tag:blogger.com,1999:blog-29972453831762415172024-03-14T19:31:15.811+01:00Civium LibertasPer la libertà di pensiero, di espressione, di ricerca, di insegnamento, per l’indipendenza degli stati ed il rispetto della loro sovranità, per i diritti politici, sociali ed economici dei cittadini, per la pace nel mondo, contro il razzismo e ogni forma di discriminazione, contro la stampa di regime e ogni forma di repressione della libertà di pensiero e di critica politica.
Antonio Caracciolohttp://www.blogger.com/profile/05342787066142241540noreply@blogger.comBlogger1825125tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-64831796121731909322024-03-14T19:30:00.001+01:002024-03-14T19:30:16.929+01:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Il Papa e la bandiera bianca"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIUcYXjMgWtvIEL_V2exVO_o5y7AIOY0lEvirQIEV7xDS9cF1V8A9GHXO2SlrZEivY0b3vaet_fA8AJTxpfjQ2q-gXzwIVhQk48DXfQDAaJfCjSD-EeUs49gOzC_Am2udiEy5M3uFE9512U7qvYXljd0F_euAhGf5F4LxA3rhWK1WEeCrYDJHAiQgho9zL/s1024/de-Vitoria.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="683" data-original-width="1024" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIUcYXjMgWtvIEL_V2exVO_o5y7AIOY0lEvirQIEV7xDS9cF1V8A9GHXO2SlrZEivY0b3vaet_fA8AJTxpfjQ2q-gXzwIVhQk48DXfQDAaJfCjSD-EeUs49gOzC_Am2udiEy5M3uFE9512U7qvYXljd0F_euAhGf5F4LxA3rhWK1WEeCrYDJHAiQgho9zL/s320/de-Vitoria.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Dopo il discorso
del Papa sulla “bandiera bianca” (ossia sull’esigenza di negoziati) c’è stata
una copiosa <i>produzione</i> di articoli,
asserenti in sostanza che, essendo Putin un aggressore era doveroso, lecito e
necessario che fosse sconfitto e punito.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Cui è facile
rispondere che siccome lo zar non è convinto di ciò, tutto questo argomentare
si scontra con l’unica condizione indispensabile alla cessazione della guerra,
la volontà di ambo le parti di fare la pace, e così anche di Putin. Ma se dalle
critiche da salotto si va a valutare l’esortazione del Papa alla luce della
teologia cristiana – che tanta parte ha avuto nel diritto internazionale – si nota
che i presupposti di quanto sostenuto dal pontefice vi sono tutti.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Andiamo a
leggere Francisco Suarez oltre che teologo anche gesuita. Scrive che la “guerra
di difesa non solo è sempre lecita ma talvolta anche prescritta” e peraltro
anche quella d’aggressione non è il male in sé “ma può essere lecita e
necessaria” se ne ricorrono le condizioni individuate dai teologi: che la
guerra sia dichiarata dal potere legittimo, che vi sia una <i>justa causa</i> e un corretto modo di condurla.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Anche De Vitoria
riteneva legittima in ogni caso la guerra difensiva, anche da parte di privati (aggrediti).
Ogni comunità politica (cioè <i>una e totale</i>)
può comunque dichiarare e condurre la guerra. Anche la guerra d’aggressione può
essere giusta ove rivolta a tutelare un (proprio) diritto offeso.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Ma se anche la
guerra di aggressione può essere giusta e quella difensiva lo è sempre, al
riguardo i teologi-giuristi scolastici si ponevano il problema conseguente che,
in tal caso, poteva succedere che i belligeranti vantassero entrambi di combattere
per una <i>justa causa</i>.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Deriva da ciò
che se si desidera che la guerra cessi non è realistico condizionare il
risultato al ripristino del diritto leso dal “crimine d’aggressione”, come è
stato declinato in tutte le forme dalle anime belle (???), ma raggiungere un
accordo che possa tener conto delle
posizioni (e situazioni) delle parti belligeranti, anche se non
coincidenti – anzi quasi mai lo sono - con l’ordine precedente. Quasi tutte le
guerre si concludono con trattati: le poche non concluse così sono le peggiori.
Perché o chiuse con un <i>diktat</i> non
negoziato ma imposto dal vincitore ovvero quando il nemico è politicamente distrutto
(v. la Germania nel 1945, il Regno delle due Sicilie nel 1861 ecc. ecc.) onde
non c’è un nemico con cui trattare, che rappresenti la comunità vinta.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Perché quello
che si dimentica e che invece la Chiesa non ha obliato è che il nemico non è
soltanto colui che ci fa (o cui facciamo) guerra, ma anche il soggetto con cui
si può – e normalmente si conclude – la pace. Non è solo il perturbatore dell’ordine
– come nella narrazione degli <i>Sceriffi
globali</i> – ma quello con cui si costruisce un ordine nuovo.<o:p></o:p></span></p><p>
</p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-82555914539283876572024-02-28T18:36:00.003+01:002024-02-28T18:38:24.766+01:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Hilaire Belloc, Le due culture, Oaks Editrice, Sesto S. Giovanni 2023, pp. 232, € 20,00"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6ypF-EAMyf28_qtVF2TzCZ_rrO2QFyXjEX7fvFVPQHCjN1DORRd_BJk9Lq9LQzvFhkieJx5zRDW7oyL7KbdaH9dpSezRarwyu5m31IZ96Xuh2DwMUydqk2S-gBFZDlPlXE0a1g92aTSVkJecoYTqVn9mtyTeC7psJ1o_wEKqZvsBCGPZPqvxwHs3LrEEV/s2560/5D1C1036-A2E3-48B5-B91E-288FD96DE2A2-scaled.jpeg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1920" data-original-width="2560" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6ypF-EAMyf28_qtVF2TzCZ_rrO2QFyXjEX7fvFVPQHCjN1DORRd_BJk9Lq9LQzvFhkieJx5zRDW7oyL7KbdaH9dpSezRarwyu5m31IZ96Xuh2DwMUydqk2S-gBFZDlPlXE0a1g92aTSVkJecoYTqVn9mtyTeC7psJ1o_wEKqZvsBCGPZPqvxwHs3LrEEV/s320/5D1C1036-A2E3-48B5-B91E-288FD96DE2A2-scaled.jpeg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Nella sua
visione critica della modernità, un autore prolifico come Belloc non poteva non
scrivere un saggio come questo, volto a demolire le principali critiche alla
religione cattolica. Scrive l’autore che il cattolicesimo è stato oggetto di
critiche assai diverse, a seconda delle epoche, neppure del tutto esauritesi,
anche a distanza di secoli, che chiama sopravvivenze e di attacchi <i>in fieri</i> che denomina sopravvenienza.
Oltre alle quali ogni periodo storico ha avuto un “oppositore principale”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Così tra le
sopravvivenze nel XX secolo Belloc ricorda il cristianesimo “biblico” ossia
essenzialmente fondato su un’interpretazione delle Scritture spesso molto
letterale ma altrettanto spesso poco razionale. E così lo scientismo notando
che finiva per contraddire, con le sue esagerazioni, le proprie basi (Popper
avrebbe scritto che certe tesi scientiste peccano di <i>essenzialismo</i>).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Attualmente,
scrive Belloc, l’opposizione principale
è costituita dalla triade nazionalismo, anticlericalismo, mentalità moderna.
Quest’ultima appare come la più pericolosa “nulla potrà liberarcene all’infuori
del dissolvimento. È come un enorme mucchio di fango che si può distruggere
soltanto per mezzo di un lento lavaggio. Sarà certo l’ultimo dei tre a
resistere in forma di sopravvivenza”. Esso “tende invece a rendere
intellegibile la Religione. Nei confronti della Religione agisce intorpidendo
le facoltà analitiche. Rende ottusa la facoltà di valutare e blocca l’entrata
della Fede. Da qui la sua potenza” e continua “Sezionandola, scopriamo che la
‘mentalità moderna’ contiene tre ingredienti principali combinati in maniera da
presentare la forza di un unico principio. Essi sono l’orgoglio, l’ignoranza e
la pigrizia intellettuale; il principio che li unifica è la cieca accettazione
di una autorità che non si fonda sulla ragione”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Quanto alla
sopravvenienza, Belloc vede la crescita del Neo-paganesimo. Il quale differisce
dal (vecchio) paganesimo in ciò “tutto il Paganesimo sfocia nella disperazione,
questo nostro moderno la accetta come base. Ecco dunque la speciale
caratteristica che abbiamo cercato di discernere in questa sopravvenienza. Da
qui la sua mancanza di raziocinio che è la disperazione intellettuale, l’orrido
in architettura, in pittura e in letteratura, il che significa la disperazione
estetica, e la dissoluzione morale che vuol dire la disperazione etica”. Come
sostiene Martino Cervo nell’introduzione “le istituzioni, le leggi,
l’educazione, i cardini della politica estera e interna dei Paesi occidentali
appaiono strutturalmente contrari o di ostacolo all’antropologia cattolica”. Per
cui lo Stato laico moderno è permeato da una serie di contraddizioni fondate su
una antropologia contrapposta a quella cattolica. Una nota: il libro è assai
interessante e per molti versi, “profetico” della situazione della società
attuale. Tuttavia la contrapposizione <i>antropologica</i>
tra Stato liberaldemocratico e concezione cattolica esiste in misura marginale.
Perché sia una mentalità religiosa che una laica si basano sulla natura
problematica dell’uomo, capace di scegliere tra bene e male, e perciò
necessitante d’istituzioni che tengano conto del fatto che né i governanti sono
angeli, né lo sono i governati, come scritto nel Federalista (fra i tanti). Perciò
più che al liberalismo ed al costituzionalismo “classici”, la critica serrata
di Belloc pare indirizzata alle “vie traverse” autoproclamatesi “liberali” e cresciute,
specie negli ultimi quarant’anni le quali con il pensiero liberale e
costituzionale classico hanno non molto a che vedere.<o:p></o:p></span></p><p>
</p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-2387396807731388562024-02-26T19:07:00.002+01:002024-02-26T19:07:20.424+01:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Lorenzo Castellani, Eminenze grigie, Liberilibri, Macerata 2024, pp. 167. € 16,00"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFZa3znIemz7f1CkeJP084dODUgIGVpcw0xtoWxADg7K2oRBFFrjFp_7_Xtwn4Mvlss6ujRM7V2SRv7kukEdc_YUpll2kdG_D59Lypsv4hC-aix4QLOAw7qbynp8a-svubWfcjB0v6QmOIJrMzEQPJRDyrlsguxf2KNigLb7AhXugI2JyxPmSGcnkNN52o/s993/Fran%C3%A7ois_Leclerc_du_Tremblay,_le_p%C3%A8re_Joseph.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="993" data-original-width="735" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFZa3znIemz7f1CkeJP084dODUgIGVpcw0xtoWxADg7K2oRBFFrjFp_7_Xtwn4Mvlss6ujRM7V2SRv7kukEdc_YUpll2kdG_D59Lypsv4hC-aix4QLOAw7qbynp8a-svubWfcjB0v6QmOIJrMzEQPJRDyrlsguxf2KNigLb7AhXugI2JyxPmSGcnkNN52o/s320/Fran%C3%A7ois_Leclerc_du_Tremblay,_le_p%C3%A8re_Joseph.jpg" width="237" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Lorenzo Castellani
è particolarmente attento ai <i>rami
intermedi </i>del potere; già nel saggio “L’ingranaggio del potere” (Liberilibri
2020) aveva valutato il ruolo e il “peso”
sia dell’organizzazione del potere che dei collaboratori dell’apice; tenendo
presente la lezione di Carl Schmitt, in particolare del saggio, tradotto in
italiano sul Behemoth n. 2 da A. Caracciolo col titolo “Colloquio sul potere e
l’accesso al potere”. Com’è noto il giurista tedesco pone a fondamento del
potere il rapporto di comando-obbedienza “Per il solo fatto che si trovano
uomini che prestano obbedienza ad un altro uomo, essi procurano a questo il
potere, Se non gli obbediscono più, cessa allora il suo potere”; perché
hobbesianamente “Chi non ha il potere di proteggere uno, non ha nemmeno il
diritto di pretendere da lui obbedienza. E viceversa: chi cerca protezione e la
ottiene, non ha nemmeno il diritto di rifiutare l’obbedienza”. Tuttavia anche
il potente è vincolato dai limiti della natura umana. Se poi deve governare
realtà particolarmente grandi e complesse, come gli Stati, deve fare
affidamento su resoconti, informazioni, giudizi dei propri consiglieri. I quali
perciò sono <i>partecipi</i> del potere, per
cui, scriveva Schmitt: “ogni potere diretto è… sottoposto a influssi indiretti”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Tra i quali Castellani,
nel saggio, tratta sia del tipo di potere indiretto che del collaboratore del
potente. La cui caratteristica – per distinguerlo dagli altri <i>aiutanti</i> – è di essere più un <i>partecipe</i> del potere che un ingranaggio
della catena di comando cui è delegato (e istituzionalizzato) in un ambito
decisionale, una “competenza” delimitata.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Invece il <i>proprio</i> delle eminenze grigie è di
indurre, influenzare comportamenti e risoluzioni di vertice più che provvedere
in materie <i>delegate</i>.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Castellani lo fa
ricordando dodici “eminenze grigie” (a partire dell’eponimo della categoria,
padre Giuseppe) e – brevemente – i rapporti con il potere diretto e <i>formale</i> da loro influenzato, al di là
della carica loro conferita.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">L’autore formula
anche regolarità dei poteri indiretti: aumentano con l’incremento di
complessità, partecipazione e ampiezza dell’organizzazione politica. E una
seconda che, al contrario del potere diretto, non hanno una necessità di
legittimazione <i>democratica</i>. Comprovato
anche, come ricorda l’autore, dai modesti risultati ottenuti dalle eminenze
grigie presentatesi alle elezioni.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Questo, pur
mantenendo la loro scarsa o nulla <i>visibilità</i>,
concentrata sul potere diretto. La conclusione è che non è possibile fare a
meno delle eminenze grigie, neanche nei regimi più trasparenti e democratici. Sono
come gli <i>Arcana Imperii</i>, connaturali
ad ogni potere perché necessitato a servirsene.<o:p></o:p></span></p><p>
</p><p><br /></p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-43162982960047931102024-02-22T17:42:00.000+01:002024-02-22T17:42:03.083+01:00Teodoro Klitsche de la Grange; "Meglio Fouché"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0W90VjP-jlBTM6kH8i6F7rrjHHGaPb0V6iGGikf59Wy1WwrGzOZwjx-0LVc2GX8eemE9CpXZOnL5SC8d7A2oGw0mCz9AK7OPqOLpdjzrtDZbEU-8ZHdrDBDc6Zw6eoNwl3Tr5tQL4LzkHPcvEp5K0uLvnAbH1O_9N_zQocNWsJB59DE-YhKaB5R_YJ6vl/s512/Fouch%C3%A9.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="379" data-original-width="512" height="237" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0W90VjP-jlBTM6kH8i6F7rrjHHGaPb0V6iGGikf59Wy1WwrGzOZwjx-0LVc2GX8eemE9CpXZOnL5SC8d7A2oGw0mCz9AK7OPqOLpdjzrtDZbEU-8ZHdrDBDc6Zw6eoNwl3Tr5tQL4LzkHPcvEp5K0uLvnAbH1O_9N_zQocNWsJB59DE-YhKaB5R_YJ6vl/s320/Fouch%C3%A9.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">La morte di Navalny
in detenzione (oltre il circolo polare artico) pone problemi non solo come
quelli discussi (ed agitati) in questi giorni, sul tasso di democrazia del
regime putiniano, sui diritti umani in Russia, sul ruolo (e lo <i>status</i>) dell’opposizione in un regime
democratico (più o meno), ma, ancor di più sulla convenienza di chi ha il
potere di uccidere (o procurare la morte) ad un avversario politico.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Due esempi (tra
i tanti offerti dalla storia) vengono in mente: l’assassinio dopo un
processo-farsa (al fine di contentare i legalitari un tanto al chilo) del Duca
d’Enghien da parte di Napoleone. Il quale fu accusato di avere commesso un
crimine (accusa non infondata). A tale proposito fu attribuito a Fouché (ministro
di polizia di Napoleone) di aver così commentato la vicenda “è peggio di un
delitto, e un’idiozia”. Giudizio esatto: la morte del Duca non arrecava alcun
beneficio alla Francia e a Napoleone. Invece sia per le circostanze del fatto (il
Duca era stato rapito dai francesi nel territorio di un altro Stato, era stato
giudicato da un Tribunale <i>ad hoc </i>ecc.
ecc.) che, e ancor più, per senso e conseguenza politica dell’azione (la quale
allargava il divario di Napoleone con i legittimisti) generava gravi <i>inconvenienti</i>.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">L’altro esempio
è quello del trattamento praticato da Churchill a Gandhi durante la seconda
guerra mondiale. Nel 1942, a seguito dell’intervento giapponese, l’India era
invasa. I giapponesi conquistarono gran parte della Birmania (oggi il Mianmar).
Il partito del congresso lanciò una (energica) campagna per l’indipendenza
indiana (<i>Quiet India</i>) seguita da una sanguinosa
repressione inglese. I <i>leaders</i> del
partito del Congresso, Gandhi compreso, furono arrestati. L’accortezza politica
di Churchill, tuttavia, fece si che Gandhi fosse recluso nel palazzo dell’Aga Khan
a Pune, con moglie al seguito. Però il <i>Mahatma</i>
aveva deciso di praticare lo sciopero della fame; dato che era un vecchietto
macilento c’era un alto rischio che morisse prigioniero degli inglesi.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Il Premier
britannico ordinò ai medici che assistevano Gandhi di alimentarlo anche a sua
insaputa. Il tutto per evitare che la morte del <i>leader</i> indiano aggravasse la già difficile situazione politica e
militare.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Putin non sembra
aver preso esempio da tali vicende: aver fatto condannare Navalny, averlo
recluso oltre il circolo polare artico (e non nel palazzo dell’Aga Khan) e
quant’altro ha finito per provocare (o almeno <i>agevolare</i>) la morte dell’oppositore. Con “ritorno” politico a
favore dei nemici della Russia, proprio quando la vicenda della guerra in
corso, e il ridotto (forse) appoggio dell’Occidente dell’Ucraina, fa intravedere
una soluzione – o almeno una fase <i>discendente</i>
del conflitto.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Un risultato
controproducente: proprio quello che un politico prudente deve evitare.<o:p></o:p></span></p><p>
</p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-30445047811997755022024-01-30T09:46:00.002+01:002024-01-30T09:46:23.023+01:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Giovanni Sallusti, Mi mancano i vecchi comunisti, prefazione di Giuliano Ferrara, Liberilibri, Macerata 2024, pp. 120, € 16,00"<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgk5HMr1cpvO-c26GK1tw0O3__PS7HhteDsooZSlD3hwwmFLEi_cqs-NbLnV2E43fJ6BFE1-nwcGeipX1jWfSXZ3Zp_yRuNuSpSu9GQk8DtOWQsNdrITXz8OrAH0e0AusuMSVJcq69tBGEkohQV0-MzZDYISUgvujZqmIF7B7HZfVT-4p_H-drrtTBwDiMx/s198/Karl_Marx.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="198" data-original-width="155" height="198" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgk5HMr1cpvO-c26GK1tw0O3__PS7HhteDsooZSlD3hwwmFLEi_cqs-NbLnV2E43fJ6BFE1-nwcGeipX1jWfSXZ3Zp_yRuNuSpSu9GQk8DtOWQsNdrITXz8OrAH0e0AusuMSVJcq69tBGEkohQV0-MzZDYISUgvujZqmIF7B7HZfVT-4p_H-drrtTBwDiMx/s1600/Karl_Marx.jpg" width="155" /></a></div><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Chi scrive ha da
anni la convinzione che nel cambio tra la vecchia sinistra pre 1989 e la
contemporanea <i style="mso-bidi-font-style: normal;">radical-chic</i>, si è
caduti, almeno per certi versi, dalla padella nella brace. Qualcuno, anche se
non con la coerenza e l’approfondimento di Sallusti, ritiene che il marxismo
avesse degli aspetti, per dirla <i style="mso-bidi-font-style: normal;">à la </i>Spengler,
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">faustiani</i>, ossia di apprezzamento – a
tratti di vera e propria esaltazione – di quello che l’occidente e la sua
ultima <i style="mso-bidi-font-style: normal;">versione</i>, cioè il capitalismo
borghese (dal XIX secolo) aveva realizzato.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">I vecchi
comunisti, scrive Sallusti, “accettavano la Rivoluzione industriale come fatto
storico-economico, dandone persino un giudizio positivo il che già li
collocherebbe tra gli eretici, al tempo in cui la sinistra continentale vota
compatta all’Europarlamento una surreale legge per il Ripristino della natura,
motivo più che sufficiente per giustificare il rimpianto inconsolabile
dell’autore” (è la prima tesi “eretica”). Credevano nell’autonomia della
politica… “sia come oggetto di studio che come tecnicalità (anche troppo)
spiccia, la consideravano un valore acquisito da Machiavelli (due). Infine,
scusate se è poco, il Vecchio Comunista riconosceva appunto l’esistenza, la
specificità e addirittura l’eccezionalità di un’entità meta-storica a sé stante,
una postilla chiamata Occidente. Non voleva cancellare la nostra cultura,
intendeva celebrarne i fasti nella Società Perfetta” (siamo a tre).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Invece i
sinistri odierni, scrive Sallusti “Aboliscono la storia, questo è il punto di
fondo, in favore di una posticcia metafisica buonista. Per questo sono ancora
più pericolosi”, e hanno sostituito alla società senza classi, la “salvezza del
pianeta”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Analizzando le
tre principali fratture elencate, quanto al produttivismo, l’autore evidenzia
anche altri punti di incontro tra pensiero marxista e liberale-libertario. Tra
i quali la polemica antiburocratica e antiparassitaria, iniziata dal giovane
Marx con una rappresentazione, tuttora insuperata, della <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Weltaschauung</i> del burocrate nella “Critica della filosofia
hegeliana del diritto pubblico”. E della centralità della fabbrica (e dei
consigli di fabbrica) nel pensiero di Gramsci.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Quanto al
realismo, Sallusti ricorda la polemica di Marx ed Engels contro il socialismo
utopistico (Fourier, Saint Simon): ora si passa dalla “nuova Gerusalemme” della
società senza classi al “vitello d’oro” (ma non sarà ottone?) del gretinismo
planetario, cioè la salvezza dell’ambiente, E sostanzialmente con la negazione
della politica – e del “politico”, salvaguardata (eccome) dalla prassi del
comunismo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">vintage</i>, che la nuova
sinistra occulta o non considera. E così tende ad eliminare il conflitto e la
lotta (cioè l’amico-nemico), senza – ovviamente – riuscirci perché fa parte
della condizione umana e perché crea, insieme dei nemici nuovi, negandoli (l’industriale
inquinatore, la partita IVA, l’evasore) favorendo così una tecno-burocrazia di
cui è la chiassosa (e subordinata) banda.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">L’occidentalismo
del vecchio comunista è evidente “Marx rimane hegeliano fino alla fine, dunque
non cessa mai di essere occidentalista”; per cui “non si sognerebbe mai di
rimuovere il padre, e di celebrare questo suicidio culturale chiamato Cancel
Culture”. Per cui, contrariamente alla cultura Woke “Ogni volta che c’è
occidentalizzazione c’è civilizzazione, è il teorema di Marx, ed è una
spettacolare, a lungo occultata ma definitiva stroncatura <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ante litteram</i> della lagna (auto)colpevolizzante Woke”.
L’irrazionalismo stigmatizzato da Lukacs è oggi incarnato nella cultura
Woke.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Questa (scrive Sallusti) non
sfugge alla dialettica amico-nemico, anzi è il nemico “nemico implacabile,
perché più ancora che la Ragione (qui saremmo ancora a Lukacs) sente di avere i
Buoni Sentimenti dalla sua, è Wokista”. É nemico <i style="mso-bidi-font-style: normal;">interno</i> e il suo abito mentale è l’oicofobia (Scruton). Cioè il
rifiuto della (propria) civiltà occidentale.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Per cui conclude
l’autore nostalgicamente sui vecchi comunisti: “li rimpiango amaramente, non è
nemmeno più nostalgia struggente, è un appello disperato, è una seduta
storico-spiritica, sono un vedovo inconsolabile dei Vecchi Comunisti”; mentre i
nuovi <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sinistri</i> “non perseguono la
sintesi dell’uguaglianza, non hanno una meta, vivono in un eterno presente
ringretinito e perseguono l’apocalisse petalosa, la mera e benpensante
distruzione della ragione, della (nostra) storia, della (nostra) civiltà”. C’è
ancora tempo per fermarli: ma di danni, purtroppo, ne hanno già fatti tanti.<o:p></o:p></span></p><br /><p></p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-77974745928672352282023-12-29T19:14:00.005+01:002023-12-29T19:14:59.104+01:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Meglio i rustici di Dulcamara"<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhN3l7iQ3lj9VXh7yn7G-6Gbfy21e7sJ4TZGePkX6BlL1PpFd_hIieDQgBnkosXct_fJyyqTTmH0LAP3x17Bgb99o8tHYuVutSkyBvX3MP8jKzABEx8WX4xtiJhACu6N1Yu9nmJ4C8xT6QA49r2mUEez9dh3mwlkd8DB7tTMspuCwJSVkmFJZL22EBtbOl/s1024/Dulcamara.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="737" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhN3l7iQ3lj9VXh7yn7G-6Gbfy21e7sJ4TZGePkX6BlL1PpFd_hIieDQgBnkosXct_fJyyqTTmH0LAP3x17Bgb99o8tHYuVutSkyBvX3MP8jKzABEx8WX4xtiJhACu6N1Yu9nmJ4C8xT6QA49r2mUEez9dh3mwlkd8DB7tTMspuCwJSVkmFJZL22EBtbOl/s320/Dulcamara.jpg" width="230" /></a></div><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">La settimana di Natale
non ha recato doni, tanto meno ricchi, ai buonisti in servizio permanente
effettivo: dai pandori della Ferragni ai rinvii a giudizio per i congiunti di Soumahoro,
ai bonifici vaticani per il no-global Casarino. È stato tutto un congiungere le
buone intenzioni manifestate dai suddetti con le laute retribuzioni che ne
conseguivano.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Mi son detto se
il comune denominatore dei buonisti è la pratica di congiungere strettamente
intenzioni e profitti, cosa li distingue da un “vecchio” piazzista da fiera,
come ad esempio il Dulcamara?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Anche il
ciarlatano dell’elisir d’amore racconta<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>un sacco di bugie agli ingenui paesani, e lo fa con logica di mercato: l’elisir
che offre è magnifico, cura tutto: dal diabete all’impotenza, dal mal di fegato
alla colite. È pure efficace come crema per la pelle, contro le rughe ed è un
insetticida insostituibile. Il target di un prodotto del genere esonda nel (più)
vasto pubblico dei consumatori, in ossequio alla prima legge di mercato:
aumentare il numero degli acquirenti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">D’altro canto Dulcamara
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">fa leva sempre sull’interesse</i> all’acquisto
dell’elisir: il prodotto non è solo utile a tante cose (ha un grande <i style="mso-bidi-font-style: normal;">valore</i>) ma costa poco (uno scudo). È il
rapporto favorevole <i style="mso-bidi-font-style: normal;">qualità</i>/prezzo l’argomento
determinante della <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pubblicità </i>di Dulcamara.
Gli altri argomenti (l’<i style="mso-bidi-font-style: normal;">autorità</i>
scientifica del ciarlatano, nota dell’<i style="mso-bidi-font-style: normal;">universo
e in altri siti</i>, i certificati, il successo nelle vendite, i costi) sono di
contorno.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Ciò lo distingue
dai suoi epigoni nostri contemporanei. I quali non promuovono pandoro, uova od
altro facendo leva sull’eccellenza della merce e sulla modicità del prezzo. No.
I nostri fanno leva sulle buone cause e sui buoni sentimenti. Chi non usa olio
di palma salva tanti oranghi dalla distruzione del loro habitat (nessuno – per quanto
risulta – si pone il problema di come la pensino i contadini indonesiani); chi
acquista una macchina elettrica salva il pianeta dal cambiamento climatico;
così coloro che mangiano pandori e uova della Ferragni aiutano i bimbi malati. E
così via.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Con ciò da una
promozione che si fonda sull’interesse si passa ad una che si basa, per così
dire, sui <i style="mso-bidi-font-style: normal;">valori</i>. Che un pandoro sia
fatto con grassi e farine di bassa qualità non importa: conta invece che
comprarlo serve ad assistere dei bambini, come dice il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">testimonial</i>. D’altra parte il concetto di “valore”, come inteso
oggi, è nato nella scienza economica, e ad essa fa ritorno (sotto diverse spoglie).
C’è da chiedersi: se Dulcamara avesse propagandato il proprio elisir chiedendo
ai “rustici”<span style="mso-tab-count: 1;"> </span> di comprarlo per assistere
i bambini, lo avrebbe venduto? Penso che i <i style="mso-bidi-font-style: normal;">rustici</i>
ci avrebbero riso su, abituati sia a far elemosina nelle sedi e modi tradizionali,
sia a spendere oculatamente, come normale nelle società più povere. Invece,
malgrado e date le cifre pagate ai <i style="mso-bidi-font-style: normal;">testimonials</i>
le ditte produttrici riescono evidentemente a realizzare lauti profitti. Segno
che i <i style="mso-bidi-font-style: normal;">rustici</i> di oggi <i style="mso-bidi-font-style: normal;">abboccano</i> assai di più che ai tempi di Dulcamara.
E oltretutto non hanno la prospettiva della fortuna di Dulcamara e del suo “gonzo”
Nemorino, del lieto fine, dell’eredità che arricchisce il truffato. Tutto a
perdere, quindi, tranne che per i <i style="mso-bidi-font-style: normal;">testimonials</i>
e i loro committenti.<o:p></o:p></span></p><br /><p></p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-35150289377699413812023-12-29T18:01:00.000+01:002023-12-29T18:01:02.448+01:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Salvador De Madariaga, La sacra giraffa, OAKS Editrice 2023, pp. 307, € 25,00"<blockquote style="border: none; margin: 0px 0px 0px 40px; padding: 0px; text-align: left;"><blockquote style="border: none; margin: 0px 0px 0px 40px; padding: 0px; text-align: left;"><p></p></blockquote></blockquote><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghJJRY25E-gnI7WbB07bAxEYOpGZMpKUCBcHNtWhtfhCO2s_Yl8d2SLLJGKXTNpCOgoGFR91Yssn7ifrVISnu39IPDghL6uUfV7Fqh_MgTCb1El_7qL5cpqDHnRlHro0I2S9AIq_-PlDpK60KhdpWk_fwQwQ6WfL_RClUC1c5uJI4sPMXrSlvj1hP6dvsU/s798/La%20sacra%20giraffa.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="798" data-original-width="536" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghJJRY25E-gnI7WbB07bAxEYOpGZMpKUCBcHNtWhtfhCO2s_Yl8d2SLLJGKXTNpCOgoGFR91Yssn7ifrVISnu39IPDghL6uUfV7Fqh_MgTCb1El_7qL5cpqDHnRlHro0I2S9AIq_-PlDpK60KhdpWk_fwQwQ6WfL_RClUC1c5uJI4sPMXrSlvj1hP6dvsU/s320/La%20sacra%20giraffa.jpg" width="215" /></a></div><blockquote style="border: none; margin: 0px 0px 0px 40px; padding: 0px; text-align: left;"><blockquote style="border: none; margin: 0px 0px 0px 40px; padding: 0px; text-align: left;"><p></p></blockquote></blockquote><p style="text-align: left;"><br /> </p><p style="text-align: justify;"> </p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Diplomatico,
insegnante, uomo politico, presidente dell’Internazionale liberale, Salvator De
Madariaga tra tante opere storiche scrisse questo libro distopico connotato da
un umorismo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">á tous azimouths</i>, ma, in
particolare rivolto alla società inglese del secolo scorso, che conosceva bene,
avendo insegnato ad Oxford. Immagina di aver trovato e tradotto un romanzo che
descrive la civiltà dell’anno 6922, dove l’Europa (e la razza bianca) è
scomparsa, primeggia l’Africa e gli Stati – come le società umane – sono dominati
dalle donne, mentre gli uomini sono relegati a compiti domestici. Come nota
Ingravalle nella diffusa introduzione, comunque le <i style="mso-bidi-font-style: normal;">regolarità</i> delle comunità umane non sono cambiate: in particolare
l’ordinamento gerarchico delle stesse, l’aspirazione al potere e l’esigenza del
sacro (e al mito).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">E anche i
difetti: a cominciare dalla vanità e dall’ipocrisia pubblica e privata.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">A tale proposito
basti leggere (il libro è stato pubblicato quasi un secolo fa)<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>il trattato internazionale che chiude il
romanzo: zeppo di passaggi roboanti e commoventi che occultano la realtà di una
spartizione tra due Stati “forti” di uno Stato debole. O la relazione sulla
letteratura inglese, fatta da una storica secondo la quale più per fantasia e
ricerca dell’originalità che della realtà sostiene che la rilegatura –
cofanetto di un antologia di poeti inglesi pubblicata dall’Università di Oxford
sia opera di un solo autore (anzi autrice), Oxford per l’appunto, che avrebbe
scritto da solo gran parte della poesia e della prosa inglese attribuendola ad <i style="mso-bidi-font-style: normal;">autori di fantasia</i> come Chaucer, Milton,
Shakespeare, Kipling, ecc. ecc. Il tutto con una pseudorazionalità che <i style="mso-bidi-font-style: normal;">mutatis mutandis</i> anche oggi conosciamo
bene.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Il romanzo considera
tanti aspetti della vita sociale; dal sacro al profano. Ai primi appartiene il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">mito fondatore</i> dello Stato di Ebania; la
cui prima regina sarebbe discesa dalla Luna alla Terra scivolando sul collo della
sacra giraffa, la quale lo aveva allungato fino al satellite scambiandolo per
una gigantesca noce di cocco; ai secondi la superiorità della donna sull’uomo,
giustificata ad ogni piè sospinto, malgrado l’evidenza che non si tratta di una
superiorità <i style="mso-bidi-font-style: normal;">biologica</i>, ma di
ordinamento sociale.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">L’umorismo di
Madariaga può apparire (e in effetti spesso è) troppo fine per i palati rozzi.
Ad esempio questo mito della discesa sul collo della sacra giraffa appare come
una rappresentazione simbolica della <i style="mso-bidi-font-style: normal;">costituzione</i>
dal cielo del potere sacro e dell’origine celeste dell’autorità. Fatta
nell’immaginario di un popolo africano.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Sempre ai
secondi (il profano) appartengono le <i style="mso-bidi-font-style: normal;">regolarità</i>
delle comunità umane che pur cambiando razza, sesso, costumi, rimangono per
certi aspetti immutato.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Così sia le
società ove i dominanti sono maschi, ariani sia dove a dominare sono le donne
di colore, le “costanti” della lotta per il potere e l’ordinamento gerarchico
non mutano. Anche per questo “La sacra giraffa” rientra tra i migliori libri
distopici del secolo scorso, come “1984” e “Il mondo nuovo”. Buona lettura.<o:p></o:p></span></p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-75650680168884445332023-12-14T11:44:00.007+01:002023-12-14T11:50:07.098+01:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Carl von Clausewitz, Pensieri sulla guerra, introduzione del generale Stefano Basset, OAKS editrice, € 10,00"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7aePQ5KWsQiUJYzMMUd2wB9bIFNG8ZefgzSUkPy0srykG-6KZtaShdKeancZ64mpC8QNrfRQLEPFgMMHK8EcDzn_jYwDmkXN6IQORylcMrTugs2PkJ5L7VacyngJ7PwGkCovLCHsXG9gaVBBMCLPHXgetvzylhYXsyrtSThYup2QzVTzZzq5EkE29bfzT/s807/Clausewitz.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="807" data-original-width="649" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7aePQ5KWsQiUJYzMMUd2wB9bIFNG8ZefgzSUkPy0srykG-6KZtaShdKeancZ64mpC8QNrfRQLEPFgMMHK8EcDzn_jYwDmkXN6IQORylcMrTugs2PkJ5L7VacyngJ7PwGkCovLCHsXG9gaVBBMCLPHXgetvzylhYXsyrtSThYup2QzVTzZzq5EkE29bfzT/s320/Clausewitz.jpg" width="257" /></a></div><br /> <p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Perché recensire
una edizione di massime tratte da un classico del pensiero, come il “Vom Kriege”
di cui circolano tante edizioni integrali? La risposta è duplice: da un canto
perché la guerra nel XXI secolo è tornata alla “ribalta” - a scapito delle
anime belle che credevano di averla seppellita per sempre – e nella sua forma “tradizionale”
(Russia-Ucraina) e in quella “aggiornata” (Israele-Hamas). Dall’altro perché il
generale prussiano trattava della guerra come fenomeno, sia negli aspetti
immutabili, sia in quelli più legati alle condizioni particolari (e così all’epoca
e alle guerre napoleoniche).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Ne consegue che
molte considerazioni (in particolare tratte dai libri I, II e VIII) concernono l’essenza
e la teoria della guerra (le <i style="mso-bidi-font-style: normal;">regolarità</i>
di qualsiasi conflitto armato) e così costanti.; altre alle condizioni (variabili)
delle epoche e dei mezzi delle singole guerre. Ad esempio il Reno fu
attraversato – nella stessa direzione – da Giulio Cesare e dagli alleati (Remagen):
ovviamente i problemi e le difficoltà che dovevano affrontare il generale
romano e quelli angloamericani erano assai diverse, e così la tattica; onde i
consigli di Clausewitz vanno presi <i style="mso-bidi-font-style: normal;">cum
grano salis</i>. Il libro raccoglie massime sulle “regolarità”: è quindi adatto
ad un lettore anche non esperto. Una introduzione del generale Basset completa
il volume.<o:p></o:p></span></p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-5498336825426055112023-12-05T11:58:00.000+01:002023-12-05T11:58:02.043+01:00Teodoro Klitsche de la Grange: "A.A.V.V., La proprietà e i suoi nemici a cura di S. Scoppa, Tramedoro, Bologna 2023, pp. 110, € 10,00"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjYXc92O1SD4i9slkmBlEU1IK-kRkNxyfP7N4vXCHlUQYEx2W_XwQabx_P-d1bBhko11OZ60S8RWb9SeMdGzeTEIOU6SR2qLk3TBxUS6Ski4iuJ4MaQygVRRwQVny-uOcEs0tnXFKBiyveAgIm2mWAk-vtnhpcUrHX6_SeRhUZ_rK2tD29R7wIs3yVYJin_/s984/Prop_nem.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="984" data-original-width="613" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjYXc92O1SD4i9slkmBlEU1IK-kRkNxyfP7N4vXCHlUQYEx2W_XwQabx_P-d1bBhko11OZ60S8RWb9SeMdGzeTEIOU6SR2qLk3TBxUS6Ski4iuJ4MaQygVRRwQVny-uOcEs0tnXFKBiyveAgIm2mWAk-vtnhpcUrHX6_SeRhUZ_rK2tD29R7wIs3yVYJin_/s320/Prop_nem.jpg" width="199" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Questo volume fa
parte della collana “Biblioteca della proprietà”, promossa da Confedilizia.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Prende
l’occasione dalla direttiva sulle Case-green e in genere dall’<i>andazzo</i> ecologista dell’Unione europea
per riproporre l’importanza e la necessità della proprietà, non solo in
generale, ma anche per l’ambiente.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Per far questo
deve superare due luoghi comuni propagandati: il primo che la proprietà privata
comporti necessariamente peggioramento dell’ambiente, mentre quella pubblica
no, o quanto meno lo comprometterebbe in misura minore; dall’altro il riflesso <i>condizionato</i> antiproprietario, in
particolare da Marx in poi che, dopo il crollo del comunismo ha scelto la
tutela dell’ambiente come ragione fondamentale del proprio livore.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Come scrive
nell’introduzione Piombini, l’obiettivo «politico principale delle classi
politico-burocratiche occidentali, appoggiate dai media e dagli intellettuali
(è) Usare la confisca, il clientelismo,
la centralizzazione e la coercizione per combattere il cosiddetto “cambiamento
climatico”». E così aumentare (e giustificare) il <i>proprio </i>potere. A tale proposito sostiene Lottieri che «la
direttiva detta “case <i>green</i>” è
soltanto l’ultimo frutto avvelenato di un’idea pervertita di Unione europea e,
oltre a ciò, dello stesso <i>declino del
diritto</i>». Tra le due <i>mende</i>, la
più interessante è quella del “declino del diritto”. Questo è assorbito dalla <i>legislazione</i>, cioè dalle norme emanate
dal principe, che hanno assunto, nello Stato moderno, un ruolo esclusivo (o
quasi). Questo a scapito della concezione romana del diritto il quale, oltre
alla <i>leges</i>, alle <i>constitutiones</i>, ai <i>senatus
consulta</i> era “costituito” dai <i>responsa
prudentium</i>, dagli <i>edicta</i> dei
Pretori, dai <i>mores maiorum</i>. Cioè era
un sistema <i>pluralista</i> e non (quasi
del tutto) monopolizzato dallo Stato. Oltretutto negli ordinamenti giudiziari
continentali, fino a meno di un secolo fa, privo di quello che Hauriou chiamava,
per quello degli Stati Uniti, la <i>superlegalité
constitutionnel</i> che garantisce la società civile dall’invadenza dello
Stato.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Nell’individuare
la ragione di tale bulimia pubblica, Lottieri scrive «alla base di tutto
questo, allora, c’è l’antica, antichissima questione del potere. Perché non c’è
dubbio che il potere esiste e una delle sue manifestazioni più caratteristiche
consiste proprio nella capacità da parte di
alcuni (dominatori) di estrarre le risorse di altri (dominati)». Come
gli italiani tartassati da un fisco predone coniugato ad un’amministrazione
sgangherata, conoscono bene.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Restando nei
limiti di una recensione ricordare tutti i contributi degli autori che
affrontato i diversi aspetti del problema: vi rinviamo i lettori.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">È opportuno fare
comunque un’eccezione per quello di A. Vitale, già dal titolo assai attraente
“dall’economia verde a una società al verde”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Scrive Vitale
nella post-fazione che «questo libro mette il dito nella piaga della
legislazione e della regolamentazione, nel fondamentalismo ecologico e nella
bulimia regolatoria europea – che minacciano di non avere limiti – giustificate
con la “crisi climatica globale”» e prosegue che in realtà questo « è funzionale
ai pianificatori di ogni colore per un rimodellamento della società secondo i
loro desideri (l’uso delle espressioni “cambiare il mondo” e “nuovo mondo” è
infatti molto frequente)». Peraltro l’obiettivo dell’ambientalismo radicale è
«il controllo e in prospettiva l’annientamento della proprietà, del mercato,
dell’economia libera. L’ambientalismo infatti, ignorando il ruolo del
meccanismo del libero mercato, dei prezzi e della proprietà privata nella
conservazione e nell’aumento delle risorse naturali, finisce sempre per
perorare la causa di un’economia pianificata, interventista». Carente di sicuri
presupposti, l’ideologia ambientalista non considera le esigenze sociali che
sacrifica «di occupazione, di costi per i meno abbienti, di prezzi troppo
elevati per i salari medi». E così conduce al verde la comunità.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Nel complesso un
libro che possiede il pregio più importante in un’epoca di “politicamente
corretto”: la demistificazione.<o:p></o:p></span></p><p>
</p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-83852314890665509342023-11-27T19:10:00.001+01:002023-11-27T19:10:18.654+01:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Carlo Lottieri, La proprietà sotto attacco, Liberilibri 2023, pp. 88, € 16,00"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinCQf2WGRiubrimIAHt-otBjHyxWLUpJXXEFPVBrKYm4yfIDmmW1-TBX7uWDQCYi1LKXTYYYdr_w-Hd04jVw0HTHHgNzmewE_azPAzXcm9FFD0UhR6PeUz0lRNB4l6ibiqK5BNEBZB6jQ7gwIVJqauKS04_T25XCtjGM5-SW37XIPynNXITOMiqFynNBC2/s273/images.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="273" data-original-width="184" height="273" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinCQf2WGRiubrimIAHt-otBjHyxWLUpJXXEFPVBrKYm4yfIDmmW1-TBX7uWDQCYi1LKXTYYYdr_w-Hd04jVw0HTHHgNzmewE_azPAzXcm9FFD0UhR6PeUz0lRNB4l6ibiqK5BNEBZB6jQ7gwIVJqauKS04_T25XCtjGM5-SW37XIPynNXITOMiqFynNBC2/s1600/images.jpg" width="184" /></a></div><br /> <p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Sarebbero
necessari tanti saggi come questo per risvegliare il senso comune da quel “sonno
mediatico” che occulta pratiche, mezzi ed espedienti di sfruttamento dei
governati (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">alias</i> sudditi) del nostro
tempo, soprattutto di quelli della Repubblica italiana. L’argomento può essere
affrontato da più angoli visuali: Lottieri lo considera soprattutto da quello
filosofico. Così l’autore considera il neopositivismo di Kelsen, per cui il
diritto è “ricondotto alla mera validità formale”, ed è un sistema normativo
organizzato secondo una gerarchia di precetti, fino a quello fondamentale. Questa
«gerarchia ben precisa colloca obblighi e sanzioni ben al di sopra dei
cosiddetti “diritti”. Questo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">positivismo
giuridico, di conseguenza, si traduce nell’assoluto arbitrio di chi comanda</i>»
(il corsivo è mio). Ciò era stato stigmatizzato già circa un secolo orsono da
Carré de Malberg, secondo il quale la gerarchia di norme del giurista austriaco
non era altro che la conseguenza della gerarchia tra organi dello Stato: la
conformità dell’atto amministrativo alla legge era il riflesso della <i style="mso-bidi-font-style: normal;">superiorità</i> del Parlamento sul governo e
l’amministrazione (e così via).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">In particolare
la proprietà è stata svuotata di contenuto attraverso una disciplina che
sottraeva o limitava facoltà a favore dei poteri pubblici (quello che Rodotà, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">lato sensu</i>, chiamava il “controllo
sociale delle attività private).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Per cui sempre
il giurista calabrese riteneva la proprietà un diritto sotto riserva di legge,
ma del quale il legislatore poteva <i style="mso-bidi-font-style: normal;">plasmare
ad libitum</i> il contenuto. I tedeschi, che avevano già assistito ad un
dibattito simile relativamente al diritto di proprietà come regolato dalla
Costituzione di Weimar, quando si dettero la <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Grundgesetz</i>, tuttora vigente, si affrettarono per evitare simili
concezioni, a disporre (all’art. 19) che “in nessun caso un diritto
fondamentale può essere leso nel suo contenuto sostanziale”; oltre a vietare su
tali diritti, di legiferare con leggi di carattere non-generale.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">In realtà,
sostiene Lottieri “esiste un’inimicizia originaria tra il potere e il diritto,
e quindi anche tra il potere e la proprietà”, in ispecie da quando l’ “ordine
giuridico è stato ricondotto alle decisioni arbitrarie del legislatore”, onde
“L’arbitrio anarchico del decisore politico stabilisce chi deve avere cosa, ma
questo è reso possibile da una sorta di ipoteca collettivistica: dall’idea che
ci sia un gruppo di potere titolato a disporre di ogni bene e che può
attribuirlo a sua discrezione”. Lo Stato è il più grande <i style="mso-bidi-font-style: normal;">distributore</i> dei diritti (e delle risorse correlative). Peraltro
nella cultura progressista e nel suo “Stato di diritto”; “è stato allora
delineato, grazie alla teorizzazione dello Stato di diritto democratico e
sociale, un super-costituzionalismo in ragione del quale alla tripartizione
puramente istituzionale tra legislativo, esecutivo e giudiziario si
affiancherebbe una tripartizione ben più rilevante, la quale rinvia al contrapporsi
dei tre “poteri” (politico, culturale ed economico). In questo modo la
sovranità collettiva trarrebbe la sua legittimità e necessità dal compito di
contrastare le minacce provenienti dall’economia e dalla cultura, dalla
ricchezza e dal pensiero”. Onde funzione dello Stato sarebbe di contrastare i
relativi (e così denominati) abusi. Ma “L’esito di tutto ciò è un potenziamento
crescente, tendenzialmente illimitato, del dominio politico: del controllo che
il ceto governante esercita sul resto della società, sempre più espropriata dai
governanti e dai loro complici”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Il che non ha
affatto impedito che dei poteri pubblici si servissero anche i grandi poteri
privati, realizzando così un <i style="mso-bidi-font-style: normal;">mélange</i>
pubblico-privato, d’altra parte spesso ripropostosi (storicamente) in gran
parte delle comunità. Anche l’occidente, e non solo Putin (e Xi) ha i propri
oligarchi. D’altronde, quanto alla dimensione temporale questo era già
stigmatizzato da Pareto nella forma della “plutocrazia demagogica” molto simile
all’attuale apparato economico-mediatico di controllo. Anche oggi, i poteri
forti “hanno reso possibile un nuovo dirigismo, in cui la grande impresa lavora
di concerto con i politici e gli intellettuali. Non c’è dunque da stupirsi se
ora, un po’ tutti, stanno passando all’incasso”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Da ultimo, per
favorire il controllo sui governati si è inventato anche degli stati di
emergenza gonfiati, l’ultimo dei quali pressoché inesistente (quanto alla causa
indicata). È quello del riscaldamento ambientale, contestato da tanti scienziati
e contraddetto dall’andamento ciclico delle temperature (da millenni, assai
prima dell’uso dei combustibili, dei motori e delle caldaie moderne).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Nel complesso un
saggio assai interessante, che ne fa auspicare un altro: come nell’Italia della
Repubblica sia stato conculcato <i style="mso-bidi-font-style: normal;">legislativamente</i>
il diritto di proprietà e quanto ci sia costato. Speriamo che Lottieri sia
disponibile a scriverlo.<o:p></o:p></span></p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-1239938742258938842023-11-16T10:08:00.001+01:002023-11-16T10:08:40.138+01:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Disapplicare non è una parolaccia"<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiaFzoe_6SfIMtYjW-0JzKzvZHGCq26jKt0G5ZZlmvbvXMMDu1pnSrnGBNVFvQcoRfTux44R0egKYoxe-4PykunSjLmx294H6MPSiPKttLR3Qv_gS5G_DUYuavqc1fXDsyp0e6ao6E8jb6zBTjY5ush-_3btc1W4v0juc2Dgprsoa57eePK05kijY06wzWe/s328/Silvio_Spaventa.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="328" data-original-width="232" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiaFzoe_6SfIMtYjW-0JzKzvZHGCq26jKt0G5ZZlmvbvXMMDu1pnSrnGBNVFvQcoRfTux44R0egKYoxe-4PykunSjLmx294H6MPSiPKttLR3Qv_gS5G_DUYuavqc1fXDsyp0e6ao6E8jb6zBTjY5ush-_3btc1W4v0juc2Dgprsoa57eePK05kijY06wzWe/s320/Silvio_Spaventa.jpg" width="226" /></a></div><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">A leggere la
stampa, compresa quella non di sinistra, sulle recenti decisioni giudiziarie
sui migranti, si ha l’impressione che venga criticata (anche) la possibilità
per il Giudice ordinario di disapplicare gli atti amministrativi (nonché, in
certi casi, norme di legge).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Dato che la
disapplicazione ha una storia che quasi coincide con quella dell’unità d’Italia
e della costruzione dello Stato nazionale e liberale, urge ricordare cos’è, chi
l’ha voluta, e perché.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Con la L.
2248/1865 all. E era abolito il vecchio contenzioso amministrativo degli Stati
pre-unitari. L’art. 5 dispone: “In questo, come in ogni altro caso, le autorità
giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e
locali in quanto siano conformi alle leggi”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Come scriveva
Vittorio Emanuele Orlando, la portata liberale di tale riforma fu limitata da
una giurisprudenza <i style="mso-bidi-font-style: normal;">timida</i> e
favorevole alla parte pubblica. Scriveva: “L’abbiamo detto più volte, e
l’osservazione non è nostra soltanto: la legge del 1865 fu <i style="mso-bidi-font-style: normal;">troppo liberale</i>, e non trovò le condizioni ambientali idonee al suo
sereno e completo svolgimento. Il sentimento autoritario era ed è ancora troppo
radicato in noi, popolo nato ora alla libertà. Sicché tutte le volte che essa
ha potuto, la giurisprudenza ha allontanato da sé il calice amaro di agire come
freno e limite del potere esecutivo”. A <i style="mso-bidi-font-style: normal;">completarla</i>
comunque intervenne nel 1889 l’istituzione della IV Sezione del Consiglio di
Stato con giurisdizione sugli interessi legittimi. Sosteneva Silvio Spaventa
che, dato l’accrescimento del potere pubblico era necessario un controllo
giudiziario più esteso e penetrante: “È evidente che, quanto il potere dello
Stato è più grande, altrettanto, se non è più facile che esso ne abusi, maggiore
però, per l’estensione sola del suo potere, può essere il numero dei suoi
abusi. Il rimedio quindi, che si affaccia in prima alla mente di ognuno e
contro gli abusi delle autorità pubbliche, è di restringere al possibile il
loro potere… Tutti i tentativi quindi, che faremo per diminuire le ingerenze
dello Stato, a me sembrano pressoché vani: non è per questa via che si troverà
il rimedio che cerchiamo… la libertà oggi deve cercarsi non tanto nella
costituzione e nelle leggi politiche, quanto nell’amministrazione e nelle leggi
amministrative”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Ho riportato,
tra i tanti, le opinioni di due tra i più noti e influenti giuristi per
ricordare come l’intero “comparto” della giustizia amministrativa –
disapplicazione inclusa - fu opera e merito della classe dirigente liberale; la
quale, pur detenendo il potere, all’epoca ebbe il coraggio di approvare riforme
il cui effetto era di limitarlo e controllarlo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Dopo che da un
trentennio si sta facendo tanto per conculcare i diritti dei cittadini, come
più volte e più estesamente ho sostenuto, occorre evitare l’errore di pensare
che disapplicare sia abuso di potere giudiziario, che è contrario al principio
di distinzione dei poteri (Montesquieu si rivolta nella tomba), che occorre un
governo che possa governare, ecc. ecc.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Tutte cose in
tutto o in larga parte condivisibili ma le quali con la disapplicazione (come
“tecnica sanzionatoria” degli atti illegittimi della P.A.) hanno poco a che
fare. E limitarla o anche solo deprecarla sarebbe fare un passo (enorme)
indietro, che tutti i <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sedicenti liberali</i>
aspettano fregandosi le mani.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Ciò stante, è
comunque da valutare se e come siano “disapplicabili” atti o anche disposizioni
con valore di legge perché contrarie al diritto internazionale, ed ancor più se
qualche decisione giudiziaria, apparentemente sollecita del <i style="mso-bidi-font-style: normal;">diritto delle genti</i> non sia piuttosto
frutto della personali convinzioni politiche ed etiche del giudicante. Ma
questo è un problema (enorme) che concerne l’esercizio di (ogni) funzione
pubblica ed in particolare di quella giudiziaria. E non solo della
disapplicazione.<o:p></o:p></span></p><br /><p></p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-54863813152980959242023-10-26T11:10:00.001+02:002023-10-26T11:10:08.759+02:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Murray N. Rothbard, Contro l’egalitarismo a cura di Roberta Adelaide Modugno, Liberilibri 2023, pp. 122, € 18,00"<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgr1-rtol8aoTxz-AHyw55XyLWnI4O_WNJuam5mrJ4SjNHTF0DQ1pQ6FikeqwvuPQRLKdTgAVPmifrL8l8OIfIbiRlPGdwST5zF8bVAFMgv-InP1IRKzd5orPb4JtVwkAAj-Ar41fsoO7InWL8VhdOE9Q7Sao2AmCZ6K-V3j3nD3-9hFGyOfvQ0aTPSfdqY/s709/sito_contro-egalitarismo.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="709" data-original-width="436" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgr1-rtol8aoTxz-AHyw55XyLWnI4O_WNJuam5mrJ4SjNHTF0DQ1pQ6FikeqwvuPQRLKdTgAVPmifrL8l8OIfIbiRlPGdwST5zF8bVAFMgv-InP1IRKzd5orPb4JtVwkAAj-Ar41fsoO7InWL8VhdOE9Q7Sao2AmCZ6K-V3j3nD3-9hFGyOfvQ0aTPSfdqY/s320/sito_contro-egalitarismo.jpg" width="197" /></a></div><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Nel volume sono
raccolti saggi del filosofo ed economista libertario, allievo di von Mises.
Scrive la Modugno nell’introduzione che dell’eguaglianza avversata da Rothbard
che “non si tratta del principio dei Padri fondatori della repubblica
americana, cioè l’idea che tutti gli uomini sono creati uguali e dotati della
stessa libertà. L’egalitarismo di sinistra proclama invece di voler rendere
tutti gli uomini uguali, cosa ben diversa da un’uguaglianza nella libertà”.
Dato che gli uomini sono (fortunatamente) tutti diversi l’uno dall’altro, il percorso
tra eguaglianza da realizzare e disuguaglianza <i style="mso-bidi-font-style: normal;">fattuale</i> è del tutto in salita.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Anche perché a
partire dall’eguaglianza più “soft”, cioè quella delle opportunità, le
differenze fisiche di ciascun individuo fanno sì che ai punti di arrivo si
ricreino disuguaglianze. Basti ricordare quanto pesino tali caratteri negli
atleti, negli attori o nei cantanti (a tacer d’altro). Anche se provvisti di
borse di studio, palestre, ecc. ecc., decisivi per il successo del calciatore,
del tenore e dell’attrice saranno la prestanza fisica, l’ugola e la bellezza. E
così a ricreare la disuguaglianza sia delle possibilità e stili di vita che
nella ricchezza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Inoltre come
sottolinea Alessandro Fusillo nella post-fazione: “lo strumento per la
realizzazione forzosa dell’uguaglianza è lo Stato… lo Stato, in quanto
monopolista territoriale della violenza aggressiva ed entità collettiva che
ricava i propri redditi non dalla produzione e dallo scambio ma
dall’appropriazione fraudolenta o forzosa di quanto altri hanno prodotto o
scambiato, è un’entità antisociale e asociale. Lo Stato, pertanto, non è,
secondo la ricostruzione rothbardiana, un’entità magari inefficiente e
farraginosa, ma fondamentalmente benevola e utile. Lo Stato è il nemico della
società civile, l’organizzazione che ne impedisce o rallenta lo sviluppo e la
prosperità”. Anche Rothbard nota che “La grande realtà della differenza e della
varietà individuale (cioè, la disuguaglianza) risulta evidente dalla lunga
storia dell’esperienza umana; da qui, il riconoscimento generale della natura
antiumana di un mondo di uniformità forzata. Socialmente ed economicamente, questa
varietà si manifesta nell’universale divisione del lavoro e nella “Legge Ferrea
dell’Oligarchia” – la consapevolezza che, in ogni organizzazione o attività,
alcuni (generalmente i più capaci e/o i più interessati) finiranno per
diventare leader, con la massa che riempie le fila dei seguaci”. Quindi né
l’ordine economico, né quello politico (anzi questo ancora di più) prescindono
dalla disuguaglianza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Chi scrive è
convinto che un’affermazione è sicuramente condivisibile, il resto lo è solo in
parte.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">A osservare la
realtà lo Stato moderno è anche il garante della libertà concreta (Hegel). Il
bicchiere cioè è <i style="mso-bidi-font-style: normal;">mezzo pieno</i>, perché è
proprio il monopolio della violenza legittima (e della decisione politica) che
ha reso possibile un grado di coazione e quindi di realizzazione delle pretese
(delle “obbligazioni-scambio” di Miglio) ragguardevole.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">A parte i casi
(tanti) di esercizio <i style="mso-bidi-font-style: normal;">dispotico</i> del
potere, quello dello Stato moderno è assai più efficace di quanto lo fosse il
sistema feudale o i diritti degli “Stati” arcaici dove le pretese – anche se
statuite dal giudice – dovevano essere eseguite dagli aventi diritto.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Il tutto si basa
tuttavia sulla diseguaglianza più evidente e necessitata perché determinata
dalla natura umana: che il “politico” <i style="mso-bidi-font-style: normal;">è
squisitamente disuguale, basandosi sulla differenza più sostanziale e decisiva,
ossia quella tra chi comanda e chi obbedisce.<o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Per cui
l’eguaglianza da realizzare si fonda in ogni caso, su una disuguaglianza
necessaria e decisiva. Perché normalmente chi comanda può arrivare fino a
condannare (o destinare) alla morte. Cosa che Fusillo nota: “La supremazia dei
pubblici poteri è la negazione del principio di uguaglianza”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Rothbard nei
saggi raccolti offre sempre una lettura originale, ma soprattutto
anti-conformista e, ricordando Bacone, anti-<i style="mso-bidi-font-style: normal;">idola</i>.
Un’ottima ragione per leggerlo.<o:p></o:p></span></p><br /><p></p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-33341375377908175332023-08-29T11:09:00.000+02:002023-08-29T11:09:10.228+02:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Alessandro De Carolis Ginanneschi, Il liberalismo, questo illustre sconosciuto, Ergo Sum Editore, Grosseto 2023, pp. 92, € 9,00"<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjg2Ee2cekETUX4ixEloVDv3nRYKWViDesfMtYlkaYqvqL-M2Z5X_Swf4FvqZCoIeIrXTlQJq-E3Ibt62EULIvDZstxca5LuhJ2OzQpIBKnx2mSlf55u9kKeEazmUIj8JHNLbnQTBd5ARuRWt0a2qf7EF5ozj_dZyecGHQIXtIuCg4nGIiC8p1qfz88wPUB/s1000/51oPbqX4kdL._AC_UF1000,1000_QL80_.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="705" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjg2Ee2cekETUX4ixEloVDv3nRYKWViDesfMtYlkaYqvqL-M2Z5X_Swf4FvqZCoIeIrXTlQJq-E3Ibt62EULIvDZstxca5LuhJ2OzQpIBKnx2mSlf55u9kKeEazmUIj8JHNLbnQTBd5ARuRWt0a2qf7EF5ozj_dZyecGHQIXtIuCg4nGIiC8p1qfz88wPUB/s320/51oPbqX4kdL._AC_UF1000,1000_QL80_.jpg" width="226" /></a></div><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Quanto mai utile
questo agile libretto in un’epoca in cui di sedicenti liberali ce ne sono
tanti, per il motivo che, essendo crollato nel 1989-1991 il comunismo, gran
parte della sinistra si è riconvertita (spesso a parole) ad un asserito e <i style="mso-bidi-font-style: normal;">rivisitato</i> liberalismo che,
dell’originale, conserva solo alcuni (e limitati) profili, per lo più in
stretta correlazione con le minoranze che “tutela”. Lo scrive l’autore nella
“premessa” “La constatazione che da troppo tempo molti parlano a sproposito del
Liberalismo, convinti tra l’altro si tratti di una ideologia quando invece è un
metodo, mentre molti si dichiarano liberali pur senza esserlo – anzi esprimendo
idee e promuovendo politiche o comportamenti che liberali non sono, mi ha
indotto a scrivere questo riassunto di riflessioni altrui”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Peraltro già del
liberalismo classico se<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ne hanno più
“versioni” distinte, anche se vicine.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Ad esempio
quella sintetizzata dall’alternativa “Parigi o Filadelfia?”, onde liberalismo
anglosassone o continentale? La preferenza dell’autore va alla declinazione
anglosassone, che articola in una<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>serie
di opposizioni. Antropologica: l’uomo è “legno storto” o “buon selvaggio”? Istituzionale:
“rule of law” o “Stato di diritto”?. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Common
law</i> (diritto consuetudinario) o legge (diritto statuito dal legislatore).
Ognuna di queste alternative “parigine”, anche se in misura diversa, rischia di
tradursi in un depotenziamento della libertà a favore di un potere statale
pervasivo e opprimente. Nonostante le migliori intenzioni: forse non è un caso
che la situazione odierna, malgrado quelle, somigli assai alla descrizione
profetica che Tocqueville fa del “dispotismo mite”: un potere paternalistico
che tratta i cittadini come bambini da rieducare. Anche l’Unione europea non è
immune da tale menda. Come scrive De Carolis “Nell’attualità, sono sempre più
convinto che un altro giacobinismo ci minaccia, ovvero quello del super-Stato
europeo in mano ad una classe più burocratica che politica, e quindi svincolata
dalle volontà dei propri cittadini/sudditi; mentre lo stiamo costruendo, lo
Stato liberale e federale all’anglosassone sembra invece essere il modello che
l’Europa, per essere davvero unita in armonia, dovrebbe seguire”: l’alternativa
quindi non è tanto tra Stati nazionali e unioni superstatali, che andrebbero
contemperati, ma tra bulimia del “pubblico” e garanzia del privato, presente
sia a livello statale che sovrastatale, sia tra sovranisti che globalisti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Il libro è
completato da una serie di documenti: dalla dichiarazione dei diritti del
26/08/1789 al Manifesto di Oxford del 1947 (ed altre) che testimoniano, anche
se sinteticamente, del perdurare del nucleo fondamentale del liberalismo in
oltre due secoli.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Nel complesso un
libro per chiarirsi le idee nella confusione imperante (e spesso artatamente
intensificata). Particolarmente opportuno in una nazione, come l’Italia, che
negli ultimi trent’anni ha visto una costante riduzione degli ambiti di libertà
reale a favore del potere pubblico, presentati come un processo di
“liberazione” e (addirittura)<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>come “fine
della storia”. Un farmaco contro la weberiana <i style="mso-bidi-font-style: normal;">eterogenesi dei fini</i>.<o:p></o:p></span></p><br /><p></p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-61405719750945012052023-07-26T18:18:00.001+02:002023-07-26T18:18:11.289+02:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Un caso interessante"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOxngm_pqSBwTeTfcmAc41gj6mELWF-A5yOfdAQcyUUlMX2A2fI7pXc5qR1HwJWG9eNvQxR7zEKL4JjXVs6Uc6L6oigTDDBHr-JDw9tnLfh9a9P9hGVSLUZ3xul-VOsHolhX6rCd8C11QClaNxl2G_S6baZVkbuS8pelgnFpQTxJV9kBgZ7VcagJ-6Wid3/s533/smend_rudolf_10113.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="533" data-original-width="350" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOxngm_pqSBwTeTfcmAc41gj6mELWF-A5yOfdAQcyUUlMX2A2fI7pXc5qR1HwJWG9eNvQxR7zEKL4JjXVs6Uc6L6oigTDDBHr-JDw9tnLfh9a9P9hGVSLUZ3xul-VOsHolhX6rCd8C11QClaNxl2G_S6baZVkbuS8pelgnFpQTxJV9kBgZ7VcagJ-6Wid3/s320/smend_rudolf_10113.jpg" width="210" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Spesso si ripete
che l’Italia è un grande laboratorio politico dato che è la prima a
sperimentare novità: e, con altrettanta frequenza, questo è vero.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Uno dei casi è
proprio Forza Italia. Denominata partito <i>personale,
leggero</i> anche per contrapporlo a quelli della I repubblica connotati da
apparati assai più ideologizzati, professionalizzati e pervasivi.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Orsono
venticinque anni mi capitò di scrivere su Berlusconi e Forza Italia,
confrontandone l’allora breve esistenza politica con regole e parametri presi
da Machiavelli e da un acuto giurista tedesco, Rudolf Smend. Questi è rimasto
nella dottrina costituzionale come colui che ha valorizzato l’integrazione,
cioè il rapporto tra vertice e base come “divenire dinamico dell’unità
politica”, cioè (anche) come produzione di un <i>idem sentire</i>, che consolidasse e rendesse effettive unità e azione
politica. Scrive Rudolf Smend “l’integrazione è un processo di vita <i>fondamentale per ogni formazione sociale nel
senso più lato</i>. Questa, in prima analisi, consiste nella <i>produzione o formazione di unità o totalità
a partire dagli elementi singoli, cosicché l’unità ottenuta è qualcosa di più
della somma delle parti unificate</i>”. E tra i gruppi sociali, quelli che più
necessitano di integrazione sono quelli a carattere politico, a cominciare dai
partiti fino allo Stato. Notavo che Forza Italia, data la forte personalità del
capo era cospicuamente dotata di integrazione <i>personale</i> (anche se difettava nei dirigenti intermedi).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">A distanza di
oltre 5 lustri si può confermare che l’integrazione <i>personale</i> (tramite il <i>leader</i>)
è stato il principale fattore d’integrazione e probabilmente quella che ha
consolidato l’esistenza del partito. Lo dimostrano il numero enorme di
preferenze (nelle elezioni che le
consentivano) a Berlusconi, gli assai più modesti risultati nelle elezioni
locali, e comunque quando il cavaliere non si candidava, l’evidente ascendente
dello stesso sull’elettorato. E perfino il complotto anti-Berlusconi che ne ha
portato, tramite legge Severino, alla di esso <i>privatizzazione</i>: la (voluta) privazione del ruolo pubblico del
cavaliere dopo la condanna definitiva è stato probabilmente il fatto che ha
maggiormente contribuito al sorpasso della Lega su Forza Italia alle elezioni
politiche del 2018. Proprio per la preponderanza che aveva l’integrazione <i>personale</i> nella “tenuta” di Forza Italia
la tattica preferita dal centrosinistra è stata quella di attaccare il <i>leader</i> avversario sul piano <i>personale</i> (e “privato”).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Anche perché gli
altri due mezzi (tipi) d’integrazione individuati da Smend, in Forza Italia di
converso erano assai deboli. Nella vita di ogni struttura le procedure di
decisione e discussione sono – come scriveva Smend – “prevalentemente
indirizzate alla <i>formazione della volontà
comune</i>: così il gruppo realizza la propria unità come unità di volontà,
indirizzata a scopi comuni”. Ma da quanto risulta tale mezzo è stato sempre
poco praticato: i “congressi” di Forza Italia più che un modo per realizzare la
volontà comune e selezionare la dirigenza (almeno in parte), sembravano <i>convention</i> aziendali per promuovere i
prodotti offerti (in genere sono <i>anche</i>
questo, ma era la proporzione prevalente a minare, alla lunga, la solidità
dell’insieme).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Tra l’altro i
sistemi elettorali per lo più adoperati hanno ridotto la possibilità che la
selezione della dirigenza politica, in modo democratico, fosse “compensata” in
sede elettorale. Questo perché la collocazione in collegi e listini consente ai
vertici dei partiti un potere di designare gli eletti assai superiore alla
vecchia legge elettorale proporzionale con preferenza, così che si è parlato – correttamente
– per lo più di un parlamento di <i>nominati</i>.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Quanto
all’integrazione <i>materiale</i>, cioè
attraverso la comune adesione a “tavole di valori” comuni, all’inizio si
manifestava per lo più in <i>negativo</i>
cioè contrapponendosi al centrosinistra. Presentava il limite di essere in parte
nebulosa, in altra stemperata in più rivoli, ma soprattutto non ha retto il
confronto con le realizzazioni dei governi Berlusconi. I quali, malgrado
maggioranze parlamentari cospicue, realizzavano poco di quanto promesso. Certo
meglio di quanto avrebbe fatto il centrosinistra o i governi “tecnici” o
“simil-tecnici”, ma comunque modesto rispetto alle promesse ma soprattutto alle
aspettative dell’elettorato. Di guisa che circa due terzi del bacino elettorale
di Forza Italia si è riversato sulla Lega e Fratelli d’Italia, partiti che quindici
anni fa insieme avevano consensi pari a un terzo di quelli del partito di
Berlusconi.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">E adesso? La
risposta è tutt’altro che facile e Tajani avrà un bel da fare. Venuto meno il
fattore Berlusconi, estremamente difficile a sostituirsi, non resta che puntare
sugli altri fattori d’integrazione e su mezzi di selezione del personale
politico meno “autocratico”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Scriveva Michels
che la democrazia non è concepibile senza organizzazione. Nel caso di Forza
Italia vale anche l’inverso e l’organizzazione non è concepibile senza
democrazia. E così anche con la discussione a tutti i livelli
dell’organizzazione. Questa serve a selezionare i capi, come ad acquisire e
diffondere idee (anche) nuove. Serve sia all’integrazione <i>funzionale</i> che a quella <i>materiale</i>.
Così come alla coesione dell’insieme.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Riuscirà
l’impresa? È nuova, sicuramente per l’Italia, ma non mi risulta che sia stata
realizzata altrove, almeno in Europa. Non resta che fare gli auguri, ricordando
che il merito nel riuscirci è pari alle difficoltà da superare.<o:p></o:p></span></p><p>
</p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-3562318670661799502023-07-23T14:39:00.006+02:002024-02-24T16:27:20.554+01:00VK: Indice Sommario. Numerico.<p style="text-align: center;"> <b>Premessa</b>.</p><p style="text-align: justify;">I Social hanno ormai una grande diffusione che si misura non in milioni, ma in miliardi di utenze. L'unità elementare di comunicazione è il "post" che per essere letto pare non debba superare le 30/40 righe di testo. Può essere una forma di disciplina nella propria scrittura: cercare di dire l'essenziale in non più di un breve messaggio di testo. Facebook, che è tuttora la piattaforma più diffuda, ahimè non solo pratica la censura, ma fa di peggio: attraverso un sistema di "sanzioni" opera una sorta di condizionamento e indottrinamento del pensiero e degli orientamenti e dei comportamente degli Utenti. Un'altra piattaforma concorrente, VK, di origine russa, pare essere più liberale. Avendo scritto in oltre 10 anni parecchi testi in FB, ne faccio una rivisitazione, un eventuale aggiornamento, ed una più accurata edizione che pubblico in VK. Questo lavoro per non essere dispersivo ha però biosgno di una Indicizzazione. Quest post in Civium Libertas assolve a questa funzione. Il blog Civium Libertas continuerà ad assolvere alla funzione per la quale è stato creato e continuerà a pubblicare articoli nel senso tradizionale del termine.</p><p style="text-align: justify;">
</p>
<p class="MsoNormal"><span lang="PT-BR" style="mso-ansi-language: PT-BR;">§0. Salve: </span><a href="https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1733"><span lang="PT-BR" style="mso-ansi-language: PT-BR;">https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1733</span></a><span lang="PT-BR" style="mso-ansi-language: PT-BR;"></span></p>
<p class="MsoNormal">§1. È da espellere: <a href="https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1734">https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1734</a></p>
<p class="MsoNormal">§2. Cose da pazzi: <a href="https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1737">https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1737</a></p>
<p class="MsoNormal">§3. Interpellata: <a href="https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1739">https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1739</a></p>
<p class="MsoNormal">§4. Ai vecchi commilitanti: <a href="https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1740">https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1740</a></p>
<p class="MsoNormal">§5. Se questo: <a href="https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1742">https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1742</a></p>
<p class="MsoNormal">§6. Idioti al governo: <a href="https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1746">https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1746</a></p>
<p class="MsoNormal">§7. Sappiamo a chi: <a href="https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1749">https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1749</a></p>
<p class="MsoNormal">§8. Se di guerra si tratta: <a href="https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1751">https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1751</a></p>
<p class="MsoNormal">§9. Faccia di Kulebba: <a href="https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1753">https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1753</a></p>
<p class="MsoNormal">§10. Io da tempo: <a href="https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1755">https://vk.com/id460170407?w=wall460170407_1755</a></p><p class="MsoNormal">– Io abbonarmi a Repubblica? <br /></p>
<p class="MsoNormal"> </p>
<p class="MsoNormal">§11.</p>
<p class="MsoNormal">§12.</p>
<p class="MsoNormal">§13.</p>
<p class="MsoNormal">§14.</p>
<p class="MsoNormal">§15.</p>
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la tolleranza seguendo il “percorso tracciato dal realismo politico”. In
effetti l’esigenza di tolleranza può essere sorretta da diverse argomentazioni
e punti di vista: il rispetto delle idee e del modo d’essere altrui, in primo
luogo, il diritto alla libertà di pensiero, il progresso del sapere e della scienza
(cui giova tanto il <i>confronto</i> di
comunicazioni che il <i>superamento</i> di
quelle già condivise). È raro pensare che la tolleranza è necessaria alla
formazione dello Stato moderno, perché funzionale alla neutralizzazione dei
conflitti – riducendoli o rendendoli meno pericolosi.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Come scrive l’autore
«La tolleranza è certamente una conquista del pensiero europeo moderno, ma è
anche un momento fondamentale per la legittimazione del potere, nel suo
tentativo di superare la frattura della Riforma. Vi è, infatti, una sorta di “regola
aurea”, una vera e propria bussola nella storia del pensiero politico moderno:
tutto ciò che va nella direzione del consolidamento della statualità ha
successo, mentre tutto quel che vi si oppone, ogni pensiero che crei sacche di
resistenza al potere, si sgretola. In questo senso, il principio di tolleranza
stravince alla fine le guerre di religione, perché è necessario al consolidamento
del potere del Principe».<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Alla fine del XVI
secolo Bodin e i <i>politiques</i> francesi
collegarono sovranità e tolleranza «Sarà proprio il concetto di sovranità il
miglior alleato di quello di tolleranza nel corso dell’età moderna. Molti
critiani avranno la loro vita risparmiata in virtù della bramosia del Principe
di creare un unico soggetto del suo dominio». Le guerre di religione in Francia
si concludono con l’editto di Nantes che è «il capolavoro e la vera eredità
permanente dei <i>politiques</i>». Con la
fine delle guerre di religione, la tolleranza diviene pratica osservata dai
sovrani assoluti. Federico II di Prussia, “tipo ideale” del sovrano assoluto
del 700 rivendica la propria neutralità “tra Roma e Ginevra”, nel di esso amico
Voltaire c’è «la fusione dei temi cari ad Erasmo e del movimento dottrinario
statuale che parte da Bodin…Voltaire reinterpreta tutto il precedente dibattito
politico e teologico, e pone la riflessione sul concetto di tolleranza come fulcro
di una concezione moderna della politica, intesa a dirimere tutti i rapporti
fra lo Stato e la Chiesa dal punto di vista teorico».<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Con le
costituzioni moderne la tolleranza è <i>codificata</i>
nelle dichiarazioni tra i diritti fondamentali, a partire da quella francese e americana
(col primo emendamento). Nel secolo passato i totalitarismi sono stati tutt’altro
che propizi alla tolleranza; anche se, nella seconda metà è stato riconosciuta
in dichiarazioni internazionali dei diritti. Ma adesso si vede un nuovo pericolo: è quello del <i>politically correct</i>, definito da Bassani
un <i>autodafé</i> il quale «nasce e
germoglia nel cuore di quello che è ormai l’Occidente <i>tout court</i>, ossia gli Stati Uniti, ma sta già minando la libertà di
manifestazione del pensiero del Pacifico agli Urali. Se la nascita della
tolleranza investe un’unica cultura, anche la fine della tolleranza parte da
noi, ma ha a questo punto risvolti planetari». Tale intolleranza «è la
conseguenza di un lungo processo di addomesticamento degli intellettuali ed è
il risvolto, nel campo delle idee, dell’inesorabile marcia dello Stato nelle
vite dei cittadini… vi è bisogno di un gruppo di intellettuali di professione
diuturnamente impegnati a diffondere il verbo di Stato e la scienza di Stato… E
se il tutto avviene senza alcun tipo di coercizione palese è proprio grazie
alla vittoria straripante del politicamente corretto, di una polizia di
pensiero, che colpisce pochi, spaventa molti ed è, almeno in apparenza, avversaria
di tutti». E di fatto è un declino della cultura dell’occidente la quale da
espansiva com’è stata per secoli (v. Toynbee) è divenuta inclusiva e soprattutto,
autocolpevolizzata.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Riconosce l’altro,
distruggendo se stessa. Ma per il primo risultato non è necessario il secondo. L’autore
conclude «Solo quando il riconoscimento dell’altro smetterà di implicare
necessariamente la distruzione di sé saremo finalmente sul punto di imboccare
la strada che porta a una società libera e certamente assai disordinata nelle
opinioni. E allora questa guerra alle fobie cadrà nel più assurdo dei ricordi».<o:p></o:p></span></p><p>
</p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-81593063892750901932023-07-11T19:15:00.002+02:002023-07-11T19:15:46.438+02:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Daniel Halévy, Appunti sulla lunga rivoluzione francese, introduzione di F. Ingravalle, Oaks Editrice 2023, pp. 201, € 18,00"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjiAQ-9Nry6RYShcEo8Aa3aFHcxS69Db0T2QOnK-jTMQbAQX4f21z054se7ia0K1hN7Gay3nRwBaDYVK6gFpWMYl9osucTjfq35-BHQQ05BH-uoUG9Ejm6dHoH2sIrp3JLLuUhl_TscWzp8SRzZCZxopApeVxVKd8reoQ6D1Ndcz-zP1-memlHHPkFXbvY6/s750/rivoluzione-francese.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="607" data-original-width="750" height="259" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjiAQ-9Nry6RYShcEo8Aa3aFHcxS69Db0T2QOnK-jTMQbAQX4f21z054se7ia0K1hN7Gay3nRwBaDYVK6gFpWMYl9osucTjfq35-BHQQ05BH-uoUG9Ejm6dHoH2sIrp3JLLuUhl_TscWzp8SRzZCZxopApeVxVKd8reoQ6D1Ndcz-zP1-memlHHPkFXbvY6/s320/rivoluzione-francese.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Scritto da Halévy
nel 1939, questo saggio è dedicato alla “Storia” (nel senso della percezione)
della rivoluzione, in particolare, ma non soltanto; nei pensatori francesi che
si sono succeduto nel successivo secolo e mezzo (1789-1939).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Ne esce, tra l’altro,
una distinzione fondamentale, condivisa da molti storici e filosofi, non solo
quelli citati da Halévy: che in quella francese vi siano due rivoluzioni: la
liberale del 1789 e l’altra, giacobina, del 1792. La rapida successione degli
eventi storici ha così fuso insieme due catene di eventi assai differenti, il
cui “nocciolo duro” era per la prima la costruzione dello Stato borghese, con i
suoi principi di tutela dei diritti fondamentali e di distinzione dei poteri;
per la seconda il carattere democratico dello Stato con relativa uguaglianza di
partecipazione, cioè (anche) di voto degli individui, ossia dei cittadini. Determinando
così l’ingresso delle masse nell’età contemporanea. Tale secondo aspetto
avrebbe influenzato la modernità in senso divergente dal primo: il
totalitarismo del XX secolo, con le rivoluzioni bolscevica e nazi-fasciste
sarebbe (anche) la conseguenza del giacobinismo. Come scrive Ingravalle nell’attenta
introduzione: “Halévy resta, <i>comunque</i>,
attaccato alla fase liberale della Rivoluzione (1789-1791), nettamente distinta
dalla fase giacobina”; e così nel rifiuto del comunismo o del fascismo. La
rivoluzione francese, sostiene Halévy “è una passione da vincere, non una
questione intellettuale da affrontare con l’analisi razionale. Si tratta di
mostrare con quali deviazioni, passionali, psicologiche, nel XIX secolo, sia
stata interpretata la crisi rivoluzionaria nel suo complesso costruendo un
dogma e una <i>leggenda che sono andati a sostituirsi
alla realtà storica</i>”. Leggenda divenuta “superstizione” nazionale. E anche
conformismo “l’Illuminismo rivoluzionario adottato e acclimatatosi grazie a una
burocrazia di docenti è divenuto conformismo… l’Università, figlia ella Rivoluzione,
insegna la Rivoluzione. A tutti i livelli, questo insegnamento esiste”
confermando il giudizio di Max Weber sul carisma, la leggenda è diventata “pratica
quotidiana”. Halévy nota che la rivoluzione ha avuto (anche) effetti tutt’altro
che positivi sulla Francia. A tacer d’altro ciò ricorda quanto scriveva De Gaulle
nelle <i>Memoires</i>: che quando ri-prese
il potere (nel 1958) erano 169 anni che la Francia non era governata (cioè dal
1789). Che poi siamo ancora nell’influenza della rivoluzione e del di esso
culto (e dei modi per celebrarlo), Halévy lo sostiene e ne descrive dogmi e liturgie
a lui contemporanee, che somigliano tanto alle attuali: per i sostenitori del
culto rivoluzionario “per meritare di vivere, una società deve mettere fine al
duplice scandalo delle <i>patrie separate
nell’insieme dell’umanità e delle condizioni differenti all’interno di ogni patria…</i>
Quanto ai disastri causati da una avventura rivoluzionaria, un millenarista non
ne è turbato: sicuro di aver fatto il proprio dovere, <i>accusa la malvagità degli uomini e delle cose</i>”. Che ci ricorda
questo mix di umanità e uguaglianza? E Halévy prosegue citando un altro
predicatore della rivoluzione “Se gli avvenimenti infirmano troppo brutalmente
le nostre predizioni e puniscono la nostra orgogliosa avventura, <i>ci consoleremo eventualmente, pensando che
gli avvenimenti hanno avuto torto</i>” Cioè le intenzioni (buone) contano più
dei risultati.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">In conclusione e
consigliando di leggere un saggio che merita, per concisione ed efficacia, una
recensione più lunga, una breve considerazione del recensore. È un fatto che le
due rivoluzioni, al di là delle conseguenze negative - allorquando l’una
soffoca l’altra, fin quando si tengono in equilibrio, hanno costituito il modello
di forma politica del periodo successivo. Lo Stato democratico liberale nasce
dalla compresenza e dall’equilibrio di un principio di forma politica, la
democrazia con i principi dello stato borghese. Anche uno tra i più decisi
sostenitori della libertà borghese e avversario del giacobinismo, come Constant,
aveva capito benissimo che per difendere questi era necessaria la forma
politica della democrazia rappresentativa. Così per avere la democrazia reale è
necessario un congruo tasso di Stato di diritto. È un <i>mélange</i> di principi diversi, ma una fusione di successo. L’importante
è tenerli in equilibrio.<o:p></o:p></span></p><p>
</p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-65726552225029463332023-06-22T18:38:00.002+02:002023-06-22T18:38:18.812+02:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Intervista a Montesquieu su Nordio"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjngpsqDPJhGtdMQmlWgwg_HYDivKnW3x9Ygw4o1jSlj92RfcE1bXoRv4RnGLAs9bbQDWsIqhk2H8V1xieu5x3uBGSbOZjJ1IMrUlDdjC9bStqPtNbxM5yDCEYQuvaoI1yxy86QrulK1cIv8pLobi_Rg30LxyyF7H_kzMydXEe0-0U0EmqX0Zy0Kl-x5Fbq/s551/montesquieu.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="551" data-original-width="450" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjngpsqDPJhGtdMQmlWgwg_HYDivKnW3x9Ygw4o1jSlj92RfcE1bXoRv4RnGLAs9bbQDWsIqhk2H8V1xieu5x3uBGSbOZjJ1IMrUlDdjC9bStqPtNbxM5yDCEYQuvaoI1yxy86QrulK1cIv8pLobi_Rg30LxyyF7H_kzMydXEe0-0U0EmqX0Zy0Kl-x5Fbq/s320/montesquieu.jpg" width="261" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Da tempo le
esternazioni del Ministro della Giustizia Carlo Nordio sono oggetto di
critiche, in particolare di essere permissive, anti-legalitarie, garantiste,
ecc. ecc. Per saperne di più siamo andati a intervistare il barone di Montesquieu,
noto intenditore di libertà politica e di Stato di diritto il quale, ci ha
benevolmente concesso l’incontro.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Caro
barone, che ne pensa della dichiarazione del Ministro Nordio che “La nostra
legislazione tributaria è piena di ossimori. Se un imprenditore onesto
decidesse di assoldare un esercito di commercialisti per pagare fino all’ultimo
centesimo le imposte non riuscirebbe perché comunque qualche violazione
verrebbe trovata, le norme si contraddicono”</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Penso che il
legislatore, come ho scritto, deve essere chiaro e conciso, la moltitudine
delle leggi impedisce il secondo carattere e rende problematico il primo.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">L’ideale della
legge è quella delle XII tavole: così piana e succinta che i bambini romani la
conoscevano a memoria. Provate a fare la stessa cosa con le leggi italiane,
anche soltanto con quelle tributarie: non ci riuscirebbe neanche Pico della Mirandola.
Ma quei caratteri sono essenziali per la <i>certezza
</i>del diritto; cioè per un connotato fondamentale dello stesso. Senza quelle,
il diritto non è altro che l’arbitrio (facile) dell’interprete.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Cosa
ne pensa del fatto che Nordio ha detto che non vuole interferenze dell’ANM
nella formazione delle leggi?</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Che ha capito lo
“spirito” del mio pensiero, anche oltre la lettera; ho scritto che “Quando
nella stessa persona o nello stesso corpo di magistratura il potere legislativo
è unito al potere esecutivo, non vi è libertà, perché si può temere che lo stesso
monarca o lo stesso senato facciano leggi tiranniche per attuarle
tirannicamente. Non vi è libertà se il potere giudiziario non è separato dal
potere legislativo e da quello esecutivo. Se esso fosse unito al potere
legislativo, il potere sulla vita e la libertà dei cittadini sarebbe
arbitrario, poiché il giudice sarebbe al tempo stesso legislatore”. Certo qui
non si tratta di un’interferenza formale, prescritta dalle leggi (il che
sarebbe ancora peggio). Ma certo un’interferenza di un soggetto rappresentativo
di una categoria di funzionari pubblici che esercitano uno dei poteri dello Stato è, a mio avviso, comunque da
evitare per scongiurare quanto da me sostenuto. Che può essere declinato in più
maniere, la prima delle quali è che, per conseguire la libertà politica, è
necessario che colui che pone la norma non sia quello che la applica. Invece
coloro che criticano il Ministro sembra che tengano non alla libertà o alla
legge, ma al potere della burocrazia di applicarla, nel modo meno determinato e
controllato possibile. Un caso di <i>buromania</i>
e di <i>burodipendenza</i>.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Passando
ad altro, che ne pensa della concezione, anche dell’Unione Europea, di misurare
lo “Stato di diritto” (soprattutto) sulla protezione dei diritti “LGBT"?</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Ho sostenuto, a
proposito della libertà che “Non vi è parola che abbia ricevuto maggior numero
di significati diversi…. Gli uni l’hanno presa nell’accezione di facilità di
deporre colui al quale avevano conferito un potere tirannico; gli altri come la
facoltà di eleggere colui al quale dovevano obbedire; altri ancora come il
diritto di essere armati e di potere esercitare la violenza; altri infine come
il privilegio di non essere governati che da un uomo della propria nazione o
delle proprie leggi. Un popolo ha preso la libertà per l’uso di portare una
lunga barba”. Ecco a me pare che chi condivide la concezione suddetta è assai
simile a quelli che la pensano come facoltà di farsi crescere la barba. Quando
tanti diritti sociali ed economici sono poco garantiti, pensare e tutelare
pretese marginali (e in qualche caso non fondate sulla realtà) mi sembra un
tentativo, come dite, di <i>distrazione di
massa</i>. Si pensa al diritto di affittare gli uteri (<i>et similia</i>) per costruirsi un’immagine gradevole e “liberale”,
senza pagare prezzo. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Allora
la ringrazio sig. barone, posso tornare
ad intervistarla?<o:p></o:p></span></i></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Sinceramente penso
che ce ne sarà bisogno. Come ho scritto non è che il regime delle repubbliche italiane
dei miei tempi fosse del tutto corrispondente alla forma di governo dispotica. Ma
avverto, nel vostro modo di governare, una tendenza storica a raggiungerla. E,
per quanto mi riguarda, darò mano per invertirla.<o:p></o:p></span></p><p>
</p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-48198060470472403752023-06-05T19:25:00.001+02:002023-06-05T19:25:29.893+02:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Il pizzo di Stato"<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgh-hYGRpeb9eyln2W3mCHwHtB3mrNTmeKnXRjYmywivEU94wFeU53VkmE8lDdGSY_wzIsDJsLfmlaz0OCIuy66l2ca5nQh3OmtogGc-T-CTR7xCMSrTz1pDEGAcJnJAj581RKZ7Za9oH6fdrB_jGhAkiQ7rUieyw0QJcKhiyv55C4_iwGdCo5N9FVI2Q/s1280/7966211b-6d6a-4d80-8f80-ab040d6f34e8_large.webp" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="719" data-original-width="1280" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgh-hYGRpeb9eyln2W3mCHwHtB3mrNTmeKnXRjYmywivEU94wFeU53VkmE8lDdGSY_wzIsDJsLfmlaz0OCIuy66l2ca5nQh3OmtogGc-T-CTR7xCMSrTz1pDEGAcJnJAj581RKZ7Za9oH6fdrB_jGhAkiQ7rUieyw0QJcKhiyv55C4_iwGdCo5N9FVI2Q/s320/7966211b-6d6a-4d80-8f80-ab040d6f34e8_large.webp" width="320" /></a></div><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Qualche giorno
orsono, accendendo la televisione, mi è capitato di sentire un’omelia
scandalizzata di un noto giornalista contro la Meloni che avrebbe qualificato “pizzo
di Stato” le sanzioni, interessi e così via, applicate in caso di ritardo nel
pagamento delle imposte (ovvero il pagarne troppe – non ho avuto occasione di
ascoltare il discorso della Presidente).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Subito si è
destato il solito coro (per lo più) dei burosauri <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>di regime i quali, con toni e argomenti <span style="mso-tab-count: 1;"> </span>spazianti da quelli dell’agit-prop (post-moderno,
cioè dell’epoca della globalizzazione) a quelli di un prefetto o generale
ultraottantenne in pensione hanno stigmatizzato la carenza di senso dello Stato
e di sensibilità sociale (???) della Meloni.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Vediamo un po’
se tanto sdegno trova fondamento nel pensiero politico e nella dottrina dello Stato
moderno, quello che i parrucconi dicono di voler difendere chiamandolo “Stato
di diritto” (e distorcendone il concetto).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Pizzo di Stato
presuppone che: a) chi te lo chiede sia assimilabile a un criminale o brigante;
b) che la richiesta sia ingiusta. A tale riguardo il primo (ma non è
statisticamente “il primo”) a chiamarlo è stato Sant’Agostino – il quale si
chiede (domanda che è già una risposta) “cosa sono gli Stati se non grandi
associazioni a delinquere?” (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">magna latrocinia</i>).
Qualche decina d’anni dopo un altro scrittore ecclesiastico, Salviano di Marsiglia,
attribuiva alle malefatte del governo imperiale e all’avidità della burocrazia
e del fisco decadenza e (prossima) caduta dell’Impero romano d’occidente (scusate
se è poco…)<a href="file:///Y:/Documenti/KLITSCHE/ARTICOLI/IL%20PIZZO%20DI%20STATO.docx#_ftn1" name="_ftnref1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></a>.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Nel secolo
successivo lo (pseudo) Procopio di Cesarea con la “Historia arcana” offre un
quadro dettagliato delle ruberie e malefatte del governo di Giustiniano (dall’imperatore
in giù). Non parliamo dei secoli successivi per non annoiare il lettore:
facciamo presente che per l’alto medioevo la difficile reperibilità dei
contributi sul “pizzo” è dovuta più che alla condivisione della concezione
contraria (quella dei parrucconi) alla decadenza letteraria dell’occidente
latino (anche se quanto a governanti delinquenti gli esempi non mancano). Arrivando
all’età moderna e alle rivoluzioni borghesi il “pizzo di Stato” è il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">leitmotiv</i> dei grandi rivolgimenti politici:
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">ship money, no taxation without
representation, deficit</i>, sono le sintesi delle rivoluzioni. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Come i
rivoluzionari consideravano la burocrazia, tra i tanti ricordiamo Saint-Just il
quale nel rapporto presentato alla Convenzione a nome del Comitato di salute
pubblica il 19 vendemmiaio dell’anno II scrive: «Tutti coloro che il governo
impiega sono parassiti; … e la Repubblica diventa preda di ventimila persone
che la corrompono, la osteggiano, la dissanguano». Tutt’altro che dato per
scontato, il fatto che l’amministrazione agisca realmente per l’interesse
generale è <i style="mso-bidi-font-style: normal;">problematico</i>; e
conseguentemente le somme prelevate <i style="mso-bidi-font-style: normal;">possono</i>
(almeno) diventare retribuzione per parassiti di Stato (pubblici e privati). La
scienza della finanza italiana, a partire da Maffeo Pantaleoni per arrivare a Cesare
Cosciani, distingueva diversi assetti della finanza pubblica (tra governanti e
governati) come mutualistico, parassitario e predatorio a seconda della
quantità, utilizzazione (e risultati) del prelievo fiscale.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Non mi risulta
che quando Giustino Fortunato scriveva che la legge fondamentale del
funzionamento della burocrazia italiana era l’inverso di quella di Carnot;
ovvero che tutta l’<i style="mso-bidi-font-style: normal;">energia</i> prelevata
doveva essere consumata per il sostegno e il frazionamento della macchina amministrativa
(cioè in stipendi, gettoni, contributi, pensioni, missioni ecc. ecc.) e il
minimo reso in servizi al contribuente, fosse mai stata oggetto di tanto
sdegno, Né lo sia stato don Sturzo, il quale giudicava così la “costituzione
più bella del mondo” «Purtroppo di statalismo, l’attuale schema di costituzione
puzza cento miglia lontano» e molte norme «invocano l’intervento dello Stato ad
ogni piè sospinto, e risolvono tutti i più assillanti problemi con il rinvio
all’autorità, all’ingerenza e alle casse dello Stato». A fronte di Fortunato, Sturzo
e di tutti gli altri che condividevano il loro giudizio realistico, la Meloni,
con il suo “pizzo” e la volontà di riscrivere la Costituzione, appare una
moderata.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">E lo stesso
risulta a considerare quanto scrivevano i teorici dello Stato di diritto
moderno.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">A citare per tutti
questo se pensavano gli autori del Federalista: ossia che se gli uomini fossero
degli angeli, di governi non ce ne sarebbe la necessità; e se fossero angeli i
governanti, neanche servirebbero i controlli sui governi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Ma dato che di
angeli in giro non se ne vedono, sono necessari sia i governi che i controlli
sugli stessi. Invece per i parrucconi tecno-burocrati, chi insinua che imposte
ed accessori siano la mangiatoia di interessi e clientele tutt’altro che
sollecite del bene comune (ossia che il governante non è come la moglie di Cesare:
al di sopra di ogni rispetto) bestemmia e merita l’anatema da cotanti sant’uomini.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Come scriveva Gogol
nell’ “Ispettore generale” il giudizio dei parrucconi su chi lo pensa come (anche)
la Meloni è quanto uno dei personaggi dice parlando dell’autore della commedia
«Ma che razza di uomo è? un… un..,. un… non c’è nulla di sacro, per lui! Oggi
sparla d’un consigliere, mettiamo, e domani verrà fuori a dire che Dio non
esiste. Il passo<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>è breve».<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Giudizio che
avrebbe condiviso, tra i letterati, il nostro Giusti col suo Gingillino ed il
suo credo nella Zecca onnipotente.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Sacralizzare il
prelievo fiscale e l’uso che se ne fa, è materia per facile ironia. Ben vengano
una, cento, mille Meloni a demistificarlo, laicizzarlo e (speriamo) a ridurlo.<o:p></o:p></span></p>
<div style="mso-element: footnote-list;"><!--[if !supportFootnotes]--><br clear="all" />
<hr align="left" size="1" width="33%" />
<!--[endif]-->
<div id="ftn1" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText" style="text-align: justify;"><a href="file:///Y:/Documenti/KLITSCHE/ARTICOLI/IL%20PIZZO%20DI%20STATO.docx#_ftnref1" name="_ftn1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Times New Roman","serif";"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif";"> Giova riportare qualche breve
passo di Salviano: «Ci sono forse non dico città, ma anche municipi o villaggi,
dove tutti quanti i decurioni non siano altrettanto tiranni?... Nessuno,
pertanto, è al sicuro… si salva dalla razzia di quei ladri che ti spolpano, a
meno che uno sia un pirata loro pari. Si è arrivati a questa situazione, o
meglio a questo livello di criminalità, che uno non ce la fa a cavarsela se non
è un brigante pure lui». I governanti « con la scusa dell’esazione delle
imposte, hanno dirottato queste imposte a profitto personale e hanno fatto
delle tasse straordinarie un bottino privato… li hanno spolpati; si sono
pasciuti non solo dei loro beni come normalmente fanno i ladri, ma anche del
loro sangue dopo averli ammazzati».<o:p></o:p></span></p>
</div>
</div><br /><p></p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-57498808637461131432023-05-24T14:48:00.001+02:002023-05-24T14:48:22.223+02:00Attività censoria in facebook: testo censurato.<p>PUBBLICO ANCHE QUI il testo appena censurato da FB, risalente all'8 febbraio del 2022.</p><p>L'ho già pubblicato con una nota sul social russo VK.</p><p>Io stesso rileggendolo a più di un anno di distanza, penso di poterlo confermare, anche se la campagna pandemica del governo è ormai cessata... lasciando il posto a quella per la guerra.</p><p>In che Paese viviamo!</p><p>___________________<br /></p><p> Un Caro Saluto ai Contatti VK.<br />Sono assente da parecchio, perchè
scrivo su Facebook e mi è gravoso tenere insieme le due piattaforme...
Adesso però mi è arrivato da Facebook la Cnesura di un post scritto
all'inizio del 2022, l'8 di febbraio... Non è che la cosa mi turbi
molto. Invito però i miei contatti facebook a venirsi a leggere in VK il
Post censurato: non è importante in sé, ma aiuta a capire quali sono i
criteri che governano la mente del Censore.<br />-----------------<br />E SECONDO LORO,<br />noi dovremmo credere a qualunque cosa loro dicono, per la sola ragione che sono loro a dirla!<br />•
Loro stessi (giornalisti prezzolati) ammettono di essersi contagiati,
dopo aver assunto le dosi prescritte, ma si confortano dicendo che se
non si fossero sierizzati, per loro sarebbe stato assai peggio... È un
atto di fede?<br />• Il loro Gallo Massimo è finito contagiato dopo aver
assunto tre dosi: ci può essere dimostrazione fattuale della
"inefficacia, inutilità, dannosità" dei loro sieri più eclatante di
questa? I veri "negazionisti" dell'evidenza sono loro! Quanto poi ai
cosiddetti scienziati, almeno quelli televisivi, è da dire che hanno
perso qualsiasi briciolo di credibilità!<br />• Vi è però un punto che evitano accuratamente di trattare:<br />–
se almeno ci si potesse assicurare che i sieri genici sono innocui, nel
senso che se non funzionano, per lo meno non fanno male e non producono
effetti collaterali anche letali, uno potrebbe anche accettare di farsi
iniettare un placebo.<br />– purtroppo i morti da siero ci sono, e sono tanti, e loro in modo assai sospetto li tengono nascosti.<br />•
Il problema è poi ancora un altro, di natura non medica. Questi Signori
negano il principio stesso della libera disponibilità del proprio corpo
da parte di ognuno:<br />– hanno per questo condannato il nazismo nel
Tribunale di Norimberga, ma poi superano di gran lunga i crimini per i
quali hanno condannato i nazisti...<br />Vogliono nascondere il fallimento
di tutta la loro politica pandemica addossando la colpa ai "novax",
termine spregiativo e diffamatorio da essi stessi creato. In realtà, i
loro scopi sono altri e li stanno perseguendo mentre noi ci accaloriamo
su un problema inventato ad arte. È una tecnica distrattiva.<br />A Ugo
Mattei viene rimproverato la comparazione fra fascismo e draghismo. È
assai peggio. Io sono convinto che il fascismo non avrebbe sacrificato e
oltraggiato il suo popolo, la sua base sociale, come sta facendo il
draghismo, che ha venduto il popolo italiano al draghismo ed al quale
non dispiace per niente una drastica riduzione della popolazione, la
svendita dell'Italia, l'impoverimento degli Italiani.<br />Bene ha fatto
Ugo Matteo, il cui processo di discredito è già stato avviato da un
canagliume giornalistico, a lanciare un Appello per una Lotta di
Liberazione Nazionale. Mi auguro che venga raccolto dai più prima che
sia troppo tardi.<br />• Continuo sempre ad analizzare e decostruire la
propaganda di regime che si esprime principalmente attraverso i talk
show. Mi pare di notare che hanno abolito il sia pur minimo
contraddittorio. La campana che si sente è una sola: la loro. Non è
detto che sia un male: diventano così monotoni che non si ha più
interesse a seguirli. Quelli che sono riusciti ad ingannare, e si
lasciano ancora ingannare, ne hanno fatto il pieno: è prossibile che
inizi un processo di rigetto. Gli altri che non sono riusciti a
ingannare (loro dicono convincere) prima, meno che mai riusciranno a
farlo adesso... E se una minoranza di milioni di persone riesce ad
iniziare un percorso di attivismo politico, può essere una Salvezza per
il paese, per la patria.</p>Antonio Caracciolohttp://www.blogger.com/profile/05342787066142241540noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-73139427869495102322023-05-23T12:07:00.002+02:002023-05-23T12:07:36.827+02:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Geminello Preterossi, Teologia politica e diritto, Editori Laterza Bari 2012, pp. 295, € 25,00"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisTvz4FKI1PTYOhtR_07FCILkC7k8JRcglt222WMHXqE56gA0eTjPZ2rvXudbQbzlAgfO8glRJN983slzjMioQQVkgJiXvLi364s7conU_PW3TRT2Sw1GytQP8OcszP5uQKpF1Z1heA23G4gD4fVtqRhLVnTvM5KYoKpnsZF6Jkfta6BXuIvRkCdaXPQ/s600/san-tommaso-daquino.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="600" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisTvz4FKI1PTYOhtR_07FCILkC7k8JRcglt222WMHXqE56gA0eTjPZ2rvXudbQbzlAgfO8glRJN983slzjMioQQVkgJiXvLi364s7conU_PW3TRT2Sw1GytQP8OcszP5uQKpF1Z1heA23G4gD4fVtqRhLVnTvM5KYoKpnsZF6Jkfta6BXuIvRkCdaXPQ/s320/san-tommaso-daquino.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">L’espressione
“teologia politica” è polisensa. Di solito denota l’influenza della religione
nell’ordinamento delle comunità umane; in altri casi la corrispondenza tra
rappresentazione dell’ordine metafisico-teologico e quello politico; in altri
quello della somiglianza tra concetti della teologia con quelli del diritto
pubblico. Il tutto in un’epoca in cui la secolarizzazione appare compiuta, il
cielo si è eclissato ed ha lasciato la terra, onde parlare di teologia politica
sembra un’attività di <i>archeologia</i>
culturale.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">L’autore ritiene
invece che: “La tesi fondamentale di questo libro è che la teologia politica
sia inestinguibile. Anche al tempo della sua negazione, qual è quello presente.
L’obiettivo che ci proponiamo è di scavare dentro questa insuperabilità. Sia
facendone la genealogia, in modo da illuminare il nucleo teologico-politico
della modernità e la costante riemersione di domande di senso in ambito
secolare. Sia evidenziando le forme rovesciate che la teologia politica assume
nel contesto ideologico neoliberale, cioè come teologia economica e teologia
giuridica”. Al posto della teologia politica appaiono quindi quelle economica e
giuridica “Ma interpretare quella crisi come tramonto o scomparsa sarebbe
ingenuo. Piuttosto, con la teologia economica e quella giuridica si assiste
alla riproposizione in forme rovesciate,
spesso ostili al primato del “politico”, dei problemi di legittimazione e delle
esigenze ordinative che sono alla base del nucleo teologico-politico moderno e
del suo lascito paradossale”. Per teologia economica (il termine è anch’esso
polisenso) Preterossi intende in primo luogo “una proposta ermeneutica sul
neoliberalismo che non si limiti a sottolinearne gli aspetti ideologici e le
conseguenze sociali, ma individui in esso un paradigma di razionalità e di
governo basato su altre logiche (e altri “assoluti”) rispetto alla
costellazione di senso propria della trascendenza politica sovrana”: il tutto
senza alcuna trascendenza (almeno apparentemente). Mentre con la formula
“teologia giuridica” si intende sottolineare la tendenza alla moralizzazione
della normativa giuridica”. Come la teologica economica è rivolta contro la
sovranità degli Stati, ma, non è riuscita ad eliminare quello che Miglio
chiamava “regolarità della politica” e, in un diverso discorso, Freund “i
presupposti del politico”, e ancor meno le situazioni eccezionali. Che anzi si
sono ripresentate in modi (la pandemia) e in teatri (la guerra in Europa) dove
sembravano estinte. Segno che i quattro cavalieri dell’apocalisse non sono
stati pensionati dalla “fine della storia”. L’inconveniente fondamentale del
neo-liberalismo è di andare “in direzione di un modello di società che escluda
qualsiasi dimensione di trascendimento simbolico del piano di immanenza… non
solo non riesce più a fare ordine, ma per arginare illusoriamente tale
ingovernabilità si finisce per revocare… tutti gli elementi costitutivi del
“politico”, senza tuttavia la possibilità di istituzionalizzarli, renderli
produttivi, travolgendo così anche la funzione della mediazione giuridica e
sociale”. Guerra e stati d’eccezione (da anni nell’occidente globalista viviamo
per lo più tra l’uno e l’altra) mostrano come “tutti i tentativi di aggirare o
rimuovere la teologia politica ne subiscono la nemesi, pagando il prezzo della
mancata assunzione delle sfide alle quali essa corrispondeva. Così che, in un
quadro disarmante di inefficienza ordinativa, si finisce per replicarla
surrettiziamente in forme compensative e politicamente inefficaci”. In effetti
caratteristica della modernità “grazie a una serie di passaggi che siamo
abituati a denominare “secolarizzazione”, (e che) la politica e la mediazione
giuridica si sostituiscono alla religione come forza coesiva mondana. Ma non si
tratta di una liberazione del religioso, cioè delle aspettative che in esso
erano riposte. Quella sostituzione carica la politica della funzione simbolica
istitutiva che era stata propria della religione”, e produttiva di coesione
sociale perché esercita la funzione di mediare e decidere i conflitti. Per cui
il riemergere del “politico” (e del teologico-politico) ai tempi dell’anti
politica, ne prova l’insostituibilità.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">La stessa
“teologia economica” neoliberale “è una teologia politica “anti-politica”
perché fa dell’immanenza un <i>assoluto</i>,
Cioè una forma di trascendenza sacrale che nega se stessa. Infatti il
neoliberalismo non è, se si guarda alla sua logica profonda, solo una teoria
“economica”, ma una filosofia della spoliticizzazione dell’agire umano”.
Analogamente la sua opposizione dialettica, ossia il “populismo”, non rinuncia
al “fondo” teologico. Scrive l’autore che “”Ne deriva che o c’è dio o c’è il
popolo: nelle società secolarizzate, è inevitabile che la fonte sia
quest’ultimo. Il popolo prende il posto di dio come soggetto costituente. Il
populismo, evocando il popolo, si ricollegata a questo passaggio decisivo della
tradizione democratica moderna, che è un passaggio teologico-politico in senso
schmittiano, quindi come sostituzione di una “trascendenza politica” moderna,
emergente sul piano dell’immanenza a una trascendenza sacrale, in sé
“trascendente””.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Preterossi
conclude sostenendo (cosa ormai evidente) che la “teologia economica” alla lunga,
non ha funzionato: al deficit di eccedenza politica non ha sostituito alcun <i>surplus</i> ordinante “Ciò ha causato una
profonda crisi di legittimazione”, né ha suscitato legami comunitari. La
“teologia giuridica” neppure: la tesi dell’autore è che “la saldatura di un
diritto sempre meno preoccupato dell’effettività e della certezza con la morale
neoliberale sia non solo il segno di una generale crisi del “giuridico”, ma
allo stesso tempo il tentativo, disperato e fallimentare, di individuare una
sfera legale eticamente immunizzata, che compensi la perdita di <i>auctoritas</i> delle istituzioni e l’inaridimento
della sfera pubblica”. La teologia politica è così inestinguibile “in quanto
esprime la struttura di fondo della metafisica politica moderna… L’unico modo
per tenerla sotto controllo è riconoscerla, non contrapporvisi direttamente, o
negarla. Se, come credo, la modernità può essere concepita come una forma di
“auto-trascendenza dell’immanenza”, ciò significa che la teologia politica è un
movimento interno alla modernità secolare”. Non è necessario che il fondamento
sia di natura religiosa “Può essere anche di natura etico-politica, ideale
(nella modernità matura è stato prevalentemente tale). Ma il punto è che il
“contenuto etico” non può risolversi in compensazione soggettivistica,
moralistica del vuoto d’identità collettiva”. Così “La teologia politica si
ripropone oggi nella forma del simulacro. Non produce risposte politiche, ma
surrogati di verticalità e di sicurezza”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Resta il dubbio
se vi siano forme di soggettività politica collocabili “oltre” la teologia
politica, che l’autore ritiene auspicabili “di visioni politiche ambiziose, che
non temano di confrontarsi con le “cose ultime”, abbiamo bisogno.. La politica
come amministrazione va bene, forse, per tempi tranquilli. Non quando lo
spirito torna a calzare gli stivali delle sette leghe”<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Un saggio assai
interessante ed esauriente, nel solco pensiero di Hobbes, Hegel e Schmitt.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Una notazione
del recensore ad un libro così articolato e del quale ho cercato di rendere
l’essenziale.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">È noto che a
partire da de Bonald, continuando per Donoso Cortes e arrivando a Maurice
Hauriou la correlazione tra concezioni teologiche e forme politiche (non solo
statali) è stato variamente affermato. Così per de Bonald il deismo era la concezione
teologica sottesa al costituzionalismo liberale (il re che regna ma non governa),
il teismo cattolico allo Stato assoluto; per Donoso Cortes il nocciolo del
liberalismo era sempre deista, quello del socialismo ateo. Per Maurice Hauriou
lo stato borghese era uno dei possibili esiti della dottrina teologica del
diritto divino provvidenziale, mentre lo Stato assoluto lo era del diritto
divino soprannaturale; il decano di Tolosa riteneva anche come questo fosse
un intervento (<i>intervention</i>) della metafisica sul diritto. Il quale ricopre come
un guscio (<i>couche</i>) il fondo (<i>fond</i>) teologico, ma non può sfuggire a
questa costante (o regolarità). La quale si manifesta chiaramente quando il
diritto viene a mancare, come nel caso dei governi di fatto, fondati sulla
“giustificazione teologica” e non sulla legalità delle procedure. Il <i>fond</i> teologico è così creatore di forme
giuridiche. Resta da vedere quali forme possa creare il “pilota automatico”
(versione tecnocratica della “mano invisibile”) tecno-globalista. Probabilmente
nessuna (se coerente); ove apocrifo (e ipocrita) la consegna del destino delle
comunità a poteri indiretti ed opachi. Colla prospettiva di avere un governo né
visibile né responsabile.<o:p></o:p></span></p><p>
</p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-56613483210121963142023-05-17T19:05:00.003+02:002023-05-17T19:05:50.594+02:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Sempre più fitta"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvh5uAqqHhWBk5G918PXXPEqjcvxamzLyZ4vHW0MiRkirtkB6kcTSX1q3O5rClGxoobPLO0RMlMZeu1k8YpOojl77Q-rXACybW-uQ-HIWEsRkFteRSwOjBOtE6hCd4PhXaJhd16IgsF-6d4ab6qFLbIERoCodi98QiZyv7UvyP29CkRkpRjzDiEJqcMw/s1198/ritratto-di-richard-sorge_162bf1f6_800x1198.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1198" data-original-width="800" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvh5uAqqHhWBk5G918PXXPEqjcvxamzLyZ4vHW0MiRkirtkB6kcTSX1q3O5rClGxoobPLO0RMlMZeu1k8YpOojl77Q-rXACybW-uQ-HIWEsRkFteRSwOjBOtE6hCd4PhXaJhd16IgsF-6d4ab6qFLbIERoCodi98QiZyv7UvyP29CkRkpRjzDiEJqcMw/s320/ritratto-di-richard-sorge_162bf1f6_800x1198.jpg" width="214" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Qualche lettore
ricorderà che nei primi tempi della guerra in Ucraina notavo che la clausewitziana
“nebbia della guerra” era particolarmente densa e fuorviante perché alimentata a
piene mani da una comunicazione tutt’altro che imparziale, informata ed
esperta: con risultati spesso sconcertanti, a cominciare dal piano <i>logico</i>.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">In occasione
della controffensiva ucraina si è raggiunto un apice della (cattiva)
informazione. Vediamo perché:<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">a) in primo
luogo della controffensiva sappiamo tutto leggendo il giornale o guardando la
televisione: luogo (Dombass); entità delle forze ucraine (8 brigate in
addestramento); tempo (imminente – ma rimandato già più volte nella sua <i>imminenza perdurante</i>); esiti politici
(la caduta di Putin) e così via, <i>vagamente
precisando</i>.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Ora la nebbia clausewitziana
è frutto sia della natura della guerra che delle misure dei comandanti, tutte
volte a non far capire al nemico i propri piani e obiettivi. Perché, a conoscerli,
è facile prendere le contromisure. Non occorre aver fatto la scuola di guerra:
basta ricordare l’Aida, quando Amonasro cerca di carpire, tramite la figlia, i
piani di Radames. Nella storia militare vi sono poi dei casi clamorosi di
“depistaggio” fornendo false (ma credibili) informazioni. Uno dei quali - così
noto che ci è stato realizzato un film – consistente nel confondere i tedeschi sul luogo dove sarebbe avvenuto lo
sbarco degli alleati nel 1944. I servizi inglesi lo prepararono così
accuratamente da trarre in inganno – anche a sbarco avvenuto in Normandia –
Hitler, convinto che ce ne sarebbe stato un secondo a Calais.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">La conseguenza
logica non è solo che se uno dei contendenti ti dice che attaccherà a Charkiv
invece che a Kiev, sicuramente non attaccherà Charkiv, probabilmente neppure
Kiev, ma da un’altra parte, dove meno è atteso; ma anche che le informazioni
più credibili sono quelle che non sono diffuse. I (falsi) piani dello sbarco in
Francia furono messi dagli 007 inglesi sul cadavere di un ufficiale britannico
fatto ritrovare agli spagnoli (e quindi dai tedeschi), e non pubblicati sul <i>Times</i>; se li avesse letti sul giornale,
Hitler avrebbe creduto ad un espediente dell’<i>Intelligence Service</i>.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">C’è da chiedersi
per quale ragione la comunicazione <i>mainstream</i>
è così lontana da una rappresentazione credibile (e coerente) della situazione.
Perché se le notizie fuorvianti sono fornite - come in gran parte sono – dagli
uffici dei belligeranti (e dei loro alleati) sarebbe il caso di citarne la
fonte (almeno) e, in certi casi di scrivere due righe di commento. Cosa che
qualche rara volta avviene, ma quasi sempre no. Escluso che tali mezzi possano
trarre in inganno il nemico, per la loro disarmante ingenuità, occorre
individuare altri obiettivi. Un analista attento come Pietro Baroni definisce
la “guerra psicologica” come “L’insieme delle operazioni, delle azioni, delle
iniziative tendenti a conseguire l’obiettivo di assumere e mantenere il
controllo di grandi strati di masse e di pilotarne le opinioni, i giudizi e le
conseguenti manifestazioni, agendo sulla ricettività istintiva, sull’emotività
e sul processo formativo delle valutazioni”. Nel caso gli obiettivi non sono
Putin o Zelensky, ma l’opinione pubblica, occidentale soprattutto. Dalla quale
occorre far approvare le misure a favore dell’Ucraina, in modo da attenuare
l’onere dei sacrifici e dei rischi che comportano. A tal fine è necessario
rappresentare la situazione bellica in modo conforme agli scopi da raggiungere.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">E il divario tra
ciò che è e ciò che si rappresenta è l’inganno e la simulazione occorrente. <o:p></o:p></span></p><p>
</p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-92082199228533604752023-04-24T19:03:00.004+02:002023-04-24T19:03:45.353+02:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Loris Zanatta, Popolo, Liberilibri, Macerata 2023, pp. 76, € 14,00"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6z5N_yNIN_GXUQGSzopg1wgGYL7FR2fW7nD9rqjF7gdLFpK565vgIGb92etyEyAL8yjY2Yxz5HejLhXZQbWsyJpVFNFrprQBH7pU9GcFCkJTHqYsBABhhQl2eiwL3eOXurH-NcoX_NuJD6chd005atWFpoQLM5CB3vA6YOe-LswxbLfMn3q8jJ8cuqA/s1024/QuartoStato-1024x556.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="556" data-original-width="1024" height="174" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6z5N_yNIN_GXUQGSzopg1wgGYL7FR2fW7nD9rqjF7gdLFpK565vgIGb92etyEyAL8yjY2Yxz5HejLhXZQbWsyJpVFNFrprQBH7pU9GcFCkJTHqYsBABhhQl2eiwL3eOXurH-NcoX_NuJD6chd005atWFpoQLM5CB3vA6YOe-LswxbLfMn3q8jJ8cuqA/s320/QuartoStato-1024x556.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Questo è il
secondo titolo della nuova collana “Voltairiana”,
di cui vale la pena trascrivere parte della nota dell’editore sulla ragione
della stessa: “Nel convincimento che ormai anche il nostro Paese ha assunto
connotati marcatamente illiberali in tutti gli ambiti… perdipiù consentendo nel
suo seno l’esistenza e il prosperare di caste intoccabili come magistratura e
sindacato, abbiamo concepito questa nuova collana “Voltairiana” per “offrire
agli italiani, di parole chiave che affollano il discorso pubblico, una lettura
diversa rispetto a quella imposta dal canone semantico ufficiale e unico… Un’operazione di ortopedia
lessicale? Sicuramente. Ma soprattutto di <i>disintossicazione
concettuale</i>”. Con ciò la casa editrice, ed il compianto editore da poco
scomparso Aldo Canovari, proseguono l’opera meritoria di <i>disintossicazione</i>
da banalità ed <i>idola</i> del pensiero
unico.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Anche questo <i>pamphlet</i> evita demonizzazioni a priori;
piuttosto avvalendosi (anche) delle
concezioni di Tönnies e Max Weber, sostiene che di popoli ce ne
sono essenzialmente due: il popolo
sacro, caldo e naturale, e il popolo profano,
freddo e innaturale. Essendo dei <i>tipi
ideali</i>, nel concreto convivono, ma sono “separati in casa”. Ogni popolo
concreto è così, un po’ sacro e un po’ profano, anche se l’uno e l’altro
aspetto possono, nel corso della storia, prevalere. I connotati distintivi dell’uno
e dell’altro idealtipo sono diversi: il primo è monista, organicista, bellicista
e mistico, vive la politica come religione e la religione come politica. Al
contrario “il popolo profano esprime una vocazione al disincanto, alla razionalità,
alla stoica moderazione degli impulsi… Non crede in salvezze, Regni di Dio,
terre promesse. E diffida di chi invoca il popolo in loro nome… Questo popolo ,
insomma, non è un organismo naturale ma
un artefatto più o meno razionale, non è monista ma pluralista, non garantisce
identità ma molteplicità, non ha coesione , ma un certo grado di frammentazione…
soprattutto, non presuppone un fine morale comune, per nobile che suoni: la
grandezza della patria o il riscatto dei lavoratori, la volontà di Dio o il
primato della razza”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Scrive l’autore
che nel secolo passato l’intermezzo tra le due guerre mondiali, e le guerre
stese costituiscono l’apogeo del “popolo sacro”, diffusosi in quasi tutta Europa.
Il secondo dopoguerra, quello del popolo profano. Di solito il popolo sacro “finisce
imbrigliato nelle maglie del popolo profano, con cui la sua pulsione
totalitaria viene addomesticata da leggi e regole, logorata da polemiche e
sfottò, sfiancata da negoziati e compromessi”. Il popolo sacro ne esce spesso “profanato,
normalizzato, sgonfiato, finché si accasa a malincuore nei freddi regimi
costituzionali”. Il che ricorda assai le considerazioni di Max Weber sulla conversione
dei regimi politici carismatici in pratica quotidiana.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">D’altra parte
scrive l’autore “Se nella storia percorsa finora v’è una pallida regolarità,
sta nel fatto che non v’è ondata globalista che non generi una reazione
localista, pulsione cosmopolita che non causi un rinculo nativista, spinta
secolare che non subisca un rigurgito religioso”. Quanto alla situazione odierna
pare che ci sia ripresa del “popolo sacro”. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">D’altra parte “popolo
sacro e popolo profano ci sono dagli albori ed è probabile che in forme sempre
mutevoli e sempre nuove miscele ci saranno sempre, in ogni civiltà, in ogni
società e, in fondo, nel cuore e nella mente di ogni individuo”. S’alimentano a
vicenda. Tuttavia nell’epoca moderna è il popolo profano che “vanta più progressi
che tonfi, che s’è allargato più che
ristretto”. E il motivo è che ha <i>desacralizzato
il popolo</i>. “Penso che la desacralizzazione del popolo sia un correlato
chiave del processo di secolarizzazione… Secolarizzazione e desacralizzazione,
secolarizzazione e popolo profano, secolarizzazione e democrazia camminano in parallelo nella storia occidentale. Non è
una legge, ma una tendenza sì”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Una nota: è vero
che gli idealtipi del popolo ricorrono sempre, e quindi sono compresenti nello
stesso popolo concreto e nella stessa epoca. Tuttavia desacralizzare – anche per
questo – non basta. Anche il popolo profano deve (nel senso che è necessitato)
sacralizzare qualcosa. Se è ad esempio il relativismo, sarà questo il nucleo “sacro”
e non modificabile della Costituzione. Le “tavole dei valori” costituzionali,
scrivono le Corti e i giuristi, sono l’espressione di ciò che è immodificabile pena il passaggio
da una ad un’“altra” costituzione. Questo in estrema sintesi ciò che risulta da
tante decisioni e opinioni. Perfino il PD, la cui concezione pare così vicina
all’idealtipo del popolo profano, in occasione del conflitto russo-ucraino (specialmente)
è partito alla carica contro la Russia,
chiamando alla lotta delle democrazie (sedicenti) liberali contro le
autocrazie. Ma ciò conferma che nelle istituzioni politiche (e nelle comunità
umane, come scriveva Maurice Hauriou, c’è sempre un <i>fond</i> (anche) teologico e un involucro (<i>couche</i>) giuridico. Non è possibile sfuggire al <i>fond</i> come non si può prescindere dalla <i>couche</i>, è una regolarità. Comune ai popoli sacri e a quelli
profani, e alle loro istituzioni.<o:p></o:p></span></p><p>
</p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-43065208757303000872023-04-20T17:21:00.003+02:002023-04-20T17:21:54.744+02:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Sentimento e indifferenza"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiy5Dsl7WSdl1GgqiiKSbCNsqS8TGAI-2lPHCsnUugu5-XvTYoNy_dKe2HQDkVmvfgw4ru7_ii9WqKoXh141ycKM1e17kEekMAY-8HLZXYis6jz9YLaFbqdZHtmxhN3fGTJGeM7gp5ln4H2IfbhY_j9fVMnfe1wl6GZ6JV9I95clB7vEEE_H6eSntLq_w/s2074/caterina.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2074" data-original-width="1829" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiy5Dsl7WSdl1GgqiiKSbCNsqS8TGAI-2lPHCsnUugu5-XvTYoNy_dKe2HQDkVmvfgw4ru7_ii9WqKoXh141ycKM1e17kEekMAY-8HLZXYis6jz9YLaFbqdZHtmxhN3fGTJGeM7gp5ln4H2IfbhY_j9fVMnfe1wl6GZ6JV9I95clB7vEEE_H6eSntLq_w/s320/caterina.jpg" width="282" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Malgrado il
bombardamento anti-russo della comunicazione <i>mainstream,</i> non sembra, dai sondaggi ripetuti, che sia stata
scalfita la maggioranza neutralista nell’opinione pubblica soprattutto, si
legge, in Italia e in Romania; altrove, in Europa, tranne in quella orientale
(e si capisce il perché) favorevoli e contrari si distribuiscono in blocchi
pressoché uguali sull’aiuto all’Ucraina.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Dopo un simile
spiegamento di mezzi, i risultati paiono modesti. Soprattutto in relazione
all’argomento <i>forte</i> e più ripetuto,
che si adagia sulle comprensibili aspirazioni degli europei, i quali dopo i due
macelli collettivi del XX secolo, di aggressioni, guerre, ed aggressori non
vogliono sentir neanche parlare.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Per cui appare
facile demonizzare l’aggressore come turbatore della pace, e la resistenza allo
stesso come <i>justa causa</i>.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Quale può essere
il perché della tepidezza di buona parte dell’opinione pubblica? Le cause
possono essere tante, ma ritengo che le principali siano:<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">a) il timore di
un’estensione (fino al coinvolgimento diretto) nella guerra;<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">b) il non
comprendere (perché non spiegato) quale possa essere l’<i>interesse</i> nazionale ad un esteso aiuto ad uno dei belligeranti;<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">c) che la
Russia, anche se aggressore, non ha tutti i torti (scontri nel Donbass, accordi
di Minsk).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Quanto al timore
dell’<i>escalation</i>, è bene tenerne
conto, perché come sosteneva Clausewitz, è nella natura della guerra
l’ascensione agli estremi. Tuttavia a rendere tale ipotesi poco verosimile è
proprio il secondo elemento: la mancanza di un interesse nazionale, sia della
Russia che dei popoli europei ad aggredirsi. Anzi tutto l’interesse è quello di
convivere e commerciare pacificamente, per la complementarietà economica delle
due aree. Relativamente al terzo aspetto è chiaro che la dissoluzione
dell’Unione sovietica in Stati nazionali, le cui frontiere non coincidevano con
l’omogeneità etnica, di guerre ne ha generate tante, sia nella superpotenza che
nella Jugoslavia.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Basti ricordare
per la prima: Georgia, Ossezia, Cecenia, Abkhazia, Nagorni_Karabach (salvo
altri). Per cui la sussistenza, anche da parte dell’aggressore russo di una <i>justa causa belli</i> non è esclusa. Con la
conseguenza che, contrariamente all’evoluzione del diritto internazionale nel
XX secolo, la guerra, nel sistema westfaliano, è “giusta” da entrambe le parti.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Per cui che il <i>sentimento</i> ostile nei confronti
dell’aggressore sia così tiepido a dispetto di tutti gli sforzi per suscitarlo
e ravvivarlo non meraviglia.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Si aggiunge per
l’Italia la storia degli ultimi secoli; di guerre l’Italia (prima il Regno di
Sardegna) alla Russia ne ha mosse tre. La guerra di Crimea, l’intervento nella
guerra civile del 1918-1921, il fiancheggiamento della Germania nell’operazione
Barbarossa. Di converso l’unica volta che un esercito russo si è visto in
Italia è nel 1799. Ma i russi, peraltro alleati di Stati italiani occupati
dalla Francia, se ne andarono senza pretendere di tornare.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Gli è che né i
russi hanno alcun interesse ad occupare l’Italia, né gli italiani la Russia. Si
è cercato di compensare questa evidenza storica e politica col dipingere Putin
come il diavolo guerrafondaio, affetto da aggressività compulsiva, emulo nel
XXI secolo di Hitler. Ipotesi ancora più inverosimile dell’altra: vediamo perché.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">É costante della
Russia estendere la propria influenza a sud, in particolare intorno al Mar
Nero.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Malgrado tutti
gli sforzi dei professionisti dell’informazione per additare Putin come pazzo
e/o malato, il Presidente russo non ha fatto altro che ripetere la politica dei
suoi predecessori, da Ivan il Terribile a Pietro il Grande, da Caterina la
Grande a Nicola I.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Il che rendeva
assai prevedibili sia le intenzioni che il comportamento dello stesso. Ciò
nonostante non è stato previsto il <i>probabile</i>,
e neppure adottati comportamenti idonei
ad evitare che una situazione, da anni <i>esplosiva</i>,
degenerasse in guerra.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Quando poi
questa è scoppiata, non c’è stato altro da fare che cercare di coprire il tutto
con la demonizzazione dell’aggressore, come mezzo per incrementare il
sentimento popolare, improntato ad una paurosa indifferenza.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Scrive
Clausewitz nel <i>Von Kriege</i> a proposito
del sentimento politico, cioè l’odio e l’inimicizia verso il nemico che questo
è “da considerarsi come un <i>cieco istinto</i>”
e corrisponde al popolo; e che “Le passioni che nella guerra saranno messe in
gioco <i>debbono già esistere nelle nazioni</i>”.
Sicuramente in Polonia e in Ungheria, tenuto conto della storia le suddette
passioni non mancano. Ma in Europa occidentale? Solo la Germania ha condotto
nella storia e per geopolitica diverse guerre con la Russia, alternate a periodi
di amicizia (spesso a scapito dei popoli che stavano “in mezzo”).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Ma Francia,
Spagna, Italia (e non solo) non hanno né ragioni politiche e geo-politiche né
una storia che identificasse nei russi il nemico principale e reale.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Per cui non
restava che affidarsi alla propaganda, confermando, con lo scarso risultato,
l’affermazione di Clausewitz.<o:p></o:p></span></p><p>
</p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2997245383176241517.post-61605721611813863272023-04-11T19:01:00.002+02:002023-04-11T19:01:41.986+02:00Teodoro Klitsche de la Grange: "Viva la moria 2.0"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6EnKXSKSGaO_OL8_ghPVvO2VC3LZCq5Z3tPhbi1iXF2LpmoFpS-oJlyaBOPYVcpHzu-VAkJqu7a8VYKi9fZNlapEnyetOkFPmIhh3o1UTLAN6adE3Lgwr6L1eFblVxu4marOMLTMCKDD8TnGWUu0ZU8VacEZJtxRgFEzU-0_Qm5SQH5sGB_WNe_9wJw/s344/Monatti.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="248" data-original-width="344" height="231" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6EnKXSKSGaO_OL8_ghPVvO2VC3LZCq5Z3tPhbi1iXF2LpmoFpS-oJlyaBOPYVcpHzu-VAkJqu7a8VYKi9fZNlapEnyetOkFPmIhh3o1UTLAN6adE3Lgwr6L1eFblVxu4marOMLTMCKDD8TnGWUu0ZU8VacEZJtxRgFEzU-0_Qm5SQH5sGB_WNe_9wJw/s320/Monatti.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Quando, quasi
tre anni orsono, si iniziò a parlare del PNRR scrissi un articolo, dal titolo
uguale, nel quale ricordavo quanto scriveva Manzoni «</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi;">che nella Milano appestata i
monatti – addetti al trasporto dei malati al lazzaretto e dei cadaveri al
cimitero - brindavano allegramente ripetendo “Viva la moria!”, dato che
l’epidemia garantiva agli stessi un lavoro continuo e remunerativo, e la
connessa possibilità di rubare e di estorcere denaro a malati e parenti</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">»</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi;">. E che quel gran parlare di
novità, di ricostruzione, di generosità europea poteva diventare l’<i>ouverture</i> di una prossima grande
abbuffata. Già Conte, allora Presidente del Consiglio diceva che le spese
relative dovevano essere decise e <i>distribuite</i>.
Che un tale programma fosse il miele per attrarre un nugolo di <i>tax-consommers</i> era chiaro; come lo era che
gli stessi si sarebbero fatti in quattro per </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">«</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi;">come dicono in Spagna <i>buscar un lugar en el presupuesto</i>, ossia a trovare una nicchia nel
bilancio ed essendo questo all’uopo abbondantemente fornito, hanno una ricerca
facile</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">»</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi;">. Cattiva prospettiva per il
contribuente italiano, cui sarebbe comunque toccata la parte di Brighella “che
fa le spese”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi;">Ad alleviare i dubbi del
suddetto Brighella fu anche detto che l’inquinamento (la riduzione del quale
era il principale obiettivo del PNRR) aveva aiutato la diffusione del virus. Tesi
poco ripetuta, forse perché <i>spericolata</i>.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi;">Da notizie di stampa emerge
che tra le spese finanziate dal PNRR ci sarebbero piste ciclabili, campi di
padel, strutture per l’assistenza anche ai migranti, ecc. ecc. Tutte cose magari
(si spera), non tanto incidenti sulla spesa complessiva, ma le quali più che ad
una (necessaria, anzi indispensabile) ripresa economica, sembrano rivolte a
finanziare opere ed interventi del tutto marginali, e poco o nulla suscettibili
di aumentare reddito, produttività, competitività degli italiani e dell’Italia.
Cioè di tutte le belle parole con cui hanno condito anche le finalità del PNRR.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 23.6pt; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-rule: exactly; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi;">Per cui non appare errato
procedere alla revisione enunciata dal governo. Sperando che, essendo fatta da
un governo diverso, non ripeta le “gesta” dei precedenti.<o:p></o:p></span></p><p>
</p>Civium Libertashttp://www.blogger.com/profile/12706763124995481736noreply@blogger.com0