sabato 20 ottobre 2007

Z. Monitoraggio di “Informazione Corretta”: Z. Le bombe a grappolo israeliane e gli orrori del sionismo

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Nell’ultima guerra di aggressione al Libano nell’estate 2006 l’esercito israeliano ha seminato di bombe a grappolo il territorio del Libano meridionale (Mearsheimer, op. cit., 391 s.). È noto come questi piccoli ordigni siano micidiali specialmente per i bambini, ne che sono le prime vittime. La propaganda israeliana ha tuttavia scelto ultimamente di sfruttare l’immagine dell’infanzia. Nella caratterizzazione morale di un prigioniero liberato a seguito di uno scambio gli è imputato l’assassinio di una bambina israeliana. Ma Israele, per ammissione di un militare, ha fatto di peggio ed a livello industriale: «Quello che abbiamo fatto è folle e mostruoso: abbiamo coperto intere città di cluster bomb». Anche in questo scenario si ritrova conferma di come Israele faccia in misura maggiore e più grave le stesse cose che imputa ad altri. Crede di poter ingannare l'opinione pubblica mondiale attraverso un uso massiccio e capillare – come le bombe a grappolo – della propaganda e del condizionamento della stampa, anche mediante l'opera di organizzazione come «Informazione Corretta».

Versione 1.2
Status: 19.11.08
Sommario: 1. La bonifica Unifil delle bombe a grappolo israeliane. – 2. La vergogna che tenta di girare la frittata. –

1. La bonifica Unifil delle bombe a grappolo israeliane. – L’articolo qui a noi interessa solamente per un lieve e marginale accenno alle bombe a grappolo che sono state disseminate da Israele nell’attacco al libano dell’estate 2006. Di questo argomento si parla troppo poco. Ecco un brano dell’intervista di Umberto De Giovannangeli alla vedova Calipari, deputato del Pd:
«……E poi c’è un altro fronte su cui i nostri soldati sono impegnati con risultati notevoli: la bonifica del territorio dalle cluster bomb, lascito terribile della guerra dell’estate 2006. Ad oggi, i nostri soldati hanno bonificato 34,5 milioni di metri quadri di territorio, e se è diminuito considerevolmente il numero dei civili, in maggior parte bambini, feriti o uccisi dalle cluster bomb, ciò è dovuto in buona parte all’impegno dei militari italiani».
Il testo dell’intervista verte principalmente sulla missione dei soldati italiani in Libano, mentre gli italianissimi e correttissimi informatori sono lontanissimi dai “nostri” soldati italiani e vicinissimi a quelli israeliani. Del resto, pare che in Israele (fonte Magdi Allam) esista qualcosa di simile a IC, di cui quella torinese è probabilmente un’edizione localizzata.

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2. La vergogna che tenta di girare la frittata. – Diamo di seguito il testo dell’articolo che i «Corretti Informatori» omettono di riportare. Benché la loro faccia tosta sia insuperabile nel negare le evidenze qui veramente l’impresa è impossibile. Le bombe a grappolo non sono l’unica e neppure la maggiore delle mostruosità compiute dal sionismo durante tutto l’arco della sua storia. Di molti crimini ed orrori non si ha cognizione e traccia. Ma quelli noti possono essere considerati come la parte emersa di un iceberg.

Mercoledì 19 Novembre 2008
il Messaggero, p. 19
Libano: italiani a caccia di mine

di LIVIA ERMINI

BEIRUT - Fa un caldo infernale dentro la tuta protettiva, i movimenti sono impacciati e la polvere penetra nelle narici. In terra i paletti giallo-rossi indicano il punto di un ritrovamento, un nastro di plastica delimita le zone già bonificate. La ricerca degli ordigni inesplosi è lenta e faticosa. I nostri militari del Genio, impegnati nella missione Unifil, ci mostrano come lavorano. Siamo ad Al Hinniyah, in Libano, nella zona a Sud del fiume Litani dove la forza di interposizione dell’Onu opera dalla fine della guerra con Israele del 2006 e l’Italia è presente con la missione “Leonte”.

Lo sminamento del territorio è una delle operazioni che il contingente italiano sta portando avanti in questo Paese in continua ricostruzione. Si svolge all’interno di un programma dell’Unmacc (l’agenzia delle Nazioni Unite per l’azione contro le mine) mirato a restituire la terra alla popolazione. In una regione disseminata di agrumeti, bananeti, campi di tabacco, la sussistenza è legata al raccolto. Ma la terra è nemica. Lavorarla può significare saltare in aria in ogni istante.

Le cluster bomb, le bombe a grappolo, sono ancora oggi, a distanza di due anni, il pericolo numero uno per gli agricoltori e i bambini che giocano nei campi. Armi subdole, formate da un’ogiva lanciata dall’aereo con all’interno centinaia di piccoli ordigni che vanno a conficcarsi nel terreno, rimangono inesplose per il 20% per poi saltare sotto i piedi di chi inavvertitamente le calpesta.

Secondo dati Onu, in Libano sarebbero stati oltre 1 milione 100 mila gli ordigni inesplosi dopo l’ultima guerra, 300 mila quelli rimasti sul terreno da guerre precedenti. Le vittime civili dalla fine del conflitto sono state oltre 250 (234 feriti e 27 morti) di cui moltissimi bambini. Tra gli sminatori in 13 hanno perso la vita. L’ultimo è stato un casco blu belga deceduto a settembre. La peggio l’ha avuta chi è rimasto menomato, privo di una gamba o di un braccio, sacrificato a una guerra che individua il nemico nella popolazione e si serve vigliaccamente della curiosità di un ragazzino che gioca.

Da quando è qui Unifil ha bonificato più di 5 milioni di metri quadrati su circa 40 milioni bombardati e ha distrutto oltre 30 mila ordigni. Ma molto resta ancora da fare. «E’ un lavoro che comporta uno stress continuo - spiega il Tenente Luigi Guarino Site Supervisor della Bac (il responsabile della bonifica dell’area) - I nostri ragazzi procedono palmo a palmo sul terreno, lungo un corridoio di un metro di larghezza. Quando il metal detector rivela una presenza sotto terra scatta la fase più delicata. Bisogna capire se si tratta di un ordigno e la tensione è altissima». L’uomo procede delicatamente a disseppellire l’oggetto rinvenuto “spolverandolo” con un pennello perché ogni minimo sussulto può provocare lo scoppio. Da questo momento tutta l’unità è allertata, compresi gli operatori sanitari pronti a intervenire. Se si è “fortunati” poi si passa alla fase successiva: il brillamento. Sul terreno con i paletti rossi che indicano a un metro un ordigno inesploso, si va cauti.

In tutto il sud del Libano sono oltre 800 i siti individuati dall’Onu come densi di ordigni inesplosi. La certezza non c’è visto che Israele si è sempre rifiutato di fornire le mappe dei bombardamenti. Le segnalazioni di aree minate arrivano direttamente dai ragazzini che scorazzano per le strade e dalla popolazione che chiede di continuo di intervenire nei propri frutteti, dove le arance marciscono in terra e le olive non vengono raccolte, per poter riprendere una vita normale.
La superiore moralità dell’ebraismo sionista trova qui una nuova conferma. Per lo meno i militari italiani che ritorneranno sani e salvi dalla loro missione avranno di che raccontare e si spera che almeno si creda loro.


(segue)

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