sabato 14 giugno 2008

Intellettuali: 16. Il giornalismo di Maurizio Blondet.

Homepage

Gli articoli di Maurizio Blondet si caratterizzano per acutezza di giudizio, pacatezza d’animo, ricchezza di informazione, sobrietà di stile. È un giornalista che non ha paura di dire le cose che sa vere. Sente anche il dovere di informare e di consentire ai cittadini un esercizio informato delle proprie decisioni. Vi sono tutti i presupposti perché egli sia “odiato” dai «Corretti Informatori», che non riescono però mai a controbattere agli argomenti addotti: si basano su una evidenza che è tale solo per loro stessi. Possono solo denigrare, recitando filastrocche coniate dal ministero israeliano della propaganda di guerra. Infatti, l’archivio di IC non sembra così ricco alla voce Blondet come potrebbe considerando i numerosi articoli apparsi su EFFEDIEFFE, un sito i cui approfondimenti sono difficili da contrastare per i nostri «Corretti Informatori», specializzati in denigrazione con punte che sfociano nella diffamazione e nella delazione. Dopo aver esaurito l’archivio di IC attingerò perciò con opportuni links al giornale online, dove appaiono la maggior parte degli articolo di Maurizio Blondet.

1.9/14.10.09/Last/rev: 1 - 2 -
Precedente/Successivo
Sommario: 1. Pratiche di ordinaria diffamazione. – 2. Osama Bin Mossad. – 3. Sociologia dei Lettori/Lapidatori di «Informazione Corretta». – 4. Doverosa partecipazione di Boccuccia di Rosa alla lapidazione di Maurizio. – 5. L’esultanza di IC per il licenziamento da Blondet da l’«Avvenire». – 6. Le verità acquisite degli «eletti mentitori» e le riserve mentali di Chalmers Johnson. – 7. Il crepuscolo dei giudei in un articolo di Blondet. –

1. Pratiche di ordinaria diffamazione. – Se devo invitare qualcuno a casa mia, o in un luogo di cui sono responsabile e titolare, normalmente so chi devo invitare e mi avvalgo del mio diritto e della mia piena discrezionalità. Ognuno di noi proverebbe fastidio, insofferenza, irritazione, se qualcun altro pretendesse di sindacare le scelte fatte e quindi di indicarci lui chi invitare, magari stabilendo anche la scaletta delle cose da dire. Se poi si rendono pubbliche queste sconce pretese si commette anche una vera e propria diffamazione dell'ospite. Consultando l’archivio di IC, cioè di una organizzazione lobbistica costituita con lo scopo di influenzare i mass media italiani, si vede che è questo l’ordinario modo di procedere di una testata che si presenta come una sorta di “rassegna stampa”, ma non per informare, bensì per attaccare ogni voci critica verso Israele. Non entro nel merito della questione di cui al link. Non vi entro perché non merita nessun particolare commento. Anche in questo caso la tecnica e la pretesa è la stessa: «Invitiamo i lettori di Informazione Corretta a scrivere al direttore della Padania per chiedere come può ospitare nel suo giornale articoli che diffondono miti cospirativi come quelli diffusi da Blondet». Se questa non un’associazione a delinquere, poco ci manca. Chi siano poi i “lettori” di «Informazione Corretta» se ne è avuto un saggio con Michelino Levi, la cui follia pretende di poter imporre l’espulsione dall’ordine dei giornalisti. Essendo in un contesto biblico, simili Lettori possono più facilmente venire assimilati ai Lapidatori cui di volta in volta viene indicato un bersaglio da colpire. Non diversamente da Michelino, che pretende una pronta risposta dal presidente dell’Ordine dei giornalisti, i «Corretti Informatori» (meglio dicasi “hasbaroti”, con neologismo destinato a diventarci familiare) esigono «chiarimenti» addirittura dagli organi militari, rei di aver invitato Blondet a tenere una lezione presso una scuola militare. Per chi non lo sapesse l’Italia è una colonia di Israele ed i «Corretti Informatori» ne sono gli agenti che osano chiedere ad altri quale guerra combattono.

Torna al Sommario.

2. Osama Bin Mossad. – Nel commentare un articolo di Andrea Scaglia su “Libero” del 13 settembre 2006 dico subito che sulla faccenda dell’11 settembre ritengo i governi israeliani e statunitensi capaci di ogni cosa, anche di ammazzare i propri cittadini per fini di politica interna o estera. Per questo non mi stupisco né vado in escandenza contro chi avanza ipotesi. Provare questo genere di crimini può essere anche difficilissimo e forse non ci si riesce mai, come spesso non si conoscono crimini compiuti ma rimasti ignoti. Quando un governo mente platealmente sui falsi armamenti nucleari di Saddam, e mente con i propri cittadini, ci si può ben aspettare che menta sempre o che per lo meno non sia stata né la prima né l’ultima volta. E che dire della pulizia etnica del 1948 in Palestina? Vengono chiamati “complottisti” quanti per lo meno dubitano sulla versione ufficiale dell’11 settembre. Il termine è un poco curioso perché verrebbe da pensare che i “complottisti” siano loro stessi gli artefici del complotto. Si intende invece che loro “non credono” a ciò che viene loro raccontato e sospettano di ben altro. Non ho personalmente la pazienza di immergermi nelle cognizioni tecniche sulla dinamica dell’incidente. Lo fanno altri che io ritengo attendibili e degni di fede nelle loro conclusioni e nei loro dubbi. Fra questi Maurizio Blondet che ha pure scritto un libro in cui si sospetta del Mossad. A me basta una sommaria analisi della politica Usa prima e dopo l’11 settembre per capire che quell’evento era perfettamente funzionale ad un disegno imperiale che è in atto e che vede proprio in questi giorni un pericolo di aggressione militare all’Iran, necessaria per chiudere la partita iniziata l’11 di settembre 2001. Qualche migliaio di morti in più non fa differenza di fronte a parecchi milioni già immolati e su una popolazione di sei miliardi di consumatori. Verrebbe da chiedersi infine perché mai scalpita tanto il giornalista di Libero di cui al link. Tanto dimenarsi fa sospettare persino di lui in un mondo in cui i governi fanno ordinario uso della menzogna e della manipolazione dei media come tecnica di governo. Noto infine in Scaglia un certo compiacimento per il “licenziamento in tronco” di Blondet dall’Avvenire. Non per questo viene meno la mia stima per Blondet. Anzi ne viene confermata per la scarsa considerazione che avevo già dell’«Avvenire». Per Scaglia, di certo, non esistono rischi di licenziamento da «Libero», di proprietà insieme con il “Riformista”, del PdL Angelucci. Quella dei giornalisti è una strana categoria. Ogni volta che si legge un articolo occorre interrogarsi su chi scrive e tante sono le domande che possono farsi. Non bisogna mai rinunciare alla propria capacità di discernimento e guai a chi legge o ascolta senza spirito critico.

3. Sociologia dei Lettori/Lapidatori di «Informazione Corretta». – Nel link in questione si trova il seguente brano redazionale:
…Invitiamo i lettori della Padania e i lettori di Informazione Corretta politicamente vicini alla Lega a scrivere al quotidiano per chiedere come la linea di politica estera del partito sia compatibile con la collaborazione di fanatico nemico di Israele come Blondet.
Se questo non è perlomeno un invito alla censura, magari condito con l‘abituale accusa di antisemitismo, diventa difficile darne un diverso giudizio. Non mi sembra azzardato parlare di “parafascismo” in netto contrasto con il contenuto dell’art. 21 della costituzione. Nella rassegna stampa di oggi Marco Cappato parla di mancanza di democrazia in Italia. Siamo d’accordo. Solo che Cappato dovrebbe guardare da questa parte. Mi sembra di capire fino a questo momento lo schema di funzionamento di “Informazione Corretta” nel modo che segue. La mailing list viene spedita ad un indirizzario fatto prevalentemente di sionisti, o filoisraeliani, anche residenti all’estero e nella stessa Israele, dove fra gli i cittadini israeliani ve ne sono di provenienza italiana e con passaporto italiano. Immancabilmente ogni testo pubblicato è corredato da un indirizzo email cui si invitano i lettori a scrivere. Naturalmente il termine “invito” è un eufemismo. Quale sia il contenuto delle email è noto solo ai destinatari. Trattandosi di un “invito” la redazione di IC può tirarsi fuori da ogni ipotesi di istigazione: che ne so cosa fanno i Lettori/Lapidatori da me “invitati” a scrivere ad altri. Mica ho detto io loro cosa scrivere. Se ne assumono chiaramente la responabilità. «Informazione Corretta» nasce secondo un modello che credo abbia maggiori rappresentanti. Basti citare l’AIPAC. La Prister, il cui nome si leggere nella redazione di IC, fa parte dell’AIPAC per sua stessa ammissione. Di un Lettore abbia potuto farci un’idea diretta. È il tal Michael Levi, residente in New York ma cittadino israeliano e forse parente del Levi che aveva tentato di imbavagliare la rete. Quanto ai Lettori di IC vicini alla Lega, di cui al link, credo che ne faccia parte uno che si firma con l’id “padaniaebraica”, con il quale ho avuto un disgusto cibernetico di cui ho conservato documentazione qui. Credo che anche questo “padaniaebraica” sia uno spaccato sociologico dei Lettori/Lapidatori di IC. In un diverso contesto si è parlato di “parafascismo”.
Internet è una nuova frontiera della comunicazione. Il “sionismo” di IC si esercita come una forma costante e reiterata di “pressione” non solo sui mass media, ma su ogni soggetto che opera in rete. Gli insulti e le aggressioni “fasciste” che io stesso come anche Blondet, Cardini, Romano, ecc., ogni giorno ricevono fanno parte di una strategia messa a punto in Israele. La migliore difesa ed il migliore contrattacco è il ripudio della natura fascista di ogni possibile risposta (non fare le stesse cose che fanno loro), quindi una combinazione di comunicazione verticale (redazione di articoli d approfondimento e di documentazione) e di comunicazione orizzontale (dibattiti, discussioni e confronti solo con chi ne è degno, ignorando i provocatori e lapidatori di professione).

4. – Doverosa partecipazione di Boccuccia di Rosa alla lapidazione di Maurizio. – C’era da aspettarsi un intervento di Deborah Fait nel tentato massacro di Maurizio Blondet. Le loro pietre ritornano però al mittente. Nessuna seria obiezione perfino agli argomenti di Ahmadinejad, dove è ormai del tutto chiaro in che senso si parla di distruzione di israele, di tumore, di cancro o più eufemisticamente di “corpo estraneo”. Il ragionamento di Ahmadinejad non fa una grinza. Voi europei vi sentite responsabili per l’«Olocausto»? Io non ci credo, ma sono affari vostri, o meglio dei vostri governi e delle condizioni di resa accettate nel 1945 e sancite in Norimberga. Se proprio volete risarcire il “danno” ed il “crimine”, fatelo a casa vostra, magari sloggiando tutti i tedeschi dalla Baveria ed impiantandovi lo Stato di Israele. Magari instaurando anche una relazione privilegata fra Germania ed un simile stato sul modello delle relazioni fra l’Italia e lo Stato del Vaticano, guarda caso creato da Mussolini, l’efferato autore delle leggi razziali. Una zappata sui piedi di Deborah l’incauta citazione di Gandi, che ha perfettamente ragione: lo ha riconosciuto di recente Avraham Burg che si è ripreso il suo passaporto francese, tornandosi in Francia, dove si sente pare più a suo agio che nello stato alla nitroglicerina che è e resta Israele. La nitroglicerino prima o poi dovrà esplodere: questo dice Ahmadinejad. Ma qui la truffa è ormai evidente anche ai bambini. Da anni si tenta da parte israeliana e da parte di tutti i servizi di propaganda collegati – compresa IC – di provocare un plausibile pretesto per invadere l’Iran allo stesso modo in cui si è fatto per l’Afghanistan e l’Iraq. Solo così Israele e la sua cattiva coscienza si sentiranno veramente al sicuro, protetto sotto l’ala potente dell’Impero. Quanto all’essere amati/odiati è veramente sconcertante una simile riduzione della politica al più becero antropomorfismo. Io non riesco a capacitarmi come si possa sfruttare propagandisticamente una simile argomentazione. Ognuno di noi su di un piano strettamente personale può essere amato oppure odiato a seconda delle sue qualità personali. A sua volta è suscettibile di amare e di odiare. In genere ad amore corrisponde amore e ad odio odio. Ma quale amore i “sionisti israeliani” (distinguo ormai fra ebrei, sionisti, israeliani, ecc.) hanno dimostrato per quei palestinesi che hanno scacciato dai loro villaggi nel 1948 in una operazione di vera e propria “pulizia etnica”. Non hanno neppure l’onestà di riconoscere la verità a 60 anni dai fatti testimoniati dagli archivi e dalle testimonianze di veri “sopravvissuti” alla Nakba. Sempre Boccuccia di Rosa se le presa in altro intervento contro l’autore del romanzo olocaustico di successo “le Benevole” per aver detto il suo autore che oggi gli ebrei, trattati da ebrei degli anni trenta sono propri i “palestinesi” e sono trattati in questo modo non da quanti furono in Auschwitz, ma da quanti in Auschwitz non ci sono mai stati ma che grazie ad Auschwitz hanno fatto la loro fortuna e si sono arricchiti, come ha ben documentato l’ebreo Norman G. Finkelstein, figlio di genitori che in Auschwitz sono stati. Che fare? Israele è l’«unica demcrazia» del Medio Oriente? Davvero? Benissimo! Che i palestinesi possano ritornare negli oltre 400 villaggi dai quali sono stati scacciati, che vengono risarciti come sono stati risarciti i beneficiari dell’«Olocausto», che abbiano gli stessi diritti dei “sionisti israeliani”, che possano eleggere i loro deputati, che vadano tutti al voto per produrre nuove leggi dove non esistono discriminazioni di appartenenza per nessuno. Ma questo Deborah non lo vuole. E per questo se la prende e vomita veleno contro un Maurizio Blondet, ma non solo lui: tutto il mondo che non si vuole allineare ai dettami del suo grande “amore” per l’umanità non sionista. Guarda caso, prima di andarsene, Avraham Burg ha avvertito i suoi concittadini che il sionismo è un ferrovecchio ormai inservibile, non adatto ai nuovi tempi. Meglio buttarlo via finché si è ancora in tempo. Altrimenti imploderà travolgendo tutti i suoi fedeli. Ed è appunto quello che va dicendo Ahmadinejad, ma Deborah non ci vuol sentire da questo orecchio. Il bello è che i ragionamenti che Deborah fa, attribuendoli a Gandi e ed altri, sono corretti: non puà più dire di non sapere. Sa, ma persevera nel delitto, cioè nella pretesa di avere il diritto divino di poter scacciare i palestinesi da una terra che è loro al di là di ogni contestazione di sorta. Su cosa Deborah Fait fonda una simile pretesa? I sionisti avrebbero dato ad Israele una “dignità” che prima evidentemente non aveva. Non solo non hanno dato nessuna dignità a nessuno, ma ne hanno tolta a quegli ebrei che per le passate discriminazioni avevano attirato la compassione e solidarietà dei non ebrei. Proprio i sionisti alla Deborah si sono rese responsabili di un ben diverso antiebraismo che non ha nulla a che vedere con l’antisemitismo nazista degli anni trenta e neppure con il millenario antiebraismo cattolico e cristallino, ma è invece tutto e solamente fondat sulla Nakba, sulla violenza e sofferenza inflitto ad un popolo assolutamente innocente che viveva in pace nella sua terra e nei suoi villaggi. È un crimine con il quale deve fare i conti la coscienza di ogni “spirito libero” del XXI secolo, fatta eccezione per gli agenti del Mossad, presenti, passati e futuri.

5. L’esultanza di IC per il licenziamento da Blondet da l’«Avvenire». – È quanto mai istruttivo il testo di cui al link. Sotto un duplice aspetto: a) la politica editoriale de l’«Avvenire», un foglio decisamente illiberale. Non era sufficiente che Blondet non scrivesse sul quotidiano della CEI quelle idee che potevano non piacere. Si pretende perfino che anche altrove chi scrive per l’«Avvenire» mantenga una certa condotta e segua certe idee. Davvero un grande ed illuminante esempio di liberalità: un cattolicesimo liberale, sanamente laico e non laicista. b) L’esultanza dell’eletto mentitore che scrive in data 19 agosto 2005 l’infame commento, ha avuto una meritata risposta dallo stesso Blondet, in data 14 marzo 2007, dal cui testo riporto questa divertente satira:
…Naturalmente ora ci aspettiamo che Pezzana, su «Informazione Corretta», segnali anche questo articolo «antisemita» e un po' forse «negazionista», a chi di dovere, poliziotti o picchiatori: apprendiamo infatti che è stato pestato a sangue il mite rabbino Friedman, di Neturei Karta, il coraggioso che è andato alla conferenza di Teheran non già per «negare l’olocausto» - di cui ha confermato la realtà - ma per denunciarne la strumentalizzazione che ne fanno i sionisti. Già i figli di Friedman sono stati cacciati dalla scuola ebraica in cui studiavano.
Ora il capo dei picchiatori, Jehuda Meshi-Zahav, si è vantato con Maariv: «Gli abbiamo dato una bella ripassata, come non facevamo da tempo. Gli abbiamo strappato il cappello e il cappotto, perché almeno non avesse l’aspetto di un ebreo». Costui appartiene ad un gruppo di autodifesa chiamato ZAKA, ed è stato onorato, dopo l’azione, affidandogli la lettura della Torah nella sinagoga. 
Dunque sono ancora all’opera, i Sonderkommando; continuano a fare quel che hanno appreso nei lager; Israele è un Sonder-governo in piena, gioiosa attività. 
Pezzana dunque si riposi, non ha più bisogno di denunciare le verità che scriviamo come menzogne antisemite.
 Sono già tanti quelli che ci pensano, ormai anche Bernard Henry e Wiesel… ubi major minor cessat.
 Il giornalismo di propaganda non fa per lui, del resto.
 Torni alla sua antica passione.
 Un detto latino invitava il ciabattino a non parlare di nulla superiore alle suole, di cui è esperto: «ne sutor supra crepidam».
 Lo stesso invito rivolgiamo a lui: «Pezzana nec supra culum». E' il campo, glielo riconosciamo volentieri, dove può ancora insegnarci molto.
Sappiamo cosa ci potrà aspettare a tutti quanti, se il disegno lobbistico avrà pieno successo. Giungono voci che anche il mondo dei blogs e della rete è a rischio. Gli spazi di libertà non soggetta a censura sono una falla che il regime non può consentire. Ho firmato per la richiesta di referendum abrogativo dell’Ordine dei giornalisti, una prima volta con i radicali parecchi anni or sono ed una seconda con Beppe Grillo. L’Ordine dei Giornalisti dimostra ancora una volta la sua inutilità: non riesce neppure a difendere la libertà di pensiero e di espressione di un giornalista, che peraltro riservava già ad altre sedi quelle idee che sapeva non accette ad un quotidiano clericale come l’Avvenire, che pretende di sindacare un giornalista non solo quando scrive nell’Avvenire e per l’Avvenire, ma anche quando non scrive nell’Avvenire e per l’Avvenire. Un singolare ed inedito caso di censura al quale solo i preti potevano pensare. Aggiungo infine che sia il testo di Magister sia il «Corretto Informatore» che qui tenta voli pindarici che non gli sono propri tentano di far passare Maurizio Blondet come un visionario alle prese con fantasmi o parti della usa fantasia. Ma sto giusto leggendo un libro non recentissimo di Chalmers Johnson, “Le lacrime dell’impero”, il penultimo di una serie, dopo aver già letto il primo della trilogia, e trovo analisi non dissimili e non meno pessimistiche di quelle di Blondet. Non credo che Johnson e Blondet neppure si conoscano. Che israele sia un mostro che nasce su una “pulizia etnica” ed un genocidio lo dice l’israeliano Ilàn Pappe, costretto a lasciare Israele per aver avuto quella stessa onestà intellettuale che ha posto termine al rapporto di lavoro fra Blondet e l’«Avvenire». Mi auguro che gli aspetti economici non abbiano creato eccessivi problemi, ma sono contento per lui se altrove riesce a non sacrificare quel bene sommamente prezioso che è la propria coscienza e la propria percezione della Verità, cui tutto si deve. Apprendo solo adesso di questa vicenda vecchia di due anni. Esprimo pubblicamente la mia solidarietà per Blondet ed il mio pubblico biasimo per l’«Avvenire», peraltro da solo raramente letto. Ebbi soltanto una volta a che fare con la sua redazione per una faccenda paesana. In un articolo si sosteneva l’inesistente nascita di un personaggio storico in un determinato luogo. Quando finalmente con tecnica investigativa (non grazie alla redazione dell’Avvenire) l’autore dell’articolo, questo rispose alle mie contestazioni che in effetti lui non sapeva se il tal personaggio era effettivamente nato in quel luogo, per celebrare il quale con un’arbitraria nascita si erano spesi parrebbe trecento milioni elargiti in parte agli illustri studiosi invitati. Mi rispose che nel testo aveva scritto nato? con il punto interrogativo, ma poi il punto interrogativo cadde. Questa la serietà del giornale che si è privato della collaborazione di Maurizio Blondet, il quale merita di più e di meglio.

6. Le verità acquisite degli «eletti mentitori» e le riserve mentali di Chalmers Johnson. – Lasciamo da parte per un momento Maurizio Blondet e gli attacchi degli “eletti mentitori” ovvero “corretti informatori” a lui rivolti per introdurre un soggetto terzo estraneo al nostro Monitoraggio. Concentro quindi la mia attenzione per un verso sulla sicumera con cui nei commenti suppongo di Angelo Pezzana vengono considerati certi ed indiscutibili dati chiaramente propagandistici al di fuori da qualsiasi standard di analisi critica e per l’altro su ricorrenti passaggi che trovo in uno scrittore americano ben informato come Chalmers Johnson. Trovo qui sempre riserve mentali ogni volta che si parla dell’11 settembre. Sto leggendo con attenzione la sua Trilogia. Riporto qui fra i tanti possibili un solo brano che indirettamente butta in aria tutte le fritture propagandistiche degli «eletti mentitori»:S
Subito dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 - stabilito che l’organizzazione responsabile di essi doveva essere al-Qaeda [il corsivo è mio: ac] - il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld e il vicesegretario alla Difesa Paul Wolfowitz ordinarono al sottosegretario alla Difesa Douglas J. Feith di creare una speciale unità di intelligence all’interno del Pentagono. Lo scopo specifico di questa unità sarebbe consistito nello scovare legami tra al-Qaeda e il regime dei presidente iracheno Saddam Hussein, benché la CIA fosse dell’opinione che tali legami non esistessero. Feith, come i suoi capi, aveva già occupato diverse cariche ufficiali sotto l’amministrazione Reagan, tra cui quella di consigliere speciale dell’allora assistente del segretario alla Difesa Richard Perle, e faceva parte di un gruppo di ufficiali fortemente influenzati dal vicepresidente Dick Cheney, a sua volta ex segretario alla Difesa. Non appena l’amministrazione Bush si fu insediata, questo gruppo decise di dover entrare in guerra con l’Iraq a qualunque costo. Feith, secondo quanto riferito dal «New York Times», aveva fatto una ricerca approfondita per trovare un legame tra al-Qaeda e Saddam Hussein in grado di giustificare una guerra americana contro di lui. Wolfowitz, Feith e i loro soci erano «intenti a politicizzare l’intelligence per adattarla alle loro concezioni rapaci».
Fu chiaro, ben presto, che l’ostacolo principale era rappresentato dalla Central Intelligence Agency. Gli operativi e gli analisti della CIA non riuscirono a trovare alcun legame tra l’Iraq e gli attentati dell’11 settembre. Essi, anzi, ritenevano altamente improbabile che un regime laico come quello iracheno potesse avere rapporti con i militanti islamisti di al-Qaeda e dubitavano che Saddam Hussein potesse rifornire di armi in qualche modo a lui riconducibili gruppi terroristici che sfuggivano al suo controllo. Questa divergenza di opinioni si trasformò ben presto in una vera e propria guerra burocratica senza quartiere.

( Ch. Johnson, Le lacrime dell’Impero, Garzanti 2005, p. 153-54)
Raccomando la lettura della Trilogia di Johnson perché ricca di dati ed assai istruttiva. Ne viene fuori un mondo, difficile da tenere a mente in tutte le sue innumerevoli e minute articolazioni, assai diverso dalle grossolane semplificazioni che ci vengono ammannite ogni giorno. Per l’esattezza sono grossolane semplificazioni anche e soprattutto quelle che diffondono quotidianamente gli “eletti mentitori” senza che mai un dubbio li abbia sfiorati o che almeno abbiano mai riconosciuto il beneficio della buona fede e della serietà degli intenti alle numerose persone che essi ogni giorno attaccano e diffamano. È proprio ciò che dà la prova provata che trattasi di servizio di propaganda e di lobbying.

7. Il crepuscolo dei giudei in un articolo di Blondet. – Ho ricevuto da più parte per posta questo recente articolo del 15 dicembre 2008 di Maurizio Blondet. L’articolo si trova su Effedieffe, cui per accedere da qualche tempo occorre sottoscrivere un apposito abbonamente. Data l’importanza civile del tema contribuiamo volentieri alla diffusione dell’articolo, certi di non dispiacere né all’Autore né all’Editore, ma pronti a rimuovere il testo, magari riassumendolo, su semplice richiesta. Adattiamo il testo ai tipi grafici del nostro blog.

Maurizio Blondet
15 dicembre 2008

Madoff, ovvero il crepuscolo dei (giu)dei

«E’ una maledizione di proporzioni bibliche per la èlite ebraica» americana, ha scritto Laurence Leamer dell’Huffington Post. Sono i miliardari che hanno affidato i loro miliardi da gestire a Bernie Madoff, l’ex presidente della National Association Securities Dealers (Nasdaq), ossia del più elitario e chiuso gruppo di brokers finanziari newyorkesi.

Lo credevano il più fidato (ebreo, sionista, gran donatore alle più note istituzioni ebraiche) e il più bravo di tutti i brokers: credevano che investisse i loro soldi come solo lui sapeva fare, e nessun altro. Madoff assicurava un ritorno di almeno il 15% sugli investimenti.

In realtà, non investiva nulla: pagava ai primi investitori i rendimenti, con i soldi dei sempre nuovi investitori miliardari attratti dalla sua reputazione di manager chic, per pochi eletti. Una truffa rozza, destinata ad esplodere, che in USA chiamano «schema Ponzi» dal più famoso truffatore che usò il metodo, Charles Ponzi, un secolo fa.

Noi la chiamiamo «piramide finanziaria»: ne sono state vittime centinaia di migliaia di albanesi e migliaia di russi che vi hanno perso i loro risparmi. Ma almeno avevano la scusa di essere neofiti del capitalismo finanziario terminale. Invece, i clienti di Madoff erano i più astuti e ricchi profittatori dei «mercati».

Madoff, arrestato, ha vaporizzato 50 miliardi dei loro dollari (il doppio di quel che basta a salvare l’industria automobilistica USA, vale la pena di notare).

La sciagura si è abbattuta sui ricchi ebrei andati a passare gli ultimi anni nei dorati ospizi e cinque stelle della Florida, sicuri che i loro rendimenti – in così buone mani – avrebero pagato le spese per sempre. Quasi tutti i 300 membri dello snobissimo Palm Beach Country Club – di cui Madoff, s’intende, era socio – sono praticamente inceneriti.

Credevano, mentre il resto dei poveracci precipita nella disoccupazione e nella miseria, di poter godere in perennità delle gioie del Club; gioie consistenti, spiega Leamer, nel farsi vedere con l’ultima moglie, più magra e più giovane di quelle degli altri; o «nell’annunciare durante le cene che il tuo hedge fund ti ha reso il 33%, mentre l’arrogante stronzo dall’altro capo del tavolo, con quella moglie grassa, non ha fatto che il 17 %».

La battuta tipica, in quell’ambiente – lo testimonia il New York Times – era che il fondo d’investimento di Madoff era «il Buono del Tesoro ebraico», tanto lo credevano sicuro (1).

Si sa di gente che s’è iscritta al Country Club, pagando le quote principesche, al solo scopo di poter avvicinare Madoff e implorarlo di prendere i suoi miliardi e gestirli: Madoff ne ha rifiutato molti, e proprio il rifiuto aumentava gli aspiranti a dargli i loro miliardi. Significava essere nel club più ristretto ed esclusivo.

Madoff conosceva bene quello speciale e inesausto snobismo ebraico, la spasmodica sete di «distinzione» di quei ricconi disperatamente «sine nobilitate»; e sapeva come aizzarlo e sfruttarlo (2).

Ora i soci del Palm Beach Country Club, molti con la bombola anti-enfisema agganciata alla sedia a rotelle, stanno abbandonando le suites (che non possono più permettersi) e volano, con la moglie magrissima e giovanissima (che presto li lascerà) verso Boston e New York, a constatare quel che resta loro: quasi solo gli immobili. Dovranno vendere, magari, l’attico con vista su Central Park. Addio vecchiaie dorate; addio snobismo ebraico, addio i confronti sui conti in tasca dei vicini.
Come ha potuto, Madoff?

E’ stato il tesoriere nazionale dell’American Jewish Congress, una delle più grosse organizzazioni che raccolgono fondi per Israele; una colonna storica. Fondato da Stephen Wise [1874-1949], miliardario di provenienza ungherese e allevato al Jewish Theological Seminary di New York, l’American Jewish Congress proclama di essere stato «la prima agenzia a difesa dell’ebraismo a sostenere la creazione dello Stato di Israele» nonchè «la prima a boicottare la Germania» nel 1930.

Madoff è ancora il tesoriere della Yeshiva University, la chiusissima università privata di New York per soli ebrei, di cui è anche uno dei finanziatori della «business school» interna, la Sy Syms School of Business.

Il sito dell’università s’è affrettato a cancellare il nome di Madoff; ma ha lasciato per chi lo vuol leggere il proclama della sua missione: «La tradizione ebraica qui fornisce la cornice per l’etica, che è parte integrante dell’educazione dei nostri studenti».

Ci si comincia a chiedere se l’etica della Yeshiva University contemplasse la truffa finanziaria chiamata schema Ponzi. E poi: d’accordo spogliare i goym, è scritto nel Talmud; ma perchè «noi», Bernie Madoff?

Per molti dei rovinati, dev’essere un traumatico risveglio. In fondo, devono aver vissuto gli ultimi anni come l’era messianica dei loro sogni: quella che promette la Bibbia ebraica, quella in cui tu, ebreo, sarai «creditore di tutti e debitore di nessuno».

Il popolo americano si è dissanguato per fare le guerre ordinate da Sion; i popoli di lingua tedesca coprono Israele di doni, a riparazione eterna, forniscono sommergibili d’ultimo modello, gratis; gli europei si piegano e s’inchinano, pagano il loro tributo senza fiatare. Persino i monarchi sauditi ci portano doni. Insomma, i noachici sono tutti nel nostro allevamento, sono i nostri conigli e galline. Non promette Isaia, nei felici tempi a venire, che «lo straniero sorveglierà le vostre greggi»?

Ecco, il tempo è qui. Il «mondo a venire» in cui il Messia collettivo ha compiuto il suo riscatto, ed esercita senza più contrasti il suo potere sui noachici, suoi servi-pastori e tributarii.

Ma appena instaurato, il regno messianico par cominciare a sgretolarsi. Già il collasso finanziario ha spazzato via (con ricchi bonus, è vero) sionisti potentissimi e munifici donatori alla comunità, come Richard Fuld della Lehman Brothers, Sanford Weill di Citibank, Maurice Greenberg di AIG; d’accordo, i 2 trilioni dei contribuenti noachici stanziati dal nostro Bernanke hanno hanno creato un soffice materasso di piume sotto i precipitanti, ma già non si sa quanti di «noi» ci hanno rimesso qualche penna.

Ora, però, Madoff li ha colpiti direttamente, nelle loro fortune private, il cui surplus andava a finanziare «fondazioni» esentasse secondo la legge americana, e dunque un modo grazioso di arricchire Sion evadendo le imposte sulle ricchezze smodate.

Ora parecchie di queste fondazioni cosiddette filantropiche dovranno chiudere per mancanza di donatori; alcune lo stanno già facendo (3). Quanti di loro si domanderanno: come hai potuto truffare «noi», Madoff?

Lui potrebbe rispondere come lo scorpione dell’apologo: non posso farci niente, è la mia natura. E del resto, fratelli, non è l’intero sistema bancario del credito frazionale, su cui presiede la Federal Reserve, una titanica «piramide», uno schema Ponzi al quadrato?

Nel nostro mondo, il denaro non esiste finchè le banche non indebitano qualcuno, che restituirà il debito, con gli interessi, con il suo lavoro e il sudore della fronte. Il denaro è creato così, dal nulla; e il sistema funziona finchè si trovano nuovi gonzi da indebitare, coi fidi, le carte di credito e le vendite a rate «a tasso zero» (o quasi) onde creare nuovo denaro alla base della piramide, con cui pagare i primi arrivati, in cima alla piramide, cioè «noi». Quando non si riesce a trovare nuovi cretini da indebitare, il sistema crolla. E’ sempre accaduto così, in tutte le piramidi.

Ma certo, prima, nessuno di «noi» era rimasto sepolto come oggi sotto le macerie.

Poichè la Yeshiva University ha una filiale in Israele, e pare difficile nullificare 50 miliardi di dollari, c’è chi sospetta che una parte del bottino sia finita in Sion, da dove nessuna legge noachica può reclamarlo.

Personalmente credo l’accusa ingiusta: gli schemi-Ponzi sono appunto pura e semplice dilapidazione, una volta detratte le grasse commissioni del Ponzi di turno.

Ma il sospetto circola, se un giudice federale ha negato la libertà su cauzione al pio Shlomo Rubashkin, padrone della catena di macellerie kosher Agriprocessors Inc, arrestato per frode bancaria, con la seguente motivazione: «In base alla Legge del Ritorno israeliana, ogni ebreo e ogni membro della sua famiglia che lo desideri riceve la cittadinanza israeliana», e lo Stato ebraico non ha mai consentito ad estradare un suo cittadino (4).

Il procuratore americano scrive, nella motivazione di rifiuto, che il pio Rubashkin al momeno dell’arresto aveva 20 mila dollari in contanti dentro una sacca da viaggio, in cui sono stati ritrovati il certificato di nascita dell’imputato e i passaporti dei suoi figlioletti. Ciò non impedisce al periodico
The Jewish Week di accusare il magistrato di antisemitismo: «E’ ben ironico che una legge intesa a dare rifugio a noi perseguitati venga usata per detenere un ebreo che potrebbe essere altrimenti liberato in attesa di processo».

L’Anti-Defamation League promette guerra totale. La comunità soffoca d’indignazione per l’affronto: mai, mai in USA è stato trattato così uno di «noi»!

E’ il crollo del paradiso terrestre, pezzo per pezzo. E i crolli infatti si susseguono.

Ricordate Rahm Emanuel, l’uomo che Obama si è scelto come capo dello staff, potentissima posizione di filtro e controllo dell’accesso al presidente? La comunità ha esultato di tanta «distinzione». Il papà di Rahm, vecchio terrorista dell’Irgun, ha gongolato pubblicamente: «Certo che (mio figlio) va alla Casa Bianca per agire a favore di Israele. Cosa credete che vada a fare, a lavare i pavimenti? Mica è un arabo».

Che gustoso esercizio di chutzpah! Che inarrivabile Schadenfreude!

Ebbene: ora anche Rahm Emanuel è nei guai.

L’FBI avrebbe intercettato alcune sue telefonate compromettenti con Rod Blagojevich, il governatore dell’Illinois (un serbo di origine), formalmente sotto accusa per aver messo all’asta al miglior offerente il seggio senatoriale per Chicago, lasciato vacante da Obama (5).

D’accordo, tutta la potenza lobbistica disponibile è già mobilitata per insabbiare e negare; ma resta che lo scandalo ormai macchia lo stesso Obama, che non poteva non sapere. Dopo tanti sforzi e tanti soldi spesi per farlo eleggere, ecco che «noi» ci ritroviamo con un presidente già azzoppato prima ancora di insediarsi. Per Sion, non è un bene.

E forse non è tutto. Come ha scritto il
Guardian, nei grandi collassi storici tipo ’29 «le prime truffe finanziarie che vengono alla luce non sono le più grosse». Se Madoff ha volatilizzato 50 miliardi di dollari «nostri», quale sarà il prossimo Madoff, e quanti ne ha già incenerito?

Già l’elenco provvisorio dei clienti di Madoff è tale da far tremare, perchè sembra l’almanacco di Gotha degli dèi snob (6).

Per un importo sconosciuto, s’è fatta fregare la Famiglia Loeb, la storica progenie di banchieri d’affari; e con essa Ezra Merkin presidente della branca finanziaria della General Motors; Norman Braman, già proprietario del Philadelphia Eagles, la famosa squadra; Richard Spring, un sagace analista finanziario, che ha messo nel fondo di Madoff, per sua ammissione, «il 95% della mia ricchezza», pari a 11 milioni di dollari. E’ rimasto in trappola il senatore Frank Lautenberg, colonna dalla comunità. C’è rimasto incastrato Jeff Fisher, ricchissimo avvocato divorzista di Palm Beach in Florida, che lamenta non solo la sua propria sciagura: «Ogni grosso divorzio che è passato nel mio ufficio aveva posizioni di portafoglio con Madoff». Piange la perdita di 1 milione di dollari una signora Ira Roth, che ci invita a commuoverci «per mia suocera di anni 86, che campava di rendimenti degli investimenti», e dei suoi figli, «a cui il fondo Madoff serviva a pagare le rette universitarie».

Ma la ferita più bruciante colpisce le banche e i fondi, che hanno affidato i soldi a Madoff: perchè qui ad essere inceneriti non sono solo i capitali, ma le più solide reputazioni di sagacia finanziaria e speculativa.

C’è rimasta secca la Banque Benedict Hentsch, privata, di Ginevra, per 47,5 milioni. Un Tremont Capital, fondo di fondi, piange la sparizione di «centinaia di milioni». Lamenta la scomparsa di 280 milioni il Maxam Capital Management LLC, fondo speculativo, la cui proprietaria – Sandra Manzke – confessa: «Sono stata ripulita».

C’è il Fairfield Greenwich Group. C’è il Fix Asset Management, che ha affidato a Madoff almeno 400 milioni. E il Klingate Management Ltd., con capitali gestiti di 2,8 miliardi, in parte consegnati al truffatore amico.

E c’è – ci si consenta un minimo di schadenfreude – la famiglia Thyssen: quella che risparmiava sulla sicurezza degli operai noachici nelle acciaierie in disarmo, aveva messo non si sa quanti milioni o miliardi nelle mani di Madoff, attraverso il suo fondo Thybo, che gestiva le ricchezze familiari più intime.

Forse ancora peggio: avevano confidato in Madoff il Banco Santander (che gli aveva affidato 3 miliardi di euro attraverso il suo fondo speculativo «Optimal» e il nostro Unicredit, che non vuol dire quanto ha messo in mano al truffatore, attraverso un suo retrobottega con sede a Dublino, il «Pioneer Asset Group».

Il che ci porta alla inevitabile conclusione: sì, il mondo ci sta cadendo addosso. Perchè sapevamo le nostre banche capaci di spogliare i loro propri depositanti, ossia noi risparmiatori; ma non di farsi truffare da un trucco così vecchio e rozzo.

Questo ci sorprende e c’indigna davvero: che i maghi e i gestori di Unicredit, con tutte le loro pretese informazioni riservate e tutte le loro arie da geni della finanza, siano cascati in una piramide come contadini albanesi appena usciti dalla dittatura di Enver Hoxha.

E’ venuto il momento di portar via i nostri soldi da questi signori, di rispondere con pernacchie alle loro proposte di «sofisticati investimenti» per i nostri sudati risparmi. Come speculatori, sono scemi quanto noi. Tanto vale che investiamo daper conto nostro; ci rovineremo lo stesso, ma almeno senza pagare le commissioni d’oro a questi cretini altezzosi.

Unicredit, Unicredit. Così occhiuta e micragnosa nel concedere un fido a una sana aziendina italiana, e così lesta a confidare in Madoff; alla cieca, perchè era Madoff, del NASDAQ, l’«americano» così distinto e riservato. In fondo, Madoff ha saputo vendere bene le ultime briciole di autorità e credibilità morale dell’impero americano.

Ora non ne resta più, nemmeno una briciola, per Barak Obama. Forse il mondo sta cambiando davvero.

(1) Laurence Leamer, «Bernard Madoff and the Jews of Palm Beach», Huffington Post, 12 dicembre 2008.
(2) «Snob» è una abbreviazione tipica di certi inviti regali e nobiliari, dove è indicato il titolo degli invitati: ad esempio, la regina potrebbe mandare un cartoncino d’invito a CJohn Windham, Esq. (per Esquire), e ad «Alain Elkann, s.nob. (sine nobilitate)». Ovviamente, gli esempi sono del tutto inventati. Nell’aristocrazia, la abbreviazione è diventato un modo beffardo di segnalare gli arrampicatori sociali, che aspirano a confondersi con la nobiltà e ne imitano, in caricatura, i modi e le sprezzature.
(3) Fra le «charities» che stanno chiudendo, va segnalata la «Robert Lappin Charitable Foundation» di Boston, la cui missione era «rovesciare la tendenza alla assimilazione e ai matrimoni misti» con non ebrei. La Lappin Foundation pagava viaggi in Israele ad adolescenti e preparava educatori specifici «nello sforzo di mantenere i nostri figli ebrei». Ora ha licenziato i sette dipendenti. Madoff finanziava anche il «Gift of Life», una serata di gala e di raccolta fondi per una banca del midollo destinata agli ebrei leucemici. Vedere Gabrielle Birkner e Anthony Weiss «M Madoff Arrest Sends Shockwaves Through Jewish Philanthropy», Froward, 13 dicembre 2008.
(4) Stewart Ain, «Feds Argue Return Law Makes Jews Flight Risk, «The Jewish Week, 12 dicembre 2008.
(5) James Bone, «Blagojevich scandal: Rahm Emanuel and Jesse Jackson Jr face new revelations», Times, 13 dicembre 2008.
(6) «Bernie Madoff’s victims: the list», Clusterstock Research & Analysis, 13 dicembre 2008.
Le considerazioni da farsi sono tante, ma innanzitutto vi è da apprendere i nomi delle persone e della istituzioni sopra elencate, ignote ai comuni cittadini che normalmente riassumono il tutto con i comuni pregiudizi antiebraici. Hanno un loro contenuto di verità, anche se non ci si possono aspettare da essi i sofisticati apparati della scienza. Il pregiudizio può essere un dato di partenza, da dismettere ed abbondonare appena si dispone di dati certi,

Nessun commento: