venerdì 20 giugno 2008

Voci critiche: 19. Umberto De Giovannangeli giornalista dell’Unità

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Al pari di Michele Giorgio un altro giornalista che viene quasi ogni giorno preso di mira dai «Corretti Informatori» è Umberto De Giovannangeli, giornalista dell’Unità. Non so quale fosse la situazione quando l’Unità era diretta da Furio Colombo, ma immagino che dovesse essere notevolmente diversa. Occore fare una ricerca al riguardo. La volgarità dei commenti redazionali verso De Giovannageli è tutto un discorso a parte: due pesi due misure. Se qualcuno pensa di poter ricambiare non dico con la stessa moneta, ma in misura pur sempre inferiore, la parte sionista, ecco che scatta la solita accusa di antisemitismo ovvero antisionismo, quasi che non si possa essere antisionisti. Ma quando ad offendere nel modo più volgare sono i «Corretti Informatori» la cosa appare del tutto normale, naturale. È da notare che i commenti redazionali non sono mai firmati. Che vuol dire? Che appartengono a tutta la Redazione di cui si conoscono i nomi o che è una sola persona a redigerli? Poco importa. La responsabilità direi sia collettiva di tutta la testata e di tutti i suoi redattori e collaboratori.

Versione 2.0/ 23.11.09
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Sommario: 1. Donatori di organi. – 2. Divide et impera. – 3. La paranoia della distruzione di Israele. – 4. I pruriti censori dei “Corretti Informatori”. – 5. Un giornalismo non adulatorio. – 6. Fondamentalismo ebraico. – 7. La riconciliazione fra Hamas e Fatah fa paura. – 8. Elie Wiesel intervistato da Giovannangeli. – 9. De Giovannageli intervistato da radio radicale. – 10. I «Corretti Informatori» in delirio per Desmond Tutu. – 11. Una “corretta” perla. – 12. L’animus del delatore, se non del sicario. – 13. Strani trattati di pace. – 14. La situazione di Gaza percepità dall’«entità» Pezzana. –

1. Donatori di organi. – Non evidenzio per esteso l’articolo di Giovannangeli di cui al link. Mi limito ad osservare come Giovannangeli dice quel che scrive esattamente: né di più né di meno. Invece il “corretto commento” fa un processo alle intenzione del giornalisti e si abbandona ad illazioni su illazioni secondo un modo tipico della “corretta” faziosità cupida di aggressioni.

2. Divide et impera. – Tutti conosciamo il motto “divide et impera” e la prospettiva è diversa a seconda del punto da cui ci si pone. Per chi legge qualche libro di storia del conflitto mediorientale si vede come la politica di Israele sia stata costantemente rivolta con tutti i mezzi possibili ed immaginabili alla divisione fra gli avversari. Non è cosa diversa nel conflitto fra Hamas e al Fatah. A capirlo e trarne le dovute conseguenze dovrebbero essere proprio i due contendenti intestini. Dal “corretto commento” che vuole essere di critica a De Giovannangeli ben si capisce come e dove batte il cuore dei “Corretti Informatori”, la cui professionalità lascia ben pensare a precise direttive da Israele. L’articolo di De Giovannageli offre una lucida ricostruzione di ciò che è avvenuto in questi ultimi giorno. Il “corretto commento” non ha nessun interesse all’informazione, ma è una sorta di spionaggio sulla stampa italiana per conto del Mossad o di analoghi servizi israeliani. L’ottica che guida il “corretto commento” non esprime un punto di vista italiano.

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3. La paranoia della distruzione di Israele. – Se si legge il testo dell’articolo di Umberto De Giovannangeli, che intervista i genitori del soldato catturato, Gilad, e poi lo si confronta con il “corretto commento”, si nota che l’uno dice una cosa, l’altro un’altra.

4. I pruriti censori dei “Corretti Informatori”. – Interessa rilevare dal “corretto commento” il rammarico che la nuova direzione de l’Unità non abbia messo la mordacchia al giornalista Umberto De Giovannangeli che continua a scrivere con la stessa libertà di prima. L’esaltazione della democratità dello stato di Israele e della criminalità di Hamas è un canovaccio abituale delle propaganda israeliana e non richiede qui un rinnovato commento.

5. Un giornalismo non adulatorio. – L’articolo di De Giovannangeli, sgradito ai “Corretti Informatori”, è semplicemente non appiattito nella denigrazione verso l’Iran. Chiaramente, Berlusconi ne ha sparata una delle sue a cui siamo ormai abituati. Tuttavia, non si è comportato da statista ed ha fatto male a recarsi presso l’associazione sionista. La sua sparata filoisraeliana potrebbe provocare qualche attentato di cui a farne le spese potrebbero essere i disgraziati cittadini italiani, che per il 53 per cento hanno fatto sapere di essere «critici» nei confronti del governo israeliano. Peccato che Berlusconi, sempre attento ai sondaggi, abbia ignorato questo chiaro sondaggio.

6. Fondamentalismo ebraico. – L’articolo è interessante in quanto mette in evidenza l’esistenza di un estremismo e di un fanatismo ebraico sionista che non è per nulla marginale e minoritario come i “Corretti Informatori” in imbarazzo tentano di megare. Una forma di questo estremismo è la stessa «Informazione Corretta» che è l’espressione mediatica di ciò che è descritto nell’articolo di De Giovannageli. Il nostro monitoraggio ne ha dato ormai sufficiente conferma. È da aggiungere una nota di ipocrisia tirata qui fuori per non poter fare apologia delle incredibili nefandezze inconfutabilmente descritte dal giornalistà dell’Unità.

7. La riconciliazione fra Hamas e Fatah fa paura. – Il tentativo di Israele e Usa è stato finora quello di dividere i palestinesi, mettendola in guerra gli uni contro gli altri. Un gioco antico quanto il mondo. Può darsi però che i destinatari non ci caschino e realizzino una migliore unità di intenti, riconciliandosi senza strascichi e rancori. Sarebbe una possibilità, come sembra di capire dall’articolo di De Giovannangeli. Ma la riconciliazione ai “corretti commentatori”, o meglio ad Angelo, non piace proprio. Meglio che si scannino per il maggior bene di Israele. Qualsiasi accordo facciano viene sempre dopo gli interessi di Israele. Grande senso tutto torinese dell’altruismo e dell’amore del prossimo.

8. Elie Wiesel intervistato da Giovannangeli. – Il personaggio intervistato è secondo Finkelstein uno che con l’«Olocausto» si è particolarmente arricchito. Ho letto velocemente l’articolo, assai mal riprodotto dai «Corretti Informatori», che hanno capito poco la reticenza di De Giovannageli.

9. De Giovannangeli intervistato da radio radicale. – Si tratta di un’intervista del 26 ottobre 2006 sullo «stato della missione Unifil 2 in Libano, sulla questione del riarmo di Hezbollah e sulla situazione nell’Autorità Palestinese». La registrazione sonora dura 21'39''.

10. I “Corretti Informatori” in delirio per Desmond Tutu. – Curioso modo di fare la rassegna stampa: non comprano in giornali in edicola! Si servono delle edizioni online e quando mancano combinano pasticciati riassunti stampa. In realtà ciò che loro interessa non è fare una qualsiasi informazione, ma sparare proiettili propagandistici a seconda di dove si dice loro dalla casa madre Israele di volgere il tiro. Dal grado di delirio diremmo che si apre per il nostro monitoriaggio un nuovo filone interessante. Quanto ad Elie Wiesel, intervistato da De Giovanngeli, non si direbbe che i “Corretti Informatori” sappiano leggere bene l’italiano. Non vi era nulla nel testo che lasciasse pensare che l’Intervistatore condividesse le vedute dell’intervistato: lo ha lasciato parlare e dire quel che voleva, come era giusto che fosse. Elie Wiesel può trovare credito solo giocando in casa. Fuori casa vale a mio avviso il giudizio di Norman G. Finkelstein.

11. Una “corretta” perla. – Andando al link si trova la consueta irrisione dei “Corretti Informatori” ad articoli di Umberto De Giovannangeli e di Michele Giorgio oltre che della redazione del Messaggero. Ma se andiamo al corretto commento troviamo un’autentica perla. De Giovanngeli nota giustamente che la definizione di “terroristi” attribuita ad Hamas è meramente dichiarativa. Gli appartenenti ad Hamas sono terroristi perché tali li considerano gli Usa. Sarebbero quindi anche dei marziani se così decidessero di considerarli gli Usa e i loro vassalli della Ue. Non gradendo il “considerano” di De Giovanngeli i “Corretti Informatori” tentano una definizione essenzialista, per così dire. Perché dunque i palestinesi sono “terroristi” a prescindere dalla dichiazione Usa? Perché «Hamas è un’organizzazione che uccide civili innocenti, dunque è un’organizzazione terroristica». Perfetto! Ma allora, giacché gli Usa e la stessa Israele di “civili innocenti” ne uccidono molti ma molti di più, allora ne dobbiamo desumere secondo la corretta logica che gli Usa e Israele sono organizzazioni terroristiche e criminali. È questo è certamente vero e lo sapevamo già e lo abbiamo sempre sostenuto nel corso delle nostre cronache mediorientali. Viceversa non può dirsi la stessa cosa per i palestinesi in quanto esercitano un loro diritto di difesa e di resistenza in una guerra asimmetrica. Non sono stati i palestinesi ad andare ad occupare le terre dei sionisti-israeliani cacciandoli dalle loro case e dai loro villaggi, etnicamente ripuliti, ma al contrario sono stati gli occupanti immigrati sionisti. La difesa e la resistenza è riconosciuta come legittima dal diritto naturale e dalle dichiarazioni universali.

12. L’animus del delatore, se non del sicario. – Chi legge l’articolo di De Giovanngeli apprende quel che è sufficiente e interessante apprendere: il tentativo di ... far ricredere il nuovo presidente americano sulla natura di Hamas, profondamente radicato nel territorio e pienamente rappresentativo dei palestinesi. L’inserzione nella lista dei “terroristi” è in sé un atto di guerra ideologica, richiesto e voluto da Israele, che mentre rivendica il suo diritto all’esistenza, cioè il riconoscimento della sua legittimità, ha un contestuale bisogno di negare esistenza e legittimità ai palestinesi spossessati ed espropriati. Il non voler indicare il nome dei contatti avuti, che per giunta avrebbero dovuto restare segreti, costituisce un’elementare misura di sicurezza, che con tutta evidenza i sionisti piemontesi vorrebbe violare.

13. Strani trattati di pace. – Per chi legge l’articolo di De Giovannageli, riprodotto in modo quasi illegibile dai «Corretti Informatori», vengono fuori dati interessanti ed insospettati. Nulla a che fare con il “corretto commento” che di ben altro si occupa e si preoccupa. Nemmeno confutiamo le falsità sulle forniture di Israele a Gaza. Apprendiamo invece che nel trattato di pace a suo tempo stipulato fra Egitto ed Israele vi era un «obbligo» di fornitura di petrolio o gas da parte dell’Egitto in favore di Israele, per giunta ad un prezzo basso. In genere gli accordi commerciali sono oggetto di libere contrattazioni. Invece qui si tratta di un obbligo sancito in un trattato di pace, che a questo punto occorrebbe chiamare in altro modo: obbligo di tributo. L’Egitto è uno stato vassallo-tributario di Israele in seguito ad una guerra persa. Inoltre, nell’ambito della solidarietà panaraba, veniamo a scoprire che l’Egitto si trova obbligato a dare forniture ad Israele, mentre Israele affama Gaza e lo stringe di assedio fino all’agonia. Che ciò a lungo andare non scardini gli equilibri politici interni sarebbe cosa ben strana. Era ora che qualcuno in Egitto sollevasse il problema. Sarà interessante seguire gli sviluppi ed è da ringraziare Umberto De Giovanngeli per aver richiamato la nostra attenzione su un dato che ignoravamo.

14. La situazione di Gaza percepita dall’«entità» Pezzana. – Per chi segue una certa letteratura Israele è sempre indicata come l’«entità sionista». Io non mi formalizzo e seguo l’uso corrente dicendo e scrivendo Israele. Nel “corretto commento” il suo estensore usa in rivalsa l’espressione «entità Hamastan». Punture di spillo che ben danno la prova del livello in cui opera Pezzana, probabile anonimo estensore dei commenti. La situazione umanitaria di Gaza, altamente drammatica, è chiaramente disconosciuta dagli Eletti Sionisti. Riporto per intero l’articolo di Umberto De Giovannageli:

Il dramma dei palestinesi assediati,
divisi e senza Stato

Una nazione senza Stato. Un popolo tradito dalle sue leadership, abbandonato dai «fratelli» arabi, assediato (a Gaza) e costretto a vivere nei tanti ghetti a cui è stata ridotta la Cisgiordania. È la Palestina oggi. Il dramma di un popolo si consuma nell’impotenza manifesta della comunità internazionale e in uno scontro di potere interno che rischia di trasformarsi in una devastante guerra civile. Il 29 novembre l’Onu celebra la giornata mondiale di solidarietà con il popolo palestinese. Solidarietà è anche mantenere viva l’attenzione su un dramma in atto. Il dramma degli «ingabbiati » di Gaza e dei «murati» della Cisgiordania. È l’emergenza tra le emergenze. I pressanti inviti delle Nazioni Unite hanno spinto Israele a riaprire parzialmente la frontiera con la zona controllata da Hamas per permettere il passaggio dei beni di prima necessità. Di fronte all’aggravarsi della crisi umanitaria, il governo di Gerusalemme ha concordato il lasciapassare per un numero limitato di convogli. Dal 4 novembre, quando un’incursione di Tsahal nel territorio aveva provocato una ripresa degli attacchi di Hamas, è la seconda volta che le autorità israeliane hanno permesso la revoca del blocco. Una misura, però, giudicata troppo timida e quasi inutile dagli organismi che operano nella zona. Una quarantina di camion di alimenti, «non sono sufficienti», lamenta Christofer Gunness, portavoce dell’Agenzia Onu per i rifugiati della Palestina (Unrwa). «Come animali in gabbia». Così si descrivono gli abitanti della Striscia di Gaza: senza corrente elettrica, senza scorte alimentari, senza latte per i propri figli. Voci da Gaza. Racconti disperati. Richieste di aiuto che non devono cadere nel vuoto. «Non ne possiamo più, mi sembra di essere un animale in gabbia», afferma Khalil Barakat, 50 anni, che vive nella colonia di Al Shati. «Ho paura per la vita di mio figlio, ha solo 11 mesi», riferisce Intizar, una giovane mamma,«siamo senza corrente elettrica e giro tutto il giorno per trovare del cibo per il mio bambino. Sono stata in alcuni negozi e non ho trovato nulla, tutto deserto». La donna racconta che è diventato impossibile trovare alcuni prodotti «come il latte, la carne, i pannolini...».
LA TESTIMONIANZA DI AMIRA - A Gaza è tornata anche Amira Hass, corrispondente del quotidiano israeliano «Haaretz» nei Territori. Amira aveva vissuto a Gaza negli anni Novanta. «In primo luogo mi ha colpito la miseria», dice la reporter. «Rispetto al passato - annota Amira Hass - la povertà mi fa impressione». «Le misure che aggravano le sofferenze della popolazione civile della Striscia di Gaza sono inaccettabili e devono cessare immediatamente», dichiara sottosegretario generale dell’Onu John Holmes.
GAZA O HAMASLAND? Assediati da Israele, il milione e mezzo di palestinesi della Striscia fanno i conti con le conseguenze, disastrose, della resa dei conti armata tra Hamas e Al Fatah. È l’altra faccia della tragedia palestinese: quella di uno scontro politico-militare che non ha fine. Da Ramallah, parla il presidente dell’Anp, Mahmud Abbas (Abu Mazen). Il rais insiste sulla necessità di difendere la unità del popolo palestinese di fronte ai «golpisti di Gaza», cioè Hamas. Se costoro pensano di poter decidere per il popolo intero, esclama con foga, «si illudono, si illudono, si illudono». Dopo aver espugnato con la forza (nel giugno 2007) comandi centrali, commissariati e campi profughi essi vorrebbero ora «creare un regime separatista nella nostra amata Gaza» lamenta Abu Mazen. «È lui il golpista, succube di Israele », ribatte Mahmud al Zahar, leader dei «duri» di Hamas.
Mi chiedo cosa Giorgio Napolitano sia andato a fare in Israele. Alla mia sinistra in uno scaffale si trova il volume di Stirner: «L’Unico». Non so se in mezzo a 57 milioni di italiano io sia “unico”, ma non mi sento rappresentato da questo presidente. Non ne ricordo uno più lontano dal mio modo di pensare e dalla mia sensibilità. Vederlo poi con la kippah in testa è stato per me uno spettacolo quanto mai deprimente.

15. Il più infame dei muri: quello israeliano. – L’articolo di De Giovannageli è notevole. Il commento dei sionisti nostrani è come sempre orribile e non degno di ulteriore commento: occorre solo registrarlo e monitorarlo. Esiste un pronunciamento della Corte di Giustizia al riguardo. Le sentenze vengono plaudite quando in qualche raro caso sembrano dare ragione a Israele, come in ultimo a proposito di boicottaggio visto assurdamente come forma di discriminazione (uno “chutzpaz”, come dicono Lor Signori), ma non nella stragrande maggioranza in cui Israele viene condannata per conclamato apartheid.

16. B’Teselem «vomita» un nuovo rapporto. – Esistono israeliani ed ebrei non privi di elementare senso di umanità, anche se a mio avviso restano condizionati da un sistema con un forte deficit di legittimità. Al link si trova un articolo di De Giovannangeli, come sempre misurato ed obiettivo. Contro di lui si rovescia una volgarità che ci fa riflettere ed è oggetto del nostro monitoraggio.

17. Vomitevoli commenti: la regola quotidiana. – Andando al link si trovano due articoli la cui evidenza è lampante, ma la cecità e l’ottusità morale dei commenti redazionali di IC suscita un senso di profondo disgusto. Vi è qui poco o nulla da dire. Registriamo soltanto una barbarie che ci fa ben capire di cosa sono capaci costoro.

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