lunedì 16 giugno 2008

I “nuovi storici”: 17. Shlomo Sand e la fine del mito sionista.

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È da accogliere l’augurio di IC che il libro di Shlomo Sand trovi presto un editore italiano. Il marchio di qualità è dato dall’ostilità e dall’abituale denigrazione verso quegli autori che demistificano ad una ad una tutte le bugie su cui si regge uno stato come quello di Israele. L’arma più potente contro Israele ed il sionismo non è l’atomica di Saddam o quella altrettanto inesistente di Ahmadinejad, ma la Verità che bisogna avere il coraggio di proclamare alta senza se e senza ma. Lo sanno bene i nostri «eletti mentitori». Tentano infatti di sommergere la Verità sotto un abituale cumulo di menzogna e denigrazione. Occorre resistere: Verità contro Menzogna.

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1. La Diaspora ebraica non è mai esistita. – Nel libro di Shlomo Sand si smonta un mito che – pare – si insegna nelle scuole ebraiche e che non è meno pernicioso di ciò che – si dice – si insegna nelle scuole musulmane riguardo lo stato di Israele, che non appare neppure nelle carte geografiche. In effetti, se non lo si riconosce, al suo posto vi sarà la Palestina. La tesi di Shlomo Sand negando che sia mai esistita la diaspora, cioè la dispersione forzata degli ebrei dopo la distruzione del Tempio, rivela che le diverse comunità ebraiche sparse nel mondo antico e medievale erano dei convertiti autoctoni. Non ha perciò senso invocare un diritto al ritorno dopo un’interruzione di quasi duemila anni. Un simile diritto al ritorno lo hanno invece le popolazioni palestinesi espulse nel 1948 da oltre 400 villaggi con una vera e propria operazione di pulizia etnica accompagnata da una pratica costante di sterminio. Non lo dico io che non ne avrei i mezzi diretti di conoscenza, ma uno storico ebreo come Ilàn Pappe, che basa il suo libro su documenti inconfutabili di archivio e sulle testimonianze di “sopravvissuti” veri. La lotta contro Israele e l’apartheid la si vince con le armi della Verità che deve però essere tenuta alta e visibile, non nascosta negli armadi.

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2. Tutti ignoranti. – Un grazie al servizio Google alerts che mi porta notizie presenti sulla rete che mi sarebbero passate altrimenti inosservate. Così alla chiave Shomo Sand mi sono incominciate ad arrivare le prime reazioni al libro di Shlomo Sand, che pur risiedendo in Israele sa essere molto meno fazioso degli ebrei della cosiddetta Diaspora. Avraham Burg, Ariel Toaff ora Shlomo Sand per non dire quanti altri ancora: sono tutti «ignoranti» in quanto si rifiutano di confermare le bufale ed i miti di cui consiste la cosiddetta cultura ebraica. Davvero divertente, se non fosse penoso. So bene che a dire io queste cose verrò rubricato fra gli antisemiti, mentre Shlomo Sand è già collocato nella categoria degli “ebrei che odiano se stessi”, una spiritosa invenzione per non prendere in considerazione il dissenso e la critica interna. Colgo qui occasione per anticipare una risposta che svilupperò in seguito. Non ho proprio nessun interesse a fare l’antisemita – posizione nella quale in nessun modo mi riconosco –, ma ho invece interesse a difendere me stesso ed il modo in cui viene presentata la cultura e l’identità europea non solo da parte degli ebrei della diaspora, ma dai numerosi ascari resistenziali e cosiddetti antifascisti che hanno gettato in mare l’identità europea per quel piatto di lenticchie loro offerto dai vincitori. La “rieducazione” degli europei doveva incominciare ed essere portata a compimento con l’autoflagellazione e l’autocondanna non solo per quanti furono partecipi e protagonosti dell’ultima guerra mondiale, ma per i loro figli e i figli dei loro figli secondo l’omonimo passo biblico ed a maggior gloria degli ebrei della presunta Diaspora e soprattutto degli occupanti sionisti, che però nel caso di Shlomo Sand o di Ariel Toaff dimostrano di essere per nulla ottusi come quelli romani, i “Giusti” che infieriscono su vecchi novantenni.

3. Gilad Atzmon: Il mito dell’ebreo errante. – Il link immette in un’ampia recensione del libro di Sand, di cui è auspicabile una tempestiva edizione italiana. Il popolo ebraico fu inventato verso la metà del XIX secolo. (segue)

4. Jonatan Cook: “Come fu inventato il popolo ebraico”. Best-seller israeliano infrange il tabù nazionale. – Il link immette in un’altra recensione del libro. Se ne ricavano informazioni di nostro interesse. Pel la lettura comleta si rinvio al link. Intanto apprendo che in data 16 ottobre 2008 esiste una traduzione francese. Il libro è stato per 19 settimane nella classifica dei best-sellers israeliani. (segue)

5. Leggendo in traduzione francese “Comment le peuple juif fut inventé”. – Ho comprato ieri la traduzione francese del libro di Shlomo Sand scritto originariamente in ebraico. Sembra che proprio per essere stato scritto in ebraico anziché in una lingua più diffusa il suo autore non sia andato incontro alla sorte di Ariel Toaff. Almeno è quanto scrive Toaff nel suo ultimo libro “Ebraismo virtuale”, dove riporta un consiglio di Sand. Il libro è uscito presso Fayard nel corrente mes di ottobre 2008 ed io sono quindi uno dei primi lettori. Non sarà la mia né una recensione né un riassunto, ma di tanto in tanto riporterò le mie impressioni e riflessioni via via che procedo nella lettura. È vero quanto è stato anticipato sulla tesi centrale del libro, già riassunta nel titolo: il popolo ebraico è una pura invenzione. Meglio però distinguere fra nazione e popolo. Non so se più avanti nel testo troverò questa distinzione che è chiara ai lettori di Carl Schmitt. Il popolo è un concetto sempre attuale che si basa sull’attualità della distinzione amico/nemico, capace di contrappore opposte unità politiche. La nazione, come dice la sua etimologia, è una sorta di genealogia collettiva. E qui possono trovarsi le stesse problematiche che ad un certo punto si presentanto risalendo indietro nel tempo. Come noi italiani, magari cittadini della Roma moderna, non possiamo dirci diretti ed indiscussi discendenti degli antichi romani, lo stesso può dirsi per ogni popolazione moderna, senza che ne costitiscano eccezione gli odierni ebrei. Anzi qui si introduce un elemento ulteriore di contraddizione. Se qualcuno dei diecimila ebrei romani pretende di essere un diretto discendente degli ebrei della diaspora e quindi un cittadini de iure della odierna Israele, non potrà sottarsi all’onere di spiegare la sua doppia cittadinanza e fedeltà. Ricadremmo in uno dei topoi che alimentarono l’antisemitismo. (segue)

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