CONSIGLIO AI ROSICONI
Prima del 4 marzo
l’establishment politico e culturale
di sinistra stigmatizzava l’ “incultura, l’inesperienza e la rozzezza” dei
populisti, in specie dei grillini.
Il tormentone è
aumentato a dismisura con la vittoria elettorale e il varo del governo pentaleghista;
anche la carriera accademica di un mite premier
come Conte è stata passata al setaccio e così sono stati svelati alcuni peccatucci (veniali), ricorrenti in ogni percorso
accademico. Allo stesso è stata poi addebitata l’inesperienza, considerato che,
praticamente era rimasto sempre fuori dai giri che contano; e probabilmente
questa è stata la principale ragione che ha indotto a nominarlo. Una
compromissione plurilustre col potere, che è a giudizio dell’establishment capalbino, un titolo
comporta, cosa di cui i suddetti non si rendono conto, anche quella con lo sfascio
della seconda repubblica: pessima presentazione per l’elettorato pentaleghista.
Tant’è. I rosiconi hanno forse rimosso, ma più probabilmente rimpiangono, i bei
tempi in cui trovavano comode e confortevoli nicchie nei bilanci pubblici. E
per gente che spesso ha fatto dell’interesse individuale (proprio) la regola
dell’agire universale, il venir meno di queste, ovviamente addolora.
Così il movimento
cinque stelle appare, nell’immaginario di Capalbio – ed in parte lo è – come
un’armata Brancaleone: un insieme disordinato di emarginati dal potere e dalla
cultura, rozzi, ignoranti (e opportunisti), guidati da un comico.Inadatti a
governare, come a discutere e brillare nei salotti.
Come detto
qualcosa di vero c’è, ma occorre non trascurare come, in primo luogo, il
livello della classe dirigente negli ultimi trent’anni ha avuto uno scadimento
geometrico (nel senso della radice quadrata): un Di Maio steward, è stato preceduto da una Fedeli, ministro dell’istruzione,
la quale in comune con Benedetto Croce, aveva di non essere laureata. Purtroppo
per lei, i connotati comuni col filosofo si riducevano a quello. Quanto poi
abbia contribuito al declino di qualità dei parlamentari, il tentativo
ricorrente (e “vincente”) delle diverse leggi elettorali, di farli nominare dai
vertici dei partiti più che scegliere dalla base elettorale è sicuramente
influente e da valutare nel senso che non sempre è il popolo a sbagliare.
Ma quel che più
importa è notare come sia in politica che in quel mezzo della politica che è la
guerra, è la qualità del nemico a determinare quella del combattente.
Facciamo un
esempio.
Pareto ironizzava
su Napoleone III°, perché incerto e (addirittura) ingenuo, tuttavia
all’immagine dell’Imperatore (per i postumi) ha contribuito d’esser stato
sconfitto – ed aver perso il trono - da un genio della politica come Bismarck e
da una perfetta macchina da guerra come l’esercito prussiano. Che giudizio
avrebbero formulato i posteri se a sconfiggerlo e detronizzarlo fosse stato un
politico di mezza tacca alla guida dell’esercito del Lussemburgo? Anche a
Francesco Giuseppe che perse quasi tutti i domini italiani dell’Impero in pochi
anni, contribuì non poco di aver avuto come avversario un altro genio come
Cavour: e morì circondato dall’affetto e dalla considerazione dei sudditi. Lo
stesso avviene per la guerra: il nome di Scipione è noto a tutti perché
sconfisse Annibale – il più grande condottiero dell’antichità – a Zama; nessun
ricorda il nome dei consoli (Salinatore e Nerone) che qualche anno prima
avevano vinto Asdrubale (il fratello meno dotato di Annibale) al Metauro,
battaglia non meno decisiva di Zama. Sconosciuti come i consoli suddetti sono i
nomi di quei generali delle potenze europee che nel XIX secolo conquistarono
tutta l’Africa, debellando le orde tribali autoctone.
Pertanto la spocchia
della sinistra conferma, non volendo, due circostanze.
La prima che se
l’armata Brancaleone dei grillini
(oltretutto poco “aiutata” e dotata di mezzi) ha vinto la “gioiosa
macchina da guerra”, ciò significa che gli italiani ne avevano così piene le
scatole di questa da preferire un insieme di ….sfigati a tanto brillante
accademia. Chi è ridotto male spera nei salvatori meno probabili, che
preferisce a coloro in gran parte responsabili di averlo rovinato.
La seconda che se
tale armata Brancaleone, povera di mezzi e appoggi, li ha ridotti così a mal
partito vuol dire che non erano poi così bravi, intelligenti ed efficienti. Non
sono Bismarck né Scipioni, ma dei Dumford o Baratieri (sconfitti il primo dagli
Zulu, il secondo dagli abissini). E per la loro immagine sarebbe bene ne
tenessero conto.
Teodoro
Klitsche de la Grange
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