Pubblico integralmente ed in corpo normale l'intervista di Ilan Pappe su l’Unità. Il testo è ripreso dai «Corretti Informatori» che offrono il consueto spettacolo di isterismo verso tutti quegli ebrei che si tengono distanti dal sionismo, la cui caratterizzazione criminale supera di gran lunga quel fascismo e nazismo che gli stessi hanno innalzato a loro idolo polemico, con una differenza importante e significativa: il fascismo ed il nazismo non esistono più ed il loro studio riguarda la storia. Forse fra qualche secolo si potrà scrivere libri su questi momenti centrali della storia europea del XX secolo senza rischiare di finire in galere o venire additati alla pubblica gogna. Il sionismo è invece un fenomeno politico che si svolge sotto i nostri occhi e può ben essere sintetizzate nelle cannonate sparate contro una madre ed i suoi quattro figli mentre facevano la loro magra colazione. A tanta ferocia poteva arrivare solo il sionismo. A tanta ipocrisia solo i governi di Israele – la sola democrazia del Medio oriente – che esprimono “rincrescimento” per i tanti morti ammazzati con la stessa leggerezza con cui si ammazzano le mosche. Se questa è l’unica democrazia del Medio Oriente, mai fu tanto infangato il nome di democrazia! Se questa è la democrazia, allora sarà il caso di interrogarci seriamente su ciò che la democrazia è. Uomini come Burg, Pappe, Sand ci stanno mandando un messaggio importante che i sionisti tendono ad occultare: loro ebrei ci stanno dicendo che esiste una identità ebraica non collusa ed intrisa con il genocidio del popolo palestinese, un'identità ebraica non declinata sull’«Olocausto» costruito sul fango gettato sulla coscienza europea e mantenuto su di una legislazione liberticida che impedisce la libera ricerca storica sugli eventi tragici della seconda guerra mondiale, che in effetti non è ancora terminata, essendo l'occupazione e lo sterminio, vero e non inventato, del popolo palestinese. Tutte queste verità emergono dall'opera di storici come Ilan Pappe, che da ebrei riscattano il loro popolo dai crimini del sionismo. Il loro lavoro è insostituibile. Se le conclusioni a cui essi sono giunti con il loro libero lavoro intellettuale fossero state tratte da studiosi e storici non ebrei, contro di essi si sarebbero scatenati tutti i fulmini delle diffamazione mondiale che ha il suo centro nell'ADL. Se a scrivere gli stessi libri fosse stato un tedesco, un francese, un austriaco, uno svizzero, per loro vi sarebbe il carcere duro. Solo gli ebrei possono riportare la verità sulla più grane menzogna storica, morale e politica del nostro tempo. Lode ad Ilan Pappe e biasimo ai suoi detrattori di «Informazione Corretta», agenzia sionista dislocata in Torino.
L’ UNITA' del 1 maggio 2008 pubblica un’intervista di Umberto De Giovannangeli allo storico israeliano Ilan Pappe.
Ha falsamente sostenuto che gli studenti arabi dell'Università di Haifa sarebbero discriminati.
Nell’intervista a De Giovannangeli nega esplicitamente il diritto all'esistenza di Israele, che accusa di “pulizia etnica” e di “crimini di guerra”, connessi alla stessa essenza ideologica del sionismo.
lettere@unita.it
Antonio Caracciolo
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[La cosa dispiace ai “Corretti Informatori”, ma non puà essere lo loro impedita, bensì solo denigrata. Quale sia il loro credito è cosa ben nota: cantano a se stessi la loro messa e la loro verità, alla quale neppure loro stessi in fondo credono]Pappe, nella sua carriera accademica ad Haifa, ha accreditato come ricerche storiche falsi sulla guerra del 1948 finanziati dall’Olp,
[grottesca questa idea che Pappe si voglia arricchire con i soldi dell’Olp, trascurando le ben più sostanziose ricchezze ed opportunità provenienti dalla lucrosissima «industria dell’Olocausto», di cui ha parlato un altro ebreo, Finkelstein, magari pure lui finanziato dagli squattrinati dell’Olp. I “Corretti Informatori” sono proprio a corto di fantasia per non saper trovare calunnie che stiano meglio in piedi]che sono stati riconosciuti come tali in tribunale, per ammissione dello stesso autore.
[Bah! Non ho elementi ed al momento non posso pronunciarmi. Ho però il libro di Pappe nella sua edizione francese e lo vado leggendo con viva partecipazione ed a stento reggendo all'emozione ed indignazione che esso suscita in me. Se commento ogni singola pagina, ne viene fuori un volume ancora più ampio]
Ha falsamente sostenuto che gli studenti arabi dell'Università di Haifa sarebbero discriminati.
[È un’altra e ben diversa questione, peraltro assai verosimile. Nel suo ultimo libro Pappe documento il genocidio del 1948, di cui quello odierno è una continuazione, al cui confronto i nazisti tanto spesso invocati si dimostrerebbe dei dilettanti]Ha promosso il boicottaggio accademico contro le Università israeliane,
[ed ha fatto bene! Ed io stesso in quanto universitario italiano mi associerò volentieri ad ogni iniziativa che venga da Pappe, anche se non sono al corrente di nessuna specifica iniziativa e finora non vi ho mai preso parte.]e dunque contro la sua stessa Università.
[Anche io sarò contro la mia università, se questa diventasse responsabile del genocidio palestinese. Ma mi sembrano questi aspetti del tutto minori rispetto all'opera storica di un Pappe o di un Sand. Grottesco di fronte ai crimini invocare la solidarietà corporativa, quella stessa solidarietà che facendo due pesi e due misure non viene concessa ai tedeschi che si giustificarono dicendo do aver eseguito gli ordini ricevuti. I nostri «Corretti Informatori» nel loro livore non si accorgono di darsi la zappa sui piedi con i loro sbilenchi argomenti.]
Nell’intervista a De Giovannangeli nega esplicitamente il diritto all'esistenza di Israele, che accusa di “pulizia etnica” e di “crimini di guerra”, connessi alla stessa essenza ideologica del sionismo.
[È così! Non piace ai «Corretti Informatori» ma è la pura verità, la stessa verità affermata da Avraham Burg che ha scelto di risiedere in Francia anziché in israele, stato allo nitroglicerina, equivalente della Germania degli anni Trenta, secondo la sua ricostruzione. Il “diritto all’esistenza” invocato dai sionisti e dai «Corretti Informatori», portavoce della propaganda di Israele in Italia, è in fondo l’equivalente della dottrina del Lebensraum. Sionismo e nazismo si toccano…]L'intervistatore è un mero comprimario,
[che vuol dire? L’intervista vuol farla lo stesso Pezzana? Ma non gli è bastato presentare le “vite straordinarie” dei transfughi iraniani al convegno romano di donna Fiammetta? A quella farsa, benché recitata in una conferenza stampa, non vi fu un solo giornalista a fare domande. Vi furono solo applausi da parte di altri sionisti mobilitati allo scopo. Chi era presente, tacque o non gli fu concesso di poter parlare. Purtroppo per loro i «Corretti Informatori» non possono sempre imbavagliare la stampa o trovare giornalisti “amici”, come un Pierluigi Battista per fare un solo nome. scelto perché scrisse un pezzo eleogiativo del convegno di donna Fiammetta senza neppure avervi messo piede. Non è necessario partecipare ai convegni degli amici, basta scrivere il pezzo propagandistico.]che incoraggia costantemente Pappe a pronunciare le sue condanne verso Israele: «Israele giustifica l’assedio della Striscia come atto di difesa. È una giustificazione accettabile?», è la prima domanda, cui segue la prevedibile condanna senza appello.
[Secondo i nostri «Corretti Informatori» Israele ha pieno diritto di sgozzare le sue vittime, essendo stato giustificato e legittimato da Jahvè in persona. Le vittime hanno il dovere di accettare il loro ruolo sacrificale e di lasciarsi offrire in «Olocausto» a Jahvè: questo è il loro privilegio e massimo onore ottenibile. Il diritto comune, non sionistico, riconosce alle vittime, agli aggrediti, il diritto di resistenza e di difesa. Chi resiste all'aggressione, ad un'aggressione che inizia ancora prima del 1948, non può essere incolpato per questo. Lanciano rudimentali razzi? Si difendono! Se rinunciassero a farlo, avrebbero soltanto esaurito la loro capacità di resistenza, cioè sarebbero morti del tutto. È difficile da capire? In quale lingua occorre spiegarlo ad Angelo Pezzana ed ai suoi accoliti? ]Il resto dell'intervista segue lo stesso copione.
[E leggiamolo, finalmente! Aver letto prima le denigrazioni può essere in fondo una utile e singolare introduzione al testo: tutto quello che potevano sparare, lo hanno sparato.]Delegittimazione, demonizzazione, doppio standard (attraverso la negazione, per il solo Israele, del diritto all’autodifesa scontato per gli altri stati):
[Insistono questi animali! Che direbbero loro stessi se venissero perfettamente equiparati quei nazisti contro cui hanno costruito la loro identità e le loro vittime? Non può esservi equiparazione giuridica e morale fra una ciurma di invasori occupanti e loro progenie con le genti che essi hanno scacciato dalle loro terre e dalle loro case, uccidendoli in buon numero e tentando con i superstiti ogni forma possibile di sterilizzazione demografica, politica, culturale. In ultimo si sono trovati il loro Quisling in Abu Mazen, anche qui copiando dai nazisti]tutti gli indici del passaggio dalla "legittima critica" all'antisemitismo proposti da Nathan Sharansky sono presenti in questa intervista.
[Sharanski? Chi? Quel Tizio che donna Fiammetta ha fatto venire in Roma per teorizzare la sedizione all'interno degli stati che non godono di una democrazia razzista come quella israeliana? Mamma mia! Una citazione simile può essere fatta solo davanti a chi non ha avuto l'avventura di poterlo ascoltare. Raramente si potrebbe trovare una fonte cos' squalificata a sostegno delle proprie ragioni e pretese!]
Il quotidiano post-comunista trova tuttavia l’impudenza
Ecco il testo dell'intervista:
R. «Assolutamente no. Non è una giustificazione accettabile. L’assedio della Striscia di Gaza è una forma di punizione collettiva pensata per aumentare la pressione sui palestinesi perché abbandonino qualsiasi forma di resistenza e accettino di sopravvivere in quella che è una vera e propria gigantesca prigione costruita per loro».
D. Israele sostiene che la sofferenza della popolazione civile di Gaza è responsabilità assoluta dell’«organizzazione terroristica denominata Hamas». Qual è la sua opinione in merito?
R. «I rappresentanti di Hamas sono stati eletti democraticamente nel gennaio 2006 e pertanto sono i legali rappresentanti dei palestinesi residenti a Gaza. Qualunque rifiuto a negoziare con loro non potrà che prolungare la sofferenza per entrambe le parti in conflitto».
R. «Sfortunatamente, come ho cercato di spiegare ne La pulizia etnica della Palestina, il sistema di valori su cui si fonda lo Stato d’Israele fin dalla sua nascita non è fra i più nobili, essendo strutturato attorno a una ideologia etnocentrica che pone come prioritaria la necessità di avere uno Stato ebraico con una solida maggioranza ebraica che controlli larga parte dei territori palestinesi. Nel creare il proprio Stato-nazione, il movimento sionista non condusse una guerra che “tragicamente, ma inevitabilmente” portò all’espulsione di parte della popolazione nativa, ma fu l’opposto: l’obiettivo principale era la pulizia etnica di tutta la Palestina, che il movimento ambiva per il suo nuovo Stato. Questa visione non è cambiata affatto dal 1948 ad oggi. Il valore di uno Stato a base etnica è ancora al di sopra di qualunque diritto umano o civile».
D. In Italia è appena uscito il suo ultimo libro, «La pulizia etnica in Palestina» (Fazi Editore). Su cosa fonda questo grave atto d’accusa?
R. «Dopo un’attenta considerazione di quanto è realmente accaduto nel 1948, sono arrivato alla conclusione che l’unica definizione giuridicamente e moralmente corretta per descrivere fedelmente quanto realizzato dagli israeliani era proprio quello di pulizia etnica. È un termine giuridico che descrive qualunque tentativo da parte di un gruppo etnico di cacciarne un altro da un’area geografica condivisa, il che spiega esattamente la strategia israeliana. Ed è anche un concetto morale, che fa rientrare questo tipo di politiche nel campo dei crimini contro l’umanità. Mi lasci aggiungere che è nostro dovere strappare dall’oblio la semplice ma orribile storia della pulizia etnica della Palestina, un crimine contro l’umanità che Israele ha voluto negare e far dimenticare al mondo. Non tanto per un atto di ricostruzione storiografica o per un dovere professionale, ma per una decisione morale, in assoluto il primo passo da compiere se vogliamo che la riconciliazione possa avere una possibilità e la pace possa mettere le radici nelle terre lacerate di Palestina e Israele».
D. Quella che lei racconta è dunque una pace impossibile?
R. «No, tutt’altro. Resto convinto che Israele non ha altra scelta che quella di trasformarsi spontaneamente, un giorno, in uno Stato civile e democratico. Che ciò sia possibile, lo vediamo dalle strette relazioni sociali che palestinesi ed ebrei hanno intessuto, malgrado tutto, nel corso di questi lunghi e travagliati anni, sia dentro che fuori Israele. Quella pace, lo sappiamo, è a portata di mano: lo sappiamo, soprattutto, dalla maggioranza dei palestinesi che hanno rifiutato di lasciarsi disumanizzare da decenni di brutale occupazione israeliana e che, nonostante gli anni di espulsione e di occupazione, credono ancora nella riconciliazione. Ma la finestra di opportunità non starà aperta per sempre. Israele può essere destinato a restare ancora un Paese pieno di collera, le sue azioni e la sua condotta dettate dall’oltranzismo nazionalista e dal fanatismo religioso, la fisionomia del suo popolo permanentemente alterata dalla giusta vendetta. Ma per quanto tempo possiamo continuare a chiedere, se non a sperare, che i nostri fratelli e sorelle palestinesi continuino ad avere fiducia in noi e non soccombano completamente alla disperazione al dolore in cui sono precipitate le loro vite l’anno in cui Israele eresse la sua fortezza sopra i loro villaggi e le loro città distrutte?»
Di seguito, l’articolo sull’antisemitismo:
Per inviare una e-mail alla redazione dell'Unità cliccare sul link sottostante
[È difficile che qualcuno superi in impudenza gli stessi «Corretti Informatori». Altro che relativismo! Costoro credono ciò che fa loro comodo. E buon prò gli faccia. Ma non osino tentare di infinocchiare il loro prossimo ignaro]di affiancarla con un trafiletto dal titolo "In aumento aggressioni antisemite". Insieme alle vendite dell' UNITA'?
[A quelle del “Foglio”, il giornale fantasma, per non parlare di «Opinione», «Riformista», il «Velino» e simili. Almeno l’Unità nelle edicole si vede, ma i fogli organici ai «Corretti Informatori» nessuno li ha mai visti. Le loro stilettate i «Corretti Informatori» dovrebbero studiarsele meglio. Proprio non ne azzezzano una. Naturalmente, ho firmato il referendum anche contro i finanziamenti pubblici all’«Unità». Sono ben d'accordo a che sopravvivano solo i giornali che sanno finanziarsi con i soldi dei loro lettori e per le cose che scrivono, dando prova di obiettività ed onestà nell'informazione, quell’onestà tutta da ridere se la si vuol cercare nell’informazione fornita da «Informazione Corretta
Ecco il testo dell'intervista:
[Finalmente! Devo però confessare che avrei comprato questa volta l’Unità se avessi saputo in tempo di questa intervista. Una copia in meno per l’Unità che ormai non posso trovare più in edicola. Ringrazio i «Corretti Informatori» per avermi fatto risparmiare un euro, ma mi sento in colpa verso l’Unità, come uno che entra in teatro senza pagare il biglietto.]IL SUO ULTIMO LIBRO è destinato a scatenare dibattito e polemiche. Per il profilo del suo autore e per la tesi sostenuta. L’autore è uno degli intellettuali più scomodi di Israele e per Israele: Ilan Pappe. Storico, saggista, nato ad Haifa da genitori ebrei sfuggiti alla persecuzione nazista, Pappe ha insegnato per anni ad Haifa per poi trasferirsi all’Università di Exeter. Il libro in questione è «La pulizia etnica della Palestina» (Fazi Editore).
[Già uscito in italiano? Io l’ho comprato nell’edizione francese! Ma comprerò anche l'edizione italiana e lo leggerò più volte in francese ed italiano, migliorando così il mio francese, secondo un esercizio scolastico raccomandato... Esco a vedere se trovo da Feltrinelli l'edizione indicata... Sono di ritorno. In libreria si trovano otto copie del libro al costo di 19 euro ciascuna. Ne compro una copia che si aggiunge all'edizione francese che già possiedo e mi procurerò se capita anche quella inglese: farò esercizi di lettua in lingua straniera leggendo l'originale e le due traduzioni, di seguito o in conteporanea. Mi auguro che esca presto in edizione italiana anche il libro di Shlomo Sand. Dell'Antiheimers e Walt, che sarebbe Avraham Foxman, capo dell'ADL, non ho notizia editoriale, ma dubito che un Foxman possa dare buone prestazioni come uomo di scienza.]D. Partiamo dall’attualità. E dalla tragedia di Gaza. Israele giustifica l’assedio della Striscia come atto di difesa. È una giustificazione accettabile?
R. «Assolutamente no. Non è una giustificazione accettabile. L’assedio della Striscia di Gaza è una forma di punizione collettiva pensata per aumentare la pressione sui palestinesi perché abbandonino qualsiasi forma di resistenza e accettino di sopravvivere in quella che è una vera e propria gigantesca prigione costruita per loro».
D. Israele sostiene che la sofferenza della popolazione civile di Gaza è responsabilità assoluta dell’«organizzazione terroristica denominata Hamas». Qual è la sua opinione in merito?
R. «I rappresentanti di Hamas sono stati eletti democraticamente nel gennaio 2006 e pertanto sono i legali rappresentanti dei palestinesi residenti a Gaza. Qualunque rifiuto a negoziare con loro non potrà che prolungare la sofferenza per entrambe le parti in conflitto».
[Vorrei qui aggiungere alcune mie considerazioni personali. Donna Fiammetta Nirenstein, tra la tanta paccottiglia prodotta, ha tirato fuori un libro indecente dal titolo “Israele siamo noi». Il tentativo criminale vorrebbe essere quello di far scattare una forma di identificazione come succede nei film, dove ci si identifica con l'eroe, l'io dello narrazione, di cui seguiamo le vicende e condividiamo le emozioni. Trovo insopportabili queste operazioni. Ma se io proprio dovessi identificarmi con qualcuno, di certo non con gli israeliani, ma con i palestinesi potrei identificarmi e condividere il senso di pena e di sofferenza che mi comunicano. Come palestinese mai e poi mai potrei dimenticare gli orrori subiti e mai potrei perdonare. Ed ai miei figli trasmettere lo stesso senso di resistenza ed amore per la libertà nonché di riscatto. Già oggi credo che i palestinesi abbiano superato in eroismo ogni popolo della terra. Tuttavia, non si può chiedere loro un eroismo infinito. Solo loro possono decidere se perdonare i loro aguzzini e vivere in pace con loro. Sperando che i figli dimentichini i torti fatti e subiti dai padri, l'unica ipotesi realistica – se proprio gli ebrei di Russia, d’Europa e di altri parti del mondo non vogliono ritornarsene là da dove sono venuti, allora tutti dovrebbero essere in grado di convivere in un solo stato dove non esista ne ebreo, nè palestinese, né cristiano, né musulmano, ma dove tutti siano cittadini di pari diritto e dignità di un'unico stato. A non volere ciò sono innanzitutto gli ebrei sionisti. Ed è comprensibile il perché. Ma la via dei due stati mi sembra un vicolo cieco. Restano praticabili: o il completamento del genocidio palestinese, ed in questo caso il mondo avrebbe a che fare con un ben altro Auschwitz, o la scomparsa di Israele. Considerando gli arsenali atomici, di cui criminalmente dispone, il vero pericolo per la pace nel mondo è Israele, non il fondamentalismo islamico]D. Tra pochi giorni Israele celebrerà il 60° della sua fondazione. Quale bilancio trarre?
R. «Sfortunatamente, come ho cercato di spiegare ne La pulizia etnica della Palestina, il sistema di valori su cui si fonda lo Stato d’Israele fin dalla sua nascita non è fra i più nobili, essendo strutturato attorno a una ideologia etnocentrica che pone come prioritaria la necessità di avere uno Stato ebraico con una solida maggioranza ebraica che controlli larga parte dei territori palestinesi. Nel creare il proprio Stato-nazione, il movimento sionista non condusse una guerra che “tragicamente, ma inevitabilmente” portò all’espulsione di parte della popolazione nativa, ma fu l’opposto: l’obiettivo principale era la pulizia etnica di tutta la Palestina, che il movimento ambiva per il suo nuovo Stato. Questa visione non è cambiata affatto dal 1948 ad oggi. Il valore di uno Stato a base etnica è ancora al di sopra di qualunque diritto umano o civile».
D. In Italia è appena uscito il suo ultimo libro, «La pulizia etnica in Palestina» (Fazi Editore). Su cosa fonda questo grave atto d’accusa?
R. «Dopo un’attenta considerazione di quanto è realmente accaduto nel 1948, sono arrivato alla conclusione che l’unica definizione giuridicamente e moralmente corretta per descrivere fedelmente quanto realizzato dagli israeliani era proprio quello di pulizia etnica. È un termine giuridico che descrive qualunque tentativo da parte di un gruppo etnico di cacciarne un altro da un’area geografica condivisa, il che spiega esattamente la strategia israeliana. Ed è anche un concetto morale, che fa rientrare questo tipo di politiche nel campo dei crimini contro l’umanità. Mi lasci aggiungere che è nostro dovere strappare dall’oblio la semplice ma orribile storia della pulizia etnica della Palestina, un crimine contro l’umanità che Israele ha voluto negare e far dimenticare al mondo. Non tanto per un atto di ricostruzione storiografica o per un dovere professionale, ma per una decisione morale, in assoluto il primo passo da compiere se vogliamo che la riconciliazione possa avere una possibilità e la pace possa mettere le radici nelle terre lacerate di Palestina e Israele».
D. Quella che lei racconta è dunque una pace impossibile?
R. «No, tutt’altro. Resto convinto che Israele non ha altra scelta che quella di trasformarsi spontaneamente, un giorno, in uno Stato civile e democratico. Che ciò sia possibile, lo vediamo dalle strette relazioni sociali che palestinesi ed ebrei hanno intessuto, malgrado tutto, nel corso di questi lunghi e travagliati anni, sia dentro che fuori Israele. Quella pace, lo sappiamo, è a portata di mano: lo sappiamo, soprattutto, dalla maggioranza dei palestinesi che hanno rifiutato di lasciarsi disumanizzare da decenni di brutale occupazione israeliana e che, nonostante gli anni di espulsione e di occupazione, credono ancora nella riconciliazione. Ma la finestra di opportunità non starà aperta per sempre. Israele può essere destinato a restare ancora un Paese pieno di collera, le sue azioni e la sua condotta dettate dall’oltranzismo nazionalista e dal fanatismo religioso, la fisionomia del suo popolo permanentemente alterata dalla giusta vendetta. Ma per quanto tempo possiamo continuare a chiedere, se non a sperare, che i nostri fratelli e sorelle palestinesi continuino ad avere fiducia in noi e non soccombano completamente alla disperazione al dolore in cui sono precipitate le loro vite l’anno in cui Israele eresse la sua fortezza sopra i loro villaggi e le loro città distrutte?»
Di seguito, l’articolo sull’antisemitismo:
TEL AVIV Non si arresta la preoccupante ondata di anti-semitismo nel mondo. I casi registrati nel 2007, rispetto all'anno prima, sono aumentati del 6,6%, mentre sarebbero addirittura triplicate le aggressioni violente nei confronti di ebrei. È quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Istituto Stephen Roth dell'Università di Tel Aviv, uno dei più noti centri di «studio sull’antisemitismo e il razzismo contemporanei». Stando all’indagine, come riportano i principali siti israeliani, l’anno scorso sono stati denunciati 632 episodi di violenza a motivazione razziale contro gli ebrei, rispetto ai 593 del 2006. Il 57% degli attacchi del 2007 sono stati giudicati«particolarmente gravi», mentre un anno prima, in questa categoria erano stati classificati appena il 19% dei casi. Gli autori del rapporto, del resto, sottolineano che il trend di crescita della violenza anti-semita è proseguito nel 2007 anche in assenza di un «catalizzatore esterno», come era stata, per l'anno precedente, la Seconda guerra in Libano.
L’ultima ricerca parla comunque di una «doppia tendenza»: da un lato, ci sono diversi Paesi in cui gli episodi di antisemitismo sono diminuiti, dall'altro è stato riscontrato un aumento di aggressioni gravi condotte con un'arma o con l'obiettivo di uccidere, e di incendi dolosi, spesso negli stessi paesi. Esemplare il caso della Francia, dove i crimini dell'odio sono diminuiti dai 97 del 2006 ai 47 dell'anno scorso, mentre il numero di aggressioni pericolose è cresciuto da due a otto. In Australia è andata esattamente in senso inverso: gli episodi violenti sono diminuiti, da 49 a 29, ma nel 2007 sono stati messi agli atti cinque episodi di violenza grave rispetto all'unico caso registrato nel 2006. Nel frattempo, in Germania, Canada e Regno Unito si è riscontrata una crescita in entrambi i trend. Per quanto riguarda l'Italia, spiegano dall'istituto di ricerca,i dati raccolti non sono ancora completi.
L’ultima ricerca parla comunque di una «doppia tendenza»: da un lato, ci sono diversi Paesi in cui gli episodi di antisemitismo sono diminuiti, dall'altro è stato riscontrato un aumento di aggressioni gravi condotte con un'arma o con l'obiettivo di uccidere, e di incendi dolosi, spesso negli stessi paesi. Esemplare il caso della Francia, dove i crimini dell'odio sono diminuiti dai 97 del 2006 ai 47 dell'anno scorso, mentre il numero di aggressioni pericolose è cresciuto da due a otto. In Australia è andata esattamente in senso inverso: gli episodi violenti sono diminuiti, da 49 a 29, ma nel 2007 sono stati messi agli atti cinque episodi di violenza grave rispetto all'unico caso registrato nel 2006. Nel frattempo, in Germania, Canada e Regno Unito si è riscontrata una crescita in entrambi i trend. Per quanto riguarda l'Italia, spiegano dall'istituto di ricerca,i dati raccolti non sono ancora completi.
Per inviare una e-mail alla redazione dell'Unità cliccare sul link sottostante
lettere@unita.it
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Sono scettico su tutti i rapporti sull'antisemitismo di fonte israeliana e sionista. Sono in genre viziati dalla stessa nozione di antisemitismo nonché da criteri e dai metodi di indagini. Nell'ambito della mia esperienza in tutto l’arco della mia esistenza non mi è mai stato dato di ricontrare il cosiddetto antisemitismo. Possono esservi fenomeni di insofferenza e di rigetto, ma la cui spiegazione va cercata nel rapporto azione-reazione. Non è comunque questo il mio campo di indagine. Mi è capitato e mi capita di trovarmi io stesso fatto oggetto di accuse infamanti e diffamatorie nelle quali non mi riconosco in alcun modo. Simili accuse e demigrazioni sono da me spiegate in ragione della mia critica verso Israele, il sionismo, la politica olocaustica. Non mi nasconderei se riconoscessi come mie vedute volte alla discriminazioni, persecuzione e distruzione in ragione dell'altrui appartenenza ad una razza, ad una religione, ad una qualsiasi condizione umana e sociale. Nulla di tutto questo me è mai appartenuto, ma è anche vero che non è mio costume nascondere il mio pensiero e la mia critica in ragione delle convenienze del momento.
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