venerdì 16 dicembre 2011

L’autore ebreo anti-sionista Stephen Lendman premiato per “migliore giornalismo di inchiesta” - Ecco un suo articolo sulla Palestina occupata


Come tutti sappiamo, esistono due comunità distinte di giornalismo nel mondo. Da una parte troviamo l’industria della propaganda di massa, con la catena di montaggio per assemblare i messaggi del potere, che formano l’apparato della disinformazione pubblica. Conosciamo bene i suoi addetti: definirli “giornalisti” è un insulto alla categoria. Ogni giorno invadono le nostre vite, bombardando le menti dei cittadini distratti con versioni fraudolente di quanto succede nel mondo e in casa nostra. Sono i “mercenari della stampa”, i “terroristi dell’informazione”. Sono tanti, sono implacabili, occupano ogni spazio della propaganda strisciante. Si insinuano nelle coscienze degli incauti per mezzo di strategie di comunicazione astute e ripetitive, studiate per il controllo delle menti, per soffocare la voce del buonsenso, per narcotizzare spettatori e lettori, riducendoli a consumatori passivi e acritici dell’informazione.

I più noti tra loro generano opinioni indotte che inevitabilmente portano il pubblico inconsapevole a sposare le cause dei poteri forti, a illudersi di sapere chi sono i cattivi, a esultare all’idea che presto la NATO farà cadere il “terribile” Assad della Siria dopo avere fatto fuori il “diabolico” Geddafi. Sono loro, i giornalisti asserviti al diktat sionista  –  per convinzione o per convenienza - che propagano false dottrine presentando l’Islam come nemico pubblico dell’Occidente e Israele come vittima circondata da terroristi. Sono loro che stanno spianando la strada per la guerra contro l’Iran preparando l’opinione pubblica occidentale ad approvarla. Una forma di giornalismo inglorioso, che semina odio tra le genti e genera schiavitù mentale volontaria, a beneficio degli oppressori.

Dall’altra parte c’è la comunità dei “truth tellers” – i giornalisti che raccontano la verità, che gridano a lettere cubitali nella blogosfera per metterci in guardia contro le aggressioni alla Siria, al Libano e all’Iran, gli unici paesi nella regione a rifiutare l’asservimento all’impero US/raeliano. Sono loro che ci svelano i 60.000 morti ammazzati dalle bombe della NATO sparate sulla Libia per “proteggere” i civili dal loro leader, mentre ogni giorno le massicce rivolte nel Bahrein e nel Yemen vengono represse nel sangue perché i loro dittatori sono appoggiati da USA e Gran Bretagna.

Sono loro che ogni singolo giorno ci prospettano le terribili conseguenze di un eventuale attacco all’Iran voluto da Israele, ben consapevoli che Israele non esiterebbe a fare uso dell’arsenale nucleare in suo possesso. Sono loro a ricordarci che non potrà esserci pace tra gli ulivi della Palestina, né altrove nel mondo, finché Israele continuerà ad esistere come entità politica, con le sue Lobby in controllo delle politiche estere e dei parlamenti occidentali.

Sono loro, accademici, intellettuali e autori di libri straordinari, che si sgolano in rete con scritti preziosi, nel tentativo di sovrapporre le loro voci preoccupate a quelle aggressive e spregiudicate dei media di massa. Sono loro che ogni giorno arricchiscono le nostre menti e coscienze con il linguaggio del giornalismo etico.

Sono loro i veri corrispondenti di guerra – quella dei Nord contro i Sud del mondo, quella dell’Occidente contro l’Islam, quella dei governi contro i cittadini, quella del terrorismo ecologico contro il sistema Terra, quella della finanza mondiale sionista contro i lavoratori che beneficia della deregolamentazione del settore finanziario attuata dalla classe politica occidentale corrotta, fin dai tempi di Reagan e della Thatcher.

Se ogni cittadino occidentale leggesse anche un solo articolo al giorno scritto da uno dei “giornalisti della verità”, è probabile che il nostro mondo si trasformerebbe in breve tempo. La verità rivelata a centinaia di milioni di occidentali rappresenta uno strumento molto potente per smascherare e contrastare le mire malsane dei pochi a spese dei tanti.

La comunità internazionale del giornalismo etico ogni anno celebra il “giornalismo di eccellenza” con l’assegnazione dei premi di categoria, che vengono consegnati in Città del Messico da parte del Club de Periodistas nel mese di dicembre. Sono riconoscimenti di grande prestigio, noti nell’ambiente come “gli Oscar del giornalismo etico”. Le categorie premiate sono tante e i giornalisti sono di varie nazionalità.

Il premio internazionale per la categoria “giornalismo di inchiesta” quest'anno è stato aggiudicato all’unanimità all’autore americano Stephen Lendman, ormai noto ai lettori di questo blog, universalmente apprezzato per il grande impegno sul fronte della lotta contro il sionismo e contro ogni forma di oppressione e violazione dei diritti umani.


Il premio per la categoria “corrispondente di guerra” è stato assegnato al canadese Mahdi Darius Nazemroaya per i preziosi reportage dal fronte della Libia durante i mesi dei bombardamenti NATO sulla popolazione civile libica, in cui raccontava la verità opposta alle menzogne della NATO prontamente servite al pubblico avido di giustizialismo come forma compensatoria di ingiustizie subite in casa propria.

Stephen Lendman è un autore e conduttore radiofonico che vive in Chicago. E’ uno degli autori più prolifici e apprezzati nella blogosfera. Alla veneranda età di 77 anni scrive ogni giorno due articoli, uno dei quali tocca regolarmente il tema della causa palestinese, del sionismo, dei crimini di Israele, delle guerre americane volute dall’insaziabile appetito dei sionisti di Tel-Aviv e Washington. Nei suoi articoli Stephen Lendman attacca la stampa sionista su base quotidiana, opponendo alla falsa propaganda la versione dei fatti ben circostanziata e documentata.

Lendman è anche l'autore di un libro sullo strapotere del settore finanziario di Wall Street, pubblicato nel settembre di quest'anno e subito diventato un best-seller per la tematica di grande attualità.

Il programma radiofonico condotto da Stephen Lendman rappresenta un salotto politico in cui convergono gli esponenti del mondo accademico anti-sionista, anti-corporativo. In ogni puntata Stephen si intrattiene con uno degli autori a noi noti, in una conversazione tra uomini di coscienza preoccupati della sorte dei popoli. Un tema ricorrente è la situazione del Medio Oriente e dell’Iran nel mirino dell’Impero. Oggi, con crescente frequenza, le analisi degli autori portano ad una conclusione inquietante: che gli appetiti voraci del mostro neo-con sionista non saranno placati finché non avrà divorato anche la preda più ambita – la Cina.

L’ospite di Lendman nella trasmissione di oggi, data in cui Obama ha annunciato la fine dell’occupazione dell’Iraq, era James Petras, autore di tante pagine memorabili di denuncia a questa guerra di aggressione estrema e distruzione di una civiltà millenaria molto avanzata di cui i cittadini occidentali sanno poco e niente. Durante la trasmissione, i due autori facevano notare che in realtà l’Iraq rimaneva occupato da almeno 18.000 soldati americani, migliaia di contractors delle organizzazioni paramilitari mercenarie, oltre che dalle migliaia di funzionari americani in controllo del paese. Il resto del contingente americano di stanza in Iraq, veniva in realtà destinato ad altre aree del Golfo per continuare l’occupazione della regione.  

L’anno scorso il premio per il giornalismo di inchiesta era stato assegnato proprio a James Petras, docente di New York, autore di numerosi libri sulle politiche sioniste americane, noto alla blogosfera mondiale per il suo attivismo pro-palestinese e i suoi articoli di feroce critica a Israele e alle politiche imperialiste americane.

Durante la conversazione, tra Lendman e Petras, è stato toccato anche il tema della recente scoperta macabra fatta in USA: che fino al 2008 i resti dei soldati americani caduti in Iraq, comprese le membra dei mutilati, sono stati gettati in una discarica non lontana da Washington, una fossa da riempire, destinata a terreno edificabile.

Nonostante sia ebreo di origine, Stephen Lendman si considera «prima di tutto un uomo di coscienza» che non può esimersi dal denunciare i crimini di Israele nei confronti dei palestinesi. Il suo impegno senza compromessi non è rimasto senza conseguenze: da tempo la cerchia di amici e parenti ebrei lo ha ripudiato, e altrettanto hanno fatto molti dei familiari.

Mi scriveva Stephen in una mail recente: «ho ricevuto centinaia di mail di felicitazioni per il premio ricevuto, in maggioranza da parte della comunità accademica nord-americana. I membri della mia famiglia – ad eccezione di due - hanno ignorato l’evento nonostante li abbia informati. Sono sicuro che il motivo è la franchezza dei miei scritti sulla questione Palestina/Israele, la ragione principale del premio di cui sono stato insignito». 

Nel commentare l’evento della premiazione, Stephen Lendman dichiarava: «La cerimonia è stata magnifica. Gli organizzatori mi hanno riservato cortesie degne di un sovrano. Sarò per sempre grato di questa esperienza unica nella vita. Hanno partecipato ospiti illustri, oltre ai giornalisti messicani e stranieri e i rappresentanti della stampa. Un portavoce del governo messicano ha letto un messaggio del presidente Felipe Calderon per i premiati».

Stephen Lendman  e Mahdi Nazemroaya sono stati invitati a rilasciare una breve intervista per un programma trasmesso ovunque nell’America Latina. Stephen ha iniziato il suo discorso dicendo: «Oggi questo gringo americano è orgoglioso di essere chiamato “periodista”».

«Tradotto significa giornalista – specificava Stephen in un suo commento successivo -  ma per il “Club dei Giornalisti” messicano significa molto più di questo. L’anno prossimo sarà il loro 60esimo anniversario. Ogni anno onorano i giornalisti per il loro contributo alla verità».

Nel suo discorso di fronte al Club, Stephen dichiarava: «Sono profondamente commosso per l’onore ricevuto. Conserverò gelosamente il ricordo di questo giorno e mi impegnerò per essere sempre all’altezza del suo significato».

Anche noi abbiamo voluto rendere omaggio al neo-premiato giornalista di inchiesta, pubblicando di seguito l’articolo scritto dall’autore il 29 novembre per la Giornata Internazionale della Solidarietà alla Palestina. Siamo sicuri di fare cosa gradita all'autore, in quanto è proprio la sorte dei palestinesi la questione che a Stephen Lendman sta maggiormente a cuore.

* * *



- Giornata Internazionale della Solidarietà con la Palestina - 
di Stephen Lendman

- per i Palestinesi solo un altro giorno di ordinaria follia -


Istituita dall’ONU nel 1977, la Giornata Internazionale della Solidarietà con il Popolo Palestinese viene celebrata il 29 novembre e commemora la data in cui, nel 1947, venne adottata  la Risoluzione ONU 181 malgrado l’opposizione dei Palestinesi.

La Risoluzione è nota con il nome di Piano di Spartizione della Palestina. Consegnava il 56% della Palestina storica agli ebrei (che costituivano un terzo della popolazione),e il 42% ai palestinesi.

Gerusalemme venne dichiarata Città Internazionale e affidata ad un Consiglio di Amministrazione Fiduciario dell’ONU. Ufficialmente lo è tuttora. L’area comprende l’intera Gerusalemme, Betlemme, e Beit Sahour – in modo da includere tutti i luoghi sacri cristiani.

La Risoluzione 181 prevedeva anche la nascita di uno Stato Arabo Indipendente. La data per la dichiarazione ufficiale di tale stato era stata fissata per il 1° ottobre del 1948. Il testo sollecitava “tutti i Governi e Popoli ad astenersi da qualsiasi azione che possa ostacolare o ritardare la realizzazione di queste raccomandazioni”. Al Consiglio di Sicurezza veniva affidato il compito di “adottare le misure necessarie affinché il piano fosse implementato come previsto”. Il piano doveva garantire “una pace giusta e duratura …”.

Ma ciò che avvenne in seguito è noto a tutti. Prima che si potesse attuare il piano dell’ONU (comunque contro la volontà dei palestinesi), i sionisti avviarono la loro “guerra per l’indipendenza” e dichiararono l’esistenza dello stato di Israele nel maggio del 1948.

A distanza di molti decenni, la pace rimane una chimera e la Palestina è sempre occupata.

Le potenze mondiali non sono mai intervenute e oltre 8 milioni di palestinesi rimangono in attesa di giustizia, compresi i profughi e i palestinesi della diaspora.

Privo di qualsiasi potere di influenza, il Comitato per l’Esercizio dei Diritti Inalienabili del Popolo Palestinese si riunisce ogni anno nella sede dell’Onu per osservare la Giornata della Solidarietà Internazionale. L’ipocrisia rituale si sostituisce a politiche efficaci per la Liberazione.

I palestinesi meritano impegno per la giustizia negata, non cerimonie. Un giorno, forse, i decenni di pazienza saranno ricompensati.

Il 29 novembre, i popoli ovunque nel mondo hanno espresso la loro solidarietà con la Palestina. In Gaza i membri dell’International Solidarity Movement di Beit Hanoun e altri gruppi palestinesi si sono messi in marcia verso le zone vietate da Israele per liberare migliaia di palloncini con bandiere palestinesi.

I palloncini si sono librati nel cielo, oltrepassando le frontiere che imprigionano la popolazione di Gaza. Riflettevano lo spirito del popolo che si strugge per la libertà. Un attivista palestinese ha fatto appello alle genti del mondo chiedendo di «isolare Israele nella comunità internazionale e di esercitare pressione in tutte le sue forme finché l’occupazione della Palestina avrà termine».

Radhika Sainath del Solidarity Movement dichiarava: «Oggi l’intero mondo libero è contrario all’occupazione, agli insediamenti e al muro di separazione. Continueremo la nostra opera in Palestina, con gli attivisti palestinesi, finché riusciremo a portare Libertà e Giustizia in Palestina».

Press TV riportava sui movimenti di attivismo pro-palestinese nel mondo, che ovunque bruciavano bandiere israeliane, simboli di repressione.  Gli abitanti di Gaza lanciavano le bandiere palestinesi al di là delle barriere costituite dal recinto elettrico che delimita la zona cuscinetto e impedisce ai palestinesi di accedere al 30% delle terre coltivabili.

E Israele come ha “celebrato” la Giornata?

In risposta alle manifestazioni del 29 Novembre, il giorno dopo Israele ha inviato carri armati, bulldozer e veicoli militari in Gaza. I soldati hanno aperto il fuoco dalle torrette di osservazione. L’artiglieria dei carri armati ha colpito le case a est di Khan Younis.

Le terre coltivate di Jahor al-Dik e Maqbola sono state distrutte. Gli elicotteri da guerra circolavano di continuo sull’area. Gaza rimane zona di guerra. Uomini, donne e bambini vengono colpiti costantemente.

E cosa faceva l’ONU? Il solito.

Il 28 novembre l’ONU accusava la Siria di “gravi violazioni dei diritti umani”. Il fatto che in Siria le uccisioni e altre atrocità sono opera di mercenari e membri di Al Qaeda reclutati dalle potenze occidentali non veniva specificato.

Né l’Onu condannava Israele per i quotidiani crimini contro l’umanità commessi contro i Palestinesi.

Il Segretario generale Ban Ki-moon funge unicamente da strumento dell’Impero. Dal suo ordine del giorno, gli obiettivi di pace e giustizia sono completamente assenti. Di conseguenza, i Palestinesi, i Libici, gli Iracheni, gli Afgani, i Bahreini, i Yemeniti, gli Egiziani, i Sauditi, i Somali, e altri milioni di esseri umani soffrono in modo atroce.

Ban Ki-moon non ha pronunciato parola quando a metà novembre Israele ha tagliato completamente la corrente elettrica di Gaza, «come al solito abusando del falso alibi della sicurezza», dichiarava il ministro per l’energia palestinese, Kanaan Ubeid.

L’elettricità è stata tagliata per 9 giorni interi.

Il 26 novembre Israele dichiarava che l’erogazione di acqua ed elettricità cesserà su base permanente se Fatah e Hamas formeranno un governo unitario come annunciato.

Il 29 novembre, data della Giornata della Solidarietà, il Centro Palestinese per i Diritti Umani condannava Israele per avere impedito ad una squadra di tecnici di ripristinare una rete elettrica di Gaza. Ad oggi non è stata riattivata.

La crisi elettrica genera gravi condizioni di disagio in Gaza, soprattutto ora che il freddo si fa sentire. Attualmente Gaza riceve solo un terzo del fabbisogno elettrico, in minima parte generato in Gaza e in Egitto e per il resto proveniente da Israele in misura del tutto inadeguata. 

La Società per la Distribuzione Elettrica di Gaza gestisce la situazione come può per mezzo di un piano di emergenza che comporta la mancanza di corrente elettrica per quasi metà della giornata. La malignità di Israele sta esacerbando le condizioni di grave disagio, violando le leggi internazionali.

Ufficialmente i palestinesi sono persone protette, ma Israele li tratta come criminali. I capi di stato delle potenze mondiali non intervengono, né tanto meno le autorità dell’ONU.

Ma l’elenco dei diritti violati da Israele è lungo.

Il Centro Hamoked per la Difesa dell’Individuo ha pubblicato sul proprio sito l’elenco degli abusi perpetrati da Israele su base regolare, tra cui:

1 – Il Muro di Separazione che accerchia le aree abitate dai palestinesi nelle zone in cui i coloni si sono insediati illegalmente. Il muro viola le leggi internazionali, sconvolge la vita dei palestinesi sui propri territori, ostruisce i diritti al culto religioso negando l’accesso ai luoghi sacri, rappresenta una punizione collettiva dei civili che Israele come entità di occupazione avrebbe l’obbligo di proteggere.

2 – I corpi dei palestinesi uccisi non vengono restituiti ai familiari, eccetto in casi sporadici. Dal 1988 la Hamoked ha fornito rappresentanza a centinaia di famiglie addolorate.

3 – Viene negata l’unificazione delle famiglie: Israele dichiara che i palestinesi non ne abbiano diritto e solo in casi rari “concede la riunificazione come atto di pura benevolenza”. Di conseguenza, la separazione forzata colpisce “decine di migliaia” di palestinesi di Gaza, cui viene impedito di raggiungere le famiglie nei territori palestinesi .

4 – Revoca della residenza. Dal 1967 a oggi Israele ha revocato la residenza a centinaia di migliaia di palestinesi residenti nei territori a loro ufficialmente assegnati.  In altre parole, i palestinesi che viaggiano all’estero devono depositare la propria carta di identità al momento del passaggio alle frontiere (sempre controllate dai militari israeliani, anche quelle non confinanti con Israele) e ricevono in cambio una “exit card” valida per 3 anni. Coloro che non ritornano entro tale scadenza, vengono dichiarati “emigrati all’estero”. La residenza viene revocata definitivamente, ad eccezione di casi isolati. Tale revoca viola i diritti internazionali, compresa la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, secondo cui «ognuno ha il diritto di partire dal proprio paese e da qualsiasi altro, conservando il diritto di ritornare [articolo 13(2)]».

5 – Residenza in Gerusalemme: da quando nel 1967 Israele ha illegalmente annesso Gerusalemme Est (ufficialmente riservata ai palestinesi), i residenti palestinesi subiscono varie forme di oppressione, comprese «barriere invisibili che incidono sulla vita quotidiana».

Israele ignora ogni legge internazionale con impunità.

I palestinesi non hanno diritti di alcun tipo. La loro vita è un inferno. Sanno di doversi aspettare qualunque sciagura da un momento all’altro, compreso lo sfratto forzato o la demolizione delle case per fare spazio a nuovi insediamenti di coloni israeliani.

La Hamoked assiste di continuo i palestinesi nel denunciare casi di abuso, anche presso la Corte Suprema. Ma perfino quando le sentenze sono favorevoli ai palestinesi, le disposizioni del tribunale non vengono applicate. Le autorità israeliane semplicemente ostruiscono o rimandano all’infinito l’esecuzione degli ordini del tribunale, provocando gravi sofferenze ai palestinesi.

Abusi terribili contro i palestinesi sono all’ordine del giorno.

Vediamo cosa è successo nella sola giornata del 30 novembre.

- I bulldozer dell’esercito israeliano hanno completamente sradicato ogni coltivazione del villaggio agricolo di Mas-ha, distruggendo anche gli allevamenti degli animali.

- I soldati hanno aperto il fuoco su un centro abitato vicino a Gaza City.

- Altrove nella Palestina occupata, gli attivisti di “Peace Now” sono stati presi di mira con minacce di morte e di distruzione mediante esplosivi della sede della loro associazione.Atti come questi sono in genere opera dei coloni estremisti israeliani. Ma le autorità non fanno niente per fermarli.

- Sempre il 30 novembre, i soldati israeliani hanno arrestato tre giovani di Beit Ummar, in territorio palestinese. I soldati hanno fatto irruzione violenta nelle loro abitazioni. Nei giorni precedenti, altri 16 residenti del villaggio erano stati arrestati e messi in carcere. 13 di loro erano minorenni. Gli israeliani trattano i bambini e minorenni alla stregua di adulti.

- Per la terza volta consecutiva, il 30 novembre la detenzione di Nayef Rajoub, parlamentare di Hamas, è stata estesa per altri 6 mesi.

I palestinesi possono essere detenuti all’infinito senza formali accuse, per presunte ragioni di sicurezza. Si tratta di una violazione non solo dei diritti internazionali, ma anche delle leggi israeliane.

Dal 1989, Rajoub è stato arrestato numerose volte, malgrado non abbia commesso crimini di alcun tipo.

Lo stesso vale per tanti palestinesi, la cui unica colpa è di volere vivere come cittadini liberi nella propria Terra.

Ma Israele chiama questo “terrorismo”.

- Sempre nella giornata del 30 novembre, Israele ha intercettato e arrestato 10 pescatori di Gaza. In seguito i pescatori sono stati rilasciati, ma le barche, i loro mezzi di sussistenza, sono state sequestrate.

Come sappiamo, gli israeliani hanno posto limiti estremi alla pesca nelle acque di Gaza. I pescatori spesso tornano con la barca vuota, o anche danneggiata dall’artiglieria delle navi da guerra israeliane.

In luglio di quest’anno, la Commissione Internazionale della Croce Rossa ha dichiarato che l’industria della pesca di Gaza è in pratica scomparsa. Migliaia di cittadini in Gaza dipendono dalla pesca – ma Israele li taglia fuori dalla fonte di sussistenza, restringendo l’area della pesca a 3 kilometri dalle coste di Gaza, ormai priva di pesce. Le barche che si avvicinano al limite vengono intercettate dalle navi da guerra del regime, che spesso aprono il fuoco.  Oppure la marina militare usa i potenti cannoni spara-acqua che mandano i pescherecci quasi a fondo. Tutto questo è illegale, compreso il limite dell’area di pesca. Ma nessuno interviene – tanto meno l’ONU.

- Sempre il 30 novembre, al parlamentare palestinese Qays Abdul-Karim è stato vietato di uscire dai territori palestinesi per partecipare alla 27esima sessione del Parlamento dell’America Latina in compagnia di una delegazione di altri parlamentari. Alla frontiera con la Giordania era stato fermato e interrogato da un ufficiale israeliano sul motivo del suo viaggio. Rispose che era diretto a Panama per trovare supporto alla fine dell’occupazione israeliana dei territori assegnati ai Palestinesi. L’espatrio gli venne revocato. Per ora non è stato arrestato ma, come spesso succede, c’è da aspettarsi un raid notturno per prelevarlo da un momento all’altro.

Gli arresti notturni avvengono con penosa regolarità.

La vita nella Palestina occupata è un inferno. Israele opprime i palestinesi per il semplice motivo di essere musulmani e non ebrei. Anche i cittadini israeliani arabi sono sempre a rischio. Su base quotidiana affrontano la discriminazione politica, sociale, economica e culturale.

All’inizio di novembre, la sessione sud-africana del Russel Tribunal sulla Palestina accusava Israele di sottoporre i palestinesi a condizioni di apartheid istituzionalizzata per come viene definita dal diritto internazionale.

Le politiche israeliane sono caratterizzate da discriminazione di stampo razzista. L’apartheid è un crimine internazionale. I testimoni comparsi davanti al Russel Tribunal hanno fornito testimonianze e prove di un’inequivocabile regime di apartheid imposto su chiunque non sia ebreo.

Le politiche ufficiali di Israele seguono criteri di discriminazione, repressione, isolamento e altre forme di abuso. Nonostante la persecuzione sia un crimine contro l’umanità, Israele la pratica con impunità.

Il Russel Tribunal e altre organizzazioni sono decisi a mettere fine ad ogni forma di ingiustizia perpetrata da Israele. Niente al di sotto sotto della piena giustizia è accettabile e tollerabile. 

martedì 13 dicembre 2011

Teodoro Klitsche de la Grange: «Glosse al Nomos della Terra», di Emanuele Castrucci

Emanuele Castrucci, Nomos e guerra. Glosse al Nomos della terra di Carl Schmitt, La Scuola di Pitagora, pp. 180, € 14,00.

Questo interessante saggio, dovuto al curatore dell’edizione italiana de “Il nomos della terra” di Carl Schmitt, nella forma di “glosse” al testo si confronta con le più note (spesso profetiche) tesi esposte dal grande giurista tedesco.

Stimolante, in particolare la tesi del parallelismo tra le idee di Schmitt sulla guerra e quelle di René Girard sulla violenza e il sacrificio; tema, questo, preso ripetutamente in esame sul “Behemoth”.

Scrive Castrucci che la guerre en forme dello jus publicum europeaum “classico” è una forma di ritualizzazione della violenza analoga al sacrificio: la guerre en dentelles dell’Europa dell’ancien régime otteneva lo stesso effetto di economizzare il sangue versato attraverso la limitazione della guerra: “Il contrappasso che il mondo deve subire per l’allontanamento delle modalità classiche di ritualizzazione della violenza (come era stata la guerre en forme dello jus publicum Europeaum) è quindi chiaramente rappresentato dall’estensione, di fatto incontrollabile, della medesima violenza all’intero corpo della società: la violenza endemica e senza volto che riconduce il mondo all’indifferenziato, invertendo quello che la storia dell’umanità aveva conosciuto come processo filogenetico di individuazione e differenziazione”.

Altro tema – d’attualità - che Catrucci glossa è quello delle forme atipiche di ostilità “Il pensiero classico concepisce la pace come assenza della guerra, e per guerra intende l’uso diretto della forza armata. Schmitt ritiene invece necessario soffermarsi anche sugli atti informali di ostilità, sulle misure di forza e sui mezzi di coercizione non militari. Sottile distinzione che gli permette di spiegare la possibilità di uno stato intermedio tra la guerra e la pace”. E qua l’intuizione del giurista di Plettenberg potrebb’essere completata con il confronto tra la prima definizione della guerra di Clausewitz, condivisa da Gentile che “la guerra è un atto di forza per costringere il nemico a fare la nostra volontà” e la tesi di Sun Zu secondo il quale “ottenere cento vittorie su cento battaglie non è il massimo dell’abilità: vincere il nemico senza bisogno di combattere, quello è il trionfo massimo”. Sulla quale, e sulle tesi esposte dai due “bravi colonnelli” cinesi, autori de “La guerra senza limiti” occorre riflettere, in tempi di aggressioni finanziarie di occulta provenienza.

Con la conseguenza che se la guerra come atto di forza “ritualizzato” è meno frequente, dall’altro, sono in parte incrementati gli atti di ostilità non riducibili a una violenza bellica (tipo embargo, boicottaggio economico, violazioni dello spazio “interno” degli Stati) come le guerre non “ritualizzate”, condotte da soggetti non titolari dello jus belli, senza le forme dello jus belli.

Questo e molto altro c’è nel saggio di Castrucci: dato che tuttavia gli spunti sono vari, e non riassumibili in una recensione, non resta che consigliarne la lettura.

Teodoro Klitsche de la Grange

mercoledì 7 dicembre 2011

Stefano Gatti: chi è costui? E quale il suo mestiere? - Risposta ad un attacco calunnioso e diffamatorio.

Post particolarmente collegati:
1) Seminario di Exeter.
2) Recensione documento Nirenstein.

Leggiamo sulla rete, in data odierna, nel sito sionista di «Informazione Corretta» un brano che chiaramente ci riguarda, direttamente ed inequivocabilmente, anche se non viene fatto il nostro nome (troppo “onore” il farlo, secondo un certo signor Qualcuno, alle cui direttive la Commissione Nirenstein si è attenuta, e con essa anche il “Ricercatore CDEC” (?) Stefano Gatti):
«…Questi siti hanno preso di mira numerose volte, con minacce e insulti, gli esperti e i membri del Comitato di indagine, e addirittura il gestore di un sito antiebraico ha seguito personalmente il Convegno del 17 ottobre e poi sul suo blog ha scritto una cronaca innervata di pregiudizi e insulti…».
Se come pare questo personaggio legge il mio blog, lo sfidiamo apertamente e pubblicamente a spiegare quali sono gli “insulti” e quali i miei “pregiudizi” e naturalmente in che senso questo sarebbe un sito “antiebraico”. Ci deve cioè dire se le cose sono perché le dice lui  o chi gliele mette in bocca (senza contraddittorio dei contro-interessati) o lui le dice perché lo sono in base ad un’essenza filosofica, dove lui riesce a penetrare ed a condurre pure a noi. Non vorrei qui dare lezioni di logica al presunto “scienziato”. Per adesso, con la tecnica di scrittura che ci è abituale, cioè una scrittura di getto ed estemporanea, ci occupiamo in prima battuta delle innumerevoli corbellerie, per non dire di peggio, contenute nel testo di Gatti, le cui argomentazioni in sede scientifica assolutamente non sono neppure lontanamente apprezzabili. Se però questo signore darà risposta ai nostri testuali quesiti, che si ricollegano alla ricerca di Atzmon, ci farà cosa gradita, che compensano le calunnie e le diffamazioni a cui è normalmente dedito. Se ci dirà, lui con la sua testa, cosa è “antisemitismo”, gliene saremo davvero molto grati, perché ci avrà dato una base di riflessione, sulla quale credo che anche l’amico Gilad potrà lavorare. Aspettiamo fiduciosi e sereni. Rinviamo anche al precedente post di Egeria, che è la traduzione/trascrizione di un dibattito svoltosi nell’università di Exterer, dove insegna ora Ilan Pappe, dopo che a seguito di minacce ha dovuto lasciare Israele. Questa università non è di terza o quarta categoria, come si legge, sempre nel “web ebraico”, in lingua italiana. Ma è invece un’università che onora quanti vi insegnano e studiano. La libertà del confronto e del dibattito, impossibile altrove, ne è la è più chiara dimostrazione. Mi riservo di modificare, ampliare, integrare questo post, scritto sotto l’urgenza di rispondere alle calunnie e diffamazioni del signor Stefano Gatti. Lo invitiamo ancora a leggere la “Memoria difensiva” pubblicata a margine, dove parlo effettivamente di “macchinazioni” a mio danno, il cui soggetti vado progressivamente scoprendo: complottismo? Mah! È da sapere che le testate “ebraiche” a cui è stata inviata regolare smentita, a suo tempo, non ne hanno voluto sapere di pubblicare. Hanno il loro “antisemita” e non lo vogliono mollare.



Intanto questo signore, che era presente alla riunione di famiglia, nella sala della Lupa di Montecitorio, dove la signora Fiammetta presentava il suo stupefacente, fatto in casa, rapporto sull’antisemitismo, non ha neppure la più pallida idea di cosa con questo termine i cittadini italiani debbano intendere. L’unica accezione che per costoro conti è una sola: chi mi sta contro deve finire in galera, non importa come e perché, le scuse si trovano, se stiamo noi al potere. Nel suo pezzo questo signore di nome Stefano Gatti, specializzato in diffamazione con garanzia di impunità, si preoccupa del fatto che vi sono persone che si limitano a constatare l’evidenza ed i fatti, accertati ed inconfutabili. Ad esempio, che Monti è un uomo della Goldman Sachs e che è espressione del mondo finanziario. Rilevare questo dato di fatto significa fare dell’antisemitismo. Per cui se non vogliamo incorrere in questa tremenda scomunica ci dobbiamo tenere Monti ed accettare senza fiatare tutto quello che le banche e la finanza vorrà fare di noi: carne da macello. Le armi di cui questi signori dispongono sono principalmente due:
a) la menzogna con la quale mirano a convincerci che tutto il male che ci fanno è per il nostro bene.
b) Se la menzogna non basta sopraggiungono i manganelli della polizia ed il carcere.
Un supporter di entrambi i metodi è questo signor Stefano Gatti, il quale se vuole applicare a se stesso il suo stesso metodo farebbe bene a dirci con quali soldi è pagato per diffamare i cittadini italiani, i quali in questi tempi di sacrifici avrebbero bene il diritto di ficcare il naso sui meccanismi con il quale il parlamento italiano, su iniziativa (guarda caso) di un certo Ruben ha erogato 300.000 euro all’ente in cui lavora il signor Gatti, il quale appunto con i nostri soldi svolge con piena impunità la sua attività diffamatoria, volta a far chiudere tutte le voci critiche, anche del suo operato.

Il presunto “ricercatore” Stefano Gatti farebbe bene a spiegarci una buona volta chi sono e cosa sono questi “ebrei”, che sarebbero vittime di non si sa chi e perché. Forse la sua testa non è adatta a recepire le profondità filosofiche di un testo decisivo sull’argomento delle politiche identitarie ebraiche. Fino adesso questi signori, che godono di altissime coperture e protezioni, hanno potuto contare sulla confusione, indistinzione ed ignoranza di termini come: «ebreo», «giudeo», «sionista», «antisionista sionista», «israeliano», «colono», «palestinese», «arabo», «sayanim», ecc. Ma adesso è finito e chi si sente accusato ha perlomeno il diritto di conoscere ciò di cui è accusato e da chi è accusato e perché è accusato.

Il documento Nirenstein è un monumento all’ignoranza, alla faziosità ed all’intolleranza, che proviene addirittura dal parlamento italiano, la cui legittimità non è mai stata così bassa come oggi. Partorisce di simili mostri (il governo Monti) e mostriciattoli autoreferenziali (il documento Nirenstein). Quanto al «monitoraggio scientifico» di cui si legge nel pezzo diffamatorio vi è da ridere a creparelle: assolutamente nulla di scientifico. Costoro non sanno neppure dove sta di casa la scienza obiettiva, fondata sui fatti e sulla chiarezza delle definizioni, oltre che sulla verifica e sul contraddittorio, cosa quest’ultima che costoro evitano accuratamente spedendo nelle patrie galere migliaia e migliaia di possibili contraddittori.

I “13 incontri” sono tutti di parte! È stato perfino testualmente detto ed accolto la direttive extra-parlamentare che non si doveva concedere l’«onore» di essere ascoltati agli oggetti umani di cui appunto ci si stava occupando. Quanto al ministro della Istruzione Gelmini, quella della tunnel dalla Svizzera al Gran Sasso, è tutto dire! E gli altri 12 non sono da meno.

Il 17 di ottobre c’ero, seppure giunto in incognito e in ritardo. Avrei anche potuto parlare, se mi fosse stato concesso. Insieme ad altri, di me assai più esperti, sarei andato alle “audizioni”, se questo “onore” ci fosse stato concesso, visto che a quanto pare di noi si voleva parlare. Ma in nostro rigorosa ed assoluta assenza. Ed è stato penoso vedere le facce di una ristretta lobby, fra cui quella del Gatti, che attenta alla democrazia italiana e di cui il popolo italiano si dovrebbe accorgere.

Perché non hanno invitato Gilad Atzmon a parlare di ebraismo? O anche Ilan Pappe? Quest’ultimo era venuto a  Roma, ma non ha potuto parlare all’università. A Monaco di Baviera si è scoperto che l’ostracismo veniva dalla comunità ebraica locale. Costoro non vogliono proprio sentire l’altra campana, manco se fatta da ebrei regolarmente circoncisi. Si, sul tavolo c’era un testo di Napolitano, forse scritto dal suo Alto Consulente, pure ebreo, Arrigo Levi… Mah! Insomma! Il presidente non si tocca! Ma non è che siamo per questo più convinti. Se mai continuiamo a pensare male sulle infiltrazioni evidenti di una lobby che certamente non ama le nostre libertà e che si cura non solo dei suoi privilegi, ma fa principalmente gli interessi di uno stato estero.

Come ben ha detto Gilad Atzmon, la rete non è così facilmente controllabile come i grandi media che hanno struttura proprietaria e possono essere comprati e ricattati con molti mezzi. La rete è fatta da tante persone che possono permettersi il lusso (finché dura) di pensare liberamente ed in modo del tutto indipendente. L’antisemitismo nella rete in realtà NON ESISTE. È solo un’invenzione di questi signori a cui torna estremanemente utile che l’antisemitismo ci sia. Ma per essere credibili dovrebbero dirci innanzitutto cosa esso sia. Ed una definizione scientifica invano la si cerca nel Documento Nirenstein o nelle volgari diffamazioni (pure in rete) del presunto “ricercatore” Stefano Gatti, ovvero diffamatore di professione. Magari il «filtro» ed il «controllo» di cui parla il Gatti lo vorrebbe esercitare proprio lui, che ad esempio son certo non riuscirebbe neppure a comprendere il linguaggio filosofico del libro di Gilad Atzmon, che getta in aria tutte le isteriche corbellerie della signora Nirenstein, nella cui scrittura invano si cercherebbe il lume di un concetto che non sia reiterata propaganda, uno sproloquio continuo che giusto nella stampa embedded si può trovare.  Invitiamo l’«ebrea» Nirenstein ad un pubblico confronto con l’«ebreo» Gilad Atzmon, magari in occasione della presentazione dell’edizione italiana del libro di Atzmon sull’identità ebraica. Vogliamo vedere all’opera la “bravura” di Fiammetta.

Il CDEC ha trovato “60 spazi”, poco curandosi di cosa ne pensano gli “inquisiti”, il cui diritto alla replica e alla difesa non è neppure lontanamente contemplato. Costoro cercano “mostri” che producono essi stessi. Questo esilarante personaggio di nome Gatti si ostina a parlarci di “pregiudizio antiebraico” senza lontanamente preoccuparsi di dirci cosa è «ebraico» e meno che mai senza accorgersi di un ben più corposo «pregiudizio ebraico». È stato detto del “negazionismo” che nessuno degli autori tacciati di “negazionismo” si ritiene “negazionista”. Il termine “negazionismo” è appunto una costruzione artificiosa con finalità pratiche: denigrazione, diffamazione, delazione.  Aspetto pubblica e quanto mai gradita smentita alla mia stima di 200.000 incriminazioni penali nella sola Germania dal 1994 ad oggi per null’altro che reati di opinione. Se il “ricercatore” Gatti si facesse in Germania, per verificare o smentire questi dati, ci farebbe un grande piacere, non avendo noi avuti 300.000 per fare una simile importante ricerca.

Con il concorso di una stampa compiacente e complice si fa credere agli ignari che esistano storici i quali “negano” che siano mai esistiti i “campi di concentramento” già nazisti, ma che poi Israele ha ricostituito tali e quali in Palestina per metterci i Palestinesi: si legga Ghada Karmi che cita una documentazione della Croce Rossa degli anni Cinquanta. E l’odierno blocco di Gaza cosa è se non un Lager che dal 2006 ad oggi supera in durata i lager nazisti del periodo bellico? Le persone appena un poco informate sanno che in questa materia dei “campi di concentramento” (la cui esistenza nessuno “nega”) vi sono tre punti di controversia, che andrebbero appianate con la discussione e la ricerca, non con il carcere e la gogna: 1) Il numero delle vittime: si pretende che debbano essere 6.000.000, con cifra non contestabile, pena la galera; 2) l’esistenza delle camere a gas; 3) l’intenzionalità del genocidio. È questo ciò di cui si occupa un numero crescente di “storici”, il cui lavoro è soggetto a galera, non a contraddittorio scientifico e dibattito.

Da un punto di vista filosofico la questione “storica” ha minore importanza, perché si tratterebbe da un punto di vista filosofico perché il fatto controverso sarebbe mai successo, su quali basi, in quale contesto, per quali scopi, ecc. Un dibattito quest’ultimo non meno inquietante di quello storico, se lo si potesse fare liberamente. Se io fossi un «ebreo», mi augurerei che gli storici “revisionisti” bollati come “negazionisti” abbiano tutta la libertà di poter svolgere le loro ricerche, perché altrimenti mi toccherebbe chiedermi perché mai qualcuno possa nutrire tanto “odio” verso gli «ebrei».

È da dubitare che il Gatti, presunto ricercatore, abbia la più pallida idea di queste problematiche: non è il suo mestiere. A lui altro si chiede. Ed è ciò che egli fa: diffamare persone che non possono replicare. Quanto alla Polizia Postale farebbe meglio ad occuparsi delle lettere e dei pacchi che non arrivano a destinazione, o del fishing: l’incompetenza storica e filosofica a trattare il tema è assoluta. Sarebbe come prendere un macellaio e portarlo in camera operatoria. Gli “insulti” e le “minacce” di cui parla il presunto ricercatore sono della assolute “calunnie”. Possono essere facilmente restituite al mittente con l’aggravante della violazione delle garanzie costituzionali dei comuni cittadini, messe in atto da parlamentari nella stessa Camera! Se fossero stati appena appena un poco onesti, anziché audire consulenti di parte, avrebbero potuto e dovuto chiamare e sentire in Aula le persone che si vogliono “incolpare”, senza loro concedere neppure il più elementare diritto di difesa e replica: questa è assoluta barbarie giuridica, indegna di un paese dove si dice sia nato il diritto.

L’operazione “Piombo Fuso” e “Mavi Marmara” e le reazioni da questi fatti suscitati non hanno assolutamente nulla a che fare con le corbellerie di cui parla Stefano Gatti: sono atti criminali dello stato di Israele, che nasce sulla “Pulizia etnica della Palestina”, descritta in ultimo anche dall’ebreo israeliano Ilan Pappe, costretto ad emigrare per minacce ricevute. Se gli “ebrei” di cui parla Gatti si identificano con la politica criminale di Israele, il problema riguarda questo genere di “ebrei” (si legga Atzmon), non quanti legittimanente criticano e si oppongono a veri e propri atti di genocidio.

La Commissione ha brillato per la sua ignoranza, faziosità e scorrettezza formale e sostanziale. Ne è prova il fatto che è stata espressamente esclusa qualsiasi consulenza che non fosse di parte e che è del tutto mancato qualsiasi contraddittorio. Addirittura sono stata palesamente falsificati gli stessi sondaggi su cui la Commessione dice di basarsi: la “non simpatia” rilevata viene tradotta come “ostilità”. Più beceri e antiscientifici non si poteva essere. Giunge quanto mai opportuna la notizia di una edizione italiana del recente libro di Atzmon sulle politiche identicarie ebraiche, un libro utile per spazzare via con un colpo solo le corbellerie diffamatorie di uno Stefano Gatti, di cui siamo assai curiosi di vedere se sarà in grado di leggere questo libro e di capirci qualcosa. Ne prevediamo la strategia elusiva, ma non la annunciamo.

*  *

Non per infierire contro il nostro “nemico” privato Stefano Gatti, ma solo per esaurire gli argomenti che ci vengono via via in mente in conseguenza del chiaro attacco alla nostra persona ed a questo blog, proseguiamo nel loro ordinato e sereno svolgimento. Intanto abbiamo mandato nella giornata di ieri, come atto dovuto, una email al Bollettino della Comunità Ebraica di Milano, con esplicito richiamo alla legge sulla stampa, che sancisce il diritto di replica. Come per altre testate “ebraiche”, dubitiamo che vi ottemperi. Ma l’atto era dovuto e non farlo da parte nostra poteva essere pregiudizievole. Fare la stessa cosa per «Informazione Corretta» è cosa vana. Ma veniamo al discorso da dipanare in questa mattina successiva all’evento. Nella lettera sintetica (trenta righe previste dalla giurisprudenza) inviata al Bollettino abbiamo scritto che ci appare “stupida” la qualificazione “antiebraico”. Tocca qui spiegarne il senso compiuto, altrimenti lo stesso Gatti potrebbe dire che è un “insulto”, cosa di cui discutiamo più avanti. Cosa può mai significare “antiebraico”? L’unica cosa che posso immaginare è che sarei “contro” la religione ebraica. Si può definire un “ebreo” indipendentemente dalla religione ebraica? Ho appreso in altro circostanze che può essere rischioso dire ad un “ebreo” che è un “ebreo”. Occorre dire spendendo molto fiato: “cittadino italiano di religione ebraica”.

 E sia! Ma perché mai mi dovrebbe importare se uno è di religione ebraica, musulmana, luterana, anglicana, cattolica, cristiana, buddista? Proprio non riesco ad immaginarlo per quanto mi ci sforzi. Quindi una simile contestazione mi appare fondata su nulla, strampalata ed in questo senso “stupida”. È ben vero che in altro mio blog, che non aggiorno da tempo, mi occupo di “storia critica delle religioni”, ed in altro ancora ho intrapreso la rivisitazione e lo studio delle religione greco-romana, che storicamente precedettero quella ebraica e giudaica e che riscuote la nostra simpatia a preferenza di altre. Ma si tratta in ogni caso di studio. Mai si sono sognato di far cambiare religione a nessuno o di denigrare la sua religione. Certamente, io non intendo convertirmi all’ebraismo e subire la mutilazione genitale della circoncisione. Neppure provo attrazione per i tanti “crimini” che si leggono nell’Antico Testamento, che costituisce la base della religione ebraica. Ma di questi temi in questo blog non mi pare di aver mai trattato. O meglio vi sono autori come Giulio Morosini, a cui ha attinto Ariel Toaff per il suo contestatissimo libro “Pasque di sangue”, che mi interesserebbe leggere, insieme ad altri poco accessibili. Ma assolutamente nulla di “antiebraico” da parte mia, che mai ho pensato di fare l’apostolo di una qualsiasi fede a preferenza e in contrapposizione ad altre. Dunque, “stupido” l’addebito che mi viene fatto.

Se poi “ebraico” di cui io sarei “anti” significa qualche altra cosa, bisogna che lo stesso Gatti me lo spieghi. Io non riesco ad immaginare un “ebreo” del tutto scisso dalla sua “religione ebraica”, che più propriamente ho appreso a chiamare “giudaismo”, soprattutto dopo la lettura del libro di Jacob Rabkin, che introduce a tante interessanti distinzioni di cui non si trova traccia nel calderone della stampa pressoche tutta controllata da Israele. Ed «Informazione Corretta» nasce dieci anni fa proprio per controllare il “corretto” allineamento filo-israeliano della stampa italiana. Se invece Gatti per “antiebraico” intende “antisionista”, allora si tratta di tutt’altro discorso che ora ci porterebbe lontano. Non possiamo però ragionare per congetture e illazioni e dobbiamo aspettare che lo stesso Gatti raccolga il guanto di sfida rispondendo alle nostre repliche, essendo noi stati da lui più volte chiamato in causa.

Veniamo agli “insulti” che mi vengono attribuiti. Se si va a leggere il mio testo incriminato, si trova certamente il tono canzonatorio, anche la satira, ma l’«insulto» che è personale e rivolto a qualcuno cosa c’azzecca, per dirla con Di Pietro, di cui mi occupo nello stesso post contestato e con il quale mi sono imbattuto viso a viso all’uscita di Montecitorio: pure lui non meno “canzonato”, ma che però non si è fatto sentire. Avremmo continuato con lui per iscritto il “discorso” che non ha voluto sentire dal vivo.  Ad un relatore che – durante un convegno dove sono inchiodato alla sedia del pubblico, costretto a religioso silenzio – mi imputa in quanto “goi” di provare “invidia” per il fascino delle donne ebree cosa devo obiettare? Che forse le uniche donne ebree che ho potuto conoscere (non in senso biblico) erano quelle che si trovavano in sala e che - costretto ad osservarle - a me uomo di costumi orgogliosamente eterosessuali non trovavo per nulla piene di fascino! Che dire poi di un altro Tizio che nella sua relazione blaterava che “uccidere” un ebreo, piuttosto che non un musulmano o un palestinese (cosa che Israele fa quotidianamente) significa uccidere Dio stesso? Per fortuna, monsignor Fisichella se ne era già andato... Ma se ben ricordo nel racconto evangelico Gesù Cristo fu mandato a morte dal Sinedrio proprio per la pretesa di essere lui stesso Dio e Figlio di Dio. Mi ricordo dal mio Catechismo che per gli Ebrei di allora questo era il massimo della bestemmia che si potesse fare.

Ma se proprio “insulti” personali si vogliono cercare, basta leggere un qualsiasi numero di “Informazione Corretta” dove gli insulti ad personam sono a migliaia. Cito per tutti le quotidiane contumelie contro l’Ambasciatore Sergio Romano o contro tutti i giornalisti del quotidiano il Manifesto, che sprezzantemente chiamano sempre il “quotidiano di Rocca Cannuccia”. Il povero Michele Giorgio credo non abbia mai risposto a così volgari “nemici”, le cui fonti di finanziamento e dipendenze meriterebbero qualche inchiesta giornalistica. Dopo i 300.000 euro dati su iniziativa di parlamentari “ebrei” (absit iniura a verbo), volevano pure loro il finanziamento pubblico, come si legge nel loro geloso archivio, di cui sono appunto orgogliosi, ma che è soltanto un enorme deposito di fango, sul quale non mi risulta che la polizia postale abbia mai indagato, per applicare a costoro la deprecabile e faziosa legge Mancino – patrocinata e voluta dagli stessi Eletti Signori –, che quotidianamente invocano per i loro avversari e contraddittori. L’immensa bufala della signora Nirenstein, che aveva subito attribuito la strage di Oslo agli islamici, nasce da radicati “pregiudizi” islamofobici, ma poiché in questo paese, come si sa, la legge è uguale per tutti, il suo rispetto non è stato invocato per la Signora Fiammetta. L’«islamofobia» che si trova su «Informazione Corretta» non ha un «Osservatorio sul pregiudizio antislamico», come il CDEC, finanziato con i soldi di noi poveri “goym”. La polizia postale così solerte a prestarsi alle operazioni sioniste ben si guarda dall’indagare questo aspetto. Ma l’Italia è appunto una «colonia», come si legge in un brillante e lucido articolo apparso in questi giorni. Vi è da aggiungere che è una “colonia” non tanto degli Usa, quanto di Israele, cosa che spiega perfettamente tanta arroganza e tanto servilismo.

Non abbiamo esaurito le nostre osservazioni, ma rimandiamo ad altra seduta. Ora urgono altre incombenze ed i i testi di cui sopra devo essere riletti e corretti nella forma ovvero integrati con specifiche. Da tutti questi Signori il mondo non solo è visto con lenti deformati, ma hanno l’incredibile pretesa (e ci riescono!) che almeno la principale catena mediatica inforchi i loro stessi occhiali. Per dare un solo esempio, fresco di giornata, si vada qui e dopo aver visto si passi oltre.


* * *

È ben vero che il nome e la faccia di Stefano Gatti non sono in cima ai miei pensieri, ma a tutt’oggi, ad un mese circa, non è stata raccolta la sfida. Ne ha avuto tempo per prepararsi, considenrando che i miei interventi sono sempre estemporanei e per questo un poco rischiosi. Ma non riesco ad immaginare quali argomenti questo signore possa ancora inventarsi. Non ne ha chiaramente trovati. Credo che lui e l’organizzazione di cui fa parte facciano pieno affidamento sull’innocuità della vittima di volta in volta scelta per alimentare un chimerico “antisemitismo”, la cui definizione – soprattutto dopo il libro di Atzmon –  diventa sempre più impalpabile. La sua voce però si è sentita in occasione del nuovo sacrificio rituale imbastito sulla pelle del povero Pallavidini, evidentemente mai perso di vista e del quale si fa di tutto, mediaticamente, per far saltare il sistema nervoso. Sono questi i metodi che Lor Signori usano abitualmente. Sono assai civili e tecnologicamente avanzati. Usano i termini alla rovescia: parlano di crescente “aggressività” di un inesistente “antisemitismo”, mentre l’unica aggressività che si può rilevare è proprio la loro che hanno bisogno sempre di nuove “vittime” per alimentare tutta la loro lucrosa impalcatura, una vera industria che al CDEC ha fruttato in ultimo 300.000 euro, dalle nostre tasche, che servono probabilmente per pagare uno stipendio proprio a Gatti. Se è lui il principale o l’unico “ricercatore” dell’Osservatorio dei pregiudizi altrui, ma non dei propri, non vi è molto di che lavorare per mostrane l’inconsistenza scientifica e documentale.


domenica 27 novembre 2011

Gilad Atzmon discute il suo nuovo libro durante un incontro pubblico in Inghilterra, nell’università di Exeter. - Di seguito la trascrizione del dibattito

Vedi anche:
Una pagina per Gilad Atzmon
Appena è apparso sul mercato editoriale, circa due mesi fa, il libro del filosofo e musicista britannico Gilad Atzmon è diventato un best-seller istantaneo. E non è affatto sorprendente, per tutta una serie di ragioni tra cui la controversia sul contenuto che si è scatenata con notevole anticipo sulla pubblicazione - un contenuto annunciato che ha suscitato le ire congiunte delle sfere ebraiche sioniste e anti-sioniste britanniche, unite per l’occasione nel tentativo di boicottare la diffusione dell’opera accusando l'autore di anti-semitismo.

In contro-tendenza, uno dopo l'altro gli autori del mondo accademico pro-palestinese hanno sostenuto l'opera di Atzmon con raccomandazioni e recensioni circostanziate e di grande apprezzamento.

Nel testo di questo post – che fornisce la trascrizione di un dibattito pubblico sul libro – Gilad Atzmon tra l'altro illustra bene i motivi dell’opposizione da parte degli ebrei sionisti e della sinistra ebraica anti-sionista alla pubblicazione del suo libro.

Il libro ha per titolo: The Wandering Who? In italiano letteralmente: l’errante chi? – che gioca sul mito del cosiddetto ‘ebreo errante’. Il sottotitolo specifica che si tratta di “uno studio sulle politiche dell’identità ebraica”.

Nel sito dell’autore, l'opera viene presentata con il seguente commento:

«L'identità ebraica è strettamente connessa con alcune delle questioni più problematiche e controverse dei nostri tempi. Lo scopo del libro è stimolare un dibattito intorno a molte delle questioni sollevate nel testo. Visto che Israele si definisce pubblicamente “stato ebraico”, dovremmo chiederci cosa i termini “giudaismo”, “ebraicità”, “cultura ebraica” e “ideologia ebraica” stiano a rappresentare. Gilad Atzmon esamina gli aspetti tribali incorporati nel discorso dell’ebraismo laico - sia sionista che anti-sionista; la “religione dell’olocausto”; il significato della “storia” e del “tempo” all’interno dell’ideologia ebraica laica; le ideologie anti-gentili che fanno parte delle politiche ebraiche secolari nelle loro diverse forme, ma anche della sinistra ebraica. L’autore indaga su cosa spinga gli ebrei nel mondo a identificarsi con Israele e appoggiarne le politiche. La devastante realtà del mondo per come si presenta oggi richiede un immediato spostamento del nostro atteggiamento intellettuale e filosofico nei riguardi della politica, della storia e delle politiche di identità».

Il dibattito di cui in basso la trascrizione, si svolge nell’Università di Exeter, in Ighilterra: «l’unica in Europa ad ospitare una facoltà di studi palestinesi», come emerge dalla discussione.

E’ importante specificare, che alla serata partecipa in gran parte un pubblico di ebrei anti-sionisti, esponenti del movimento ebraico pro-palestinese e della «sinistra ebraica marxista» secondo quanto emerge dal dibattito. E come illustrato in alto, sono gruppi in polemica con Atzmon.

Ma ci sono anche palestinesi presenti in sala, e le molte manifestazioni di approvazione ai commenti dell’autore durante la serata suggeriscono anche la partecipazione di molti simpatizzanti e attivisti della causa palestinese, entusiasti di Atzmon e dei suoi scritti.

L’ostilità della sinistra ebraica nei confronti di Gilad Atzmon (come emerge durante il dibattito) diventa subito chiara quando all’ingresso della sala l’autore viene contestato da un gruppo di giovani picchettatori, che accusano l’autore di anti-semitismo. Esibiscono e distribuiscono volantini con alcune citazioni dell’autore – presumibilmente quelle selezionate e rivisitate da Dershowitz che hanno fatto tanto discutere prima della serata di Exeter, e contestate in modo circostanziato da Atzmon nel suo blog.

Come mostra il video, Gilad Atzmon si rivolge ai giovani contestatori con tono tranquillo ma fermo. Chiede: «ma avete letto il mio libro, oppure solo le brevi citazioni che state distribuendo e che non rappresentano affatto il mio pensiero? Anzi, sono state selezionate dall’agenzia di propaganda sionista e alcune non sono neanche mie».

Nessuno dei presenti ha letto il libro.

«Ma siete studenti, no? - chiede Atzmon. E allora, quando studiate un filosofo, Immanuel Kant ad esempio, per comprenderlo leggete solo alcune citazioni, oppure l’opera?

«Comunque, continua Gilad Atzmon, vi consiglio di assistere alla mia presentazione del libro e al dibattito che seguirà. E se nelle mie parole troverete la pur minima traccia di anti-semitismo siete invitati a sollevare la vostra obiezione e chiedere chiarimenti».

L’intero dibattito è stato registrato in sola forma audio in due parti. Nella pagina in cui è pubblicata la registrazione, Gilad Atzmon commenta: «La serata si è svolta nell’università di Exeter l’8 novembre 2011. Nel mio discorso elaboro diversi aspetti che mi hanno indotto a scrivere The Wandering Who? – come: l’identità ebraica, la Israel Lobby, il potere degli ebrei, la Talmud opposta alla laicità ebraica, il tribalismo sionista, il barbarismo israeliano istituzionale, e molto altro, compreso lo scandalo politico intorno a Liam Fox.

Ecco di seguito la trascrizione/traduzione dell’intero evento.

* * *

L'organizzatrice inizia a presentare la serata dicendo: «Buonasera. E’ stata una settimana difficile per noi, a causa delle pressioni dall’esterno e intimidazioni personali, ma siamo stati in grado di gestirla. E’ bello vedere che siete arrivati numerosi. Siamo felici di potere stimolare una discussione sul problema Israele / Palestina. Siamo qui questa sera per discutere il libro di Gilad Atzmon The Wandering Who? Il libro affronta aspetti come le politiche dell’identità ebraica e l’ideologia ebraica contemporanea. Per coloro che come me sono palestinesi, è importante capire la natura politica dello stato che opprime il mio popolo. Ma lascio la parola a Gilad Atzmon che potrà esporre il contenuto del suo libro con parole proprie».

Grandi applausi in sala.


INIZIA  A PARLARE  GILAD ATZMON

Buonasera, sono molto felice di essere qui questa sera. Questo è un istituto accademico molto importante: che io sappia, è l'unico in Europa ad ospitare una facoltà di studi sulla Palestina, giusto?

Sì, risponde in coro il pubblico nella sala.

Continua Gilad Atzmon: in Europa abbiamo tante università che offrono corsi di studi ebraici, o studi sull’olocausto - ma solo questo istituto si occupa anche di studi sull'unica nazione sotto occupazione nel mondo. Un fatto davvero incredibile.

Come tutti sapete, Israele definisce sé stesso “lo stato ebraico”. E come tutti sapete, gli aerei da guerra israeliani che sganciano bombe sui civili palestinesi  - sui bambini, sulle donne, sugli anziani - sono decorati con i simboli ebraici.

Queste due realtà, da sole, ci autorizzano a sollevarci e porre la domanda: cosa rappresenta l’ebraicità, l’essere ebrei? Dopotutto è lo “stato ebraico” - come Israele definisce sé stesso - a commettere tutti questi crimini nel nome del “popolo ebraico”.

E non voglio affermare che tutti gli ebrei siano complici ... alcuni lo sono, quelli che appoggiano Israele. Ma Israele certo vede se stesso come il portavoce del nazionalismo ebraico.

Appena si sollevano questi aspetti pubblicamente, si scatena l’inferno.

I sionisti ti accuseranno di essere un anti-semita.

Ma non solo i sionisti! Ora anche gli ebrei anti-sionisti si sono uniti al coro.

E non finisce qui.

Perfino alcuni gruppi all’interno della sinistra ebraica e della sinistra radicale ebraica vogliono impedirci di sollevare questioni cruciali come queste.

Ora, noi possiamo capire per quale motivo si oppongano i sionisti - ma la domanda è: PERCHÈ anche gli ebrei anti-sionisti tentano di fermarci dall’indagare su cosa rappresenti l’ebraicità - l’essere ebrei?!

Nel mio tentativo di capire, ho cominciato a sollevare queste domande 10 - 12 anni fa. E intorno al 2005 ero diventato l'ebreo più odiato nell'intero pianeta. E per ironia della sorte, è una posizione privilegiata in cui trovarsi, perché come sapete, nessuno riesce mai a mettere gli ebrei tutti d’accordo tra loro. Ecco, io ci sono riuscito benissimo.

[Risate in sala.]

Penso che all’epoca considerassi me stesso ancora un ebreo, ma cominciavo a rendermi conto che esiste una continuità tra sionismo e anti-sionismo ebraico - e una curiosa continuità tra l'anti-sionismo ebraico e la sinistra radicale. E ho deciso di approfondire questa problematica molto seria.

Ora, come molti di voi sapranno, sono un musicista jazz famoso. In un certo momento della mia vita ero un accademico, ma ho iniziato ad annoiarmi e nel giro di due settimane ho deciso di lasciare tutto. 

Poi ho iniziato a suonare il sax e a guadagnarmi da vivere come musicista, suonando in giro per il mondo. E questo significava, che non potevano farmi tacere, perlomeno non facilmente. Non avevano la possibilità di privarmi del mio lavoro. Non potevano minacciarmi. Perché ero indipendente. Sono un essere umano alquanto libero e non faccio parte di alcun partito.

Considero me stesso un cercatore della verità. Non affermo di conoscere la verità - almeno non sempre (con tono scherzoso) - ma sono motivato dalla ricerca del vero. Non mi permetterei mai di fare un’affermazione senza avere la certezza di poterla sostenere perché la conosco, l’ho sperimentata, l’ho vissuta.

In altre parole - non mi presto al gioco del “politicamente corretto”.

Comunque ho una regola - non critico mai gli ebrei in quanto etnia, in quanto gruppo sociale.

Quando ho iniziato a sondare la questione dell’identità ebraica e la strana continuità tra sionismo e anti-sionismo ebraico, mi sono reso conto che fosse necessario stabilire una piattaforma, un modello efficace che ci permettesse di discutere questi aspetti pur conservando l’approccio umanistico. Perché è questo l’aspetto più importante. L’umanesimo, i valori umani e il pensiero etico sono le cose più preziose che abbiamo in questo movimento (di solidarietà con i palestinesi) - e spesso lo dimentichiamo. Spesso abbiamo la tendenza a ragionare in termini politici.

Ma io insisto sul pensare eticamente.

Quando ho cominciato ad esaminare coloro che identificano sé stessi come ebrei, ho notato che si possono distinguere in tre gruppi:

1 - coloro che credono nella Torah e sono seguaci del Giudaismo - e questo, oserei dire, è un gruppo alquanto innocente. Non che ogni singola persona nella categoria sia innocente - ma lo è in merito all’aspetto religioso: ognuno ha il diritto a credere in quello che vuole. Non critico questa prima categoria.

2 - la seconda categoria è quella delle persone che dicono di essere ebrei “perché sono nati ebrei” – anche questa è una categoria innocente nel senso che non è colpa tua se sei nato ebreo, o pakistano, o musulmano o altro. Non dipende da te.

3 - il terzo gruppo riguarda coloro che affermano di essere ebrei  INNANZITUTTO, prima di ogni altra cosa.
    Specifico che si tratta di un gruppo che pone seri problemi - ed è il gruppo sul quale mi concentro.

    Come mi sono reso conto di questo “terzo gruppo”?

    Sono venuto a sapere che Chaim Weizmann …  come sapete è stato il primo presidente israeliano, ma prima di diventare presidente è stato probabilmente il sionista più pragmatico della storia: è lui che ha indotto la Dichiarazione di Balfour in Inghilterra all’inizio del secolo scorso – un personaggio alquanto devastante per chi è palestinese …

    Dunque, Chaim Weizmann diceva: non ci sono ebrei americani, o ebrei francesi, o ebrei inglesi - ci sono ebrei che vivono in America, in Francia, in Inghilterra.

    Riuscite ad afferrare il significato di una tale affermazione?

    Significa che sei prima di tutto un ebreo.

    Questa è l’essenza del pensiero sionista. Si tratta di un movimento nazionalista di persone che si considerano ebrei prima di ogni altra considerazione.

    Chaim Weizmann mi ha aiutato a capire perché gli ebrei anti-sionisti ce l’abbiano tanto con me.

    Ce l’hanno con me perché anche loro ritengono sé stessi in primo luogo EBREI e poi ANCHE anti-sionisti – che è una cosa diversa dall’essere anti-sionisti di origine ebraica - che fanno parte della seconda categoria del mio elenco.

    Riuscite a capire la differenza?

    Sono innanzitutto ebrei e poi, forse, anche umanisti. Antepongono l’essere ebrei ai valori umani.

    Più analizzavo questa terza categoria, più mi rendevo conto che la sinistra ebraica e gli ebrei anti-sionisti non ci portano da nessuna parte.

    Mi sono reso conto quanto sia devastante l'aspetto egemonico dell'anti-sionismo EBRAICO.

    Poi ho iniziato a leggere molto su questo aspetto.

    Il testo più interessante che mi sia capitato di leggere nel 2002/03 è il libro di Israel Shahak sulla Talmud. Shahak era uno scienziato molto interessante – un chimico per la precisione. Ha scritto un libro sulla Talmud, ovvero, sulla filosofia talmudica anti-gentili. Le sue idee erano davvero alquanto inquietanti. Mi rendevo conto che il libro affrontava certe tendenze all’interno della cultura ebraica che ritengo molto problematiche.

    Ma più ci ragionavo, e più mi rendevo conto che queste tendenze non potevano da sole spiegare le ragioni del barbarismo israeliano.

    Perché?

    Perché gli israeliani non conoscono la Talmud.

    Io sono cresciuto in Israele e non ho studiato la Talmud. Se veramente vuoi conoscere la Talmud, devi avere almeno 40 anni e dimostrare di essere un ebreo molto osservante prima di essere iniziato alla conoscenza della Talmud.

    Quindi, per sconcertante che sia, la Talmud da sola non riesce a spiegare quanto stia accadendo in Israele.

    Non riesce a spiegare la questione delle Lobby ebraiche, ad esempio.

    In quel periodo, direi più o meno nel 2003, ho iniziato a rendermi conto di cosa rappresenti  la Lobby ebraica negli Stati Uniti – quanto sia potente e influente.

    La conoscete la AIPAC?

    Bene! Perché in quegli anni - nel 2003/04/05 - mi accusavano di anti-semitismo per il fatto di affrontare la questione della Lobby ebraica AIPAC.

    Ma ora tutti la conoscono e ne parlano.

    Ma cosa sapete della CFOI? Conservative Friends of Israel.
    (“amici conservatori di Israele”, ovvero la lobby britannica parlamentare filo-isreliana - n.d.t.).

    Una lobby ancora più potente della AIPAC – specifica Gilad Atzmon.

    In altre parole: in Gran Bretagna l'80% dei parlamentari del partito dei conservatori (tories) ora al governo fa parte della Lobby britannica pro-israeliana.

    Vi chiedo: quanti dei vostri parlamentari sono "amici di Exeter"? (nome della città e università in cui Atzmon sta tenendo questo incontro pubblico).

    L' 80% dei parlamentari del vostro paese sono amici di uno stato straniero e servono gli interessi di uno stato straniero e prendono decisioni nell’interesse di uno stato straniero.

    A vostre spese!

    Parliamo di Liam Fox.
    (ministro alla difesa britannico fino a qualche settimana prima di questa discussione – n.d.t.).

    Avete seguito il suo caso?
    (Silenzio in sala).

    Si è dimesso tre settimane fa. E sapete perché si è dimesso?
    (Nessuno risponde).

    Ma dovreste saperlo!

    Perché come dice la stampa, aveva agito contro la legge ministeriale, e si trattava di un reato grave!
    (Alto tradimento, in connessione con Israele – n.d.t.).

    Il vostro ministro alla difesa ha violato le leggi ministeriali e voi non sapete bene in che senso?

    Dal pubblico risponde una voce maschile dicendo: la stampa parlava di uno scandalo gay ...

    Riprende Gilad Atzmon: la stampa ha cambiato le carte in tavola, mettendola sul piano dello scandalo sessuale gay.

    Ma vorrei farvi notare, che in Inghilterra, essere un ministro gay e avere un boy-friend, non è una violazione delle leggi ministeriali.

    E’ la stampa ad avere dato questo "spin" alla faccenda.

    In realtà, la questione che si voleva tenere segreta, e che volendo potete trovare nelle pagine interne della stampa, era che Adam Werritty, il braccio destro e presunto boy-friend del ministro alla difesa Liam Fox, era sponsorizzato e finanziato dalla BICOM.

    La conoscete la BICOM, vero? Il British Israel Communication & Research Center – specifica Gilad Atzmon.
    (centro per le comunicazioni anglo-israeliane, ovvero l’agenzia per le pubbliche relazioni tra i due paesi, ovvero, la Lobby britannica pro-Israele che costituisce la controparte britannica della AIPAC americana - Sia Liam Fox che Adam Werritty hanno relazioni molto strette con Israele e le sue Lobby britanniche – n.d.t.)

    Liam Fox era un avido sostenitore dell'attacco militare all'Iran – continua Gilad Atzmon.

    Non vi sto mentendo. E’ proprio così - non solo è stato rivelato da Wikileaks, ma è un fatto noto nelle sfere diplomatiche.

    Alcune settimane fa, ci è stata quella faccenda in Washington in merito all’Iran. Una "false flag operation". L'Iran veniva falsamente accusato di un complotto per assassinare l'ambasciatore saudita in Washington.
    (a cui non ha creduto nessuno e per una volta perfino i media di massa americani hanno fatto notare l’assurdità e irrazionalità dell’accusa, perché sarebbe stata un’operazione suicida per l’Iran, da tempo nel mirino di Israele, USA, Gran Bretagna, a cui viene imputata la montatura di questo falso caso – n.d.t.)

    Vi ricordate? - chiede Gilad Atzmon.

    Due giorni dopo è stato liberato il soldato israeliano Shalit in cambio del rilascio di un gruppo di prigionieri palestinesi - proprio durante il weekend in cui Israele sembrava pronta ad attaccare l'Iran.

    Non so se seguite le news, ma Israele ora parla ogni giorno di attaccare l’Iran.

    E dunque (per tornare a Liam Fox che tramava per attaccare l’Iran) - qualcuno nelle sfere dei servizi segreti britannici giustamente si ribellava all’idea della Gran Bretagna coinvolta in una guerra voluta da Israele.

    E come faccio a sapere tutto questo?

    Perché il giornale The Independent  rivelava il fatto che Adam Werritty – il boy-friend e braccio destro del ministro Fox, era stato messo in guardia dai servizi segreti britannici contro i suoi legami con il Mossad.

    Due anni fa Fox e Werritty erano seduti con il Mossad e stavano tramando un attacco all'Iran.

    E nelle sfere dell’Intelligence militare britannica i dirigenti non erano affatto contenti di questa storia e dello scenario che si profilava.

    Questa è una faccenda di gravità estrema. E’ un aspetto inquietante.

    Due anni fa, il presidente iraniano Ahmadinejad continuava a dire: si sta preparando un colpo congiunto israelo-britannico contro l’Iran.

    E tutti lo deridevano.

    Ma ora invece viene fuori che era tutto vero.

    Ma nessuno nella stampa britannica ne parla.

    E dunque torniamo ai nostri parlamentari.

    Abbiamo l’80% dei nostri parlamentari di governo, i conservatori (tories) - che sono tutti amici di Israele.

    E abbiamo uno scandalo, che non è uno scandalo sessuale, ma l’alto tradimento del ministro alla difesa!

    Ma perfino in questo caso la stampa non lo può toccare il ministro traditore!
    (personalmente ho seguito la storia attraverso i racconti dei giornalisti britannici di Press-tv, che ne hanno parlato a lungo - poi ho letto i commenti di Atzmon nel suo blog – n.d.t.).

    E se seguite il mio blog, i miei scritti – continua Gilad Atzmon - saprete che io invece ho seguito e affrontato la questione da vicino.

    E non perché io sia intoccabile - vedete, sono fatto di carne - mi si può toccare.
    (risate in sala)

    Certo che sono vulnerabile.

    Ma quando si tratta di “ricerca della verità”, ecco come la vedo: bisogna prendere posizione, bisogna affrontare la questione e raccontare quello che succede!

    Non solo quello che succede in America, con la AIPAC.

    Ma quello che succede anche qui, in Inghilterra.

    Quello che succede nelle sfere del CFOI e della BICOM.

    L'altro giorno un giornalista del “Guardian” mi ha chiesto durante uno dei miei eventi pubblici: ma come puoi provarlo?

    Gli ho risposto: e cosa c’è da provare!? Sappiamo tutti che Liam Fox riceveva soldi da Israele. Come anche Werritty. Come sappiamo che supportava la guerra contro l’Iran. Cosa c’è, hai bisogno di vedere il suo tesserino del Mossad?

    Il Mossad però non produce tesserini per i soci.
    (ridono piano nella sala)

    Torniamo alla mia ricerca.

    Dunque la Talmud, o il libro di Shahak sulla Talmud, non riusciva a spiegare perché il CFOI fosse tra tutte le lobby inglesi quella più potente.

    Né poteva spiegare perché la AIPAC governa l’America.

    Mi sono reso conto che dovevo indagare altrove.

    Mi sono reso conto che in realtà era l’identità ebraica LAICA la forza propulsiva alla base del sionismo.

    E’ l’identità ebraica LAICA che dà vita alla AIPAC e alla CFOI.

    Certo non lo fa la religione giudaica.

    E come sapete, l’unica comunità ebraica religiosa che supporta la causa palestinese, e che non tenta di dominare il movimento ebraico pro-palestinese, né interferisce dicendo ai palestinesi o agli attivisti pro-palestinesi cosa sia giusto o non giusto per la Palestina - è quella degli ebrei ortodossi. Che sono i veri seguaci della Talmud.

    E quindi è vero che la Talmud può essere molto problematica, ma bisogna saperla interpretare nell’ottica dell’approccio umanistico.

    Mi spiace dirlo, ma il problema è da individuare nell’emergere dell’identità ebraica LAICA.

    E questo aspetto richiede un esame approfondito.

    Un altro libro per me determinante è stato quello di Mearsheimer e Walt - “La Israel Lobby e la politica estera americana”.

    E poi anche i libri di James Petras sempre su questi argomenti.

    Questi autori americani nel 2005/06/07 sono stati abbastanza coraggiosi da rivoltarsi e dire: c'è qualcosa di marcio nelle nostre politiche estere dominate da un paese straniero.
    (James Petras e altri autori si esprimono spesso sul web parlando del “parlamento americano occupato” da Israele, ovvero dalle sue Lobby - n.d.t.).

    Probabilmente il libro più interessante tra quelli che hanno preceduto il mio The Wandering Who? era quello di Shlomo Sand: L’invenzione del popolo ebraico.

    Shlomo Sand riesce a presentare un catalogo di storia chiaramente fantasmica. Lui porta il discorso perfino su un livello superiore e spiega il motivo per cui gli ebrei abbiano re-inventato la storia. Ed essendo un universalista, fa notare che gli ebrei non sono comunque gli unici ad avere inventato la storia.

    Se ci pensate, anche quando una storia d’amore finisce male, spesso cominciamo ad inventare la nostra versione della storia. E’ alquanto naturale inventare la propria storia – o meglio: non è innaturale.

    Ciò che invece E’ INNATURALE  e certamente NON ETICO  riguardo alla storia del “popolo ebraico”, è il fatto che viene inventata in modo crudele a spese di un altro popolo - quello palestinese.

    Questo sì che è inusuale.

    Certo, gli ebrei non sono stati gli unici ad avere mire del genere. L’intera storia del colonialismo ha rappresentato l’autocelebrazione a spese di altri.

    Tuttavia, durante il dibattito che seguirà, mi propongo di affrontare una mia convinzione: che il sionismo non è colonialismo.

    Mi rendo conto che alcuni accademici non concorderanno con me, ma non posso farci niente - è il mio pane quotidiano procurare dispiaceri alla gente.
    (risate in sala)

    Ciò che io ho cercato di aggiungere all’opera di Sand, è stata una ricerca, uno studio, sulla questione cruciale: PERCHE’ gli ebrei hanno inventato la loro storia?

    E anche: perché manca l’elemento di forte empatia con l’altro all’interno di questa cultura ebraica inventata di recente?

    E poi mi sono accorto di un aspetto – che richiede un approfondimento a parte.

    Mi sono accorto che all’interno della cultura ebraica si evidenzia la totale assenza di un elemento essenziale: la comprensione della nozione del tempo. Della temporalità.

    Ci sono filosofi in sala?
    (silenzio)

    E allora non so se posso affrontare la questione della temporalità - il tempo è una delle nozioni cruciali della filosofia. Ma spiegherò lo stesso brevemente.

    La temporalità è la comprensione del fatto che ‘essere’ significa ‘essere nel tempo’.

    Essere significa capire che il mio passato cambia di continuo.

    Anche l'olocausto è una nozione dinamica.
    (qualcuno tenta di interrompere, ma Atzmon continua)

    Essere nel tempo, significa capire che il mio futuro immaginario può cambiare il mio passato fantasmico.

    Capite cosa intendo dire? Che il vostro futuro può cambiare la visone del passato.
    (lo affermava anche il poeta indiano Tagore, premio Nobel per la letteratura nel 1913 – n.d.t.).

    E’ una cosa che suona strana, vero? Ma vi farò un esempio.

    Che Dio ce ne scampi - Israele minaccia ogni giorno di attaccare l'Iran - giusto?

    Riuscite a vedere, voi, che se Israele attacca l'Iran si potrebbe scatenare una guerra nucleare - la terza guerra mondiale?

    Vedo che siete d’accordo.

    Capite che può degenerare in un conflitto nucleare e milioni di persone morirebbero.

    Riuscite a immaginare una nube radio-attiva, che piano piano si avvicina per coprire l'Europa?

    E ora, provate a immaginare come reagirebbero gli europei, diciamo in Germania, Francia, Italia ...

    Vi sto dipingendo qui uno scenario che purtroppo è molto molto reale. E lo è a causa della minaccia che rappresenta Israele!

    Alcuni europei direbbero: ah, questi ebrei!

    Altri ancora: ah, Hitler aveva ragione.

    Mi spiace, ma è così.

    Per gli israeliani capire la temporalità, significherebbe essere consapevoli delle conseguenze di una tale catastrofe.

    Tra l'altro, sappiate che l'ex capo del Mossad, e anche il capo attuale, sono del tutto contrari a un’operazione contro l'iran - perché loro sì che capiscono bene le conseguenze.

    Ma il governo israeliano non è capace di rendersi conto che una tale operazione potrebbe portare ad una modifica del nostro modo di vedere e di intendere il passato degli ebrei.

    Ma voi ora riuscite a comprenderlo. Perché?

    Perché ora capite il discorso della temporalità.

    Gli israeliani non capiscono la temporalità - ed è questo il motivo per cui hanno attaccato la Mavi Marmara!

    Hanno inviato contro la Mavi Marmara le squadre di punta dell'esercito e della Marina, l’unità di assalto più micidiale dei reparti militari.

    Contro un gruppo di pacifici attivisti umanitari!

    Nel mezzo della notte!

    In alto mare.

    E li hanno giustiziati - 9 di loro.

    Allora, se (gli israeliani, o gli ebrei) capissero la temporalità – l'essere nel tempo, nel presente – capirebbero che un’azione del genere modificherebbe la loro reputazione.

    Dal pubblico chiede un signore con accento mediorientale: cosa pensi che succederà?

    Non so, risponde Gilad Atzmon con tono preoccupato. Poi aggiunge con tono scherzoso: ancora non sono un profeta - ma ne parleremo, affronteremo il discorso.

    Volevo solo spiegarvi quali sono le questioni che sto affrontando.

    E’ stato molto importante per me scrivere questo libro. E’ il mio terzo libro.

    Per scrivere gli altri due libri ho impiegato non più di due settimane ciascuno. Erano sul tema dell'amore - raccontare l'amore è facile. Scrivi una dozzina di pagine come niente. Ma non scrivo più sull’amore.

    Per scrivere questo libro ho impiegato oltre 10 anni.

    Ho scritto migliaia di pagine e articoli sul tema che tratto nel libro. Pubblico almeno uno o due scritti al giorno su questi aspetti. E nonostante l’implacabile campagna di diffamazione cui vengo sottoposto, sono riuscito a sopravvivere e scrivere questo libro.

    Il mio libro è stato raccomandato probabilmente dall'elenco più numeroso di accademici eminenti. Nessuno finora ha prodotto una critica negativa del libro. E c’è una ragione.

    C'è qualcosa di cui mi sono reso conto molti anni fa.

    Il termine ‘ebreo’ può avere tre significati diversi.

    - Si può riferire alla religione - e io non critico la religione, ma alcune interpretazioni del giudaismo – e credo di averne diritto.

    - Si può riferire agli ebrei come gruppo etnico – e certamente non mi sognerei di criticare gli ebrei in quanto “razza”, o gruppo etnico, o gruppo sociale. Non troverete cose del genere nei miei scritti.

    - Ma credo che siamo autorizzati a criticare l'ideologia ebraica – il terzo dei tre riferimenti per definire il termine 'ebreo'.

    Ma per farlo, per prima cosa bisogna che definiamo cosa sia l'ideologia ebraica.

    E io definisco l'ebraicità - o l’ideologia ebraica - come espressione in diverse forme del concetto di “popolo eletto”.

    Ma ci sono alcuni bravi accademici americani che la chiamano "eccezionalismo".

    Altri ancora la chiamano "supremazia".

    E io sono un fermo oppositore del concetto di “popolo eletto” in ogni sua forma - specie se di stampo  razzista.

    Ed è questo che critico dell'ideologia ebraica, dell’ebraicità.

    Ma ora sono interessato a sentire la vostra opinione, perché le vostre domande mi permettono di essere ancora più creativo e incisivo.

    * * *

    PRIMO  INTERVENTO DAL PUBBLICO.

    Mentre la voce di Atzmon si sente con chiarezza, purtroppo l’audio in sala è pessimo – forse non funziona bene il microfono.

    Nell’intervento, la persona dichiara di chiamarsi David, di fare parte del movimento ebraico di solidarietà per la Palestina, di avere letto i libri di cui parla Atzmon nella sua introduzione e di avere apprezzato in parte il libro di Shlomo Sand. 

    Dice anche di avere letto il libro di Atzmon, e dichiara: come molti che lo hanno letto, sono alquanto critico nei confronti della tua opera; la considero una distrazione dall’obiettivo principale che è la lotta per i diritti umani del popolo palestinese, e a mio parere è su questa lotta che dovremmo concentrarci, a prescindere che gli oppressori siano spinti da considerazioni ideologiche o religiose o altro. 

    Ma ciò che rispetto in te, specifica David, è la tua profonda urgenza a indagare sugli aspetti esistenziali della tua identità e quella degli ebrei con cui vieni in contatto – e credo sia una causa nobile, la tua, perché di certo non ti fai molti amici. 

    Continua David: personalmente sono uno strenuo oppositore del colonialismo e credo che il nostro paese, la Gran Bretagna, dovrebbe vergognarsi per quanto ha causato ad altri popoli per periodi molto più lunghi rispetto a Israele. 

    Nel tuo libro parli di tribalismo degli ebrei. E' vero, gli ebrei sentono la necessità di aggregarsi in forma tribale. Ma questo aspetto è stato amplificato dall’olocausto. Si è verificato un vero senso della collettività nato dalla sofferenza comune. Quella che tu chiami “sindrome da stress PRE-traumatico” esiste davvero negli ebrei, ed è diventata una sorta di religione. E’ un fenomeno del tutto irrazionale e credo che non possa essere analizzato. E' vero, gli ebrei hanno diversi aspetti con cui confrontarsi perché, come dici tu, quello che viene fatto ai Palestinesi in nome degli ebrei è vergognoso. Però mi viene da chiedere – anzi chiedo a te: perché mai il 94% degli ebrei ha appoggiato il massacro di Gaza del 2008/09? Bisogna chiedersi: cos’è che porta gli ebrei ad essere uniti in un legame tanto indissolubile da permettere che perfino atrocità del genere possano essere perpetrate? Non può essere spiegato unicamente dal fattore del tribalismo, che esiste in ogni cultura, anche quella britannica e anche quella palestinese. 

    Comunque, conclude David, la tua missione non è la mia, anche se capisco che sei influenzato dal tuo passato. La parte che mi è piaciuta del tuo libro è quella in cui racconti la tua storia personale. Parli ad esempio di tuo nonno dicendo che era un terrorista sionista che si è schierato dalla parte della gente che è venuta per occupare quella terra. Ho letto il libro di Shlomo Sand, e devo dire che preferisco la sua spiegazione alla tua. Lui dice che gli ebrei hanno avuto bisogno di inventarsi come popolo. Ed è vero: gli ebrei non sono un’etnia, il popolo ebraico è un’invenzione basata sul mito. E sono daccordo: quando i miti si impossessano di noi, vanno distrutti. E così mi chiedo: come uscire ora da questa situazione, anzi lo chiedo a te.


    RISPONDE GILAD ATZMON

    Hai sollevato molte questioni interessanti. Andrò per ordine.

    Dici che il mio approccio costituisce una distrazione. Ma vediamo se questo è vero.

    Se la soluzione del cosiddetto “conflitto” palestinese fosse semplicemente di ordine politico, allora si potrebbe anche considerare la mia ricerca una distrazione da un aspetto di puro ordine politico che richiederebbe una soluzione politica.

    Ma se si trattasse di un conflitto di mera natura politica, viene da chiedersi: perché mai non è ancora stato risolto dopo tanti decenni?

    Non è stato risolto perché non si tratta di un conflitto politico.

    L’intera questione viene approcciata facendo un mucchio di errori, che sono la conseguenza di quanto abbiamo ereditato dalla tradizione della corrente sinistra marxista che ha dominato questo discorso nel periodo iniziale della discussione.

    Ad esempio, abbiamo voluto vedere Israele come un’entità coloniale – perché? Perché ci semplifica le cose:  se si trattasse di occupazione puramente coloniale, sarebbe seguita da un periodo post-coloniale e tutto andrebbe a posto.

    E invece abbiamo un problema qui. E mi spiego.

    Il colonialismo è un fenomeno caratterizzato da un rapporto tra “stato madre” e “stato colonizzato”. Se Israele è lo stato colonizzato, quale sarebbe lo stato madre? Non esiste questo stato madre, e Israele non è un fenomeno coloniale. I docenti di questa università che vi insegnano che si tratta di colonizzazione, dovrebbero essere contestati.

    Né si tratta di “Apartheid”.

    E’ vero, l’intera questione evidenzia i SINTOMI dell’aspetto coloniale – così come mostra i sintomi di apartheid. L’analogia che mi viene in mente è quella del paziente che va dal medico e dice: ho dei forti dolori muscolari che a me sembrano chiari sintomi di un tumore. E il medico risponde: prova intanto a fare esercizi di palestra per il dolore muscolare. Magari i sintomi sono simili, ma sicuramente non vorrai iniziare una chemio-terapia se si tratta di semplici dolori muscolari, giusto?

    Non si tratta di colonialismo e non si tratta di apartheid.

    Perché apartheid è chiaramente una forma di sfruttamento della popolazione indigena. Ma gli israeliani non sono arrivati in Palestina per sfruttare la popolazione indigena.

    Sono arrivati per spazzarla via.

    Quindi, per devastante che sia, l’unico equivalente, nella storia, con il barbarismo e l’espansionismo israeliano, e con la sua filosofia di stampo razzista, è la Germania nazista.

    E' la Germania nazista e voi avete paura di affermarlo. Perché se sei un docente, hai paura di essere licenziato.

    Ma io non sono un docente – e quindi posso dire la verità.

    L’aspetto inquietante, sul quale non ci troviamo d’accordo, è che IL SIONISMO  E’  NATO  PRIMA  DEL  NAZISMO.

    Il sionismo è stato ufficialmente fondato nel 1897 – mentre il nazismo è nato dopo il 1920.

    Ma il nazismo è morto.

    Mentre Israele continua ad essere uno stato etnocentrico espansionista spinto da motivazioni di stampo razzista e ossessionato con il “Lebensraum” (un termine usato dai nazisti: il cosiddetto “spazio vitale” che a loro dire giustificava l’invasione nazista dei paesi confinanti).

    E voi avete paura di dirlo apertamente.

    E dunque il mio amico David, qui, menzionava l’olocausto.

    Ma il sionismo è nato molto prima dell’olocausto.

    Altro aspetto interessante – e qui concordo con Norman Finkelstein – è che il sionismo si è affermato, non dopo l’olocausto, ma dopo il 1967. Dopo che lo stato ebraico è riuscito a celebrare i suoi sintomi a spese di cinque stati arabi.

    Il rapporto che Israele ha con l'olocausto è una storia inquietante che potete leggere nell’opera di Segev.

    Se leggete la storia, vedrete che negli anni ’40, ‘50 e ’60 i sopravvissuti all’olocausto non erano affatto benvenuti in Israele – venivano scherniti.  E’ stato solo negli anni ’80, quando io ero soldato di leva, che Menachem Begin ha cominciato a parlare della sua famiglia in connessione con l’olocausto. In quel momento si trovava in un villaggio Palestinese che era appena stato invaso dai commandos israeliani.

    Solo negli anni ’80 gli israeliani cominciarono a fare la connessione politica tra la loro realtà e la storia.

    A proposito dell'identità tribale.

    Hai ragione: è un fenomeno che ci riguarda tutti. Non ho niente contro il tribalismo – in effetti mi piace. Certo. Mi piace quando vengo invitato a dare concerti in Baviera, e prima di iniziare a suonare, passare una bella serata tribale in un tipico locale tedesco a mangiare un buon arrosto di maiale in compagnia di tutti quegli amici bavaresi molto gioviali. Fantastico!

    Ma loro non celebrano il loro tribalismo a mie spese!

    E’ questo il problema con il sionismo.

    In Palestina i sionisti celebrano il loro tribalismo a spese dei Palestinesi.

    E in questo paese, con l’assistenza della CFOI, e cioè gli amici conservatori di Israele all’interno del parlamento britannico – (i sionisti) celebrano il loro tribalismo a nostre spese. E qui specifico che ormai mi considero cittadino britannico a tutti gli effetti, e quindi dico a “nostre” spese, ma se la cosa non vi piace, dirò: a vostre spese – per me è anche più divertente.  (Risate in sala).

    Parliamo della soluzione al cosiddetto conflitto. Questo è l’aspetto fondamentale, la questione cruciale.

    La pace?

    Ebbene, io so perfettamente come fare per portare la pace nella regione.

    Sarebbe possibile portare la pace in due-tre minuti.

    Non ci credereste, vero? Eppure è davvero semplice.

    Sarebbe sufficiente per Netanyahu, o per il suo successore che sarà un altro come Netanyahu, di alzarsi una bella mattina e dire: oh miodio – negli ultimi 60 anni e passa, abbiamo occupato la Terra che in realtà appartiene ai Palestinesi. E ora abbiamo un problema: noi viviamo qui mentre loro sono sparsi in giro per il mondo e in campi profughi.

    E quel premier israeliano in quel momento dovrebbe ricordarsi che tuttora il 95% dei villaggi sottratti ai Palestinesi è del tutto disabitato. I villaggi sono stati rasi al suolo, ma le terre sono libere e sono considerate proprietà israeliana. Lo stato non sa cosa farne e c’è un dibattito di lunga data su come utilizzarle. Esiste la proposta di installare dei Kibbutz, e cioè di socializzare queste terre palestinesi. Per ora su queste terre non esistono centri abitati e in realtà i palestinesi potrebbero tornare a viverci.

    Questo sarebbe il compimento, la realizzazione, del sogno sionista. Perché così gli israeliani non solo riuscirebbero a vivere nella Terra che considerano la loro patria, ma per la prima volta nella storia ci vivrebbero in pace e amore con i loro vicini.

    Fantastico, no?

    Ma dov’è il problema?

    Perché questo accada, se vogliamo essere politicamente corretti, Israele deve prima essere de-sionizzata!

    Anzi, per dirla tutta: Israele deve essere de-ebreizzata!

    E non dico de-giudaizzata, perché gli israeliani non credono nel Giudaismo, non sono religiosi.

    Devono liberarsi del loro senso di supremazia.

    Purtroppo non credo che lo faranno mai di propria spontanea volontà. 

    Qual è l’ostacolo?

    Come dicevamo, non si tratta di un ostacolo politico.

    Conosciamo bene i parametri del conflitto: si tratta di un ostacolo che riguarda l’identità - un ostacolo culturale.

    Una anno fa, partecipavo ad una conferenza sulla soluzione dello “Stato Unico” – perché io credo alla soluzione dello stato unico, che personalmente chiamo “uno stato per i suoi cittadini”. Cos’è che ci piacerebbe vedere? Che ci fossero le condizioni che abbiamo anche qui: il diritto per tutti i cittadini di vivere nell’eguaglianza. Io sono ora un cittadino britannico e godo degli stessi diritti civili che avete tutti voi. E’ questo che vogliamo vedere in Palestina.

    Insieme a me hanno preso parte a quella  conferenza le persone che conosciamo e apprezziamo e tutte parlavano di quanto sarebbe meravigliosa la soluzione dello stato unico, e la pace, e tutto il resto.

    Ma io commentavo: certo che sarebbe bello, ma purtroppo ci sono alcuni problemi. La nozione di Pace non esiste nella cultura ebraica. Il termine ‘Shalom’ non significa Pace. Significa ‘sicurezza per gli ebrei’. Avete mai notato che quando si parla di negoziati, l’unico argomento che sentiamo da parte di Israele è: sicurezza, sicurezza, sicurezza ...

    Questo aspetto è cruciale, perché ci dimostra che abbiamo a che fare qui con una barriera culturale.

    Perché da alcuni mesi ormai il mio libro è un best seller?

    Perché io sono l’unico nella storia ebraica moderna ad essere abbastanza coraggioso – o abbastanza stupido, decidete voi – da affrontare certi aspetti, come quello della barriera culturale.

    Spero di avere risposto a tutti i tuoi quesiti.


    ALTRA DOMANDA DAL PUBBLICO.

    Parla un signore, si presenta, ma come prima non si sente bene – parla con tono alquanto agitato inciampando nelle parole, e dice:  per tornare alla questione della sinistra marxista  - e Atzmon con tono rilassato e scherzoso – quasi a volere mettere la persona a proprio agio - commenta «non è un crimine». (Risate).

    Continua agitato il signore: non mi è piaciuta la tua analogia con la Germania nazista e ti spiego perché. La Germania nazista non ammetteva critiche e opposizione. Se contestavi, finivi con la testa spaccata oppure in un campo di concentramento. Ammetto che in Palestina esista l’oppressione, che si tratti di una società oppressa, ma allo stesso tempo esistono i movimenti di solidarietà, e quelle persone magari a volte vengono ammanettate e portate via, ma non finiscono con una pallottola in testa.

    Altro aspetto – continua il signore dal pubblico. Quando dici che quella società manifesta sintomi coloniali, dico che è vero, i sintomi coloniali ci sono, ma la tua è un’affermazione astuta a supporto di una tesi errata, e ti faccio un esempio. All’inizio i sionisti si sono avvicinati alla Gran Bretagna, giusto? E vi è stata la ‘Dichiarazione di Balfour’ e tutto il resto. Giusto? Poi negli anni ’40 e ’50 si sono avvicinati agli Stati Uniti. Cos’è stato? L’influenza di Hollywood? Certo che no. E’ che l’America era diventata la maggiore super-potenza dell’epoca.

    Altra affermazione che ti contesto – continua il signore dal pubblico. Dici che c’è una continuità tra sionismo e anti-sionismo ebraico. Non la vedo affatto così. Sembri avere un problema con chiunque sia un ebreo anti-sionista, perfino se si impegna nella campagna BDS come fanno tanti che sono qui presenti e che sono attivi nella campagna di solidarietà pro-palestinese. E perfino con quelli che, come me, hanno contestato un concerto dell’orchestra israeliana a Londra … (Aggiunge anche una critica ad Atzmon, accusandolo di contestare il veto che gli ebrei anti-sionisti hanno posto sulla discussione dell'olocausto - non si sente bene la domanda, ma in seguito la risposta di Atzmon è molto chiara).

    RISPONDE GILAD ATZMON

    Cercherò di rispondere a tutte le tue perplessità.

    Ho equiparato Israele e la Germania nazista SUL PIANO IDEOLOGICO.

    Ho parlato di una società etnocentrica, espansionista, spinta da motivazioni di stampo razzista. Su questi tre punti, Israele e la Germania nazista sono paritari. Su questo non c’è alcun dubbio.

    Ora, è vero che la Germania è stata molto più feroce. Ma vorrei farti notare che secondo le statistiche più recenti, un quarto della popolazione palestinese è passato per le galere israeliane.

    Un quarto!

    Non credo esista un’altra nazione con un tale record.

    E quando sulla Mavi Marmara, 9 attivisti per la pace non corrispondevano al concetto della ‘pace’ per come lo intende Israele, sono stati semplicemente giustiziati. Ed esistono filmati a testimonianza di questo fatto.

    E quando Israele ha usato armi di distruzione di massa e il fosforo bianco per uccidere oltre 1.400 civili - scusate, ma io chiamo questo politica omicida istituzionalizzata.

    Applausi e grida di approvazione.

    Grida qualcosa anche la voce dal pubblico che ha fatto l’ultimo intervento, ma non si capiscono le parole – dice qualcosa sull’impero britannico.

    Gilad Atzmon risponde dicendo: se vuoi equiparare le politiche coloniali omicide dell’impero britannico con Israele, sei il benvenuto. Salam Aleikum. E già che ci siamo, vorrei ricordarti che è proprio la Gran Bretagna il responsabile primario di questa crisi. (Applausi). Ma non c’è alcuna contraddizione tra le due equiparazioni. Israele e il sionismo sono ideologie simili al nazismo per le ragioni da me esposte. E solo per le ragioni appena esposte. Ma magari esistono altre similarità con altre nazioni barbariche.

    Parliamo del colonialismo.

    Credo di essere stato davvero molto chiaro. Israele evidenzia i sintomi del colonialismo. Per inciso, il rapporto tra Israele e i coloni (quelli insediati nei territori ufficialmente riservati ai palestinesi) è una relazione del tutto di stampo coloniale. Perché in questo frangente abbiamo uno stato madre e una società di colonizzatori, che sono un piccolo gruppo di circa 300-400 mila coloni.

    Ma il rapporto che gli ebrei del mondo hanno con Israele non è di tipo coloniale – non può essere formulato come struttura coloniale.

    E l’impossibilità di referenziare tale rapporto come struttura coloniale ci insegna che abbiamo a che fare con un modello, un fenomeno, assolutamente unico nella storia.

    Ultimo punto. Io e gli ebrei anti-sionisti.

    Prima di tutto vorrei chiarire che sono ben felice di vedere quanti più ebrei partecipare a questo movimento (di solidarietà con la Palestina). Israele è lo stato ebraico e vogliamo che il più alto numero possibile di ebrei prenda parte al movimento di solidarietà in favore dei Palestinesi.

    Ma c’è una cosa che non vogliamo.

    Non vogliamo che siano gli ebrei a essere i protagonisti in comando del movimento.

    Il movimento non riguarda gli ebrei, riguarda i palestinesi.

    Questo è un fatto inequivocabile per me. E se non siete d’accordo, rimarrò fermo lo stesso sulla mia posizione e non la metterò in discussione.

    Quanto al concerto dell’orchestra filarmonica israeliana che avete contestato. Forse è stato un gesto lodevole, forse no.

    Ma mi chiedo come reagirete la settimana prossima quando si terrà in quella stessa sala, a Londra, un concerto di un'artista palestinese e arriveranno i gruppi di sionisti fanatici per boicottare il concerto. Voglio vedere quale sarà allora la vostra posizione morale.  

    Dobbiamo pensare a questi aspetti e dobbiamo agire con grande responsabilità. Quando ci alziamo la mattina, dobbiamo chiederci: in quale misura ciò che facciamo nel nostro attivismo è davvero in favore della Palestina, e in che misura serve invece per darci una pacca sulle spalle, congratulandoci per essere gli ebrei buoni, quelli bravi.

    Non sto dicendo di conoscere la risposta – sono un filosofo e come tale mi pongo e sollevo domande.

    Per quanto riguarda quel divieto idiota del movimento anti-sionista ebraico a discutere l’olocausto, la mia posizione è molto chiara.

    Vi consiglio di leggere i miei scritti in proposito perché sono della ferma convinzione che la Storia appartenga a NOI TUTTI e vada discussa senza restrizione alcuna.

    In quanto israeliano sono stato addestrato ad uccidere gli Arabi, i Palestinesi, in nome delle sofferenze degli ebrei, e cioè della Shoah (in cui gli Arabi non hanno avuto alcun ruolo!). E allora cosa dite: sono autorizzato  a mettere in discussione questo capitolo della mia storia - sì o no?

    Dal pubblico in coro: Sì!

    E il movimento ebraico pro-palestiense non vuole che io lo metta in discussione! E chi sono loro per volerlo vietare?

    Urla una voce dal pubblico: Ma tu ci credi che sia avvenuta, la Shoah?

    Risponde Atzmon: Non è questo il punto! Certo che è avvenuta! Una persona della mia famiglia è morta nella Shoah! Ma è importante capire cosa sia successo davvero! A nessuno viene in mente di negare che sia avvenuta e che Hitler abbia agito con estrema crudeltà e forza omicida nei confronti degli ebrei.

    Ma la storia è un patrimonio importante che ci appartiene, e dobbiamo reclamare il nostro diritto a indagarla e conoscerla.

    E l’olocausto diventa un capitolo significativo se riusciamo a trarne una lezione.

    E chi dovrebbe in particolare imparare qualcosa dall’olocausto?

    Gli ebrei ovviamente!

    Hanno imparato?

    Vediamo.

    Nel 1945, come sappiamo, Auschwitz è stata liberata – ma poco dopo, nel 1948 il villaggio Palestinese di Deir Yassin venne raso al suolo! Massacrato e cancellato dalla mappa geografica!

    Nel 1948 venne perpetrata la pulizia etnica del 75% della popolazione palestinese.

    E nel 1950 Israele ha sancito leggi affatto diverse da quelle naziste di Norimberga!

    E dunque gli ebrei sono stati i primi a chiudere gli occhi sulla Storia.

    Ed è questo il motivo per cui non permetterò che venga negato a voi e a me e a chiunque altro, l’accesso al nostro passato. Capire il passato è importante per costruire un futuro migliore. Per pensare e progettare in modo costruttivo.

    Il pensiero etico è ciò che conta.


    NUOVA DOMANDA DAL PUBBLICO

    Parla un signore con accento non britannico: hai parlato dell’ideologia ebraica come se fosse un pensiero unitario. Ma in Israele esiste il settarismo tra gli ebrei stessi …

    Certamente - commenta Gilad Atzmon

    Continua la voce dal pubblico: … ad esempio vige la segregazione tra gli ebrei Ahkenazi (di origine europea) e i Saphardim (di origine nord-africana, o mediorientale), e quindi ti chiedo cosa pensi di questo aspetto con riferimento all'ideologia ebraica.

    Seconda questione: dicevi prima, che l’intenzione degli israeliani è quella di disfarsi dei Palestinesi, non di sfruttarli. A me tuttavia sembra proprio che gli israeliani facciano entrambe le cose: sia cacciarli che sfruttarli come mano d’opera a basso costo.

    E per ultimo, vorrei fare un commento sulla campagna BDS, sulla quale anche tu sembri avere perplessità. I Palestinesi che vivono nella Palestina occupata sono costretti a comprare i prodotti israeliani. Se noi boicottiamo i prodotti israeliani qui all’estero, sarà anche a svantaggio dei Palestinesi, perché aumenteranno i prodotti israeliani nei territori occupati. 

    RISPONDE  GILAD ATZMON

    Sollevi alcune questioni interessanti. Forse prima non sono stato sufficientemente chiaro.

    Non penso affatto che la società israeliana e l’identità ebraica abbiano carattere monolitico. Se lo pensassi, non avrei scritto migliaia di articoli in cui ho tentato di spiegare la differenza tra la sinistra e la destra (ebraica) – o tra la sinistra immaginaria e la destra immaginaria, e così via. E quindi concordo con te: si tratta di una società con risvolti interessanti.

    Infatti, come dicevo poco fa nella mia introduzione, ho suddiviso gli ebrei in diverse categorie.

    Tuttavia, nel mio libro affronto una categoria soltanto: quella degli ebrei che si considerano e si definiscono
    ebrei innanzitutto.

    E all’interno di questa categoria di “ebrei innanzitutto” troviamo sia i sionisti più fanatici che gli anti-sionisti più radicali. E quindi, non vedo affatto gli ebrei come un’entità unitaria. Assolutamente no.

    La tua seconda osservazione è del tutto valida: i palestinesi vengono SIA spazzati via CHE sfruttati dagli israeliani. Vengono momentaneamente sfruttati come mano d’opera a basso costo fintanto che resistono. Non c’è dubbio. Ma come dimostrano tutti i sondaggi condotti in Israele, gli israeliani se ne vogliono disfare. E come possiamo osservare, tutte le strategie politiche israeliane unilaterali, compreso il lungo MURO eretto tra la popolazione palestinese e i coloni, servono a tagliare i palestinesi dai territori occupati, a tenerli fuori. Gli israeliani preferiscono disfarsi dei palestinesi e poi trovare altrove nella regione mano d’opera a basso costo.

    Per quanto riguarda la campagna di boicottaggio – chiamata BDS.

    Non sono contrario alla campagna BDS, ma è importante fare chiarezza sul boicottaggio e agire in modo intelligente, in particolare per quanto riguarda il boicottaggio culturale.

    Comincio col fare una domanda: ci sono palestinesi di Gaza presenti in sala? Non sembra proprio. E perché?

    Risponde un signore dal pubblico: perché non possono uscire!

    Appunto, commenta Gilad Atzmon: non possono uscire!

    E quando programmo una conferenza sulla Palestina a cui invito studiosi palestinesi di Gaza – NON ARRIVANO MAI – non riescono ad arrivare per la conferenza!

    Ma guarda un po’ - si riesce sempre a fare arrivare qualche ebreo da New York. Che va benissimo per la discussione, intendiamoci. Ma non va bene che possano arrivare loro e non i palestinesi!

    Allora, se veramente vogliamo lottare in favore della libertà dei palestinesi, come la libertà a viaggiare o a spostarsi liberamente (sembra incredibile che un popolo non abbia libertà di movimento nel 21esimo secolo!) come pensiamo di ottenere risultati del genere per mezzo del boicottaggio?

    Il movimento ebraico del boicottaggio culturale ed accademico israeliano, ad un certo punto ha cominciato a prendere di mira ME. Ora, io non sono un israeliano né sono supportato dal governo israeliano. Sono probabilmente uno degli oppositori ebrei a Israele più espliciti del mondo intero. Un altro strenuo oppositore insegna proprio in questa università. (Ilàn Pappe)

    E che ci crediate o no, ci sono anche alcuni israeliani davvero coraggiosi che si impegnano in modo straordinario nell’opporsi al regime, come Mordechai Vanunu.
    (che è stato rinchiuso per 18 anni nelle galere israeliane per avere svelato al mondo l’esistenza e  produzione di armi nucleari in Israele, mentre l’ex-capo dell’agenzia internazionale per l’energia atomica, l’egiziano El-Baradei, ha ricevuto il premio Nobel per la Pace per la "gestione equilibrata" dell'agenzia, in pratica per non avere affrontato il nucleare israeliano, e gode di ottima fama e ora è il candidato alla presidenza egiziana appoggiato dagli USA - n.d.t.).

    Continua Gilad Atzmon: e ci sono perfino alcuni israeliani sionisti che si oppongono a Israele, come  il grande autore e giornalista Gideon Levi - molto prolifico. In genere non concordo con loro, ma comunque ammiro il loro coraggio. 

    E dunque ci sono queste figure del mondo culturale israeliano che si oppongono.

    Gli israeliani, per inciso, sono molto diversi dagli ebrei della Diaspora – perché definiscono sé stessi principalmente israeliani prima ancora che ebrei.

    E c’è il caso recente di un noto autore israeliano, Yoram Kaniuk, che ha appena vinto la causa legale in cui chiedeva di avere il titolo di “ebreo” rimosso dai propri documenti. Dichiarava: non sono un ebreo osservante, sono un israeliano. E sembra che centinaia di altri israeliani si sono uniti alla causa.

    E dunque ci sono degli israeliani che si pongono domande. Non sono proprio moltissimi, ma esistono.


    ALTRA DOMANDA DAL PUBBLICO

    Commenta una voce maschile. Prima parlavi della AIPAC, la Israel Lobby americana. Ho scoperto che fanno parte della AIPAC i soggetti più anti-semiti che si possano trovare in giro. Non so se sei al corrente del pastore evangelico Hagee, a capo della comunità cristiana sionista in America, chiamata anche “Cristiani per Israele”. Questo è un uomo che propaga una interpretazione molto letterale di un passaggio dell’Antico Testamento. Lui vorrebbe che tutti gli ebrei si trasferissero in Israele e che i Palestinesi fossero cacciati affinché si possa avverare una certa profezia nel modo in cui lui la interpreta … (Il signore dal pubblico continua a parlare, ma purtroppo si verifica un disturbo dell’audio e non si sente la parte conclusiva dell’intervento).

    RISPONDE GILAD ATZMON

    E’ un grande problema, hai assolutamente ragione. Ma non ho scritto un libro sui cristiani sionisti. La questione dei sionisti cristiani richiede molta attenzione, molta opposizione, perché si tratta di un gruppo estremamente pericoloso, hai perfettamente ragione. Tra l’altro li troviamo ovunque nel mondo.

    Ma perfino la AIPAC e Israele non formano un organismo unitario. Faccio un esempio con riferimento alla recente richiesta della Palestina presso l’ONU.  Gli israeliani hanno reagito in modo davvero strano. Dicevano di essere opposti alla richiesta. Ma viene da chiedersi: perché mai si dovrebbero opporre!? Ciò che chiedeva la Palestina corrispondeva esattamente a quello che Israele dichiara di volere. E cioè, che i Palestinesi si separino da Israele abbandonando i territori che gli ebrei vogliono  per sé stessi. Ma la AIPAC era assolutamente contraria. E Obama e gli esponenti idioti della sua amministrazione erano totalmente confusi. Perché da una parte, Israele non ha fornito un messaggio chiaro, e dall’altra, la AIPAC – che tra l'altro finanzia la classe politica americana nell'interesse di Israele - si opponeva alla richiesta Palestinese. E quindi, a prescindere dai cristiani sionisti, il rapporto tra la AIPAC e Israele è alquanto sconcertante e richiede un esame approfondito.

    E richiede molta attenzione anche la questione dei sionisti cristiani, non in ragione della AIPAC, ma della vasta influenza che esercitano e dell’enorme supporto di cui godono in America. Ed è un aspetto oltremodo terrificante.


    ALTRA DOMANDA DAL PUBBLICO

    Chiede un signore: mi interesserebbe un tuo commento sugli Ashkenazi ebrei della Kazaria, e sui Semiti, considerando che secondo alcuni scritti di autori ebrei la maggioranza di coloro che stanno occupando Israele e si professano ebrei rivendicando il diritto alle terre della Palestina, in realtà avrebbero radici storiche altrove.

    RISPONDE  GILAD ATZMON

    Questo è un argomento molto interessante. Non è il tema centrale del mio libro, anche se fornisco molte informazioni in merito.

    Gli ebrei europei per come li conosciamo - guardate me, ad esempio: sono un bianco - non hanno le loro origini nella regione mediorientale. Ci sono ragioni valide per ritenere che discendano dai popoli che un tempo abitavano una zona allora chiamata Kazaria, grosso modo la regione dell’attuale Armenia e del Turkmenistan. Si trattava di una popolazione convertita al giudaismo nel nono secolo d.C. – alcune ricerche hanno ricostruito la provenienza esaminando il ceppo linguistico. L’idioma chiamato Yiddish ha molti vocaboli del ceppo germanico, ma in prevalenza della regione allora detta Kazaria.

    Allora. Perché questo aspetto è importante?

    Perché se gli ebrei (europei, bianchi) sono Kazari e davvero vogliono tornare nella terra di origine, la terra promessa, devono andare in Armenia! (Risate nel pubblico). Non hanno niente a che fare con la Palestina.

    E’ questo il motivo per cui gli ebrei contestano il libro di Shlomo Sand, L’invenzione del popolo ebraico.

    Proviamo a fare un ragionamento.

    Mettiamo che improvvisamente decido di essere un elefante. Tra l’altro, espedienti come questi forniscono il metodo più efficace per sottrarsi al servizio di leva in Israele. Io ci ho provato in effetti, con tattiche che a me sembravano convincenti, ma mi hanno risposto: ok cucciolo di elefante, ora torna nei ranghi. (Risate dal pubblico. Chi ha potuto assistere ad altri eventi di Gilad Atzmon conosce bene il suo lato istrionico e senso dell’umorismo).

    Allora - continua Gilad Atzmon - io decido di essere un elefante, e una volta presa la decisione inizio a comportarmi come un elefante, a fare versi come un elefante, a comunicare come fanno gli elefanti. E’ semplice: adotto il linguaggio degli elefanti e divento un elefante.

    Questo è il problema che abbiamo con Israele. Hanno deciso di installarsi in Palestina.

    Il mio non è un background sionista. La famiglia di mio padre è arrivata prima dell’avvento del sionismo. Molti dei miei amici erano lì da tre o quattro generazioni. Ma tutti loro si sono inventati il proprio passato storico. Non sto scherzando. Solo che ormai sono lì e bisogna che troviamo una soluzione che si regoli secondo l’etica dell’umanesimo, con la speranza che loro siano in grado di capire, di apprezzare e di accettare.


    ALTRO INTERVENTO DAL PUBBLICO

    Commenta un signore: vorrei tornare sul discorso del diritto all'identità. Molti sionisti affermano che non esiste un popolo palestinese, eppure loro si definiscono palestinesi sulla base di considerazioni storiche, antropoligiche, culturali, e così via. Personalmente non trovo giusto dire ad un popolo che non esista e questo vale anche per gli ebrei. Ora si vuole convincere il mondo che gli ebrei non sarebbero un popolo.   Ma se loro decidono di essere un popolo e di essere ebrei, perché negare loro questo diritto tirando in ballo la Kazaria come hai fatto tu …

    RISPONDE  GILAD ATZMON

    Ho accennato alla Kazaria per rispondere ad una domanda che mi è stata rivolta – interviene Atzmon. Comunque ti darò la mia risposta.

    Io non sono un politico. Non sono un politico e quindi non dico ai palestinesi cosa pensare e non dico agli ebrei cosa pensare. Il mio compito è quello di analizzare, di cercare di capire ciò che osservo. E se le mie analisi sono corrette, bene! Se sono errate: ok, chiamatemi e spiegate la vostra obiezione.

    Per rispondere alla tua domanda se gli ebrei abbiano il diritto di chiamarsi popolo ebraico. Non sta a me decidere. Dico solo: è un fatto che gli ebrei si identificano con il credo nel giudaismo. Ma non lo critico. Lo osservo. E’ un fatto che si identificano come etnia. Ed è un fatto che si identificano in primo luogo come ebrei. Ma non dico loro di non farlo. Vedo che ci sono “EBREI per la Palestina”, “EBREI per la giustizia”, “EBREI per la pace”. Dico: benvenuti, entrate a fare parte in questi movimenti, fate ciò che volete fare. Ma il mio messaggio è: vedete di non dominare VOI il movimento, di dargli la direzione che volete VOI.

    Voglio essere ancora più chiaro.

    La maggioranza degli ebrei all’interno di questi movimenti pro-palestinesi è estremamente preoccupata dell’anti-semitismo.

    Ma io vi chiedo: è questo l’aspetto più importante per la Palestina? (lo dice battendo la mani sul tavolo per sottolineare l’importanza dell’osservazione).

    No! Sapete cos’è davvero importante? Gli aiuti umanitari! Le forniture mediche! Migliaia di Palestinesi vivono in campi di concentramento israeliani! Ecco cos’è importante! Molto più importante dell'anti-semitismo. Ma voi vi preoccupate dell’anti-semitismo.

    Sapete cosa vi dico? L’anti-semitismo non ha importanza alcuna – e sapete perché? Perché non esiste!

    Non esiste.

    Ormai sono 12 anni che mi dedico a questa discussione. Ma non mi è mai successo di incontrare una sola persona che odia gli ebrei per essere ebrei di origine.

    Vi chiedo: avete mai conosciuto una persona che odia gli ebrei perché sono ebrei?

    Certo, incontro molte persone che si oppongono al potere degli ebrei. E cosa c’è di male?

    Vi assicuro che è una tendenza insolita, l’odio per altre etnie.

    Ora la sala si anima alquanto. Un signore dal pubblico parla di fenomeni di discriminazione contro gli ebrei – purtroppo l’audio è disturbato, anche perché altre voci dal pubblico si sovrappongono.

    Commenta Gilad Atzmon. All'interno del mio attivismo non ho mai risontrato fenomeni di discriminazione degli ebrei per il semplice fatto di essere ebrei. Non dico che la discriminazione sia impossibile. Sappiamo che esistono singoli episodi di discriminazione. Ma non è un aspetto prioritario sul quale concentrare la nostra attenzione all’interno della discussione sulla solidarietà con i palestinesi. All’interno della discussione ci sono tanti altri aspetti che hanno più importanza.

    UN SIGNORE DAL PUBBLICO si dichiara non soddisfatto perché secondo lui il discorso in merito al diritto degli ebrei di definirsi come meglio credono non è stato affrontato in modo esauriente. Dichiara di riconoscere agli ebrei questo diritto. Dichiara inoltre che l’aspetto della provenienza dalla Kazaria non ha alcuna importanza per i coloni israeliani, i quali affermano di avere il diritto sui territori, in quanto i Romani avrebbero cacciato i loro antenati ebrei da Gerusalemme nell’anno 70 d.C. –

    L’unico problema, continua la voce dal pubblico, è che i coloni pur avendo il diritto di riconoscersi in ciò che vogliono, usino questa affermazione come pretesto per cacciare altri dalle terre su cui rivendicano un diritto storico non provato. (Applausi dalla sala).

    INTERVIENE  GILAD ATZMON.

    Vorrei fare notare, che uno dei contributi più importanti forniti da Shlomo Sand nel suo libro, è che di fatto non è mai avvenuta la cacciata degli ebrei da parte dei Romani.

    Io stesso sono cresciuto con la storiella dell’esilio a cui i Romani avrebbero costretto gli ebrei. Ma Shlomo Sand ci riporta alla realtà. Fa notare che i Romani erano conquistatori, e chi si opponeva veniva punito magari con la morte, ma non con l’espulsione. Non esclude che alcuni ebrei siano fuggiti, ma ci fa notare che l’espulsione di massa degli ebrei non è mai avvenuta. Questo discorso fa parte dell’intero castello mitologico sionista.

    Ma ammettiamo per ipotesi che nel 70 d.C. sia davvero avvenuta l’espulsione in massa degli ebrei. Ma che diritto hanno gli ebrei di arrivare in Palestina 18 secoli dopo e dire: hei Ahmed, te ne devi andare, c’eravamo noi qui duemila anni fa. (Risate).

    Gli ebrei avranno il diritto di identificarsi con quello che vogliono, ma vogli farvi una domanda, un esempio.

    Come reagirebbero i cittadini inglesi se improvvisamente arrivasse a Londra un gruppo di italiani a cui ha dato di volta il cervello – e questi italiani iniziassero a scavare nel centro di Londra, mandando il traffico in tilt e alla domanda del sindaco su cosa stessero combinando, gli italiani rispondessero: beh scusate, siamo italiani e duemila anni fa qui c’erano i nostri antenati romani e adesso rivendichiamo il nostro diritto a questo territorio.

    Stiamo parlando esattamente di cosa è successo in Palestina.

    Voi cosa pensate – quegli italiani la farebbero franca? Certo che no!

    Ma i sionisti ci sono riusciti! L’hanno fatta franca su tutta la linea.

    Ecco la risposta all’intera questione.


    ALTRA DOMANDA DAL PUBBLICO

    Prima dicevi che si potrebbe ottenere la pace nel Medio Oriente se gli ebrei sionisti fossero disposti a rinunciare all’ideologia sionista. Tuttavia una delle strategie di difesa di Israele consiste nel contrastare i movimenti ideologici di Hezbollah e di Hamas, che sono movimenti islamici. Quindi ti chiedo: stai suggerendo la necessità di spogliare il Medio Oriente da ogni influenza di ordine religioso? …

    Certo che no! – interviene Gilad Atzmon …

    … e dunque - continua il signore dalla sala – suggerisci che Hezbollah e Hamas siano legittimati a continuare con la loro causa, ma non i sionisti …

    INTERVIENE  GILAD ATZMON

    Questa è la TUA interpretazione di quanto da me affermato prima. Pensavo di essere stato molto chiaro sul fatto che non ho alcun problema con l’aspetto della religione.

    Ho differenziato tra il giudaismo religioso e l’ideologia ebraica.

    Hamas è un’entità politica democraticamente eletta per mezzo del voto politico dei Palestinesi. Il potere di Hamas è un potere politico, pur essendo Hamas un’organizzazione con connotati di ideologia religiosa islamica.

    Ora, uno dei problemi maggiori che ha la sinistra marxista ebraica è che abbiamo a che fare con due movimenti nazionalisti che vogliono vivere entrambi nella stessa terra e hanno entrambi orientamenti religiosi. Da una parte c'è la società palestinese, che sta acquisendo connotati religiosi – perlomeno è questa la tendenza, anche se non sappiamo come la situazione si presenterà tra venti anni. E dall'altra la società ebraica quasi-religiosa - infatti, nonostante molti ebrei si considerino laici, non permetterebbero alle figlie di sposare un non-ebreo, un goyim. E dunque gli ebrei accettano certi aspetti religiosi.

    E allora, come conciliare il modello dell’illuminismo secolare marxista con questi due modelli?

    Personalmente traggo ispirazione da due studiosi palestinesi, dai quali ho tratto la definizione di “uno stato per i cittadini”. Uno stato per i cittadini in cui non fa alcuna differenza se sei musulmano o cristiano o ebreo/giudaico. Qualunque ebreo arabo avrebbe l’onestà di ammettere che un tempo non c’era alcun problema di questo tipo. Mio nonno, in Palestina, parlava l’arabo meglio dell’ebraico, e da bambino la cosa mi creava imbarazzo, lo ammetto. E quando andavamo insieme nel centro storico di Gerusalemme, lui era un Arabo. Era un Arabo di religione giudaica. Andava a pregare nella sinagoga, e non c’è mai stato alcun problema.

    L’Islam non è un problema. 

    L’Islam e il Giudaismo non sono mai stati un problema.

    Ma sono un problema ORA.

    E non per via della religione, ma a causa dell’identità ebraica secolare, o laica.

    E quindi il problema non è Hezbollah, o Hamas. Hezbollah, poi, appartiene ad un contesto del tutto diverso, che riguarda il Libano. Anche Hezbollah è un’organizzazione molto bella, come Hamas. E come Hamas, molto coraggiosa.

    Esistono ragioni valide per ritenere che un giorno, in futuro – e non so se farò in tempo a vederlo  –  si sarà stabilito un forte legame tra le genti della regione. E sarà un vincolo sigillato dal vero credo delle genti in Allah. Perché esiste un solo Dio – e non è Marx. (Risate).

    Il dibattito termina e scoppia un fragoroso applauso.

    Interviene l'organizzatrice della serata che sottolinea «l’importanza di un libro come quello di Gilad Atzmon, con il quale non dobbiamo essere necessariamente d’accordo TUTTI, ma che permette di generare confronti pubblici come quello a cui abbiamo appena assistito su tematiche che necessitano di essere affrontate, in modo che le persone si parlino e le tensioni  sfocino in un dialogo costruttivo, nel quale i problemi non vengano spazzati sotto il tappeto».

    L'organizzatrice ringrazia Gilad Atzmon per essere venuto all’incontro, precisando che «anche Gilad come noi è stato sottoposto a grandi pressioni affinché la discussione fosse annullata. Nella nostra lotta in favore della Palestina abbiamo deciso di non cedere all’intimidazione, di non allentare gli sforzi per una giusta causa come quella della Liberazione della Palestina. Grazie ancora, Gilad, e grazie a tutti voi per essere venuti qui stasera.»

    Applausi fragorosi.

    Grazie – risponde Gilad Atzmon e conclude:

    «Come vedete, ho portato con me il mio sax e come richiesto prima da alcuni, ora suonerò brevemente per voi. Ma prima vorrei ringraziare quelle persone che si sono impegnate per promuovere questo incontro pubblico e per discutere il mio libro resistendo alle pressioni esterne. 

    «In conclusione, per tornare al discorso che facevo ai picchettatori all’ingresso, spero che nessuno in questa sala, questa sera, possa dire di avere sentito parole di razzismo. Ma se avete sentito parole che giudicate razziste, vi sarei grato se me ne parlaste dopo che avrò suonato, perché considero me stesso un autore e attivista anti-razzista. E sono dell’opinione che questioni di ordine razzista, come l’anti-semitismo, siano e debbano essere estranee a questo movimento di lotta per la Palestina. Insisto su questo punto. Grazie a tutti».

    Applausi ed esternazioni di approvazione.

    «Suonerò un brano americano – annuncia Gilad Atzmon, che ha il titolo “Here’s that rainy day” – perché oggi è stato un giorno di pioggia, vero?» – In sala rispondono in coro: Sì! – «Tanto per cambiare» commenta divertito Gilad Atzmon e inizia a suonare.