giovedì 25 novembre 2010

Osservatorio sulla libertà di pensiero negata. Parte Prima: Gli Stati. Cap. XII - Lituania.

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È di poche ore la notizia di un caso che si verifica questa volta in Lituania. La notizia ci compete ed è di nostro interesse in quanto “Comitato europeo per la difesa della libertà di pensiero”. Ecco la notizia Adnkronos, che ci servirà da base per ulteriori indagini sulla situazione lituana:
«SETTE AMBASCIATORI PROTESTA GOVERNO LITUANIA – Gli ambasciatori di sette paesi europei hanno scritto una lettera di protesta al presidente e al governo lituano dopo la pubblicazione di un articolo negazionista da parte di un alto funzionario. Il contenuto della lettera è stato reso pubblico oggi, provocando le dimissioni di Petra Stankeras, funzionaria del ministero degli Interni e studiosa di storia. La Stankeras ha pubblicato sul settimanale Veidas un articolo in cui descrive il genocidio degli ebrei come «una leggenda» e definisce «una farsa legale» i processi Norimberga contro i gerarchi nazisti. «È incredibile che una pubblicazione conosciuta come Veidas consenta di pubblicare simili false affermazioni e che non vi sia stata nessuna condanna pubbblica o ufficiale», si legge nella lettera inviata dagli ambasciatori di Gran Bretagna, Estonia, Francia, Finlandia, Olanda, Norvegia e Svezia. L’intera vicenda crea imbarazzo al governo lituano, dopo che ieri rappresentanti del Consiglio d’Europa per i diritti umani (Ecri) hanno espresso preoccupazione per l’atteggiamento discriminatorio di alcuni parlamentari lituani su questioni come razzismo e omofobia. La Lituania è stata uno dei paesi più colpiti dal genocidio degli ebrei perpetrato dai nazisti. Solo 4mila ebrei su 150mila sopravvisero al massacro. Fra gli eccidi di massa va ricordato quello di Paneriai, dove furono uccisi 70mila ebrei al momento della distruzione del ghetto di Vilnius». (Fonte adnkronos)
Esiste una forte tendenza – sostenuta apertamente da Israele e dalle comunità ebraiche della “dispersione”, come usa dire il linguaggio sionista, – affinché tutte le legislazioni europee si uniformino nella repressione penale di mere opinioni, ritenute politicamente scomode per Israele. Infatti, lo Stato “ebraico e sionista” ha potuto costruire nel tempo la sua base di consenso internazionale su due fattori: a) Il “cristiano sionismo”, ossia una pura superstizione religiosa che tollera, giustifica e perfino promuove i peggiori crimini israeliani, ritenendo che il ripopolamento ebraico di Israele – non importa a quale prezzo ed in che modo – favorirà la seconda Venuta del Cristo e quindi la conversione degli stessi Ebrei, che plaudono a tanta demenza. b) Il “senso di colpa” indotta in Europa da narrazioni storiche che non possono e non devono essere minimamente criticate, per non veder crollare tutta una formazione politico-culturale impartita ed imposta dal dopoguerra ad oggi. Ma sempre più frequentemente, da un capo all’altro dell’Europa, si levano voci che vengono prontamente represse e messe alla “gogna”. Seguiremo qui, per gli aspetti giuridici che riguardano l’esercizio della libertà di espressione, quanto riusciremo a raccogliere sul caso lituano. Con l’occasione andremo anche raccogliendo i riferimenti normativi vigenti in Lituania.

Sommario: 1. Il rimbalzo della notizia. – 2. Qualche dettaglio in più sul nuovo caso. – 3. I magnifici sette. – 4. Una “inquisizione talmudica”. - 5. Una citazione di traverso. – 6. «Un villano lituano». –

1. Il rimbalzo della notizia. – La notizia viene subito ripresa dall’European Jewish Press, che titola “Lithuanian historian quits after Holocaust article”. La fame, la “gogna” e la morte civile sembra sia la pena ordinaria a chi in fondo non ha scritto che un articolo. Ho dato la stima di 200.000 casi nella sola Germania, ma mi mancano del tutto dati per gli altri paesi, come ad esempio la Lituania. Saranno milioni di persone coinvolte? Non abbiamo diritto di sapere i numeri? Contemporanea a questa notizia è l’altra dell’arresto dell’ennesimo criminale nazista, che ha ora 91 anni. Detratti 65 anni trascorsi dalla fine della guerra, doveva avere 23 anni all’epoca dei “crimini di guerra”. Perfino nel sito ebraico emerge in tutta la sua ambiguità l’espressione “negazione dell’Olocausto». Infatti, la direttrice della rivista in cui è apparso l’articolo di Petras Stankeras che la sua rivista non ha “negato” e mai lo farà. L’articolo riguardava soltanto... il numero delle vittime, che non sarebbe di 6.000.000 tondi. Ma la direttrice non sa evidentemente che in molte legislazioni liberticide è proprio questo il reato! Le vittime devono essere non meno di sei milioni. Non costituisce reato aumentarne il numero, ma non lo si può ridurre. Altrimenti si incorre nel reato di “riduzionismo”. È allucinante, ma è proprio così.

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2. Qualche dettaglio in più sul nuovo caso. – La grande stampa internazionale non sembra abbia molta voglia di accanirsi sulla storica lituana, come invece ha fatto in altri casi recenti, da quello del vescovo Williamson al viaggio di Irving ad Auschwitz, per non parlare dei casi italiani. A questo riguardo osservo come anche qui ricorre il famigerato termine “leggenda”, che era stato alla base della montatura contro chi scrive nell’ottobre 2009. Forse i giornali nostrani non se la sentono di tirare ora in ballo anche una leggenda “lituana”, dopo aver toppato su quella “romana”, montando un falso degno dei romanzi di Umberto Eco. Nel sua prorompente faziosità il CICAD tuttavia rompe una sorta di consegna dei toni bassi e riprende tal quale la notizia della Croix, senza purtroppo aggiungere dati propri. Si ricavano alcune notizie in parte note: 1) le dimissioni dal suo ufficio dello storico lituano. Non si capisce però se siano state spontanee, perché magari l’interessato aveva meglio di cui occuparsi o se sia stato un licenziato larvato. La distinzione è molto importante. 2) Il ruolo degli ambasciatori era già noto, ma è una clamorosa ingerenza negli affari interni di uno stato sovrano e quel che peggio sulle opinioni di cittadini di uno stato a loro straniero. 3) La critica di Petras Stankera si rivolgeva all’intero impianto del tribunale di Norimberga, il quale «a fourni una base légale a la legende des six milions de Juifs soi-disant assassinée». Da questa frase così citata, fuori dal suo conteto di tutto l’articolo che non sapremmo leggere in lituano, sembrerebbe che il dato dei «sei milioni» sia un mero dato giudiziario, cioè una presunzione legale, e non il risultato di una conoscenza storica. Si spiega in effetti così l’immediata condanna di quanti sostengono, magari con studi accurati, un diverso dato quantitativo. Se è così, si tratta di una assoluta barbarie, non dissimile da un parlamento che decidesse un ritorno al sistema tolemaico. 4) Dalla semplice contestazione del dato quantitativo se ne desume la “negazione dell’Olocausto”, secondo la posizione espressa dai magnifici sette ambasciatori: il fatto equivarrebbe «à une négation de l’Holocauste et mérite une condamnation ferme». Evviva gli ambasciatori! Grandi e chiarissimi cultori di storia e di diritto. Sarebbe il caso di conoscerne i nomi, se i motori di ricerca ce li danno. 5) Di nome che compare nella Newsletter del CICAD vi è quello di Efraim Zuroff, del Centro Simon Wiesental, sempre presente nei nostri sogni, ma con base a Gerusalemme. Questi «a estimé que M. Stankeras devrai être poursuivi conformément à la loi anti-négationniste en vigueur en Lituanie». Sappiamo dunque che anche qui ve ne è una, ben nota al Centro Wiesenthal di Gerusalemme. Nel prosieguo della nostra ricerca tenteremo non già di conoscere il testo normativo ed in cosa si differenzi da quello esistente in altri paesi, ma quale sia stata la sua genesi, quali i gruppi che l’hanno reclamata, quante volte è stata applicata e quali soggetti sono stati colpi. Su quali possono essere stati i promotori non pare difficile indovinarlo. Più difficile venire a sapere quali siano stati gli strumenti di persuasione e le persone che si son date da fare, all’interno e all’estero.

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3. I magnifici sette. – Gli ambasciatori che hanno prodotto il “caso” sono, in ordine alfabetico quelli di: 1) Gran Bretagna; 2) Estonia; 3) Finlandia; 4) Francia; 5) Norvegia; 6) Svezia e 7) Paesi Bassi. Collocheremo in questo paragrafo ogni altra notizia su ciò che ha determinato i sette ambasciatori, che forse hanno agito di concerto, magari su impulso di uno solo e parrebbe strano senza aver sentito i rispettivi governi, che però si sarebbero presi la responsabilità di ingerenza interna nella vita di un piccolo paese come la Lituania. Un atto di prepotenza? Avrebbero fatto lo stesso se lo storico fosse un cinese ed il governo quello della Repubblica Popolare Cinese o anche la Russia?

4. Una “inquisizione talmudica”. – Per saperne qualcosa sul merito – se non è pure questo proibito – occorre andare su un blog, cliccando sul titolo del paragrafo. Vi si trova riportato un articolo di Michael Hoffman (segue).

5. Una citazione di traverso. – Siamo venuti a sapere grazie al “Guardian” di un ulteriore incremento di 1000 unità di elementi a sostegno dell’immagine di Israele, particolarmente all’estero, da dove trae la sua linfa vitale. Quello dei media è un settore delicatissimo e assai curato. Se confrontiamo il “Williamson” e quello che riguarda chi scrive, sarebbe stato imbarazzante dare rilievo sulla stampa italiana ad una “leggenda” lituana. Coloro che sanno e decidono hanno ben pensato che era meglio non parlare del caso lituano, o del caso delle migliaia di “sopravvissuti” nati in buona parte del 1945, ma regolari percettori di indennità, che la Germania è ben lieto di pagare a mo’ di moderne riparazioni di guerra, poco importa quanto fondate e come motivate. Basta pagare ed essere lasciati in pace. Se a farne le spese sono centinaia di migliaia di cittadini che hanno la forza delle loro opinioni, poco importa: è un costo sociale calcolato e sostenibile. Nell’articolo sul “Corriere” compare in via incidentale il nome di Petras, lo storico lituano, che aveva criticato il computo del numero delle vittime e l’impianto stesso del Tribunale di Norimberga. È meglio non dibattere ciò che può allargare la sfera del dubbio, o per lo meno far porre inquietanti interrogativi sulle garanzie della libertà di pensiero e di ricerca. Il pubblico italiano non sa però chi sia Petras Stankeras e perchè mai ben sette ambasciatori abbiano fatto pressioni su un piccolo stato come la Lituania. Che poi sia stato dimissionato è cosa che suscita ulteriore apprensione, ma non per l’articolista del Corsera.

6. «Un villano lituano». – In italiano fa anche rima. Cliccando sul link si accede al sito del CRIF, che naturalmente non poteva ignorare il caso. Alla repressione si unisce l’offesa personale, gratuita, a dimostrazione ulteriore, se ve ne era bisogno, della superiore moralità che animi questi accaniti difensori dei “diritti dell’uomo”, dove chiaramente nella nozione di uomo non entra il “villano lituano”, e ancor meno il suo diritto di pensiero. La nostra epoca ha stravolto gli ordinari parametri del linguaggio per cui una cosa significa l’opposto della sua più immediata ed evidente percezione. La vittima diventa il carnefice e viceversa. Non ci resta che rilevare il fatto nella speranza che si tratti di nient’altro che di un’appropriazione dei mezzi della comunicazione e che invece la retta coscienza, ispirata dal lume della ragione naturale – come si diceva nel vecchio linguaggio scolastico – sappia riconoscere le cose per quel che sono e malgrado la forza e l’intensità della propaganda. Purtroppo, mancano nell’articolo che il CRIF riprende da una delle innumerevoli testate di area, la Jeropean Jewish Press, mancano i dati tecnico-giuridici del “caso”. Non sono un tecnico delle immagini, ma la svastica che vedo nello foto mi dà il senso visivo di una sovrapposizione. Viene sempre ripetuta la frase incriminata: «Selon Petras Stankeras, le procès de Nuremberg ’a fourni una base légale à la legénde de six million de Juifs soi-disant assassinés» Appunto: “selon…”. Petras Stankeras, si legge, è uno storico ed ha questa opinione. Il crimine è nell’avere un’opinione? Non mi soffermo oltre. L’ingerenza dei sette ambasciatori pone problemi sull’automia sovrana di un piccolo stato come la Lituania. Dei sette ambasciatori occorrebbe poi sapere se hanno agito per espressa delega dei loro governi ed in questo caso sarebbe grave l’ingerenza in affari interno di uno stato sovrano, se è sovrano, oppure se questi ambasciatori non sono membri di una delle numerose associazioni di amicizia X-Israele, dove si nasconde abitalmente la Israel lobby nei singoli paesi. A tanta diplomatica insensatezza e mancanza di senso dello stato e del diritto non vi è nulla da opporre. Si deve solo prendere atto che nell’anno 2010 succedono di queste cose, che potevano comprendersi benchè non giustificarsi all’epoca della caccia alle streghe e loro messa al rogo. Altre considerazioni sono qui inibite, ma non troviamo argomentazioni nuove a sostegno di una condotta repressiva, a nostro avviso, in grave contrasto con i diritti dell’uomo, qui costituiti dal diritto umano di una persona di nome Petras Stankeras, per giunta storico e dunque persona informata, di avere sue opinione, che possono solo essere contraddette ma non represse penalmente. Manca il riferimento normativo di diritto interno lituano, per il quale Stankeras dovesse venire costretto alle dimissioni. Ed è sconcertante che essi siano venute in conseguenza di una ingerenza esterna. Sarebbe importante, ai meri fini dell’analisi, la conoscenza dei sette ambasciatori e del loro curriculum culturale-politico. Credo che si scoprirebbero dati eloquenti, ma non vi è da aspettarsi che la stampa mainstream abbia interesse a questi approfondimenti e quindi solo in qualche blog lituano si potrà risposta a questi interrogativi. È da aggiungere, per essere esaustivi, che l‘argomentazione giornalistica è del tutto estranea alla questione storiografica: siccome Giulio Cesare è stato assassinato, è fatto divieto di qualsiasi ricerca storica sull’evento che resta dunque un fatto assunto per dogma. Ci interesse infine seguire la sorte umana di Stankeras, ma la tecnica repressiva consolidata è la sparizione dopo il colpo: un nuovo desaparecido si aggiunge ad una lista infinita. Vorremmo anche sentire la sua voce e le sue ragioni, ma gli è stato tolto il diritto di parola e di replica. Gli è concessa la sola facoltà di professarsi copevole.

(segue)

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