mercoledì 10 marzo 2010

Stephen Walt: «Dieci modi per tutelarsi». – Consigli che mi giungono dall’America e che ben si si adattano al “caso” Caracciolo.

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Serie di post correlati: 1. Dershowitz il demolitore demolito. –

«Sembra scritto per lei, professore», dice la Lettrice collaboratrice che mi manda questa traduzione di un testo di Stephen M. Walt. Lo pubblico senza indugio, pur non avendo nessun contatto diretto con il suo autore, il quale non credo possa avere dispiacere ad una traduzione italiana. Per i prevedibili refusi e per la forma italiana interverrò in seguito con miglioramenti, quando ne avrò il tempo. Precede un mio ampio commento, visto che in qualche modo sono parte in causa e naturale destinatario dei consigli che giungono d’Oltreoceano: da quelle parte non vivono solo le Peppine Priester. Sono stato in Libreria il primo acquirente del libro che Walt ha scritto insieme a Mearheimer sulla “Israel Lobby e la politica estera americana”. Non solo il primo acquirente, ma anche il primo lettore italiano. Mi sono ispirato al loro lavoro per fare su questo blog qualcosa di analogo. Lo stesso ha fatto Blanrue in Francia con un libro. Una costante della lobby è la seguente: non vuole si sappia che esiste. E subito ti gridano all’«antisemitismo», se qualcuno si limita appena a registrare ciò che fanno, dicono, sono.

Per il punto 1° sono stato colto un poco di sorpresa, anche perché l’attacco è avvenuto su una questione vecchia di tre anni, che era stata riattulaizzata come se fosse oggetto di lezioni nel mese di ottobre 2009. I diffamatori non si sono nemmeno preoccupati di andare a verificare se io in ottobre tenevo o non tenevo un corso di lezioni. Avevo terminato in maggio le mie lezioni di filosofia del diritto, che nulla avevano a che fare con quegli argomenti che, in ottobre, avrebbero suscitato uno «shock» in una università che era del tutto tranquilla, prima che i diffamatori di professione lo “shock” lo creassero loro, inventandoselo di sana pianta. Contro i disonesti e la malafede non c’è difesa che tenga, a parte l’azione civile risarcitoria avviata subito dopo il proscioglimento dall’inchiesta amministrativa disciplinare. Per quanto mi riguarda il fatto, non concluso, è però già avvenuto. Li ho avuto tutti o quasi contro nello spazio di pochi giorni. Adotto adesso un metodo che definisco calabrese: la resa dei conto ad uno ad uno, sia sul piano giudiziario sia sul piano dialettico. La “bufala” svelata al sedicente storico Pezzetti è già un esempio. Per il fu governatore Marrazzo, che avrebbe voluto guardarmi negli occhi, ci ha pensato subito il Cielo che osserva e qualche volta interviene. Per gli altri che ancora restano abbiamo tutto il tempo per chiarirci e per chiarire.

Per il punto 2° ho da osservare un evento particolare che ha finito per smussare quello che era stato uno dei momenti che era stato giocato contro di me. Ad una domanda subdola ed a tradimento, avevo dato una certa risposta a proposito di Dacau, da me visitata molti anni, e su cui mi si chiedeva di dire quali fossero state le mie impressioni. Io avevo fatto un paragone con scene di ordinario degrado che conoscevo in Calabria. Ecco che ti scoppia dopo pochi mesi il caso Rosarno, dove a fare il paragone con i campi di concentramento non sono più, ma la redazione di una nota rivista dell’intellettualità di sinistra. I diffamatori incassano senza dare troppo in smanie. L’evento di Rosarno capitava pochi giorni prima la mia comparsa davanti al Collegio di Disciplina. Ci è mancato poco che non mi riconoscere virtù profetiche e divinatorie. Naturalmente, i paragoni, le metafore e le analogie sono sempre imprecise e scientificamente inadeguate, ma il linguaggio corrente richiede spesso rapide forme espressive.

Per il punto 3° posso dire di non aver perso la calma. Anzi nei primi giorni di fronte all’inverosimiglianza ed assurdità di quanto si rivelava ai miei occhi ero alquanto divertito. Solo dopo diverse settimane ho potuto realizzare la pericolosità e cattiveria dell’attacco. ed ho incominciato a preoccuparmi ed a sentire lo stress per dover far fronte ad una campagna di molti contro uno. Ma la gente comune non deve aver bevuto affatto la storia per come la raccontavano i media, se andando all’università incontravo sconosciuti che venivano a stringermi la mano. Certo, qualche amico e conoscente si è forse perso per strada, ma su costoro avevo già dei dubbi e per essi si è dimostrato veritiero il proverbio: “meglio perderli che averceli!”. Su alcuni politici, che si sono particolarmente distinti nel linciaggio, mi arrivavano poi quasi ogni giorno notizie sui loro trascorsi. Ho evitato di metterli in rete perché potevano comportare strascichi giudiziari, ma aver finalmente appreso qual è l’«anello mancante» che i paleontologi cercano da lungo tempo ha certamente incrementato il mio bagaglio di conoscenze. Non potro dimenticare alcuni messaggi sardi, che dimostrano a pieno quella natura perfida che la liturgia cattolica preconciliare insegnava ai devoti fedeli. Ma per fortuna con costoro non ho mai avuto nulla a che fare e mai avrò a che fare.

Per il punto 4° potrei citare un caso con nome e cognome fra gli insulti che mi giungevano da chi mi considerava spacciato, se si aspettavano che avrei avuto problemi nel mio posto di lavoro, cioè l’università, dove invece sono stato prosciolto con formula che più piena non poteva essere. Non ho avuto la benché minima tentazione di replicare all’individuo che con estremo gesto di sfida mi aveva lasciato il suo nome e cognome e mi aveva mandato pure un link musicale. Ho avuto invece un momento di grande sconforto, dovendo dire a me stesso: “Ma dunque è vero?! Son fatti proprio così? È questa la loro tempra morale? È questa la loro eticità? La loro superiore umanità?» Senza nessun astio, ho realizzato che questo genere di persone le si poteva tranquillamente evitare ed escludere dal proprio concetto di umanità. E potevo anche considerarmi fortunato che fra me e lui ci fosse il vasto mare a tenerci eternamente separati. Ho invece concetranto il mio tempo nella redazione della mia «Memoria difensiva» che resta per me una notevole prestazione intellettuale da cui traggo spunti per nuovi riflessioni e sviluppi concettuali, ai quali i miei abituali denigratori e diffamatori sono ben lungi dal poter opporre controargomentazioni. Possono andare avanti solo con la diffamazione e la menzogna. Di essa vivono e con essa hanno sempre convissuto.

Per il punto 5° posso dire che è quello che ho subito incominciato a fare già questo mio blog, inaugurando una serie di post intitolate al “mostro”, che “risponde”, si “difende”, e così via. E fuori di questo blog con una serie di interviste, di cui una concessa a Giovanna Canzano ha avuto un notevole successo, procurandomi consenso e nessuna controargomentazione. Un’altra intervista è stata concessa da me proprio questa mattina ed uscirà domani – mi si dice – su due intere pagine centrali, nel quotidiano «Rinascita», che non ha la stessa diffusione del Corsera o della «Repubblica», ma che esce pure in edicole e che ha una diffusione nazionale. Ma soprattutto spiego cià che è successo, pubblicando a puntate – come in una telenovela – la mia «Memoria difensiva», correndandolo di tutte quelle notizie, riflessioni, commenti che non poteva dare in un testo giudiziario, che doveva avere le forme proprie della giurisprudenza. Ho scritto per chi mi doveva giudicare sedici pagine, per amore di completezza, ma dal punto di vista tecnico-giuridico sarebbe bastato molto di meno per denunciare l’insussistenza e del fatto e del diritto nell’Addebito che su pressione della Lobby che non esiste il mio Rettore era stato costretto a contestarmi. Inoltre, se il mio “caso” non solo mio, ma di tutti, vi è la proposta di un «Comitato europeo per la difesa della libertà di pensiero», al quale possono aderire quanti sono rimasti disgustati dall’ignobile campagna di diffamazione nei miei confronti.

Per il punto 6° posso dire di aver sempre agito in conformità e pur avendolo cercato non ho mai trovato un avversarsio che sapesse dialetticamente oppormi ragione per me apprezzabili. Gli argomenti dei quali e per i quali mi sono occupato solo in ragione degli attacchi ricevuti sono stati da me studiati sempre con il massimo scrupolo. Ho però notato che tutti costoro sono come ammaestrati da un apposito ufficio, esistente in Israele, dello Hasbara. Qui vengono ammaestrati gli agenti incaricati di promuovere l’immagine di Israele all’estero, con vere e proprie tecniche da marketing. Si forniscono loro gli argomenti da diffondere nelle situazioni dati. Sono infatti più volte rimasto sconcertato dalla stereotipicità delle argomentazioni. Nessuna elaborazione personale. Come avere di fronte pappagalli o scimmie ammaestrati. Hanno poi una reazione tipica, della cui profonda antigiuridicità ed immoralità non si accorgono. Messi alle strette, ti rispondono: “Io non parlo con uno che…”. Assicuro che si tratta di una reazione tipica, come una parola d’ordine. Orbene, chi legge l’articolo 3 della nostra costituzione, e vi ci riflette appena un poco, capirà che a nessuno si può dire: “Io non parlo con uno che…”, soprattutto se questo in modo assolutamente non violento non fa altro che esprimere le proprie opinioni, argomentandole razionalmente. Costoro son razzisti della peggiore specie, mentre pretendono che rassisti siano i loro avversari, che essi denigrano e diffamano costantemente, facendo la sola cosa che sono capaci di fare: diffamare, denigrare, fare opera di delazione ed incitare altri alla delazione.

Per il punto 7° posso dire di esserer stato io a non volere che alcuni amici, esponendosi in mio favore, potessero poi a loro volta essere oggetto di attacchi, essendo pubblicamente divenuti i “complici” del “criminale del pensiero”, per non aver esitato a parlare in mio favore. Quanto agli alleati necessari è proprio questo il senso del «Comitato europeo per la difesa della libertà di pensiero». Ad assoluzione avvenuta, non ho nessun problema psicologico ad impegnarmi in questo progetto. Non si tratta infatti della difesa della mia persona, ma di ogni persona in qualsiasi parte del mondo essa si trovi, che possa venire attaccata nel suo «diritto umano» alla sua libertà di pensiero e di manifestazione del pensiero. Rivolgo qui un invito pubblico ai professori Mearheimer e Walt, che non conoscor personalmente, affinché aderiscano al «Comitato europeo». La libertà di pensiero è un diritto umano che non conosce frontiere. Spero che questo mio appello e invito giunga loro.

Per il punto 8° posso dire di non aver mai avuto problemi nel riconoscere i miei torti, ed a chiedere scusa. Se si va a guardare il motto che è riportato sotto il titolo dei questo blog, non si dovrebbero avere dubbi nel capire quale sia il mio stile ed il mio atteggiamento intellettuale. Devo però anche dire che qualche volta, sulla rete, solo per evitare la prosecuzione di polemiche, ho ammesso di essermi sbagliato, su mere questioni di fatto, e di averlo ammesso, chiedendo scusa. Non l’avessi mai fatto. Il Tizio che tra l’altro non ha mai avuto l’elementare onestà di uscire allo scoperto con sua nome, cognome ed identità piena, ha preso a vantarsi come di un trofeo della mia ammissione di essermi sbagliato ed aver chiesto scusa. Con i disonesti non serve chiedere loro scusa. Riconoscere a se stessi i propri errori, è però utile per non commetterne di nuovi.

Per il 9° punto devo dire che condivido in pieno l’analisi tanto in diagnosi quanto in prognosi. In effetti, fino a pochi anni fa sapevo assai poco di sionismo e di problematica revisionista, sulla quale tuttavia non intendo scendere in campo. Vi sono persone che in questo campo lavorano da decenni. Non è il mio campo disciplinare. È invece cosa mia il principio della libertà di pensiero sia nel suo aspetto teorico sia in quello pratico. E come studioso e come cittadino ho in diritto di pretendere che ad ognuno venga riconosciuto questo basilare diritto umano e che nessuno debba andare in prigione o essere messo alla “gogna” per avere espresso opinioni, fallibili o non fallibili quanto si vuole. Ho replicato alle incursione dei Troll quanto basta per capire che non sono avversari dialetticamente temibili. Sperimentato ciò, non occorre perdere altro tempo con loro. Meglio informarsi, documentarsi, riflettere ed elaborare le proprie argomentazioni, mantendosi su un piano di moralità superiore a quello degli avversari. Bisogna imparare a farsi il callo alle offese velenose, suffragate da una scienza pare tutta loro, la psicoanalisi, per la quale non ho mai avuto molta considerazione.

Per il punto 10°, giusto per stare nel buon’umore, voglio provare a raccontare in poche battute una barzelleta, che apprendo dal mio legale, appena informato della inurbana telefonata intercorsa con lo storico olocaustico Marcello Pezzetti, sorpreso in flagrante bufala, avendo annunciato un “inedito” che non era tale ed avendo scambiato la Scala di Milano con un teatro di varietà dello stesso nome, esistito in Berlino e dove si era esibita Lia Origoni. Lo storico olocaustico, direttore di un museo della Shoah, che si annuncia cone una sorta di Tribunale dell’Inquisizione, non vedeva l’ora di poter annunciare – in occasione dell”apertura della mostra al Vittoriano – che anche la Scala di Milano si era macchiata di «leso Olocausto». Avendo la giovanilissima e lucidissima novantenne Lia Origoni
prontamente reagito alla bufala, come se ne esce in direttore della mostra? Questo Tizio pubblica il primo marzo sul “Corriere di Sion”, una specie di smentita che non smentisce e che è come la barzelletta che passo a narrare, per come la ricordo. Udito a Radio Mosca che a chi si fosse recato in Mosca sulla piazza Rossa, avrebbero regalato una macchina, un compagna si affretta a scrivere a chi di dovere per avere conferma della notizia data da Radio Mosca. Ed ecco il tenore della risposta: Compagno, la notizia è fondamentalmente vera. Solo che non si tratta della piazza Rossa di Mosca, ma della piazza grande di Kiev, dove però non si tratta di automobili ma di biciclette, che però vengono rubate e non regalate! Divertente? no? È questo il livello dei miei avversari. Denigrano, diffamano, ma poi non hanno neppure la deontologia di riconoscere i propri abbagli. E pensare che su questi abbagli, esercitano la loro attività di delazione fino a procurare in Germania ogni anno circa 15.000 incriminazioni per meri reati di opinione. Costoro invocano anche per l’Italia un’eguale normativa.

* Immagine di apertura:
Sisifo che trasporta il masso, 1920, nell'interpretazione di Franz von Stuck.

* * *

DIECI MODI PER TUTELARSI
DA UNA CAMPAGNA DI DIFFAMAZIONE


di Stephen M. Walt


La scorsa settimana un mio amico ha subìto attacchi ripetuti e ingiusti da parte dei media e della blogosfera in seguito ad alcuni suoi ragionamenti che sfidano il “senso comune” convenzionale. Ha quindi inviato una mail ad amici e colleghi, me incluso, chiedendo consigli su come difendersi da questi attacchi.

Dato che sono personalmente oggetto di simili campagne di diffamazione, ho compilato e fatto circolare un elenco che illustra quali lezioni ho imparato a mie spese. Alcuni dei destinatari hanno ritenuto questo elenco molto utile e ho quindi deciso di riassumerlo (in dieci punti) e pubblicarlo sul web.

Se voi che mi leggete state contemplando di affrontare un argomento controverso – e spero sia così – bisogna che siate preparati qualora i vostri delatori decidessero di reagire alle vostre osservazioni in modo non razionale, con attacchi subdoli diretti alla vostra persona, fornendo versioni distorte della vostra posizione, e mettendo in discussione le vostre motivazioni.

Ecco quindi dieci suggerimenti per tutelarvi da brutte sorprese. I suggerimenti sono da ritenersi politicamente neutrali: sono pertinenti a prescindere dall’argomento trattato e da quale parte vi siate schierati.

1.
Pondera con cura una Strategia da adottare con i Media
prima di esprimerti pubblicamente.


Se sei un accademico e ti esponi in pubblico per la prima volta con questioni controverse, ricorda che con tutta probabilità sarai soggetto ad uno scrutinio mediatico di proporzioni a te ancora ignote. Diventa quindi fondamentale compilare una strategia efficace di approccio ai media prima che l’attacco venga sferrato.

Sei pronto per difendere le tue ragioni in Tv e alla radio? Esistono emittenti e giornali con cui vuoi coltivare un rapporto e altri che dovresti evitare? Sei aperto al dibattito pubblico sull’argomento in questione? E con chi sei disposto a dibattere? Hai in mente di perseguire una vera e propria campagna pubblica per fare conoscere la tua posizione (articoli, un libro, un tour di conferenze, ecc.), oppure intendi limitarti a pubblicazioni di natura accademica e lasciare che poi siano gli esperti a riprendere l’argomento da dove lo hai lasciato?

Ovviamente non esistono risposte sicure a queste domande, e le tue risposte dipenderanno in gran parte dalle tue inclinazioni e da quelle del tuo “avversario”. Ma il semplice atto del pianificare strategie per le diverse eventualità ti permetterà di non farti cogliere alla sprovvista, quando il telefono inizia a squillare e vieni preso di mira dai giornalisti noti per le loro tattiche inquisitorie.

Non esitare, in questo frangente, a cercare un consiglio professionale: ad esempio rivolgendoti all’ufficio stampa della tua università, o agli istituti di ricerca – in particolare se sei un novellino in questo gioco con gli squali. Un’ottima mossa è quella di informare preventivamente i tuoi superiori: rettori, presidi e direttori non amano certe sorprese.

2.
Hai meno controllo di quanto credi.

E’ vero che una strategia pianificata in anticipo è di una certa utilità. E’ inevitabile tuttavia che ci saranno sorprese e che ti troverai a dovere improvvisare – e dovrai improvvisare con saggezza.

A volte interverranno eventi e fatti reali a deporre in favore della tua posizione e tesi, conferendoti la necessaria misura di credibilità - come lo è stata la guerra del Libano del 2006 nel caso mio e del mio co-autore (John Mearsheimer, autore insieme a Stephen Walt del libro: La Israel Lobby e la politica estera americana - ndt). Ma in altre occasioni sarai chiamato a dover spiegare perché gli eventi non confermano la tua posizione, in quel momento. Ti può arrivare un attacco malevolo da una fonte inattesa e ti sentirai mancare il terreno sotto i piedi, oppure riceverai un appoggio inaspettato che avvalora la tua tesi.

Morale: la vita è piena di sorprese – preparati per contrastare i colpi e afferra le opportunità che si presentano.

3.
Mai perdere la calma.

Non puoi evitare che i tuoi oppositori scaglino pietre. E’ importante perciò che ti attenga sempre ai fatti, soprattutto se convalidano la tua posizione. Nel mio caso personale, molte persone che hanno attaccato me e il mio co-autore si sono rivelati involontari alleati, perché hanno perso la calma in pubblico o sulla stampa, perché si sono lanciati in disordinati attacchi ad hominem, e si sono comportati in modo palesemente meschino. Va sempre a tuo vantaggio quando gli avversari agiscono in modo incivile, perché porta quasi tutti a schierarsi dalla tua parte.

E’ ovvio che ti farà infuriare vedere i critici travisare le tue parole e sentire falsità maligne sul tuo conto trasmesse nei media. Ma il fatto che qualcuno ti stia coprendo di false accuse non significa che altri si faranno convincere da questa falsa propaganda. La maggioranza della gente è alquanto abile nel saper distinguere i fatti dalle menzogne, in particolare quando i toni diventano isterici e sopra le righe. In altre parole: più le accuse sono grottesche, più i delatori perdono credibilità. Rimani quindi su una posizione elevata – la vista è più piacevole là in alto.

4.
Non rispondere ad ogni singolo attacco.

Una campagna diffamatoria bene organizzata tenterà di seppellirti sotto una raffica a valanga di finte accuse, molte delle quali semplicemente non sono degne della tua attenzione. E’ più facile per i delatori fabbricare false accuse di quanto lo sia per te smentirle una ad una – ti esaurirai nel tentativo di controbattere ad ogni singola calunnia che ti viene indirizzata. Concentrati invece sulle risposte da dare alle critiche più intelligenti e ignora quelle più oltraggiose, liquidandole con il disprezzo che meritano.

Infine, assicurati che ogni tua risposta sia misurata e affronti solo i fatti pertinenti. Non entrare in merito ad alcuno dei colpi bassi sferrati per colpire la persona, per quanto allettante la prospettiva di restituire l’offesa.

5.
Spiega al tuo pubblico cosa sta succedendo.

Nel respingere false accuse, spiega bene ai lettori o spettatori perché i tuoi avversari ti stanno attaccando in modo subdolo. Quando sei il bersaglio di una campagna di diffamazione motivata politicamente, la gente deve sapere che i tuoi critici non sono arbitri obiettivi che offrono commenti disinteressati. Assicurati di sollevare l’interrogativo più ovvio: perché i tuoi antagonisti si servono di tattiche diffamatorie e insulti alla persona per soffocare ogni dibattito onesto e screditare i tuoi punti di vista? Perché non sono disposti ad affrontare uno scambio di idee in modo calmo e razionale? Fai sapere al pubblico che con tutta probabilità i tuoi avversari sono ben consapevoli che hai punti validi da sollevare e che molti troveranno le tue ragioni convincenti se avranno la possibilità di valutarle personalmente.

6.
Più i tuoi argomenti saranno avvincenti e le ragioni convincenti,
più pestiferi saranno gli attacchi.


Se i critici possono oppugnare la logica delle tue ragioni, lo faranno di sicuro, e lo faranno in modo efficace. Ma se anche sarai riuscito a presentare una tesi potente, che non presenti punti deboli evidenti, i tuoi avversari con tutta probabilità ti copriranno di fango: che altro possono fare quando l’evidenza parla a loro svantaggio?

Questo tipo di comportamento è in netto contrasto con le consuetudini degli ambienti accademici, dove le tesi ben costruite sono trattate con rispetto, anche da parte di coloro che non concordano. Nel mondo accademico, più sono valide le tue tesi, maggiore è la probabilità che l’approccio degli oppositori sarà equo. Ma se affronti pubblicamente argomenti delicati e controversi (come lo sono in USA il matrimonio gay o l’aborto), una tesi solida e circostanziata è destinata ad attrarre attacchi scurrili più di quanto non lo possa fare una tesi fragile che può essere facilmente contrastata. Preparati bene, quindi.

7.
Hai bisogno di alleati.

Chiunque si avventuri in un dibattito controverso, ha bisogno di alleati sia sul fronte professionale che personale. Quando iniziano le calunnie, è di grande valore avere amici e colleghi che si espongano pubblicamente in difesa della tua opera e persona. L’appoggio di amici, colleghi e famiglia è critico per mantenere alto il morale. Dovere affrontare una serie interminabile di attacchi personali e di critiche ingiuste può diventare spossante e scoraggiante, per cui è importante assicurarsi di avere degli alleati quando il gioco si fa duro. Non sto parlando di simpatizzanti acritici – anche se aiuta averne. A volte gli alleati più preziosi sono quelli che ci mettono in guardia quando rischiamo di uscire dai binari.

Aggiungo un avviso: quando ti accingi ad affrontare un gruppo di avversari potenti, non rimanere deluso se, in privato, le persone ti dicono che concordano con te e ti ammirano per il tuo coraggio, ma se poi non lo dichiarano pubblicamente. Sii realistico: anche persone fondamentalmente buone sono riluttanti ad affrontare personaggi o istituzioni potenti, specie se rischiano di pagarla cara.

8.
Quando hai torto sii disposto ad ammetterlo,
ma non adottare una posizione di difesa apologetica.


Nessuno che scrive su temi controversi e contestati è infallibile. E’ inevitabile che commetterai qualche errore lungo il percorso. Non c’è alcun male nell’ammettere uno sbaglio quando capita; al contrario, il danno arriva quando fai un errore e poi tenti di negarlo. Tuttavia, nell’ammettere l’errore è importante che la tua arringa sia assertiva e che tu non rifugga dall’affrontare i tuoi avversari a viso aperto. In breve, la migliore difesa è un attacco intelligente, anche quando stai ammettendo errori o stai offrendo rettifiche.

I seguenti link illustrano come il mio co-autore ed io abbiamo affrontato tale dilemma in merito alla nostra pubblicazione sulla “Israel Lobby”:

• http://hbpub.vo.llnwd.net/o16/video/olmk/setting_the_record_straight.pdf [un testo pdf lungo e circostanziato con riferimenti importanti – quasi un trattato; se qualcuno dei Suoi lettori lo desidera, vedrò di trovare il tempo per tradurlo, ndt]

• http://www.informaworld.com/smpp/content~content=a908660944&db=all [un testo breve che risponde alle critiche in merito a quanto scrivono Mearsheimer & Walt sul “rapporto speciale” tra Israele e USA, ndt].

• http://mearsheimer.uchicago.edu/pdfs/A0047.pdf - [un testo Pdf lungo che risponde alle critiche mosse da parte di Robert Lieberman in merito alla metodologia di ricerca e di analisi adottata dagli autori per la stesura del libro].

9.
Sfidare l’Ortodossia è una forma di “Conflitto Asimmetrico”:
Puoi Vincere se “Non Perdi”.


Quando qualcuno mette in discussione un tabù o sfida una “verità” universalmente accettata, inevitabilmente gli oppositori hanno la meglio, nel primo “round”. Cercheranno di ridurti al silenzio o di screditarti al più presto, prima che le tue vedute (per loro pericolose) possano far presa sul pubblico. Ma ciò significa che fino a quando riuscirai a rimanere presente nel dibattito, avrai vinto. Le opinioni non cambiano da un giorno all’altro, ed è difficile giudicare il grado di efficacia di una campagna intellettuale mentre è in atto. Quindi preparati a dovere affrontare alti e bassi: oggi ti sembrerà di avere la questione in pugno, e domani ti sembrerà che il cielo ti stia crollando addosso. Ma la domanda importante è: sei sempre in gioco?

Se i fatti e la logica sono dalla tua parte, la tua posizione è destinata a migliorare nel tempo. Vale anche la pena notare, che un dibattito protratto nel tempo ti permetterà di perfezionare i tuoi ragionamenti e trovare argomenti più efficaci per oppugnare le affermazioni dei tuoi oppositori. In altre parole: ritieniti impegnato in una lunga battaglia e continua a batterti.

10.
Non dimenticare di sentirti a posto con te stesso
e con la battaglia che hai deciso di combattere.


Portare avanti una battaglia in cui vieni ingiustamente preso di mira è dura, e a volte ti sentirai come il Sisifo della mitologia greca, condannato a fare rotolare il proverbiale masso eternamente in salita. Ma la cosa può anche rivelarsi incredibilmente gratificante. Riuscirai a lottare con maggiore efficacia se trovi un modo per mantenere alto lo spirito, e se non perdi mai di vista il valore della tua causa. Anche mantenere intatto il senso del humor è di grande aiuto – perché alcuni degli attacchi che subirai si riveleranno alquanto comici. Così, mentre ti avventuri ad abbattere il dragone da te prescelto, fai in modo di ricavarne anche un qualche piacere.



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