mercoledì 21 maggio 2008

Sull’uso del concetto di terrorismo nel lessico dell’ideologia americana: il linguaggio dell’impero

Versione 1.0

1. Premessa. – Ho appena dismesso un'aspra polemica con uno di quei lettori “non amici”, di cui so bene che frequentano i miei blogs, non per fini di istruzione. Una delle sue fissazioni era lo statuto di Hamas, la cui lettura avrebbe dovuto persuadermi della natura “terroristica” di questo movimento di resistenza, che a mio modo di vedere rappresenta politicamente il popolo palestinese. Al non cortese e benevolo interlocutori spiego in pubblico che la contrapposizione amico-nemico non è figlia di uno statuto o di qualsivoglia documento cartaceo. È difficile trovare una più chiara esemplificazione della distinzione che Carl Schmitt pone a fondamento della scienza politica. Se diamo per ovvio e risaputo che a partire da una certa data successive immigrazioni di colonie sioniste-ebraiche abbiano inteso spossessare del loro territorio le popolazioni palestinesi autoctone, non dovrebbe essere difficile capire i motivi e fondamenti dell’inimicizia da parte di chi si trova cacciata dalla sua terra rispetto a chi lo ha cacciato. Una contrapposizione esistenziale che più esistenziale non si può! È del tutto marginale e casuale la forma ideologica in cui la contrapposizione esistenziale si manifesta: possono essere versetti coranici, motivazioni sportive, forme artistiche e musicali, forme umorali ed inespresse, ecc. Tutto ciò è assolutamente inutile e fuorviante ai fini della contrapposizione fondamentale di una imicizia che può tramandarsi di generazione in generazione e durare per secoli.

Quindi trovo quanto mai pretestuoso e fuorviante la pretesa di delegittimare l'avversario sui testi dei suoi statuti, delle sue canzoni, delle sue preghiere. In realtà, esiste una dimensione della guerra moderna che forse non ha mai avuto in passato una eguale intensità e capillarità: la guerra ideologica. Non basta vincere sul piano delle armi l’avversario, ma lo si deve far apparire come privo di diritto e quindi far passare come giusta la sua sconfitta e perfino il suo sterminio genocidiario, secondo una nuova classificazione dei modi della guerra che è stata coniata allo scopo salvo poi ritorcersi contro i suoi ideatori. Esistono alcuni slogan sempre ricorrenti nella guerra ideologica che passa attraverso i media, i grandi mezzi di comunicazione, spesso dipendenti dai governi o di proprietà di quanti hanno interesse a far passare una versione dei fatti piuttosto che un'altra. In questi casi, ciò che conta non è la ricerca intrinseca della verità ma il numero di volte in cui la bugia è ripetuta. La lotta fra verità e falsità si misura per numero di copie stampate e messaggi subliminale messe nel circuito: quantità contro qualità.

Uno dei sistemi più diffusi è la delegittimazione del resistente dandogli la qualifica di terrorista e bandito. Così è per i palestinesi. Con una semplice dichiarazione burocratica Usa ed Israele hanno deciso che taluni organizzazione devono essere definite “terroriste”: una parola magica che dovrebbe spiegare perché gli uomini vanno consapevolmente e liberamente incontro alla morte. La spiegazione di cui dovremmo accontentarci è che sono terroristi. E di più non ci si deve chiedere. Tutto chiaro, tutto spiegato. In ultimo a questa accezione linguistica, pare per opera di nostri illuminati uomini politici ora al governo, si è unita anche l’Unione Europea, che non riesce ad essere nulla che abbia parvenza politica ma che è sempre pronta all’ubbidienza servile appena d’Oltreoceano parte un ordine di scuderia.

Domenico Losurdo ha esercitato la sua riflessione su questi sotterfugi linguistici, il cui scopo è quello di celare ai più – alla cosiddetta opinione pubblica mondiale – le ragioni vere e profonde di una guerra per l’Impero universale che si estenda su tutto il globo. Si incomincia dapprima con le parole e la delegittimazione altrui mediante parole: terroristi, canaglie, violatori di diritti umani, e quante altre formule gli ideologi di regime sono capaci di creare. L’Europa purtroppo è uscita fuori di scena dopo una guerra civile trentennale, dal 1914 al 1945, che ad alcuni stati, come la Francia, ha lasciato l’illusione di essere ancora qualcosa, ma soprattutto ha concesso i vantaggi ed i privilegi dell’amministrazione delle prebende del potere vassallo ad un ceto politico-amministrativo che ha un vitale bisogno di cercare il suo senso di legittimità nella demonizzazione sistematica di tutta la storia europea del primo Novecento, ma si potrebbe dire di tutto il passato storico dei popoli europei, certamente dalla vita assai travagliata.

Digerita la vecchia Europa, il boccone successo era il Medio Oriente con tutte le sue risorse petrolifero. Ed arriviamo così ai giorni nostri. Per quanto mi riguarda, ho la sensazione che quanto più i popoli islamici e mediorientali sapranno resistere al nostro destino di popoli liberati tanto più ci daranno coscienza della nostra perduta libertà. È un processo quanto mai complesso, ma ognuno di noi che abbia autonomia di giudizio può svolgere un suo ruolo. Non bisogno lasciarsi impressionare o intimidire da aggressioni ed insulti, siano questi in buona o mala fede fatti. Nel suo volume Losurdo ha dedicato il primo capitolo proprio al tema del terrirismo. Sono quasi 40 pagine che non possiamo riportare per intero, anche per ragioni di copyright. L’editore Laterza, che non è un’associazione filantropica, potrebbe aversela a male e protestare. Mi regolo perciò facendo una lettura commentata del testo, riportando le citazioni più significative e tentando di dare qualche mio personale contributo al tema. La cosa richiede un certo tempo. Avverto perciò i Lettori interessati di ritornare ogni tanto su questa pagina per sviluppi e le integrazioni per cui non indico alcun calendario.

(segue)

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