Non posso impegnare tutta la mia giornata ad una continuazione della discussione sugli eventi mediatici suscitati dalla decisione dell'Associazione studentesca di Oxford di invitare Irving e Griffin ad un dibattito sui limiti della libertà di opinione.
Provo a svolgere brevemente alcune riflessioni che del resto sono già state da me sviluppate e che troveranno nuove formulazioni: tante sono le occasioni che continuamente le stimolano. Incominciamo con una domanda: ma perché tanto clamore per una cosa ovvia come la possibilità di dire la propria su un tema qualsiasi? Il tema è chiaramente sensibile! Ma perché? Oggi, il presidente Napolitano se ne è uscito con una sua autorevole esternazione sull'inconsistenza politica dell’Europa. E perché l’Europa è una nullità politica? Ne dovrebbe sapere qualcosa lo stesso presidente, quando era ancora a tutti gli effetti un esponente comunista.
Nel 1945 l’Europa è uscita militarmente e politicamente sconfitta. Vi è chi dice che è stata “liberata” o perfino “salvata”. Purtroppo, proprio come conseguenza di quella sconfitta, abbiamo perso anche la possibilità di chiamare le cose con il loro nome. La politologia insegna che quando si vuol veramente sconfiggere un nemico non basta averlo disarmato e ridotto all’impotenza militare. Bisogna soffiargli il cervello! Bisogna trasformare la sua coscienza ed il suo modo di percepire la realtà. Per cui se è stato sconfitto ed umiliato bisogna che si persuada che è invece stato liberato e salvato. Discorsi ufficiali, scuola, istituzioni educative e giudiziarie, carcere, mass media e così via sono gli strumenti che consentono di plasmare a piacimento la testa dei vinti. Naturalmente, si può anche optare per lo sterminio fisico di un popolo. È successo in passato e continua a succedere anche oggi. Non è però sempre una soluzione economicamente vantaggiosa. Nell’antichità gli schiavi erano il fattore più importante dell'economia. Anche oggi non conviene uccidere una persona, se se ne può ricavare un utile.
Malgrado le ideologie, sempre cangianti per adeguarsi ai tempi ed alle mode, le relazioni fra gli uomini presentano costanti identiche nel tempo.
Le guerre continuano ad esserci ed i mezzi di distruzione sono sempre più micidiali. Alcuni contendenti vengono per sempre eliminati dal ring della storia. Così è successo per l’Europa. Ma quali sono stati i mezzi con i quali è stata liquidata? Pensiamo per un momento al cosiddetto “terrorismo”. Cosa significa propriamente? Tante cose! Ma qui a noi interessa una soltanto: l’ostilità irriducibile. Posso essere anche vinto con mezzi militari, se le mie frecce ed i miei bastoni non possono competere con aerei, cannoni e bombe atomiche. Ma se il mio cervello non si arrende e mantiene la sua ostilità che si tramanda di generazione in generazione, perfino le bombe atomiche possono risultare inefficaci. Ben lo sanno quanti latrano contro il terrorismo presentato come un fenomeno indistinto da offrire alla pubblica esecrazione e dimenticando che i primi terroristi sono stati quelli che ora gridano contro di esso.
Nel caso dell’Europa i mezzi del suo assoggettamento ed asservimento politico sono connessi all’adulterazione della sua memoria storica e della sua consapevolezza politica. La questione del cosiddetto revisionismo storico tocca i nervi scoperti di tutti i processi politici con cui le vecchie classi dirigenti sono state sostituite da nuove praticamente al soldo dei vincitori, nel senso che devono la loro posizione e la loro fortuna personale al vincitore che li ha insediati e perpetuati al potere. Le forme politiche (costituzioni a sovranità limitata o ingabbiate) soprattutto se imposte dai vincitori sono una raffinatezza del moderno sistema di dominio. Il tema dell’«Olocausto»
fabbricato come una clava morale contro l’Europa si inserisce pienamente in questa strategia del dominio. Quanto le comunità ebraiche abbiano tratto vantaggio da questo mito fondativo della loro identità e della loro fortuna economica e politica non è difficile da spiegare e da capire per chi non è controinteressato a capire. Diceva Nietzsche: la verità riposa sull’errore e la volontà di verità è perciò volontà di morte.
Non si spiegherebbe il livore ed il carcere inflitto a pochi scrittori che scavando nel passato scoprono, o almeno così loro credono, verità diverse da quelle proclamate perfino nei discorsi del presidente Napolitano, che si meraviglia di cose di cui non dovrebbe affatto meravigliarsi.
Il buffo è che mentre in opposizione e dispregio ai regimi ante 1945 si proclama la libertà di pensiero, di parola, di opinione come il tratto maggiormente distintivo dalla tirannide precedente, si punisce poi con il carcere, l’ostracismo, l’emarginazione, il dileggio proprio quelle persone la cui unica colpa è di avere un pensiero, potremmo dire una “fede” diversa da quella programmata dai vincitori. La “corruzione dei vinti” è la formula della vittoria. Se i vinti non si lasciano corrompere, allora bisogna passare allo sterminio fisico ovvero al loro silenziamento. Guai se si concede loro la libertà di esprimere il loro pensiero: il contagio potrebbe diffondersi e non essere più circoscrivibile.
È chiaro? Se non lo è abbastanza, proverò ad esprimermi meglio in altre occasioni. Magari con dovizia di esempi e di documentazione. I migliori esempi sono però quelli che ci offre la quotidianità a condizione che si sappiano leggere gli eventi con i propri occhi e non con le “corrette” vedute di tutti i profittatori di regime.
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