sabato 29 settembre 2007

Blondet: Sulla visita in America di Ahmadinejad

Versione 1.2

Con cortese autorizzazione pubblico di seguito uno spendido articolo di Maurizio Blondet che si raccorda perfettamente con il mio precedente post, dove analizzo le azioni della Israel Lobby italiana, che dalle colonne di “Informazione Corretta” e con l’assistenza spirituale del parroco “ateo devoto” monsignor Giuliano Ferrara da anni sponsorizza attacchi di ogni genere contro un paese riconosciuto dall’Italia, cioè l’Iran, contro il quale senza troppi misteri si spinge ad una nuova guerra. Il pretesto dichiarato, come già per la guerra contro l’Iraq, è la questione dell
’atomica, che Israele possiede da decenni senza che nessuno batta mai ciglio. Anzi, vige la riguardo il silenzio diplomatico ed il più rigoroso silenzio stampa. La parte iniziale del libro di Mearsheimer e Walt offre un’accurata informazione sull’incredibile fornitura di armamenti di cui gli USA hanno dotato Israele. La novità del libro consiste nella spiegazione che ciò non corrisponde a nessun interesse strategico degli USA, ma è soltanto il risultato di quella azione di lobbying che risulta anche dallarticolo di Blondet. In pratica, gli USA e la loro politica nel mondo è prigioniera di una Lobby irresponsabile, che da mezzo secolo mantiene uno stato di guerra permanente in una zona cruciale del pianeta.

Un confronto si impone fra il rettore americano ed il rettore teramano: l
’uno in omaggio alla libertà americana di parola non ha avuto esitazioni ad invitare il diavolo in persona, cioè il presidente iraniano; il rettore teramano ha invece pensato di chiudere i battenti dell’università con la patetica scusa di un ordine pubblica che avrebbe avuto il dovere di mantenere facendo ricorso alla forza pubblica, se fosse stato davvero minacciato. Come a dire che in questo Paese non posso celebrarsi neppure i processi, se una ristretta ed arrogante Lobby lo reclama. Una vicenda penosa di cui è ormai tempo per una meditata analisi, distinguendo le diverse forme di responsabilità e non escludendo un più o meno consapevole avventurismo e sensazionalismo da parte dei registi.
A.C.


Che figura!

Maurizio Blondet
26/09/2007
Fonte
Ahmadinejad sul palco della Columbia University

NEW YORK - Il giorno dopo Ahmadinejad, in USA: titoli bassi sui giornali. Levento relegato alle pagine interne, o in coda ai TG. I commenti della grandi firme, imbarazzati, in tono minore. Io non cero; ma a giudicare dai commenti e dalla laconicità dei resoconti, i grandi media americani sono assaliti dal dubbio: aver fatto una figura del Katz. Traditi dalla frenesia di superarsi in zelo per Sion, di mostrare che, per amore di Israele, sono pronti ad esagerare e a diventare infantili. A cominciare dal povero rettore della Columbia University, Lee Bollinger.
Ha avuto lui lincauta idea di invitare Ahmadinejad a risponder alle domande degli studenti; si trattava di dimostrare la superiore libertà di parola americana (free speech). Una pioggia di furenti deplorazioni, telefonate e minacce esplicite deve avergli fatto passare le notti più insonni della sua placida vita di professore.

I titoli dei giornali («Il Male è atterrato», New York Post), ma soprattutto la folla rumoreggiante davanti alluniversità («Altro che farlo parlare, arrestatelo!», «LIran finanzia Hamas», «Terrorista» «Hitler»): e specialmente il fatto - che le TV non hanno potuto nascondere - che quegli «studenti e comuni cittadini» ostili portavano quasi tutti la kippà e sventolavano bandiere con la stella di David. Per un rettore americano, questo significa una cosa chiara: puoi dare addio ai finanziamenti, alle donazioni, ai grants e borse di studio di cui vive lateneo. I munifici donatori, i mecenati, i ricchi generosi con la cultura, nella città più giudaica del mondo, non ti daranno più un centesimo. Hai chiuso. Il povero Bollinger ha pensato di rimediare: sì, ho invitato il Mostro, ma solo per cantargli in faccia il fatto suo.

E così, Ahmadinejad non sera ancora seduto sulla poltrona del dibattito, che il povero professore gli ha detto: «Signor presidente, lei esibisce tutti i segni di un crudele dittatorello (a petty and cruel dictator). Perché è così spaventato che cittadini iraniani esprimano le loro opinione per il cambiamento? Francamente, in tutta schiettezza, io dubito che abbia il coraggio intellettuale di rispondere a tali domande. Quando uno come lei viene in un posto come questo, si rende semplicemente ridicolo: è sfacciatamente provocatorio o sorprendentemente maleducato». Così tutto dun fiato, prima che laltro avesse emesso una sola parola. Applausi isterici dagli «studenti» in kippà: bene! Così parla lOccidente!...

Ahmadinejad ha risposto.

Calcando le parole: «In Iran, la tradizione esige che quando si invita una persona a tenere un discorso, rispettiamo i nostri studenti abbastanza da consentire loro di formarsi un proprio giudizio da sé, e non riteniamo necessario uscire con una serie di critiche ancor prima che il discorso venga pronunciato, per vaccinarli preventivamente. Tuttavia non voglio cominciare rispondendo a questo comportamento insultante». Per soccorrere il povero rettore che sera preso del grossolano maleducato dal Mostro, è intervenuto il vice-rettore John Coatsworth, che doveva fare il moderatore: con un occhio alla platea in kippà e alle donazioni in pericolo, ha posto al nuovo Hitler una domanda secca: «E' vero che lei e il suo governo perseguono la distruzione dello Stato di Israele?» (Ah, stavolta lho messo in trappola: egli confesserà, come i colpevoli nei telefilm di Perry Mason, e i fondi sono salvi).

Ahmadinejad: «Noi amiamo ogni persona. Noi siamo amici degli ebrei. Ci sono molti ebrei che vivono tranquilli in Iran» (vero, hanno anche seggi al parlamento); per esempio, pensiamo che la nazione palestinese dovrebbe poter decidere il proprio futuro con referendum». Coatsworth, proprio come Perry Mason davanti a un colpevole sfuggente: «Risponda con un semplice sì o no, prego».
Ahmadinejad: «Lei fa le domande ed esige la risposta che vuol sentire. Io le chiedo: la questione palestinese è di importanza internazionale? Mi risponda con un semplice sì o no». E tutto è andato avanti così. Il reporter della CBS, voglioso di mostrare il suo zelo per Katz: «Signore, il popolo americano sa che il suo Paese è uno Stato terrorista, che esporta il terrorismo nel mondo. Doveva capire che visitare il sito del World Trade Center avrebbe fatto infuriare gli americani».
Ahmadinejad: «Mi meraviglio. Come può parlare per lintera nazione americana? Lei è un giornalista, rappresenta la stampa. Il popolo americano conta 300 milioni di persone. Ci sono punti di vista diversi là fuori». Lei non vuole riconoscere Israele, insiste un altro (guarda, Giuda, come ti difendo).
«Noi non riconosciamo un regime basato sulla discriminazione e lespansionismo. Quel Paese ha aggredito la Siria la settimana scorsa e il Libano un anno fa». Lei nega lolocausto! (Sion, prendi nota, io lotto per te!), grida un altro.
Ahmadinejad risponde che la faccenda richiede «ulteriore ricerca», e che comunque, perché devono essere i palestinesi a pagare il prezzo di un fatto accaduto in Europa? Vorrei, aggiunge, «una risposta chiara». Silenzio.


Ahmadinejad sul palco davanti a centinaia di studenti


Lei è nemico dellAmerica, voi odiate la nostra libertà!
«Noi siamo contrari ai metodi con cui il governo USA cerca di dominare il mondo; ci sono metodi più umani per stabilire la pace». Voi fornite armi ai terroristi iracheni, «ciò è provato oltre ogni dubbio», strilla quello della CBS, desideroso di recuperare: «Perché non smette di negare che vi state costruendo la bomba atomica?» (adesso vedrete, Hitler crolla e confessa, come il cattivo dei telefilm). Ahmadinejad sottolinea che lIran, come membro della International Atomic Energy Agency, ha il diritto di darsi un programma nucleare «legale e pacifico». «Perché una nazione dovrebbe dipendere da unaltra per la tecnologia?». «Perché dovremmo metterci in condizione di aspettare il combustibile nucleare da voi? Non ci date nemmeno i pezzi di ricambio degli aerei…». E gli USA si stanno facendo atomiche di quinta generazione: «Perché? Contano di aumentare il benessere e la felicità collettiva con le nuove bombe? Anche lentità sionista ha centinaia di bombe atomiche. Non le sarà di aiuto. Il tempo delle bombe è passato… dovreste spendere il denaro per il vostro popolo».

I nostri due Paesi stanno andando verso la guerra… «Quali due paesi stanno andando alla guerra?». Quello della CBS, interdetto: «Iran, USA, lOccidente, questa settimana la Francia…». «Mi rincresce dire che non ha letto le ultime notizie. E sbagliato pensare che lIran vada alla guerra con gli USA. Chi lo dice? Perché dovremmo andare in guerra? … Se ci sono divergenze fra noi, si può usare la logica per risolverle». Ma ora anche la Francia…«La Francia è una società molto civile e colta, non appoggia la guerra». Ma Kouchner… «Deve raggiungere una maggiore maturità». Tutto così di seguito.

Ancor peggio lintervista preparata dalla CBS per il suo «60 minuti». Fra le domande «cattive» dellanchorman John Pelley va segnalata questa: «Mentre il suo aereo scendeva verso Manhattan, lei ha potuto vedere il World Trade Center azzerato. Signor presidente, molti americani pensano che lei ha guardato dal finestrino e si è detto: “Bene, qualcuno gli ha dato una lezione”». (Che ne dici, Sion? Non è questo il giornalismo che vuoi da noi? E tutto per amor tuo!).

Ahmadinejad: «Beh, questa è buona. Lei non dovrebbe parlare a nome del popolo americano. Io posso parlare a nome del popolo iraniano, ma lei non può parlare al posto degli americani come popolo. […] Il nostro governo allora ha espresso la sua condanna. Abbiamo fatto un comunicato ufficiale di condanna dellattentato. […] Il popolo americano ancora non sa chi era dietro lattacco alle Twin Towers. Sono stati scritti molti libri sulla cosa, e circolano domande nella vostra società. Non vedo perchè lei dice continuamente “il popolo americano”. Ho gli ultimi sondaggi: l’80% del popolo americano sostiene che il governo americano aveva conoscenza dellattacco prima che avvenisse». Non crederà a questo, annaspa Pelley.
«Non sto facendo unaffermazione mia. […] Chi ha creato le prigioni segrete in Europa? Non lo sa, lei? Eppure sono stati rivelati i documenti. Perché allestiscono prigioni segrete? Se il diritto consente di fare queste prigioni, fatele: ma perché questa segretezza? Emolto chiaro».


Proteste furenti al di fuori della Columbia

Cosa hanno pensato i giornalisti uscendo dall'incontro?
«Oddio, questo parla. Avevano ragione i kippà: non bisogna farlo parlare. Non gli abbiamo fatto le domande giuste, e questo è astuto, evasivo quando serve, articolato. Nel nostro scontro di civiltà, non saremo stati noi gli incivili?
Ha fatto ridere tutti quando ha detto che in Iran non ci sono omosessuali. Però dài, possibile che dobbiamo fare dei diritti gay la bandiera dell
Occidente?
Saremo piaciuti a Giuda? Mi sa di no, ho paura. Ma anche loro però, ci hanno tirato per la giacchetta… Ci hanno fatto esagerare. Abbiamo fatto una figura del Katz. Certo il rettore Bollinger è stato orribilmente grossolano.
Puerile, anche.
Cretino. Ha rovinato tutto.
D'accordo, ma è stato minacciato.
Gli hanno forzato la mano.
E poi Ahmadinejad mica è tanto importante. In fondo, in Iran, mica comanda lui: comandano gli ayatollah.
Teniamolo basso, sul giornale. Pagine interne
».

Non sono fantasie nostre, queste.
E quel che si desume dai titoli del New York Times: «Gli iraniani dicono che lattenzione con cui il loro presidente è trattato in USA esagera lestensione del suo potere in patria» (Michael Slackman, «US focus on Ahmadinejad puzzles iranians»). Più leditoriale del New York Times: «Costerna il comportamento di certi rappresentanti democraticamente eletti a New York che hanno minacciato la Columbia University per aver invitato a parlare il presidente iraniano» (Editorial: «Mr. Ahmadinejad speaks»).
Un colpetto alle teste di Katz, con le loro bandierine israeliane.

Maurizio Blondet
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Diversi modi di vedere:
l’uomo è misura di tutte le cose
e perfino a seconda dei momenti e delle convenienze

RASSEGNA STAMPA COMMENTATA
della “corretta" Rassegna Stampa
di «Informazione Corretta!

1. Un incredibile commento. Ecco un commento ipocrita quanto Giuda Iscariota: « riportiamo il servizio di Alessandra Farkas sulla possibile visita alla Columbia University di Ahmadinejad. A noi piacerebbe che la cosa finisse così: A) che l'invito venga mantenuto B) che Ahmadinejad ci vada C) che non si presenti nessuno nella sala.» E perché loro, cioè la Israel Lobby di Informazione Corretta in un caso simile e meno significativo si è comportata diversamente, quando un innocuo signore di anni 80 (Robert Faurisson) avrebbe dovuto parlare in una sperduta università di provincia, come Teramo, dove alquanto incautamente era stato invitato senza essere in grado di assicurarne l’incolumità fisica e morale? Sappiamo dall’articolo di Blondet come le cose sono poi andate effettivamente. A breve commento dell’articolo apparso sul Corriere della Sera a firma Farkas si può dire: “c’è del marcio nel regno di Danimarca!” I commenti di I.C. sono anonimi, ma nondimeno io riesco ad immaginarne i personaggi. Ed è meglio così. Preferiamo fustigare i peccati anziché i peccatori. Non così fanno però i C.I. che indicano alle pubbliche carezze (o innocenti “cinquine") quanti hanno il peccato originale di non essere del loro corretto ed eletto avviso.

2. La favola del lupo e dell’agnello. Se dovessimo e potessimo fare un censimento della Israel Lobby insediata nelle redazioni dei giornali italiani, basta prendere nota degli autori degli articoli che ottengono il plauso dei Corretti Informatori. Dopo l’articolo illuminante di Maurizio Blondet possiamo toccare con mano la massima del filosofo antico Protragora: “l’uomo è misura di tutte le cose: di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono”. Da parte di chi si costituisce come Lobby sarebbe quanto mai ingenuo aspettarsi un’analisi volta alla pura e non preconcetta ricerca della verità. Perché ce ne occupiano dunque, perdendo il nostro prezioso tempo? I nostri nemici vanno riconosciuti ed individuati per tempo, se non vogliamo fare un brutto risveglio. Esilarante è il commento secondo cui alla Columbia Università dopo il presidente iraniano dovrebbe venire invitato un esponente israeliano. Si vuol dare così ad intendere che gli esponenti israeliano abbiano in America difficoltà ad ottenere la parola: una enormità che è un autentico insulto all’intelligenza di di ha un minimo di informazione su quella che coralmente è definità la Lobby di maggior successo e potere negli Usa, cioè la Israel o ebraica lobby che dir si voglia. I commentatori che seguono fanno soltanto capire non il fatto o il problema, ma la parte dove gli stessi commentatori sono schierati. E lo dico anche per Renato Brunetta, del quale ancora aspetto una risposta: da tesserato a tesserato di Forza Italia, per quello che ciò possa contare in questo nostro magnifico paese, culla del diritto e del suo contrario. Molinari è il tipo giornalista che parte con l’abbigliamento: «completo grigio chiaro, camicia bianca…», ossia notazioni adatte al suo livello mentale, dal quale è vano sperare illuminazioni sulle profondità metafisiche dell’essere. Quanto per scrivere il pezzo e portare a casa lo stipendio. Rashid Khalidi, rubricato fra i “propagandisti dell’odio antisraeliano” – categoria concettuale appositamente costruita dai servizi bellici-ideologici israeliani, soprattutto per colpire gli stessi ebrei non allineati – tocca la verità evidenziata nell’articolo di Blondet, ma che negli articoli qui “rassegnati” da I.C. si tenta di smussare e rovesciare nel suo opposto. Interessante l’intervista al campione di Israele, Alain Dershowitz, l’avversario di Norman Finklestein. Emergono alcuni dati un po’ diversi da quelli che si leggono nella ricostruzione a distanza fatta da Blondet: 1°) La Columbia Università nonché il suo rettore e vicerettore sarebbero dei fans di Ahmadinejad. Se i testi delle domande e risposte riportati da Blondet non sono una mera invenzione, non ci può trovare qui trovare d’accordo neppure nelle più banali verità di fatto. Povera Verità! 2°) La sala ha appludito e non già solo fischiato. Altrove si legge che erano stati dati via internet 600 biglietti gratis, che poi sono stati rivenduti. Altro che sala vuota! Era questo il pio desiderio dell’anonimo commentatore di I.C. Ma allora chi c’era in sala? Un pubblico addomesticato? Tutti ebrei o anche non ebrei? E non è vero che il rettore teme per i fondi che gli possono venire tagliati proprio dalla Israel Lobby? La faziosità vi è stata, ma la si trova nelle domande grossolanamente faziose che rettore e vicerettore hanno fatto al presidente iraniano, pur sempre un capo di Stato. Proprio è difficile capire il contorsionismo mentale del campione d’Israele che vede tutto all’incontrario la faziosità di cui parla. Esilarante quanto il nostro campione dice sulla libertà di espressione, che nella sistematica omologazione dei mass media tende a schiacciare sistematicamente ogni opinione diversa o non favorevole alla Israel Lobby. 4°) Il nostro campione sembra indirettamente confermare il resoconto dato da Blondet: gli avversari del presidente iraniano hanno fatto davvero una figuraccia, cui appunto stanno ora tentando di occultare con una falsa informazione e con commenti distorcenti, nei quali la nostrana I.C. si distingue in modo eccellente.

Compare infine il tema dellaq guerra, fortemente agognata dalla Israel Lobby americana e nostrana, lungamente preparata in ogni angolo d’Occidente dove la Lobby esercita una qualsiasi influenza e capacità di pressione e condizionamento, ma di cui non ci si vuole assumere la premeditata responsabilità. L’eterna favola del lupo e dell’agnello. È un grande segno di civiltà e di patriottismo il fatto che la guerra all’Iran non la vogliano neppure i più accaniti oppositori dell’attuale presidente iraniano. È una lezione di moralità per quanti in ogni paese e in ogni tempo con l’ideologia della resistenza e della liberazione hanno marciato con il nemico contro la loro patria, per un compenso di trenta danari che oggi può significare la costituzione di un nuovo regime asservito al vincitore ed il cui governo viene saldamente posto nelle mani di quelli che in tempi di minore sofisticazione linguistica si chiamavano semplicemente traditori. No! Gli oppositori iraniani non ci stanno a veder trasformato il loro paese in un nuovo Iraq o Afghanistan. Non sono così sciocchi da cadere nel gioco della pelosa carità della Israel Lobby. All’amico di partito Brunetta, che altre volte ho qualificato come persona intelligente, vorrei dire – se mai legge queste righe – che per prima cosa si preoccupi dell’atomica di Israele, di cui nessuno parla, e solo dopo si preoccupi delle atomiche altrui, vere o presunte. Con la bugia dell’atomica iraquena ci siamo anche noi trovati in guerra. Sarebbe ora di smetterla con questo stucchevole argomento e di ricordare che l’Italia che neppure sa rispettare quella costituzione che più o meno liberamente si è data: l’Italia puà conoscere solo politiche di pace ed ha escluso dal suo ordinamento costituzionale ogni ricorso diretto o indiretto alla guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionale. Se proprio vuole la guerra, la lasci fare agli USA che l’hanno sempre fatta e lasci fuori l’Italia. Altrimenti, io in guerra ci mando lui, la sua famiglia ed i suoi compari di I.C.

3. Un buffo articolo che non sa di nulla. Tra le verità e falsità dell’informazione cartacea o digitale è un buon metodo riunire insieme quante più versioni possibili di una stessa notizia e quindi metterle a confronto: qualche volta si scopre la verità, o almeno una sua parte. Risulta così ad esempio l’insipienza e faziosità di un testo come quello di Dimitri Buffa, personaggio alquanto vicino ai “Corretti Informatori”, alle cui corde batte per perfetta sintonia. L’articolo ruota sul nulla ed in definitiva subisce lo smacco per la linea della demonizzazione assoluta di un personaggio, che invece acquista dignità e dimensione umana appena lo si lascia parlare. Malgrado le intenzioni del rettore columbiano fossero quelle illustrate da Blondet, sia il rettore sia il suo vice sono rimasti avviluppati nella trappola che avevano pensato di imbastire contro il loro ospite. Personaggi come Buffa devono arrampicarsi sugli specchi per far passare le loro “corrette” veline di lettura di quella abituale manipolazione delle informazioni con cui il popolo italiano è sistematicamente gabbato per fiunta da giornali, come l’Opinione, che vivono con i soldi dei contribuenti. La classificazione dei tipi di informazioni è utile per una mappatura delle Lobbies che tentano con maggiore o minore successo di influenzare i comportamenti e gli orientamenti politici di cittadini ed elettori.


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