mercoledì 5 gennaio 2011

Editoriale di Behemoth n° 48 (luglio-dicembre 2010)

EDITORIALE
di
BEHEMOTH
Rivista di Cultura Politica
N° 48
(luglio-dicembre 2010)

Al momento in cui è scritto questo articolo, non sappiamo ancora come finirà il lungo duello tra Berlusconi e i suoi oppositori, se il governo otterrà la fiducia e se seguiranno - qualsiasi sia la decisione delle camere – nuove elezioni politiche.

Di una cosa siamo sicuri: che il tutto non ha nulla a che fare con l’immensa produzione di carta stampata – e immagini televisive – di questi ultimi mesi: non siamo chiamati a dare il voto su escort, cubiste o quartierini monegaschi, che, i protagonisti di questo (ulteriore) scontro, tengono in non cale ancor più degli italiani. No, la posta in gioco è altra: è la scelta ormai ineludibile tra la costituzione formale in vigore – e ancor più le forze residue che la sostengono e ne sono state garantite e plasmate -, e la (nuova) costituzione materiale, cioè le forze politiche non partecipi del vecchio arco costituzionale. Le quali sono riuscite a centrare solo un obiettivo, estremamente importante, del nuovo ordinamento: la legge elettorale.

Questa, nell’ispirazione maggioritaria-plebiscitaria, è poco conciliabile con la costituzione formale e quindi assai sgradita alle forze politico-sociali che la sostengono. E ciò è confermato dal ritornello ripetuto che la legge elettorale va riformata, che è la peggiore e così via. Anche chi scrive è convinto che la legge vigente abbia delle pecche enormi, che limitano assai la capacità d’integrazione del Parlamento eletto. Solo che l’obiettivo dei coristi, nascosto spesso – ma non sempre – dietro il falso scopo dell’abolizione dell’elezione secondo l’ordine di lista, è la cancellazione del premio di maggioranza. Cioè proprio quello che permette di avere qualcosa di non troppo dissimile a un governo del XXI secolo, sia sotto il profilo dell’operatività, e più ancora sotto quello della responsabilità verso il corpo elettorale.

I sostenitori dell’inverso, cioè (in primis) i poteri forti, trovano il loro brodo di cultura in un sistema parlamentare-consociativo in cui basta uno sconosciuto senatore Turigliatto (peraltro ammirevole per la coerenza alle proprie idee) a far cadere un governo; in mancanza del parlamentare marginale (e perciò decisivo) l’attivismo di qualche procura; in subordine l’abilità professionale di un paparazzo gonfiata dal sistema dei media. Tutto può tornare utile per usare la golden share sul governo, magari senza essere presenti (o avendo una presenza marginale) in Parlamento. È l’apoteosi della potestas indirecta, del potere senza responsabilità.

* * *

Passiamo alla presentazione del fascicolo.

Pubblichiamo, tradotta in italiano la prima delle sei Leçons sur le mouvement social di Maurice Hauriou. Il grande giurista ci da un saggio della poliedricità dei suoi interessi sottolineando analogie e parallelismi tra fisica e sociologia (con uno sguardo al diritto), tra leggi della termodinamica e della meccanica e ordine sociale. Al lettore valutare quanto ci sia di Bergson e quanto di S. Tommaso.

Gianfranco Lami si occupa di un autore piuttosto trascurato come Adriano Tilgher, e dei rapporti da questi intrattenuti con gli intellettuali dell’est europeo.

Andrea Salvatore scrive su un tema quasi obbligatorio: la classicità di Schmitt. Biagio di Iasio su Pareyson.

Anche Clemente Forte scrive su fisica e filosofia.

L’assoluto e l’illusione di poterne prescindere in politica è l’argomento dell’articolo di Teodoro Klitsche de la Grange.

Recensioni e segnalazioni librarie chiudono come sempre il numero.

Con l’occasione il Behemoth augura Buon Natale e Felice 2011 a tutti i lettori.

Nessun commento: