Versione 1.4
Status: 13.10.08
Sommario: 1. La barbarie che è fra di noi. – 2. Notizie noachiche: padrone e cane. – 3. Il “reato” di saluto nazista. – 4. Numeri contesi e “negati”. – 5. Chi può dire dove stia la verità? – 6.
1. La barbarie che è fra di noi. – Il link immette in uno degli innumerevoli processi celebrati su questioni che riguardano Auschwitz, dove esiste una verità di stato che non è lecito mettere in dubbio. Diventa difficile far capire a determinati soggetti che sulla base dei diritti dell’uomo e del cittadino posti dalla rivoluzione francese in poi e ripresi in tutte le carte dei diritti la questione Auschwitz e Shoa rientra fra quelle opinabili. Si possono cioè avere differenti opinioni, giuste o errnonee che siano ma tutte legittime: chi può dire cosa sia vero o falso in materia storico-ilosofica? Tutte le ricerche storiche che si vogliono condurre sul tema sono o dovrebbero essere egualmente libere e non sanzionabili. Solo la comunità scientifica può decidere al riguardo, ma anche un giudizio sulla scarsa o nulla rilevanza scientifica di un determinato lavoro non puà mai rivestire carattere penale. Vi è una bella differenza fra lo studioso e l’aguzzino che processa e manda in galera chi ha la sola colpa di aver scritto un libro. Su queste basi diventa difficile costruire un’Europa dove tutti si sentano protetti. I tedeschi hanno probabilmente bisogno di curare i loro traumi, ma le vessazioni fisiche e psicologiche alle quali sono stati sottoposti dalla potenze occupanti non possono diventare un principio cardine del diritto comunitario. Gli stupri fisici e mentali ai quali sono stati sottoposto dall’immediato dopoguerra in poi non possono essere trasferiti ai cittadini di tutti i 27 Stati che al momento fanno parte dell’UE. Ma diamo il testo, poco intelligente, del “Corriere della Sera”, dove si riporta la notizia, degna dell’epoca in cui si dava la caccia alla streghe e si imbastivano appositi processi:
Dal CORRIERE della SERA
del 10 ottobre 2008:BERLINO — Una vita contro l'establishment, quella di Horst Mahler: agli estremi. Ai peggiori estremi. Nel 1970 tra i fondatori della Rote Armee Fraktion, il gruppo terrorista tedesco guidato da Andreas Baader e Ulrike Meinhof. In questi giorni, sotto processo per aver negato l'Olocausto. Una parabola tragica, quella dell'avvocato di 72 anni: ha attraversato la storia della Germania moderna per lasciare una scia di furore ideologico.
Le accuse che il tribunale di Potsdam, vicino a Berlino, gli muove sono di negazionismo e di Volksverhetzung, in sostanza incitamento all'odio razziale, in Germania ambedue punite dalla legge. Tra il 2000 e il 2004, ha sostenuto con scritti su Internet che Auschwitz è un'invenzione degli ebrei. Rischia cinque anni.
Bisogna però dire che la prigione, per lui, non è mai stata un deterrente. Anzi, forse lo esalta. Nato nel 1936, nel 1964 fonda a Berlino Ovest il suo studio di avvocato. Si avvicina ai movimenti extraparlamentari. Sono anni forti nella città da poco divisa in due dal Muro. Quando, nel 1968, il leader del movimento studentesco, Rudi Dutschke, subisce un tentativo di omicidio, Mahler è all'avanguardia della protesta violentissima contro il gruppo editoriale Springer, indicato dalla sinistra non parlamentare come mandante. Diventa amico di Baader e della sua compagna Gudrun Ensslin e, quando il primo è arrestato, nel 1970, lo aiuta a scappare di prigione. I tre, più la Meinhof, vanno in Giordania, alla scuola militare del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Fondano la Raf.
Mahler torna in Germania nell'ottobre '70, viene arrestato e, nel 1974, condannato a 14 anni. In carcere, dove intanto erano finiti anche i suoi tre compagni, scrive un manifesto, che però è criticato dai membri della Raf. Viene di fatto espulso. È solo. Nei pensieri e nelle decisioni. Nel 1975, il Movimento 2 giugno, altro gruppo terroristico di Berlino, rapisce Peter Lorenz, politico cristiano-democratico, e tra le altre cose chiede la liberazione di Mahler. Che però la rifiuta. In compenso, si procura un ottimo avvocato, certo Gerhard Schröder, socialdemocratico che farà carriera. Il futuro cancelliere riesce a farlo liberare in anticipo, nel 1980 (nel 1988 lo farà anche reintegrare nella professione).
Quelli successivi, sono anni di riflessione, probabilmente. Di sicuro, di cambiamento. Quando ritorna in pubblico, nel 1997, in occasione del 70˚ compleanno del filosofo Günter Rohrmoser, lo fa con un discorso in cui sostiene che la Germania «è occupata», che deve liberarsi dei suoi debiti morali, che deve ritrovare la sua identità nazionale. Un anno dopo, scrive un articolo in cui sostiene la fusione di populismo, spiritualismo e antisemitismo. Nel 2000 entra nell'Npd, il partito neonazista tedesco, lo difende con successo contro il governo Schröder che tenta di metterlo fuorilegge, e lo abbandona nel 2003. Intanto, manda le email negazioniste, sostiene che gli attacchi dell'11 settembre sono giustificati, fonda la Società per la riabilitazione dei perseguitati per avere confutato l'Olocausto.
Nel 2004 viene condannato per istigazione all'odio razziale, nel luglio scorso per avere fatto il saluto romano mentre entrava in carcere per il reato precedente. Nel 2006, gli viene revocato il passaporto per impedirgli di andare a Teheran alla Conferenza sulla revisione dell'Olocausto. Un anno dopo, intervistato sugli anni della Raf da un politico-giornalista ebreo, lo saluta con il braccio teso: «Heil Hitler, Herr Friedman ». Tristemente incontenibile.
Mahler è sotto processo per negazionismo. Il CORRIERE pubblica un prospetto sulle legislazioni in materia in alcuni paesi europei. In Italia non esiste una legge specifica.Austria
Negare l'Olocausto è reato in Austria, Paese natale di Adolf Hitler e annesso alla Germania con l'Anschluss del 1938
Francia
La negazione dello sterminio di sei milioni di ebrei ad opera del regime nazista è illegale anche in Francia
Germania
Reato in Germania, Belgio, R. Ceca, Israele, Polonia, Liechtenstein, Lituania, Romania, Lussemburgo, Portogallo, Svizzera
Italia
In Italia un progetto di legge contro il negazionismo (che prevedeva pene fino a 4 anni di carcere) è stato respinto nel 2007
Per inviare una e-mail alla redazione del Corriere della Sera cliccare sul link sottostante:
lettere@corriere.it
In Italia, per fortuna, non siamo ancora giunti a tanta barbarie, anche se esistono forze politiche, gruppi di pressione lobbies che spingono a ciò. Noi qui opponiamo la resistenza di cui siamo capaci, portando quanto meno consapevolezza fra numerosi colleghi piuttosto distratti sui pericoli che incombono sulla nostra libertà. Come siamo colpiti in questi giorni da una crisi che viene da lontano, allo stesso modo potremmo risvegliarci senza quelle libertà che ci paiono naturali come l’aria che respiriamo, magari un po’ inquinato, ma che sarà poi estremamente difficile recuperare una volta perse. Si noti infine come dal “corretto commento” si può riconoscere nel gruppo torinese di Angelo Pezzana un chiaro sostenitore dell’introduzione della ammirate leggi liberticide, altrove vigenti.
2. Notizie noachice: padrone e cane. – Ho raccontato l’episodio di cui al link ad un collega che ne ha riso molto. Si tratta di un gustoso e amaro articolo di Maurizio Blondet, dove è ben descritto lo psico dramma dei tedeschi, che non hanno il senso del ridicolo e del grottesco. La vicenda di un cane, pure esso sottoposto a “rieducazione”, ben descrive la storia tedesca dal 1945 ad oggi. Avremmo finora potuto compatire i nostri vicini che non riuscivano a stabilire un rapporto sereno con le vicende tragiche della loro storia. Il guaio è che si pretende di importare/esportare questa follia anche in Italia e di renderla perfino un principio del diritto comunitario. A questo punto l’Europa, anziché un regno di libertà e di diritti elementari (libertà di pensiero e ricerca), diventa una gabbia di matti da cui dover uscire.
3. Il “reato” di saluto nazista. – Andando al link dei “Corretti Informatori” si ritrova il loro consueto repertorio sul quale non ritorniamo. Isoliamo soltanto il riferimento al “reato” di saluto nazista. Sarebbe interessante una ricerca storica di tutte le forme di saluto esistite nella storia e fare un’anagrafe dei saluti ammessi e non ammessi, a seconda che i popoli presso cui erano in uso abbiano o non abbiamo commesso atti rientranti nella casistica dei reati previsti dal Tribunale di Norimberga. Non mi soffermo su forme di nostalgismo verso passati governi o regimi, definitivamente trascorsi: si potrebbe andare da Giulio Cesare a tempo a noi vicini ed ognuno potrebbe scegliersi i suoi idoli. Resterebbe un fatto privato di nessuna rilevanza politica o penale. In ogni caso, esistono non poche significative opinioni che proprio nel regime posto in essere dallo stato di Israele riconoscono una riedizione di metodi ed ispirazioni naziste. o comunque non particolarmente rispettosi della dignità umana. Ma è ozioso insistere sul tema e la linea di questo post è concentrata sui reati di opinione. Il personaggio in questione potrà non piacere politicamente, ma finché si limita ad esprimere sue proprie opinioni e pensieri egli deve poter godere delle stesse nostre libertà costituzionali. Il principio della libertà di pensiero non può valere per noi stessi e per quelli che con noi concordano. Tutt’altro! Deve valere principalmente per chi è assai lontano dal nostro modo di pensare. Almeno questo io ritengo che sia il liberalismo, qualcosa di cui tutti parlano ma di cui non esiste copyright. Forse proprio per questo tutti si spacciano per liberali. La barbarie in cui è caduta la Germania postnazista giunge ad incolpare non solo gli uomini per un “reato” consistente in una forma di saluto, ma persino dei “cani” a cui sia stato insegnato a mimare quel saluto. In fondo, la storia si ripete cicliclamente: si infligge oggi ai cosiddetti neonazisti lo stesso trattamente, se non peggio, di quello attribuito ai nazisti storici, la cui progressiva lontananza nel tempo conferisce loro surreali caratteristiche mitologiche.
4. Numeri contesi e negati. – Ci interessa qui evidenziare una delle cause di cui si nutre la persecuzione penale di ricostruzioni riguardanti già il numero delle vittime. Da una Lettrice di Sergio Romano, costantamente attaccato dal gruppo di propaganda sionista operante in Italia intorno alla testata “Informazione Corretta”, viene messo il dito nella piaga. Il dato è qui costituito da non so quale ricerca storica che riduce il numero dei morti di Dresda da 250.000 a 18.000. Naturalmente, se ciò corrisponde a verità, ne sono ben lieto. Ho qualche sospetto, ma non è questo il punto. È che se la stessa operazione viene condotta per i morti di Auschwitz o della Shoa, lo storico revisionista che osi tanto, rischia una condanna penale fino a cinque anni. Dunque, non vi è qui barbarie per una legislazione penale che in vari paesi colpisce il cosiddetto “negazionismo”, ma una barbarie aggiuntiva nel trattare penalmente in modo differenziato e discriminatorio uno stesso fatto. Anzi nell’un tipo di “revisionismo” e “negazionismo” non vi è nessuna sanzione penale. Nell’altro caso, ma per un fatto metodologicamente identico, vi sono pene pesantissime ed il bando civile.
5. Chi può dire dove stia la verità? – Siamo alle solite. Si ritiene che vi sia chi falsifica la storia. Ma non è ben chiaro se si tratta di un consapevole o inconsapevole falsificatore della storia. Riesce difficile credere che vi possa essere un falsificatore “consapevole” di essere un falsificatore. Si dovrebbe ipotizzare di qualcuno che sia deliberatamente pagato per scrivere un falso. Ma sembra una cosa piuttosto improbabile in tema di cosiddetto “negazionismo”, se non altro perché in molti ci guadagnano soltanto il carcere e l’emarginazione sociale. È invece più verosimile ipotizzare il contrario, cioè che vi siano persone pagate allo scopo di fabbricare una determinata verità. Ed i casi non mancano, se si considerano i numerosi premi per la migliore opera sull’«Olocausto». Si parla significativamente di “delegittimazione” di Auschwitz se appena si contesta il numero delle vittime dichiarate, come se un fatto storico dovesse essere legittimo o illegittimo anziché vero o falso. Resta tuttavia il fatto cruciale su cui si gioca la nostra civiltà giuridica: la punibilità penale per meri reati di opinione. Se David Irving avesse ammazzato lui qualcuno, ben si giustificherebbe il carcere. Ma per aver scritto semplicemente dei libri, condivisibili o meno, trovo che sia contrario al principio dello stato di diritto sorto dalla rivoluzione francese, che proprio nel diritto alla libertà di pensiero e di manifestazione del pensiero aveva uno dei suoi cardini. La repressione penale non solo di Irving ma di chiunque voglia sostenere tesi analoghe è da considerare come una continuazione della seconda guerra mondiale che come suo esito a voluto fondare una sua propria ideologia. Inutile dunque considerare i temi trattati da Irving e altri come una questione di vero o di falso in campo storico, ma come un semplice atto di sopraffazione politico-militare con cui una parte usa violenza fisica e morale su una vittima designata. Sono certo che Mussolini, e forse anche Hitler, sarebbero stati in questioni del genere molto più liberali e tolleranti di quanto dimostrino di essere gli odierni liberatori ed i loro liberati.
Può essere istruttivo dare l’elencazione delle associazioni, prevalemtemente ebraico, che plaudono alla continua discriminazione nei confronti di Irving. In genere, non viene neppure considerato se il problema tocchi o no il principio della libertà di pensiero. Così il caso della Jewish Federation of the Berkshires, una delle infinite associazioni che fungono da parte controinteressate. Considerano che il principio per il quale viene perseguito Irving potrebbe essere esteso ad innumerevoli altri eventi storici, non sarebbe più possibile scrivere libri di storia, ove esistessero per ogni evento associazioni controinteressate o con un loro peculiare interesse. Dalla scienza storica si andrebbe a regredire nella leggenda, nel mito, nella favola, nella bufala.
6. Irving nell’archivio di «Informazione Corretta». – Questo post vuole avere un carattere diverso dal consueto monitoraggio di IC. Non vogliamo tuttavia ignorare gli apporti di un sito il cui unico ed evidente scopo è di promuovere gli interessi e la politica di Israele per un verso e per l’altro di schierarsi verso tutto ciò che incrina in qualche sia pur minima misura, vera o supposta, tutti i vantaggi ideologici e materiali che sono derivati dalle costruzioni ideologiche del dopoguerra. Sono molto eloquenti le titolazioni di IC.
7. Rassegna dei favorevoli all’introduzione di leggi restrittive della libertà di ricerca storica. – Lungi da me qualsiasi intenzione di redigere “liste nere”, ritengo utile conservare traccia dei politici e degli intellettuali che avrebbero visto di buon occhio la trasformazione in legge del famigerato progetto Mastella. Il primo che capita nel nostro elenco è Gaetano Quagliarello la cui argomentazione riportiamo per intero:
1 commento:
Caro Antonio, il principio di difendere la libertà di espressione e di pensiero soprattutto quando è molto lontana dalla nostra è contenuto anche in una famosa frase di Voltaire: "Non condivido quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo", è davvero un peccato che la Francia, sia diventato un paese dove non vige la libertà di espressione, d'altronde con il presidente che si ritrova...
Cordialmente
Mohammed
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