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Le vicende delle elezioni regionali, riprese dalla stampa con grande rilievo, hanno dato modo al nostro collaboratore Teodoro Klitsche de la Grange d’intervenire più volte. Ora l’avv. Klitsche de la Grange ci manda i due ricorsi dallo stesso presentati al T.A.R. del Lazio per le liste del Partito Liberale, del Movimento sociale - Fiamma Tricolore. Ne pubblichiamo, di seguito, una parte perché ci sembra particolarmente significativa di come possa “legalmente” essere distorto il rapporto tra corpo elettorale e rappresentanza istituzionale.
Violazione e falsa applicazione dell'art.44 e 45 Statuto Regione Lazio (L.s. Regione Lazio 11/11/2004, n.1); incompetenza e violazione di legge
1.0 In materia di durata in carica degli organi politici regionali lo Statuto del Lazio all'art. 45, co. 4 dispone che
A contrario, l'alternativa sarebbe quella di interpretare la congiunzione “ovvero” nel senso di “o indifferentemente”, il che striderebbe assai con i principi dell'ordinamento e con la stessa logica, giacché il Presidente si troverebbe a guidare la Giunta anche in caso di sua morte o impedimento permanente (il che è impossibile), rimozione o decadenza (il che è altamente inopportuno). Esclusa la “reggenza” del Vicepresidente in caso di dimissioni volontarie, ipotesi in cui al contrario lo Statuto, come si è visto, prescrive la prorogatio dei poteri presidenziali limitatamente a quelli, monocratici o collegiali, da esercitare in seno alla Giunta regionale o quale componente della Giunta regionale (l'art. 45, co. 6 dello Statuto è infatti inserito nell'art. 45 intitolato “composizione e durata in carica”, a sua volta inserito nel Capo III dedicato alla Giunta Regionale e non nel Capo II dedicato al Presidente), lo Statuto disciplina le funzioni vicarie del Vicepresidente nell'art. 45.2, che recita
1.1 Viceversa, sempre in caso di dimissioni volontarie, non si ritiene ammissibile che il Vicepresidente dimissionario possa sostituire automaticamente il Presidente, anche se munito di delega di questi, per il compimento di tutti gli atti presidenziali monocratici elencati nell'art. 41, intitolato “Funzioni”, ed inserito nel Capo II dedicato al “Presidente della Regione”. Difatti l'art. 41, unitamente agli art. 19, co. 1, 40, c. 1 e 43 dello Statuto concorre a delineare la forma di governo laziale come forma “presidenziale” o “semi-presidenziale”, dal momento che all'elezione popolare diretta del Presidente e del Consiglio regionale si aggiunge il potere di sfiducia dell'assemblea nei confronti di Presidente e Giunta. Ne deriva che la provvista funzionale che lo Statuto assegna al cosiddetto governatore della regione è strettamente riconnessa al ruolo di capo dell'esecutivo regionale legittimato direttamente dal corpo elettorale, e difficilmente è ammissibile che il Presidente della Regione possa essere sostituito o farsi sostituire in caso di assenza o impedimento temporaneo nella firma di atti monocratici rientranti nell'elenco di cui all'art. 41. Peraltro detto articolo non contiene un elenco tassativo degli atti presidenziali, posto che il co. 10 prevede un rinvio ad ulteriori funzioni previste nella Costituzione, nello Statuto o nelle leggi. Tra dette leggi rientra senza dubbio l'art. 5 della legge regionale 2 del 2005, che espressamente prevede che il decreto di indizione delle elezioni regionali sia sottoscritto dal Presidente della Regione. Orbene anche un approccio sistematico dell'ordinamento milita in favore della tesi secondo cui generalmente il potere di indizione delle elezioni e di fissazione della data delle elezioni stesse (art.87 Cost. Concernente l'indizione delle elezioni delle Camere da parte del Presidente della Repubblica) - lasciando da parte la questione della riconducibilità agli atti presidenziali sostanzialmente propri o sostanzialmente governativi o sostanzialmente complessi legata all'istituto della controfirma anche perché, diversamente dal livello statale, a livello regionale il Presidente della Regione assomma in sé la figura di organo di rappresentanza legale dell'ente e di garanzia con quella di vertice dell'esecutivo - è difficilmente delegabile o suscettibile di essere esercitato da organi con funzioni vicarie se non si è in presenza di un gravissimo impedimento del titolare della funzione. I certificati medici di stress psico-fisico prodotti dal Presidente Marrazzo prima e/o dopo le sue dimissioni non costituiscono certo un impedimento permanente irrimediabile quale quello richiesto dallo Statuto regionale perché operi la cosiddetta “reggenza”. Occorrerebbe una vera e propria incapacità di intendere e volere, quale quella che avvenne durante il mandato del Presidente della Repubblica Segni, o nella Regione Lazio, all'assessore alla cultura on.le Cutolo.
1.2 Per i motivi detti sopra tanto una delega amministrativa del Presidente al Vicepresidente per l'esercizio delle funzioni presidenziali di cui all'art. 41 rilasciata prima o dopo le dimissioni volontarie del Presidente, quanto il mero esercizio di fatto delle funzioni presidenziali da parte del Vicepresidente per assenza o impedimento temporaneo del Presidente di fatto cozzerebbero contro l'art. 45, co. 2 e 6 dello Statuto. Per detti motivi il Decreto Presidenziale di indizione delle elezioni regionale nel Lazio n. 17 del 26 gennaio 2010, firmato da Esterino Montino in qualità di Vicepresidente, non poteva essere validamente deciso e firmato da Montino, spettando la firma al Presidente Marrazzo. A maggior ragione se si evidenzia che - come ha accertato il T.A.R del Lazio pochi giorni orsono - dette elezioni si qualificano come “anticipate” alla luce dell'avvenuto scioglimento anticipato del Consiglio Regionale - il Vicepresidente Montino (“funzionario di fatto” nel caso di specie) le ha fissate per una data successiva al termine perentorio previsto dalla legge. Ammesso e non concesso dunque che Montino potesse firmare al posto di Marrazzo il decreto che ha indetto le elezioni, certamente Montino non poteva fissarle in una data contraria a quella prevista dalla legislazione vigente. Pertanto i due profili di illegittimità del decreto Montino, quello dell'incompetenza (relativa) dell'organo che l'ha firmato (il Vicepresidente della Giunta regionale) e quello della violazione delle norme legislative sul termine perentorio per elezioni regionali anticipate, insieme si rafforzano e portano al risultato dell'annullamento dell'intero procedimento elettorale nel Lazio.
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Le vicende delle elezioni regionali, riprese dalla stampa con grande rilievo, hanno dato modo al nostro collaboratore Teodoro Klitsche de la Grange d’intervenire più volte. Ora l’avv. Klitsche de la Grange ci manda i due ricorsi dallo stesso presentati al T.A.R. del Lazio per le liste del Partito Liberale, del Movimento sociale - Fiamma Tricolore. Ne pubblichiamo, di seguito, una parte perché ci sembra particolarmente significativa di come possa “legalmente” essere distorto il rapporto tra corpo elettorale e rappresentanza istituzionale.
CIVIUM LIBERTAS
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MOTIVO I
Violazione e falsa applicazione dell'art.44 e 45 Statuto Regione Lazio (L.s. Regione Lazio 11/11/2004, n.1); incompetenza e violazione di legge
1.0 In materia di durata in carica degli organi politici regionali lo Statuto del Lazio all'art. 45, co. 4 dispone che
“il Presidente della regione e la Giunta durano in carica fino alla proclamazione del Presidente della Regione neoeletto”.Pertanto il principio generale, confermato dall'art. 45, co. 6 dello Statuto, è quello della prorogatio dei poteri, peraltro esteso dall'art. 28, co. 1 dello Statuto anche ai Consiglieri Regionali. Con riguardo al caso specifico, il Consiglio regionale è stato sciolto con decreto del Presidente del Consiglio regionale Astorre del 28 ottobre 2009 sulla base espressamente citata nel decreto stesso delle intervenute dimissioni volontarie del Presidente Marrazzo ai sensi dell'art. 44, co. 1 dello Statuto. Da questo momento in poi sono dimissionari tanto il Consiglio quanto il Presidente quanto la Giunta, compreso il Vicepresidente, giusto l'art. 44, co.1 dello Statuto. In caso di dimissioni volontarie non opera la cosiddetta “reggenza” del Vicepresidente di cui all'art. 45, c. 6 dello Statuto. E' il caso di riportare il testo dell'art. 45, co. 6 dello Statuto:
“La giunta dimissionaria ai sensi dell'art.19, co. 4, dell'art. 43, co. 2, dell'art. 44, co.1 , resta in carica, presieduta dal Presidente della Regione, ovvero dal Vicepresidente nei casi di rimozione, decadenza, impedimento permanente e morte del Presidente, limitatamente all'ordinaria amministrazione, fino alla proclamazione del Presidente della Regione neoeletto”.Se si dà alla congiunzione “ovvero” il giusto valore, appare di tutta evidenza che detta reggenza opera solo nei casi tassativamente ivi indicati: morte, impedimento permanente, rimozione o decadenza del Presidente. Invece in caso di dimissioni volontarie, che pure da luogo insieme ai quattro casi su citati allo scioglimento anticipato del Consiglio ai sensi dell'art. 44, co. 1 dello Statuto richiamato nell'art. 45, co. 6 dello Statuto, la Presidenza della Giunta dimissionaria continua a spettare al Presidente dimessosi volontariamente. La ratio della disposizione appare chiara; in caso di interruzione traumatica per eventi esterni che portino al decesso del Presidente o minino gravemente la salute o la libertà del Presidente (immaginiamo che il Presidente diventi incapace di intendere e volere o sia stato sequestrato da terroristi) o che ne determinino la rimozione o decadenza risulterebbe assai inopportuno o impossibile che il Presidente continui a presiedere la Giunta. Viceversa nel caso in cui è lo stesso che ha datao volontariamente le dimissioni si ritiene che sia fisiologico che porti a termini il mandato, seppure con poteri di Giunta “dimezzati” limitati all'ordinaria amministrazione ai sensi dello stesso art. 45, co. 6 dello Statuto. A rafforzare detta interpretazione va sottolineata l'assenza della virgola dopo “Vicepresidente”, assenza che lega saldamente la “reggenza” esclusiva del Vicepresidente - con conseguentemente perdita delle funzioni presidenziali in capo al Presidente - ai soli quattro casi ivi espressamente riportati di scioglimento anticipato del Consiglio regionale (morte, decadenza, impedimento permanente e rimozione del Presidente).
A contrario, l'alternativa sarebbe quella di interpretare la congiunzione “ovvero” nel senso di “o indifferentemente”, il che striderebbe assai con i principi dell'ordinamento e con la stessa logica, giacché il Presidente si troverebbe a guidare la Giunta anche in caso di sua morte o impedimento permanente (il che è impossibile), rimozione o decadenza (il che è altamente inopportuno). Esclusa la “reggenza” del Vicepresidente in caso di dimissioni volontarie, ipotesi in cui al contrario lo Statuto, come si è visto, prescrive la prorogatio dei poteri presidenziali limitatamente a quelli, monocratici o collegiali, da esercitare in seno alla Giunta regionale o quale componente della Giunta regionale (l'art. 45, co. 6 dello Statuto è infatti inserito nell'art. 45 intitolato “composizione e durata in carica”, a sua volta inserito nel Capo III dedicato alla Giunta Regionale e non nel Capo II dedicato al Presidente), lo Statuto disciplina le funzioni vicarie del Vicepresidente nell'art. 45.2, che recita
“il Vicepresidente sostituisce il Presidente in caso di assenza o impedimento temporaneo”.Detta disposizione è inserita all'interno dell'art. 45, articolo e Capo III intitolati come detto sopra. Pare evidente che in caso di dimissioni volontarie del Presidente le funzioni vicarie del Vicepresidente, anch'egli automaticamente dimissionario, operino solo per attività da espletarsi in seno alla Giunta regionale, ed attengono al potere di convocare e presiedere l'organo collegiale, disciplinandone i lavori, al posto del Presidente assente o indisposto. Appare peraltro decisivo che mentre l'art. 44, co. 1, enumera cinque casi di cessazione della carica del Presidente della Regione, l'art. 45, co. 6, ne enumera solo quattro per le funzioni di di “reggenza” del Vicepresidente, e il mancante è proprio il caso delle dimissioni volontarie, quello cioè che ha originato lo scioglimento del Consiglio e le elezioni.
1.1 Viceversa, sempre in caso di dimissioni volontarie, non si ritiene ammissibile che il Vicepresidente dimissionario possa sostituire automaticamente il Presidente, anche se munito di delega di questi, per il compimento di tutti gli atti presidenziali monocratici elencati nell'art. 41, intitolato “Funzioni”, ed inserito nel Capo II dedicato al “Presidente della Regione”. Difatti l'art. 41, unitamente agli art. 19, co. 1, 40, c. 1 e 43 dello Statuto concorre a delineare la forma di governo laziale come forma “presidenziale” o “semi-presidenziale”, dal momento che all'elezione popolare diretta del Presidente e del Consiglio regionale si aggiunge il potere di sfiducia dell'assemblea nei confronti di Presidente e Giunta. Ne deriva che la provvista funzionale che lo Statuto assegna al cosiddetto governatore della regione è strettamente riconnessa al ruolo di capo dell'esecutivo regionale legittimato direttamente dal corpo elettorale, e difficilmente è ammissibile che il Presidente della Regione possa essere sostituito o farsi sostituire in caso di assenza o impedimento temporaneo nella firma di atti monocratici rientranti nell'elenco di cui all'art. 41. Peraltro detto articolo non contiene un elenco tassativo degli atti presidenziali, posto che il co. 10 prevede un rinvio ad ulteriori funzioni previste nella Costituzione, nello Statuto o nelle leggi. Tra dette leggi rientra senza dubbio l'art. 5 della legge regionale 2 del 2005, che espressamente prevede che il decreto di indizione delle elezioni regionali sia sottoscritto dal Presidente della Regione. Orbene anche un approccio sistematico dell'ordinamento milita in favore della tesi secondo cui generalmente il potere di indizione delle elezioni e di fissazione della data delle elezioni stesse (art.87 Cost. Concernente l'indizione delle elezioni delle Camere da parte del Presidente della Repubblica) - lasciando da parte la questione della riconducibilità agli atti presidenziali sostanzialmente propri o sostanzialmente governativi o sostanzialmente complessi legata all'istituto della controfirma anche perché, diversamente dal livello statale, a livello regionale il Presidente della Regione assomma in sé la figura di organo di rappresentanza legale dell'ente e di garanzia con quella di vertice dell'esecutivo - è difficilmente delegabile o suscettibile di essere esercitato da organi con funzioni vicarie se non si è in presenza di un gravissimo impedimento del titolare della funzione. I certificati medici di stress psico-fisico prodotti dal Presidente Marrazzo prima e/o dopo le sue dimissioni non costituiscono certo un impedimento permanente irrimediabile quale quello richiesto dallo Statuto regionale perché operi la cosiddetta “reggenza”. Occorrerebbe una vera e propria incapacità di intendere e volere, quale quella che avvenne durante il mandato del Presidente della Repubblica Segni, o nella Regione Lazio, all'assessore alla cultura on.le Cutolo.
1.2 Per i motivi detti sopra tanto una delega amministrativa del Presidente al Vicepresidente per l'esercizio delle funzioni presidenziali di cui all'art. 41 rilasciata prima o dopo le dimissioni volontarie del Presidente, quanto il mero esercizio di fatto delle funzioni presidenziali da parte del Vicepresidente per assenza o impedimento temporaneo del Presidente di fatto cozzerebbero contro l'art. 45, co. 2 e 6 dello Statuto. Per detti motivi il Decreto Presidenziale di indizione delle elezioni regionale nel Lazio n. 17 del 26 gennaio 2010, firmato da Esterino Montino in qualità di Vicepresidente, non poteva essere validamente deciso e firmato da Montino, spettando la firma al Presidente Marrazzo. A maggior ragione se si evidenzia che - come ha accertato il T.A.R del Lazio pochi giorni orsono - dette elezioni si qualificano come “anticipate” alla luce dell'avvenuto scioglimento anticipato del Consiglio Regionale - il Vicepresidente Montino (“funzionario di fatto” nel caso di specie) le ha fissate per una data successiva al termine perentorio previsto dalla legge. Ammesso e non concesso dunque che Montino potesse firmare al posto di Marrazzo il decreto che ha indetto le elezioni, certamente Montino non poteva fissarle in una data contraria a quella prevista dalla legislazione vigente. Pertanto i due profili di illegittimità del decreto Montino, quello dell'incompetenza (relativa) dell'organo che l'ha firmato (il Vicepresidente della Giunta regionale) e quello della violazione delle norme legislative sul termine perentorio per elezioni regionali anticipate, insieme si rafforzano e portano al risultato dell'annullamento dell'intero procedimento elettorale nel Lazio.
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