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Ciò che sorprende e lascia sconcertati è l’insistenza in cui la propaganda israeliana, supportata da politici e organi di stampa, con la quale lo stato “ebraico” di Israele accusa Ahmadinejad e con lui il popolo israeliano di volerlo cancellare dalla carta geografica in una deflagrazione nucleare che distruggere ogni cosa, anche la popolazione palestinese sopravvissuta alla pulizia etnica del 1948. Questa accusa assurda è fatta non solo ad Ahmadinejad, ma all’intero popolo iraniano, un popolo di 70 milioni di abitanti che almeno negli ultimi cento anni non ha mai fatto guerra a nessuno, ma l’ha sempre subita. E non mi si dica che il popolo iraniano è costituito da quelle frange più o meno colorate che subornate dagli USA tentano di abbattere i governi libera espressione dei loro popoli per sostituirli con regimi fantocci, la cui prima regola – scambiata con la democrazia stessa – è la dipendenza e il servilismo dagli USA stessi, sorti essi da un genocidio e da una pulizia etnica per la quale nessun tribunale ha mai chiesto conto.
L’impudenza non ha limiti. Lo stato “ebraico” di Israele, uno stato di cui non si metterà mai abbastanza in evidenza il carattere “ebraico”, ha fatto lui ciò che imputa agli altri di voler fare, secondo un principio riformato che suona ora: “fai agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Ne offre documentazione il libro, anzi il repertorio di Walid Khalidi che presenta l’elenco di tutti i villaggi palestinesi che nel 1948 la potenza sionista ha privato dei suoi legittimi abitanti, ne ha distrutto le case, ne ha cancellato il nome dalla carta goegrafica. Ha perfino divelto gli alberi che da secoli vi crescevano, gli ulivi, per sostituirli con altro tipo di forestazione.
Quanto più l’Hasbara ed i suoi agenti, annidati nella nostra compagine governativa ed in tutti i media, gridano e protestatono il sacrosanto diritto di Israele alla sua esistenza e alla sua sicurezza tanto più convincono del contrario, se appena si conoscono i fatti documentati in modo inconfutabile nel libro di Khalidi. Nessuno stato della terra o della storia può pretendere di ottenere riconoscimento e legittimità su principi di giustizia e di umanità, reclamando un diritto a scacciare altri dai loro villaggi e dalle loro case. Solo con la menzogna, l’inganno e l’occultamento della verità possono tentare di darsi una parvenza di rispettabilità con la quale pretendono da noi piena accoglienza, al punto da mettere in circolazione libri dal titolo provocatorio «Israele siamo noi». No! Per grazia di Dio. Non ci siamo mai macchiate le mani di tanto crimine.
Il libro repertorio di Khalidi è citato frequentemente da Ilan Pappe nel suo volume La pulizia etnica della Palestina, dal quale abbiamo ricavato i nomi per redigere un post di notizie per ognuno dei 500 villaggi distrutti e cancellatti dallo stato “ebraico” di Israele. Non si metterà mai abbastanza in evidenza, non lo si ripeterà mai abbastanza, che l’aggettivo “ebraico” è solo una copertura per un quanto mai criminale ed illegale conquista coloniale di una terra altrui e di una capillare operazione di genocidio che non ha eguali nella storia, almeno in quella conosciuta e documentata. Ma supera anche tutte le narrazioni letterarie e fantastiche che di altre situazioni si siano fatte di cui si è persa traccia, ad incominciare dalla scomparsa degli Etruschi, di cui sembra che i romani abbiano voluto cancellare le tracce. Succede sempre così: chi compie i peggiori misfatti, che collidono con la sua stessa coscienza, ne occulta le prove, che con pazienza tocca ad altri scovare.
Quest’opera in Palestina/Israele cominica negli anni 90 con i cosiddetti “nuovi storici”, che hanno fondamentalmente attinto a quegli archivi che non sono stati distrutti e che non erano stati utilizzati, lasciando prosperare una storiografia di regime che costituiva e costituisce l’orpello ideologico dello stato “ebraico” di Israele, un caratterere “ebraico” che è totalmente contestato dalla parte più ortodossa del giudaismo, secondo quanto abbiamo appreso dal libro di Rabkin, da noi qui recensito. Viene spacciato per padre di questi nuovi storici un Benny Morris, la cui collusione con il regime sionista viene confermata da articoli sul Corriere della Sera, dove in ultima tenta di giustificare l’assassinio di Dubai e di dare una patente di rispettabilità ai sicari del Mossad. Probabilmente, se fossimo nel XIX secolo l’operazione di occultamento del genocidio e della cancellazione dei “diritti umani” dei palestinesi sarebbe pienamente riuscita, come è stato per gli indiani d’America. Ma oggi è più difficile e malgrado il controllo pressoché assoluto dei media la verità riesce a filtrare ed a giungere presso quanti la cercano e la vogliono conoscere.
In questa opera di verità per quanto riguarda la Palestina il libro di Wälid Khalidi è fondamentale, insostituibile, insuperato. Su di esso ci baseremo, accanto a quello di Ilan Pappe, per proseguire e completare il nostro piano di studio ed editoriale, già avviato e non abbandonato, che consiste nel dedicare un singolo post, che può perfino assumere le dimensioni di un libro, ad ogni singolo villaggio distrutto e cancellato dalla carta geografica. Sarà questa la nostra memoria e respingiamo quella insulsa memoria “condivisa” che è soltanto un’imposizione, che priva ogni cittadino del libero esercizio del suo spirito critico. Una simile colossale operazione ideologica, che impegna tutto il sistema pedagogico ed educativo, offende in modo inaccettabile la nostra coscienza di uomini liberi, eredi di una tradizione che ha forgiato i principi dello stato liberale di diritto, per poi vederseli oggi totalmente ribaltati e coniugati con la più sfacciata ipocrisia, di cui principali araldi sono proprio quelli che dovrebbero essere i custodi delle nostre libertà. Dunque, non “Israele siamo noi”, ma «Gaza siamo noi!» nella misura in cui l0 scempio di giustizia ed umanità che lì sotto i nostri occhi ed in nostro nome si compie, chiamando in causa la nostra responsabilità di uomini in questa generazione.
(Post in elaborazione: prima bozza)
L’impudenza non ha limiti. Lo stato “ebraico” di Israele, uno stato di cui non si metterà mai abbastanza in evidenza il carattere “ebraico”, ha fatto lui ciò che imputa agli altri di voler fare, secondo un principio riformato che suona ora: “fai agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Ne offre documentazione il libro, anzi il repertorio di Walid Khalidi che presenta l’elenco di tutti i villaggi palestinesi che nel 1948 la potenza sionista ha privato dei suoi legittimi abitanti, ne ha distrutto le case, ne ha cancellato il nome dalla carta goegrafica. Ha perfino divelto gli alberi che da secoli vi crescevano, gli ulivi, per sostituirli con altro tipo di forestazione.
Quanto più l’Hasbara ed i suoi agenti, annidati nella nostra compagine governativa ed in tutti i media, gridano e protestatono il sacrosanto diritto di Israele alla sua esistenza e alla sua sicurezza tanto più convincono del contrario, se appena si conoscono i fatti documentati in modo inconfutabile nel libro di Khalidi. Nessuno stato della terra o della storia può pretendere di ottenere riconoscimento e legittimità su principi di giustizia e di umanità, reclamando un diritto a scacciare altri dai loro villaggi e dalle loro case. Solo con la menzogna, l’inganno e l’occultamento della verità possono tentare di darsi una parvenza di rispettabilità con la quale pretendono da noi piena accoglienza, al punto da mettere in circolazione libri dal titolo provocatorio «Israele siamo noi». No! Per grazia di Dio. Non ci siamo mai macchiate le mani di tanto crimine.
Il libro repertorio di Khalidi è citato frequentemente da Ilan Pappe nel suo volume La pulizia etnica della Palestina, dal quale abbiamo ricavato i nomi per redigere un post di notizie per ognuno dei 500 villaggi distrutti e cancellatti dallo stato “ebraico” di Israele. Non si metterà mai abbastanza in evidenza, non lo si ripeterà mai abbastanza, che l’aggettivo “ebraico” è solo una copertura per un quanto mai criminale ed illegale conquista coloniale di una terra altrui e di una capillare operazione di genocidio che non ha eguali nella storia, almeno in quella conosciuta e documentata. Ma supera anche tutte le narrazioni letterarie e fantastiche che di altre situazioni si siano fatte di cui si è persa traccia, ad incominciare dalla scomparsa degli Etruschi, di cui sembra che i romani abbiano voluto cancellare le tracce. Succede sempre così: chi compie i peggiori misfatti, che collidono con la sua stessa coscienza, ne occulta le prove, che con pazienza tocca ad altri scovare.
Quest’opera in Palestina/Israele cominica negli anni 90 con i cosiddetti “nuovi storici”, che hanno fondamentalmente attinto a quegli archivi che non sono stati distrutti e che non erano stati utilizzati, lasciando prosperare una storiografia di regime che costituiva e costituisce l’orpello ideologico dello stato “ebraico” di Israele, un caratterere “ebraico” che è totalmente contestato dalla parte più ortodossa del giudaismo, secondo quanto abbiamo appreso dal libro di Rabkin, da noi qui recensito. Viene spacciato per padre di questi nuovi storici un Benny Morris, la cui collusione con il regime sionista viene confermata da articoli sul Corriere della Sera, dove in ultima tenta di giustificare l’assassinio di Dubai e di dare una patente di rispettabilità ai sicari del Mossad. Probabilmente, se fossimo nel XIX secolo l’operazione di occultamento del genocidio e della cancellazione dei “diritti umani” dei palestinesi sarebbe pienamente riuscita, come è stato per gli indiani d’America. Ma oggi è più difficile e malgrado il controllo pressoché assoluto dei media la verità riesce a filtrare ed a giungere presso quanti la cercano e la vogliono conoscere.
In questa opera di verità per quanto riguarda la Palestina il libro di Wälid Khalidi è fondamentale, insostituibile, insuperato. Su di esso ci baseremo, accanto a quello di Ilan Pappe, per proseguire e completare il nostro piano di studio ed editoriale, già avviato e non abbandonato, che consiste nel dedicare un singolo post, che può perfino assumere le dimensioni di un libro, ad ogni singolo villaggio distrutto e cancellato dalla carta geografica. Sarà questa la nostra memoria e respingiamo quella insulsa memoria “condivisa” che è soltanto un’imposizione, che priva ogni cittadino del libero esercizio del suo spirito critico. Una simile colossale operazione ideologica, che impegna tutto il sistema pedagogico ed educativo, offende in modo inaccettabile la nostra coscienza di uomini liberi, eredi di una tradizione che ha forgiato i principi dello stato liberale di diritto, per poi vederseli oggi totalmente ribaltati e coniugati con la più sfacciata ipocrisia, di cui principali araldi sono proprio quelli che dovrebbero essere i custodi delle nostre libertà. Dunque, non “Israele siamo noi”, ma «Gaza siamo noi!» nella misura in cui l0 scempio di giustizia ed umanità che lì sotto i nostri occhi ed in nostro nome si compie, chiamando in causa la nostra responsabilità di uomini in questa generazione.
(Post in elaborazione: prima bozza)
3 commenti:
sa se è disponibile in italiano?
Purtroppo non esiste un’edizione italiana e considerata la mole di quasi 700 pagine di grande formato (A4) con parecchie foto e cartine è piuttosto difficile che vi sia un’editore in grado di sostenere l’onere finanziario o interessato a farlo, sfidando le prevedibili reazioni. Per “Civium Libertas” è in corso il progetto di importarne i dati in singoli post dedicati ciascuno ad un villaggio distrutto. Si tratta di un notevole impegno che richiede del tempo...Vi è però già qualche lettrice/collaboratrice disposta a collaborare.
Comunque credo che se il libro sia un censimento delle città e dei villaggi distrutti nel '48 dalle organizzazioni sioniste in Palestina, non debba essere di così difficile comprensione...
Bene così per il progetto di dare visibilità ad ogni singolo villaggio...
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