giovedì 31 marzo 2016

CAMERA DEI DEPUTATI: Commissione Affari Costituzionali: Audizione di esperti su articolo 49 della costituzione - Sintesi delle posizioni espresse con osservazioni.

Testo in elaborazione.
Il filmato della Tvweb della Camera dei Deputati dura quasi tre ore, con interventi di ogni esperto fissati nella media di 10 minuti. Parlano nell’ordine: Felice Besostri, Ivo Diamanti, Mario Dogliani, Anna Falcone,  Luigi Ferrajoli, Tommaso Edoardo Frosini, Cesare Pinelli, Giulio Maria Salerno. Intervengono con domande i parlamentari:   Questo il link: http://webtv.camera.it/evento/9180, in margine al quale vengono qui fatte sintesi ed osservazioni. Non in qualità di “esperto” ma in quella di vittima dell’assenza di una disciplina attuativa dell’art. 49 mi permetto di indicare la mia video intervista del 17 febbraio 2016, in occasione della ricorrenza della morte di Giordano Bruno: https://www.youtube.com/watch?v=8Rku_duIclI. Per una esposizione generale della questione rinvio all'articolo della parlamentare Mara Mucci (Affari Costituzionali), La Costituzione svilita e la necessità di una legge sui partiti, apparso sull’Huffington Post. Al minuto 1:58 si fa menzione al ricorso cautelare presentato da tre attivisti (espulsi) del Movimento Cinque Stelle.

giovedì 24 marzo 2016

Teodoro Klitsche de la Grange: recensione a:

Carl Schmitt, Un giurista davanti a se stesso, Neri Pozza Editore, Vicenza 2012, pp. 312, € 16,50.

Questa non è una delle molte raccolte di scritti di Schmitt tradotti e pubblicati in Italia negli ultimi quarant’anni, ma si prefigge, attraverso i testi e le interviste raccolte (alcuni dei quali già pubblicati in italiano), di “fornire una chiave di lettura per una delle figure più discusse e contraddittorie del ventesimo secolo” e l’“esercizio di lettura che il libro propone assomiglia pertanto alla decifrazione di quelle figure nascoste dentro un paesaggio o in altro disegno che appaiono improvvisamente se si tiene lo sguardo fisso sull’immagine abbastanza a lungo” (così Giorgio Agamben nell’introduzione).

Schmitt è stato uno dei maggiori interpreti della crisi del XX secolo; la sua peculiare concezione del diritto ha fatto si che lui, giurista come si considerò sempre fino alla morte – ma come tutti i grandi giuristi portatore di una visione che trascende il mero orizzonte giuridico – sia stato in Italia apprezzato prevalentemente come politologo e filosofo della politica.

Tuttavia come scrive Agamben nell’attenta introduzione “non si comprende nulla del pensiero di Schmitt, se non lo si situa innanzitutto in una concezione del diritto che poggia su un elemento antagonistico rispetto alla legge”. E tale considerazione è del tutto condivisibile; ancor più a considerare che la polemica anti-normativista di Schmitt è essa stessa rivolta ad indagare la crisi dell’Europa (e del pensiero europeo) del XX secolo, di cui il normativismo di Kelsen – e ancor più quello dei suoi epigoni è stato, ad un tempo, la conseguenza e anche la rappresentazione (forse) più coerente. Risolvere la legittimità nella legalità, l’esistente nel normativo, l’ordinamento nella norma, la decisione sovrana nella coscienza dell’interprete, espungendo (i primi termini) dal diritto è la sintesi giuridica e politica di una concezione che ha perso i riferimenti (e la dipendenza) dalla concretezza e dalla storia. E così da quello che Maurice Hauriou chiamava le fond théologique, al quale la couche juridique è ancorata (e senza la quale diventa ondivaga).

D’altra parte i contributi del giurista di Plettemberg hanno il pregio d’interpretare non solo il tempo a lui contemporaneo, ma anche il futuro. Come si legge nell’introduzione “A quasi trent’anni di distanza, le analisi di Schmitt sono divenute ancora più pertinenti. Si prenda il problema della costituzione europea, che oggi è al centro del dibattito politico. Ciò che il «no» dei cittadini francesi e olandesi è venuto a ricordare è che una nuova costituzione non può essere insediata attraverso accordi «legali» fra governi, ma deve passare attraversi una fase costituente. Un nuovo potere costituito senza un potere costituente può essere legale, ma non legittimo. E nulla è più sconcertante dell’incoscienza con cui le democrazie occidentali, dopo essere scivolate tra le due guerre legalmente nel fascismo, pretendono oggi di trapassare altrettanto legalmente in prassi e forme di governo per le quali ci mancano i nomi e che non sono certo migliori di quello”. Schmitt ha buon gioco nel dimostrare che un potere costituente europeo implica “qualcosa come un patriottismo europeo”. Il quale a sua volta presuppone un sentire comune e un patrimonio che, in omaggio ad un legalismo burocratico il trattato naufragato, col rifiuto delle “radici giudaico-cristiane”, dimenticava e respingeva.

Non sorprende perciò quanto ancora si legge nell’introduzione del saggio Staat, bewegung, volk, tradotto da Cantimori con il titolo Principi politici del Nazionalsocialismo, indovinato perché Cantimori aveva ben capito che Schmitt intendeva ivi delineare i principi del nuovo ordine nazionalsocialista. Come scrive Agamben “Ma, per i lettori attenti di oggi, l’interesse è raddoppiato dalla scomoda, ma ineludibile consapevolezza che questo testo delinea, in realtà, i principi costituzionali delle società postdemocratiche del secolo ventesimo nel cui solco ancora oggi ci muoviamo. Se l’interpretazione che di questo testo proponiamo è corretta, allora esso conterrebbe il centro esoterico e per così dire l’arcanum della teoria schmittiana del diritto pubblico”. Tuttavia oltre che alla biopolitica e al criterio del politico/impolitico il collegamento con le costituzioni novecentesche, del c.d. Stato sociale (o pluriclasse), è, ad avviso di chi scrive, dato dalla continuità (dialettica) dello Stato totale come “autorganizzazione della società”. Stato totale quantitativo nella Repubblica di Weimar, che diviene (anche e soprattutto) qualitativo col Terzo Reich (v. Der Hüter des Verfassung, saggio di Schmitt, peraltro precedente l’ascesa di Hitler al potere).

La stessa capacità di comprensione dell’attualità emerge (tra gli altri) dal saggio sulla “Rivoluzione legale mondiale”, nel quale l’ormai anziano (1978) Schmitt applica all’eurocomunismo - che appartiene di pieno diritto alla fase senescente, ideologica e politica, del comunismo – le proprie considerazioni sull’uso politico della legalità e sul cambiamento legale della costituzione della rivoluzione, già enunciate negli anni ’20 sulla dottrina (e la prassi) leninista e sul costituzionalismo di Kelsen.

Valutando la tesi di Santiago Carillo che i metodi violenti della rivoluzione bolscevica sono “oggi antiquati e si troverebbero nel posto giusto e nel momento giusto solo laddove si trattasse di fare il salto da una società agrario-contadina a una moderna ed industriale. In quanto metodi di una rivoluzione comunista erano legittimi ma non legali. Oggi invece sono superati, perché adesso a essere in questione nelle società industrialmente sviluppate è la potenza statale. Quei metodi, pertanto, non possono più essere un modello appropriato di rivoluzione comunista e devono essere sostituiti da metodi pacifici, vale a dire statali-legali”. Lo Stato peraltro è “il portatore della legalità, la quale realizza quel miracolo che è una rivoluzione pacifica. La rivoluzione, dal canto suo, legittima lo Stato in cambio dell’atto di beneficenza con cui esso permette che abbia luogo una rivoluzione statale-legale. La rivoluzione legale diviene permanente e la rivoluzione statale permanente diviene legale”. Il che significa per gli eurocomunisti condividere la tesi kelseniana sull’abrogazione legale della Costituzione. Schmitt ricorda che proprio le ascese del fascismo in Italia e del nazismo in Francia avvennero osservando le procedure costituzionali, pure quelle dettate in omaggio alla “superlegalità” (concetto di Maurice Hauriou). Quindi, in sostanza nulla di nuovo. Solo che il tutto non elimina il problema della legittimità dell’ordinamento e del potere costituente, ambedue non riconducibili alla legalità.

In particolare il potere costituente ha generato una prassi per il cambiamento di costituzione: “ogni rivoluzionario di professione ha imparato a maneggiarle: si destituisce il governo legale esistente, si convoca un «governo provvisorio» e si indice un’assemblea nazionale costituente… attraverso rivoluzioni grandi e piccole, europee e non europee, è sorta nell’arco di due secoli una prassi legittimante nella legalizzazione del colpo di stato e delle rivoluzioni”. Tuttavia è “difficile immaginare il trasferimento di un potere costituente dalla nazione all’umanità…L’organizzazione attuale della pace mondiale non è utile solo all’unità, ma anche allo status quo dei suoi numerosi membri sovrani. Dovremmo forse prospettarci un’assemblea plenaria dell’ONU p almeno una seduta del Consiglio di sicurezza che si svolga similmente a quella della notte del 4 agosto 1789, in cui i privilegiati rinunciarono festosamente a tutti i loro privilegi feudali?”.

A cercare il “filo di Arianna” in questi saggi e contributi (uno di questi fili perché, data la ricchezza delle riflessioni di Schmitt, ve ne sono parecchi) pare a chi scrive di ricondurlo alla formula che “l’esistente prevale sul normativo”, la quale, pur nelle differenze,     accomuna Schmitt non solo ai concetti ed alla dottrina dello jus publicum europeaeum, ma anche al pensiero di Hauriou e di Santi Romano. Al contrario della dottrina del diritto prevalente nel secondo dopoguerra, dove è il normativo che più che prevalere, non considera l’esistente.

Così i rapporti forza/diritto, legittimità/legalità, costituente/costituiti, comando/obbedienza sono più che risolti, occultati da un normativismo che ha la funzione della notte di Hegel: di rendere grigie tutte le vacche. E così di nascondere il potere sotto la couche di una legalità autoreferenziale. La quale è come il barone di Munchaüsen il quale evitava di cadere nella palude sostenendosi per il codino della parrucca. Prima o poi il tonfo è assicurato.

Teodoro Klitsche de la Grange

martedì 1 marzo 2016

«Bombardare il Quartiere Generale»: può nascere un Movimento “sovrano” di popolo da un atto notarile?

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È forte in noi il dubbio che nella mente dei componenti del Direttorio termidoriani o di altri Capi e Capesse vi sia consapevolezza dei problemi teorici che sorgono da uno straordinario moto di popolo che negli ultimi anni anziché manifestarsi in moti rivoluzionari e violenti di piazza ha espresso il suo esistere dando un vasto consenso di suffragi elettorali a una Lista di ragazzi, disoccupati, sfaccendati, avventurieri che però appariva e dava ad intendere di essere l’anti-sistema, l’anti-politica, lo scossone da dare a un ceto non tanto di ladri quanto di oppressori e tiranni che siedono sui banchi parlamentari con personaggi forse invidiati per i privilegi di cui godono, ma universalmente disprezzati per aver condotto alla rovina un intero Paese e prodotto il generale impoverimento, l'asservimento, la svendita dei beni pubblici e comuni, l'invasione del paese da orde di disperati, provenienti da Paesi nei quali i nostri governanti hanno portato guerra, miseria, pestilenza, devastazioni immani: vengono da noi perché li abbiamo attirati distruggendo le loro case e le basi della loro esistenza politica e civile. Tanto dobbiamo a un ceto politico che manca del più elementare senso del pudore e che tutte le sere mostra la sua faccia nelle tv di regime.

Ma come è nato di colpo il Movimento Cinque Stelle? Su cosa fonda la sua legittimità? Quali nomi si nascondono dietro la scarna dizione «Staff di Beppe Grillo»? Che razza di nuova massoneria è quella di cui non si conoscono i nomi di email che certamente non può aver redatto Beppe Grillo e di cui certamente ignora gli atti? E chi sono gli autori di anonime “segnalazioni” che costituiscono l’unica motivazione di tante “espulsioni” di “attivisti certificati”, la cui unica colpa sembra proprio essere quella di muovere o di aver mosso in anni passati qualche “critica” che appare “non compatibile” con non si sa quale Movimento ovvero atto notarile... Già, un atto notarile, che pare all'origine dell'avventura di Beppe Grillo, condannato per omicidio colposo e con perdita dei diritti politici come pena accessoria. Eppure ha fondato un Movimento politico, il cui Staff commina eguale perdita dei diritti politici, senza che sia intervenuta nessuna sentenza di condanna da parte di quei giudici, che sono diventati dei dell’Olimpo agli occhi dei Portavoce parlamentari, giudici innalzati dalla comune umanità dei restanti cittadini e assurti a Nuove Divinità: è il becero giustizialismo che costituisce cultura politica corrente dei deputati e senatori del Movimento Cinque Stelle. Ma la Virginia... porrà nei prossimi giorni delicati problemi di coerenza con la raffazzonata ideologia del Movimento.

Avendo avuto finalmente copia degli atti notarili genovesi, ne diamo integrale trascrizione, seguita da un nostro commentario. Diciamo subito che ci è ignota la eventuale redazione di atti notarili modificativi di quelli a noi noti, dove inizialmente non compare il nome di Roberto Casaleggio. Beppe Grillo ha forse venduto alla Casaleggio Associati tutto il Movimento Cinque Stelle? Qual è il ruolo effettivo di Roberto Casaleggio, per non parlare di una Roberta Lombardi e addirittura di un Direttorio termidoriano? Ecco il testo dell'Atto notarile registrato a Genova 2 il 18/12/2012 n. 14.154 Serie 1T Modello Unico:

Repertorio n. 3442
Raccolta n. 2689

COSTITUZIONE DI ASSOCIAZIONE
REPUBBLICA ITALIANA

L’anno duemiladodici, il giorno quattordici del mese di dicembre, in Genova (GE), in Via Ceccardi 4/9. Davanti a me dottor Filippo D’Amore, Notaio in Cogoleto, iscritto presso il Collegio Notarile dei Distretti Riuniti di Genova e Chiavari, sono presenti i signori:

– Giuseppe detto "Beppe" Grillo, nato a Genova il 21 luglio 1948 e ivi residente in Via [omissis a tutela della privacy della persona]
– Enrico Grillo, nato a Genova il 13 maggio 1970, residente in [omissis]
– Enrico Maria Nadasi, nato a Genova il 5 giugno 1967 e residente a [omissis].
[Si noti: non compare il nome di Roberto Casaleggio, né quello della Lombardi né i nomi del Direttorio termidoriano. Mentre è noto come soggetto politico il nome di Beppe, ci sono del tutto ignoti i nomi dei due Enrichi: saranno pure proprietari privati del Movimento, ma non soggetti politici cui possa riconoscersi leadership alcuna.]
Detti comparenti, cittadini italiani [almeno questo!], della cui identità personale io notaio sono certo, convengono e stipulano quanto segue: [viene il bello!]


Art. 1 - Tra i Signori Giuseppe Grillo, Enrico Grillo ed Enrico Maria Nadasi è costituita un’Associazione non riconosciuta denominata “Movimento Cinque Stelle”.

Art. 2 - L’Associazione ha sede in Genova (GE), Via Roccatagliata Ceccardi n. 1/14. Potranno essere istituite sedi secondarie ovunque sarà opportuno su determinazione del Consiglio Direttivo.
[Nelle email giunte a molti attivisti “sospesi” e automaticamente espulsi senza possibilità di appello “espulsi” non è mai data nessuna indicazione di sede legale: l'unica replica possibile è la modalità “Rispondi” dello stesso indirizzo di posta elettronica del Mittente, che peraltro non risponde mai alle richieste di ulteriori chiarimenti e che di fatto rende l'intera procedura di “esclusione” dalle Liste, “sospensione”, “esclusione” una farsa tutta kafkiana.]
Art. 3. – L’Associazione ha durata a tempo indeterminato.

Art. 4. – L’Associazione, riconoscendo nella Rete Internet lo strumento capace di assicurare un modello di consultazione e partecipazione effettivamente democratico alla vita politica del Paese, condivide e fa propri gli obiettivi politici programmatici formati e pubblicati nel sito www.beppegrillo.it/movimento5stelle.
[È questa è una vera e propria stupidaggine che denota la più crassa ignoranza di quali siano i fondamenti della politica, ossia la presenza reale del popolo sovrano, secondo quanto insegnano i più alti maestri del pensiero politico. Inoltre, è sperimentato come l’uso del blog di Beppe Grillo non sia esente da censura. Gli unici spazi consentiti sono i “commenti”, non moderati e spesso pieni di contenuti illegali. I testi degli articoli propriamente detti non sono ascrivibili agli Iscritti, Associati, Soci, Attivisti o come chiamar si voglia. La pubblicità sovrabbondante rende pressoché illeggibile il Blog, che si caratterizza più come organo di propaganda (ossia al fine di promuovere mera adesione) che non di riflessione ed elaborazione critica collettiva. Quindi è una strumento del tutto inadeguato per la formazione democratica e condivisa degli “obiettivi politici programmatici” ex art. 49 cost. più sotto richiamato nello stesso Atto notarile.] 
L’Associazione
(segue)



«Bombardare il Quartiere Generale»: Homepage

Vengono qui riuniti i collegamenti principali a pagine di questo blog, o di altre fonti, che intendono rivolgere una critica costruttiva a una conduzione quanto mai antidemocratica e “segreta” di un Movimento di popolo, sorto pressoché spontaneamente, ma raccolto e incanalato da un comico geniale, dove “comico” ha nulla di riduttivo o spregiativo, di nome Beppe Grillo, che dopo averlo evocato sembra essersi spaventato e ritratto davanti allo spettacolo del potere costituente del popolo italiano, per troppi hanno soffocato, schiacciato, umiliato da un ceto politico che in 70 anni dalla disfatta bellica ha soltanto gareggiato nel sistema dei partiti, cosiddetta partitocrazia, in una gara di “servilismo”, la cui cupidigia fu subito denunciato da un padre costituente, Vittorio Emanule Orlando, in un celebre discorso dove fustigava i firmatari italiani del Trattato di Pace con gli USA, che ancora oggi occupano il territorio italiano, lo inquinano e devastato, ci costringono a quelle guerre che tornano loro utili, mentre ci vengono vietate quelle che non ci vengono da loro stessi comandate.

La serie «Bombardare il Quartiere Generale» trae metaforicamente il suo nome dai movimenti di piazza che nel 1968 scossero la scena politica italiana che con tutti i suoi limiti, lasciati al giudizio degli storici, produsse però un grande moto riformatore nelle vita del Paese, di cui uno dei frutti fu quello «Statuto dei diritti dei Lavoratori», oggi abolito. L’idea del “reddito di cittadinanza”, posto al primo punto del Movimento Cinque Stelle, non è ad oggi andata in porto, e non è certo che vi giunga a breve, ed è ancora meno certo che non sia altro che un mero sussidio di disoccupazione generalizzato: non sembra che sia stata appieno compresa la portata rivoluzionaria costituente dal passaggio dal “diritto al lavoro” al “diritto al reddito”, con conseguente revisione dell'art. 1 della costituzione vigente. In compenso, parlamentari improvvisati e paracadutati in parlamento da una sorta di videogioco, hanno per un verso venduto ogni residuo diritto alla libertà di pensiero, di sua manifestazione, di ricerca, di insegnamento, di critica politica ed hanno speso quasi tutte le loro energie all'introduzione del matrimonio omosessuale. È vero che si sono guadagnati la fiducia del popolo riducendosi lo stipendio da 20 mila a tremila euro, ma è anche vero che per buona parte di essi tremila euro mensili è il massimo che abbiano mai guadagnato nella vita. Non basta per essere degni e capaci di poter risollevare il popolo italiano, che rischia seriamente di scomparire nell’arco del prossimo decennio.

BOMBARDARE IL QUARTIERE GENERALE

 «…Adottando la posizione reazionaria della borghesia hanno applicato una dittatura borghese e soffocato il
nascente movimento della grande rivoluzione culturale proletaria. Essi hanno capovolto i fatti, confuso il nero col bianco, accerchiato e represso i rivoluzionari, soffocato le opinioni diverse dalle loro e imposto il terrore bianco. Senza esitare davanti a niente hanno gonfiato l'arroganza della borghersia e abbattuto il morale del proletariato. Che perfidia! Considerato in rapporto alla deviazione di destra del 1962 e alla tendenza erronea del 1964 apparentemente "di sinistra" ma in realtà di destra, non deve tutto ciò farci riflettere profondamente?» Tratto metaforicamente dal Libretto Rosso delle Citazioni di Mao Zedong.

1. 

«Bombardare il quartiere generale»: altri casi di “espulsioni” di attivisti storici del Movimento. Le follie dello Staff massonico.

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Nella stessa giornata, oltre al mio (che mi lascia assolutamente sereno d'animo) vengo a conoscenza di altre due “espulsioni” a loro insaputa. È davvero qualcosa di kafkiano quanto accade in un Movimento che nasceva come forma embrionale di democrazia diretta, nel più completo rifiuto del sistema e dei metodi di partito. È il caso di Fabio Castellucci, che ha dato una spiegazione della sua “espulsione” come conseguenza di una serie di critiche fatta dall’interno. Pare ovvio che le critiche, di ogni genere ed anche radicale, in un Movimento democratico debbano essere non solo permesse, ma anche promosse e sollecitate. L'altro caso è di Roberto Motta, che ha rilasciato un'intervista, o meglio è stato sorpreso mentre mangiava da un giornalista della Tv de l'Unità. Il numero e la qualità delle “espulsioni” è tale da consentire la formazione di una sorta di “corrente” tutta interna al Movimento. A ben riflettere la comunicazione anonima, burocratica, immotivata di una “espulsione” da parte di uno «Staff» di assai dubbia legittimità non è certo sufficiente a far cessare le ragioni tutte politiche di adesione ad un Movimento. La partecipazione al Movimento è fatta in primo luogo da un rapporto diretto di conoscenza del Movimento stesso: nessuno ne ha migliore conoscenza di chi vi è stato dentro. Si può non avere più fiducia nel Movimento ed in questo caso lo si abbandona e ci si allontana: è questa la vera “espulsione” che può essere solo una “autoespulsione”. Con il loro atto arbitrario quanti si nascondono dietro la dicitura “Staff di Beppe Grillo” hanno aperto una grave lacerazione dentro il Movimento. Lo Staff è chiamato a render conto dei suoi atti arbitrari non solo ai singoli espulsi, quanto ai cittadini che in nove milioni hanno dato vita al Movimento. A ogni attivista ancora non espulso, ma passibile ad ogni momento di inaspettata espulsione, a capriccio e senza sapere perché, è fatto obbligo, morale, di aprire un dibattito interno. Di questi episodi si sapeva potessero avvenire solo sotto l’imperio dello stalinismo: che appaiano ancora oggi è cosa inaudita e intollerabile. L’episodio analogo che riguardava Gramsci in carcere può essere istruttivo ed è il caso di rivisitarlo. Credo quindi che se verrà accolto l’invito fatto agli espulsi di non lasciare il Movimento potrà avviarsi un’importante fase tutta interna di discussione e contestazione (“Bombardare il quartiere generale”), che farà del bene, non del male, al Movimento tutto. Con la nostra pubblica protesta non è in alcun modo nostra intenzione disaggregare il Movimento, ma al contrario renderlo più forte e più aperto alla libera, sicura e garantita partecipazione dei cittadini, di tutti i cittadini e non degli aspiranti professionisti della politica alla ricerca di candidature e di cariche.