venerdì 23 maggio 2008

Islamofobi: 19. Carlo Panella ovvero il versante fascio-islamofobo della propaganda sionista


Prosegue la nostra raccolta di medaglioni con i quali cerchiamo di analizzare un insieme di pubblicisti l’un l’altro legati da comuni idealità politiche: scrivono sugli stessi giornali, si gratificano l’un l’altro, solidarizzano quando qualcuno di essi viene attaccato, fanno squadra, dicono le stesse cose sia pure con differenti tonalità. Non è una “lista nera” che vado redigendo, ma compio un normale lavoro di raccolta di scrittori omogenei allo stesso modo – ma su soggetto molto pià pregevole ed interessante – quale potrebbe essere una ricerca sui tacitisti spagnoli del Cinquecento, fra i quali possono trovarsi precursori di Carl Schmitt. È però giusto, in quanto cittadini, riservare parte delle proprie ricerche e del proprio studio alla contemporaneità, scoprendo mese per mese quel rapporto fra politica e cultura che anche in passato è stato assai dibattuto. Oggi esiste un mezzo nuovo che si chiama internet. Perché dovrei ignorarlo?

Versione 1.4/18.9.09
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Sommario: 1. Costernazione per una guerra civile mancata. – 2. Panella l’islamofobo in soccorso di Fiamma. – 3. Il ruolo politico dell’Arabia Saudita quale dovrebbe essere secondo la “corretta” visione geopolitica di Carlo Panella. 4. Illazioni interessate e gratuita diffamazione. – 5. L’autonalisi di Carlo Panella. – 6. Panella in crisi. – 7. L’orientalismo di Carlo Panella. – 8. Spara le sue solite a beneficio dei lettori del “Foglio”. –

1. Costernazione per una guerra civile. –
Cliccando sul link si va ad un articolo di Carlo Panella – apparso su il “Foglio” e puntualmente ripreso dal megafono dei «Corretti Informatori – sulla vicenda libanese che si conclude con un accordo fra Hezbollah ed il governo libanese. Non ne faccio un consueto commento interlineare, ma mi limito ad una sua critica generale. La preoccupazione del filoisraeliano Carlo Panella è che il Libano possa diventare una Gaza – si noti bene – sotto controllo iraliano. Gaza, come ognuno sa, è un Lager a cielo aperto ed è quanto resto di un piano di pulizia etnica e di genocidio che data da quello che gli israeliani chiamano il giorno dell’Indipendenza ed i palestinesi la Nabka. Il libro di Pappe giunge dopo 60 anni a svelarci una verità che per troppo tempo è rimasta nascosta ai più. Una pubblicistica come quella di Carlo Panella, che trova una sua naturale collocazione nel “Foglio” di Giuliano Ferrara è parte integrante di un piano di nascondimento del genocidio all’interno della stessa Israele anche attraverso un piano di autoinganno dei suoi cittadini ma soprattutto è parte di un inganno sistematico dell’opinione pubblica europea. Ciò che il nome Gaza evoca nel signor Panella (con una enne per non confonderlo con Pannella) non è l’orrore di genocidio che con brutale freddezza e determinazione dura dal primo giorni in cui gli occupanti sionisti misero piede in Palestina. Suscita invece il timore che il diverso «Olocausto» consumato sulle vite dei palestinesi possa produrre quell’unità politica del mondo arabo che dà senso alle parole di Amadinejahd: la cancellazione di Israele dalla carta geografica, dove peraltro già non esiste se si leggono le mappe arabe. Credo che il vero senso di questa affermazione deliberamente e strumentalmente travisata, ammesso che sia mai stata pronunciata, vada ricercato nell’enormità dei crimini efferrati con cui un pugno di avventurieri, che ha pure compromesso moralmente il nome ebraico, ha inteso trapiantarsi su una terra non sua, scacciandone come mai si è visto gli originari abitanti. Un simile crimine non può che suscitare una generale indignazione morale quanto più esso diventa consapevole. Sarà la reazione morale, non la forza delle armi, a cancellare quell’anacronistica mostruosità politica edificata nel più totale disprezzo di quei “diritti umani” che l’Occidente non cessa di sbandierare. Delle due l’una: o cessa la retorica dei diritti umani o cessa lo Stato ebraico – sionista e nazista – magari per far posto a quello Stato Unico dove possano convivere vittime e carnefici, ma che ove fosse sarebbe la morte di Israele, cioè la sua cancellazione dalla carta geografica in quanto Stato basato sulla violenza e sull’apartheid. Poiché il nostro tempo di diletta di processi ai criminali di guerra, non è per nulla escluso che in una simile prospettiva molti nomi che ora sono nel pantheon degli eroi debbano emigrare nella schiera dei criminali.

Ai sionisti urta l’idea che gli avversari di Israele abbiano il diritto di tenere armi. Ed in effetti, dal 1948 in poi la politica israeliana è stata quella di uccidere vittime disarmate, o meglio di ritenere che dei sassi fossero già armi tali da poter giustificare il possesso israeliano di più sofisticate fino alla bomba atomica e relative rappresaglie (interessante il numero sionista 35, di gran lunga superiore al 10 ardeatino degli stessi anni): l’atomica contro i sassi. Pappe nel suo libro parla di atrocità terroristiche (fino a dotarsi di armi chimiche per l’accecamento dei palestinesi) già nel 1948 da far ritenere sistematiche e deliberate menzogne i comunicati governativi israeliani lungo i 60 anni di storia infame. Ma nel sistema capillare e diffuso della menzogna bisogna aggiungere articoli come questi di cui tralascio la consueta analisi testuale.

Hezbollah – si è detto acutamente – non è caduto nel tranello della guerra civile, su cui tanto speravano gli amici di Israele, che vede la sua fortuna nella divisione politica del fronte nemico ed in una progressiva espansione della guerra a tutto il Medio Oriente: Afghanistan, Iraq e si spera anche Iran. Se l’11 settembre non ci fosse stato, lo si sarebbe dovuto inventare. Ma non è detto che le cose debbano per forza andare nel modo in cui sono stati programmate da menti perfide. La pace siglata in Libano, anziché la guerra civile, è un evento che suscita ottimismo o pessimismo a seconda del fronte in cui ci si trova schierati. Da che parte stia Carlo Panella lo so già da un bel po’ e questo suo articolo me ne offre conferma.

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2. Panella l’islamofoboin soccorso di Fiamma Nirensten. – Il link conduce ad un post precedente dove si registrava l’uscita di Carlo Panella in seguito alla vignetta di Vauro. Il personaggio si caratterizza per un suo tentativo presso di media italiani di collegare islamismo e fascismo. La stessa operazione è condotta in America da Bernd Lewis e Paniel Pipes.

3. Il ruolo politico dell’Arabia Saudita quale dovrebbe essere secondo la “corretta” visione geopolitica di Carlo Panella. – Non mi attardo in un’analisi del testo di Panella. Ne registro il link a documentazione del modo filoisraeliano e sionista di vedere la politica mediorientale ed i suoi desiderati sviluppi. Come in una partita al pallone si fa il tifo per la propria squadra. E si capisce bene per chi Panella faccia il tifo. Alcuni dati di fatto mi sembrano falsi. Sballate le valutazioni di fondo, ad esempio quando omette di dire che la rivoluzione komeinista del 1979 rimpiazza un governo che era stato insediato nel 1953 dalla CIA per mantenere bassi i prezzi del petrolio e praticare condizione di favore per gli Usa. Insomma, è sempre istruttivo sapere e capire come pensano gli altri, in specie i sionisti in rappresentanza di quanti nel 1948 diedero un grande impulso alla civiltà con la pulizia etnica della Palestina o più tardi con un milione di bambini iracheni morti a seguito delle sanzioni voluti dagli Usa, quello stesso milione di bambini caricati da Osama bin Laden sulla coscienza dei militaristi USA. Ferrara, che ama i bambini, fa eccezione per quelli iracheni, figli del peccato contro lo Spirito Santo ebraico.

4. Illazioni interessate e gratuita diffamazione. – Trovo sul sito di Carlo Panella una sua scontata presa di posizione a danno di Vattimo. La notizia mi era prima sfuggita e la leggo solo adesso. Non vale più di qualche minuto di attenzione per dire che Vattimo viene strumentalmente equivocato. La distinzione è fra il vero ed il verosimile. Lasciamo perdere il “falso” che però come ogni falso può essere verosimile, anzi per essere un buon falso deve essere almeno un poco verosimile. Vattimo intendeva notare la grande pressione mediatica da parte della Israel Lobby. E noi sappiamo che ciò è vero. Carlo Panella non è un agente di questa lobby? Vattimo intendeva fare esattamente questa constatazione che può fare chiunque senza che per questa sia necessario tirare in ballo I “Protocolli di Sion”, che guarda caso si pronunciavano al riguardo addirittura un secolo fa, cioè all’incirca all’epoca della nascita del sionismo. Quanto a Napolitano sarebbe interessante sapere chi gli ha messo in bocca e nella testa le cose che ha detto e che ha del resto smentito e ritirate, quando a proposito della Fiera di Torino ha fatto precisare dal suo Ufficio di Presidenza che con la sua famosa equiparazione non intendeva affatto dire che non si potesse criticare il governo di Israele o che fosse precluso un simile diritto già ad incominciare dagli stessi cittadini di Israele. Sono scaduti i pochi minuti e non penso certo di mandare questo testo all’indirizzo email di Carlo Panella. Ne seguirebbe degli insulti, come già a proposito di madonna Fiammetta sclafita dalle vignette di Vauro. Se Carlo Panella grazie ai motori di ricerca legge questa testa, riceva anche i miei saluti con l’assicurazione che non mi è certo piacevle occuparmi di lui. Il fascimo che lui pensa di vedere nell’Islam è stato invece da noi prodotto e nelle sue forma più degenerata è ben vivo fra di noi. Se, in Israele, a certi tipi che in nome dell’antisemitismo ne hanno combinato di belle, gli togliete l’antisemitismo, come faranno a giustificare lager come quello di Gaza o la pulizia etnica del 1948 che avevano in mente ancora prima che fascismo e nazismo vedessero la luce?

Il problema non è l’antisemitismo in sé. Se così fosse, si tratterebbe di capire cosa l’antisemistismo è sotto il profilo lessicale, etico, politico, antropologico, storico, religioso, filosofico, ecc. e di capire perché debba essere considerato diversamente da ogni altro sostantivo preceduto da anti. A molti che usano verso il loro prossimo l’accusa antisemitismo interesse in effetti la fattispecie penale connessa a questa termine e con la quale tentano in ogni modo di colpire i loro avversari, che in questo modo si trovano censurati fin nelle loro possibilità di esprimersi e fin nei mendri della loro mente. Davvero trattasi di una forma di terrorismo ideologico e mentale di cui non erano stati capaci né il fascismo né il nazismo. Ed è curioso come nel nome dell’antinazismo o antifascismo si superi in negatività tutto ciò che a questi regimi si attribuisce, mitizzandoli, e togliendo la possibilità di considerarli nella loro storicità, cogliendone le cause e le ragioni che li produssero fino al loro declino ed alla loro scomparsa. Di certo queste necessario lavoro storico non potrà essere fatto fintantoché non verrà depenalizzata la nozione di antisemitismo, fermo restando che si possono punire solo gli atti e le azioni lesivo verso terzi, non certo i pensieri che per loro natura possono essere solo liberi. E liberi restano nel segreto della coscienza. Ma è ben infelice una coscienza che debba aver paura di esprimersi. Se nel non poter parlare consiste tutta la negatività attribuita al fascismo, nazismo, bloscevismo, ebbene questa negatività non è stata per nulla abolita nella nostra epoca. Si è interiorizzata in una intensità e capillarità di cui anche per motivi tecnici i passati regimi non sarebbero stati capaci: non ne avrebbero avuto i mezzi.

5. L’autoanalisi di Carlo Panella. – Non è interessante l’analisi che Carlo Panella fa dell’esperimento mediterraneo di Sarkosy, un presidente che nel corso del suo mandato rivela una sempre più scarsa intelligenza e quanto siano state deluse le aspettative di quanti speravano in qualcosa di nuovo e di meglio. Le analisi pubblicate sul “Foglio” sono illazioni che lasciavano il tempo che trovano e che non pregiudicano in nulla i possibili futuri scenari. Sono invece interessanti pe capire le pulsioni politiche dello stesso Panella e degli ambienti che riesce ad esprimere e ai quali è organicamente collegato. Costoro desiderano ardentemente una guerra contro l’Iran così come hanno prima voluto la guerra contro l’Iraq. Il disegno sionista di Israele è strettamente connesso al disegno imperiale americano. Vincendo l’America e trasformando tutti gli stati mediorientali in stati vassalli, come è successo per l’Europa, è chiaro chi sarà il Kapò della nuova situazione geopolitica. Ogni concreto e reale progresso di pace – non la farsa eufemistica del “processo di pace”, in pratica una pacificazione imposta dalle armi americane – ma una pace reale fondata, ad esempio, sulla fine del regime israeliano di apartheid, non potrà che significare la “scomparsa’ di Israele così come noi oggi lo conosciamo. Di questa pace i nostri amici temono più che della guerra. I timori espressi da Panella esprimono i suoi segreti timori in quanto animale sionista.

6. Panella in crisi. – C’era da aspettarselo ed io me lo aspettavo. Non che ciò solletichi la mia vanità ma mi consente di aver più fiducia nel mio intuito. La visita di Romano Prodi in Iran e ad Ahamdinejad mette in crisi l’apparato propagandistico antiraniano che era stato imbastito da un certo lasso di tempo e che si nutriva della speranza di una guerra imminente all’Iran analoga a quella condotta contro l’Iraq. Ne avrebbe dovuto seguire una “democratizzazione”, ossia la creazione di un governo fantoccio ossequiente agli USA e prono ad Israele. Immancabilmente la democrazia e la libertà sarebbero state garantite da una congrua postazione di basi americane. Questi calcoli sembra non siano più realistici. Gli ideologi si trovano in crisi, ma ad accelerare la lor crisi ha concorso non poco la figura bonaria e decisamente moderata di un Romano Prodi che ti va a finire proprio in Iran. Anche se ormai è politicamente fuori gioco, in pratica ritirato a vita privata, resta pur sempre il presidente del consiglio di neppure un anno fa. La legittimazione che si riversa sull’Iran è quanto mai evidente. Da qui l’uscita in campo degli ideologi. Vi è di che divertirsi. Ma vediamo un poco cosa ci dice un Carlo Panella, con il quale ho avuto un breve e cagnesco contatto epistolare all’epoca della vignetta di Vauro, quando ero sceso anche lui in difesa della squadra.

Si incomincia con il rimproverare a Prodi una «sconcertante mancanza di reazione» di fronte ad Ahmadinejad. Naturalmente la reazione avrebbe dovuto essere quella che Panella (rigorosamente con una sola enne) desiderava. Viene da chiedersi cosa poteva aspettarsi visto che non siamo più in Italia ma in Iran. Pochi mesi prima a Roma buona parte del ceto politico italiano, sotto la regia di Riccardo Pacifici, aveva letteralmente insolentito un capo di uno stato più popoloso e molto più grande dell’Italia: 70 milioni di abitanti, in buona parte giovani sotto i trent’anni, per oltre un milione e mezzo di kmq, circa cinque volte la superficie dell’Italia. Prodi avrebbe dovuto insolentire Ahmadinejad in casa sua. Poteva non andare in Iran, ma una volta andatoci, esistono anche in diplomazia regole di buona creanza. Ma queste cose Carlo Panella, nel santo nome di Israele, evidentemente le ignora. Ed è una.

Si notino le espressioni di Panella: resta la colpa di voler «eliminare Israele e di contrastare il legittimo governo di Baghdad». Quest’ultimo è un governo fantoccio insediato dagli americani che ancora non hanno finito di vincere una guerra illegittima e distrosa. Quanto ad eliminare Israele è stato ormai detto fino alla noia che secondo le analisi di Ahmadinejad Israele è destinato ad implodere per le sue contraddizioni interne. Ciò è tanto vero che Israele cerca la sua salvezza in continue guerre che rendano fantocci tutti gli stati mediorientali. Il vero pericolo per la pace in tutti questi anni e nei successivi è stato Israele, non l’Iran, non l’Iraq, non l’Afghanistan. Probabilmente Prodi lo ha ben capito e ne ha tratto le conseguenze. La pace può venire dall’Iran, non dagli USA – forse per qualche tempo fuori gioco – non da Israele. Probabilmente lo sa anche Carlo Panella, ma non può rinunciare al suo mestiere di ideologo, islamofobo, sionista. Commovente Panella cultore della linea della fermezza, intesa come «difesa intransigente di Israele dalle esplicite minacce di distruzione». Veramente una paranoia sulla quale sorvoliamo. Non passa per la mente di Panella che i «crimini contro i palestinesi» non sono un’invenzione di Ahmadinejad, ma una realtà incontestabile di cui Israele dovrebbe render conto al mondo intero. Ognuno si attiene alla sua verità. Dobbiamo rassegnarci. Il testo di Carlo Panella è talmente fuori da un contesto di analisi scientifici che qui o dobbiamo smettere o dobbiare collocarci noi stessi sul piano della polemica. A queste realtà incontestabili non ha nulla di che ribattere lo stesso Panella, ma pretende che avesse dovuto farlo Prodi. È sconcertante la mancanza di pudore di simili propagandisti che si immaginano il mondo debba essere prono ai loro desideri e alle loro vedute. Forse alla mia età sono rimasto troppo candido per sorvolare su tanta faccia tosta. La nostra pazienza ha un limito ed il nostro disgusto anche. Gli abbiamo dedicato dell’attenzione e del tempo. Forse l’unica utilità che ci resta è che abbiamo capito come funziona il suo cervello e se malauguratamente il nuovo governo, di cui mi dichiaro elettore, dovesse seguire queste pressioni lobbistiche, come italiani sappiamo a chi è dovuta la guerra, non a fatalità della sorte, ma a precise meccaniche.

7. L’«orientalismo» di Carlo Panella. – La lettura di Edward Said sulla formazione dell’«orientalismo» occidentale dall’invasione napoleonica dell’Egitto mi fornisce utili criteri di lettura di articoli come quella di Carlo Panella. Assolutamente fuorviante qualsiasi illusione di poter apprendere qualcosa sull’«Oriente» basandosi sui suoi scritti, che invece sono certamente utili per capire Panella stessa, che qui ad esempio si rivela con due due parolette messe in bocca a non meglio precisati vertici militari francesi: l’esistenza di Israele. Una opzione politica dello stessa Panella diventa criterio di analisi. Peraltro “diritto all’esistenza di Israele” - concetto di nessuna consistenza logico-analitica e ancor meno strategica – significa contestualmente “non esistenza” del popolo palestinese, espropriato e massacrato da Israele in violazione di ogni elementare diritto. Non voglio spacciarmi per un analista militare, ma se l’interesse è quello della pace e non dell’aggressione e occupazione coloniale, il problema è Israele, non la sua esistenza, ma la sua riduzione entro i confini governabili dal diritto, cioè uno Stato unico che accolga ebrei e palestinesi su un regime di assoluta parità. È strano che i “vertici militari francesi” passino dalla strategia all’ideologia. Ma se lo dice Carlo Panella!

8. Spara le sue solite a beneficio del lettori del “Foglio”. – Dopo aver già tracciato le coordinate pulsionali e ideologiche di Carlo Panella non ci sembra che sia necessaria spendere altro tempo per una decostruzione logico-analitiche di tutte le sciocchezze faziose contenute in un articolo la cui funzione può essere solo di convincere un pubblico già schierato in senso sionista. Basta qui solo registrare il pezzo. Per fortuna l’islamofobo in servizio a tempo pieno per conto di Israele è sconfessato da Tettamanzi che invece rivendica la necessità e l’urgenza di un dialogo anche con i musulmani, quel dialogo che almeno nel mio quartiere, dove risiede la più numerosa ed importante comunità ebraica, proprio gli ebrei hanno rifiutato. Loro che al massimo sono in Italia 45.ooo vogliono segregare in Italia oltre un milione di musulmani immigrati, che per quanto – per quanto mi riguarda personalmente – posso testimoniare sono umanamente molto più trattabili degli ebrei di mia conoscenza.

9. Si aspettava pure di essere recensito, magari dalle riviste scientifiche! – Questa volta è davvero esilarante il “corretto commento” nella sua ottusità. Che i libri di Carlo Panella, ideati per farci “odiare” l’Islam, tacciato di “fascismo”, siano fatti per uso interno al sionismo, è cosa che salta subito all’occhio. Ci eravamo messi con la buona volontòàa comprare qualche libro di questo personaggio, ma poi sono sopravvenuti maggiori, più pressanti e più elevati interessi teorici ed abbiamo dovuto soprassedere e rinviare un più puntuale demolizione critica delle assurdità impresse su carta stampata, ahimè ogni giorno sempre più violentata da persone prive di scrupoli. Ci conforta apprendere che il nostro giudizio sommario, cioè di scarsa significatività dei testi di Carlo Panella è largamente condivisa. Restano luoghi deputati per Panella la stessa «Informazione Corretta», il «Foglio», l’«Opinione». E di ciò è certamente degno!

10. È da prendere sul serio costui? – La risposta di Carlo Panella alla domanda posta da Lucio Caracciolo: “vale la pena morire per Kabul?” è “si!”. Si tratta di capire secondo quale punto di vista. È il punto di vista di Israele, del sionismo, della Israel lobby in Italia e nel mondo. Per costoro la guerra non è mai abbastanza estesa, non è mai durata abbastanza, non ha prodotto abbastanza morti. Israele è nata grazie alla prima e alla seconda guerra mondiale. Ha avuto bisogno prima dell’ombrello protettivo del mandato britannico che ha oppresso ed angariato tutti i popoli del Vicino, Medio ed Estremo Oriente. Si ricordi la guerra dell’Oppio. Israele ha spinto per la guerra in Afghanistan, in Iraq, era presente in Georgia, spinge per una nuova e più disastrosa guerra contro l’Iran. Israele dispone di quell’arsenale nucleare il cui possesso contesta all’Iran, trattandosi però solo di un pretesto per una guerra che vuole a tutti i costi. Se non fosse il pretesto dell’atomica, basterebbe il velo islamico per chiedere di nuovo la guerra. Il popolo italiano potrà riconquistare la pace, quando e se si libererà di questi cattivi e fraudolenti consiglieri.

11. La solita musica. – Un monitoraggio ha come suo scopo principale quello di individuare dei topoi, delle costanti. Nel caso di Carlo Panella, da ricordare rigosamente una sola enne, trattasi forse di uno dei maggiori ideologi sionisti che operano in Italia con testi originali in lingua italiana. Credo abbia un passato ed una biografia, che non ci incuriosisce molto. Se non abbiamo preso delle sviste, che potremo sempre correggere, il suo cavallo di battaglia è la tesi dell’islam fascista o nazista, quasi che nazismo o fascismo fossero la stessa cosa. È fuorviante se non non altro perché ogni cosa dovrebbe essere contestualizzata e così come il fascismo non è il nazismo e viceversa neppure l’Islam è il fascismo o il nazismo. Se proprio si vuole insistere su questa linea potrebbe dirsi con maggior fondamento che il sionismo è una versione rafforzata del nazismo. Prova ne sia quanto scrive Avraham Burg che di sionismo ed ebraismo penso ne conosca più di Panella, che vorrebbe qui convincerci che dietro Israele ci siamo noi, e che Gaza e l’Islam è l’altro, il brutto, il cattivo. È in effetti questa la linea dell’Hasbara, quotidianamente divulgata dai media israeliani in Occidente. Non mi piace dipingere scenari futuri, ma credo che Israele stia diventando un pesante fardello per il suo più potente padrino, gli USA. Non mi piacerebbe per nulla veder ritornare gli ebrei italiani che hanno abbracciato in toto il sionismo, condividendone i crimini. Già in Italia – apprendo per bocca di Pacifici – addirittura un terzo degli ebrei è costituito da profughi provenienti dalla Libia, da dove Gheddafi ha cacciato tutti gli italiani, che evidentemente avevano qualche colpa storica.



12. Infame speculazione. – Manco il nome voglio fare dell’articolista che su “Libero” tenta una speculazione infame, per esser moderati nel linguaggio. Non mi preoccupa il fatto che un libico possa diventare cittadino italiano, ma che mio concittadino ahimé sia il tizio che scrive un articolo razzista su una vicenda umana che richiederebbe tutta la nostra pietà, fatti i debiti scongiuri per la tragedia scampata. Il “nostro Paese” non è poi tanto “nostro” se dobbiamo conviverci io e lui. Se è finita l’epoca del “buonismo”, è bene dunque fare distinzioni e alzare steccati. L’operazione mediatica è quella dell’identità imposta e sovrapposta, di chi appartiene ad una vasta concertazione di interessi antinazionali che ritiene la nuova identità si debba chiamare Auschwizt. Revisionismo storico a parte, ho detto in pubbliche occasioni che respingo nel modo più assoluto questa operazione politico-culturale. Il problema non sono le 650 moschee la cui gestione dovrebbe essere posta sotto tutela, secondo il bello brutto spirito di Carlo l’Islamofobo, ma i centri lobbistici sionisti che hanno irrimediabilmente compromesso l’ebraismo italiano al punto di farci seriamente dubitare della loro italianità. Qui il pio Carlo si mostra preoccupato per le crocifissioni di cristiani in Africa. E dunque dice: vedete! Dobbiamo combatterli. Non credo che l’analisi dell’ideologia di questo hasbarota a tempo pieno riserva sorprese. Ormai ogni suo intervento è prevedibile ed anche il suo codice di scrittura. Sempre islamofobia, difesa dell’Occiedente rappresentanto da Israele, e simili.


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