martedì 2 novembre 2010

Valentina Pisanty ovvero Cappuccetto Rosso in Tv. Note in margine ad un talk show di G. Lerner con U. Eco sul “Cimitero di Praga” ed i “Protocolli”.

Precedente: un lunghissimo post, incompiuto, dove una intera sezione, la parte terza, riguarda la Pisanty, con una critica di Carlo Mattogno, rimasta senza replica.
Successivo: La “fabbrica del falso” ossia sulla recente scoperta in New York di una mega-truffa negli “indennizzi” ai “sopravvissuti”.

Post in costruzione.

Sommario: 1. Preambolo. – 2. Gilad Atzmon: Il destino dei gentili. – 3. Maurizio Blondet: «Gli ebrei europei hanno nuovi capi». – 4. L’antisemitismo russo per come narrato da Aleksandr Solgenitsin. – 5. Altre storie dell’antisemitismo. – ANNOTAZIONI: Iª - IIª - IIIª - IVª - Vª - VIª - – APPENDICE. Testo dei “Protocolli”: a. b. c. - I° - II° - III° - IV° - V° - VI° - VII° - VIII° - IX° - X° - XI° - XII° - XIII° - XIV° - XV° - XVI° - XVII° - XVIII° - XIX° - XX° - XXI° - XXII° - XXIII° - XXIV° – SINTESI E CONCLUSIONI.

1. Preambolo. – Questa mattina avrei voluto occuparmi di altro, cioè del mio blog di Geopolitica, ma so di avere almeno un Lettore interessato alle mie osservazioni sulla trasmissione televisiva, un talk show, che ieri sera, alle 21 e dieci del 1° novembre 2010 si è svolto intorno all’ultimo romanzo di Umberto Eco, che non ho ancora comprato e letto. Anche se abitualmente faccio fatica a leggere romanzi, per Eco ho già fatto un’eccezione leggendo “Il nome della rosa”. Leggerò certamente anche quest’ultima sua opera sulla quale si sta facendo una grande pubblicità. Ma già vedo che si tratta di un’operazione a larga concertazione, dove ciò che si vuol combattere e reprimere, anche e soprattutto con sanzioni penali e carcerarie, è l’idea del “complotto” – termine, come di consueto, ambiguo e sfuggente – e precipuamente del “complotto ebraico”. Si tratta però, come tenteremo di dimostrare, di una diffusa convinzione che non è stata creata dai “Protocolli”. Essa preesiste, sovrasta, accompagna e prescinde dai “Protocolli” in tutto l’arco della loro esistenza letteraria. Manco a farlo apposta ho appena ricevuto nella mia posta la seguente notizia, peraltro non recente:
«Il ministro della Cultura egiziano, Farouk Hosni, è stato vittima di una cospirazione giudaica organizzata da un "gruppo di ebrei a New York" per evitare che diventi il segretario generale dell'UNESCO, l'agenzia delle Nazioni Unite (ONU) che presiede alla cultura , alla scienza e all'istruzione. E' stato sconfitto ieri dal diplomatico bulgaro Irina Bukova in una lotta serrata per la presidenza.

"E 'apparso chiaro al termine della gara che c'è stato un complotto contro di me", ha detto oggi Hosni. "C'è un gruppo di ebrei che hanno avuto un'influenza importante nelle elezioni e per i quali il fatto che l'Egitto fosse entrato in corsa è stato una grave minaccia", ha detto.

fonte: Stato di San Paolo».
Si tratta dunque non già di un “pregiudizio” – termine ancora una volta ambiguo – ma di una difusa “convinzione” o comunque “percezione” che si avvale di innumerevoli riscontri, di cui daremo nei due paragrafi che seguono due diversi significativi e sconcertanti riscontri, la cui attualità non può dirsi in alcun modo influenzata dai “Protocolli” o da qualsivoglia “antisemitismo”, termine quest’ultimo di cui il “sionismo” si serve come di una vera e proprio arma, più letale di un bombardamento aereo o di un’operazione “Piombo Fuso” o un arrembaggio sulla “Mavi Marmara”.

Viene accuratamente sottratto ed evitato dal sistema mediatico – di cui già si dice nel “Protocolli” – ogni distinzione fra “sionismo” ed “ebraismo”. È ben vero che da tempo il sionismo ha influenzato la più gran parte dell’ebraismo, ma la distinzione nondimeno resta al punto da far dire ai membri del Neturei Karta – si veda il libro di Rabkin, da noi pure recensito e studiato – che il sionismo è il nemico e l’esatto contrario del giudaismo. Ma propriamente “ebreo” cosa vuol dire? cosa è? Una “razza”, una “religione” una “etnia”, un “popolo”, una circoncisione ed un modo di mangiare e distinguersi? Una doppia fedeltà, cittadinanza e appartenenza? È possibile una simile “doppiezza”? Un “lobbismo” che di fatto riesce a condizionare la politica estera ed interna degli Stati? Ha avuto gran successo il libro di Mearsheimer e Walt sulla “Israel lobby e la politica estera americana”, libro che si è cercato in tutti i modi di neutralizzare, tacciando ancora una volta i loro autori di “antisemitismo”, per contrastare il quale ho appena vista un banner che recitava: «Contro l’antisemitismo, ergo: contro il sionismo!». Sulla scorta del libro dei due politologi americano ho voluto fare in questo blog analoga ricerca, ancora in corso, per l’Italia e l’Europa, giungendo alla conclusione che da noi la situazione è ancora più grave. In fondo, e il libro di Eco e la trasmissione di Gad Lerner – entrambi “sionisti” – ne sono un tassello.

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2. Gilad Atzmon: Il destino dei gentili. – Sarebbe stato riduttivo citare solo alcuni brani significativi di questo articolo di Gilad Atzmon e dell’altro successivo di Maurizio Blondet, che a pochi giorni l’uno dall’altro appaiono sul web italiano. Bisognerebbe mandare al salotto di Gad Lerner la seguente dichiarazione del rabbino capo:
“I Goyim sono nati solo per servire noi. Senza questo scopo, non hanno posto nel mondo”. (Vedi più sotto, nel corpo dell’articolo)
L’argomento dei due articoli, in tutta la loro interezza, è così pertinente all’ordito del discorso che stiamo sviluppando, da convincerci dell’opportunità di riportarli per intero, anziché scegliendo i brani più significativi e sconcertanti. Su di essi svilupperemo poi ulteriori riflessioni, rinviando poi al testo per la necessaria documentazione.


DAL RABBINO YOSEF A MARX
postato il 5.4.10 in:
Come don Chisciotte

DI GILAD ATZMON

gilad.co.uk

Casomai i Goyim non riuscissero a trovare uno scopo nella loro vita, Ovadia Yosef, Rabbino capo dei Sefarditi Israeliani, è lì pronto ad aiutarli.

Nel suo sermone di Sabato Rabbi Yosef ha rivelato che l'unico scopo dei Gentili è quello di servire gli Ebrei. "I Goyim sono nati solo per servire noi. Senza questo scopo, non hanno posto nel mondo." Il rabbino è stato così gentile da fornire loro anche dei compiti precisi.

Perché i Goyim sono così necessari? ‘’Essi lavoreranno, saranno aratro e si occuperanno della raccolta. Mentre noi ce ne staremo seduti come un Effendi a mangiare. Questo è il motivo per cui "sono stati creati" i Gentili.

Credo sia giunta l’ora che la politica occidentale, amica d’Israele, cominci a comprendere davvero il loro ruolo nell’ universo giudeo – l’AIPAC insieme ai conservatori Amici di Israele, effettivamente, hanno una funzione cruciale: sono lì affinché i nostri politici comprendano il motivo per cui 'sono stati creati'.

Il loro ruolo è, ovviamente 'servire gli ebrei', come descrive eloquentemente il Rabbino capo.

Ma nella predica di Rabbi Yosef c'è un significato ulteriore e ancor più sinistro: secondo il Rabbino, i Goym ‘lavoreranno duro’, ‘saranno aratro’ e ‘si occuperanno del raccolto’. Mentre l'Ebreo ‘se ne resterà seduto come un Effendi a mangiare’. Il rabbino Yossef esprime in poche parole quanto sia profondo il disprezzo giudaico nei confronti del lavoro.

L'anziano rabbino ci offre una visione devastante di quanto i Giudei siano alienati da questi aspetti della condizione e dell’ esperienza umana. Inequivocabilmente, il rabbino Yosef raffigura una dicotomia chiara: gli Ebrei sono la razza padrona ed i Goym non sono altro che una forza lavoro. I Goyim sono lì a sudare e lottare, mentre l'Ebreo è 'seduto' a mangiare'. Credo che il rabbino Yossef sia riuscito, in poche parole, ad illustrare le relazioni intrinseche tra ebraismo e capitalismo.

Ma in realtà, il rabbino Yossef non ha detto niente di nuovo, il suo sermone di sabato suona familiare. Già Karl Marx, nel suo saggio sulla questione ebraica, identificava aspetti dell'ideologia ebraica nella macchina del capitalismo: “E’ l'umanità (cristiani ed ebrei) che ha bisogno di emanciparsi dal giudaismo”, ecco cosa scriveva Marx.(*)

Egli individuò la propensione verso lo sfruttamento come fulcro della cultura ebraica.

Tuttavia, essendo un umanista, Marx voleva credere che l'umanità (ebrei ed altri) avrebbe abbandonato questa tendenza. Molti, anche i primi sionisti, erano anche convinti che alla fine gli ebrei di Gerusalemme, attraverso il lavoro e la produzione, si sarebbero liberati e sarebbero diventati una nazione come tutte le altre.

Apparentemente, però, il rabbino Ovadia Yosef, non è che abbia voluto trasmettere l’ ideologia marxista in merito, tantomeno quello che fu il sogno sionista all’ inizio. Il rabbino Yossef è così coraggioso (o folle) da voler mettere in rilievo questo legame intrinseco tra la cultura ebraica ed il capitalismo.

L'unica domanda è: “Per quanto tempo ancora il resto dell'umanità può tollerare questo tipo di arroganza?

Gilad Atzmon
Fonte: www.gilad.co.uk
Link: http://www.gilad.co.uk/writings/gilad-atzmon-from-rabbi-yosef-to-marx.html
20.10.2010

(*) Nota del traduttore: Sul sito marxists.org la frase è “L'emancipazione degli ebrei nel suo significato ultimo è la emancipazione dell'umanità dal giudaismo. Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CINZIA IACOMINO
Sarà un “imbecille” interno, come dice nella trasmissione Gad Lerner, respingendo il pregiudizio razzista per il quale gli “ebrei” sarebbero in tutto il pianeta le persone decisamente più intelligenti, ma fatto sta che un simile “imbecille”, cioè il rabbino capo Ovadia Yosef, è persona assolutamente rappresentativa dell’«unica democrazia» del Vicino Oriente. E per fortuna che è “unica”! Si noti che qui siamo in Israele ed in pratica il rabbino capo sottoscrive tutte le tesi che vengono demonizzate nei “Protocolli”, quando si tratta di mandare in galera gli “antisemiti”. E dunque dovrebbe ora essere mandato il galera il rabbino capo Yosef per flagrante “antisemitismo”? Naturalmente, avendo letto Jakob Rabkin, noi siamo convinto che queste esternazioni del “rabbino capo sefardita” in Israele non abbiano nulla a che fare con il giudaismo propriamente religioso, che è quello di Neturei Karta e degli altri teologi ebraici citati da Rabkin. Ma proprio questo fatto ci conferma nella tesi da noi condivisa della liceità della critica teologica, interna o esterna ad uno religione, in questo caso allo stesso giudaismo. Ma deve essere anche lecita la millenaria critica che il cristianesimo ha fatto al giudaismo. Senza questa critica teologica – cosa ben diversa dalle persecuzioni di carattere sociale, politico, economico verificatesi nel corso dei secoli – il cristianesimo come riforma e superamento del vecchio giudaismo non sarebbe mai sorto. Oggi però arriviamo all’assurdo della censura dei Vangeli in quanto testi pure essi... antisemiti!

Se poi si va a percorrere la storia dell’insediamento coloniale sionista, dal 1882 in poi, ed in particolare dopo la Dichiarazione Balfour, da leggere “complottisticamente” dietro le sue quinte, ma sulla base dei documenti ormai usciti dagli archivi oltre ai testi editi da sempre, si vede che il destini dei palestinesi è stato sempre quello indicato dal rabbino, che si sente ormai sicuro e libero di parlare senza reticenze e senza prudenza alcuna. Israele è una potenza nucleare, i cui missili sono puntati sulle nostre teste, come hanno fatto sapere altri Yosef che spuntato di tanto in tanto qua e là, squarciano i veli sul segreto di Pulcinella, per il quale Israele non avrebbe arsenale nucleare. Complotto o non complotto riguardante un progetto di “dominio del mondo”, è certo che un arsenale nucleare non è un innocuo giocattolo, che serve semplicemente alla “sicurezza di Israele”, una “sicurezza” fondata sulla possibilità reale di una distruzione dell’intera pianeta. Si potrebbero qui sviluppare ampie digressioni che però destiniamo ad altra sede e altro contesto.

3. Maurizio Blondet: «Gli ebrei europei hanno nuovi capi». – Se l’articolo di Gilad Atzmon offre un quadro del “complotto” interno allo stato di Israele, da dove si dettano ordini al resto del mondo, invece quello di Maurizio Blondet ci informa sulla situazione della Diaspora europea, ormai largamente se non totalmente dipendente dal “sionismo”. Distinguere un “sionista” da un “ebreo” non è cosa semplice. Per scongurare questa distinzione, teoricamente possibile e praticamente assai pericoloso, le Israel lobby stano brigando con tutte le loro energie, mobilitando i loro uomini nelle istituzioni e nei parlamenti, affinché con legge venga posta l’equiparazione fra antisionismo e antisemitismo. Ciò consentira, come già per l’«antisemitismo», di perseguire penalmente qualsiasi critica o opposizione allo stato e alla politica di Israele. I massacri, le stragi, le pulizie etniche, i genodici, l’apartheid ogni giorno praticato dallo «stato ebraico e democratico», per autoreferenziatità, di Israele non potranno essere individuati e chiamati con il loro nome per quello che sono, ma si dovrà dire che sono misure “per la sicurezza di Israele” – come sempre dice Frattini, uomo della Lobby – e “lotta al terrorismo”, uno slogan sul quale spesso si esercita il sarcasmo di un Robert Fisk. Ma ecco l’articolo di Blondet che riproduciamo per intero dal sito Effedieffe, al quale si accede per pagamento. Ringraziamo il Direttore per la gentile concessione:
GLI EBREI EUROPEI HANNO NUOVI CAPI
Fonte: EffediEffe
di MAURIZIO BLONDET

L’European Council of Jewish Communities (ECJC, un consesso che raccoglie le com unità ebraica di tutta Europa, interlocutore privilegiato del Consiglio Europeo) ha un nuovo presidente: l’oligarca ucraino e banchiere Igor Kolomoisky, uno dei 500 uomini più ricchi del mondo (patrimonio sui 2 miliardi di dollari). Così è stato deciso nella riunione del ECJC tenuta a Berlino il 25 ottobre. Ma la cosa ha suscitato una tempesta nel consesso. Il fatto è che il discutibile personaggio non è stato eletto dai delegati. Come scrive la JTA (Jewish Telegraphic Agency), è stato “nominato unilateralmente dal presidente uscente, Jonathan Joseph, che aveva incontrato Kolominsky per la prima volta quel mattino”, a dire di Joseph perchè l’oligarca ha promesso di donare all’organizzazione 14 milioni di dollari nei prossimi 5 anni. “Bisognava rispondere a un uomo che non è incline ad aspettare un voto ufficiale del consiglio direttivo”, ha detto Joseph – che probabilmente oggi è un uomo più ricco.

http://www.jta.org/news/article/2010/11/02/2741555/like-nbas-nets-european-jewish-group-gets-an-oligarch-but-some-see-soviet-takeover

Sempre l’agenzia ebraica nota che mentre i delegati venuti da tutta Europa discutevano nelle varie sessioni, il miliardario ucraino non s’è fatto mai vedere; invece, con altri miliardari ucraini, “ingollava vodka con il rabbino capo d’Israele nel salone dello sfarzoso centro Chabad (Lubavitcher) di Berlino”. Sono dunque i Chabad ad aver decretato la nomina. La JTA pubblica una foto dove si vede il rabbino capo Yona Metzeger mentre brinda con vodka a fianco di Kolomoisky.

http://multimedia.jta.org/images/multimedia/oligarch_0/DSC_1124_m.JPG

Il fatto sarebbe passato inosservato, se non fosse per un particolare: la delegazione italiana s’è dimessa al completo per protesta: Arturo e Bianca Tedeschi, Claudia De Benedetti e Annie Sacerdoti. Si sono dimessi inoltre un membro olandese e uno tedesco.

“E’ stato un golpe di stile sovietico”, ha detto Arturo Tedeschi alla JTA. Parlando al portale dell’ebraismo italiano “Moked”, il Tedeschi è stato più esplicito: l’European Council of Jewish Communities, che esiste da 30 anni, “ha finora sempre mantenuto una linea precisa: tenersi lontano dalle vicende politiche. Ma con l’ultima convention, le cose sono cambiate (...). Quella di Berlino era stata programmata come una conferenza per i presidenti delle comunità che fanno parte dell’ECJC - sottolinea - Invece, al posto dei consueti seminari riguardanti i profili organizzativi della vita comunitaria, ci siamo trovati di fronte a un’agenda improntata a contenuti politici è si è parlato di far guerra all’Iran, ndr], e a una presenza israeliana insolitamente numerosa e importante [ministri, ambasciatori e politici, ndr.]. Fino al momento in cui, con una procedura assolutamente illegittima e antidemocratica, senza il necessario passaggio per l’assemblea dell’ECJC, è stato nominato un nuovo presidente Igor Kolomoisky, oligarca ucraino dal profilo discutibile” .

La politicizzazione del gruppo è voluta. Nel comunicato finale emesso a Berlino si legge: “L’ECJC ha deciso che la linea artificiale che separa gli affari che riguardano le Comunità dalle vicende politiche, che costantemente ne influenzano la vita, verrà immediatamente a cessare”.

http://moked.it/blog/2010/10/28/ecjc-un-nuovo-corso-dimissioni-per-i-delegati-italiani/

Linea dura, sotto il segno dei Lubavitcher e direttive del Likud. La linea dura coincide con la presa di potere di oligarchi malavitosi in tutte le organizzazioni ebraiche occidentali. Nel 2007, Moshe Kantor, uno dei mille uomini più ricchi del mondo (agrochimica) è stato eletto presidente del Congresso Ebraico Europeo (1). Aleksandr Mashkevitch (gas e metalli in Kazakhstan) ha preso in mano lo Euro-Asian Jewish Congress (2). Vladimir Rabinovitch, altro ucraino e colosso dei media e gangster riconosciuto (3), è diventato vicepresidente dell’organizzazione da cui si sono ritirati gli italiani, e la regge adeso a fianco del Kolominsky.

E questi arricchiti euro-orientali, spiega la JTA, “vedono i delegati dell’Europa occidentale come timidi e inefficaci, esitanti ad ergersi incondizionatamente a fianco di Israele e contro l’antisemitismo”. Un parere condiviso dall’uscente Joseph: gli oligarchi “vestono in modo volgare e bevono troppo, ma sono più decisi. Non sono ancora infiacchiti e spenti” come gli ebrei dell’Europa occidentale.

Per esempio? Rabinovitch, il neo-vicepresidente dell’ECJC, dice alla JTA: “In Ucraina, abbiamo identificato le organizzazioni antisemite e le abbiamo liquidate. Nell’Est, tutti i nostri antisemiti sono in galera. In Europa occidentale è diverso, ci sono problemi legali...”. Quei problemi legali che, su richiesta della Nirenstein e di Pacifici, i nostri parlamentari sono pronti in massa a rimuovere.

E’ chiaro che questi personaggi senza scrupoli, spesso sospettati come mandanti di omicidi, vogliono portare i loro metodi di liquidazione in Europa, approfittando del fatto che lo ECJC è un interlocutore dell’eurocrazia di Bruxelles, sempre prona ai voleri sionisti. Il termine usato – liquidazione – evoca una vecchia tradizione, da quando Lazar Kaganovic, n.2 dietro Stalin, negli anni ’30 liquidò alcuni milioni di piccoli contadini ucraini che resistevano alla sovietizzazione, requisendo tutti i raccolti e lasciando i contadini a morire di fame, quando non li fucilava in massa.

La JTA cita Bianca Tedeschi, moglie del delegato dimissionario Arturo: “Si sono presi questo giocattolo e adesso possono andare in giro a dire che la loro opinione è quella degli ebrei europei. E’ spaventoso”.

Se la presa di potere di questi figuri è spaventosa (e lo è), forse sarebbe ora che gli ebrei europei denunciassero l’esproprio di cui sono vittime, la natura dei personaggi che hanno preso il loro posto, e rifiutassero apertamente di farsi rappresentare dagli “ucraini” nelle sedi eurocratiche. Ci si dice continuamente che non eisstono “islamici moderati”; è il momento di chiedere agli ebrei “moderati”, se esistono, dfi battere un colpo.

Perchè persino gli elettori e cittadini israeliani subiscono un certo genere di esproprio della loro volontà politica. Il quotidiano Yedioth Ahronoth ha pubblicato la lista dei “donatori” stilata dagli uffici del premier Benjamin Netanyahu, finanziatori della sua campagna elettorale del 2009.

http://marcovilla.instablogs.com/entry/netanyahus-millionaire-list/

Sono anche questi tutti miliardari, stavolta per lo più americani. Sono divisi in quattro liste, la numero 1 essendo quella dei finanziatori sicuri, e le altre – via via – quelle dei donatori a cui vale più o meno la pena di battere cassa per il capo del Likud. Netanyahu vi ha aggiunto di suo pugno dei nomi, con i numeri che li indicano come più o meno entusiasti della causa del sionismo estremista.

Ognuno può divertirsi a cercare sul web chi sono questi personaggi, e coma hanno fatto i loro miliardi. La cosa significativa . nota Yedioth Ahronoth – è che “il 98 per cento dei fondi che riceve Netanyahu, li riceve dall’estero, in genere da ebrei americani”, e non da cittadini israeliani.

Sheldon Adelson, il primo della lista, è un magnate del gioco d’azzaro a Las Vegas, repubblicano, che è anche il più ricco degli ebrei d’America, e finanziatore dell’American Enterprise. Ronald Perelman, il secondo, è il finanziere specializzato nell’acquisto di imprese in difficoltà, che smembra e poi vende a pezzi a bocconi, lucrando immensi profitti, è vicino ai Lubavitcher. Stephen Wynn è un altro tycoon di Las Vegas (casinò e immobiliare). Ronald Lauder è l’eerede della multinazionale dei cosmetici Estée Lauder. Fra quelli di cui Bibi ha scritto i nomi a penna, va’ notato “Motti” (Mordechai) Zisser, un grande immobiliarista di Londra. David Hager non è un ebreo, ma un “cristiano rinato”, medico, conservatore, vicino a George Bush.

Ma per lo più, questio sono personaggi dichiaratamente di destra, spesso con doppia cittadinanza. Più significativo trovare, tra i finanziatori di Netanyahu e del suo partito che sostiene l’espulsione dei palestinesi ed ha compiuto la strage di Gaza e della Mavi Marmara, personaggi che in America si danno un’immagine “liberal”, di progressistid emocratici e vicini ad Obama. Come Haim Seban, un miliardario dello spettacolo che ha donato 7 milioni di dollari per la nuova sede del Comitato Nazionale Democratico, e Mort Zuckerman, padrone di catene di giornali e periodici (New York Daily News e US News and World Report), anche lui uno dei più generosi donatorid el partito democratico; ma quando si tratta di Israele, entrambi sono per l’espulsione dei palestinesi.

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Note

1) Moshe Kantor è uno dei cento uomini più ricchi della Russia, con un patrimonio valutato sui 4 miliardi di dollari accumulati oscuramente negli anni delle privatizzazioni selvagge. Adesso si dedica a “promuovere la tolleranza in Europa contrastando la xenofobia e l’anstisemitismo”, nonchè a “preservare la memoria dell’olocausto”. E’ diventato noto in Germania per aver offerto in dono ad Angela Merkel una sbarra di sapone, “onde ricordarle quello che i nazisti hanno fatti di noi ebrei”.

2) Lo scorso settembre la polizia turca ha fermato Mashkevitch a bordo del suo lussuoso yacht, dove avveniva un’orgia con prostitute minorenni. Mashkevitch ha dichiarato di non essere il padrone della rete di prostitute, ma solo l’utilizzatore finale. Mashkevitch ha annunciato di essere pronto a finanziare la costruzione di una chiesa cattolica o ordtodossa “in un paese musulmano”.

3) Secondo Der Spiegel, Rabinovich è un complice di Victor Bout, l’ex agente del KGB divenuto il maggior trafficante d’armi del mondo: nel 2oo2 i due compari hanno venduto 150-200 carri armati sovietici T-55 e T-62 ai talebani. A Rabinovich è vietato l’ingresso in Usa per “coinvolgimento nel crimine organizzato, riciclaggio, traffico di droga e armi, vendita di armamenti alla Corea del Nord, omicidi su commissione ed altri reati”.
Proprio il 7 di ottobre la signora Nirenstein, di intesa con altre “eccelsi sionisti” con il quale è ripartito il merito della manifestazione, ha fatto sfilare gli uomini che “bipartisan" rispondono all’appello ogni volta che Israele chiama. Poco importa che questa pronta disponibilità, che supera tutti gli schieramenti politici e non trova nessuna opposizione, si chiami “complotto”, “lobbismo”, “sionismo” o in un qualsiasi altro modo. Ormai, il linguaggio è diventato una variabile dipendente: lo si stravolge e altera come meglio torna utile. Viene dato il nome di “verità” alla menzogna ed allo stravolgimento dei fatti quali tuttavia risultano evidenti al lume della ragione e del diritto naturale. Il controllo dei mainstream fa ritenere si possa far credere quel che si vuole. Veramente, cià era denunciato già nei “Protocolli”, ma non perché fosse qui inventato, bensì perchè già all’epoca era un’evidenza riscontrabile di come e quanto fosse dipendente e condizionata la cosiddetta stampa libera e quanto fosse discutibile la cosiddeta opinione “pubblica”, in realtà semplicemente “pubblicata” in organi di stampa, dove non trovavano spazio le voci dissenzienti ma deboli, come quelle degli autoctoni palestinesi.

Circa la dichiarazione sopra riportata, di una delegata italiana, secondo cui le associazioni ebraiche si sarebbero astenute dalla politiche, per occuparsi solamente della loro vita comunitaria, non mi sento di concordare. In realtà, come subito risulta da un primo studio dei fenomici lobbistici, è massiccia la presenza delle comunità nella politica degli stati, sia quella interna e culturale sia quella estera. Non si spiegherebbero altrimenti le centinaia e centinaia di migliaia di incriminazioni penali in Europa per meri reati di opinione senza l’esplicità richiesta delle comunità ebraiche, come è avvenuta anche in Italia qualche settimana fa e come ad arte ogni anni si tenta in coincidenza con una istituzione, il Giorno della Memoria, voluta dalle stesse comunità. Purtroppo, non è neppure possibile un sereno studio dell’argomento, perché immediatamente si scatenano vere e proprie campagne di diffamazione. Ne sappiamo qualcosa.

(segue)



ANNOTAZIONI
su
«Il cimitero di Praga»,
romanzo di Umberto Eco,
edito da Bompiani nell’ottobre 2010,
dove si intende fustigare e criminalizzare
ogni idea di «complotto»,
a sostegno delle “verità ufficiali”;
in pratica, da Balfour alle verità ufficiali sull’11 settembre,
e oltre a “Piombo Fuso” e alle versioni israeliale
sul massacro della “Mavi Marmare”,
nave con a bordo pacifisti che intendevano forzare il blocco israeliana
di Gaza, una prigione a cielo aperto,
verità ufficiali
cui sempre si deve credere,
pena la terribile accusa di
“antisemitismo” e ora di “complottismo”

I.


Non pare ozioso dire come ho appreso della trasmissione di ieri sera. Eravamo stipati in una sala d’albergo, per parlare della storia dell’8 settembre 1943 e dintorni. Era un’atmosfera da carbonari. Dopo le recenti minacce alla libertà di pensiero incomincia giustamente ad affermarsi un costume di cautela e circospezione. La conferenza di storia aveva perciò, dichiaratamente, un carattere privato e vi si poteva accedere solo su invito. Ma non eravamo dei sovversivi e non è stato detto niente che non fosse assolutamente pacifico e nel più rigoroso rispetto della legalità. Benché a me sconosciuti i nomi della maggior parte degli interventi – ve ne è stato anche uno mio, di carattere filosofico-giuridico – sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla dottrina e dalla qualità delle brevi e numerose relazioni. È qui, in occasione di questo incontro, che un Lettore mi ha avvisato che alle 21.10 di lunedi sulla Sette avrebbe parlato Valentina Pisanty, detta “Cappuccetto Rosso”.

Evito altri rilievi sulla persona della giovane allieva di Umberto Eco, intorno a cui ruotava il talk show, e mi soffermo invece sulle mie preoccupazioni di carattere personale. Temevo che in qualche modo, anche indiretto, venisse fatto il mio nome e mi trovassi così costretto a tentare di far valere la legge sulla stampa, l’ormai per me familiare art. 8 della legge n. 47/1948, che il quotidiano “La Repubblica” non ha voluto in alcuno modo rispettare, quando si è occupato di me il 22 ottobre 2009, consegnandomi alla “gogna” anche televisiva, dove non posso dimenticare il passeggio del conduttore di “Linea Notte” e la ragazzotta che andava a intervistare, di notte, studenti universitari per spronarli a parlar di me, che in ottobre non tenevo affatto nessuna di quelle lezioni “negazioniste” che “La Repubblica” e l’intera Lobby mi attribuivano: le mie Lezioni erano terminate a maggio, nel trimestre precedente! Ad assoluzione avvenuta, con formula piena, per inesistenza del fatto e del diritto, i signori dei media ben si son ben guardati dal darne notizia. E per giunta il giornalista di “Repubblica” ed il suo direttore non si degnano o non osano presentarsi in tribunale, dove io li aspetto con tenacia. Approfitto perciò di tutte le occasioni, dove si fa il mio nome, per appellarmi all’art. 8 citato e pretendere la rettifica e smentita.

Ero quindi teso durante la trasmissione, ma non è saltato fuori il mio nome. Intanto trovo sempre più innaturale la costrizione di un pubblico di milioni di telespettatori, che deve starsene passivo, mentre pochi individui si impongono alla nostra attenzione, dando spettacolo di sé ed in qualche modo opprimendoci. È poi invalsa la finzione di credere e far credere che ciò che si dice in queste sedi sia l’opinione pubblica ossia ciò che il popolo italiano penserebbe. Ed i politici hanno buon gioco e convenienza ad accettare questa finzione. Possono così contrattare direttamente con l’opinione pubblica, cioè con i conduttori dei talk show e con i direttori di giornali, che sempre vengono interpellati su qualsiasi aspetto dello scibile umano e su ogni evento di cui si sceglie di dare notizia. Così ai margini della trasmissione è vi è stato spazio per l’ennesimo attacco a Berlusconi, che si tenta di far cadere sul “bunga bunga” e non su questioni di governo del paese. È un vecchio trucco quello di andare a frugare nella rogna altrui nascondendo la propria, che è spesso più grave e vergognosa. Berlusconi però c’entrava con il tema della trasmissione come il prezzemolo: quanto per mettercelo.

E cosa dunque? Quale doveva essere il tema? Beh! Direi che hanno avuto tutti paura di affrontarlo e vi hanno girato intorno. Di qua dal televisore io mi chiedevo: ma quando si decidono ad entrare in argomento? Non lo hanno fatto e non saprei dire se per ignavia, ignoranza o malafede. Se fossi stato presente, avrei chiesto al “neppure laureato” – lo ha detto lui stesso – Gad Lerner, da cosa ricavava il passaggio diretto dai “falsi” Protocolli di Sion allo “sterminio” dei campi di concentramento. Non è necessario essere laureati per leggere con profitto un ben diverso libro, pure uscito da poco tempo, ma non pubblicizzato come quello di Eco, cioè il libro di Shlomo Sand, dove è descritto e analizzato il grande dibattito che vi fu in Germania nella seconda metà del XIX secolo intorno al concetto di nazione e nel suo degrado verso il nazionalismo, di cui il sionismo è appunto un prodotto, il più velenoso e subdolo, che circola ancora oggi e che trova nello stesso Gardner, se non anche in Umberto Eco, dei loro probabili rappresentanti e agit-prop.

A lume di naso e di logica mi sembra più fondato ipotizzare che i “falsi” Protocolli di Sion siano essi stessi un prodotto, un risultato di questo dibattito, di questo clima culturale, sviluppatosi in Germania e in Europa durante tutto il XIX secolo, che aveva segnato l’emancipazione degli ebrei e la loro equiparazione nei diritti, piuttosto che non, proprio essi, la causa degli eventi tedeschi fra le due guerre. Insomma, una confusione ed inversione nel rapporto di causa ed effetto. Ma era questa confusione, questa inversione, il succo di tutta la trasmissione. Sarebbe pure da chiedere allo stesso Eco, che tanto parla di falsari, se non sia egli stesso un falsario, che presenta il suo prodotto a chi lui sa, ottenendo un successo favoloso, peraltro meritato per le sue indubbie qualità letterarie.

Eco ha più volte ripetuto che lui non crede nel “complotto” e che i complotti, quando esistono, vengono senz’altro scoperti. Qui devo confessare i miei limiti. Non so cosa sia un “complotto” e non capisco perché poi essi vengono necessariamente scoperti. Non so se, ad esempio, la strage di Ustica sia rubricabile sotto il nome di “complotto” e cosa sia stato “scoperto”. Per non parlare dell’11 settembre, la cui ombra si è appena affacciata nel talk show. Forse l’illustrissimo Umberto vuol dire che di ogni evento, appena un poco strano, vi è una verità ufficiale. Ed a questa dobbiamo tutti attenerci. Ma non può essere cosi. Sarebbe troppo sciocco e non farebbe onore alla meritata fama del romanziere. Ha parlato lui stesso della “falsa” Donazione di Costantino, che è stata scoperta, ma secoli dopo... Se poi ci mettiamo a cercare padri nobili e indiscussi, troviamo già in Platone la teorizzazione della menzogna come tecnica di governo, sia pure a fin di bene. Ma chi decide cosa sia il Bene da cercare e quale il Male da evitare?

La televisione, dove Lerner appunto lavora, ha poi qualche rapporto con la Verità e la Menzogna? Per attingere la Verità dobbiamo ogni sera accendere il televisore o comprare ogni mattina “La Repubblica”, che – per quanto mi riguarda – il 22 ottobre 2009 mi teletrasportava da casa mia all’università, facendomi tenere quelle lezioni che avevo terminato in maggio e su ben altri argomenti di quelli che mi venivano attribuiti? Se questa menzogna, ordita a mio danno, non è un “complotto”, i cui soggetti ho in parte individuato, come lo devo altrimenti chiamare? E se finalmente il “complotto” è stato verificato nella sua macchinazione da un’apposita commissione disciplinare, perché gli stessi media non ne hanno voluto parlare? Il “complotto” permane e la mia lotta contro di esso non è ancora finita. Ma, in fondo, il nome da dare alla cosa è indifferente. Si tratta solo di sapere se la cosa stessa esiste o non esiste.

Insomma, questi signori sembra vogliano dirci che per essere buoni e bravi cittadini dobbiamo sempre attenerci alle verità ufficiali o a quelle che essi stessi si degnano di amministrarci, per il nostro bene e per la nostra salute. Si è poi anche vagamente parlato dei potentati finanziari. A sentire il “non laureato” Lerner sembra che la grande finanza e la speculazione non esistano e che neppure esista la crisi di cui tutti parlano e che ha già messo sul lastrico milioni di famiglie. Quanti sono attanagliati dalla fame e muoiono, mentre io sto qui a scrivere, in realtà, si ingannano. Si tratta di una mera fatalità e non esistono oscuri meccanismi che hanno prodotto la loro sorte. Essi poi contano politicamente e socialmente, quanto i signori che si riuniscono al Bilderberg o alla Trilaterale o chissà dove. Siamo infatti in democrazia e ognuno di noi conta quanto un Murdoch o un qualsiasi finanziere americano o magnate, sulla cui etnia non andiamo certo a ficcare il naso né ci interessa.

Non posso però qui trattenermi da una dotta citazione, che non ho ancora trovato il tempo di approfondire e studiare nel suo preciso contesto storico-filologico. Il Lettore me la passi come programma di studio. Un secolo prima dei “falsi” Protocolli, diceva de Bonald, morto nel 1840, a proposito di ricchezza e di potere che sempre conferisce la ricchezza, come sia una cosa la ricchezza fondiaria e altra la ricchezza finanziaria. Finché l’essere ricchi si materializzava nel possesso di terre o immobili, uno stato che fosse ancora sovrano, poteva intervenire su di essa e magari ristabilire l’ordine e la giustizia sociale, se una iniqua distribuzione della ricchezza produceva fame e carestia. Ma quando la ricchezza si volatizza in finanza, in titoli, che possono volare da una parte all’altra del mondo ed occultarsi in mille modi, nessuno stato è più in grado di esercitare la sua sovranità. Anzi il potere della Finanza diventa tale da poter abbattere gli stati e ridurre intere popolazioni sul lastrico e alla morte per fame, quando già non abbiano provveduto a ciò guerre sempre più distruttive, che seminano morte da una parte e ricchezza dall’altra. Siamo dei “complottisti” nel vedere oggi più che mai presenti questi scenari? Può darsi!

…Sono tornato da una pausa necessaria e da una passeggiata passeggiata. Ne ho approfittato per il libro di Eco, che leggerò in seguito, riportandone annotazioni in corso di lettura. Qui vorrei affrettarmi a mettere per iscritto le sensazioni, le reazioni mentali che ha suscitato in me la trasmissione, il talk show, che non ho registrato. Senza badare alla forma e alla lunghezza che sta assumendo questo post, devo farlo prima che ne svanisca la memoria. Intanto, con la dovuta cautela e provvisorietà di giudizio, credo che il principale appunto che possa farsi a Umberto Eco è quella di essere lui stesso un Falsario, ed in fondo di impersonare lui stesso il suo personaggio, Simonino – come lo ha voluto chiamare –, dicendo lui stesso che è figura odiosa e negativa quanto mai nessun altra. Forse, Eco ha voluto rendere un servizio all’establishment con un romanzo ideologico che dovrebbe servire a combattere con altre armi le migliaia e migliaia di persone che in Europa ogni anno vengono incriminate e incarcerate per meri reati di opinione. Non sono un lettore attento ed assiduo di tutto ciò che Eco scrive, ma non ho mai sentito la sua potente voce ergersi in difesa della libertà di pensiero e soprattutto della dignità di chi scrive cose diverse dalle sue. Sarà pure un “gentleman”, non rispondendo - dice - ai suoi critici, ma non lo è tacendo su chi sta in prigione, scontando fino a otto di carcere, per la sola colpa di avere scritto dei libri, certamente diversi da quelli di Eco. E chi sa in fondo che oltre ad essere “falsario” lui stesso – nel senso del tutto metaforico appena detto – non sia anche un “carceriere”, se il suo romanzo dovesse contribuire ad un ulteriore giro di vite nella repressione carceraria. Fantasticando, cosa dovremmo dire se, cambiato regime, fosse a sua volta lo stesso Eco ad andare in galera per le sue operazioni mediatiche? Naturalmente, a scanso di equivoci, noi ci batteremmo per la libertà di Umberto Eco con la stessa determinazione con cui ci battiamo per la libertà e dignità delle probabili 200.000 persone che dal 1994 ad oggi, nella sola Germania, sono stati penalmente perseguiti per aver toccato quei tabù che Eco difende e consolida anche in questo suo ultimo romanzo.

E non sembra casuale che lo stesso Eco abbia ricordato la sua introduzione al libro di Cappuccetto Rosso, sua premiata allieva, ad un’antologia di scritti “antisemiti”. Per un suo volume sulla “Irritante questione delle camere a gas”, l’università di Teramo ha annunciato una Lezione riparatrice, da tenere non si sa bene a chi, non avendo mai la Pisanty risposto alle critiche demolitrici di un Mattogno, che semplicemente per l’intellettualità ufficiale di regime non esiste, pur avendo dedicato all’argomento migliaia e migliaia di pagine, non per scrivere trame di romanzi – mestiere in cui eccelle Umberto Eco –, ma masse di dati e documenti ricavati direttamente dagli archivi e dalle fonti storiche primarie. Forse è una forma di razzismo accademico, la supponenza di chi crede di essere migliore, più qualificato, più credibile per il solo fatto di occupare una cattedra universitaria, nel ruolo baronale di “Ordinario”, salvo poi a mettere sulla gogna anche un Ordinario, se per caso si azzarda a sfiorare i tabù di regime.

Ma veniamo all’antisemitismo. Questo termine ha svolazzato per tutta la trasmissione, ma senza che ne sia stata una definizione. Ormai “antisemitismo” è tutto ed al tempo stesso nulla. Tutti ne parlano, ma nessuno poi dice cosa sia, essendo giudicato cosa ovvia come i raggi del sole. Si parla di più moderno e sofisticato “antisemitismo”, ma cercare di capire in cosa consista è fatica immane e disperata. Vi è da credere che in fondo il primo e maggiore antisemità di tutti i tempi sia un certo Gesù Cristo, simbolicamente o metastoricamente o storicamente messo in croce appunto in quanto... antisemita! E che ciò avvenga ancora oggi ce lo ha detto in corso di trasmissione lo stesso Lerner, quando ha riportato un’agenzia niente meno che del Rabbino di Roma, il quale pronunciandosi su una fiction – che ormai sostituisce la realtà – ha gratificato di “patacca” la rappresentazione della figura di Pio XII, che si vuole sia messo alla “gogna” e in croce, come già accadde a Gesù Cristo, circa 2000 anni fa, sembrerebbe per istigazione ebraica, almeno per chi legge i Vangeli.

E qui passiamo dall’«antisemitismo» – che è fenomeno recente e che andrebbe inquadrato nel contesto dell’emancipazione degli ebrei dopo la rivoluzione francese, della loro assimilazione o meno alla società le cui porte venivano loro spalancate e non ultimo al fenomeno e al dibattito sul nazionalismo e il razzismo, di cui il sionismo è un derivato – al termine e al concetto di “antigiudaismo” che ha connotazione principalmente teologica. Qui si tratta di capire o di sentirsi dire se una critica teologica non solo all’ebraismo, ma a qualunque altra religione, è ancora lecita e possibile. Si insiste ambiguamente sul termine “giudaico-cristiano” come se non si trattasse di due concetti che si contrappongono storicamente e teologicamente. Il cristianesimo non ha senso se non come critica radicale e radicale superamento dell’ebraismo. Diversamente è soltanto una setta giudaica. Naturalmente, soprattutto nelle condizioni odierne della nostra civiltà giuridica, non deve essere torto un capello a nessuno per differenze religiose o di opinione. Ma ciò non significa che ogni cristiano o cattolico non possa professarsi tali e non sia obbligato ad andare a genuflettersi in sinagoga e magari a farsi circoncidere, anche soltanto alla testa o indossando un kippah, lecito e obbligatorio, mentre si proibisce il velo che fu anche delle nostre madri e nonne.

Insomma, il talk show ha sfiorato i tabù senza toccarli, ma confermandoli in pieno. Si è caratterizzato come organo del terrorismo ideologico e della repressione. Ha gettato la maschera il “professore ordinario” Sergio Luzzatto, quando ha riconosciuto che in materia di revisionismo storico della Resistenza un Panza gli ha soffiato il mestiere scoperchiando lui quella pentola, che un “ordinario” ben attento alla sua carriera si è sempre guardato di fare. Avremmo dovuto farlo noi, nelle forme giuste a salvaguardia del Mito e del Regime! E chi ti dice che la cosa non valga anche per un altro revisionismo? Ovvero il cosiddetto “negazionismo”, il cui termine è stato da me più volte speigato come: costruzione polemica e ideologica, a scopo di denigrazione, diffamazione, delazione. Al riguardo, come filosofo del diritto, mi sforzo sempre di dire e fare intendere che una verità storica può risultare solo dal dibattito e libero contraddittorio fra quanti si prendono la briga di voler studiare seriamente taluni aspetti connessi all’esistenza dei campi di concentramento, che in quanti tali nessuno ha mai negato, come invece fa credere la comunicazione mediatica e le dichiarazioni di soggetti in causa fortemente interessati e non equanimi.

Se poi, in Italia, il grande esperto al cui responso dovremmo tutti allinearci, è un certo Pezzetti, la cui incompetenza ho personalmente verificato senza essere uno storico di mestiere. Mi riferisco alla vicenda Origoni, per la quali rinvio ad apposita trattazione. Qui mi limito a ricordare il ridicolo con cui si cercava di coinvolgere il teatro della Scala di Milano, sostenendo che la Origoni sarebbe andata in tournée ad Auschwitz... per cantare! Magari allietando gli stessi internati. In realtà, Lia Origoni non lavorò alla Scala di Milano se non dal 1946 in poi. Il teatro della Scala di cui si parlava in alcuni documenti, che il dottissimo Pezzetti non ha saputo leggere e interpretare, era un teatro di varietà che con lo stesso nome esisteva in Berlino. Eppure, tanto dilettantismo, tanta incompetenza è assurta agli onori tributati dalle massime cariche e dalle massimi istituzioni culturali del regime. Almeno, il fascismo sapeva scegliere meglio i suoi uomini e i suoi ideologi.

Per chiudere con la nostra Cappuccetto Rosso osserviamo che ha parlato poco. Si è limitata a difendere il maestro dalle critiche di alcuni recensori. Lo ha fatto con un certo piglio che è stata la nota più alta. Poi ha tirato fuori una parolina che mi ha fatto pensare a quale può essere il suo retroterra culturale: Eurarabia. Probabilmente, è una delle lettrici delle cartoline che un suo collega semiologo scrive ogni giorno: Cartoline da Eurabbia, dove di rabbia islamofoba ne cola a ettolitri. La volgarità e l’odio oltre che il tono lagrimevolo e disgustoso è tale da aver provocato – sembrerebbe – qualche reazione all’interno dello stesso mondo ebraico. Tutti questi signori sono terribilmente inadeguati ad occuparsi del nostro passato e della nostra memoria storica che è parte della nostra identità nazionale e che essi vorrebbero condizionare e dirigere. Ubbidiscono ad una classe politica, che incapace di meritarsi titoli di legittimità per proprie virtù di governo e rettitudine, crede di trovare la legittimità che le manca nella delegittimazione e nella demonizzazione di un ceto politico ormai scomparso da oltre mezzo secolo. Temo che un illustre e valente scrittore, romanziere, come Umberto Eco abbia costruito il suo successo fornendo quei servizi di cui la classe politica aveva ed ha bisogno.

Ho già letto i primi due capitoli del libro di Eco. La forma del romanzo mi riesce sempre più fastidiosa e giudico in genere una perdita secca di tempo il leggere romanzi: un lusso che si può permettere chi ha tempo da perdere. Non perché io faccia il medico, come quel Cesana che Eco, nella trasmissione, ha rimproverato per non aver letto con attenzione il suo romanzo, occupato giustamente ad interessarsi di pazienti anziché a leggere romanzi. Non faccio il medico e di mestiere passo il tempo a leggere di filosofia, storia, diritto e tutto ciò che ha nome di scienza. Non ho tempo per i romanzi, anche se qualche romanzo occorre leggerlo, per possibili implicazioni con argomenti seri e perfino tragici. In pratica, quello di Umberto è stato un modo per dire che pretende, esige la massima attenzione. E noi cerchiamo qui di accontentarlo, scusandoci per i nostri limiti umani.

Accidenti! Avevo scritto una parte di testo, che mi era parsa venuta bene, ma non si è salvata e non sono in grado più di riscriverla identica. Parlavo della mia recente visita in Praga, per turismo, dove però non ho visitato il cimitero ebraico. Se avessi saputo dell’ambientazione che ne aveva fatto Eco, per questo solo motivo, lo avrei visitato ed Umberto non potrebbe rimproverare anche a me, come ad altri, di non essere stato un suo lettore attento. Potendo, visito pure i luoghi da lui indicati. Che altro! Non ero però andato a Praga per visitare la parte ebraica. Trovandosi essa in pieno centro, mi ci sono imbattuto, ma non è stata una sensazione gradevole ed ho subito pensato al potere della Lobby in ogni singolo paese d’Europa. Un recente articolo di Maurizio Blondet sull’associazionismo ebraico europeo, la cui organizzazione ufficiale è riconosciuta direttamente dalla UE e con essa interagisce, mi induce a sospettare che la stessa trasmissione di Lerner e l’operazione mediatica di Eco si inseriscano in una più vasta strategia. Complottismo? Sarà! Invito comunque a cercare in rete il recentissimo articolo di Blondet con titolo “Gli ebrei europei hanno nuovi capi”, dove appunto si dice che il nuovo capo dell’European Council of Jewish Communities ha comprato all’istante la carica con 14 milioni di euro. Per i dettagli rinvio dunque al citato articolo, di cui non ho un link.

Quando è caduta la connessione, stavo verificando il significato del termine “stilema” per riferirlo ai “falsi” Protocolli che a prima vista mi appaiono non più “falsi” del “romanzo” di Eco, che ho letto fino a pagina 88, senza ancora trovare elementi particolarmente significativi per la mia ottica di lettura. Approfittando di una buona occasione che Eco mi offre e che per questo non dovrebbe suscitare sospetti ed una nuova campagna diffamatoria, come quella che mi ha portato sulle prime pagine giusto un anno or sono, penso non solo di leggere lentamente il romanzo di Eco, ma di accompagnarlo anche con una lettura o rilettura contestuale di altri testi. In primis degli stessi “falsi”, rigorosamente e normativativamente “falsi” Protocolli in un’edizione regolamentare, con prefazione e postfazione demonizzante e politicamente corretta, come prescritto. È a cura di un tal Domenico Dario Curtotti che introduce per pagine 7-77 il testo dei “falsi” Protocolli nell’edizione di Sergey Nilus, che si estende da pag. 79 a pag. 167, seguita da un’Appendice costituita da due Interviste a Taguieff, un campione nella caccia all’antisemita, che chiude il libro a pagina 190. Come se non bastasse, il Curatore si cautela ulteriormente precisando nella nota alla sua edizione, che «non ha pretese critiche», rinviando a ben altre superiori edizioni, avvertendo:
«Ribadiamo che la presente pubblicazione, che fa conoscere i Protocolli, un testo di eccezionale importanza storica, per quel che sono, e cioè un falso, fornendo tutte le opportune informazioni, non vuole né può avere, per le sue stesse caratteristiche, un fine diffamatorio nei confronti della comunità ebraica, italiana o di altri paesi».
Il testo dell’Introduzione è datato e firmato Ivrea, giugno 2008. Tanto terrore e tanta cautela non può che far riflettere. E noi riflettiamo senza mettere qui per iscritto le riflessioni che ci vengono in mente.

Avevo comprato l’edizione Curtotti/Taguiff nel settembre del scorso anno 2009 ed avevo iniziato a farne una scheda di lettura e di studio. La si trova ancora qui. Il mese successivo, in ottobre, ho subito l’attacco ordito da “Repubblica” ed ho avuto ben altro di cui occuparmi. Per chi vuol sapere in dettaglio rinvio alla mia Difesa davanti ad un collegio amministrativo di disciplina. Non credo che questi personalismi siano fuori luogo, visto che parliamo di “complotti” e che io ritengo di averne appunto subito uno, ampio ed articolati. Poi mi venga a dire Umberto Eco che i complotti non esistono e se esistono, “vengono scoperti”. Lui che è così bravo in romanzi storico-gialli, mi aiuti a “scoprirlo” il “complotto” che mi riguarda. Spero comunque che l’occasione fornita dal suo libro mi consenta almeno di poter leggere, beninteso con spirito critico, i “falsi” Protocolli insieme al “romanzo” e ad ogni altro testo collegabili, fra cui avevo già annoverato un libro di Sergio Romano su identico argomento e di cui avevo redatto contestuale e apposita scheda di studio, se in questo paese è ancora lecito non già parlare ed esprimersi, ma leggere e studiare.

La scheda o post sull’edizione Curtotti aveva avuto il commento di un Lettore, che mi invitava a diffidare della edizione Curtotti e di sceglierne un’altra, magari originale. Solo che non conosco il russo e non potrei leggerla in quella lingua. Volendo dare comunque una mia edizione critica del “falsi” Protocolli, avevo attinto alla stessa edizione del Curtotti, facendone degli estratti seguiti da un mio commento. Giudico adesso superato quel piano di studio e per ragioni di opportunità penso di servirmi di una traduzione integrale, per la quale non dovrebbero esserci problemi di Copyright, essendo apparsa oltre 70 anni nella rivista “La Vita Italiana”, diretta da Preziosi. In fondo, si tratta anche qui di un’edizione storica, che che essere letta e studiata con intenti storico-critici. Senza aprire nuovi posti, che metterebbe in agitazione la redazione di Repubblica e magari tutte le comunità ebraiche d’Europa, penso di aggiungere il testo citato come parte aggiuntiva alla scheda Curtotti, legando poi il tutto con opportuni collegamenti ipertestuali. Ne viene fuori una certa pesantezza dell’editing, che in condizioni normali avrei distruito in tanti post quanti sono i “falsi” singoli Protocolli e magari sottoaparagrafi.

Per dare completezza e rigore allo studio, mi procurerò anche in biblioteca quelle edizioni dei “falsi” Protocolli, che il Curtotti ritiene di dovuto e imprescindibile riferimento, non saprei se imposto per legge. Altro testo al quale vorrei ancora fare riferimento è invece quello che in due grossi volumi Aleksandr Solgenitsin dedica alla storia degli ebrei in Russia durante due secoli. Ho già letto questi volumi, piuttosto ostici per l’abbonanza di nomi, di fatti e situazioni di cui la restante pubblicista sulla materia non parla mai. Rileggerò per l’occasione i due volumi, di cui dopo la prima lettura ricordo una esposizione della storia dell’antisemitismo ben diversa da quella ordinariamente data dalla Vulgata. Il primo volume tratta la storia degli ebrei russi prima della Rivoluzione del 1917; il secondo tratta invece il periodo dopo la Rivoluzione fino all’epoca di redazione del libro. Per fare un esempio, se non ricordo male, mentre nell’Introduzione di Curtotti si fa riferimento alla guerra russo-giapponese del 1905, stesso anno all’incirca dei “falsi” Protocolli, nel libro di Solgenitsin si parla di un ruolo della finanza “ebraica” nella citata guerra russo-giapponese del 1905, per non parlare poi della rivoluzione bolsceviva e dei rapporti con la Russia sovietica. Ma andremo a ritrovare i passi specifici, riportandoli testualmente. Inutile dire che anche Solgenitsin si è beccato un’accusa di antisemitismo, come succede a chiunque esce dai binari consentiti.


Per ritornare al Cimitero di Umberto, la cui lettura scansionerò in un tempo lungo, per i motivi suddetti, voglio accennare ad alcune impressioni in corso di lettura. Ripeto: impressioni. Non giudizi critici su cui intenda barricarmi come su una posizione militare. Nessuno mi impedisce di cambiare giudizio ed opinione. Sono uno “spirito libero” ed un lettore grato dell’opera di Friedrich Nietzsche, della quale sento forte la nostalgia. Mi è saltato una pulce nell’orecchio, quando Eco ricicla nel romanzo il tema della pedofilia dei preti. Perchè qualche mio lettore non mi accusi di incoerenza voglio qui precisare che fui molto scosso e indignato quando scoppiò lo scandalo, reso noto da un video. Ne seguì quel che sappiamo ed anche io presi posizione: non in difesa della chiesa e della gerarchia cattolica. Non rinnego nulla di quelle mie posizioni. Alla luce però di maggiori conoscenze acquisite devo perà aggiungere che ora vedo un attacco strumentale alla chiesa cattolica, di cui non ho mai detto o pensato che fosse una sorta di Bordello istituzionalizzato, come ne esistono in vari paesi europei e nella stessa Italia fino all’abolizione delle case di tolleranza, credo nel 1957 con la Legge Merlin. Probabilmente, la natura si è presa una sua rivincita, una sua vendetta, di fronte ad una costrizione innaturale, alla quale vengono assoggettati i soli preti cattolici. I sacerdoti delle altre confessioni possono avere una regolare vita sessuale e contrarre regolare matrimonio, che tuttavia rende il loro sacerdozio un mestiere che in nulla si distingue da altri mestieri. Al prete cattolico, se decide (e nessuno oggi più lo costringe) a diventar tale, è certamente richiesta una rinuncia di non poco conto. Solo per questo meriterebbe rispetto, salvo a condannare i fatti di cui si è qui accennato. Che anche Eco abbia voluto intingervi il pane, sia pure nella forma ambigua del romanzo, mi fa già sospettare sul noto “sionismo” che gli viene credo fondatamente attribuito.

Altra tesi o ipotesi di lavoro ovvero di lettura che vorrei qui ribadire è la falsa connessione di casualità. Credo che sia strumentale e falsa la linea che dai Protocolli conduce ad Auschwitz, dove peraltro non esiste libertà di ricerca e di pensiero, se è vero che in migliaia soffrono nelle prigioni d’Europa per la sola colpa di avere vedute diverse da quelle di “Cappuccetto Rosso”, che pur accreditandosi come “esperta” non pare si sia mai presa la briga di leggere i libri dei carcerati e di saperne fare una discussione critica con gli autori, alle cui critica ben si guarda dal rispondere: non saprebbe che dire. E come dunque si dovrebbe spiegare il fenomeno? Beh! Io intanto direi di collocarlo in un arco temporale più ampio. Diciamo, almeno dall’epoca del primo congresso sionista (1897) a Piombo Fuso e Mavi Marmara, che è alla base delle recenti campagne propagandistiche che riprongono strumentalmente lo spauracchio del “falsi” Protocolli.

E soffermiaci un momento sulla acclarata e indiscussa “falsità”. Ma cosa è propriamente “falso”? Il fatto che ci siano stati dei “Savi”, che si siano riuniti nel “Cimitero”, che abbiano steso i falsi “Protocolli”? E simili dati situazionali. Ma questo mi sembra assolutamente evidente fin da una prima e superficiale lettura del testo stesso. Allo stesso modo – mi sembra – di come Umberto Eco ha adottato lo stilema del romanzo storico - ricordiamo tutti il Manzoni studiato a scuola! – l’Autore o gli Autori del “falsi” Protocolli hanno inteso dare una loro visione di un sionismo che già negli anni 1905 e prima si era già caratterizzato. Se al posto delle Sedute dei Savi andiamo a studiarci la convegnistica sionista dell’epoca e di quella successiva non è impossibile cogliere qualche analogia. Se per l’anno 1921 andiamo poi a leggere la copertura mediatica dell’occupazione della Palestina sotto il cappello del Mandato britannico scopriamo che davanti ad un miriade di organi propri sionisti e di stampa collegata la controparte palestinese non aveva neppure i soldi per organizzare viaggi in Europa per spiegare che l’operazione Balfour si stava compiendo tutta sulla loro pelle. È già allora la classica contrapposizione fra il ricco e potente che ha tutti i mezzi ed il povero che non ne ha nessuno ed è destinato a perdere. Tutto ciò aveva un nome: sionismo. Qui sarebbe da dipanare la confusione concettuale che si fa spesso fra cose assai distinte: giudaismo, ebraismo, sionismo, nazionalismo, razzismo... Non si può però chiedere all’Autore o agli Autori dei “falsi” Protocolli di entrare in questi distinzioni all’epoca in cui scriveva, nel 1905 o addirittura nel 1864, se risale a quest’epoca il primo nucleo dei “falsi” Protocolli. Se però si considerano i “falsi” Protocolli non come un fascicolo criminale, ma come una semplice opera di pensiero politico – come può esserlo stato il “Principe” di Machiavelli –, allora cambia tutta la prospettiva.

Insomma, a me sembra già evidente la strumentalità di una vera e proprio campagna di guerra contro un... libro. A farne le spese non sono gli odierni ebrei, che vivono in un regime di vero e proprio privilegio, intoccabili e con il diritto loro concesso di indicare con il dito chiunque intendano mettere ai ferri, per non parlare delle incursioni in tutti i campi dove non risparmiano nessuno e restano impuniti. I predicatori non possono più parlare dal pulpito nelle chiese, il papa viente interrotto e redaguardito, i professori universitari non possono parlare dalle cattedre, il linguaggio comune è precluso e non si possono usare certi vocaboli, rivestiti di carattere sacro, la chiesa non può proclamare i suoi santi, l’assassinio ed in crimine non possono essere chiamati con il loro nome... Tutto questo non ci pare normale. Ed i “falsi” Protocolli avevano detto qualcosa al riguardo, che a torto o a ragione a non pochi nel mondo appare verosimile, se è vero (?) che i “falsi” Protocolli siano nel mondo dopo la Bibbia il libro più tradotto e più letto. Perché mai tanto successo? Opera del Maligno? Ma chi è il Maligno? Siamo certi di saperlo? Insomma, a me sembra che in fatto di “falsità” il libro di Umberto Eco sopravanzi quello di Sergev Nilus se il suo intento è quello di fare di un libro qualcosa di diverso da un... libro, demonizzandolo ed esponendo al pericolo quanti per avventura dovessero leggerlo o perfino soltanto averlo in casa.

V.


Sono giunto finalmente all’ultima pagina del “Cimitero”, anche se avevo incominciato a scrivere sul contenuto del libro già in corso di lettura. Ma è stato quanto mai opportuno attendere di aver finito di leggere il libro per riprendere a parlarne. È un criterio non sempre necessario per tutti i libri, ma in questo caso si può capire meglio dove vuole andare a parara l’Autore solo e meglio nelle ultime pagine del suo romanzo, che ha toccato tanti temi storici: dalla vicende risorgimentali, al caso Dreyfus, ai “Protocolli”, che sono il vero interesse da cui si dipana la “trama”. En passant, sul caso Dreyfus voglio qui dire che qualche anno avevo comprato e letto un libro sull’argomento. Lo avevo comprato soli 50 centesimi in una bancherella per strada. Lessi il libro che trovai più avvincente del romanzo di Eco, ma senza che il libro fosse per nulla un romanzo. Anzi mi è parso altamente scientifico, cosa che non posso dire del romanzo di Eco, che resta appunto un romanzo. Non ricordo l’autore del libro, ma solo il colore della copertina, la dimensione, la forma: non riesco a ritrovarlo nelle decine o qualche centinaio di metri di scaffali della mia biblioteca. Ma appena lo ritroverò, tornero a leggerlo nuovamente, per compararlo con le informazioni attinte da Eco sulla vicenda, dove ho già notato l’assenza di un nome: quello di Bernard Lazare, che scrisse anche la prima e direi insuperata storia dell’antisemitismo. Questa omissione suscita in me sospetti ulteriori sull’operazione politico-culturale che Umbero Eco sta a mio avviso tentando con il suo romanzo, per il quale ha impiegato cinque anni di tempo. Ahimé, non ho nessuna voglia di dedicare ad Eco cinque anni del mio tempo!

Qui mi fermo su un solo tema: i “Protocolli”. Verso la fine del libro Eco riporta testualmente ampi brani dei “Protocolli”. La parola “Sionne” mi ha fatto pensare all’edizione italiana di Preziosi, il cui termine piuttosto poetico viene poi ridotto a “Sion” nella riutilizzazione della stessa traduzione fatta dal Curtotti sopra citato, che avrebbe ben potuto dire da dove aveva ripreso il testo, non essendo la traduzione opera sua. È questo un minimo di correttezza che normalmente si segue come criterio. Ma si può comprendere l’omissione, dato il clima di terrore che incombe su questa materia. Per prima cosa voglio andare a ritrovare i brani dei “Protocolli” da Eco incastonati nel suo romanzo. Ed a maggior ragione ne darò in Appendice l’edizione integrale, sperando di non finire ancora una volta in prima pagina su “Repubblica” come neo editore dei “Protocolli”: un testo che si deve continuare a maledire ma senza che sia lecito leggerlo per intero e senza i cappelli interpretativi forniti ora, in ultimo, da Umberto Eco.

È dalla pagina 489 a 500 che Eco riassume il contenuto dei “Protocolli”, riportandone brani testuali. In pratica, il disegno narrativo è consistito nell’immaginarsi come l’Autore (rimasto ignoto) dei “Protocolli”, nel farne un personaggio immaginario – l’unico personaggio inventato di sana pianta in tutto il romanzo “storico” –, nell’attribuirgli il peggio delle peggiori nefandezze che si possono immaginare ed infine di attribuirgi la paternità dei “Protocolli”, che con un “Soluzione finale”, che sa forte di anacronismo, viene direttamente collegato ad Auschwitz, ignorando bellamente altri possibili scenari: l’insediamento coloniale e sionista che in Palestina prende piede dal 1882 in poi e che ha in sé insito fin dagli esordi il progetto della “pulizia etnica”, ormai anche sul piano giuridico – leggi Ilan Pappe – è stato equiparato al genocidio. Ma su ciò scenderemo poi meglio in dettaglio. Adesso qui riportare di seguito un serie di brani ripresi nel romanzo di Eco alle pagine citate. Se sarà necessario, con l’aiuto dello scanner e dell’OCR, scandaglieremo tutte le 521 pagine del romanzo.

Eco sorvola sugli scandali e sulle speculazioni finanziarie che nel corso degli anni e dei secoli hanno avuto per protagonisti chi con il denaro appunto ci lavorava e ci ha sempre lavorato, non certo dei poveri squattrinati che di denaro non ne vedono quasi mai, se non gli spiccioli. Si dà il caso che gli “ebrei” un qualche rapporto con il denaro lo abbiano avuto, ma potevano anche essere “genovesi”, “abruzzesi”, ecc., chiunque pratichi o abbia praticato l’usura, con le devastazioni che questa pratica finanziaria sempre comporta e che in quanto tale è sempre stata condannata dalla Chiesa. Ecco il brano allusivo di Eco messo in bocca a Simonini, che è in realtà lo stesso Eco:
«…Più interessante se mai il sospetto che preparassero la rovina economica della brava gente» (pag. 489).
Se andiamo alla recentissima crisi finanziaria, in America, sviluppatasi mentre durante i cinque anni Eco scriveva il suo romanzo, è da chiedere allo stesso Eco se quei poveri disgraziati si siano rovinati da soli o se qualcuno (che si è messo in salvo) li ha rovinati, lasciandoli poveri e pazzi. Ma si sa qual può essere la risposta: fatalità, disgraziati che siete, ben vi meritate quel che vi è successo e che ancora vi succederà. E non prendetevela con chi non c’entra. Brutti antisemiti! Inutile obiettare che non interessa ormai a nessuno il colore della pelle, la religione, l’etnia, il numero delle scarpe e la taglia del vestito, ma se in numerosi fatti sociali, economici, politici, ambientali vi siano responsabiltà umane e di chi siano.

Sorvolo sul riconosciuto successo degli “ebrei” nel campo delle professioni liberali: il buon Dio ha voluto riconoscere loro una maggiore intelligenza e noi non dobbiamo essere invidiosi. Ma sul “controllo della stampa” non posso esimersi dall’accennare ai risultati di una ricerca in corso nel mio blog di Geopolitica. Se si va a confrontare il supporto di cui la stampa sionista disponeva durante il lungo processo di insediamento coloniali e li si confronta con i miseri o perfino inesistenti mezzi di cui disponevano gli autoctoni palestinesi, si resta schiacciati dalla sproporzione. Ancora qualche anno fa, Gianni Vattimo aveva notato lo stesso fenomeno a proposito delle tendenze prevalenti nei mainstream, e si era permesso di fare un semplice cenno a quanto al riguardo si diceva già nei “Protocolli” – anno 1905! – Apriti cielo! Ormai Gianni Vattimo è un antisemita acclarato che dà credito ai “Protocolli”. Ma potremme continuare con esempi all’infinito. Intanto chiederci e chiedere se un certo Murdoch, guarda caso, non dico “ebreo” – termine su cui andrebbe aperta un’amplissima digressione – ma certamente “sionista”, ha quyalcosa a che fare con il controllo dei media. Ma poi lo stesso Gad Lerner e la sua trasmissione: si può dire senza incorrere in reati che è un “ebreo” e credo anche un “sionista”? E in detta trasmissione forse che Eco e Valentina sono capitati per caso? E vi è forse stato vero contradditorio in tutto il corso del talk show, che è in pratica servito solo per fare propaganda al romanzo ed a supportarne acriticamente le tesi?

Ed ecco qui a p. 490 una prima citazione testuale dei “Protocolli”, riportata integralmente e non parafrasata:
«Dobbiamo cancellare il concetto di Dio dalle menti dei cristiani, rimpiazzandolo con calcoli aritmetici e bisogni materiali»,
che andiamo a confrontare con la pag. 363 dell’edizione Preziosi, in un fascicolo del mensile “La Vita Italiana” (anno 1924, n. 137):
«Ed è perciò che dobbiamo cancellare persino il concetto di Dio dalle menti dei Cristiani, rimpiazzandolo con calcoli aritmetici e bisogni materiali»,
compresa esattamente nel Protocollo IV, che consiste di due pagine che per l’occasione leggiamo per intero. Pare interessante il brano che precede immediatamente, nel Protocollo IV, dedicato al regime repubblicano. Noi non sappiamo – e non crediamo a quanto ci dice un “romanzo” – quando e da chi il testo fu composta, ma nel 1905, anno di uscita dell’edizione Nilus, in Russia vi era l’Impero dello zar, e non ci sembra peregrino che uno scrittore di quell’epoca voglia sostenere e difendere il governo ed il sistema costituzionale allora vigente. Se noi oggi che viviamo in regime repubblicano siamo per questo infinitamente più felici e senza problemi di sorta, lo giudichi ognuno per suo conto e con la sua testo. Ma ecco il brano dei “Protocolli” non pregiudizialmente ostile all’idea di “libertà”:
«La libertà potrebbe non essere dannosa e sussistere nei governi e nei paesi senza pregiudicare il benessere del popolo, se fosse basata sulla religione, sul timore di Dio e sulla fratellanza umana, scevra da quei concetti di uguaglianza che sono in contraddizione diretta con le leggi della creazione che hanno ordinato la sottomissione. Retto da una fede simile, il popolo sarebbe governato dalle parrocchie e vivrebbe tranquillamente e umilmente sotto la tutela dei suoi pastori spirituali, sottomettendosi all’ordinamento da Dio stabilito sulla terra. Ed è perciò che dobbiamo cancellare persino il concetto di Dio dalle menti dei Cristiani, rimpiazzandolo con calcoli aritmetici e bisogni materiali».
Che poi l’Autore Ignoto di questo testo intendesse ingannare il Lettore di allora e di oggi, è questione che lasciamo qui impregiudicata. Per adesso, ci atteniamo a senso letterale delle parole. Leggendo tutto il brano, ripeto nel senso letterale e senza dietrologie, mi chiedo: dove sta il crimine? Se si va a leggere Hobbes, si comprende la fondamentale relazione di protezione e obbedienza: si obbedisce e si deve obbedire ad una autorità legittima per poterne avere la necessaria protezione, senza la quale vige il “bellum omnium contra omnes”, dove ognuno può scannare l’altro e tutti vivono nella paura e nell’insicurezza. Poco importa quale sia nel tempo la forma che l’autorità assume (monarchia, repubblica, dittatura commissaria o sovrana...), purché sia realizzata... (segue: deve uscire...)




Un’idea dell’operazione messa in atto da Eco me la sono ormai fatta, ma scriverne è un’altra faccenda, anche perché di faccende che mi interessano ne ho parecchie. E non ho nessuna intenzione di dedicare tutto il mio tempo a Umberto e Valentina. Naturalmente, ho qui chiaro il progetto di quello che potrei dire ed i miei Cinque lettori hanno qui l’intelaiatura, che verrà riempita in tempi non prefissati e senza scadenze obbligate. Intanto, da uno dei miei Lettori ho ricevuto nella mia posta privata un “Dialogo di Claudio Magris (classe 1939) con Emberto Eco (classe 1932). Avevo in effetti già programmato una di queste Note proprie per le recenzioni e recezioni di questo ultimo romanzo di Eco, che ormai mi sono letto per intero e che andrò persino a rileggere per più puntuali riferimenti testuali. La visione di insieme già acquisita aiuta molto ad una rilettura.

Scrivo mentre leggo l’articolo che se riesce do anche qui in allegato. Intanto, direi è un poco ambigua la titolazione. Mi verrebbe da pensare che il “falso” di cui si parla sia proprio il romanzo di Umberto, che si tenta di far passare per influenzare un vasto pubblico su una problematica ancora più ampia di quella circoscritta. Al momento, allo stato delle mie letture sull’argomento, non ho ancora potuto superare una prima fase interpretativa. Ma cosa si intende propriamente quando si dice che i Protocolli sono un “falso”? Un “falso” di che? Non potrebbe trattarsi scientemente di un “romanzo” allo stesso titolo dei “romanzi” di Umberto Eco? È davvero importante credere all’esistenza dei “Savi”, i quali si sarebbero riuniti per “decidere” linee programmatiche di intervento negli scenari del mondo? Non potrebbe essere semplicemente una visione, discutibile, per carità di dio, quanto si vuole, ma non diversa da tantissime altre interpretazioni delle cose di questo mondo? Ma leggiamo!

Circa la “follia” da cui prende avvio Magris, classe 1939, mi viene subito da pensare ad una nota di un libro del Settecento, che lessi in Biblioteca nella sezione testi rari. Credo che fosse un topos allora ricorrente. Provo a ripeterlo così come lo ricordo a memoria e non trovo importante rintracciarne l’esattat indicazione bibliografica. Qualcuno aveva fatto una visita in un manicomio dell’epoca ed aveva chiesto appunto ad un “folle”, ad un “matto”, quanti fossero quelli che si trovavano lì dentro. E la risposta del “folle” fu che lì dentro erano in pochi, ma che fuori ve ne erano molti, ma molti di più. Io francamente sono piuttosto sfavorevolmente impressionato da un simile esordio di Claudio Magris e da un nome noto come il suo mi sarei aspettato un esordio più degno di attenzione. Il passo accanto di Umberto, dove parla di “ritagli” di giornale mi sembra egualmente superficiale ed elusivo, se non addirittura semplicemente diffamatorio di un testo, che una qualche attenzione dovrebbe averla, se addirittura – come Eco ha detto in trasmissione – è il libro più stampato dopo la Bibblia e dunque con un pubblico di lettori amplissimo. Tutti “folli”? Ed i “savi” sarebbero Claudio e Umberto? Sarà…

Si incomincia con un “fuori tema” che in internet è tipica di un Troll. Uno si aspetterebbe che Magris parlasse del “falso” edito da Nilus, ed invece si parla subito di un “sito” fra miliardi di pagine che costituiscono il fenomeno “internet”, assolutamente inesistente e inimmaginabile ai tempi di Nilus, cioè nel 1905. Segue una distribuzione a piogga del titolo di “folle”, del quale si autoescludono i due dialoganti. Non ritengo che sia necessario andare a rintracciare il sito di cui parla Magris. Non conosco e trovo l’argomento “fuori tema”. Non vorrei magari trovarmi a fare l’avvocatore difensore del classico terzo di cui si parla male in suo assenza. Andiamo avanti.

Altrettanto “fuori tema” in riferimento al Terzo Reich: non esisteva ai tempi dei “falsi” Protocolli. Ed è sintomatico e rivelatore oltre che grossolanamente anacronistico legare due fatti di epoche diverse. Parrebbe chiara e trasparente l’operazione che i due “savi” vogliono condurre, all’interno di un apparato propagandistico che dispone di mezzi larghissimi e che, guarda caso, già al tempo dei “falsi” Protocolli era già stato individuato. Questa osservazione, puramente fattuale, era stata fatta da Gianni Vattimo, il quale da allora non si è più potuto levare addoddo al patente di “colluso” con i “falsi” Protocolli e dunque “antisemita”, una clausola questa ormai così ampia da contenere non solo tutta la storia umana ma persino tutto l’universo dai tempi del bing bang. Andiamo avanti.

Non so quanto Magris sia filosofo in senso proprio, ma chi ha appena un poco di dimestichezza con la storia della filosofia e si accosta a concetti come ragione, verità, falsità, apparenza, evidenza, soggetto, oggetto e simili sa certamente quanto vi si da “impazzire” stando dietro alle più disparate opinioni dei filosofi che da tremila anni a questa parte si sono succeduti. Noi però siamo al riparo da questi pericoli in quanto fortunatamente disponiamo di due guide di sicuro affidamente: i “savi” Claudio e Umberto, che in queste pagine vanno a braccetto e si tengono la mano nella mano, beninteso per il nostro bene. Facciamo poi piuttosto fatica a capire la logica di un «caso estremo, fortunatamente relativo a pochissime persone o magari a una sola» che però è un «fenomeno sciaguratamente diffuso…”, etc. In teologia, non pochi sono ammattiti sull’Uno che è Trino, ma qui l’Uno è Tutti. Purtroppo, non siamo “savi” come Claudio e Umberto e questa equazione logica sfugge alla nostra comprensione. Ma andiamo avanti, forse il tutto si chiarirà all’ultima riga, come nei romanzi polizieschi, di cui Umberto è insuperato maestro.

Troviamo per la milionesima volta il solito sdilinguimento sul “pregiudizio”, che per essere un pregiudizio deve essere necessariamente il pregiudizio dell’altro mai il proprio. Esiste un pregiudizio “antiebraico” – per “osservare” il quale è stato di recente stanziato un fondo di 300.000 su una legge, guarda caso, dovuto ad un parlamentare ebreo, responsabile dell’ADL! –, ma non esiste un pregiudizio “ebraico”. Vale la pena qui, per chiudere il più brevemente possibile in discorso con i due personaggi che si danno la mano, a nostro danno, quanto ebbe a dire un ebreo di nome Bernard Lazare, scrivendo la prima e insuperata “Storia dell’antisemitismo”: Ma se gli ebrei, in tutti i tempi e in tutti i paesi, sono sempre stati oggetto di avversione e ostilità più o meno grave, non è più normale che ci sia qualcosa che abbia origine negli ebrei stessi? In altri termini, se tutti, ma proprio tutti ce l’hanno avuta sempre con me, non è che forse una qualche causa non debba essere cercata in me stesso? È una semplice constatazione che Magris non sembra minimamente porsi. Non si capisce poi bene se dichiari di essere lui stesso un ebreo: se lo è o non lo è, la cosa non mi interessa minimamente. Magari mi tacciano di “antisemita” per averlo soltanto rilevato su dichiarazione dello stesso interessato.

Voglio chiudere e non mi soffermo su ogni riga. Ho letto rapidamente tutto il testo e trovo che dei “falsi” Protocolli e sui “falsi” Procotolli non si dice praticamente nulla. Eppure, una qualche spiegazione, razionale, la meriterebbero. Inutile aspettarsela in questo contesto, che significativamente si chiude con un Tizio che ha fatto il solito viaggio in Israele, che certo non esisteva ai tempi di Nilus, anche se esisteva il sionismo, che forse Nilus aveva individuato. Ed il discorso potrebbe, forse, essere proprio qui: il sionismo anzichè l’ebraismo. Quanto poi al concetto di “popolo ebraico”, di cui parla Eco, sarebbe il caso di richiamare la sua attenzione sul libro coevo di Shlomo Sand, sull’«Invenzione del popolo ebraico». Per fortuna, non si tratta di un “romanzo”, ma di un solido saggio interdisciplinare di storia con estensioni su questioni oggetto di molte discipline: la filosofia, la teologia, l’archeologia, ecc.

Ancora insiste Eco sulla storia del “complotto”, francamente per me incomprensibile. Io stesso nel mio piccolo e sulla mia pelle mi considero oggetto di un attacco concentrato di cui non mi importa il nome che si vuol dare. Ne ho le prove e mi bastano. Nessuno potrà impedirmi di pensare che Eco e Magris vogliono dare un contributo alle leggi liberticide che già in Germania, parrebbe, ha visto 200.000 persone penalmente perseguite per meri reati di opinione. Di questo i due dialoganti non credo sappiano e vogliano sapere. Quanto poi all’«odio» veramente è argomento assai stucchevole. Puzza di propaganda lontano un miglio e per liquidare la faccenda basta per tutto il rinvio a Spinoza in materia di “odio” e di chi ne fosse maggiormente impregnato. Insomma, il romanzo di Eco che avrà tutto il successo che è stato programmato su base industriale, mi sembra proprio il fruttto di un... “complotto”! In una rivista cattolica degli anni Venti ho trovato articoli sulle prime discussioni intorno alla autenticità dei “falsi” Protocolli. Ne darò forse pubblicazione in questo stesso blog. È possibile che si apprenda di più sulla faccenda che non ascoltanto Claudio, Umberto o Valentina.

(segue)






(Segue: testo on line in costante rielaborazione in tempo reale)



APPENDICE

Sergey Nilus
Protocolli dei “Savi Anziani” di Sion

nell’edizione
di Giovanni Preziosi
in
“La Vita Italiana”,
n. 137, del 15 maggio 1924

Dopo aver scritto quanto sopra, nelle righe immediatamente precedenti, vado a prendere la traduzione italiana apparsa nel 1924 a cura di Giovanni Preziosi e di cosa mi accorgo? A prima vista, la traduzione edita da Preziosi coincide con quella edita da Curtotti! Ed io che mi preoccupavo del Copyright delle “Edizioni Clandestine”! Che neppure c’è e non poteva essere altrimenti. Nella “Nota alla presente edizione”, pag. 76-77, nulla si dice della traduzione e del traduttore italiano, la cui edizione troviamo coincidente con quella edita dal Preziosi e che anche per sano criterio filologico riprodurremo. Trattandosi di una nuova edizione, del 2008, quella del Curtotti, pensavamo che fosse stata condotta direttamente sul testo originale russo, con revisione critica. Macchè! I nostri scrupoli di non saccheggiare il testo Curtotti si sono rivelati eccessivi. Curtotti aggiunge soltanto, a scopo esorcistico, una Introduzione e una Postfazione all’edizione del Preziosi. Non siamo così bacchettoni e seguiamo senz’altro l’edizione del Preziosi, riportandone le Prefazioni originali. Per l’edizione Curtotti, con annessa Introduzione e Postfazione, rinviamo ad apposita scheda, dove saranno svolti eventuali rilievi critici all’edizione ivi curata. In questa nostra edizione dello stesso testo svolgeremo in margine al testo dei singoli Protocolli ogni nostra eventuale annotazione critica, dando ad essa un diversa grafica.


a.

AGLI ITALIANI

Dedichiamo a tutti gli italiani la traduzione di questo terribile documento che va sotto il nome di Protocolli dei Savi Anziani di Sion. Il documento contiene un programma.

Nessuno nega che questo programma, reso pubblico nel 1905, abbia oggi il suo pieno, stupefacente, spaventoso adempimento.

Si è discusso sulla autenticità del documento. Rispondiamo: o il documento è formalmente autentico, od esso fu compilato su varii documenti autentici e su informazioni sicure, dando a queste membra sparse una unità di corpo.

Nell’uno e nell’altro caso il documento è prezioso. E come tale lo presentiamo al pubblico italiano.

Quando nel 1905 il professor Sergyei Nilus rivelava, con la pubblicazione dei Protocolli, il piano di conquista politica del Sionismo ribelle ed oppresso, era ben lungi dal supporre che - quindici anni dopo - la sua pubblicazione sarebbe apparsa come la voce profetica alla quale il mondo ebbe torto di non dare a suo tempo ascolto. Oggi una parte del terribile piano è attuata.

Tutto questo gigantesco piano ha dietro di sè una sola forza motrice: «l’oro»: la più grande potenza moderna detenuta dagli Ebrei i quali, «in 48 ore, possono estrarne, dai loro tesori qualsiasi quantità» (Protocollo n. 22). Di tale oro e di quello passato per le mani di Lenin, qualche rivoletto è corso anche nella nostra terra.

Italiani! Forse siamo ancora in tempo. Ricordate il monito di Colui che «mostrò ciò che potea la lingua nostra»:

Uomini siate, e non pecore matte,
Sì che'l giudeo tra voi di voi non rida,

DANTE (Par. c. V.; v. 80, 81).

* * *

Della posizione di Giovanni Preziosi si è occupato in un ampio studio Renzo De Felice, e di recente un «eccelso sionista», di nome Giorgio Israel, è tornato sul tema della razza e delle leggi razziali, per le quali Preziosi è stato ampiamente esorcizzato dagli studiosi che come che sia non possono ignorare un ventennio di storia italiana con luci e ombre, con il bene e il male che sempre si accompagnano nella vita dell’uomo. A nostro avviso, non poche interpretazioni sono oggi “partigiane” non meno di quelle imputate a persone che oggi dovrebbero poter riposare in pace, con il rispetto che sempre si dovrebbe avere per i morti. Noi comunque, se gli artt. 21, 33 e 3 della costituzione vigente ce lo consentono ancora, vorremmo dare una nostra personale interpretazione del passato senza dover nulla temere per le nostre opinioni, certamente fallibili e contestabili, ma nulla dover dire per compiacere i potenti o il regime odierno, che in fatto di rispetto della sua stessa legalità – i citati articoli e quanto altro – non dimostra di esser superiore al regime abbattuto con una guerra di cui ancora portiamo le ferite e le passioni. Abbiamo in programma, in altri post, una dettagliata critica all’opera dell’«eccelso sionista» sopra citato, in particolare, e più in generale di un lobbismo che oggi non consente neppure alla Chiesa di proclamare i suoi Santi. Il testo di Preziosi, sopra riprodotto, ci sembra importante una sola parola, da lui fatto: sionismo. Questo termine non ricorre mai nel testo dei Protocolli. Eppure, sarebbe forse la chiave di lettura più adatta, distinguendo il «sionismo» dall’«ebraismo» e dalla ricorrente accusa di «antisemitismo» ogni volta che si affrontano queste problematiche in chiave critica e ferme restando tutte le violazioni di legge, che dovrebbero consistere però in una concreta prassi e mai nella critica in sé, non importa da chi e quando fatta. Se si rileggono i “Protocolli” come critica emergente al sionismo, basandosi anche su riscontri oggettivi, allora forse si sarà riguadagnato il terreno della scienza, che è il solo campo che qui ci interessa.


b.

PREFAZIONE ALLA TRADUZIONE INGLESE

Londra, 2 dicembre 1919·

In questo momento in cui tutta l’Europa Occidentale si occupa dei benefici derivanti dai governi costituzionali e discute da un lato i meriti e dall’altro le iniquità del Massimalismo (Bolscevismo), ritengo di poter presentare con profitto al pubblico la traduzione di un libro stampato a Tsarkoye Sielo in Russia, nell’anno 1905.

Si può vedere una copia del documento originale alla biblioteca del British Museum, sotto il N. 3926 d 17, che porta il bollo di entrata: «10 agosto 1906 British Museum». Quante altre copie di questo libro si trovino per il mondo non sono in grado di dire, giacché sembra, che poco dopo la sua comparsa, nel 1905, quasi tutte le copie esistenti siano state comperate simultaneamente ed apparentemente con uno scopo prefisso. Debbo inoltre prevenire i miei lettori, che non devono portare una copia di questa traduzione in Russia, giacchè chiunque ivi ne fosse trovato in possesso sarebbe immediatamente fucilato dai Bolscevichi, quale portatore di «propaganda reazionaria».

Il libro fu presentato al popolo russo dal professor Sergyei Nilus. Esso consiste di:

1) Un’introduzione al testo principale, scritta da Sergyei Nilus nel 1905.
2) Appunti in conferenze fatte a studenti ebrei a Parigi nell’anno 1901.
3) Una parte di un epilogo scritto dallo stesso Sergyei Nilus che non ho ritenuto necessario riprodurre totalmente, giacchè in gran parte non interesserebbe il pubblico e non riguarda il tema che mi propongo e cioè: il Pericolo Ebraico.

Chiedo ai miei lettori di tener presente, che le conferenze sopra accennate furono fatte nel 1901, e che l’introduzione di Nilus, nonché l’epilogo furono scritti nel 1905.

È impossibile leggere qualsiasi parte di questo volume, oggi, senza essere colpiti dalla nota fortemente profetica che lo domina: non solo per quanto riguarda la ex Santa Russia, ma anche rispetto a talune sinistre evoluzioni che si osservano in tutto il mondo nel momento attuale.

Gentili. – In guardia!

* * *

Nell’edizione Curtotti manca questa “Prefazione alla traduzione inglese”, pur essendo evidente che si riproduce l’edizione Preziosi. Orbene, può essere qui complicato e certosino fare tutti i risconti, che comunque facciamo con l’edizione Curtotti, unica a noi qui ora disponibile. Non abbiamo per essa una particolare preferenza e non sappiamo o ci siamo chiesti quante altre ve ne siano disponibili. È stata da me comprata lo scorso anno nel circuito delle Librerie Feltrinelli, dove era in vendita e forse lo è ancora. L’abbiamo comprata per mera “curiosità intellettuale”, quella stessa “curiosità” che mi è stata imputata nel processo disciplinare per cui rinvio al testo della mia ampia “Difesa”, seguita fortunatamente con pieno proscioglimento. Terremo comunque sempre a portata di mano questa edizione Curtotti, come meramente esemplificativa, ma riproducendo fedelmente l’edizione originaria del Preziosi. Sarebbe un riscontro interessante quello sopra indicato dell’esemplare esistente presso il British Museum di Londra, che però non è per noi dietro l’angolo. Non ci sembra poi inverosimile quanto si dice nella Prefazione inglese a proposito del ritiro, mediante incetta, di tutte le copie dell’edizione russa. Per chi conosce la storia del testo di Eisenmenger successe nel 1700 una sorte analoga di censura ed il testo potè essere disponibile al lettore dopo circa tre quarti di secolo. Nel frattempo il suo Autore era stato fatto morire di stenti. Dicono che la storia non si ripete mai identica, ma il confronto è istruttivo. Inutile dire, e curioso allo stesso tempo, che lo spirito dell’edizione Preziosi è diametralmente opposta a quella di Curtotti e della postfazione costituita da due interviste a Taguiff.


c.
INTRODUZIONE DEL PROF. SERGYEI NILUS
(1905)

1. Mi è stato dato, da un amico personale ora defunto, un manoscritto il quale, con una precisione e chiarezza straordinaria, descrive il piano e lo sviluppo di una sinistra congiura mondiale, che ha il preciso scopo di determinare lo smembramento inevitabile del mondo non rigenerato (1). Questo documento venne nelle mie mani circa quattro anni fa (1901) insieme con l’assoluta garanzia che è la traduzione verace di documenti (originali), rubati da una donna ad uno dei capi più potenti, e più altamente iniziati della Massoneria (2). Il furto fu compiuto alla fine di un’assemblea segreta degli «Iniziati» in Francia, paese che è il nido della «cospirazione massonica ebraica».

2. A coloro che desiderano di vedere e udire oso svelare questo manoscritto col titolo di «Protocolli degli Anziani di Sionne».

3. Chi esamina questi appunti può, a prima vista, riportarne l’impressione che essi contengano ciò che di solito chiamiamo assiomi: vale a dire delle verità più o meno conosciute, quantunque espresse con un’asprezza ed un sentimento d’odio che di solito non accompagnano le manifestazioni di simili verità. Ribolle fra le righe, quell'arrogante e,profondo odio di razza e di religione che per lungo tempo è riuscito a nascondersi; ora questo odio gorgoglia, si riversa e sembra che trabocchi da un recipiente colmo di furore e di vendetta, odio pienamente conscio della meta agognata che si avvicina!

4. Debbo avvertire che il titolo di questo libro non corrisponde esattamente al contenuto. Non si tratta precisamente di verbali di adunanze, ma bensi di un rapporto, diviso in sezioni non sempre logicamente seguentisi, presentate da un potente personaggio. Il documento dà l'impressione di essere una parte di un complesso minaccioso e di maggiore importanza, del quale manca il principio. L'origine, già menzionata, di questo documento è evidente.

5. Secondo le profezie dei Santi Padri, le gesta degli Anti-Cristo devono sempre essere una parodia della vita di Cristo, ed essi pure debbono avere il loro Giuda. Ma, ben inteso, dal punto di vista terrestre questo Giuda non raggiungerà il suo scopo; e perciò, – benchè di breve durata, – una vittoria completa di questo «Sovrano del mondo» (l'Anti-Cristo) è assicurata. Si comprende che questo accenno alle parole di W. Soloview non è adoperato qui come prova della loro autorità scientifica. Dal punto di vista escatologico, non è la scienza che lavora, ma bensì il destino che eseguisce la propria parte importante. Soloview ci fornisce il canovaccio, sarà il manoscritto che eseguirà il ricamo.

6. Ci si potrà rimproverare la natura apocrifa di questo documento, ma se fosse possibile di provare l'esistenza di questo complotto mondiale per mezzo di lettere e di testimonianze, e di smascherare i capi tenendone i fili sanguinolenti per le mani, i «Misteri dell’iniquità» sarebbero violati. Secondo la tradizione non devono essere smascherati completamente sino al giorno della incarnazione del «Figlio della perdizione» (l’Anti-Cristo). Non possiamo, nell'attuale complicazione di procedimenti delittuosi, sperar di avere prove dirette, ma dobbiamo contentarci della certezza acquistata mediante l'insieme delle circostanze, per cui non rimarrà alcun dubbio nella mente di ogni osservatore. cristiano. Ciò che segue dovrebbe esser prova sufficiente per tutti coloro che hanno «orecchie per sentire»: è lo scopo che ci siamo prefissi, di spingere tutti a proteggersi a tempo e a tenersi in guardia. La nostra coscienza sarà soddisfatta se, coll’aiuto di Dio, potremo raggiungere il nostro scopo, senza tuttavia suscitare ira contro il popolo accecato d’lsraele. Confidiamo che i Gentili non nutriranno sentimenti di odio verso la massa credenzona degli israeliti, inconsapevole del peccato satanico dei suoi capi – gli Scribi e i Farisei – i quali hanno di già una volta dato la prova di essere la distruzione di lsraele. Per scansare l’ira di Dio rimane una sola via - l’unione di tutti i cristiani in Nostro Signore Gesù Cristo, il pentimento nostro e degli altri – oppure - lo sterminio totale. Ma è questo possibile date le condizioni attuali del mondo non rigenerato? Non è possibile per il mondo, ma lo è ancora per la Russia credente. La condizione politica degli Stati Europei Occidentali e dei loro possedimenti o domini in altri continenti, fu profetizzata dal Principe degli Apostoli. L'umanità che aspira al perfezionamento della sua vita terrestre va in cerca di una realizzazione maggiore dell'idea di potenza, che dovrebbe assicurare il benessere di tutti; e brama un regno di sazietà universale, essendo questo diventato il più alto ideale della vita umana. Essa ha cambiato l'indirizzo dei suoi ideali, dichiarando completamente screditata la Fede Cristiana perché essa non ha giustificato le speranze che si riponevano in essa. L’umanità rovescia i suoi idoli di ieri, ne crea dei nuovi, innalza nuovi Dei sugli altari, erige loro tempî, più lussuosi e magnifici gli uni degli altri: poi li depone e li distrugge nuovamente. Il genere umano ha perduto perfino il concetto del potere dato da Dio ai suoi Eletti e si avvicina sempre più allo stato di anarchia. Fra poco il perno della bilancia repubblicana e costituzionale sarà consumato; la bilancia crollerà, e crollando trascinerà tutti i Governi nell’abisso dell’anarchia furente.

7. L’ultima barricata, l’ultimo rifugio del mondo contro l’uragano che viene è la Russia. In essa la vera fede vive ancora e l’Imperatore consacrato rimane il suo protettore sicuro.

8. Tutti gli sforzi di distruzione dei servi sinistri e palesi dell’Anti-Cristo, tutti gli sforzi dei suoi lavoratori coscienti e incoscienti, sono concentrati contro la Russia. Le ragioni di questo sforzo sono conosciute, l’obiettivo è conosciuto e deve essere conosciuto dalla Russia fedele e credente. Quanto più è minaccioso il momento che si approssima e più spaventevoli sono gli avvenimenti che si avvicinano nascosti nelle dense nubi, tanto più devono battere con coraggio e determinazione sempre maggiore i cuori russi intrepidi ed audaci. Devono coraggiosamente unirsi intorno allo stendardo sacro della loro Chiesa ed al Trono del loro Imperatore. Fintanto che vive l’anima, fintanto che il cuore batte nel petto non deve trovar posto lo spettro mortale della disperazione: tocca a noi con la nostra fede di ottenere la misericordia dell’Onnipotente e di ritardare l’ora della caduta della Russia.


(1) Dal punto di vista ebraico, d’intende. – N.d.t.
(2) Massoneria Orientale.

* * *

Son giunto, faticosamente, alla pagine 380 del romanzo di Umberto Eco, sopra indicato. È sempre più chiaro, via via che si avanza nella lettura, come il libro di Eco è e vuole essere un’Introduzione romanzata dei “Protocolli”, che forse nell’intenzione di Eco dovrebbero racchiudere ogni possibile altra interpretazione dei contestatissimi “Protocolli”, per i quali occorrebbe distingue almeno tre distinti ed autonomi aspetti: a) la loro genesi; b) la mera testualità; c) la funzione che viene loro attibuita, sia essa “vera”, “presunta” o anche “falsa”. Orbene, nessun serio lettore, che sia debitamente malintenzionato, potrà prescindere “dopo” aver letto Umberto Eco dalla lettura dei “Protocolli”. E quindi con la propria testa, ossia autonomia critica di giudizio, dovrà confrontare il proprio giudizio con quello di Eco. Al successo del libro di Eco – già cospicuo – dovrà di riflesso aggiungersi un ulteriore successo indotto dei “Protocolli”. Considerata la lieve mole, tanto sarebbe valso che al “Cimitero” venissero aggiunti in Appendice i “Protocolli”. Non lo ha fatto l’Editore Bompiani, lo facciamo noi qui, impegnandoci in una lettura approfondita dei “Protocolli”, ai quali non avevamo pensato prima che ci costringesse il noto romanziere e semiologo Umberto Eco. Le nostre conclusioni non sono precostituite, ma per davvero non sappiamo dove giungeremo al termine del nostro cammino, che è qui aperto, in progress, sfruttando questa nuova tecnica di scrittura – un scrittura sull’acqua anziché sulla carta – che ci riesce alquanto congeniale. Avvertiamo che la lettura qui avviata si basa sull’aspetto b) sopra indicato, cioè la lettura del testo per quel che dice, lasciando ad altre sedi e altri momento la discussione degli aspetti estrinseci. Dopo aver quasi ultimato la lettura del romanzo di Eco – che all’occorrenza rileggeremo – abbiamo adesso bisogno di un’eguale lettura dei “Protocolli”. Per adesso, scriviamo su questo solo post, facendolo crescere come un papiro, ma dopo daremo anche – per maggiore comodità – la lettura orizzontale a libro, secondo una tecnica già sperimentata con successo.

Nel testo di Nilus sopra dato si parla ad un certo punto della figura di Cristo e dell’Anticristo. Orbene, uno che non fosse credente o cristiano, potrebbe non credere né nel Cristo né nell’Anticristo, ma nulla può obiettare a chi ha una visione della storia improntata al cristianesimo e alla sua escatologia: prendere o lasciare. E non si può certo criminalizzare chi concepisce la storia umana come storia della salvezza, ad opera del Cristo. Tanto più che – per stare al nostro tema – è apparso sul terreno concreto della storia un movimento religioso, radicato negli USA, detto “cristiano sionismo”, che con pessima teologia si mette a giustificare i peggiori crimini dello stato di Israele sulla base di una vera e propria superstizione religiosa legata alla credenza che una volta ritornati in Palestina tutti gli Ebrei sarebbero maturi i tempi per il ritorno del Cristo, a cui gli Ebrei non credono minimamente, ma apprezzano invece grandemente il sostegno economico e politico dei cristiano sionisti per completare il loro piano di pulizia etnica della Palestina. In un recente convegno dei vescovi si è giustamente stigmatizzato la copertura teologica di evidenti ingiustizie, per comprendere le quali non vi è nessun bisogno di condividere la fede cristiana e cattolica. Si tratta di ingiustizia evidente alla ragione naturale, non illuminata dalla Fede. Quindi, per tornare ai “Protocolli”, che Nilus parli di Cristo e Anticristo non ha nulla a che fare con le nefandezze del Capitano Simonini, personaggio inventato dalla fervida e interessata fantasia di Eco e reso vero autore dei “Protocolli”.

Ancora prima si legge testualmente di uno “smembramento del mondo”. I “Protocolli” sono indiscutibilmente del 1905 – almeno su questo vi è consenso unanime – ed era già in corso la guerra russo-giapponese, erano a venire la rivoluzione bolscevica, il terrore rosso, la prima e la seconda guerra mondiale: più “smembramento” di così! Saranno “falsi” quanto si vuole, ma non si puà negare ai “Protocolli” una sostanziale fondatezza di previsione. E se oggi la tendenza generale è di considerare nefasto il nazionalismo e forse alla base delle guerre e degli “smembramenti” che ne sono venuti, allora se ne deve forse concludere che il mosaico di etnie in cui consisteva l’Impero austro-ungarico e forse anche quello Ottomano è oggi il modello al quale siamo costretti a ritornare per far vivere i popoli in pace. Tante guerre per ritornare al punto di partenza? La storia umana è davvero ben strana.

(segue)


PROTOCOLLO I.


1. Parleremo apertamente, discuteremo il significato di ogni riflessione e, per mezzo di paragoni e deduzioni, arriveremo a dare una spiegazione completa esponendo così il concetto della nostra politica e di quella dei Goys (parola ebraica per definire tutti i Gentili). Si deve anzitutto notare che gli individui corrotti sono assai più numerosi di coloro che hanno nobili istinti, perciò nel governare il mondo i migliori risultati sono ottenuti colla violenza è l’intimidazione, anzichè con le discussioni accademiche. Ogni uomo mira al potere, ognuno vorrebbe essere un dittatore e sono, in vero, assai rari coloro che non sono pronti a sacrificare il benessere altrui pur di raggiungere le proprie finalità. Che cosa ha frenato quelle belve che chiamiamo uomini? Che cosa li ha governati? Nei primordi della civiltà si sono sottomessi alla forza cieca e brutale, poi alla legge la quale – in realtà – è la stessa forza, ma mascherata. Da ciò debbo dedurre, che, secondo la legge della natura, il diritto sta nella forza. La libertà politica non è un fatto, ma una idea.

2. Si deve sapere come applicare questa idea quando necessita, allo scopo di servirsene come di un’esca per attirare la forza della plebe al proprio partito, se detto partito ha deciso di usurpare il potere di un rivale. Il problema viene semplificato, se questo rivale diventa infetto da idee di «libertà» – dal cosiddetto liberalismo – e se per questo ideale cede una parte del suo potere. In queste circostanze trionfa il nostro concetto. Una nuova mano afferra le abbandonate redini del Governo, secondo vuole la legge vitale, perché la forza cieca del popolo non può esistere per un solo giorno senza un Capo che la guidi, ed il nuovo Governo non fa che sostituire il vecchio indebolito dal suo liberalismo.

3. Oggi giorno la potenza dell’oro ha sopraffatto i regimi liberali. Vi fu un tempo in cui la religione governava. Il concetto della libertà non è realizzabile perché nessuno sa adoperarla con discrezione. Basta dare l’autonomia di governo ad un popolo, per un periodo brevissimo perché esso diventi una ciurmaglia disorganizzata. Da quel momento stesso cominceranno i dissidi, i quali presto si trasformano in guerre civili, l’incendio si appicca ovunque e gli Stati cessano virtualmente di esistere. Lo Stato, sia che si esaurisca in convulsioni interne, sia che la guerra lo dia in mano a un nemico esterno – può considerarsi definitivamente e totalmente distrutto e sarà in nostro potere. Il dispotismo capitalista, che è interamente nelle nostre mani, gli tenderà un fuscello al quale lo Stato dovrà inevitabilmente aggrapparsi per evitare di cadere inesorabilmente nell’abisso.

4. Se qualcuno per motivo di liberalismo asserisce che simili discussioni sono immorali farò una domanda: perché non è immorale per uno Stato che ha due nemici, uno esterno e l’altro interno, il servirsi contro l’uno di mezzi difensivi diversi da quelli che usa contro l’altro, formando cioè piani segreti di difesa, e di attacco di notte o con forze superiori? Dunque, perché dovrebbe essere immorale per lo Stato di servirsi di questi medesimi mezzi contro ciò che rovina le sue fondamenta ed il benessere della sua stessa esistenza? Può una mente sana e logica sperare di governare una massa con successo per mezzo di argomenti e ragionamenti, quando sussiste la possibilità che essi siano contraddetti da altri i quali, anche se assurdi o ridicoli, vengano presentati in guisa attraente a quella parte della plebe, che non è capace di ragionare o di approfondire, guidata come è interamente da piccole passioni e convenzioni, o da teorie sentimentali.

5. Il grosso della plebe, non iniziata ed ignorante, assieme a coloro che sono sorti e saliti da essa, vengono avviluppati in dissensi di partito, che rendono impossibile qualsiasi accordo anche sulla base di argomenti sani e convincenti. Ogni decisione delIa massa dipende da una maggioranza causale o predisposta la quale, nella sua totale ignoranza dei misteri politici, approva risoluzioni assurde, seminando in questo modo i germi dell’anarchia. La politica non ha niente di comune con la morale; un sovrano che si lascia guidare dalla morale non è un accorto poiitico, conseguentemente non è sicuramente assiso sul trono. Chi vuoI regnare deve ricorrere all’astuzia ed alla ipocrisia. L’onestà e la sincerità, grandi qualità umane, diventano vizi in politica. Esse fanno perdere il trono più certamente che non il più acerrimo nemico. Queste qualità devono essere gli attributi delle nazioni Gentili, ma noi non siamo affatto costretti a lasciarci andare da esse. Il nostro diritto sta nella forza. La parola “diritto” rappresenta un’idea astratta senza base alcuna, e significa nè più nè meno che: «datemi quello che voglio perché io possa dimostrarvi in conseguenza che io son più forte di voi».

6. Dove principia il diritto e dove termina? In uno Stato dove il potere è male organizzato, ove le leggi e le personalità del regnante sono resi inefficaci dal continuo liberalismo invadente, io mi servo di una nuova forma di attacco usando del diritto della forza per distruggere i canoni e i regolamenti già esistenti, impadronirmi delle leggi, riorganizzare tutte le istituzioni, e diventare così il dittatore di coloro i quali hanno spontaneamente rinunciato al loro potere conferendolo a noi. La nostra forza, nelle attuali traballanti condizioni dell’autorità civile, sarà maggiore di qualsiasi altra, perché sarà invisibile, sino al momento che saremo diventati tanto forti da non temere più nessuno attacco per quanto astutamente preparato. Dal male temporaneo, al quale siamo obbligati a ricorrere, emergerà il benefizio in un regime incrollabile che reintegrerà il funzionamento dell’esistenza naturale, distrutto dal liberalismo.

7. Il fine giustifica i mezzi.

8. Nel formulare i nostri piani, dobbiamo fare attenzione non tanto a ciò che è buono e morale, quanto a ciò che è necessario e vantaggioso.

9. Abbiamo davanti un piano dove è tracciata una linea strategica dalla quale non dobbiamo deviare, altrimenti distruggeremo il lavoro di secoli. Per stabilire uno schema d’azione adeguato, dobbiamo tener presente la meschinità, l'incostanza e la mancanza di equilibrio morale della folla, nonché l’incapacità sua di comprendere e di rispettare le condizioni stesse del suo benessere e della sua esistenza. Si deve comprendere che la forza della folla è cieca e senza acume; che porge ascolto ora a destra ora a sinistra. Se il cieco guida il cieco, ambedue cadranno nella fossa. Conseguentemente quei membri della folla che sono venuti su da essa, non possono, anche essendo uomini d’ingegno, guidare le masse senza rovinare la Nazione. Solamente chi è stato educat alla sovranità autocratica può leggere le parole formate coll’alfabeto politico. II popolo abbandonato a sè stesso, cioè in balìa di individui saliti su dalla plebe, viene rovinato dai dissensi di partito che hanno origine dall’avidità di potere e dalla bramosia di onori generatrici di agitazioni e disordini.

10. È forse possibile che le masse possano giungere tranquillamente ed amministrare senza gelosia gli affari di Stato che non devono confondere con i loro interessi personali? Possono le masse organizzare la difesa contro il nemico esterno? Ciò è assolutamente impossibile, perché un piano suddiviso in tante parti quante sono le menti della massa, perde il suo valore e quindi diventa inintelligibile ed ineseguibile. Soltanto un autocrate può concepire piani vasti, assegnando la sua parte a ciascun ente del meccanismo della macchina statale. Quindi concludiamo essere utile per il benessere del paese, che il governo del medesimo sia nelle mani di un solo individuo responsabile. Senza il dispotismo assoluto la civiltà non può esistere, perché la civiltà può esser promossa solamente sotto la protezione del regnante, chiunque egli sia, e non dalla massa.

11. La folla è barbara, ed agisce barbaramente in ogni occasione. La turba, appena acquista la libertà, rapidamente la trasforma in anarchia, la quale è per sè stessa la massima delle barbarie. Date uno sguardo a quei bruti alcoolizzati ridotti all’imbecillità dalle bevande il cui consumo illimitato è tollerato dalla libertà! Dovremo noi permettere a noi stessi ed ai nostri simili di fare altrettanto? I popoli della Cristianità sono fuorviati dall’alcool; la loro gioventù è resa folle dalle orgie classiche e premature alle quali hanno istigata i nostri agenti – e cioè i precettori, i domestici, le istitutrici, gli impiegati, i commessi e via dicendo; – dalle nostre donne nei loro luoghi di divertimento; ed a queste ultime aggiungo anche le così dette “Signore della Società” – loro spontanee seguaci nella corruzione e nella lussuria.

12. Il nostro motto deve essere: «Qualunque mezzo di forza ed ipocrisia !».

13. In politica vince soltanto la forza schietta, specialmente se essa si nasconde nell’ingegno indispensabile per un uomo di Stato. La violenza deve essere il principio; l’astuzia e l’ipocrisia debbono essere la regola di quei governi che non desiderano di deporre la loro corona ai piedi degli agenti di una potenza nuova. Il male è l’unico mezzo per raggiungere il bene. Pertanto non dobbiamo arrestarci dinanzi alla corruziòne, all’inganno e al tradimento, se questi mezzi debbono servire al successo della nostra causa.

14. In politica dobbiamo saper confiscare le proprietà senza alcuna esitazione, se con ciò possiamo ottenere l’assoggettamento altrui e il potere per noi. Il nostro Stato, seguendo la via della conquista pacifica, ha il diritto di sostituire agli orrori della guerra le esecuzioni, meno appariscenti e più utili, che sono i mezzi necessari per mantenere il terrore, producendo una sottomissione cieca. La severità giusta ed implacabile è il fattore principale della potenza dello Stato. Non solo perché è vantaggioso, ma altresì per dovere e per la vittoria, dobbiamo attenerci al programma della violenza e dell’ipocrisia. I nostri principii sono altrettanto potenti quanto i mezzi coi quali li mettiamo in atto. Questo è il motivo per cui non solo con questi mezzi medesimi ma anche con la severità delle nostre dottrine, trionferemo ed assoggetteremo tutti i Governi al nostro Super-Governo. Basta che si sappia che siamo implacabili per prevenire ogni recalcitranza. Anche nel passato noi fummo i primi a gettare al popolo le parole d’ordine : «Libertà, uguaglianza, fratellanza». Parole così spesso ripetute, da quel tempo in poi, da pappagalli ignoranti accorrenti in folla da ogni dove intorno a quest’insegna. Costoro, ripetendole, tolsero al mondo la prosperità ed all’individuo la vera libertà personale, che prima era stata così bene salvaguardata, impedendo alla plebaglia di soffocarla.

15. I Gentili sedicenti dotti e gli intelligenti, non percepirono quanto fossero astratte le parole che pronunciavano e non si accorsero che queste parole non solo non si accordavano, ma si contraddicevano addirittura.

16. Essi non seppero vedere che l’eguaglianza non esiste nella natura, la quale crea calibri diversi e disuguali di mente, carattere e capacità. Così è d’uopo assoggettarsi alle leggi della natura. Questi sapientoni non seppero intuire che la massa è una potenza cieca e che coloro i quali, emergendo da essa, vengono chiamati al governo, sono ugualmente ciechi in fatto di politica; che un uomo destinato a regnare può governare, anche se sia uno sciocco, ma che un uomo il quale non è stato preparato a tale compito, non comprenderebbe nulla di politica anche se fosse un genio. I Gentili hanno messo da parte tutto ciò, mentre è su questa base, che fu fondato il governo dinastico. Il padre soleva istruire il figlio nel significato e nello svolgimento delle evoluzioni politiche in maniera tale che nessuno, fuori che i membri della dinastia, potesse averne conoscenza e che pertanto nessuno potesse svelarne i segreti al popolo governato. Col tempo il significato dei veri insegnamenti politici, quali erano trasmessi nelle dinastie da una generazione all’altra, andò perduto, e questa perdita contribuì al successo della nostra causa. Il nostro appello di «libertà, uguaglianza, fratellanza», attirò intiere legioni nelle nostre file dai quattro canti del mondo attraverso i nostri inconsci agenti, e queste legioni portarono i nostri stendardi estaticamente. Nel frattempo queste parole rodevano, come altrettanti vermi, il benessere dei Cristiani e distruggevano la loro pace, la loro costanza, la loro unione, rovinando così le fondamenta degli Stati. Come vedremo in seguito, questa azione determinò il nostro trionfo. Esso ci dette, fra l’altro, la possibilità di giocare l’asso di briscola, vale a dire di ottenere la abolizione di privilegi; ossia, in altre parole, l’abolizione dell’aristocrazia dei Gentili, la quale era l’unica difesa che le Nazioni ed i paesi possedevano contro di noi. Sopra le rovine di una aristocrazia naturale ed ereditaria, costruimmo un’aristocrazia nostra a base di plutocratica. Fondammo questa nuova aristocrazia sulla ricchezza, che noi controllavamo, e sulla scienza promossa dai nostri dotti. Il nostro trionfo fu facilitato dal fatto, che noi, mediante le nostre relazioni con persone che erano indispensabili, abbiamo sempre agito sulla parte suscettibile della mente umana; cioè sfruttando l’avidità di guadagno delle nostre vittime, la loro ingordigia, la loro instabilità, nonché profittando delle esigenze naturali dell’uomo, poiché ognuna di queste debolezze, presa da sè, è capace di distruggere l’iniziativa, ponendo così la potenza volitiva del popolo in balìa di coloro che vorrebbero privarlo di tutto il suo potere di iniziativa. Il significato astratto della parola libertà rese possibile . di convincere le turbe che il Governo non è altro che un gerente rappresentante il possessore – vale a dire la Nazione; – e pertanto può essere messo da parte come un paio di guanti usati. Il fatto che i rappresentanti della Nazione possono essere destituiti li diede in nostro potere e fece sì che la loro nomina è praticamente nelle nostre mani.


* * *



PROTOCOLLI II.
(segue)

1 commento:

Unknown ha detto...

Ho visto la puntata e confermo l'impressione di Caracciolo. Aggiungo all'ottimo intervento, che il servilismo degli ospiti ha raggiunto l'apice quando è stato domandato ad Umberto Eco come ha fatto Garibaldi e i Mille a cacciare i Borboni con armi obsolete, lui si è furbescamente divincolato rispondendo "non sono uno storico, bisognerebbe chiederlo ad uno storico". Gad Lerner ha ripetuto la domanda ad uno storico presente in studio, ma ad una domanda così spinosa nessuno ha risposto... penso che tale comportamento denota il terrore che hanno questi signori nel approfondire certi argomenti.