mercoledì 7 maggio 2008

Le “urine” giornalistiche di Paolo Griseri e le fandonie dell'ambasciatore israeliano alla Fiera del Libro di Torino

Versione 1.3
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La “Repubblica” di oggi 7 maggio 2008 riporta un’ampia cronaca delle manifestazioni connesse alla Fiera del Libro di Torino che si apre ufficialmente domani. Non sono ormai più capace di leggere in silenzio articoli di giornale senza fare i miei commenti. Cosa leggo dunque? Il servizio si apre con un’intervista all’ambasciatore israeliano Gideon Meir, il quale naturalmente tira l’acqua al suo mulino, facendo il gioco delle tre carte e dando prova delle eccelse qualità della diplomazia israeliana. E non è cosa di cui stupirsi, se si prensa al precedente ambasciatore, uomo dalle grandi emozioni. Ma è da chiedersi per chi è in fondo questa benedetta “Fiera”, finanziata pare direttamente dal ministero dei Beni culturali del defunto Rutelli in accordo con il governo israeliano e dopo aver esautorato l’Egitto inizialmente previsto per quest’anno come “ospite d’onore”, un «onore» usurpato da Israele con gli stessi raggiri ed inganni con cui 60 anni fa scacciava dalle loro terre e dalle loro case i palestinesi, per i quali il 60° della Gloria israeliana coincide con la loro Nabka. Mai un evento fu associato a tanta infamia e mai trovò così servili coperture al punto da «onorare» ciò che in normali condizioni di libertà politica e morale merita solo «basimo». Ho notato come l'informazione di parte tenti di eludere il senso di ciò che Napolitano ha detto. Se si legge nel suo testo la nota del Quirinale, che riporto ancora una volta dopo averle già commentate in altro post, cui rinvio:

La replica del Colle
. Una nota è stata diffusa dal Quirinale per rispondere alle dichiarazioni di Ramadan: «In relazione a talune dichiarazioni infondate e insinuanti - si legge nella nota - si ricorda come la presenza del presidente della Repubblica all'inaugurazione della Fiera del Libro di Torino sia nella stessa linea della sua partecipazione a molteplici eventi culturali che hanno luogo in Italia. È del tutto falso, inoltre, attribuire al presidente Napolitano l'errore di aver tacciato di antisemitismo tutti coloro i quali criticano lo Stato di Israele. La critica delle politiche del governo di Israele è del tutto legittima, innanzitutto all'interno di Israele; quel che è inammissibile è qualsiasi posizione tendente a negare la legittimità dello Stato di Israele, quale nacque per volontà delle Nazioni Unite nel 1948, e il suo diritto all'esistenza nella pace e nella sicurezza».
il senso è chiaro: criticare Israele si può, ad incominciare all’interno dello stato di israele da parte dei suoi stessi cittadini. Il criticare Israele non significa fare dell’antisemitismo. L’ambasciatore imbroglione, che io rimanderei a casa, tenta di far passare il marginale ed ultroneo della nota del Quirinale per l’essenziale. Ed al tempo stesso di occultare l’affermazione principale del testo di Napolitano che se non verrà di nuovo rimangiato con una piroetta, magari a seguito della pressioni della Israel lobby nostrana, ribalta tutto il senso dell’equiparazione antisionismo = antisemitismo, sulla quale molto si era ringalluzzita la propaganda israeliano-sionista.

È in fondo questo il messaggio che intendono dare quanti – me compreso – si schierano per il “boicottaggio”, che almeno per quanto mi riguarda non significa chiudere i cancelli o impedire al presidente Napolitano ed a chiunque altri di fare la sua passeggiata fino allo stand di Israele. Il senso del boicottaggio è tutto morale e sembra dispiaccia al vicedirettore di Famiglia Cristiana, Fulvio Scaglione, secondo la non affidabile citazione che ne fa lo stesso p.g. (Paolo Griseri). Se davvero “Famiglia Cristiana” – che non leggo da una trentina d’anni – sostiene ciò, vorrà dire che si è ridotta a mal partito la pretesa di magistero morale dei cattolici: vecchia storia con torrenti di sangue che attraversano tutta la storia del cattolicesimo, sempre pronto ad affermare la promozione della Fede con saggi accordi mondani fra poteri forti ed emergenti. L’ambasciatore israeliano si preoccupa della “legittimità” dello stato di Israele, contestata dalla sinistra e da un terzo degli italiani; ma se esiste una «ostilità» di un italiano su tre, di cui nel sondaggio di Mannheimer, ciò vuol dire che gli italiani, anche quelli meno colti, non la bevono sul modo in cui ci vogliono presentare la storia mediorientale. Ripeto quel che chiesi a Fini Gianfranco, ora numero 3 del regime: questa benedetta legittimità di Israele da chi dovrebbe essere riconosciuta? Dagli stati vassalli degli Usa, da un paese come il nostro con 113 basi Usa sul nostro territorio, o dagli stati confinanti con l’«entità» Israele ovvero dagli stessi palestinesi? Secondo quale concezione di “cristiana giustizia» si può pretendere di imporre con la forza e l'inganno ad arabi e musulmani un riconoscimento del loro invasore coloniale e del loro carnefice? Eccole qui le radici giudaico-cristiane che hanno trovato finalmente il loro trattino di unione, beninteso a danno di terzi e con beneficio della fede cristiana che sarà fancora una volta imposta nel mondo con l’aiuto delle cristianissime e piissime armi del torturatore Bush, che un giorno parla di diritti umani e l‘altro dispone inumani torture nelle prigioni Guantanamo in nome di una supposta sicurezza americana. Nulla di nuovo sotto il sole ed oggi l'ipocrisia morale è più sfacciata che nel passato.

Segue nel servizio odierno di “Repubblica” un articolo di Paolo Griseri (non più p.g.) che con grande professionalità giornalistica – ben venga l”abolizione dell’Ordine e la fine del finanziamento pubblico dei giornali – constata con disappunto la grande preparazione culturale di Francesco Coppellotti, le parole non sono semplicemente “pronunciate” ma «sciorinate”, usando cioè un termine che vuole orientare il giudizio del lettore che legge il articolo che dovrebbe semplicemente “informare” chi legge, lasciandolo libero di formarsi un suo autonomo giudizio. Mando a dire a costui che se Francesco Coppelloti “sciorina”, lui Paolo Griseri – di cui apprendo per la prima volta la sua esistenza terrena – riesce al massimo solo ad «urinare» sia parlando sia scrivendo. Ignora problemi che sono troppo grossi per la sua testa di mediocre giornalista e soprattutto estranei alla sua onestà intellettuale e deontologia professionale. In merito ai problemi sfiorati da un giornalista incompetente non ripeto cose già detto in questo blog, che chi vuole può andarsi a cercare. Il senso di questo mio rapido intervento è una vibrata e tempestiva protesta contro un'infamia a mezzo stampa alla quale nelle cose riguardanti le faccende israeliane ed il nostro passato storico tocca farsi il callo, ma non senza reagire fino a quanto le libertà costituzionali ce lo consentiranno.

Lasciando perdere le urine giornalistiche di Paolo Griseri, vale però la pena di riportare le parole di Francesco Coppellotti, semplice interventore al convegno torinese di Scienze Politiche sulla pulizia etnica in Palestina perpetrata nel 1948 e di cui si fa di tutto per stendere un velo di silenzio ed omertà. Dice Coppellotti le cui parole hanno fatto scappare la pipì al giornalista di Repubblica:
«Tedeschi e palestinesi sono vittime della stessa arma: il senso di colpa collettivo scaricato su di loro dagli ebrei e dallo stato di Israele. Il concetto di colpa collettiva non l’ho inventato io. lo si ritrova nel famoso discorso che Martin Walser pronunciò nel 1998 a Francoforte».
E qui mi voglio inserire anche io, per far venire il mal di pancia a Paolo Griseri, se mai leggesse queste mie righe. Eravamo in Roma al Goethe Institut, ad una conferenza in onore di Martin Walser, di cui Coppellotti, presente al tavolo degli oratori, aveva tradotto un ultimo libro. La sala era gremita. Dal pubblico volli intervenire anche io a proposito del concetto di colpa, citando un brano di Carl Schmitt del 16 novembre 1947:
«Vivere della colpa altrui è il modo più basso di vivere a spese degli altri. Vivere di ammende e tangenti è il modo più ignobile di fare bottino. Ma essi hanno vissuto sempre così…».
La citazione è tratta da un'opera postuma di Carl Schmitt, che avrebbe dovuto uscire inizialmente presso Adelphi, che però rinunciò a pubblicarlo – dopo aver fatto di tutto per averne i diritti commerciali – quando si accorse che l'opera conteneva simili eloquenti affermazioni. Ricordo che Walser fu compiaciuto da queste citazione, che forse non conosceva. Non così però gli ebrei presenti in sala, che intervennero dopo di me per mettersi a fare polemica con me ed elevarmi al ruolo non previsto di correlatore.

La poca testa di Paolo Griseri nulla può contro simili argomentazioni e ricorre alle urine, con il cui inchiostro redige il suo articolo odierno. Va a cercare alleanze – sempre dando con beneficio di inventario ciò che riporta del pensiero altrui – con un certo Davide del “collettivo autonomo universitario”, probabilmente uno studente che ha ancora molto da studiare ed apprendere, se davvero è vittima dei pregiudizi che gli attribuisce l'Urinatore di Repubblica. In effetti, si può riflettere sulla convergenza fra un certo ebraismo ed una certo sinistrismo dell'immediato dopoguerra in un comune interesse a demonizzare la storia dei popoli appena vinti. Cosa di meglio che non gettare su tutta la generazione appena precedente la “colpa morale” di un «Olocausto» sul quale ancora oggi esiste il divieto di ricerca storica.

E qui colgo occasione per ripetere la millesima volta la mia posizione – ben nota a Coppellotti e da lui condivisa – circa il cosiddetto negazionismo. Sono da tenere ben distinti due differenti aspetti. Uno riguarda la questione di merito (esistenza o non esistenza delle camere a gas, vera natura e funzione dei campi di concentramento, numero dei morti, ecc.), che deve essere materia degli storici, i quali devono poter svolgere in assoluta libertà il loro lavoro. Come in ogni controversia storica solo il dibattito, la discussione, in contraddittorio può portare ad una communis opinio che assuma i caratteri della Verità storica dei fatti, nella misura in cui possa darsi una verità in ordine alle cose umane. Altra ben diversa questione è il carcere e l'incriminazione penale inflitta a quanti sostengono tesi non gradite al governo di israele ed alle lobby ebraiche che hanno influenza in Francia, Germania, Austria, Svizzera e che riescono a farsi confezionare apposite leggi a sostegno della loro Verità, infliggendo carcere, tortura, persecuzione, gogna a quanti possono essere di diverse vedute. È quanto di più contrario ai principi liberali possa immaginarsi. Ho appena letto la notizia – non sono in grado di verificare ora – secondo cui lo storico Ilan Pappe, autore del “La pulizia etnica della Palestina” sarebbe stato costretto da minacce a lasciare il suo insegnamento in Israele per trasferirsi in Inghilterra. Se la cosa è vera, come credo, abbiamo un concreto esempio della “unica democrazia in Medio Oriente” di cui parla Gianfranco Fini a “Porta a Porta”, in un indegno sciacallagio televisivo di stato. Per concludere, nessun serio studioso potrà pronunciarsi positivamente o negativamente in ordine al cosiddetto negazionismo fino a quando non sarà garantito a chiunque la piena libertà del suo pensiero con annesso diritto ad una libera ricerca ed un libero insegnamento. A quegli altri studiosi, che danno per scontato che certe tesi non stiano né in cielo nè in terra, deve togliersi la fiducia e avanzare il sospetto di parzialità interessata. Spiegare ciò ad una certa sinistra è ancora difficile, ma tutto sembra in movimento e forse è giunta l’epoca della caduta dei tabù.

RASSEGNA STAMPA COMMENTATA

1. L’ambasciatore israeliano tenta di... cavalcare il presidente Giorgio Napolitano. – Se si presta attenzione al virgolettato ci si accorgerà che il presidente Napolitano non ritorna più nell'infelice equiparazione fra antisemitismo ed antisionismo. Invece l'ambasciatore israeliano tenta di fargli dire quello che Napolitano non sembra voglia ripetere. Forse la la prima volta ci è cascato. Non posso sapere, a meno che le facoltà mentali non gli siano indebolite. È da seguire tutta la rassegna stampa tenendo di vista questo piccolo ma essenziale particolare nel gioco delle dichiarazioni. Veramente, l'ambasciatore israeliano è pericoloso nella sua scorrettezza: occorrebbe rimandarlo a casa, ma con Frattini nuovo ministro degli esteri possiamo aspettarci una cattiva politica estera, ma non troppo cattiva. Una nuova avventura militare credo che produrrebbe una forte mobilitazione nel paese e confido nel buon senso e realismo di Berlusconi.

2 commenti:

stuarthwyman ha detto...

Salve, un amico mi ha segnalato un articolo del Corriere della Sera di oggi, di Piperno a pag. 11.

Ce l'ho su un altro pc, se ne siete a cooscenza, bene...

Anonimo ha detto...

Inglesi e Tedeschi comprano molte case e terreni in Toscana.

Hanno il diritto di formare uno stato indipendente in quei luoghi?

Hanno il diritto di cacciare i Toscani dalla loro Terra?

Israele lo sta facendo da 60 anni coi Palestinesi.