Vers. 1.1/23.3.10
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Tenterò di esprimere con alcuni concetti in cifra, senza essere esplicito, come in genere amo fare. Infatti, non vorrei urtare persone alla cui amicizia tengo e soprattutto non volendo mancare loro di rispetto. Tuttavia, quel che occorre dire, bisogna dirlo, per superiore rispetto alla verità. C’entra la mia persona, che senza per nulla volerlo è stata gratificata di un’intensa attenzione di stampa, che è durata pochi giorni, ma si è consolidata in ambienti che si basano sui titoli grandi dei giornali, senza poi badare molto a quale sia la verità delle cose. Anche per loro, in fondo, conta ciò che appare, e non ciò che è. Per quanto riguarda la mia fama di «negatore dell’Olocausto» ribadisco ancora una volta la mia incompetenza sulla materia, la mia estraneità, mentre invece richiamo l’attenzione sulla legislazione liberticida vigente in una dozzina di paesi europei che reprimono la libertà di pensiero, quella stessa libertà di pensiero e principio di non discriminazione che è stata curiosamente richiamata da taluni proprio per opporsi al boicottaggio accademico delle università israeliane. Ricordo en passant che proprio da Israele è partita, dal 1986 in poi, una campagna per estendere in tutta Europa una legislazione che con la libertà di pensiero ha poco a vedere, salvo ritenere che libertà di pensiero sia soltanto quella che io considero tale, valga solo per me e deve negarsi ai miei avversari ed oppositori politici e culturali.
Chi deve capire, capisca. Tornando alla divaricazione che si è creata fra la campagna di boicottaggio anche accademico delle università israeliane e una campagna per la ricostruzione delle istituzioni educative palestinesi mi sembra si possa enucleare un’ambiguità di fondo che non giova a nessuno. Si rischia di accogliere un principio di sabotaggio interno al boicottaggio. A mio modo di vedere, l’esperienza storica del sionismo non ha mai perso di vista l’obiettivo della distruzione, negazione, neutralizzazione della realtà palestinese. Trovo che sia una grande ingenuità, per non dire peggio, aspettarsi da un Netanyahu o suoi compari aiuti e sostegni per la ricostruzione delle università palestinesi distrutte. Chi non vuol capire che l’unica soluzione realistica, benché difficilissima, sia lo Stato Unico, sposa in realtà la strategia del lento genocidio di ciò che resta del popolo palestinese, il cui “processo” genocidario è in realtà iniziato ancor prima del 1948. Farsi scrupolo che “anche” docenti ebrei possano aderire alle varie campagna filopalestinesi e che perciò non bisogna urtarne la sensibilità, significa non voler capire come tutto si tiene.
La politica di demonizzazione del passato storico europeo è stata e continua ad essere funzionale ad un analogo processo di conquista neocoloniale e neoimperiale di tutto il Medio Oriente, dove Israele è la testa di ponte di una strategia che si avvale di mezzi militari ma soprattutto di coperture ideologiche e mediatiche. È da aggiungere la creazione di un clima di terrore e una sostanziale negazione capillare della libertà del pensiero, in particolare nella ricerca storica. È curiosa la posizione di chi si è opposto in questi anni alla campagna di boicottaggio accademico contro le università israeliane, complici nella politica di genocidio, in nome di un principio di libertà di pensiero e di non discriminazione che non si rispetta neppure nelle università europee, proprio su sollecitazione delle istituzioni israeliane.
Mi giunge oggi la notizia di una denuncia dell’AIPAC in quanto istituzione straniera. Ma in Italia non abbiamo forse di simili istituzioni e non possiamo rintracciare quinte colonne dappertutto? Ha senso chiedere la partecipazione delle persone che le rappresentano alle iniziative a sostegno dei palestinesi? O preoccuparsi del loro possibile consenso e della loro adesione? Non dovrebbero forse vergognarsi di avere a che fare con uno stato che ogni retta coscienza non ha difficoltà a riconoscere come criminale? Costoro aspettano un nuovo Tribunale di Norimberga alla rovescia per adeguarsi al politicamente corretto? Io credo che il fronte di sostegno alla causa palestinese debba fare innanzitutto chiarezza al suo interno, se vuole sperare di ottenere un qualche successo nel perseguimento di obiettivi che rischiano di essere fittizi e di facciata, in realtà non obiettivi ma meri diversivi, al massimo qualche trastullo per la propria buona coscienza, se non qualcosa di assai peggio.
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Tenterò di esprimere con alcuni concetti in cifra, senza essere esplicito, come in genere amo fare. Infatti, non vorrei urtare persone alla cui amicizia tengo e soprattutto non volendo mancare loro di rispetto. Tuttavia, quel che occorre dire, bisogna dirlo, per superiore rispetto alla verità. C’entra la mia persona, che senza per nulla volerlo è stata gratificata di un’intensa attenzione di stampa, che è durata pochi giorni, ma si è consolidata in ambienti che si basano sui titoli grandi dei giornali, senza poi badare molto a quale sia la verità delle cose. Anche per loro, in fondo, conta ciò che appare, e non ciò che è. Per quanto riguarda la mia fama di «negatore dell’Olocausto» ribadisco ancora una volta la mia incompetenza sulla materia, la mia estraneità, mentre invece richiamo l’attenzione sulla legislazione liberticida vigente in una dozzina di paesi europei che reprimono la libertà di pensiero, quella stessa libertà di pensiero e principio di non discriminazione che è stata curiosamente richiamata da taluni proprio per opporsi al boicottaggio accademico delle università israeliane. Ricordo en passant che proprio da Israele è partita, dal 1986 in poi, una campagna per estendere in tutta Europa una legislazione che con la libertà di pensiero ha poco a vedere, salvo ritenere che libertà di pensiero sia soltanto quella che io considero tale, valga solo per me e deve negarsi ai miei avversari ed oppositori politici e culturali.
Chi deve capire, capisca. Tornando alla divaricazione che si è creata fra la campagna di boicottaggio anche accademico delle università israeliane e una campagna per la ricostruzione delle istituzioni educative palestinesi mi sembra si possa enucleare un’ambiguità di fondo che non giova a nessuno. Si rischia di accogliere un principio di sabotaggio interno al boicottaggio. A mio modo di vedere, l’esperienza storica del sionismo non ha mai perso di vista l’obiettivo della distruzione, negazione, neutralizzazione della realtà palestinese. Trovo che sia una grande ingenuità, per non dire peggio, aspettarsi da un Netanyahu o suoi compari aiuti e sostegni per la ricostruzione delle università palestinesi distrutte. Chi non vuol capire che l’unica soluzione realistica, benché difficilissima, sia lo Stato Unico, sposa in realtà la strategia del lento genocidio di ciò che resta del popolo palestinese, il cui “processo” genocidario è in realtà iniziato ancor prima del 1948. Farsi scrupolo che “anche” docenti ebrei possano aderire alle varie campagna filopalestinesi e che perciò non bisogna urtarne la sensibilità, significa non voler capire come tutto si tiene.
La politica di demonizzazione del passato storico europeo è stata e continua ad essere funzionale ad un analogo processo di conquista neocoloniale e neoimperiale di tutto il Medio Oriente, dove Israele è la testa di ponte di una strategia che si avvale di mezzi militari ma soprattutto di coperture ideologiche e mediatiche. È da aggiungere la creazione di un clima di terrore e una sostanziale negazione capillare della libertà del pensiero, in particolare nella ricerca storica. È curiosa la posizione di chi si è opposto in questi anni alla campagna di boicottaggio accademico contro le università israeliane, complici nella politica di genocidio, in nome di un principio di libertà di pensiero e di non discriminazione che non si rispetta neppure nelle università europee, proprio su sollecitazione delle istituzioni israeliane.
Mi giunge oggi la notizia di una denuncia dell’AIPAC in quanto istituzione straniera. Ma in Italia non abbiamo forse di simili istituzioni e non possiamo rintracciare quinte colonne dappertutto? Ha senso chiedere la partecipazione delle persone che le rappresentano alle iniziative a sostegno dei palestinesi? O preoccuparsi del loro possibile consenso e della loro adesione? Non dovrebbero forse vergognarsi di avere a che fare con uno stato che ogni retta coscienza non ha difficoltà a riconoscere come criminale? Costoro aspettano un nuovo Tribunale di Norimberga alla rovescia per adeguarsi al politicamente corretto? Io credo che il fronte di sostegno alla causa palestinese debba fare innanzitutto chiarezza al suo interno, se vuole sperare di ottenere un qualche successo nel perseguimento di obiettivi che rischiano di essere fittizi e di facciata, in realtà non obiettivi ma meri diversivi, al massimo qualche trastullo per la propria buona coscienza, se non qualcosa di assai peggio.
CIVIUM LIBERTAS
* * *
Iniziative in corso,
attinte dalla rete
1. Campagna per il boicottaggio accademico e culturale di Israele. – In data 23 marzo non ho notizie di una riunione che so avrebbe dovuto farsi il 15 marzo in Torino, dove si sarebbe discusso anche in merito ad iniziative parallele. Dal link riporto la parte che interessa qui il nostro discorso:
(Segue: Post in elaborazione)
Iniziative in corso,
attinte dalla rete
1. Campagna per il boicottaggio accademico e culturale di Israele. – In data 23 marzo non ho notizie di una riunione che so avrebbe dovuto farsi il 15 marzo in Torino, dove si sarebbe discusso anche in merito ad iniziative parallele. Dal link riporto la parte che interessa qui il nostro discorso:
«3. Valutazione dell’iniziativa per il diritto allo studio e libertà accademica in Palestina promossa da alcuni docenti di Firenze e Pisa.Il termine “sabotaggio” , a proposito del “boicottaggio”, compare sopra nel testo, ma era una cosa che avevo pensato autonomamente e dunque vedo che vi è una convergenze di vedute fra me e Tradardi, forse solo su questo punto.
Si è tenuto a Firenze l’11 dicembre 2009 una riunione promossa da Un ponte per … con alcuni docenti universitari. Non avendo potuto partecipare all’incontro abbiamo inviato un promemoria (all. 2) che non sembra sia stato preso in alcuna considerazione. Sulla base di una nota del prof. Danilo Zolo (all. 3), “eliminare il termine “boicottaggio” ed usarne uno meno aggressivo; il termine “boicottaggio” è destinato a stimolare un rifiuto di adesione al nostro appello da parte di un gran numero di docenti, pronti a esaltare il valore della libertà di insegnamento e di pensiero”, è stata predisposto dal gruppo di Firenze e di Pisa un documento: “Diritto allo studio e libertà accademica in Palestina Lettera aperta ai docenti universitari italiani sulla discriminazione universitaria e culturale del popolo palestinese”, (all. 4).
Sul documento si è svolto tra quanti ne hanno seguito la genesi un vivacissimo dibattito del quale renderemo appena possibile conto.
In sintesi si è passati attraverso gli step seguenti:Un caso di “orientalismo”, direbbe Edward Said.
- step 1 Campagna di boicottaggio accademico e culturale di Israele.
- step 2 Campagna di sospensione della relazioni con istituzioni accademiche israeliane.
- step 3 Campagna per il diritto allo studio e (alla, nda?) libertà accademica in Palestina.
Personalmente ho espresso critiche assai dure (all.5).
Lanciare una seconda iniziativa, senza tenere in alcun conto quella di ISM-Italia, o senza discuterla a fondo con gli/le stessi/e promotori/trici, è un vero e proprio atto di sabotaggio, un tentativo di creare confusione e di depotenziare la campagna italiana per il boicottaggio accademico e culturale di Israele, nelle migliori tradizioni di Action for Peace/ECCP, come documentato per altri casi nel samizdat “boicottare Israele: una pratica non violenta”.
Ci sono persone che vorrebbero aderire alle due iniziative, cosa non solo che personalmente ha suscitato qualche perplessità.Alfredo Tradardi
ISM-Italia
Torino, 14 marzo 2010.»
(Segue: Post in elaborazione)
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