sovietica si allontanava divennero ben presto esiziali, nei campi di concentramento dove la vita (alimentazione, igiene, ecc.) peggiorava parallelamente al peggiorare della vita degli stessi civili tedeschi nelle città bombardate). Non si può pensare che ai deportati dei campi il Reich potesse riservare condizioni di vita migliori di quelle riservate ai civili tedeschi. In questo modo molti ebrei morirono, nella violenza della guerra, nelle repressioni della guerra partigiana (repressioni di cui i nazisti si sono macchiati anche in Italia, Grecia, Iugoslavia, Francia, Polonia, ecc), a causa dello sfruttamento disumano nei campi di lavoro, a causa di infezioni, malattie, epidemie, scarsa alimentazione, ecc. Questa è stata la tragica conseguenza di un’ideologia che propugnava la separazione delle razze e la costituzione di stati razzisticamente puri. I nazisti potevano, ancora senza troppi danni, gestire (in accordo con i sionisti) una simile politica di separazione razziale in Germania, dove gli ebrei erano poche centinaia di migliaia. Quando, con la conquista della Polonia e di gran parte della Russia, gli ebrei sotto dominazione tedesca divennero circa 10 milioni, la politica della separazione delle razze divenne un inferno. La separazione delle razze era la concezione nazista ma anche quella dei sionisti. Il nazismo è morto, il sionismo sopravvive e continua a espellere i palestinesi dalla Palestina per fare di questo paese uno stato per soli ebrei, Israele. Questa filiazione comune, ce la vogliono fare dimenticare, ma noi non ci stancheremo di ribadirla.

Nei campi di lavoro e di concentramento, nelle rappresaglie, nelle esecuzioni morirono altrettanti polacchi, europei dell’Est e dell’Ovest, e morirono soprattutto milioni e milioni di prigionieri sovietici. Di questi, oggi, poco si parla: vite cancellate dalla religione dell’olocausto, sacrificate al concetto di superiorità del ‘popolo eletto’, altro concetto centrale della religione dell’olocausto. Si pensi che nelle rappresaglie, nelle fucilazioni (per esempio a Cefalonia), nei campi, morirono per mano di nazisti meno ebrei italiani che italiani non-ebrei (ufficiali, soldati, renitenti alla leva deportati, carabinieri, partigiani e loro sostenitori uccisi sul posto o deportati e morti nei campi, mano d’opera reclutata in modo forzoso, civili nelle regioni dove operavano i partigiani, comunisti, liberali, anche dei fascisti, cattolici, suore, preti, perfino un membro della famiglia Savoia. E anche italiani che hanno pagato con la deportazione e la morte il loro umanitario tentativo di soccorrere e nascondere degli ebrei. La religione dell’olocausto ha ucciso costoro una seconda volta. Nessun museo dell’olocausto per loro. Sembrerebbe invece che nella Seconda Guerra Mondiale i tedeschi abbiano deportato dall’Italia o ucciso solo degli ebrei (7.000 in tutto di cui 1.000 sopravvissuti).

Oggi i nostri politici di destra e di sinistra, in particolare l’odioso ‘sionistro’ Veltroni, fanno a gara per recarsi in pellegrinaggio allo Yad Vashem, ad Auschwitz, a promuovere film sullo sterminio dei (soli) ebrei, a fondare musei olocaustici.

Per tenere sotto controllo i goyim e gli stessi ebrei, i promotori di questa nuova religione, fanno del nazismo, che era già pessimo di per sé (a causa tra l’altro della sua concezione razziale, che però i sionisti condividevano e condividono) qualcosa di molto peggiore di quello che effettivamente era quando i sionisti pensarono bene di collaborare con esso. Contemporaneamente nascondono o negano (che siano loro i veri ‘negazionisti’?) il loro ruolo nel giudeicidio e il loro tradimento degli ebrei assimilazionisti (il 90% di tutti gli ebrei di allora). Vogliono promuovere (attraverso le esagerazioni, le demonizzazioni e i ricatti) il senso di colpa dell’Occidente, di cui desiderano poi approfittare per incassare dividendi economici e sostegni politici. I dividendi economici sono in particolare i ‘risarcimenti’ (io direi estorsioni) dalla Germania e dalle banche svizzere per ‘i sopravvissuti dell’olocausto’(in realtà andati a Israele e alla lobby ebraica USA) e gli aiuti economico/militari a Israele da parte americana. I sostegni politici sono l’influenza mondiale derivante dallo status di vittima e la mano libera per distruggere i palestinesi e occupare tutta la Palestina. Sono anche le guerre mediorientali che USA, Occidente e Nato conducono per conto dello stato ebraico, ovviamente ‘sempre minacciato’.

I sionisti non sono migliori di nessuno, nemmeno dei nazisti.
Con tutti i loro articoli e i loro film non riusciranno ad ingannare ancora a lungo il mondo che è sempre più stanco delle loro manovre e delle loro prepotenze.

mauro manno
18 novembre 2007