mercoledì 24 ottobre 2018

«La fine della democrazia?», in una recensione di Klitsche de la Grange a Rougier.

Acquisto.
Louis Rougier,  La fine della democrazia? Oaks Editrice 2018, pp. 207, € 18,00

Come scrive De Benoist nella prefazione di quest’opera di Rougier “In realtà, il punto di vista di Rougier può riassumersi nel modo seguente: lungi dall’essere fondata sulla ragione, come credevano i filosofi del XVIII secolo e, dopo di loro, i rivoluzionari del 1789, l’ideologia democratica si basa su una mistica che impregna i suoi principi essenziali. Il nucleo di questa mistica è il “dogma dell’uguaglianza naturale” … Questo dogma è stato poi diffuso e ridefinito dalla Scolastica cristiana, nel protestantesimo  calvinista e dalla filosofia degli Illuministi. Ora, per Louis Rougier, l’egualitarismo è una “semplice utopia”. Secondo Rougier “è il primato della ragione oggettiva, intesa in modo diverso ma ugualmente sostenuta dalla teologia cristiana e dai filosofi “illuminati”, che permette di stabilire tra questi un legame decisivo”: questo, spiega Rougier, perché il razionalismo “proclama l’uguaglianza naturale degli uomini e l’identità della ragione di ognuno di essi perché le verità razionali vengono comprese da tutti allo stesso modo e perché i caratteri essenziali che caratterizzano una specie non comportano diversi gradi di perfezione”. Tuttavia aggiunge “Le scienze storiche ci rivelano che le razze, i popoli, le collettività, le classi sociali, i corpi professionali hanno una mentalità distinta, una psicologia che è loro propria, un’idiosincrasia che impedisce di confonderli tra loro. La disuguaglianza è sempre prevista dalla natura”. Come Tocqueville (per l’aspetto istituzionale) il filosofo fracese pone l’accento (per il pensiero politico e non solo) non sulla rottura tra rivoluzione e ancien régime, ma sulla continuità: “Questa continuità, sottolinea Rougier, è evidente soprattutto nel caso della nozione di uguaglianza, introdotta nel pensiero europeo dal cristianesimo con il tema puramente metafisico di una relazione egualitaria tra tutte le anime e Dio, poi ripresa dai filosofi del XVIII secolo che, strappandola dalla sfera teologica, si sono sforzati di inserirla all’interno della sfera “materiale”, profana, del mondo civile e politico”. Ma dato che la disuguaglianza è nella realtà, l’aspirazione all’uguaglianza è una mistica: una credenza non fondata sulla realtà ma su convinzioni (a sfondo non-razionale). In questo Rougier è debitore di due pensatori: Vilfredo Pareto e Gustave Le Bon, ambedue convinti del ruolo delle azioni irrazionali nella condotta umana. E anche di Guglielmo Ferrero, sia per l’importanza della legittimità (decisiva per la conservazione delle comunità umane), che non è spiegabile razionalmente (o del tutto razionalmente, Hobbes docet); sia per la distinzione tra società qualitative (antichità e Medioevo) e civiltà quantitative (il cui prototipo  sono gli USA).
Il libro è impreziosito da un saggio di Giovanni Sessa su “Rougier e il problema della democrazia” il quale scrive, “Il suo pensiero ci conduce al centro del dibattito politologico contemporaneo impegnato a discutere attorno alla crisi della democrazia. A differenza di Rougier, riteniamo che ad essere in crisi non sia tanto la democrazia in sé, la democrazia nata in Grecia, quanto piuttosto il suo modello liberale”. Questo perché il sistema prevalente di democrazia, è “quello rappresentativo, vale a dire liberale, che ha subito, negli ultimi trent’anni, una radicale involuzione in senso totalitario … La democrazia rappresentativa è oggi segnata dal tratto totalitario: il popolo, suo soggetto politico, è stato posto in una condizione di sudditanza e minorità”.
Tale sviluppo ha avuto, sostiene Sessa “un iter parallelo a quello della post-modernità…Per la qualcosa, sarà bene affrontare il discorso relativo alla crisi della democrazia, assieme all’esegesi della post-modernità, al fine di rintracciare possibili vie d’uscita dall’una e dall’altra”.
Il tutto è dovuto al fatto che nello Stato-Leviatano moderno, i cittadini delegano ai rappresentanti l’esercizio della sovranità (di cui sono così spogliati).
Nella (fase) post-moderna il potere reale è stato scisso dal potere politico. Le oligarchie finanziarie “gestiscono i flussi finanziari in una situazione, sotto il profilo politico, paradossale: lo ‘statalismo senza Stato’. Fluidità e breve durata connotano la nuova ‘economia dell’esperienza’ che ha rinunciato a progetti a lunga scadenza. La precarietà si è incisa, pertanto, come segno tangibile, nelle vite di noi tutti. L’individuo post-moderno è solo perché è uomo senza Tradizione, senza passato e memoria, proiettato in un presente deprivato di profondità esistenziale e ridotto al consumo…Pertanto crisi della democrazia e della modernità, si intrecciano ad una crisi esistenziale e valoriale senza precedenti. Le pagine di Rougier, pur essendo attualissime, pensiamo debbano essere aggiornate alla situazione contemporanea”.
Secondo Sessa “L’alternativa possibile all’oligarchia finanziaria e transnazionale della governance, può davvero essere ravvisata nel concetto greco di democrazia, nella democrazia organica, centrata sulla sovranità popolare e sulle identità etno-culturali”; e solo “il pensiero di Tradizione, può indirizzare gli uomini contemporanei a recuperare il loro ‘da dove’, in funzione del loro ‘per dove’. Solo la Tradizione è in grado di svolgere il ruolo alchemico del solve et coagula nei confronti della pulsione populista e di trasmutarla in visione comunitaria”.
In altre parole “uno vale uno” non basta: come scriveva già Montesquieu (ripreso nel XX secolo da Forsthoff) per far funzionare la democrazia occorre la virtù (carattere qualitativo per eccellenza).
Rougier scrive che la mistica democratica non regge al confronto col dato reale: “Per far uso della sua autorità il popolo sovrano deve procedere ad una organizzazione del potere. Dato che in un grande Stato questo potere il popolo non può esercitarlo direttamente, esso lo delega ai suoi rappresentanti e così si afferma ciò che il Michels ha chiamato la legge ferrea delle oligarchie”.
Peraltro “regimi democratici tendono irresistibilmente ad accrescere le prerogative dello Stato, o, per meglio dire, di coloro che lo rappresentano, a detrimento delle libertà individuali”, con la conseguenza che “I cittadini verranno sempre più amministrati e per via della complessità delle funzioni dello Stato essi saranno sempre meno in grado di controllare… Come secondo la leggenda dell'apprendista stregone, l’individuo, dopo che sono stati fatti scorrere fiumi di sangue per liberarlo, diverrà l’uomo-servo di una nuova feudalità, di una feudalità più oppressiva di ogni altra perché anonima: della burocrazia statale”. Come scriveva Max Weber ed è nel DNA del pensiero borghese, almeno dall’epoca delle rivoluzioni francese ed americana.
Un libro interessante, anche per gli sviluppi che profila. Una considerazione conclusiva. Il concetto di rappresentanza, come mostrato da Carl Schmitt, non è limitato all’ordinamento borghese; in realtà è un principio di forma politica, il quale, insieme all’opposto, quello di identità, in varie conformazioni e rapporti modella la concreta forma dell’istituzione politica. Al rapporto necessario ha i due principi non sfugge alcun regime: né la monarchia, né la dittatura, l’aristocrazia, né altra.
Costruire qualcosa di nuovo, una democrazia organica e/o qualitativa non potrà prescindere da questa necessità fattuale.
Teodoro Klitsche de la Grange
-->

lunedì 22 ottobre 2018

Pubblica replica a invito pervenuto per una manifestazione del 27 ottobre in materia di "migranti"-

Ricevo per email questo invito generalizzato per partecipare a una manifestazione che si terrà il 27 prossimo:
-------
Vi inviamo il testo dell'appello "Con i migranti contro le barbarie" cui il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale ha aderito.
Alleghiamo anche il comunicato dal titolo: "Un pericoloso atto di autolesionismo", che denuncia il provvedimento del Ministero dell’Interno con il quale si pone fine ad una procedura in corso, si revocano i finanziamenti per i migranti ospiti del borgo di Riace.
 Inoltre aggiungiamo alcuni articoli di recente pubblicazione.
Infine vi segnaliamo il Convegno su Immigrazione e sicurezza tenutosi il 19 ottobre scorso, del quale la registrazione audio-video è accessibile dal link: https://www.youtube.com/playlist?list=PLnZfFw4qyshNuLXu8Y-Hqul8-8FMEyVM4
Con i più cordiali saluti
Mauro Beschi

APPROFONDIMENTI
--------
Con allegati dei quali ho aperto e commentato solo il primo, al quale così replico al mittente, rendendo pubblico in mio testo:

Antonio Caracciolo 

22:45 (8 minuti fa)


a Referendumiovotono
Con i migranti che rimpiazzano i cittadini ed entrano di prepotenza nelle nostre città siamo invece alla barbarie e alla morte civile...
È diversa la prospettiva.
Di quale "democrazia costituzionale” parliamo?
Di quella "dettata" (non "ottriata" ma "dettata") dalla spartizione di Yalta?
È tempo di parlare di "costituzione” e di "democrazia”, ma di una costizione che sia la decisione libera e indipendente di un popolo che ha riconquistato la sua sovranità dopo che le 130 basi basi americane avranno lasciato il suolo italico'?
Esagero?
Abbiamo visto in questo giornali i bambini delle scuole catanesi che come scimmiette ammaestrate vengono istruitte dai loro maestro a cantare l'inno dei marines!
Scherziamo?
Dove siamo?
Chi si vuol prendere per i fondelli con questa "democrazia costituzionale” dove si è persa ogni chiara cognizione di "democrazia" e di "costituzione”, così questi concetti possono rivoltati nel loro esatto contrario...
Vi avevo già mandato una precedente nota critica alla quale non avete dato nessuna risposta...
È questa una dimostrazione del vostro concetto di "democrazia”: un concetto puramente mediatico, dove ci si affida a una comunicazione verticale senza nessun contraddittorio.
Basta trovare quale "massa" da aggregare acriticamente facendogli recitare gli slogan di turno.
Sui vostri "approfondimenti" che mi avete mandato in allegato vi faccio subito le mie osservazioni, delle quale potete tenere il conto che credete...
a) "Con i migranti per fermare la barbarie. 27 ottobre mobilitazione in tutta Italia".
- Campanelli di allarme? Direi in un senso contario a quello da voi intesi. Campanelli d'allarme, campane, come quando un migliaio di anni fa le coste calabresi e meridionali erano alla merce delle incursioni saracene... Forse è oggi peggio di prima: ci si nascondeva e si cercava di difendersi dalle orde saracene. Adesso si apre loro le porte e si danno sostegni economici che i nostri disoccupati e poveri neppure si sognano. Ad essere "repressi", criminalizzati, demonizzati siamo tutti noi cittadini che non facciamo buon viso allo sbarco dei "migranti".  "Razzismo”? Ma sapete quel che dite? O tirate il fiato quanto per dire cose che sapete non saranno confutate? «Involuzione profonda» voi dite? Riconoscete dunque che vi è una "profonda" opposizione a chi ha progettato una "immigrazione sostitutiva” che nulla ha a che fare con la immigrazione "integrativa” che è fisiologica e che in ogni paese vi è sepre stata? E se vi è una "vasta" se non maggioritaria opposizione, non pensate che "democraticamente" se ne debba dare ascolto ed avere rispetto? Ma voi insultate parlando di "barbarie". La nostra o la vostra di "barbarie"? Chi vi paga? Chi vi manda? A chi rispondete? Diritti quali? Diritti di chi? Quello del popolo e dei cittadini italiani che calpestate? Senso di umanità? Quale senso di umanità? L'umanità di chi sta tormentando in mondo, in particolare il Vicino Oriente, con guerre che hanno prodotti infiniti lutti e disastri? Perché non andate sugli scenari di guerra a protestare il vostro senso di "umanità"?
Riace?
Sono un calabrese dell'altra sponda, quella tirrenica, e mi chiedo come la prenderei se al mio paese venissero in vacanza, nutriti e rifocillati tanti migranti mentre i giovani invecchiati del paese si trovano disoccupati e si devono ingegnare a racimolare qualche lira... I nostri paesi si spopolano... Qual è la trovata? Di ripopolarli con migranti venuti dall'Africa o da qualsiasi altra parte del mondo, riconoscendo loro il "diritto all'immigrazione" in barba a ogni opposizione degli "indigeni"?
Grande consenso? Di chi? e come lo misurate questo consenso? Vi è un consenso perché dite, vi immaginate di avere un consenso? Volete manifestare il 27 ottobre? Contro chi? Contro gli italiani che sempre più via via che diventano consapevoli si oppongono alle vostre vedute? E cosa volete fare contro di loro? Caricarli sugli stessi barconi dei migranti e mandarli nei luoghi da dove i "migranti" sono venuti? Volete "esportare” i cittadini italiani a fronte di una "immigrazione” che questi italiani che voi chiamate "barbari" visibilmente non gradiscono?
Ma quali sarebbero questi "approfondimenti" che mi avete mandato? Non vi è una sola frase che sta in piedi? Devo leggerli tutti i vostri approfondimenti? Dalla prima all'ultima riga?
Lo faccio di corsa e poi riassumo! Non vogli scrivere un libro, commentando ogni vostra enormità... Non ho il tempo e la voglia...
"Indifesi" siamo tutti noi cittadini, venduti e traditi da 70 anni a questa parte!
"Odio"? Quando vi decidete ad abrogare la legge Mancino? Voi che parlate di "costituzione” come potete pensare che possa essere una legge che pretenda di sanzionare i sentimenti? La barbarie è quella che ha abrogato il fondamentale diritto alla libertà di pensiero e di espressione! Ce l'avete tolta!
«Fare da argine»? Italiani contro italiani? Ma che? Volete il ritorno alla guerra civile? Mettere italiani contro italiani? nell'interesse di chi? per ordine impartito da chi?
La chiesa? i cattolici? Ma perché? In questo paese c'è ancora qualcuno che ci crede per davvero? Trovo disdicevole farsi scudo dei sentimenti religiosi della gente che ancora ci crede a sostegno dei propri disegni politici. È diabolico!

venerdì 19 ottobre 2018

Teodoro Klitsche de la Grange: «Pasticcio cosmico-storico».


PASTICCIO COSMICO-STORICO
Se accadrà, come Di Maio e Salvini prevedono, che alle prossime elezioni europee gli equilibri politici saranno ribaltati, soprattutto per la prevedibile, drastica riduzione dei socialisti e per l’aumento – altrettanto notevole - dei populisti il contributo decisivo a tale risultato sarà dato dagli italiani. E ciò non solo perché i partiti sovran-popul-identitari, si attestano ormai, a seguire i sondaggi post 4 marzo, a circa due terzi dell’elettorato complessivo, nè perché il nostro è l’unico paese euroccidentale ad aver un governo populista “puro”, ma perché la crescita di tali partiti sovran-popul-identitari è stata (inconsuetamente) veloce e tumultuosa.
Al contrario di altri paesi (come la Francia e l’Austria) dove l’incremento fino alle ragguardevoli – ma non maggioritarie – percentuali elettorali si è “spalmato” in un ventennio (e anche qualche anno in più), il nostro si è realizzato in pochi anni; ad essere più precisi dai sette (al minimo) ai 10 (al massimo).
In effetti, come ci è già capitato di notare, nel 2008 i 5 Stelle, e la Lega “sovranista” (cioè salviniana) non erano presenti in Parlamento; lo era la Lega bossiano-secessionista, peraltro in percentuali ridotte.
C’è da interrogarsi quindi sulle cause di un incremento così rapido e travolgente, e su quello che sia successo in quei 7-10 anni per convincere gli italiani a un rapido cambio di regime politico – o più modestamente - di sistema partitico, con il “pensionamento” della vecchia coppia centrosinistra-centrodestra.
Non è sufficiente al riguardo dare la risposta che mi è capitata di sostenere più volte: che la vecchia scriminante del politico, ossia borghese/proletario è finita da quasi trent’anni (col crollo del comunismo) e ne è in corso la sostituzione con la nuova, cioè identità/globalizzazione, perché questo non da conto della differenza italiana, essendo comune a tutti i popoli dell’ “occidente”.
Neppure l’obiezione più calzante, ossia che dal 2008 è iniziata la crisi, spiega la differenza italiana per la stessa ragione: la crisi è comune a tutta la parte più sviluppata del pianeta (che include l’occidente). Anche se in Italia ha morso (forse) più che altrove.
La spiegazione (principale) della differenza è un’altra, o meglio altre. La prima è che l’Italia stagna da venticinque anni – esattamente la durata della seconda repubblica: è l’ultima per tasso di crescita sia nell’area euro che nell’area UE. Non è solo la crisi ad averci ridotto così, ma quel che l’ha preceduta.
La seconda è l’inconsistenza e la modestia del governo Monti, non riparata ma, in larga parte condivisa da quelli che gli sono succeduti, peraltro con un centrodestra che, anche quando collocato all’opposizione, non riusciva a distinguersi adeguatamente dai governi. Anche nei tempi il grande balzo dei 5 Stelle (dallo 0 al 25%) coincide con le elezioni del 2013 il cui risultato consisteva essenzialmente in un giudizio negativo sul governo “tecnico” e su chi l’aveva sostenuto (in Parlamento) e propiziato (anche da fuori).
A tale proposito sul “golpe” del 2011 c’è ormai una vasta letteratura; anche se discordante sul punto di chi fossero i mandanti della detronizzazione di Berlusconi  e dell’intronizzazione del governo tecnico.
Chi, al riguardo sostiene l’insieme Francia-Germania-Ue, altri i poteri forti – finanziari soprattutto – non solo europei e così via. Probabilmente tutte le spiegazioni hanno qualcosa di vero (nel senso di essere concause); interessa a questo punto vedere se, almeno per la classe dirigente europea e nazionale il tutto non si risolva e si risolverà in un caso esemplare di eterogenesi dei fini.
Con tale espressione è stato chiamato il fatto che molto spesso gli effetti delle azioni degli individui e delle comunità umane non sono quelli che gli agenti si propongono, ma altri, diversi e spesso opposti. Osservazione già contenuta in S. Agostino e ripetuta, modificata, integrata e secolarizzata da tanti, da Vico a Wundt, da Hegel a Max Weber e Freund. In particolare Hegel scriveva che «dalle azioni degli uomini risulti qualcosa d’altro, in generale, da ciò che essi si propongono e … immediatamente sanno e vogliono …(essi) recano in atto quel che a loro interessa, , ma da ciò vien portato alla luce anche altro, che vi è pure implicito, ma che non è nella loro coscienza e intenzione». A seguire tale concezione  - e quella, prossima, dell’ “astuzia della ragione” - causa, non esclusiva, ma principale della débacle annunciata potrebbe essere il golpe del 2011 con la catena di eventi che ha provocato.
La considerazione su esposta induce ad una riflessione “post-hegeliana”. Scrive Hegel che gli individui cosmico-storici sono coloro che eseguono nella storia il “piano” dello spirito del mondo (Weltgeist).
In questo caso ai vari complottisti del 2011 andrebbe conferita la medaglia al merito del Weltgeist, per aver favorito l’emergere della nuova fase storico-politica, anche se (speriamo) a spese delle loro fortune personali.
 Ho però seri dubbi che quanto scrive il filosofo sia da condividere sic iet simpliciter. A mio avviso i governanti vanno più utilmente divisi in due categorie: quelli che hanno la capacità di vedere a lungo termine (di pre-vedere) e coloro che riescono a percepire solo nei tempi brevi. I primi costruiscono gli Stati e le loro principali istituzioni; i secondi le coalizioni di potere (partiti compresi) destinate a durare qualche anno. Nella classe dirigente italiana ed europea vedo tanti che appartengono alla seconda, nessuno alla prima. Al contrario De Gaulle e Deng-Tsiao-Ping facevano parte, e la Costituzione della V Repubblica è sopravvissuta mezzo secolo al suo fondatore, come il nuovo corso del PC cinese voluto da Deng ha salvaguardato l’unità della Cina e ne ha promosso la potenza.
Sarà, ma ho la netta impressione che le élite nazionali ed europee, in lista di sbarco, potranno essere ricordate nella storia come quelle che affossarono inconsapevolmente la costruzione dei vecchi europeisti, da Adenauer a Martino.
In questo, ma solo in questo esecutori di un disegno (forse) superiore. Magra consolazione.
                                               Teodoro Klitsche de la Grange


mercoledì 10 ottobre 2018

Teodoro Klitsche de la Grange: "Consiglio ai rosiconi".


CONSIGLIO AI ROSICONI
Prima del 4 marzo l’establishment politico e culturale di sinistra stigmatizzava l’ “incultura, l’inesperienza e la rozzezza” dei populisti, in specie dei grillini.
Il tormentone è aumentato a dismisura con la vittoria elettorale e il varo del governo pentaleghista; anche la carriera accademica di un mite premier come Conte è stata passata al setaccio e così sono stati svelati alcuni peccatucci (veniali), ricorrenti in ogni percorso accademico. Allo stesso è stata poi addebitata l’inesperienza, considerato che, praticamente era rimasto sempre fuori dai giri che contano; e probabilmente questa è stata la principale ragione che ha indotto a nominarlo. Una compromissione plurilustre col potere, che è a giudizio dell’establishment capalbino, un titolo comporta, cosa di cui i suddetti non si rendono conto, anche quella con lo sfascio della seconda repubblica: pessima presentazione per l’elettorato pentaleghista. Tant’è. I rosiconi hanno forse rimosso, ma più probabilmente rimpiangono, i bei tempi in cui trovavano comode e confortevoli nicchie nei bilanci pubblici. E per gente che spesso ha fatto dell’interesse individuale (proprio) la regola dell’agire universale, il venir meno di queste, ovviamente addolora.
Così il movimento cinque stelle appare, nell’immaginario di Capalbio – ed in parte lo è – come un’armata Brancaleone: un insieme disordinato di emarginati dal potere e dalla cultura, rozzi, ignoranti (e opportunisti), guidati da un comico.Inadatti a governare, come a discutere e brillare nei salotti.
Come detto qualcosa di vero c’è, ma occorre non trascurare come, in primo luogo, il livello della classe dirigente negli ultimi trent’anni ha avuto uno scadimento geometrico (nel senso della radice quadrata): un Di Maio steward, è stato preceduto da una Fedeli, ministro dell’istruzione, la quale in comune con Benedetto Croce, aveva di non essere laureata. Purtroppo per lei, i connotati comuni col filosofo si riducevano a quello. Quanto poi abbia contribuito al declino di qualità dei parlamentari, il tentativo ricorrente (e “vincente”) delle diverse leggi elettorali, di farli nominare dai vertici dei partiti più che scegliere dalla base elettorale è sicuramente influente e da valutare nel senso che non sempre è il popolo a sbagliare.
Ma quel che più importa è notare come sia in politica che in quel mezzo della politica che è la guerra, è la qualità del nemico a determinare quella del combattente.
Facciamo un esempio.
Pareto ironizzava su Napoleone III°, perché incerto e (addirittura) ingenuo, tuttavia all’immagine dell’Imperatore (per i postumi) ha contribuito d’esser stato sconfitto – ed aver perso il trono - da un genio della politica come Bismarck e da una perfetta macchina da guerra come l’esercito prussiano. Che giudizio avrebbero formulato i posteri se a sconfiggerlo e detronizzarlo fosse stato un politico di mezza tacca alla guida dell’esercito del Lussemburgo? Anche a Francesco Giuseppe che perse quasi tutti i domini italiani dell’Impero in pochi anni, contribuì non poco di aver avuto come avversario un altro genio come Cavour: e morì circondato dall’affetto e dalla considerazione dei sudditi. Lo stesso avviene per la guerra: il nome di Scipione è noto a tutti perché sconfisse Annibale – il più grande condottiero dell’antichità – a Zama; nessun ricorda il nome dei consoli (Salinatore e Nerone) che qualche anno prima avevano vinto Asdrubale (il fratello meno dotato di Annibale) al Metauro, battaglia non meno decisiva di Zama. Sconosciuti come i consoli suddetti sono i nomi di quei generali delle potenze europee che nel XIX secolo conquistarono tutta l’Africa, debellando le orde tribali autoctone.
Pertanto la spocchia della sinistra conferma, non volendo, due circostanze.
La prima che se l’armata Brancaleone dei grillini  (oltretutto poco “aiutata” e dotata di mezzi) ha vinto la “gioiosa macchina da guerra”, ciò significa che gli italiani ne avevano così piene le scatole di questa da preferire un insieme di ….sfigati a tanto brillante accademia. Chi è ridotto male spera nei salvatori meno probabili, che preferisce a coloro in gran parte responsabili di averlo rovinato.
La seconda che se tale armata Brancaleone, povera di mezzi e appoggi, li ha ridotti così a mal partito vuol dire che non erano poi così bravi, intelligenti ed efficienti. Non sono Bismarck né Scipioni, ma dei Dumford o Baratieri (sconfitti il primo dagli Zulu, il secondo dagli abissini). E per la loro immagine sarebbe bene ne tenessero conto.
Teodoro Klitsche de la Grange

venerdì 5 ottobre 2018

«Colpo di Stato»: una recensione di T.K. de la Grange

Acquisto.
F. Fracassi e T. Alterio Colpo di Stato, pp. 163, euro 13,00

Questo libro, che descrive la “cura” somministrata alla Grecia negli anni dal 2008 ad adesso serve non solo a ricordarne il recente passato ma anche ad istruire e prevedere gli scenari futuri per l’Italia.
Scrive il sen. Lannutti nella Prefazione “L’Europa brucia e i banchieri d’affari, come quelli di Goldman Sachs ballano il valzer sulle rovine del mondo. In Grecia le grandi società finanziarie hanno speculato, le agenzie di rating hanno speculato, i governi del Nordeuropa hanno speculato”. La Grecia è entrata nell’euro truccando i conti pubblici con l’aiuto della “Goldman Sachs”; e anche l’Italia nella frenesia di entrare nell’euro (che animava i politici – e non solo – da ombrellone) l’ha fatto. La conseguenza è che, a distanza di alcuni anni, la Grecia si è trovata con il debito pubblico aumentato (circa 70 punti tra 2008 e 2017), i cittadini impoveriti, molti beni pubblici (s)venduti e tanti interessi pagati alla finanza internazionale (e interna).
Un esito tutt’altro che confortante e che, insieme ai profitti realizzati sia con gli interessi che con gli acquisti a prezzo di saldo, lascia prevedere che l’ “andazzo” continuerà a lungo. I protagonisti di questa predazione sono noti a tutti e al loro posto sia nelle istituzioni internazionali che (in misura fortunatamente decrescente) nei governi dei paesi europei.
Sostiene il sen. Lannutti che “Le vere minacce ai diritti e alle libertà non sono quelle dei cosiddetti «populisti», ossia di coloro che tutelano il popolo taglieggiato, difendono la legalità costituzionale, i diritti negati, il bene comune, gli interessi generali, i consumatori ed i risparmiatori oppressi e taglieggiati da banche, banchieri centrali e dalla finanza criminale. Le vere minacce sono quelle di Goldman Sachs, Jp Morgan, agenzie di rating, banchieri di affari, che hanno corrotto ideologicamente (e non solo), servili governanti alla dottrina del liberalismo totalitario e del primato della finanza, per rendere schiavi i popoli”.
Il libro si snoda attraverso la descrizione dei mezzi impiegati per piegare la Grecia, sia diretti (accordi, complicità di governanti e compradores greci) che indiretti, come il controllo dell’informazione: particolarmente significativa la descrizione delle riprese televisive trasmesse da Piazza Syntagma ad Atene, con i Bancomat “presi d’assalto”, quando, girato l’angolo, erano deserti. Tutte cose che si spera – e si pensa – gli italiani abbiano capito, visto che siamo stati e siamo sottoposti alla medesima “terapia”, anche se più blanda.
Nella postfazione il libro conclude contrapponendo l’ “anima” dei paesi mediterranei a quella del Nord Europa, citando la filosofa Caterina Resta, evidentemente debitrice della concezione/opposizione di Carl Schmitt tra Land  e Meer (anche se con attori in parte diversi).
A questo punto occorre trarre qualche considerazione da questo (interessante) libro, magari scomodando di nuovo Schmitt e, più in generale, lo strumentario del realismo politico, attualizzandolo.
La cui (prima) costante (o regolarità) è – a proposito di Grecia – quella esposta da Tucidide nel notissimo racconto dell’ambasceria ateniese agli abitanti dell’isola di Melo: ossia che i gruppi umani cercano sempre di dominare gli altri. Un tempo si faceva, come gli Ateniesi fecero ai Meli, sconfiggendoli in battaglia, distruggendo la città e deportandoli come schiavi.
Col tempo tali antiche pratiche si sono ingentilite (non sempre) e si preferisce sottoporre a tributi (indennizzi, riparazioni), i vinti dopo averli sconfitti in una guerra limitata (anche questa non sempre tale).
In un’epoca pacifista (o pacifica) come la nostra, come hanno acutamente scritto nel libro “Guerra senza limiti” i colonnelli cinesi. Quiao Liang e Wang Xiangsui (sulla base dell’antico pensiero strategico cinese), si preferisce arrivare a dominare con mezzi indiretti e non violenti. È la “golpe” che prevale sul “lione” usando l’espressione di Machiavelli.
E anche il colpo di Stato, una volta fatto con le baionette e i carri armati, oggi si fa con lo spread, le televisioni, i mass-media e magari le sentenze. Così se la Grecia subì nel 1967 un colpo di Stato “classico”, nel 2011-2015 ne ha subito uno post-moderno in cui esecutori sono stati non i colonnelli, ma i banchieri.
Ma il fine delle guerre post-moderne è sempre quello indicato nel Von Kriege di Clausewitz (e oltre un secolo dopo, da Giovanni Gentile): arrivare a piegare la volontà dell’avversario.
Problema che ovviamente si pone a entrambi i contendenti. Il limite delle comunità aggredite e sfruttate è che gli aggressori sono organizzati e dispongono di mezzi potenti, le prede sono meno coese e dispongono di mezzi inferiori.
Occorre quindi una strategia di resistenza antipredatoria. Tzipras, disponeva di un capitale che non seppe usare: il consenso popolare, prima alle elezioni politiche poi col referendum anti UE (vinto in modo inequivocabile – circa due terzi dei voti – al “NO”).
È il consenso popolare maggioritario il mezzo e la risorsa fondamentale della “guerra non violenta” di popolo.
Così come lo fu (e lo è) della guerra partigiana della storia moderna. Lo aveva affermato Mao-Dse-Dong, quando raccomandava che il partigiano dovesse muoversi tra il popolo come un pesce nell’acqua. Armate popolari, povere di mezzi ma ricche di consenso di masse, animate dal sentimento politico (di autodifesa) condiviso dalle popolazioni, costrinsero le potenze dominanti a sgomberare i territori occupati.
Come operare contro un nemico che non occupa territori e non usa armate? La risposta è tutta da trovare, ma forse se ne può individuare la traccia nelle lotte non violente di Gandhi, in particolare quelle per la filatura domestica e contro il monopolio del sole, le quali colpivano entrambe la potenza dominante in interessi economici e finanziari e la cui condizione per riuscire era che fossero praticate da una grande maggioranza della popolazione.
o anche da Thoreau, senza trovare la necessità di giustificare la disobbedienza – a meno di non essere governati da governi Quisling della finanza – perché il dovere e l’obbedienza (e il divieto di disobbedienza) è limitato dal pensiero politico ai soli governi legittimi mentre finanza, Troika, ecc. ecc., non sono né governi né legittimi.
Piuttosto dove non siamo d’accordo con gli autori del libro è caricare al neo-liberismo la sofferenza dei popoli. Un po’ perché potere, colpe, responsabilità, sono ascrivibili a persone e non ad ideologie. Addossare alle idee le colpe delle persone può, oltretutto, diventare una comoda uscita per giustificazioni ed attenuanti. Ma ancor di più perché non è tanto il liberismo (e il capitalismo) ad aver creato una tale situazione, ma piuttosto la “versione” che se ne osserva oggi, quella che qualche attento osservatore ha definito del ceo-capitalismo, o la tecnocrazia dei manager. E d’altra parte come scrive De Benoist condividendo la teoria dei cicli di Kondratieff, gli ultimi trent’anni costituiscono la fase (discendente e) di finanziarizzazione dell’onda (fordista). Che come tutti i cicli capitalistici ha fasi di costruzione e fasi di decadenza/distruzione.
Ma non bisogna disperare: in fondo se siano al termine di un ciclo (di Kondratieff o magari di Polibio) stiamo per assistere all’alba del nuovo.
Teodoro Klitsche de la Grange