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Questo libro, che
descrive la “cura” somministrata alla Grecia negli anni dal 2008 ad adesso serve
non solo a ricordarne il recente passato ma anche ad istruire e prevedere gli
scenari futuri per l’Italia.
Scrive il sen.
Lannutti nella Prefazione “L’Europa brucia e i banchieri d’affari, come quelli
di Goldman Sachs ballano il valzer sulle rovine del mondo. In Grecia le grandi
società finanziarie hanno speculato, le agenzie di rating hanno speculato, i
governi del Nordeuropa hanno speculato”. La Grecia è entrata nell’euro truccando
i conti pubblici con l’aiuto della “Goldman Sachs”; e anche l’Italia nella
frenesia di entrare nell’euro (che animava i politici – e non solo – da
ombrellone) l’ha fatto. La conseguenza è che, a distanza di alcuni anni, la
Grecia si è trovata con il debito pubblico aumentato (circa 70 punti tra 2008 e
2017), i cittadini impoveriti, molti beni pubblici (s)venduti e tanti interessi
pagati alla finanza internazionale (e interna).
Un esito
tutt’altro che confortante e che, insieme ai profitti realizzati sia con gli
interessi che con gli acquisti a prezzo di saldo, lascia prevedere che l’
“andazzo” continuerà a lungo. I protagonisti di questa predazione sono noti a tutti e al loro posto sia nelle istituzioni
internazionali che (in misura fortunatamente decrescente) nei governi dei paesi
europei.
Sostiene il sen. Lannutti
che “Le vere minacce ai diritti e alle libertà non sono quelle dei cosiddetti
«populisti», ossia di coloro che tutelano il popolo taglieggiato, difendono la
legalità costituzionale, i diritti negati, il bene comune, gli interessi
generali, i consumatori ed i risparmiatori oppressi e taglieggiati da banche,
banchieri centrali e dalla finanza criminale. Le vere minacce sono quelle di
Goldman Sachs, Jp Morgan, agenzie di rating, banchieri di affari, che hanno
corrotto ideologicamente (e non solo), servili governanti alla dottrina del
liberalismo totalitario e del primato della finanza, per rendere schiavi i
popoli”.
Il libro si snoda
attraverso la descrizione dei mezzi impiegati per piegare la Grecia, sia
diretti (accordi, complicità di governanti e compradores greci) che indiretti, come il controllo
dell’informazione: particolarmente significativa la descrizione delle riprese
televisive trasmesse da Piazza Syntagma ad Atene, con i Bancomat “presi
d’assalto”, quando, girato l’angolo, erano deserti. Tutte cose che si spera – e
si pensa – gli italiani abbiano capito, visto che siamo stati e siamo
sottoposti alla medesima “terapia”, anche se più blanda.
Nella postfazione
il libro conclude contrapponendo l’ “anima” dei paesi mediterranei a quella del
Nord Europa, citando la filosofa Caterina Resta, evidentemente debitrice della
concezione/opposizione di Carl Schmitt tra Land
e Meer (anche se con attori in parte diversi).
A questo punto
occorre trarre qualche considerazione da questo (interessante) libro, magari
scomodando di nuovo Schmitt e, più in generale, lo strumentario del realismo
politico, attualizzandolo.
La cui (prima)
costante (o regolarità) è – a proposito di Grecia – quella esposta da Tucidide
nel notissimo racconto dell’ambasceria ateniese agli abitanti dell’isola di
Melo: ossia che i gruppi umani cercano sempre di dominare gli altri. Un tempo
si faceva, come gli Ateniesi fecero ai Meli, sconfiggendoli in battaglia,
distruggendo la città e deportandoli come schiavi.
Col tempo tali antiche
pratiche si sono ingentilite (non sempre) e si preferisce sottoporre a tributi
(indennizzi, riparazioni), i vinti dopo averli sconfitti in una guerra limitata
(anche questa non sempre tale).
In un’epoca
pacifista (o pacifica) come la nostra, come hanno acutamente scritto nel libro
“Guerra senza limiti” i colonnelli cinesi. Quiao Liang e Wang Xiangsui (sulla
base dell’antico pensiero strategico cinese), si preferisce arrivare a dominare
con mezzi indiretti e non violenti. È la “golpe” che prevale sul “lione” usando
l’espressione di Machiavelli.
E anche il colpo
di Stato, una volta fatto con le baionette e i carri armati, oggi si fa con lo spread, le televisioni, i mass-media e
magari le sentenze. Così se la Grecia subì nel 1967 un colpo di Stato
“classico”, nel 2011-2015 ne ha subito uno post-moderno in cui esecutori sono
stati non i colonnelli, ma i banchieri.
Ma il fine delle
guerre post-moderne è sempre quello indicato nel Von Kriege di Clausewitz (e oltre un secolo dopo, da Giovanni
Gentile): arrivare a piegare la volontà dell’avversario.
Problema che
ovviamente si pone a entrambi i contendenti. Il limite delle comunità aggredite
e sfruttate è che gli aggressori sono organizzati e dispongono di mezzi
potenti, le prede sono meno coese e dispongono di mezzi inferiori.
Occorre quindi una
strategia di resistenza antipredatoria.
Tzipras, disponeva di un capitale che non seppe usare: il consenso popolare,
prima alle elezioni politiche poi col referendum anti UE (vinto in modo inequivocabile
– circa due terzi dei voti – al “NO”).
È il consenso
popolare maggioritario il mezzo e la risorsa fondamentale della “guerra non
violenta” di popolo.
Così come lo fu (e
lo è) della guerra partigiana della storia moderna. Lo aveva affermato
Mao-Dse-Dong, quando raccomandava che il partigiano dovesse muoversi tra il
popolo come un pesce nell’acqua. Armate popolari, povere di mezzi ma ricche di
consenso di masse, animate dal sentimento
politico (di autodifesa) condiviso dalle popolazioni, costrinsero le
potenze dominanti a sgomberare i territori occupati.
Come operare contro
un nemico che non occupa territori e non usa armate? La risposta è tutta da
trovare, ma forse se ne può individuare la traccia nelle lotte non violente di
Gandhi, in particolare quelle per la filatura domestica e contro il monopolio del sole, le quali colpivano
entrambe la potenza dominante in interessi economici e finanziari e la cui condizione
per riuscire era che fossero praticate da una grande maggioranza della
popolazione.
o anche da
Thoreau, senza trovare la necessità di giustificare la disobbedienza – a meno
di non essere governati da governi Quisling della finanza – perché il dovere e
l’obbedienza (e il divieto di disobbedienza) è limitato dal pensiero politico
ai soli governi legittimi mentre finanza, Troika, ecc. ecc., non sono né
governi né legittimi.
Piuttosto dove non
siamo d’accordo con gli autori del libro è caricare al neo-liberismo la
sofferenza dei popoli. Un po’ perché potere, colpe, responsabilità, sono ascrivibili
a persone e non ad ideologie. Addossare alle idee le colpe delle persone può,
oltretutto, diventare una comoda uscita per giustificazioni ed attenuanti. Ma ancor
di più perché non è tanto il liberismo (e il capitalismo) ad aver creato una
tale situazione, ma piuttosto la “versione” che se ne osserva oggi, quella che
qualche attento osservatore ha definito del ceo-capitalismo, o la tecnocrazia
dei manager. E d’altra parte come scrive De Benoist condividendo la teoria dei
cicli di Kondratieff, gli ultimi trent’anni costituiscono la fase (discendente
e) di finanziarizzazione dell’onda (fordista). Che come tutti i cicli
capitalistici ha fasi di costruzione e fasi di decadenza/distruzione.
Ma non bisogna
disperare: in fondo se siano al termine di un ciclo (di Kondratieff o magari di
Polibio) stiamo per assistere all’alba del nuovo.
Teodoro
Klitsche de la Grange
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