venerdì 21 gennaio 2011

Alberto B. Mariantoni: Le “pagliuzze” e i “pali”…

Homepage di A.B.M.
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Pubblico di seguito un primo testo di Alberto B. Mariantoni – una grande firma del giornalismo italiano – che già circola sulla rete e sulla scorta del quale innesterò qualche riflessione su un tema intorno al quale non intendevo intervenire. È troppo avvilente la scena che ogni sera riempie tutte le edizioni dei telegiornali: “Berlusconi è uno che … ha interesse per le donne !”

Incredibile! Ma è proprio questo che offre la piazza politica. Da tempo hanno deciso, in Alto, che si deve rimpiazzare Berlusconi, non più uomo di sicuro servaggio. Dovendolo attaccarre, per farlo cadere, non trovano di meglio che andare a scovare i suoi “vizi”, se tali sono.


Tra i tanti moralisti che offrono spettacolo di sé, e parlano dal pulpito, ricordo un capo partito che propose una speciale indennità, per i deputati, che essendo lontani dalla famiglia e dalla legittima consorte, si trovavano costretti a dover soddisfare le loro necessità sessuali con escort occasionali, magari con qualche accompagnamento di droghe, in alberghi della capitale, non potendo disporre di propri palazzi privati. Insomma, questo è il livello dell’attuale dibattito politico, di cui appunto non volevo e non voglio occuparmi.

Chiudo soltanto con una citazione di Machiavelli, dove io trovo la migliore spiegazione del carisma di Berlusconi. Posto che Berlusconi aveva già di suo, all’inizio della sua carriera politica, tutto ciò che gli altri, che per questo entrano in politica, vanno cercando: i soldi. E ne aveva e continua ad averne tanti. Non ha certo bisogno dell’emolumento, pur astronomico, di un parlamentare. Con quello si paga al massimo la colazione. Insomma, senza qui – neppure io – voler difendere Berlusconi (ha già tutti gli avvocati che vuole) sono più che mai convinto che quanti gli si gettano addosso in questi giorni, sono di gran lunga peggiori di lui.

Machiavelli? Che c’entra? Il teorema dell’Uno (il Principe), degli aristocratici (i magnifici 1000 deputati, poteri forti e occulti, e annessi) e il Popolo (tutti noi). L’allenza avrebbe dovuto essere fra l’Uno e il Popolo. Ed invece sembrerebbe che Berlusconi non abbia visto il Popolo che si aspettava qualcosa da lui e si sia invece circondato di puttane e avventurieri di ogni genere, che hanno perfino tentato in ultimo di dargli il calcio dell’asino. Al Popolo, che Lui scopi e vada a donne piuttosto che ad uomini, non credo interessi molto. Anzi, può perfino darsi che si compiaccia della vitalità di un settantenne, se davvero è come dicono. Quanto poi alla pudica Minorenne, motivo di tanto “reato”, beh, insomma, non prendiamoci in giro… “Tanto gentile e tanto onesta…”, lo diceva il Poeta, tanti, ma tanti, secoli fa.

Credo che il declino di Berlusconi, se è giunto il momento, debba trovarsi non nei suoi costumi sessuali, ma nella mancata mobilitazione e liberazione del popolo, in catene dal 1945 ad oggi, come ben spiega Mariantoni, nel testo che segue. Non saremo più liberi, quando lo avranno fatto fuori. Servi eravamo ed ancora più servi saremo. Se un uomo della straordinaria ricchezza di Berlusconi decide di mettersi in politica, non può essere per fare altri soldi oltre a quelli che ha già, ma deve avere necessariamente un’idea politica, un progetto. Oltre all’idea avrebbe dovuto avere anche degli alleati. Il suo punto di forza doveva essere il Popolo, non gli Ottimati, i ben situati e collocati, che hanno dissanguato questo paese e che lo hanno sempre più affossato.

(testo in elaborazione: se ne avrò tempo e voglia)


Ricevo un link di cui do ulteriore segnalazione. Il testo è ampio e mi riservo di leggerlo con più attenzione, ma ciò che mi ha subito attratto è il riferimento del titolo al 1994 ed a “Tangentopoli”. Quello che successe dopo è la storia che ci riguarda oggi, ma cosa oggi ne verrà fuori ancora non lo sappiamo ed è fondato il timore che vada a finire peggio di allora.

A. C.


Le “pagliuzze” ed i “pali”…

di: Alberto B. Mariantoni

Non è che io, con il mio intervento, voglia in qualche modo cercare di difendere l’indifendibile Berluska.

Chi mi conosce, sa perfettamente quale sia, e sia sempre stato, il profondo ed irriducibile antagonismo che mi contraddistingue nei confronti delle “idee” e del modo di fare o di agire di questo “personaggio”. E questo, sin dall’epoca in cui, l’ancora aspirante guitto in questione, era un semplice e spavaldo palazzinaro (Milano 2) che finanziava sotto-banco (in nera, naturalmente… e dall’estero!) il Partito socialista dei Pellitteri (a Milano) e dei Craxi (a Roma).

Ciò che, invece, tende particolarmente a deprimermi ed a rattristarmi profondamente, è vedere la maggior parte dei miei compatrioti ergersi, di volta in volta (spontaneamente o a comando subliminale?), ad inflessibili ed impietosi “moralisti” dei comportamenti privati di un qualunque Sirchiana, Boffo, Marrazzo o Berluska, e fregarsene altamente, se:

-l’Italia continua ad essere occupata, dal 1945 ad oggi, da più di 100 Basi ed istallazioni logistiche e miltari USA e NATO;

-i nostri figli ed i nostri fratelli continuano a morire, per conto terzi, in guerre (per la “pace” ed il “bene” dell’umanità, s’intende!) che direttamente o indirettamente non ci riguardano;

-il nostro Paese, da ex soggetto della propria politica, è diventato semplice oggetto della politica degli altri;

-i maggiordomi (di destra, sinistra, centro) che ufficialmente ci governano, per conto degli USA – e come i “ladri di Pisa”, di giorno litigano (o fanno finta di litigare…) e la notte vanno a rubare assieme… – non hanno altra preoccupazione quotidiana che quella di continuare a riempirsi le tasche, sulle spalle ed alla faccia del “popolo bue”;

-la sovranità monetaria continua ad essere delegata a dei banchieri privati e/o alla speculazione finanziaria internazionale;

-il "bravo" Marchionne e la "cara" famiglia Elkhan. zitti zitti -con la complicità di alcuni sindacati, il concorso volontario o sotto ricatto delle maestranze dei loro stabilimenti ed il beneplacito indiretto e soddisfatto della Marcegaglia -hanno praticamente azzerato 200 anni di conquiste sindacali e ricondotto il mondo del lavoro all'epoca delle abominevoli e schiavistiche condizioni di sfruttamento umano che già esistevano presso le liberistiche officine di Liverpool e di Manchester del 1760/1830;

-i migliori “gioielli di famiglia” della nostra industria nazionale – senza tenere conto della cartolarizzazione delle sorgenti, delle spiagge, dei fiumi, dei laghi, delle caserme e dei pubblici monumenti – continuano ad essere privatizzati e/o svenduti, a licitazione privata ed a prezzi simbolici;

-la precarietà del lavoro viene, ogni giorno di più, resa incerta ed insicura, da una banda di delinquenti con il colletto bianco che – per guadagnare di più ed ammassare più profitto personale o aziendale – non esita affatto a proporci gli “standard” della Cina (cioè, al massimo, 100 euro al mese, per 14 o 15 ore giornaliere, domenica compresa!);

-la scuola e le università – ridotte ormai al lumicino – non sono più in grado di formare adeguatamente nessuno, pur continuando instancabilmente a sfornare, a catena, pseudo-diplomati e pseudo•laureati, validi soltanto per la disoccupazione permanente ed irreversibile;

-nei nostri ospedali, si entra, magari, con una tonsillite o un’unghia incarnita, e si esce quasi sempre per i “piedi”…; quando non ne usciamo con qualche recondito strumento chirurgico inavvertitamente o sbadatamente ricucito dentro al nostro corpo…;

-gli OGM, gli insetticidi, i pesticidi, i fungicidi, gli erbicidi e le diossine – senza contare gli stabilizzanti, gli antiossidanti, i coloranti ed i conservanti – circolano indisturbati ed impuniti sugli scaffali dei nostri supermercati e le tavole della nostra alimentazione:

-la droga e l’alcool sono diventati il banale e spensierato diversivo quotidiano delle giovani generazioni;

-i servizi pubblici delle nostre città, anche se privatizzati, sono fatiscenti ed inefficienti, e servono unicamente a sistemare, vita natural durante (con posti reversibili o trasferibili a parenti, amici e compari…), le diverse e variegate clientele della politica e del sottogoverno;

-la corruzione ed il malcostume, come se nulla fosse, imperano e dilagano a tutti i livelli della vita pubblica e privata;

-la quasi totalità dei canali televisivi che invadono ogni giorno, a pagamento o a canone, la nostra privacy – come se non avessimo cultura o storie autoctone da raccontare – ci trasmettono ininterrottamente, fino alla noia, programmi volutamente fuorvianti o imbonitori e, in tutti i casi, esclusivamente veicolatori della sola american way of life;

- etc.

Insomma, la cosa che mi disturba e mi disgusta di più nei ciclici e formali atteggiamenti “moralizzatori” dei miei compatrioti, è che l’uomo della strada continua sistematicamente a correre dietro ai soliti “conigli di pezza” della disinformazione galoppante ed a scandalizzarsi ufficialmente delle “pagliuzze” che gli vengono studiatamente ed interessatamente fatte balenare davanti agli occhi, e non si cura affatto dei veri e propri “pali della luce” che tutti assieme, purtroppo, continuiamo innegabilmente a portare saldamente conficcati nel didietro, da più di 66 anni!

Bravi fratelli Italiani! Continuiamo pure così…

Altro che « Popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori e di trasmigratori »…

Ben presto – da indefessi e confermati omuncoli, ominicchi, pinglianculo e quaqquaraquà quali, da anni, ormai, in ogni occasione, dimostriamo di essere – non ci resterà nient’altro da fare, per cercare di assicurare la nostra futura sopravvivenza quotidiana, che tentare disperatamente di immedesimarci di nuovo – e, forse, per qualche secolo ancora… – nel “ruolo” dell’Italiano tanto caro agli anglo-americani di tutte le risme e di tutte epoche: quello dei cantastorie, degli sciuscià e delle signorine in S.p.e.!

Alberto B. Mariantoni

sabato 8 gennaio 2011

Cronaca di una mancata strage in Egitto: paghi per tre pullman extralusso e te ne mandano due in pessime condizioni.


La notizia c’è, ma gli organi del mainstream non te la danno, occupati e preoccupati come sono nel tentativo, fin troppo trasparente, di innescare una moderna crociata di cristiani contro musulmani, su commissione e a beneficio di Israele, come ha lasciato intendere in ultimo, acutamente, sul Corriere della Sera, Vittorio Messori, ricevendo subito gli strali della Brigata Sionista d’Italia. Persino il ministro degli esteri Frattini, grande amico di Israele, si è fatto televisivamente promotore di un ricatto di dubbia carità cristiana: o i paesi musulmani proteggono i “nostri” cristiani o noi, europei, non daremo più le nostre elemosine, i nostri “aiuti”. Se l’Occidente doveva dare una prova della sua superiorità morale, Frattini ne ha data una ulteriore formulazione. Ed, in effetti, quello egiziano di Mubarak è un regime che vive di elemosine dell’Occidente, principalmente degli USA, che comprarono e pagarono il trattato di pace israelo-egiziano del 1979, successivo agli accordi di Camp David. Da allora l’Egitto vive in una sorta di sudditanza e ricatto continuo: qualsiasi cosa Israele gli chiede, l’Egitto la fa, pena l’interruzione degli “aiuti” statunitensi. L’Occidente dice “democrazia” ed intende stato “fantoccio”: devi fare quel che ti dico io, anzi no, devi ingegnarti “liberamente” ad interpretare i miei più reconditi ed inconfessabili desideri. Se si ricostruisce per sommi capi la storia del Medio Oriente dallo smembramento dell’Impero ottomano ad oggi, non sono sicuro che quei martoriati paesi ci abbiano guadagnato in libertà, benessere, democrazia, civiltà. Ma questa è un’altra storia. Qui, io che giornalista non sono, cerco di narrare al meglio un grave incidente, piuttosto sospetto, occorso a un pullman di attivisti per i diritti umani, fra i quali si trovava Joe Fallisi, sulla strada che da Rafah conduce all’aeroporto del Cairo.

Sarà poi Joe Fallisi che di suo pugno narrerà l’esperienza da lui vissuta in Gaza, dove – entrato autononamente attraverso il valico di Rafah – ha potuto tenere un concerto, organizzato dal centro culturale Baladna (= “la mia citta”), fare un’intervista al primo ministro Ismail Haniyeh e condurre in porto il gemellaggio fra Gaza e il comune pugliese di Villa Castelli, in provincia di Brindisi. La proposta di gemellaggio avrebbe dovuto giungere, portata da Fallisi, insieme con la Freedom Flotilla, bloccata tragicamente dall’esercito israeliano il 31 maggio dello scorso anno. Fallisi è molto soddisfatto del pieno successo di questi tre obiettivi, che si era proposto nell’affrontare il suo terzo viaggio a Gaza, passando attraverso le forche caudine d’Egitto. Terminata la sua missione a Gaza, dove ha anche incontrato il suo amico Vittorio Arrigoni, un altro italiano di cui Frattini non si interessa gran che, ma che vive addirittura a Gaza da qualche anno, Joe si era unito. sulla via del ritorno, ad un folto gruppo di attivisti asiatici per i diritti umani (Lifeline-India), anch’essi riusciti ad entrare a Gaza negli stessi giorni, attraverso il valico di Rafah, per portare i loro aiuti umanitari, gratuiti e liberi, non soggetti a nessun “do ut des”, secondo il modello “politically correct” dell’attuale ministro italiano degli Affari Esteri.

Gli Asiatici, cioè un consistente gruppo di giovani, anziani, donne, bambini (compreso un neonato), avevano ordinato richiesto tre pullman di buon livello, necessari per portare da Rafah all’aeroporto del Cairo i partecipanti stremati dalla missione umanitaria, appena conclusa a prezzo di notevoli sacrifici, di puro volontariato della società civile, partendo dalle catene dell’Himalaya, per giungere a Gaza da Oriente. L’altra carovana omonina di Lifeline era invece partita dall’Inghilterrra: Oriente e Occidente così uniti nel nome della libertà di Gaza. Ordinati e pagati anticipatamente tre pullman confortevoli, i committenti si videro invece arrivare due catorci, dove è stato giocoforza stipare quanti dovevano entrare in tre bus. Nonostante la penuria di posti, Joe Fallisi è stato calorosamente accolto su uno dei due pullman per l’aeroporto. Fra l’altro, Fallisi ha potuto ritrovare e riabbracciare alcuni attivisti con i quali aveva partecipato alla Gaza Freedom March al Cairo. Durante la notte, verso le tre, mentre viaggiavano, stipati come sardine, si è udito a circa 70 km dal Cairo un grande scoppio. L’autobus ebbe una violentissima frenata, scardinò il muretto di cemento dell’autostrada, piegandosi sul fianco sinistro. La dinamica dell’incidente, la sua esatta causa a tutt’oggi non è chiara neppure a Fallisi, che su quel pullman viaggiava e che tuttora conserva dolori alle gambe per l’urto subito. Nell’incidente ci sono stati vari feriti che hanno reso indispensabile l’intervento di un’autoambulanza. È da aggiungere – dal racconto di Fallisi – come i medici avessero vivamente consigliato per alcuni feriti il ricovero ospedaliero, ma la polizia si è intromessa, sollecitando la rapida e globale partenza di tutti gli attivisti, feriti compresi, bisognosi di cure, che secondo la polizia avrebbero potuto avere nei loro rispettivi paesi. Evidentemente, la polizia e il regime erano interessati a sbarazzarsi il più presto possibile di tutti, per evitare inchieste giornalistiche, che sarebbero andate a gravare, dal punto di vista dell’informazione internazionale, sulle recenti, sanguinose e non ancora chiare vicende di Alessandria e avrebbero gettato ulteriore cattiva luce sul medesimo regime.

Fallisi stesso non sa se si sia trattato dello scoppio di una ruota o se l’autista, preso da un colpo di sonno, abbia sbandato sui bordi di cemento dell’enorme autostrada che conduce al Cairo. Ha potuto scattare alcune foto che documentano l’incidente. Può dare testimonianza del panico dei passeggeri, unito ad una grande forza d’animo, superando l’ultima avversità di un viaggio già irto di difficoltà e ostacoli. Quando io ho ricevuto una sua prima telefonata dall’aeroporto di Atene, dove era giunto dal Cairo, mi ha detto che «era vivo per miracolo» in quanto l’incidente non è stato affatto lieve e avrebbe potuto avere esiti tragici. Sarebbe stata una vera e propria strage, superiore per numero dei morti a quelli di Alessandria, essendo il pullman in questione stipato all’inverosimile. L’altro pullman, partito prima, era già giunto all’aeroporto, e stava aspettando gli altri passeggeri.

La cautela, la prudenza, il rigore nell’informazione e nella ricostruzione dei fatti impone di non gridare all’attentato, ma i dubbi permangono e con essi almeno il diritto di sapere se l’incidente debba considerarsi doloso o colposo. Se ne interesserà il nostro Ministro degli Esteri? Ne dubitiamo. Il suo cuore batte da tutt’altra parte ed i suoi pensieri hanno ben altra trama e contenuti. Viviamo in un chiaro processo di sfaldamento dell’unità nazionale, dove ognuno si arruola nella fazione che sente più vicina alla sua natura e ai suoi interessi. Credo di poter dire, a costituzione vigente, di non aver mai sentito un Frattini come “mio” ministro degli Esteri. E ne ho argomentato altrove. Anzi l’ho pure detto in faccia al signor ministro, contestandolo in un’occasione dove recitava la solita solfa della “sicurezza di Israele”, senza minimamente curarsi della “sicurezza” delle vittime palestinesi: clamorosa disparità di trattamento. Il nome dell’Italia, che per fortuna ancora c’è, io lo consegno a un Arrigoni, a un Fallisi, a quanti insieme ad altri cittadini del mondo – oltre 70 Paesi – sono saliti e saliranno sulle navi ovvero hanno partecipato e parteciperanno alle carovane, per portare aiuti, non soggetti a nessun “do ut des”, per una popolazione incredibilmente e kafkianamente rinchiusa in un Lager a cielo aperto da oltre quattro anni. La sua “colpa” è costituita dalla loro incrollabile volontà di resistere e dall’aver voluto liberamente eleggere un suo governo, non gradito ai grandi pupari della politica internazionale, nonché distruttori di ogni principio di diritto internazionale, ormai ridotto a vuoto schema concettuale per gli studenti universitari e per i professionisti di questa branca del diritto.

mercoledì 5 gennaio 2011

Editoriale di Behemoth n° 48 (luglio-dicembre 2010)

EDITORIALE
di
BEHEMOTH
Rivista di Cultura Politica
N° 48
(luglio-dicembre 2010)

Al momento in cui è scritto questo articolo, non sappiamo ancora come finirà il lungo duello tra Berlusconi e i suoi oppositori, se il governo otterrà la fiducia e se seguiranno - qualsiasi sia la decisione delle camere – nuove elezioni politiche.

Di una cosa siamo sicuri: che il tutto non ha nulla a che fare con l’immensa produzione di carta stampata – e immagini televisive – di questi ultimi mesi: non siamo chiamati a dare il voto su escort, cubiste o quartierini monegaschi, che, i protagonisti di questo (ulteriore) scontro, tengono in non cale ancor più degli italiani. No, la posta in gioco è altra: è la scelta ormai ineludibile tra la costituzione formale in vigore – e ancor più le forze residue che la sostengono e ne sono state garantite e plasmate -, e la (nuova) costituzione materiale, cioè le forze politiche non partecipi del vecchio arco costituzionale. Le quali sono riuscite a centrare solo un obiettivo, estremamente importante, del nuovo ordinamento: la legge elettorale.

Questa, nell’ispirazione maggioritaria-plebiscitaria, è poco conciliabile con la costituzione formale e quindi assai sgradita alle forze politico-sociali che la sostengono. E ciò è confermato dal ritornello ripetuto che la legge elettorale va riformata, che è la peggiore e così via. Anche chi scrive è convinto che la legge vigente abbia delle pecche enormi, che limitano assai la capacità d’integrazione del Parlamento eletto. Solo che l’obiettivo dei coristi, nascosto spesso – ma non sempre – dietro il falso scopo dell’abolizione dell’elezione secondo l’ordine di lista, è la cancellazione del premio di maggioranza. Cioè proprio quello che permette di avere qualcosa di non troppo dissimile a un governo del XXI secolo, sia sotto il profilo dell’operatività, e più ancora sotto quello della responsabilità verso il corpo elettorale.

I sostenitori dell’inverso, cioè (in primis) i poteri forti, trovano il loro brodo di cultura in un sistema parlamentare-consociativo in cui basta uno sconosciuto senatore Turigliatto (peraltro ammirevole per la coerenza alle proprie idee) a far cadere un governo; in mancanza del parlamentare marginale (e perciò decisivo) l’attivismo di qualche procura; in subordine l’abilità professionale di un paparazzo gonfiata dal sistema dei media. Tutto può tornare utile per usare la golden share sul governo, magari senza essere presenti (o avendo una presenza marginale) in Parlamento. È l’apoteosi della potestas indirecta, del potere senza responsabilità.

* * *

Passiamo alla presentazione del fascicolo.

Pubblichiamo, tradotta in italiano la prima delle sei Leçons sur le mouvement social di Maurice Hauriou. Il grande giurista ci da un saggio della poliedricità dei suoi interessi sottolineando analogie e parallelismi tra fisica e sociologia (con uno sguardo al diritto), tra leggi della termodinamica e della meccanica e ordine sociale. Al lettore valutare quanto ci sia di Bergson e quanto di S. Tommaso.

Gianfranco Lami si occupa di un autore piuttosto trascurato come Adriano Tilgher, e dei rapporti da questi intrattenuti con gli intellettuali dell’est europeo.

Andrea Salvatore scrive su un tema quasi obbligatorio: la classicità di Schmitt. Biagio di Iasio su Pareyson.

Anche Clemente Forte scrive su fisica e filosofia.

L’assoluto e l’illusione di poterne prescindere in politica è l’argomento dell’articolo di Teodoro Klitsche de la Grange.

Recensioni e segnalazioni librarie chiudono come sempre il numero.

Con l’occasione il Behemoth augura Buon Natale e Felice 2011 a tutti i lettori.