lunedì 13 ottobre 2008

La guerra giudaico-cristiana dei nostri giorni

Vers. 2.0 / 23.6.09
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Con il Tribunale di Norimberga la guerra ha assunto nuovi caratteri. Non la si è umanizzata come si voleva dare ad intendere ma la si è resa più intensa, facendola penetrare nel profondo delle coscienze. In pratica, non vi è più guerra che non si concluda altro che con un processo dove il nemico vinto è ipso facto condannato come un criminale. I trattati di pace sono ormai un lontano ricordo di epoche remote, dove davvero la guerra era più umana e il nemico (hostis) di ieri poteva diventare un partner, un collega, un parente. Con la commistione dei concetti di “nemico” e di “criminale” la guerra non ha mai fine. Anche dopo averlo vinto, il nemico/criminale dovrà essere continuamente sorvegliato non soltanto per tutto il resto della sua vita, ma anche nella sua progenie. Le istituzioni educative sono perennemente allertate. I programmi scolastici dovranno ben vigilare che gli alunni ancora in erba assumano un determinato imprinting ideologico e non escano mai dai retti sentieri del pensare e dell’agire. Il pensiero critico e consapevole è bandito per sempre dalle scuole e dalle università ed ogni pretesa di libertà di pensiero e di ricerca è guardata con sospetto. La chiesa cattolica, o meglio il Vaticano, si è uniformata a quella identità forgiata sulla vicenda Auschwitz - beninteso interpretata in un ben determinato modo – che secondo lo storico Tony Judt deve costituire l’identità europea dal 1945 in poi. Non devo spendere parole per spiegare chi ha tratto e trae concreti vantaggi politici, materiali e culturali da quella che è una vera e propria ideologia di regime imposta con la forza delle armi e vigilata da trattati di alleanza che in altri tempi si sarebbero chiamati trattati di soggezione. Il diavolo però ci mette spesso la coda. Si è preteso che nella costituzione europea che non sarà, se mai sarà, vi fosse una tutela concordataria implicita nella menzione delle radici “giudaico-cristiane”. Orbene, non è chi non sappia che i termini “giudaico” e “cristiano” sono storicamente inconciliabili e perfino contradditori-conflittuali. Sta a dimostrarlo la storia di duemila anni dell’era cristiana. Perfino la conta degli anni divide i cristiani dagli ebrei: per gli uni siamo all’anno 2008, per gli altri all’anno 5769. Con autentiche capriole che sono un insulto all’intelligenza di chi segue gli eventi si dà ad intendere che pace è fatta fra ebrei e cristiani e che quel che è stato è stato. Magari se ne dà la colpa ad un terzo che neppure può rispondere. La conventio ad escludendum si traduce però in un grave pericolo per la libertà di ognuno. Le colpe del passato ed il dissenso nel presente li si caricano addosso a fantomatici fantasmi del passato che si reincarnano in ignari cittadini fuori dagli schemi e dai gruppi di regime o estranee alle logiche lobbistiche. Da che mondo e mondo è assai facile prendersela con chi non si può difendere e non può rispondere. La logica delle cose è però più forte degli interessi del momento. Assistiamo perciò continuamente a frizioni e scontri fra l’universo mentale giudaico e quello cristiano: l’ebreo ritiene inammissibile la pretesa di Verità del cristiano ed il cristiano non può accettare la negazione della Verità da parte dell’ebreo. Vi può essere magari una temporanea allenza contro un terzo: l’islamico, il laico, l’illuminista, il relativista, tutto il resto del mondo che si ribella al potere dei monoteismi dogmatici ed illiberali. Noi siamo dalla parte del diavolo e seguiremo in questo post le notizie sui conflitti fra giudei e cristiani che i giornali riportano ma che richiedono una interpretazione storico-filosofica, in genere estranea al bagaglio culturale di un giornalista.

Versione 2.6
Status: 29.12.08
Sommario: 1. Il discorso del rabbino capo: rivendicazione della diversità ebraica. – 2. Il nuovo processo a papa Formoso. – 3. Le obezioni di Furio Colombo. – 4. Escon libri in Germania su Pio XII. – 5. Il libro di Curzio Nitoglia su “giudaismo rabbinico” e “giudeoamericanismo” nell’ora presente: questioni terminologiche. – 6. Foxman: il colmo dell’impudenza. – 7. Continua la campagna di stampa contro Pio XII. – 8. Il Museo dell’Orrore. – 9. Benedetto con la svastica di Kadima. – 10. Follie di guerra. – 11. Una tesi inedita. – 12. Parla il rabbino Di Segni: Benedetto apra bene le orecchie! – 13. Bibliografia sulla questione. – 14. L’improntitudine scende in campo. – 15. Il “dono di dio”. – 16. “Fanatismo”, “sentimentalismo”, “discriminazione” nel discorso di Benedetto XVI. – 17. Si affilano le armi. – 18. Follie. – 19. Sergio Romano interviene sul tema. – 2o. Il dialogo impossibile e suicida. – 21. Cronache ingraiane. – 22. Caino “fratello maggiore”. – 23. Abituali falsari. – 24. Sei un infame, “bellezza”! – 25. Un Tizio di nome Dario Bazec. – 26. La guerra contro il Vescovo. –

1. Il discorso del rabbino capo: rivendicazione della diversità ebraica. – Il link immette in un documento portato a mia conoscenza da un lettore. Non ho mai letto prima di oggi il discorso di un rabbino. Di educazione cattolica non mi è mai capitato di dover entrare in una sinagoga per seguirne i riti, mentre da cattolico non ho potuto sottrarmi ad un buon numero di messe domenicali e riti religiosi cattolici. Ragion per cui siamo tutti mediamente istruiti in cattolicesimo, anche quando non siamo praticanti. L’ebraismo però mi è fondamentalmente ignoto ed estraneo. O meglio si limita a quella conoscenza che è il Vecchio Testamento, per gli ebrei unico e non integrato dal Nuovo. Una visione quanto mai sconfortante ed estraniante, anche se l’evoluzione interpretativa dei testi stempera la crudezza letterale di molti episodi sacri dei testi bibici.

Solo alcuni passaggi del discorso di Riccardo Di Segni possono interessarmi in quanto non ebreo e culturalmente assai distante dalla sensibilità e religiosità ebraica. Intanto vi è un tono militante che avrebbe poco da invidiare ai toni che Magdi ora Cristiano Allam attribuisce ai discorsi degli imam nelle moschee o centri islamici, da me egualmente distanti e infrequentati come le sinagoghe. Da pagano sopravvissuto mi riescono difficili i culti monoteistici, per i quali tutti gli altri dèi sono falsi e bugiardi, ovvero come dicono gli ebrei tutti gli altri sono idoli ed i loro fedeli idolatri. Sarà! Ancora si parla di «rabbini in tutto il mondo». Mi chiedo quanti siano e quali discorsi facciano: se si riferiscono al testo biblico o trattano temi di politica estera ed interna contemporanea che possano interessarmi in quanto cittadino non ebreo. Segue poi un accenno al tema dell’«assimilazione», che mi è invece noto per alcune letture. Di Segni fissa però un termine temporale: il problema dell’assimilazione si pone da «almeno 150 anni», cioè 2008 – 150 = 1858. Probabilmente si allude alla situazione seguita alla rivoluzione francese ed alla sequenza di costituzioni europee che venivano a concedere agli ebrei pieno diritto di cittadinanza all’interno del singolo stato. E qui mi sento di aprire una digressione che mi aiuta a riflettere e spero sia di una qualche utilità all’eventuale lettore che dovesse qui giungere dal ciberspazio.

Spero vivamente di poter presto leggere in un’edizione accessibile il libro di Shlomo Sand che continua a suscitare tanto scalpore. Egli dice che il “popolo” ebraico è una mera invenzione fabbricata appunto circa 150 anni fa. Evidentemente come reazione al pericolo dell’«assimilazione» paventata ancora oggi dal rabbino di Roma Riccardo Di Segni. Con l’«assimilazione», o meglio con le nuove possibilità che il conferimento della cittadinanza si aprivano ad ogni ebreo, questi poteva partecipare alla vita politica e civile del singolo stato costruendosi una sua identità politica (= necessariamente una e una sola) in quanto italiano, tedesco, francese, austriaco, ecc., restando se lo vuole di mera “religione” ebraica ed avendo garantita la sua libertà di fede religiosa e di culto. Negli anni Trenta ad uno dei Rosselli fu chiesto se si sentiva prima italiano e poi ebreo, la risposta fu italiano per prima cosa e poi ebreo. Nel luogo in cui ascoltai questa citazione, un centro culturale ebraico, si commentò che oggi – dopo la Shoà – questa risposta non sarebbe stata più possibile e valeva il contrario. Appunto! Ma qui incominciano i problemi.

Come la mettiamo con gli altri cittadini che ebrei non sono? Come devono essi considerare gli ebrei che vivono nel loro stato? Sono semplici concittadini di religione ebraica, al pari di quelli di fede cattolica, musulmana, valdese, di nessun credo religioso, di fedi disparate e numericamente minoritarie ma tutte eguali nel riconoscimento della loro libertà religiosa? Oppure sono membri di un altro popolo e cittadini di un altro stato (leggi: Israele) che convivono nello stesso stato e magari hanno maggiormente a cuore gli interessi politici ed economici di uno stato estero? Le interrogazioni sono piuttosto retoriche e la risposta è lasciata a chi legge. A seconda che si opti per l’una o l’altra delle risposte possibili discendono conseguenze diverse. Più avanti Di Segni accenna ad un attentato davanti alla moschea avvenuto nel 1982, dove morìun bambino. Non avevo memoria del fatto avvenuto oltre 20 anni fa, ma ora organico al sistema ebraico della Memoria. Ne ricavo che il deprecabile episodio sia connesso all’esistenza dello stato di Israele e della sua politica nei confronti dei palestinesi, i cui bambini sono morti e muoiono non in singole unità, ma a centinaia e migliaia forse milioni. Ricadiamo nei problemi posti: assimilazione nel senso detto o doppia cittadinanza e doppia fedeltà? Con annesso lobbismo nella politica interna dei singoli stati, dove la “Diaspora” riesce ad esercitare la sua influenza su singoli politici e partiti e dove perfino dispone di suoi rappresentanti in parlamento.

Sorvolo sulle considerazioni del Di Segni che attengono ai problemi interni dell’ebraismo romano, cui però mi duole vengano in materia di pensioni riconosciuti diritti di cumulo non consentiti ad altri cittadini: è privilegio bello e buono! Mi preoccupa soltanto il «processo di presa di coscienza ebraica» se ha valenza politica che in quanto concittadino italiano, che non giudica positivamente Israele e la sua politica, può e deve interessarmi. Diversamente, se così non è, auguro agli ebrei romani di crescere e prosperare nella loro fede, restando in pace con le altre presenze religiose attive nella stessa città. Il concetto di “popolo” è quanto mai ambiguo: se ha carattere politico, un popolo esiste accanto ad altri popoli e le relazioni fra popoli possono essere pacifiche, secondo la prima legge di natura hobbesiani, ma anche conflittuali. In senso politico non è ammissibile che in Italia vi sia altro popolo che il popolo italiano. Se il termine “popolo” ha invece un significato esclusivamente religioso, allora in questo momento storico il termine è quanto mai infelice e possiamo suggerire ai rabbini, nell’interesse della pace, di modificare la loro terminologia, o almeno di chiarirne il senso in modo da togliere ogni possibile ambiguità. Non mi sembra che il discorso del rabbino Riccardo Di Segni si sottragga all’ambiguità. Se è lecito chiedere ai musulmani che decidono di stabilirsi in Italia una loro piena integrazione diventando cittadini italiani in primo luogo rispettosi delle leggi civili e politiche dello stato che li accoglie, a maggior ragione la stessa cosa può e deve essere chiesta agli ebrei italiani o europei che hanno una maggiore anzianità di radicamento.

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2. Il nuovo processo a papa Formoso. – Dico subito che non ho nessuna intenzione o interesse ad entrare nel merito della vicenda storica di Pio XII. Non mi appassiona la questione se abbia fatto o non abbia fatto quanto avrebbe dovuto fare in favore degli ebrei nel periodo che sempre più voglio definire e considerare come moderna guerra civile europea, dal 1914 al 1945. Le tragedie di questo periodo sono state immani e non credo che qualcuna di esse possa essere privilegiata rispetto ad altre. L’intero periodo storico dovrebbe essere considerato in tutta la sua complessità ed interezza. La tragedia con tutti i suoi morti merita rispetto ed oblio. Ed invece ci imbattiamo tutti i giorni in celebrazioni della Memoria che sono esercizio di rancore e di vendetta, oltre che interesse speculativo per vantaggi di ogni genere. Se un’immagine efficace di decadenza dell’Europa può trarsi, questa la si trova nello squallido rapporto con il suo passato recente. Il linciaggio che sta interessando la figura di Pio XII, novello papa Formoso, fatto uscire dalla sua tomba per venire processato, dimostra come non sia stata buona politica assecondare un’identità ebraica tutta costruita su Auschwitz. Non sarebbe stata sufficiente la sola forza delle comunità ebraiche d’Europa se non vi fosse stata l’alleanza politica e culturale di quei ceti che all’indomani della caduta dei regimi tedesco, italiano, francese di Vichy si sono trovati in mano un potere loro concesso dai Liberatori. Non è difficile delineare il formarsi della nuova ideologia del dopoguerra. A questa opera di costruzione ideologica si è unita la chiesa cattolica che proprio dal fascismo è stata immensamente beneficata con la stipula dei patti lateranensi, poi passati nella costituzione repubblicana. Non per nulla Mussolini fu gratificato come «uomo della Provvidenza», un Mussolini che più tardi sarebbe stato dilaniato nelle pubbliche piazze del nuovo regime, per definizione più civile e democratico del precedente. Il Vaticano non ha però fatto i conti con la voracità dei capi del nuovo regime. Giudico positivo lo sviluppo della polemica se ciò potrà contribuire ad una nuova consapevolezza del quadro generale.

3. Le obiezioni di Furio Colombo. – Sarebbe stan ben strano che Furio Colombo non scendesse in campo. A lui si deve la legge sulla Memoria, che ogni anni impone in particolar modo a insegnanti e scolaresche la celebrazione di una memoria che non si può rifiutare, pensa sanzioni disciplinari e ostracismi di vario genere. In un paese che sulla base dei suoi valori costituzionali dovrebbe essere libero si impone una ideologia di regime. Ad essere contrario alla legge fu solamente il filosofo Lucio Colletti, allora parlamentare di Forza Italia. Aveva ben chiaro il senso illiberale della legge in sé, a prescindere di quale fosse il suo contenuto. Ed in effetti dopo la memoria di Auschwitz qualcuno si è chiesto perché non si dovesse celebrare la memoria dei morti italiani nelle Foibe. E di questo passo possiamo scommettere che tutti i giorni del calendario saranno occupati da tante memorie quanti sono i santi.

Sarebbe molto meglio se a tacere fosse non in papa, ma lo stesso Furio Colombo, che però manca di ordinario senso del pudore. Non manca occasione in cui racconta quando da bambino nella sua scuola piementose senti l’altoparlante della scuola con cui si chiamavano per nome i bambini ebrei. Da qui passa poi al 16 ottobre del 1943, dimenticando che vi era stato prima l’8 settembre con il quale il fascismo non esisteva più e non poteva fare i rastrellamenti di cui parla ampiamente. In realtà, l’impatto delle leggi razziali in Italia fu assai limitato ed i problemi del fascismo e sul fascismo sono ben altri. Ma ciò non può essere riconosciuto da chi sulla Memoria ha investito buona parte della sua carriera politica. Una piccola complicazione è che ora si tratta di prendersela con tutta la gerarchia vaticano e tutta la chiesa cattolica. Finché si tratta di ghettizzare e punire qualche isolato insegnante che mal si adatta alla celebrazione di regime è un conto, ma attaccare un papa scaduto ed un suo successore in carica e con un forte senso della continuata istituzionale è altra cosa. Di «sorprendente» in ciò vi è poco o nulla, di impudente vi è invece molto nelle “obiezioni” di Furio Colombo che consistono in fondo solamente nella sua “sorpresa”. Quanto poi a “beatificare” Pio XII o addirittura lo stesso Furio Colombo è decisione squisitamente interna al mondo cattolico ed ai suoi fedeli che veramente suona ridicola una qualsiasi ingerenza al riguardo, quasi che Furio Colombo dal suo pulpito dell’Unità debba dare il suo nulla osta. Per non parlare poi delle pretese dei “Corretti Informatori”, che si presumono essere ebrei oltre che sionisti. Chiaramente non interessa loro nulla del cattolicesimo, ma qualsiasi cosa che possa rompere qualche ingranaggio del suo funzionamente interno è per loro cosa quanto mai gradita, comprensibilmente gradita.

Il «ruolo molto grande» dell’Italia nelle persecuzioni razziali non è nei fatti, ma nella sola testa di Furio Colombo. Basta solo citare il fatto che il primo rastrellamento che viene continuamente citato è del 16 ottobre, cioè quando il fascismo non esisteva più né in diritto né in fatto. Le poche discriminazioni che gli ebrei hanno subito hanno interessato prevalentemente im mondo universitario. È poi pacifico che l’introduzione delle leggi razziali non è intrinseca al fascismo, ma ad un condizionamento di politica estera. Stava per succedere qualcosa di analogo con il famigerato progetto Mastella che nel gennaio dello scorso anni voleva introdurre ancora oggi – la storia si ripete: tragedia la prima volta, farsa la seconda – la legislazione vigente in Germania sulla negazione della Shoà, con la quale per un semplice fatto di opinione si sarebbero inflitti fino a cinque anni di carcere a chi avesse osato confutare lo stesso Furio Colombo. Se compariamo la barbarie del fascismo con quella dell’antifascismo, io non avrei dubbi nel dire dove ve ne sia di più.

Meno male che è lo stesso Furio Colombo a citare il Concordato, che fu un capitolo chiuso dal fascismo e per il quale Mussolini fu salutato come “uomo della Provvidenza”. Il 1929 fu per il fascismo molto più caratterizzante che non il 1938. I patti lateranensi passarono nella costituzione del 1948 con il voto determinante di Palmiro Togliatti. Considerata l’importanza istituzionale che la chiesa cattolica ha oggi nella vita pubblica e politica italiana si può dire che questo è un lascito del fascismo: la costituzione italiana è anche fascista. Sono comunque lieto che la retorica incloncludente e faziosa di un Furio Colombo debba misurarsi con tutta l’apparato organizzato, dottrinale e mediatico della chiesa cattolica, che su richiesta dell’Unità o di «Informazione Corretta» dovrebbe denegare in via di principio a chicchessia la beatificazione o addirittura ottenerne la scomunica. Le ideologie – e quella della Memoria è tale – entrano a volte in conflitto con se stesse e con le loro conseguenze. Siamo in uno di questi casi, dove ci si augura che alla fine si ritrovino le ragioni della libertà e della convivenza pacifica per tutti.

4. Escon libri in Germania su Pio XII. – Ciò che è assurdo in questa storia è il suo presupposto: ciò che un papa ha fatto, non ha fatto, avrebbe dovuto fare. E si scrivono libri! Ma li si scrive in quanto esiste un committente ed un interesse politico sulla faccenda. Apprendo che un ruolo svolse a suo tempo un libro di Goldhagen, criticato pare per le sue imprecisioni. Ho trovato questo libro per tre euro in una bancarella. Solo per questo lho acquistato, ma non penso di leggerlo presto. È da chiedersi: ammesso non solo che il papa avesse colpevolmente taciuto, anche se addittura avesse collaborato in senso antiebraico, cosa pensano gli eminenti spiriti di voler fare? Di disseppelirlo e processarlo? Di chiedere un risarcimento in danaro alla chiesa cattolica come è già stato fatto per l’«Olocausto»? Di far perdere la fede a tanti buoni cristiani? Di obbligare Benedetto XVI ad una solenne sconfessione del suo predecessore? Ma per cosa? Per aver taciuto? Una condanna di un papa deceduto? Il solo precedente che io sappia è quello di Papa Formoso. Un mea culpa di tutta la cristianità a beneficio dell’ebraismo? Un mea culpa che per galilei ha richiesto quattro secoli? E meno male che Galilei non era un papa! Veramente mi sembra tutto allucinante. Ed è chiaro che chi parla non ha nessuna devozione né per il papa morto né per quello vivo. Chiederò lumi a qualche dotto amico cattolico.

5. Il libro di Curzio Nitoglia su “giudaismo rabbinico” e “giudeoamericanismo” nell’ora presente: questioni terminologiche. – È ormai di largo uso l’espressione giudaico-cristiano con riferimento soprattutto alla disputa sulle radici giudaico-cristiane, la cui espressa menzione andrebbe per taluni necessariamente inserita nell’abortita costituzione europea. Se ben interpreto l’uso linguistico corrente, quanti usano questa espressione intendono che nella costituzione europea debba avere eguale riconoscimento tanto l’ebraismo quanto il cristianesimo quali radici culturale dell’Europa. Non entro qui nel merito del carattere normativo e prescrittivo di una simile menzione in un testo costituzionale né sul giudizio positivo o negativo di una simile connotazione né sulla presenza di ben altre molteplici e diverse connotazione del passato ultramillenario dell’Occidente europeo né sulle nozioni stesse di Europa e di Occidente. Se l’accezione linguistica da me colta è corretta, allora in molti intendono che fra ebraismo e cristianesimo non vi sia contraddizione e conflitto, o meglio che un simile conflitto è ormai superato, magari sulla base della teoria del “fratello maggiore”, che sarebbe il giudaismo rispetto al cristianesimo. Sarà pure: non è affar mio di laico impenitente e di pagano sopravvissuto ai millenni di sradicamento, anche violento, delle antiche religioni greco-romane. Ma mi sembra che i due fratelli nel corso dei secoli se le siano date di “santa” – è proprio il caso di dirlo – ragione. Una contraddizione ulteriore è che si vuole la menzione della radici in quanto contenute nel più remoto ed incontrollabile passato, ma depurate di ogni conflittuale e corrette da una pacificazione che se vale, deve valere per il presente e il futuro, ma che certamente nel passato non esisteva. Sono questi misteri della fede che lasciamo volentieri ai credenti.

Qui invece ci soffermiamo su più rigorosi chiarimenti storico-teologici che il libro di Curzio Nitoglia ci consente. Egli avverte che: «Il termine ‘giudeo-cristianesimo’ si applica in senso stretto ai “cristiani nati ebrei, i quali ritenevano che la Legge cerimoniale dell’Antico Testamento non fosse abrogata e sono entrati così in conflitto con solo con s. Paolo ma con il cristianesimo stesso”[Vernet, 1911]» (op. cit., 19). I due termini sono qui dati come teologicamente inconciliabili. Che lo siano stati storicamente è cosa facile da verificare per chiunque abbia un minimo di cultura storica. Ontologicamente parlando, non ci sono fratelli maggiori e minori, ma il cristianesimo di cui parla Nitoglia nasce come definitivo superamento dell’ebraismo. Che poi all’interno degli insegnamenti dogmatici della chiesa si manifestino orientamenti diversi è cosa su cui non vogliamo addentrarci. Se danno luogo a contraddizioni vere o apparenti, esse fanno la gioia dei critici del cattolicesimo. Noi non prendiamo parte. Altro termine utilmente chiarito da Nitoglia è «la parola ‘giudaizzanti’ etimologicamente riguarda “i pagani convertiti al cristianesimo che imitavano i costumi ebraici (…) e ritenevano obbligatoria per salvarsi l’osservanza, totale o parziale, della Legge [cerimoniale] mosaica, di fatto furono però quasi tutti cristiani di sangue ebraico”[Vernet]» (op. cit., 19). E ci sembra che qui basi ai nostri fini, anche se leggeremo con attenzione tutto il libro di Curzio Nitoglia certi di ottenere lumi su questioni difficili per un profano. Non so se le recenti tendenze teologiche, dettate dal clima politico e dagli equilibri di forza usciti dalla seconda guerra mondiale, spingano ad una sorta di sincretismo giudaico-cristiano del nostri giorni, analogo al sincretismo che assimilò al cristianismo primitivo e al cattolicesimo molte forme pagane, oggi difficili da isolare e riportare a consapevolezza.

La nostra analisi prescinde da tutto questo. Intendiamo isolare ed evidenziare un processo politico-culturale, o politico-ideologico, o politico-religioso volto a creare nello spirito della religio holocautistica che sembra aver avuto un grande impulso per la forma delle armi vittoriose anglo-americane. Sono tutti momenti di uno stesso processo la dissoluzione politica dell’Europa, il Tribunale di Norimberga, la fondazione dello stato di israele, il conflitto mediorientale, la nuova identità europea che, secondo uno storico come Tony Judt, dovrebbe essere tutto costruita ed improntato sul mito di Auschwitz, precluso alla dissacrante ricerca storico-documentaria e protetto nel suo fondamento ideologico da pesanti normative penali nella maggior parte dei paesi europei. Si tratta di vedere se la pur potente organizzazione della chiesa cattolica si adatterà ai condizionamenti politici in atto. A noi pare di osservare frizioni crescenti fra ebraismo, sempre più esigente ed intollerante, e cattolicesimo sulla difensiva. In questo senso parliamo di moderno conflitto giudaico-cristiano.

6. Foxman: il colmo dell’impudenza. – Voglio qui ribadire che mi è quanto mai improprio il ruolo di avvocato difensore di Benedetto XVI. Sono stato fra quelli che non gradivano la visita del papa alla mia università in Roma, La Sapienza, dove ho studiato, mi sono laureato ed adesso lavoro come docente. Ho però sempre considerato come un fatto squisitamente interno alla chiesa cattolica ed ai suoi credenti i processi di beatificazione. Ricordo la delusione che diedi al mio compianto amico Alvaro d’Ors, quando omisi di assistere in piazza san Pietro alla beatificazione del fondatore dell’Opus Dei. Ritenevo che l’evento non mi riguardasse, ma non mi sognai neppure lontanamente di eccepire alcunchè sulla libertà di quanti erano ivi riuniti per la beatificazione di un nuovo santo, fatto per me assurdo. Trovo adesso molto strano che vi siano molti personaggi estraneo al mondo cattolico che si interessano ed interloquiscono su uno dei processi forse più tipici del cattolicesimo: la creazione dei santi o dei beati. È intervenuto il comunista o l’ex-cominista Furio Colombo, non so se ebrei egli stesso, con delle “obiezioni”. Interviene adesso l’ebreo Abraham Fixman, capo mondiale dell’ADL, il quale chiede e pretende che:
«Abraham Foxman, presidente della statunitense Anti-Defamation League, ha chiesto all'IJCIC di prendere una “posizione forte” con il Vaticano, perché questo acconsenta ad aprire completamente i suoi archivi dell’epoca della II guerra mondiale a studiosi indipendenti».
Perfino Mussolini e la monarchia hanno dovuto cedere e ritrarsi davanti al Vaticano, anche Togliatti ed i comunisti hanno dovuto ratificare i patti fascisti-lataranensi, ma l’ADL pretende un potere ed un’ingerenza che neppure i regimi totalitari, nazismo compreso, sono stati capaci di esercitare o hanno voluto esercitare. Il potere tuttavia si misura dalle pretese che avanza e dalla sua capacità di spuntarla. La apertura o meno degli archivi di uno stato o di un’istituzione concerne la sua sovranità o la sua autonomia privata. Non pochi Nachlass di scrittori e personaggi pubblici, morti di recente, prevedono un lasso di tempo prima di dare pubblicità a carte che spesso toccano la sfera privata di persone ancora in vita e note ai più. L’arroganza che stona e offende è che mentre vige il divieto di libertà di ricerca in tutta la materia olocaustica, camere a gas e simili, con pesanti sanzioni penali, l’ADL ha una “posizione forte” in faccende che non la riguardano minimamente e che sono prerogativa di altra istituzione religiosa, che è in questo caso è cattolica, ma per me potrebbe essere musulmana, buddista, induista, ecc. Spero che tanta arroganza trovi adeguata reazione da parte dei tanti bacchettoni cattolici che un giorno vanno a baciare la pantofole e l’anello in Vaticano, il giorno dopo si mettono in testa il coppolino alla Sinagoga. L’opportunismo servile dei nostri politici è una diretta discendenza di quella “cupidigia di servilismo” che Vittorio Emanuele Orlando aveva riconosciuto come principale connotato morale della nuova classe politica, nata dalla disfatta, dalla guerra civile, dalla Liberazione.

7. La campagna di stampa contro Pio XII continua. – Sembra affiorino dal testo considerazioni attinenti alla ragion di Stato. Un papa non è solo un capo religioso, ma anche e forse soprattutto un capo di stato che come ogni capo di stato si attiene alla ragion di stato. Israele fa molto, ma molto di peggio. L’articolo non contiene elementi nuovi della polemica, ma non offre neppure elementi per chiarirne il senso, la portata, le finalità. Se gli ebrei vogliono scoprire in un papa i suoi “peccati”, ne possono trovare quanti vogliono percorrendo la storia del papato. Sarebbe però più saggio che ognuno pensasse ai propri peccati più che a quelli altrui. Penso di aver capito il senso generale della campagna di stampa, ma il suo punto critico verrà fuori quando qualcuno avanzerà precise richieste. Se il tutto ha lo scopo di impedire la beatificazione, diventa piuttosto inedito che qualcuno, per giunta degli ebrei, vogliano entrare in questi meccanismi così peculiari della fede cattolica. Evidentemente, qualcuno pensa che la creazione di un santo è qualcosa di analogo ad una manovra antiraniana. Il fatto di essersi mostrati arrendevoli da parte della diplomatica vaticano non sembra pagante. Se cederanno su questo, che è così peculiarmente interno, si potranno aspettare tutti i cedimenti desiderabili. Basta alzare la voce. È un processo che inizia da lontano. Da quando si è voluta avallare la religio olocaustica.

8. Il Museo dell’Orrore. – Esiste in Gerusalemme un museo dedicato al cosiddetto Olocausto, o meglio alla “religio holocaustica”. Eravano abituati all’idea che i musei fossero luoghi di cultura, dove potersi istruire direttamente sui documenti originali giunti fino a noi: statue, macchine, testi, ecc. Il loro fine è la scienza e la produzione di cultura, una cultura libera da condizionamenti e da letture interpretativa precostituite. Il suddetto museo non è nulla del genere. È diventato una sorta di monumento ideologico che per verso è fondativo dello Stato di Israele, nato sulla Nakba, ossia su una Auschwitz ed un Olocausto rovesciati ma negati e ignorati; per l’altro è anche un atto di accusa ed un’ipoteca sull’identità europea. La vicenda della targa ivi collocata sotto la statua o l’immagine di Pio XII è riassuntivo di ciò che ho inteso qui dire. Dubito che tutti i politici italiani che hanno reso omaggio alla costruzione ideologica contenuta in un simile museo si siano resi conto di ciò. Il loro opportunismo, il loro amore del potere per il potere, li rende sordi e ciechi verso tutto ciò che non è immediatamente spendibile per il loro conseguimento del potere e per il suo mantenimento: la chiamano democrazia, ma è un mercimonio ed una forma di prostituzione intellettuale e morale. Una vera e sana democrazia per prima cosa dovrebbe sapersi liberare del suo ceto politico corrotto. Seguo con interesse il conflitto innescatosi sulla figura di Pio XII. Il mio punto di vista non è quello del cattolico osservante e meno che mai dell’ebreo olocaustico o del politico opportunista. Ho una visione generale della storia politica europea del Novecento ed in questo quadro concettuale seguo gli sviluppi della vicenda. Credo che anche i vertici della chiesa cattolica abbiano una visione di ampio respiro dei principi in gioco. Mi chiedo quali saranno le loro scelte finali. Una loro energica presa di posizione, una orgogliosa reazione avrebbe una portata ben al di là dei loro interessi religioso-confessionali. Potrebbe aprire la porta a ben altre considerazioni e valutazioni.

La “targa della vergogna” è opportunamente riportata nel suo testo integrale da Umberto De Giovanngeli che non sfuma né attenua il conflitto fra Israele e Vaticano, un conflitto che io ritengo fecondo e salutare quanto più riesca ad approfondirsi, portando in chiaro ambiguità che si trascinano da parecchio tempo:
«Eletto nel 1939, il Papa (Pio XII) mise da parte una lettera contro l’antisemitismo e il razzismo preparata dal suo predecessore. Anche quando i resoconti sulle stragi degli ebrei raggiunsero il Vaticano, non reagì con proteste scritte o verbali. Nel 1942, non si associò alla condanna espressa dagli Alleati per l’uccisione degli ebrei. Quando vennero deportati da Roma ad Auschwitz, Pio XII non intervenne».
Dovrebbe essere la didascalia di un museo, ma sembra di più il testo di un volantino di guerra contro un nemico che si ha interesse a rendere il più odioso possibile. Abusando della cristiana e pagana pazienza, una nuova star di «Informazione Corretta», meglio definibile «Informazione Sionista» e meno bene «Informazione Ebraica» in quanto per loro fortuna non tutti gli ebrei sono identificabili con quelli raffigurati da Angelo Pezzana o Deborah Fait, tal Danielle Sussman, amica di Magdi Cristiano Allam e ricercatrice non si sa bene dove e di cosa, capita di leggere di una «odiosa» intervista «rilasciata dal postulatore della causa di beatificazione di Pio XII, padre Gumpel». Ora qui diverse considerazioni si aprono alla nostra mente. Intanto, l’uso fin troppo e sistematico da parte ebraico/sionista del concetto di “odio”. Saremmo portati a riprendere le pagine di Spinoza dove questa passione dell’anima è fortemente svalutata in questo si oppone alla potenza dell’essere, ossia a quella perfezione che l’essenza va cercando spontamente. Non si capisce al momento se l’«odio» di cui troppo si fa uso è qualcosa che gli strateghi del sionismo tentano effettivamente con tecniche provocatorie di instillare e produrre nei loro avversari per ridurne la “potenza” e la ricerca spontanea della “perfezione” o se sia invece meno consapevolmente e perfidamente premeditata una forma di paranoia degli uffici e degli agenti adibiti alla guerra ideologica di propaganda. Lasciamo sospesa la ricerca. Una curiosità è invece il poter sapere chi secondo la “ricercatrice” Danielle Sussman meriterebbe la non invidiabile palma di «massimo storico della Shoa»: qui noi ci siamo interessati di Raul Hilberg come padre di una numerosa figliolanza e di un suo critico, Jürgen Graf, che vive da esule per il solo fatto di aver osato criticare il «massimo storico della Shoa». Ma è un’altra storia, anche se il link sembra principalmente orientato a ridimensionare la portata dell’asserzione di padre Gumpel secondo cui:
«persino lo studioso ebreo Sir Martin Gilbert, massimo storico della Shoa, ha chiesto la rimozione»
della suddetta infamante “targa della vergogna”. Da aggiungere, secondo quanto riporta Tornielli, che la targa si trova in una sala del museo con una titolazione altamente scientifica e pedagoca, detta appunto “sala della vergogna”:
«L’immagine di Pio XII – continua Gumpel – è posta nella cosiddetta “Sala della vergogna”, dove si trovano i capi di Stato che non fecero nulla per gli ebrei. La didascalia che l’accompagna è un’offesa per i cattolici. Per questo mi sembra difficile se non impossibile che il Pontefice possa recarsi in Israele e visitare il museo dove un suo predecessore, sulla cui tomba nei giorni scorsi è andato a pregare, viene presentato in quel modo».
Ma non è questo per noi l’aspetto più interessante ed importante di tutta la faccenda, che resta invece per noi di natura giuridico-istituzionale. Infatti, è difficile immaginare di un benché minimo interesse per un ateo, devoto o non devoto, per un non credente nell’intricato complesso dogmatico della chiesa cattolica, un qualsiasi processo di beatificazione degli eroi della fede cattolica di cui son popolati tutti i giorni del calendario cattolico. Questa peculiarità è talmente intrinseca alla fede cattolica che il volersene ingerire da parte di estranei o esterni è come voler entrare di peso nell’intimità altrui. Mi viene da pensare ad una sorta di pena di contrappasso per il discorso tenuto da papa Ratzinger all’ONU sul diritto di ingerenza nella sovranità degli stati da parte delle maggiori potenza sulla base di principi difficili da definire. A partire dal processo di Norimberga in poi si è imposto nell’ideologia dei governi usciti dalla disfatta bellica i canoni dogmatici della “religio holocaustica”, che è diventata fondativa dello stesso stato di Israele, cui tutti i capi di stato o politici in visita sono tenuti a rendere omaggio. Per taluni non si può entrare in Israele senza omaggiare il Museo dell’Orrore. La nostra provvisoria conclusione è un interrogativo: la radice cristiana dell’Europa, che ha già estirpato la radice greco-romana, si lascerà a sua volta estirpare dalla radice giudaico-olocaustica? Questi ci sembrano i termini dello scontro reale ben al di là di una beatificazione che oggi potrà concernere Pio XII, ma domani chiunque altro non ottenga il preventivo placet della Sinagoga.

9. Benedetto con la svastica di Kadima. – Si direbbe che al momento al momento non è chiaro chi abbia più paura di consumare lo strappo: se Benedetto XVI cedendo ed accettando l’intromissione in area riservata e delicata o il governo israeliano di affrontare un testa a testa ed un braccio di ferro con il Vaticano. Di certo la Chiesa nel corso della sua storia ha usato la dogmatica per fini politici, ma in genere per rafforzare le sue posizioni, non per indebolirle. Non sono un vaticanista, ma non capisco cosa dovrebbe salvare del suo potere la Chiesa ovvero il Vaticano cedendo al fanatismo ed alla tracotanza sionista. Un segno di debolezza rischierebbe di toglierle fiducia presso i suoi fedeli. Indebolendo la sua base, verrebbe meno anche il mezzo principale con cui può influenzare i politici cattolici. Può essere che se ne esca prendendo tempo. Ha a sua disposizione i secoli. Ma viviamo anche in un’epoca in cui le informazioni sono istantanee e forse anche il Vaticano ha a che fare con una sua “opinione pubblica” che non può essere menata per il naso oltre una certa misura. Se però il Vaticano resiste e passa al contrattacco, dovranno essere riviste parecchie cose. È però preferibile scrutare gli eventi e poi analizzarli anziché lanciarsi il previsioni che possono essere smentite dai fatti.

10. Follie di guerra. – Fino adesso per chi ha seguito i media risulta evidente che vi sia stata ingerenza unicamente da parte ebraica sulla chiesa cattolica: si pretende di porre una sorta di veto alla beatificazione di Pio XII, evento tipicamente interno della chiesa cattolica. A parte le discettazioni del nuovo astro di IC si legge alla fine del link un intervento di Sergio Della Pergola, dove si sostiene che da parte cattolica si cercherebbe invece il placet ebraico alla beatificazione di Pio XII. A meno che non si tratti di un lavorio tutto segreto delle diplomazie, e sarebbe ben strano, la cosa non è quale risulta alla maggior parte degli osservatori. Eppure Della Pergona sembra essere uno scienziato, se si tratta del demografo di cui sto leggendo un recente libro.

11. Una tesi inedita. – Si ripetono sempre le stesse cose ed è inutile registrare notizie e commenti ripetitivi senza originalità o dati nuovi. Vi è però da augurarsi che l’attenzione non scemi. Alla fine potrebbe venir fuori una verità evidente come l’uovo di Colombo. In fondo, la colpa che viene fatta a Pio XII è di non aver fatto una dichiarazione pubblica contro Hitler e il nazismo in piena guerra mondiale. Forse Pio XII è immaginato come quel suo lontano predecessore che si dice abbia fermato Attila. Che Hitler, se solo lo avesse voluto, non si sarebbe fermato davanti alle mura del Vaticano, dando a Göring ogni opportunità di ampliare la sua collezione di opere d’arte, è cosa di cui nessuno dubita nell’epoca post-illuministica. Stupisce quindi questa strana pretesa alla mancanza dell’altrui elementare prudenza. Ma esiste un’altra ipotesi che ancora non ho visto enunciata da nessuna parte. Può benissimo darsi che a Pio XII non risultasse affatto quello che è poi, ma solo in seguito, divenuto il dato di partenza di ogni discorso: lo sterminio degli ebrei come fatto acclarato. In effetti, se ci fermiano ai soli 1024 ebrei romani rastrellati e deportati il 16 ottobre 1943 viene da chiedersi, in analogia con i 300 e rotti delle Fosse Ardeatine, perché mai non siano stati uccisi sul posto e all’istante. La deportazione era antieconomica e per il trasporto in sé e per il nutrimento che almeno per qualche tempo avrebbe dovuto venir somministrato. Può benissimo darsi che a Pio XII risultasse la sola permamenza in campi di concentramento, che certamente non erano Clubs Mediterrané, ma non erano in sé fabbriche di sterminio. Se le condizioni della guerra con le restrizioni e le penurie che affligevano tutti i cittadini non avessero peggiorato la vita di stenti nei campi di concentramento, questi potevano essere stati considerati da Pio XII come luoghi temporanei di detenzione, ma non luoghi di sterminio secondo la successione logica e temporale: discriminazione, persecuzione e sterminio, dove sono certamente documentabili i primi due momenti che non riguardono i soli ebrei, e dove è per lo meno dubbio il terzo momento, fondato soltanto su una verità imposta per legge e sottratta alla libera ricerca e discussione storica. Se lo sterminio è cosa assolutamente evidente ed inconfutabile, non si comprende perché mai debba essere mandata in galera gente che solleva dubbi al riguardo, basandoli peraltro su corpose argomentazioni. Sembra probabile che Pio XII non fosse stato ancora informato di una Verità che verrà costituita solo in seguito e sulla quale Israele accamperà i suoi diritti risarcitori a scapito di terzi, gli odierni palestinesi i quali forse con maggior fondamento potrebbero rimproverà alla Chiesa Cattolica il suo silenzio per la Nakba, di cui Gaza ed i campi profughi sono una conseguenza tuttora agli occhi di tutti, o meglio di quanti hanno occhi che servono per guardare. Un indizio utile alla riflessione è la notizia, che si può leggere nel link, secondo cui la Chiesa cattolica avrebbe aiutato militari e personalità dello sconfitto regime nazista ad emigrare in Sud America. Ebbene, se vi fosse stata la certezza del reato di genocidio, perché mai il Papato avrebbe dovuto compromettersi per giunta in favore di chi ormai non poteva più nuocergli?

12. Parla Di Segni: Benedetto apra bene le orecchie!. – La nostra titolazione è una conseguenza di quella del che parla di “orecchie giuste” e dovuta certamente ad Angelo Pezzana, che per la sua nota condizione di omosessuale difficilmente troverebbe ascolto in Vaticano. Da qui probabilmente l’allusione freudiana alle orecchie. Ma a parlare non è Angelo Pezzana bensì Riccardo di Segni, ossia il rabbino capo di Roma. Si dovrebbe pensare al collega ebreo di Ratzinger. Da colleghi a colleghi potrebbero perfino darsi del tu, come già fanno Riccardo Pacifici e Gianfranco Fini. Ma guardando da una posizione assai, ma proprio assai distante dall’uno e dall’altro non ci sembra che i due personaggi siano figure equiparabili per spessore e raffinatezza intellettuale. Intanto salta subito agli occhi una vistosa contraddizione. Il rabbino sembra partire dal doveroso riconoscimento della non ingerenza, ma poi si intromette mani e piedi nella vicenda della beatificazione di Pio XII, di cui è apparso da qualche parte una osservazione intelligente che ha la percezione della forma giuridico-teologico: il papa, un qualsiasi papa non crea il santo, un santo, ma semplicemente ne riconosce la santità ove essa sussista. Se appena si diffondesse la credenza che un titolo di santo sia in ambito cattolico l’equivalente della medaglietta di cavaliere che si concede se non a chiunque perlomeno a chi la desidera e ne faccia apposita richiesta, magari attraverso giusti canali. Ove ciò succedesse, non credo che produrrebbe una buona immagine del cattolicesimo in un mondo già corroso dallo scetticismo e dal relativismo in ambito religioso-confessionale. Ma sentiamolo il rabbino nelle sue testuali parole dell’intervista concessa a Giulio Meotti e pubblicata “Foglio” diretto dall’ateo ora diabolicamente diviso fra la sua “devozione” ed il suo “sionismo”:
“C’è stata troppa foga intorno a Pio XII e la concitazione dovrebbe lasciare il campo alla meditazione. Noi ebrei non dobbiamo interferire nelle decisioni della chiesa, ha le sue regole e canoni. Ma anche da un punto di vista emotivo questa vicenda ci coinvolge molto. E in un momento in cui la chiesa si apre al mondo ebraico, abbiamo diritto di far sentire le nostre ragioni”.
Delle due l’una: o non interferisci o interferisci. Hai interferito, dicendo di non voler interferire. Se non volevi interferire, dovevi continuare a tacere. Placca e beatificazione non sono concettualmente e teologicamente la stessa cosa. Mi chiedo quale scuola teologica abbia mai fatto il rabbino Di Segni. Ma evidentemnte un rabbino è una figura del tutto laica, che ragiona con i concetti pratici dell’economia e della politica molto più che non con le sofisticazioni teologiche, dove veramente ci vuole esercizio di logica a volte assai raffinata. Evidentemente la teologia ebraica non procura la stessa formazione e sofisticazione intellettuale della teologia cattolica, che è in un certo senso una scienza vera e proprio. E Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger, certamente il mestiere di teologo lo conosce. Quale ragioni? Non saranno queste ragioni, quali esse siano, a decidere se Pio XII è o non è santo ovvero se deve o non deve esser fatto santo. Nel momento in cui il rabbino fa sentire le sue ragioni opina automaticamente che Pio XII non deve esser fatto santo. Ed in tal modo pronuncia il peggiore insulto che potesse fare al complesso dogmatico del cattolicesimo, di cui evidentemente al di là degli opportunismi politici e delle contingenze storiche si continua ad avere l’antico disprezzo. Non sarei onesto se non dicessi che in quanto laico pagano sono ben lieto di un ritorno di quelle differenze che sono nelle cose e che solo per un compromesso politico a spese di terzi sono state finora nascoste. Mi auguro che queste differenze formino materia di ampio dibattito nel vasto mondo cattolico.

Spero che emerga come siano discutibili ed opinabili non solo le «responsabilità del mondo cristiano durante la Shoa», ma ogni responsabilità che si intende addossare a chiunque non sia in grado di controbattere. È curioso, ma sembra che il diavolo sia venuto a fare lui da avvocato difensore di quanti non hanno avuto neppure un avvocato di ufficio. Se nel corso della storia teologica e religiosa dell’Europa, prima felicemente pagana e poi infelicemente cristiana, vi è stato antigiudaismo non è meno vero che vi è stato anticristianesimo. Anche a voler solo considerare mitologicamente e non storicamente il racconto evangelico resta il dato essenziale, costitutivo della religione cristiana, della crocifissione dovuta non all’Impero romano, che al nuovo dio avrebbe consentito di buon grado un seggio nel popoloso pantheon pagano, ma alla Sinagoga o Sinedrio ebraico. Il rifiuto del cristianesimo da parte dell’ebraismo fu immediato fin dal primo momento del magistero di Gesù e fu suo il primo atto di ostilità. I rapporti fra giudaismo e cristianesimo furono sempre di opposizione, che nei secoli assunse forme più o meno aspre. Ma è questa la storia, una storia che adesso si cerca di addossare tutta ad un soggetto che storicamente non esiste più e non trova nessuno che possa rappresentarlo. La Verità non è né ebrea né cristiana né pagana: parla agli uomini dotati di sana ragione.

Il diavolo è meno brutto e cattivo di come lo si dipinge. È tornato a insegnarci l’uso della ragione e può ben obiettare ad un Riccardo, il quale dice:…
Il problema è molto più antico, è il fatto di come si sono poste le religioni di fronte all’Olocausto che si stava profilando. Ci fu un calcolo di opportunità. Chi è finito in camera a gas non poteva protestare…
Ma ne siamo proprio sicuri che le cose stiano così? E se le camere a gas non fossero mai esistite ed i campi di concentramento fossero semplicemente dei luoghi di detenzione, certamente non alberghi a quattro stelle? Come avrebbe potuto conoscere Pio XII un mito che è stato creato solo successivamente per fini politico-strumentali? Apriamoli pure questi archivi! Forse ne saranno contenti quei poveri disgraziati, i “negazionisti”, che marciscono in galera solo perché si ostinano a dire che no, le camere a gas, arma e forma del reato di genocidio, non sono in realtà mai esistite. E se avessero ragione?

13. Bibliografia sulla questione. – Cliccando sul link si accede ad una prima indicazione bibliografica sulla questione, casualmente trovata in rete. Altre indicazioni verranno collocate via via in questo paragrafo. Il dibattito giornalistico di questi giorni non nasce dal nulla, ma ha un suo retroterra che può essere utile e fecondo scandagliare. Non darei molto credito al rabbino Dalin, di cui al link. Ma l’annunciata apertura degli archivi fra cinque o sei anni potrebbe riservare sorprese. Io ho una mia tesi che potrebbe trovare una verifica o una smentita: che in realtà Pio XII non avesse notizia di una sterminio vero e proprio, in quanto inesistente. Noi siamo troppo abituati a confondere persecuzione e discriminazione con una sterminio vero e proprio. Dagli archivi vaticani relativo a Pio XII potrebbe venire sia una conferma che una smentita: in ogni caso un contributo alla verità che dovrebbe stare a cuore ad ognuno.

14. L’improntitudine scende in campo. – Per uno come me che sta seguendo gli sviluppi di questa faccenda senza essere o dichiararsi cattolico vi è un qualcosa di surreale difficile da definire. Se in questo dopoguerra gli ebrei di ogni latitudine si sono visti riconoscere benefici e privilegi di ogni genere non poco è dipeso dalla chiesa cattolica che ha dismesso l’antica e millenaria contrapposizione teologica materializzatesi non poche volte nella storia in pesanti forme di discriminazione e persecuzione. È da prendere sul serio il libro di Shlomo Sand quando descrive la diffusione iniziale dell’ebraismo su vaste aree geografiche. Considerando i tre monoteismi mediterranei come fra di loro in competizione è indubbio che l’ebraismo per sue proprie peculiarità interne è venuto sempre più perdendo terreno. Insomma, gli ebrei odierni dovrebbero ringraziare ed invece recriminano. Forse occorre fare uso dei concetti della psicologia sociale di massa per spiegare una situazione politicamente inaccettabile. Lo strumento materiale di cui fino ad oggi l’ebraismo si è avvalso è stata la potenza coloniale prima della Gran Bretagna e oggi degli Usa. Ma finché si trattava di usare queste armi contro i nemici sconfitti gettando loro addosso anche l’onta di gravi colpe morali o di scaricare tutto sui palestinesi e sui popoli mediorientali, ricchi di risorse petrolifere da depredare, la cosa poteva funzionare: tornava utile a tutti e in danno di regimi ormai passati e ormai inesistenti o di pochi non in grado di reagire e difendersi. Ma prendersela ora con la chiesa cattolica che attraverso i suoi parlamentari è al governo in non pochi paesi significa aver perso il senso della realtà, ovvero essere caduti in preda ad un delirio olocaustico a cui nessuna persona di sano raziocinio presta più credito del necessario. Trattare la chiesa cattolica come un cencio può far piacere agli anticattolici, anche se è un piacere piuttosto turpe, ma conduce ad un ripensamento di tutta la storiografia dal 1945 ad oggi. E potrebbe essere una cosa benefica se le cose andassero per come me li immagino. Di certo a trarne vantaggio non sarebbero gli ebrei di oggi contestatori non in casa loro, ma in casa altrui su affari altrui. Ne potrebbe venir fuori un sano e salutare ridimensionamento di una tracotanza ebraica che non sembra voler conoscere nessun limiti. L’incognità è la capacità di risposta della chiesa cattolica e la sua forza effettiva.

15. Il “dono di Dio”. – Papa Ratzinger sembra aver rotto gli indugi e raccolto la sfida. A questo punto, se davvero l’apposita commissione era autonomamente propensa a riconoscere la beatificazione di Pio XII, viene adesso ad essere condizionata a proclamare la santità anziché non farlo. La contingenza politica forse condiziona come non mai un processo di beatificazione. Non riconoscerla significherebbe averla data vinta ai protestatari, i quali crederebbero a loro volta di aver vinto e ne sarebbero certamente convinti, non credendo certo alla dogmatica cattolica ed alle sue motivazioni: prova di maggior disprezzo non avrebbero potuto fornire. Disprezzo, incultura teologica e diplomatica esprime a pieno il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che con una incredibile grossolanità inconcepibile in una persona che si dovesse concepire come l’equivalente ebraico di Benedetto XVI. Secondo quanto riprendo dai “corretti” e “giulivi” «Informatori» – che spesso non sono altrettanto “corretti filologi” – il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni all’affermazione del Papa che «Pacelli (sic!) “è stato un dono di Dio” risponderebbe «di certo non per il popolo ebraico». Intanto, i «Corretti Informatori» devono essersi dimenticati quanto loro stessi hanno pubblicato per la penna di una loro “collaboratore” di nome Giorgino Israel che ha dichiarato di dovere la sua pelle proprio a Pio XII. Evidentemente la redazione di «Informazione Corretta» non si coordina in quello che scrive. Ma poi la stessa domanda bisognerebbe farla a quanti risulta che sia stati materialmente salvati nelle chiese e nei conventi e con ogni altra forma possibile, incluse le false certificazioni di battesimo. Infine, ma non ultimo in ordine di importanza, il Rabbino Capo di Roma dovrebbe spiegarci di quale “popolo ebreo” egli parli propriamente. Io so soltanto di cittadini italiani di religione ebraico. Non ho mai saputo che in Italia oltre al popolo italiano convivesse un “popolo ebraico”. Mi chiedo adesso se Gianfranco Fini andrà ad adulare Benedetto XVI in San Pietro e l’altro il Rabbino Capo alla Sinagoga, indossando l’apposito copricapo e poi chiedendosi a porte chiuse con il suo amico Riccardo Pacifici. Hic Rhodus, hic salta!

Il “miracolo” che tutti, cattolici e non cattolici, attendiamo è il salutare “strappo” con l’arroganza ebraica che con il vittimismo e sulla base della nuova religio holocaustica pretende di soppiantare il cattolicesimo dentro le sue stesse mura. Roma appartiene religiosamente parlando al suo Vescovo o al suo Rabbino diasporico? Uno dei due dovrebbe lasciare la Sede. Quale dei due? La “leggenda diffamatoria” diffusa da oggi sovietici e comunisti, defunti da un pezzo, è invece oggi vigorosamente sostenuta da ebrei e sionisti, a meno di non voler dare a questi una patente di imbecilli in un estremo tentativo di cucitura diplomatica: dare la colpa a terzi che non possono rispondere perché assenti, defunti o in prigione. È questa la tecnica sperimentata per la fondazione della “religio holocaustica” e con essa dello Stato di Israele. Ma fratello diavolo ci ha messo ora la coda. Dunque, il vero “miracolo” sarà se dopo morto Pio XII saprà produrre quel miracolo che anche i non cattolici come me attendono. Questo brano del giornalista di “Repubblica” Marco Polito è illuminante:
In Curia è forte il partito di coloro che si dichiarano «irritati per le intromissioni» provenienti dall´ebraismo e sostengono che bisogna smettere di essere «sotto ricatto» da parte di personalità in Israele e fuori, che rimproverano continuamente alla Santa Sede il suo comportamento durante la Shoah.
Sembra che gli uomini della Curia non abbiano perso la loro antica saggezza. Potrebbero aver capito che la via del cedimento soprattutto davanti al Nemico millenario non è la migliore e la più remunerativa delle politiche possibili. Più avanti lo stesso vaticanista informa: «Resta comunque l’intento di Benedetto XVI di mantenere buone relazioni con l’ebraismo». Saggio proposito, ma il miracolo sarebbe ancora più grande se la rottura venisse tutta da parte ebraica, al punto da mettere la Santa Sede con le spalle al muro e indurla ad aprire gli archivi: per dimostrare che la Shoa, cioè il genocidio, non ha mai avuto luogo ma che si è trattato di una esecrabile e certamente condannabile discriminazione e persecuzione di una minoranza, quale vi sono state di frequente nella storia. Ma non ciò che comunemente si intende sotto “Olocausto”.

Su Tullia Zevi non credo occorra teoreticamente attardarsi più di quanto abbiamo fatto per i due Riccardi. È solo importante sottolineare che mentre Riccardo Segni è il Capo di Roma, o meglio dei 15.000 ebrei dichiarati che pensano di tenere in scacco almeno 3.000.000 romani, Tullia è invece «presidente emerito dell’Unione delle comunità ebraiche romane» che ammontano in tutta Italia a circa 40.000 e che avrebbero tutti diritto ad un passaporto per Israele solo che lo chiedessero, ammesso che molti di loro non lo abbiano già. Io qui ragiono rigorosamente da profano, da non cattolico, anche se il milieu cattolico non può essermi estraneo. Trovo ridicola e barbarica l’usanza della circoncisione, ma se è un rito religioso tipico dell’ebraismo, forse il loro massimo sacramento e la quintessenza di tutta la loro religiosità, io non mi sono mai sognato di andare ad interferire in queste loro pie usanze. Proprio dovrei diventare un matto per andarmi ad interessare di simili questione. Eppure loro entrano di massima prepotenza, come degli elefanti in una cristalleria, in un fatto davvero tutto interno al cattolicesimo. Se dovesse venire spossessato della prerogativa di dichiarare i santi, il cattolicesimo sarebbe certamente una cosa diversa da quella che abbiamo finora conosciuto. I dirigenti dell’ebraismo o devono aver perso il lume della ragione oppure il sionismo è diventato l’unica forma storica dell’ebraismo stesso.

L’ebrea Tullia pontifica ebraicamente affermando: «Ma quella croce di Cristo Pio XII almeno avrebbe potuto agitarla quando 6 milioni di ebrei venivano uccisi dai nazisti». Orbene, non sono sono un esperto di cabala e di simbologia biblica, ma per aver visto qualche film demonico ho appreso che il numero fatto di 6, cioè 666, è la rappresentazione del diavolo. Non voglio invadere il campo degli storici specializzati nel settore, ma mi sembra che il dato numerico dei sei milioni di ebrei è il più fragile e difficile da sostenere. Ma quand’anche fosse viene da chiedersi quanto mai l’ebrea Tullia tenga davvero in considerazione “quella croce di Cristo”, del Cristo evangelicamente morto per volontà degli ebrei che nè 2000 fa né oggi hanno mai creduto nella sua divinità. A meno che Tullia non sia una cristiana criptica non può attribuire a quella croce in cui chiaramente non crede un potere miracolistico che il suo Jahvè, il potente signore degli eserciti, ha trascurato di usare per proteggere il suo popolo eletto. Dunque, Pio XII poteva contare soltanto sulla sua prudenza terrena per salvare se stesso e tutti quelli che dipendevano da lui. Non si comprende perché Hitler avrebbe dovuto usare più riguardi a Pio XII di quanti ne abbiano usati Napoleone e Murat verso Pio VII, tenuto in prigione per tre anni e privato del potere temporali, dopo aver disperso i suoi cardinali. Non ho qui occasione di approfondire perché Hitler nella sua conclamata follia abbia lasciato incolume Pio XII e il papato. È probabile che l’antico “odio” giudaico verso la bestemmia cristiana sperasse ieri come oggi in una distruzione tutta terrena della Chiesa cristiana. In ogni caso, non ha nessun fondamento storico, logico e morale l’eletta uscita di Tullia Zevi. Se questo è l’ebraismo italiano, è davvero scarsa la considerazione che dobbiano averne ed è da chieder conto alla nostra classe politica del perché di tanto servilismo. Gli ebrei d’Italia in quanto cittadini italiani sono cittadini come gli altri, se osservano gli stessi doveri, ma non sono più cittadini degli altri e non hanno diritto a maggiori onori e riguardi.

Il fango qui lo si sta gettando sui vivi, non sui morti. La pazienza dei vivi ha un limite che sta per essere pericolosamente superato. Sorvolo su alcune enormi stupidaggini di Tullia Zevi che i giornali riportano. Di esse non è possibile fare analisi critica, tanto sono irritanti. È soltanto possibile esprimere una netta e sdegnata dissociazione. Passiamo invece a Danielle Sussmann, la nuova analista dei «Corretti Informatori». Che dice questa volta? Intanto dell’«unico grande e scientifico della storia» è soltanto “unica” la presunzione e arroganza. Basta che guardino in Palestina da un secolo a questa parte per vedere che il record dell’orrore e dell’iniquità è stato largamente superato. L’uomo è misura di tutte le cose – dicevano gli antichi –di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono. Di più scientifico della “pulizia etnica”, progettata concettualmente, moralmente e tecnicamente ancora prima che il nazismo andasse al potere, è difficile trovare qualcosa. Rinvio al libro di Ilàn Pappe, ma è sufficiente un panoramica su ciò che il sionismo è stato dal suo concepimento alla pratica quotidiana. Daniela che ha nel suo sangue ha del dna romeno, russo e austro-ungarico (gli consigliamo la lettura di Shomo Sand, se con con questa miscela di sangue pretende magari di essere una discendente dei dispersi del 70 d.C.), dice di non voler perdonare nessuno. Non si sa bene chi non vuol perdonare essendo per la maggior parte già morti tutti coloro che vissero gli anni della guerra civile 1917-1945, la cui tragedia interessò in parte non prevalente i cittadini europei di religione ebraica. Evidentemente allude ad un suo personale risentimento che pensa di riversare su tutto l’universo mondo. A questo punto dichiaro un legittimo dubbio su tutte le ricostruzioni storiche di parte ebraiche che non siano suffragate da una legittima ricerca e verifica storica. Questa non può esservi finché non vengono fatti uscire dal carcere i cosiddetti “negazionisti”, un termine antiscientifico creato appositamente a scopo di diffamazione, denigrazione, delazione. Non ho mai visitato gli effetti scenici del Museo dell’Orrore edificato nella Gerusalemme Occupata, ma ogni giorno i mass media mi recano notizia di genocidi e pulizie etniche in ogni parte del mondo, ma soprattutto nella Palestina occupata. Il Zyclon B aveva un uso ordinario come disinfestante, per quanto mi è dato saperne. Non credo che Daniela fosse presente all’epoca dei fatti ed abbia visto con i suoi occhi l’uso che del Zyclon B veniva fatto. Apprendiamo anche della «demonizzazione» in atto di Pio XII, ad opera di “studiosi” appositamente adibiti. Cosa siano i «Giusti» non mi è dato sapere: non mi sono ancora convertito all’ebraismo, ovvero alla “religio holocaustica”. Il testo di Daniela è semplicemente vomitevole e decido di interropperne l’analisi critica non potendo farne nessuna valutazione critica, essendo privo di qualsiasi contenuto razionale. A questo punto, per una eterogenesi dei fini, è da augurarsi che i governi europei liberino la ricerca storica. Un Robert Faurisson e con lui tanti altri non dovrebbe finire in galera perché di dimostrare che quelle camere a gas di cui Daniela è convinta in realtà non sarebbero mai esistite ed i campi di concentramente furono soltanto dei campi di concentramento, probabilmente non molto diversi dagli odierni campi profughi dei palestinesi, per non parlare di Gaza definito, in una conferenza stampa della Delegazione Gaza Vive, un lager a cielo aperto, come quelli nazisti, se non fosse per la sola mancanza delle camere a gas, che però alcuni si ostinano a dire non siano mai esistite e sia un’invenzione di quanti hanno inteso trarne profitto. Ma anche a prescindere dalla verità storica quale essa sia, è curioso come si voglia rendere responsabile di un determinato fenomeno storico una persona che in nessun modo ne era responsabile e che nulla avrebbe potuto fare per impedirlo neppure con sacrificio di se stesso e di quanti aveva il compito di governare e assistere. È davvero una curiosa, curiosissima pretesa quella del mondo ebraico inquinato dal sionismo che tutto sommato è esso stesso una forma di razzismo, colpevole verso i palestinesi di quegli stessi crimini che vengono imputati al nazismo. Non sono io a dirlo, ma lo apprendo dai tanti di cui ho riportato le testimonianze e la documentazione.

16. “Fanatismo”, “sentimentalismo”, “discriminazione” nel discorso di Benedetto XVI. – Ho imparato a conoscere la grande differenza fra la cultura di rabbini ed esponenti ebraici da quella di una figura sacerdotale in grado eminente come può essere un pontefice. Proprio per un siffatto carattere eminentemente sacerdotale mi sono fermamente opposto alla visita Benedetto XVI all’inaugurazione dell’anno accademico di un’università laica come “La Sapienza”. Ne avrebbe irrimediabilmente snaturata la funzione. Ma è diversa cosa quando agisce in causa propria ed in casa propria. I discorsi di un Pontefici non sono mai a braccio, ma anche possono essere umanamente banali sono sempre il risultato di una profonda riflessione e ponderazione. L’ebraismo risente probabilmente della mancanza di figura sacerdotali paragobili. I rabbini mi paiono piuttosto dei politici che non degli uomini di religione e di spiritualità. Nel discorso del papa si trovano i termini “fanatismo”, “sentimentalismo”, “discriminazione”. Non mi paiono messi lì a caso. A chiosare ci pensano poi i cardinali che usano termini un poco più espliciti, per poi guadagnare in chiarezza da senso comune via via che si scende nella scala gerarchica. La struttura di potere della chiesa è la più antica della storia ed è a suo modo mirabile. Il Papa ha condannato le discriminazioni del passato, ma con gli occhi soprattutto al presente, dove i genocidi e le discriminazioni odierne non sono per nulla inferiori a quelle del passato, per il quale diventa sempre più marcato il “sentimentalismo” e la visione «ideologica». Mi fermo qui per sopraggiunta stanchezza, ma in una attenta lettura dei testi linkati noto con buona pace dei «Corretti Informatori» interessanti segnali. È presto, troppo presto per dire che vi sia un’inversione di rotta, ma vi è motivo per mantenere desta l’attenzione sugli ulteriori sviluppi.

17. Si affilano le armi. – Intervengo sul merito di cui al link ricordando un fatto fondativo del cristianesimo, a prescindere che esso abbia carattere mitio o storico. Non mi è ignoto il recente lavori di Gianfranco Tranfo, La croce di spine. Non è questa la sede per parlarne. Verrebbe totalmente negata la lettera e lo spirito dei racconti evangelici se si sorvolasse sul fatto che Cristo morì sulla croce per volontà degli ebrei. Capisco le ragioni diplomatiche per una forma di convivenza civile adatta ai tempi ed all’epoca dello stato laico nato dal trattato di Westfalia, che tiene distinti stato e religione, dio e Cesare. I «Corretti Informatori» oltre che faziosi dimostrano di essere anche ignoranti del fondamentale contributo divulgativo di Shlomo Sand. Quando lo ebbero, gli ebrei esercitarono il potere sulle altre confessioni in modo più duro e pesante degli altri monoteismi. Tutto il Vecchio Testamente è opera altamente immorale. Ma per non andare alle epoche remote basta osservare oggi l’ebraismo al potere nella forma di sionismo israeliano: un regime di apartheid chiaramente razzista. È però qualcosa di patologico l’ingerenza in un fatto assolutamente interno e peculiare del cattolicesimo come la beatificazione dei suoi santi. Strana pretesa che siano gli ebrei a dettare i santi del calendario cattolico! La ubris olocaustica, permessa dalle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, giunge allo stadio di una follia conclamata. È ora che qualcuno dica: basta!

18. Follie. – Che si possa manipolare la storia fino all’inverosimile, è possibile. Ciò che qui appare interessante è l’idea che l’«Olocausto» sia, per così dire, un buon affare. E quindi, se se ne può strappare lo sfruttamento, tanto di guadagnato. Qui invece appare la volgarità come elemento del conflitto in corsa. Giusto per dire qualcosa, visto che tutti reputano di poter parlare, anche io accenni a temi da trattare meglio in altro contesto. Il nazismo ebbe troppa breve vita per farne un’analisi compiuto. Poi per giunta perse la guerra ed a parlarne restarono solo quelli che potevano dirne solo del male. In nazismo nasce politicamente sulla crisi di Weimar e Weimar nasce dalla sconfitta bellica. Le condizioni inaccettabili del Trattato di Versailles generarono il nazismo che seppe dare una risposta a problemi reali. Sul piano ideologico era una forma di neopaganesimo, almeno nella testa di chi tentava di edificare l’ideologia del nazismo. Se si fosse andato avanti su quella strada non vi sarebbe stato posto né per il cristianesimo né per il giudaismo. L’«Olocausto» qui non c’entra proprio nulla, ma l’identità ebraica del dopoguerra ha talmente tesaurizzato la Shoa che teme addirittura di venirne derubata. Il Vaticano aveva probabilmente di che temere dal nazismo. Hitler non era Mussolini e non aspirava al titolo di «uomo della Provvidenza».

19. Sergio Romano interviene sul tema. – Magistrale come sempre l’analisi di Sergio Romano, che proprio per la sua profondità ed esemplare compostezza fa imbestialire i «Corretti Informatori». Ne riporto integralmente il testo, su cui occorre riflettere, trascurando le due lettere:
Ciò che il padre di Bruno Nunziati disse al ritorno dalla prigionia fu detto in altre circostanze per parecchi anni da molti ebrei, dalle più importanti associazioni ebraiche e dai maggiori leader dello Stato israeliano. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ha recentemente pubblicato presso Laterza un libro («L’inverno più lungo. 1943-1944: Pio XII, gli ebrei e i nazisti a Roma») in cui ha ricostruito l’opera di aiuto e assistenza con cui il Vaticano salvò molti ebrei dalla deportazione e dalla morte. Paradossalmente questo libro sarebbe stato allora molto interessante ma politicamente superfluo. Ciò che Riccardi racconta era già noto, sia pure per grandi linee, agli ebrei romani e italiani, a tutti i cittadini di Roma e all’opinione pubblica internazionale. Il problema che maggiormente interesserà gli storici, quindi, non è il diritto di criticare Pacelli e di fare campagna contro la sua canonizzazione (una questione su cui è possibile avere opinioni diverse), ma la ragione per cui una parte del mondo ebraico e dello Stato israeliano, verso la metà degli anni Sessanta, abbia imboccato una strada così radicalmente diversa da quella degli anni precedenti. Credo che le ragioni siano almeno tre.
– La prima è il processo contro Adolf Eichmann a Tel Aviv nel 1960 e l’esecuzione della sua condanna a morte nel 1962. Sino a quel momento gli elementi costitutivi dell’identità israeliana erano stati l’epopea sionista, i faticosi progressi della presenza ebraica in Palestina, la lotta per la vita, la vittoriosa guerra contro gli Stati arabi dopo la proclamazione dell’indipendenza: un insieme di virtù civili e guerriere di cui i cittadini del nuovo Stato andavano giustamente orgogliosi. Il caso Eichmann mutò il quadro e contribuì a fare del genocidio ebraico la pietra di fondazione di Israele. Allo Stato dei pionieri e dei contadini- soldati subentrò così, nell’autorappresentazione collettiva, lo Stato delle vittime e dei loro eredi: un mutamento che ebbe per effetto la ricerca dei responsabili e la richiesta d’indennizzi.
– La seconda ragione fu l’apparizione nel 1963 dell’opera teatrale di Rolf Hochuth («Il vicario») in cui l’autore denuncia i peccati di omissione e i silenzi della Chiesa cattolica e del suo capo. Nato in ambiente tedesco, quando era ancora vivo il ricordo dei processi di Norimberga, il libro fu per molti aspetti una «chiamata di correo», il tentativo di allargare oltre la Germania l’area delle responsabilità. Per l’ebraismo religioso più radicale e intransigente fu invece l’occasione per riaprire un vecchio contenzioso con la Chiesa cattolica.
– La terza ragione, infine, fu la Guerra dei Sei giorni nel 1967. La conquiste territoriali a danno dell’Egitto, della Giordania e della Siria crearono in una parte della società politica israeliana la convinzione che i territori occupati fossero necessari allo Stato d’Israele e che occorresse annetterli con un graduale processo di colonizzazione. In questa prospettiva la rievocazione del genocidio e la ricerca dei responsabili potevano essere un efficace argomento contro coloro che pretendevano il ritorno ai confini del 1967. Ho l’impressione che il processo a Pacelli sia diventato, per questa strategia, controproducente. Credo che la Chiesa, soprattutto dopo le grandi aperture di Giovanni Paolo II e la sua storica visita nella sinagoga di Roma, si aspettasse un atteggiamento diverso e che il contenzioso, d'ora in poi, possa soltanto inasprirsi.
Mi conforta in particolare l’ultima parte dell’analisi che mi trova concorde. Certo, il conflitto è cosa in sé sempre negativa, ma più l’inizio di una riscossa e di una liberazione di cui la società europea ha un bisogno vitale, se non vuole perire per sempre.

20. Il dialogo impossibile e suicida. – Ci siamo persi qualche puntata nel carteggio di cui al link, in pratica una disputa fra ebrei circa la convenienza del colloquio con i cattolici. In compenso siamo andati avanti nella lettura del libro di Curzio Nitoglia, Dal giudaismo rabbinico al giudeoamericanismo. Il problema dell’ora presente. Il libro è fitto di citazioni, in pratica è una raccolta di citazioni. Ciò ne rende pesante la lettura, ma oramai siamo entrati nello spirito e le citazioni ci sembrano necessarie: l’autore non ne avrebbe potuto fare a meno. Ci sembra di aver capito da Curzio Nitoglia che il “dialogo” è stato ed è da parte cattolica un suicidio. E crediamo di comprenderne le ragioni filosofiche. Il cristianesimo non può che essere un superamento del giudaismo. Ritornare indietro recuperando il giudaismo all’interno del cattolicesimo significa togliere al cristianesimo la sua ragion d’essere. Il cristianesimo era stato un’apertura al mondo rispetto alle angustie del giudaismo che si caratterizzava più come una dottrina politica e razziale che non come una dottrina religiosa: date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Il giudaismo è invece tutt’uno con Cesare, vuole essere Cesare per dominare tutti i popoli della terra, magari pure per sterminarli, come successe con beneplacito divino ai Cananei. L’omicidio e la sete di sangue è presente nella lettera della Torah. Tutto questo sembrava superato nel cristianesimo: agli uomini veniva lasciato il governo del mondo e delle cose umane, mentre alla coscienza individuale venivano aperti nuovi spazi. Non posso qui riassumere il contenuto del libro di Nitoglia, ma credo di aver capito che non è possibile nessun convivenza fra cristianesimo ed ebraismo. In un certo senso, e ripeto “in un certo senso”, duemila anni di antiebraismo cristiano sono stati perfettamente logici, anche se mai potrà essere giustificato un antisemitismo violento e persecutorio allo stesso modo in cui ogni forma di violenza dell’uomo sull’uomo è la disfatta di ogni morale ed etica. Io resto un vecchio pagano che riteneva migliore il mondo religioso politeista, fatto di rispetto e accettazione reciproca, che non il mondo impoverito del monoteismo. Ma fra giudaismo e cristianesimo, pur da pagano, ritengo molto più rassicurante il cristianesimo che non il giudaismo. De tre monoteismi mediterranei, ebraismo, cristianesimo e islamismo, ritengo che l’ebraismo conservi tutta la ferocia e disumanità delle epoche più selvaggie dell’umanità. Come ben si apprende da Shlomo Sand anche l’ebraismo ebbe una sua diffusione dovuta a proselitismo e processi di conversione, ma la sua progressiva riduzione a pochi milioni di praticanti ritengo sia dovuta alla sua intrinseca inaccetabilità morale più che a fattori storici e politici. Andando al link e leggendo i documenti della disputa fra ebrei vengono fuori alcune verità che i contendenti si rinfacciano a vicenda: il calcolo politico e l’opportunismo «dell’ora presente». Mi appare anche una grande debolezza del cattolicesimo di fronte alla forza tutta politica e militare del giudaismo che la fa da padrone in America, in Europa e in Medio Oriente. La forza del cattolicesimo mi è finora apparsa nella sua capacità di prevalere in questioni di diritto civile tutte italiane. Grazie ad una classe politica che raccoglie i suoi voti in sacrestia si sono potuti imporre per legge dogmi e principi cattolici a chi cattolico non è, producendo con ampi strati di società italiana una profonda inimicizia destinata a rimanere e a sedimentarsi. Lo stesso potere la chiesa cattolica non ha dimostrato di averlo verso la religio holocaustica, ma vi ha progressivamente soggiaciuto negli anni. In ultimo l’ingerenza ebraica nel processo di beatificazione di Pio XII ha forse reso più evidente un progressivo indebolimento dall’interno non già della struttura dogmatica del cattolicesimo quanto dei fondamenti religiosi del cristianesimo. In un certo senso la “rottura” del dialogo fra cattolici ed ebrei conviene più al cattolicesimo che non all’ebraismo, la cui forza è tutta nella sua capacità “dissolvente” della società in cui è presente, come una volta ebbe a rilevare lo storico Mommsen, se non erro ma con riserva di verifica testuale. Quindi le preoccupazioni degli ebrei sono quanto mai fondate, ma esse non hanno nulla di religioso: è una lotta per il potere all’interno della sovrastruttura intellettuale e morale delle società contemporanea di quell’area geopolitica solitamente indicata come Occidente.

21. Cronache ingraiane. – Improntato a volgarità è l’articolo di cui al link. Poco importa. Non sono certo io una guardia svizzera che debba difendere la figura del papa, che io stesso non gradivo alla Sapienza a tenere del tutto impropriamente una “lectio magisltralis”, ma che non ho mai vilipeso nel suo magistero religioso. L’articolo lascia intendere che al fondo vi è una questione di soldi che potrebbe entrare in una comune trattativa con la denegata beatificazione di Pio XII. Verrebbe da dire che è proprio vero che mammona ha un volto ebraico. Ma allora se vogliamo parlare di soldi ci sarebbe da fare un conto i danari che dalle tasche dei contribuenti europei sono finiti a finanziare il miracolo economico israeliano. Una emorragia di danari di cui dovremmo render conto ai nostri poveri e bisognosi, se non agli affamati d’Africa o alle vittime palestinesi.

22. Caino “fratello maggiore”. – A questo punto della mia analisi, che non pretende particolari titoli di rilevanza ed apprezzamenti scientifici, e grazie al libro di Curzio Nitoglia che ho appena terminato di leggere, risulta per un verso la perfidia e cialtroneria di certo ebraismo e per l’altro l’ottusità suicida della gerarchia cattolica, forte con i deboli e debole con i forti. Deboli sono qui i laici, non cattolici, italiani, ai quali vengono imposti valori e osservanze che sono rispettabili in quanto liberamente osservati da credenti cattolici, ma odiosi se imposti con la costrizione della legge statale a non cattolici e perfino non credenti. Sono deboli invece con la sempre più sfacciata tracotanza ed invadenza ebraica in affari che sono strettamente peculiari ed interni al cattolicesimo come i processi di beatificazione. Gli ebrei, ma anche i non ebrei e non cattolici, possono avere di Pio XII il giudizio storico che meglio uno crede compatibilmente con la sua preparazione storica, con le sue conoscenza di letteratura e documenti, nonché con l’interesse verso il personaggio. Non è ozioso osservare che sono ben pochi ad avere i ferri del mestiere. Ma in ogni caso volersi ingerire – come è stato fatto – nel processo di beatificazione è come mettere le mani in tasca ad un’altra persona, entrare in casa sua e mettere i piedi sul tavolo, ficcare il naso in ogni angolo e di fatto condizionare la piena sovranità sul suo del padrone di casa. A me che non professo cattolico, pur essendo stato battezzato, l’ingerenza mi procura un grande fastidio perché lo considerò una forma di prepotenza analoga a quella che gli israliani compiono con i palestinesi. Riconducendo il fatto singoli alle questioni di principio sembra a me chiaro che il rapporto fra cristianesimo ed ebraismo possa essere solo di “superamento”. Il cristianesimo quale comunemente noto ad una persona di discreta cultura, aliena agli aggiornamenti opportunisti del dogma, ha senso e plausibilità storica in quanto lo si immagini come un progresso rispetto ad una religione barbara e cruenta come l’ebraismo vetero testamentario. Non bisogna scomodare Ariel Toaff per comprendere la verità profonda dell’«omicidio rituale». Tutto l’ebraismo è in fondo una religione dell’omicidio rituale: del popolo di Canaan, del primogenito degli egiziani, dei sodomiti (idealmentePezzana incluso) fino ad arrivare agli odierni palestinesi, la cui sorte è già virtualmente segnata. Il cristianesimo aveva superato questa ferocia ed aveva proclamato la religione della carità e della universalità umana: queste cose le può comprendere anche un non cattolico, perfettamente in grado di distinguere fra ebraismo e cristianesimo. Tornare invece ad un rapporto di riconoscoscimeto e di legittimazione dell’ebraismo come “fratello maggiore” significa consegnarsi nelle mani di Caino, che resta Caino e non muta in nulla la sua natura. Caino è tale per l’eternità. Non si chiamerebbe altrimenti Caino. La vicenda che si consuma intorno a Pio XII è qui solo una spia della questione di principio, per come da me compresa. Mi auguro che la lezione serva alle gerarchie cattoliche e sappiano porsi come un Katechon davanti ad un pericolo che incombi su tutti, cattolici e non.

23. Abituali falsari. – Avevo già notato il falso di una lettera di Martin Luter King posta da Fiamma Nirenstein in epigrafe ad un suo libro. Mentre si inveisce a ogni occasione contro i falsi “Protocolli di Sion” che però continuano ad essere letti riscuotendo interesse, a loro volta la centrali di propaganda sionista non solo fanno consapevole uso di falsi, ma addirittura insistono nell’uso del falso acclarato, come fanno qui i «(S)corretti Informatori». È però esilarante la loro sicumera di “esperti” anonimi (Pezzana o Barbarazza o chi altri?) che pretendono di avvalorare il testo dandogli patente di verosimiglianza. Ma altro è dare autenticità a lettere che né Martin Luther King né Giovanni XXIII hanno MAI scritto, altro è dare verosimiglianza ad un libro come i “Protocolli” che forse nasce come una consapevole fiction. Non voglio tuttavia entrare qui però nella filologia di un testo – i Protocolli – che conosco assai poco, benché lo trovi interessante pur accettandone il giudizio di falsità. Una lettera però che si attribuisce ad una persona determinata può essere solo vera o falsa: è stata scritta o non è stata scritta dalla persona cui la si attribuisce. Se è falsa, è totalmente priva di interesse ed è un fatto in sé criminale. Il sodomita Pezzana è poi l’ultima persona al mondo che mi aspetterei possa parlare di papa Roncalli. Quel che è certo e trova conferma in questo nuovo episodio è che ormai la Lobby è in preda al delirio, convinta di poter condizionare e determinare anche la gerarchia cattolica. I casi di Napolitano e di Fini probabilmente li inducono a credere ciò possibile. Quanto poi alla questione del silenzio di Pio XII e della chiesa cattolica sullo sterminio degli ebrei potrebbe semplicemnete trattarsi di inesistenza dello sterminio. Sarebbe questa una prova indiretta e ante litteram di tutta una letteratura e una propaganda che verranno in auge dopo la guerra, non prima. Insomma Pio XII era pure lui un “negazionista”, ma non poteva parlare di ciò che evidentemente non gli risultava.

24. Sei un infame, “bellezza”! – È probabile che l’estensore del commento sia il sodomita Pezzana. Trovo quanto mai insipido e stucchevole un vezzo linguistico che sta andando di moda e che chiude una frase con un “bellezza”, che non si capisce bene cosa sia. Un vocativo? In questo caso la persona vocata sarebbe addirittura Benedetto XVI, al massimo familiarmente chiamato papa Raztinger, sul modello di altri papi seguiti da cognome. A sentirlo chiamarlo “bellezza!” da parte di un noto sodomità la cosa riesce forte anche al mio stomaco, che non è certo quello di un cattolico o di un biaciapile. Sono stato apertamente contrario alla visità di Benedetto XVI alla Sapienza se questo significava che tenendo egli impropriamente una Lectio magistralis avrebbe cancellatto il carattere laico della Sapienza. Che così ci si aspettava che fosse me lo ha confermato la reazione di Giuliano Ferrara e di Rocco Buttiglione. Se la visita fosse avvenuta costoro avrebbero sfruttato l’evento accreditando un’immagine della Sapienza nella quale non avrei potuto riconoscermi. Ed io nella Sapienza studio e lavoro fin dal lontano 1970, quando mi iscrissi come studente ben certo di essermi iscritto ad una università a forte caratterizzazione laica. Ma tolta la Lectio magistralis, che quest’anno è ritornata alla consuetudine secondo cui è un illustre docente della stessa università a tenere una Lectio, nulla ho detto contro la funzione pastorale di un papa cattolico, che dispone dentro la stessa Università di una chiesa dove volendo puà celebrar messa tutto l’anno, ovvero partecipare a incontri e convegni, se la sua dignità pastorale glielo consente. Ma mi offende leggere di un lurido frocio che si rivolge in simile modo ad una figura pur sempre sacrale in ciò che rappresenta. Ma credo anche che un così laido essere bene esprima il vero sentimento del mondo ebraico verso il cattolicesimo, che amerebbe veder distrutto come è oggi distrutta e martoriata Gaza. Basta immaginare tutto il Vaticano al posto di Gaza e si potrà leggere nell’animo profondo dell’ebraismo presente in Israele e nella diaspora. Mi auguro che i diretti interessati – non io fra questi – sappiano leggere i segni dei tempi. Ciò che io mi accingo a fare è una rilettura dei testi evangelici non certo con lo spirito di un “credente” e fedele osservante del cristianesimo nella sua forma cattolica, ma con occhi affatto inediti di chi legge un testo sacro con occhi e mente profana allo scopo di trarne elementi di saggezza tutta terrena.

25. Un Tizio di nome Dario Bazec. – Sto trattando altrove, in un blog dedicato alla militanza politica nel PdL, la posizione di Fini che politicamente parlando in un vero e proprio atto di “meschino opportunismo politico”, quale è ben chiaro a noi stessi militanti del PdL, non solo per questo singolo episodio, ma già in molti altri episodi analoghi e conseguenti. Vado anche trattando del significato politico e filosofico delle famigerate leggi razziali del 1938. Qui gli ebrei ormai si sentono l’ombelico del mondo, anche quando in questi stessi giorni stanno dimostrando di aver superato di gran lunga i misfatti di fascisti e nazisti, da loro costamente ricordati. Non si tratta qui se il papa dell’epoca abbia parlato o dovesse parlare, magari per trasformare il Vaticano di allora nella Gaza odierna, a proposito della quale può ben osservarsi perché mai il nazismo – dando per ammesso e non concesso i fatti per come rappresentati da costoro – avrebbe dovuto trattare meglio il caso di conflitto il Vaticano di quanto gli stessi ebrei di Israele e della Diaspora non trattino oggi Israele distruggendo ogni cosa e massacrando quanti capitano a tiro. È la tipica ipocrisia farisaica, già denunciata da Gesù Cristo alla sua epoca. Le leggi razziali vanno comprese nella loro epoca come un prodotto del colonialismo. Ed in effetti, per il nazismo, il problema razziale si pose principalmente per l’Abissinia, cioè dopo il 1935, non dopo. Altrimenti avrebbero ben potuto essere emanate nel 1922 o 1923, poco dopo la presa fascista del potere, come fece il nazismo. Non vi era nessun motivo di aspettare tanto. Se poi la schiavitù può essere associata al razzismo, vi è da ricordare che formalmente la schiavitù fu abolita assai tardi. Non posso controllare in questo momento, ma fu con la rivoluzione francese e contestualmente con la dichiarazione di emancipazione degli ebrei. Con l’esperienza odierna possiamo dire che in questo secondo caso fu un grande errore. Ad essere intrinsecamente razzisti non erano i goym, ma gli stessi ebrei, come oggi appare chiaro con il sionismo giunto al potere, come vi giunse un suo affine rivelatori di minore scaltrezza, cioè il nazismo. Quindi, per esser brevi, le leggi razziali possono e devono essere spiegati come un tardivo fenomeno del colonialismo nella sua fase storica finale. La spiegazione non la si ottiene se si interpreta il razzismo e le leggi razziali, che è bene leggere nei loro testi, come in funzione unicamente antiebraica. Ciò è soltanto oggi un espediente polemico con il quale si sono fino ad oggi ignobilmente lucrati vantaggi e privilegi di ogni genere. Se la comune intelligenza non è stata offuscata e irrimediabilmente compromessa da anni di regime con continue leggi non più sulla razza, ma addirittura sulla memoria – fatto ben più grave –, l’attenta osservazione di ciò che succede a Gaza in questi giorni dovrebbe far capire anche ai ciechi, dove si trova oggi il razzismo e dove la teoria e la prassi del genocidio.

26. La guerra contro il Vescovo. – Il furore che si sta scatenando contro il vescovo Williamson sembra perfettamente equivalente all’operazione “piombo fuso”, forse è un aspetto della stessa guerra. Sembra che sia abbandonato da tutti, perfino dai suoi confratelli, che devono aver avuto paura. È da chiedersi se verrà impiccato, messo in prigione, messo alla gogna.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Ottimo commento(come sempre), ne approfitto per segnalarti un'altra "vacca sacra" dell'islamofobia in Italia, e cioè gli articoli tradotti in italiano del giornalista Daniel Pipes, l'ultimo lo trovi qui:
http://it.danielpipes.org/article/5980 ( Da leggere attentamente gli ultimi due capoversi ).

Anonimo ha detto...

Ti segnalo anche quanto dice Anna Foa nella newsletter dell'UCEI di oggi:
Le vie intorno al Portico d'Ottavia hanno assistito il 16 ottobre del 1943 alla razzia nazista di oltre mille ebrei romani, ammassati nei camion in quello spiazzo davanti al Portico che oggi ha preso il nome di 16 ottobre. Nei mesi successivi, in quelle stesse strade i militi della Repubblica di Salò, i cosiddetti "ragazzi di Salò", hanno dato sistematicamente la caccia agli ebrei, riuscendo ad arrestarne, per consegnarli alla deportazione nazista, ancora più di mille.
In quelle strade ieri, come ogni anno, si è tenuta la fiaccolata silenziosa organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio per ricordare questo orrore. Il sindaco di Roma ha, in quest'occasione, pronunciato parole prive d’ambiguità di condanna del fascismo e della persecuzione antisemita.
Come cittadina di uno Stato democratico, e come ebrea, non posso che rallegrarmi che il Sindaco di Roma pronunci parole simili. E prenderle per quello che non possono non essere: un impegno preciso contro il razzismo e per la democrazia.
Per ricevere la mailing-list dell'UCEI bisogna iscriversi qui: http://moked.it/wp-login.php?action=register

Antonio Caracciolo ha detto...

Osservo un fatto noto: il 16 ottobre 1943 il fascismo non esisteva più almeno dall’8 settembre 1943, se non ancora da prima, cioè il 25 luglio. L’Italia era una zona di occupazione, parte tedesca, parte anglo-americana. Dei ragazzi di Salò so poco, ma mi sembra che il riferimento sia qui inappropriato. Mi riservo comunque di documentarmi e di approfondire. Di orrori ne conosco di diversi e maggiori, ma un orrore che supera gli altri è quello di quanti vogliono prosperare e speculare su eventi che meritano l’oblio pietoso. È da chiedersi infine: quanti marciano fiaccolando contro chi pensano di farlo? contro quelli che sono morti o contro i vivi, nati dopo la guerra, che pensano e vogliono pensare ad altro?

Antonio Caracciolo ha detto...

Appendice sul razzismo. Sono un appassionato del genere fantascienza. Ho comprato oggi in edicola un DVD di quelli che escono con Panorama. Il film è un’autentica schifezza holliwodiana dove è distillata la peggiore ideologia neocon americana, di cui si può trovare una sommaria mappatura nel libro appena uscito di Susan George, ”L’America in pugno”. Questa ideologia divulgata in modo capillare con i potenti mezzi di Hollywood è di un razzismo infinitamente più grave di tutto ciò che si possa mai immaginare di attribuire a nazismo e fascismo insieme combinati. Nel film, apparentemente ambientato nel futuro, sono chiaramente riconoscibili fatti e persone del presente connessi con le guerre mediorientali. Gli arabi o islamici sono chiaramente rappresentati con gli insetti, che devono essere sterminati senza nessuna pietà. È pure raffigurata la grotta di Osama Bin Laden, dove si trova l’Insetto Pensante che occorre catturare per capire come funziona il suo cervello, magari imprigionandolo e torturandolo in Guantanamo, e così poter sterminare tutti gli insetti, che ahimé sono prolifici e numerosi. Se la citata Anna Foa vuole sapere dove sta il più bieco razzismo occorre che guardi agli USA, dove opera una influente Israel lobby, che ha certamente avuto qualche parte nella guerra del deserto iracheno e dove forse un milione di “insetti” sono stati già sterminati… Quanto alla democrazia da lei invocata farebbe meglio prima a chiedersi quanta ce ne sia in Israele, su cui riporto stralci di una corrispondenza appena ricevuta:

1. In Palestina la “azienda ebraica” compra, con i soldi dello Stato, la terra. La terra potrà essere ceduta solo a cittadini di religione ebraica;

2. Un cittadino israeliano di religione ebraica può stare fuori dai confini nazionali tutto il tempo che vuole. Rientrando, riprenderà tutti i diritti che la sua cittadinanza gli concede. Se un cittadino israeliano di religione non ebraica sta fuori dai confini 7 anni, non potrà più rientrare in Israele;

3. Se un cittadino israeliano di religione non ebraica sposa una “palestinese dei territori”, volendo viverci assieme, dovrà trasferirsi nei “territori”. In Israele non è concesso il “diritto di ricongiungimento familiare” a cittadini non di religione ebraica;

4. Non è consentito il rientro in Israele di quei Palestinesi che sono fuggiti dai paesi natali a seguito di guerre e di violenze varie. Il tutto per preservare il “carattere ebraico” di Israele.

Anonimo ha detto...

Israele è uno stato razzista, che considera merda i goyyim(i gentili, cioè i non ebrei), per un ebreo bastano 6 mesi di residenza in Israele, mentre per un non-ebreo ci vogliono 5 anni prima di poter ottenere la cittadinanza israeliana(inoltre ad un non ebreo mancano tutta una serie di diritti garantiti ad un ebreo)

Anonimo ha detto...

Ti segnalo che un altro blog ha pubblicato il link a civiumlibertas.blogspot.com , l'indirizzo di questo blog è il seguente: http://takbir.splinder.com (è un blog islamico).

Anonimo ha detto...

Permettimi di segnalarti l'ultimo messaggio di Deborah Fait contro il presidente Pertini e tutti gli italiani, l'email di Deborah Fait è: bebora@013.net ,questo è il messaggio:
Due giorni fa abbiamo ricordato Il piccolo Stefano Tache', ucciso da un commando palestinese il 9 ottobre del 1982 mentre usciva dal Tempio Maggiore di Roma. Insieme a lui altre 50 persone rimasero ferite, alcune gravemente.
Il commando di assassini non fu mai catturato pero' uno di essi, tale Abdel al Zomar, fu condannato all'ergastolo... peccato che la condanna arrivo' dopo che l'uomo fu aiutato a fuggire verso Atene, dove, come era successo in Italia, nessuno si sogno' di arrestarlo e riparti' indisturbato verso Tripoli per ricevere l'abbraccio di Arafat.
L'assassinio di Stefano Tache' fu uno dei tanti delitti commessi dai palestinesi in Italia nonostante il Lodo Moro di molti anni prima che sanciva che Arafat e la sua cricca di assassini non dovevano essere disturbati dalla polizia italiana.
Questo accordo prevedeva che l'Italia non sarebbe stata colpita dal terrorismo...l'Italia...no....gli ebrei italiani, si.
Ricordo l'angoscia, ricordo il volantino dei giovani ebrei che portava una sola parola rivolta evidentemente a chi sgovernava l'Italia, una sola parola, l'unica che poteva essere scritta perche' si vergognassero: "Grazie".
Chissa' se i governanti dell'epoca si vergognarono, se provarono rimorso per aver, come dice Cossiga, venduto gli ebrei italiani al vero boss dell'Italia di quegli anni :Arafat.
Nooo, nel modo piu' assoluto, non si vergognarono, non provarono rimorsi e la dimostrazione la diede apertamente e con una ferocia inaspettata il Presidente Pertini che nel suo discorso dell'ultimo dell'anno, col piccolo Stefano al cimitero, ci lascio' letteralmente senza fiato esclamando "ma cosa vogliono questi ebrei?"
Ricordo che ero seduta nel salotto di amici, a Bolzano, a quella frase ci guardammo allibiti, volevamo aver capito male e io sentii un sudore freddo e un senso di nausea alla bocca dello stomaco.
Era dunque quella l'Italia!
L'Italia che da piu' di 10 anni era diventata la succursale del terrorismo palestinese, l'Italia che odiava Israele come aveva odiato gli ebrei che aveva consegnato ai tedeschi, l'Italia cattocomunista antisemita come lo era stata l'Italia fascista, l'Italia che 20 anni dopo queste tragedie avrebbe applaudito cortei di kamikaze mentre l'amato Arafat colpiva Israele con altre tragedie facendo esplodere autobus, bar, caffe', teatri nelle citta' israeliane.
Era l'Italia della vergogna.
Cossiga nell'intervista rilasciata recentemente al giornale israeliano Yediot Haharonot, parla di come furono venduti gli ebrei italiani ad Arafat perche' il terrorista non colpisse L'Italia e le sue Istituzioni. Niente di quello che oggi racconta il Presidente e' una novita', sono tutte cose che si sapevano esattamente mentre accadevano.
Tutti sapevano che Arafat era il padrone, che entrava in RAI armato e quando voleva, che l'asservimento al raiss assassino era totale.
Sapevamo che era stato nascosto nel Gabinetto di Cossiga quando lo cercava l'Interpol, sapevamo che tutti i palestinesi furono fatti scappare dopo ogni delitto, da Craxi e Andreotti.
Sapevamo tutto mentre vedevamo con orrore, Occhetto e Lama portare un assassino in trionfo ad Assisi dove veniva ricevuto con amore dai frati della Basilica.
Abbiamo assistito quasi increduli alla rivolta dei pacifisti a Sigonella dove, insieme ai carabinieri spediti da Craxi, erano corsi ad aspettare gli americani che volevano capire perche' il governo italiano aveva fatto fuggire Abu Abbas , l'assassino del povero Leo Klinghofer e dirottatore dell'Achille Lauro.
Era la prima volta che vedevamo sventolare l'emblema del razzismo e dell'odio, la bandiera della pace.
L'italia paracula e i suoi pacifisti, con Bettino in prima fila, contro l'America e Israele mentre i loro amici palestinesi ammazzavano ebrei americani e italiani a piacere.
Quando tutto questo accadeva i governanti di Israele erano ospiti non graditi in Italia.
Mentre il Papa abbracciava Arafat, che era entrato armato persino nella Santa Sede, il Vaticano ancora non riconosceva Israele come Nazione e tra i due paesi non esistevano relazioni diplomatiche fino al 1993, 55 anni dopo la dichiarazione di Indipendenza di Israele.
Un'altra grande, immensa vergogna.
Italia e mondo cattolico uniti nell'odio contro Israele e guidati dal grande odio di tutto il mondo comunista.
No, nessuna delle dichiarazioni di Cossiga e' una sorpresa, la vera sorpresa e' che non ci siano state reazioni di sorta e che nessun giornale italiano abbia ripreso l'intervista chiedendo un'inchiesta. Esattamente come per Bologna, strage non fascista come sta scritto sulla targa , ma quasi sicuramente palestinese.
Un'inchiesta seria sugli anni bui del terrorismo arabo e' doverosa.
La faranno? No mai!
A proposito di targhe alla memoria, ne esiste una a Fiumicino dove i palestinesi commisero un'altra strage?
Qualcuno ha scritto sul bronzo o sul marmo " Qui avvenne una delle tante stragi palestinesi..."
No? Ne ero sicura.
La conclusione dunque e' che non verra' mai fuori niente di ufficiale contro i crimini commessi da Arafat in Italia.
La realta' e' che il "Grazie" sarcastico e disperato dei giovani ebrei contro i governanti italiani e' sempre valido, che quel "Cosa vogliono questi ebrei" quasi gridato dal Presidente con la Pipa all'Italia intera, mentre Stefanino Tache' era ancora caldo, era il pensiero di tanti altri italiani, gli stessi che avevano accompagnato, urlando "morte agli ebrei", l'altra Pipa famosa, Luciano Lama, mentre veniva gettata una bara nera davanti alla lapide della sinagoga che riportava i nomi delle vittime delle Fosse Ardeatine.
Gli stessi italiani che durante i cortei della famosa Pantera passavano davanti al Tempio Maggiore in Trastevere urlando , a pugno chiuso e braccio teso, "Ebrei ai forni".
Gli stessi italiani che nel 2000 hanno applaudito il corteo di kamikaze che sfilava per le vie di Roma per sostenere Arafat che stava distruggendo Israele.

Deborah Fait

www.informazionecorretta.com

Antonio Caracciolo ha detto...

Sul bambino ucciso mi sono già pronunciato da qualche parte con un cenno discreto. Non amo però trattarne per il rispetto che ho sempre per i morti, che non devono mai venir strumentalizzati dai vivi e devono esser lasciati in pace. I sionisti nostrani ne stanno invece facendo uno scudo e una bandiera per coprire le loro grandi colpe che restano e diventano sempre più grandi con il tempo. Del resto, sarebbero ben felici se nel ragionare venisse anche solamente scalfita la figura del bimbo innocente... Mi viene da pensare ad un Simonino alla rovescia per l’uso che stanno facendo della sua morte.

Nel testo di Deborah si parla di “nausea”: è esattamente ciò che suscita il suo volersi aggrappare alla morte del “piccolo Stefano”, dimenticando quanto sono diverse le cose che mette insieme nel suo demenziale discorso. Di piccoli Stefano lo stato di Israeele ne ha a milioni sulla coscienza, calcolando la pulizia etnica dal 1948 in poi ed il numero incalcolabile di bambini che sono morti e muoiono ogni giorno in Iraq e in Afghanistan e quelli che sono in pericolo in tutto il Medio Oriente. Non ho particolare documentazione, ma mi ha fatto inorridire un filmato su Gerusalemme dove bambini sotto i sei anni non potevano essere accompagnati dai genitori per la dialisi in un ospedale dall’altra parte del muro. Basta leggere la cronaca di Joe Fallisi sulle «due barchette» irrise da Boccuccia di Rosa, due barchette che hanno forzato il blocco navale di Gaza, per trovare notizia e foto di un bambino cui gli eroici israeliani, armati fino ai denti, hanno amputato negli arti, distruggendo una vita... Mah!

Gli anni di piombo italiani hanno una storia diversa. Di certo nessuno di quelli che sono usciti dal 68 ha mai voluto che l’Italia divenisse un retroterra dell’invasione coloniale israeliana e per quanto mi riguarda non ne sarò mai moralmente complice. Arafat per me era e resta uno che il suo popolo lo difendeva: quel popolo di cui il sionismo ha previsto la cancellazione fin dai primordi, quel popolo che Israele ha già cancellato dalla carta geografica, facendo molto per tempo ciò che si imputa ad Ahmadinejad di voler fare. Solo il suo popolo può dare di Arafat un giudizio storico definitivo, ma se Boccuccia di Rosa pensa di poterne infangare la memoria, è meglio che si ricordi degli Undici Eroi che nella Casa Rosa di Tel Aviv pianificarono la pulizia etnica del 1948. Di "bambini”, di piccoli Stefano rimasti ignoti, se ne può solo immaginare il numero e l’esistenza. Il tutto è rigorosamente narrato su documenti da Ilàn Pappe, un ebreo per fortuna di pasta diversa dall’ebrea Fait. Infatti, lo hanno minacciato al punto da farlo emigrare altrove.

Gli Undici della Casa Rossa non sono mai stati processati da un Tribunale di Guerra, ma ne hanno fatto degli eroi e padri della patria.

È del tutto arbitrario mettere insieme la tragedia che fra tanti ha colpito gli ebrei durante la guerra e ciò che è oggi Israele: le due cose hanno storia distinta e restano distinte. Di razzismo e odio ne cola a ettolitri dalla Bocca di Rosa: non occorre cercarne altrove. Lo si può raccogliere in quantità industriali ed utilizzarlo per preparare vaccini, cioè per non essere “come” Boccuccia di Rosa e la cosca di “Informazione Corretta”.

Bah! Ho appena ricevuto un messaggio di P. O. dove mi si dice di non farmi il sangue amaro con Israel e Israele. Mi fermo qui. I giovani ebrei di cui blatera Deborah la folle demente dovrebbe dirci se hanno o non hanno qualcosa a che fare con il nostro martoriato paese che è l’Italia, non Israele, di cui credono siamo una provincia.