venerdì 6 febbraio 2009

Carlo Mattogno: La “Repubblica” della disinformazione

Articolo correlato dello stesso Autore:
La Shoah secondo Federico Lombardi
(del 31 gennaio 2008)
Carlo Mattogno

LA REPUBBLICA DELLA DISINFORMAZIONE

LA REPUBBLICA, nel numero del 3 febbraio 2009, p. 32, ha offerto generosamemte il contributo della sua vasta nullità intellettuale e morale alla questione del “Negazionismo”. Sottotitolo melodrammatico vidal-naquetiano: “Gli assassini della memoria che cancellano l’Olocausto”. L’articolista, Bernardo Valli, vi profonde a piene mani la sua solida ignoranza storiografica. Non vale pertanto la pena di soffermarsi troppo sul suo testo; ne esaminerò solo alcuni aspetti di carattere generale, avendo cura di premettere che il riassunto delle tesi revisionistiche da lui presentato all’inizio è di una superficialità infantile. L’articolo in questione potrebbe in effetti ben figurare tra i temi redatti dagli alunni delle scuole medie per il “Giorno della Memoria”.

Sommario: 1. Bibliografia. – 2. “Negazionismo” e revisionismo. – 3. Il valore delle testimonianze. – 4. Le “prove”. – 5. Note.

1.
Bibliografia


L’articolo propone una bibliografia di 15 titoli, di cui solo 1 revisionistico: la Mémoire en defence contre ceux qui m’accusent de falsifier l’histoire, di Robert Faurisson. Un testo del 1980! Come se fossero affetti da qualche strana turba psichica, gli anti-“negazionisti” restano saldamente ancorati al passato e non si smuovono più. È del tutto inutile far loro presente che esistono libri revisionistici recenti e recentissimi. Essi rimangono immutabilmente inchiodati agli anni Ottanta.
Viene inoltre menzionato un libro di David Irving, La guerra di Hitler, che non è revisionistico.
Tra i restanti 13, ce ne sono 6 anti-“negazionisti” ai cui autori, a suo tempo, ho già fatto pelo e contropelo:

PIERRE VIDAL-NAQUET, Gli assassini della memoria.
Un povero sprovveduto, semplice golem di Georges Wellers, che ha cessato di “pensare” appena il suo ventriloquo è morto. L’inventore delle presunte metodologie capziose revisionistiche, che egli stesso ha sempre impiegato regolarmente contro gli avversari. La mia risposta: Olocausto: Dilettanti allo sbaraglio. Pierre Vidal-Naquet, Georges Wellers, Deborah Lipstadt, Till Bastian, Florent Brayard et alii contro il revisionismo storico. Edizioni di Ar, Padova, 1996 (1). Vidal-Naquet non ha mai replicato nulla.

FRANCESCO GERMINARIO, Estranei alla democrazia.
Nel suo caso si dovrebbe dire: estraneo all’onestà e all’intelligenza. Autore, in otto anni, di sette rimasticature di un insulso articoletto che poi ha ulteriormente rimuginato nel libro summenzionato. Critico men che mediocre e insulso che ho ridicolizzato in Olocausto: Dilettanti allo sbaraglio e in Olocausto: dilettanti a convegno. Effepi, Genova, 2002. Nessuna risposta.

VALENTINA PISANTY, L’irritante questione delle camere gas.
Signorina specializzata in vita e opere di Cappuccetto Rosso che avrebbe fatto meglio a occuparsi di Cenerentola invece di dedicarsi alle “camere a gas”, argomento di cui non sa nulla e non capisce nulla. Il suo libro vorrebbe essere un vademecum dei presunti sofismi metodologici revisionistici, ma, come ho documentato abbondantemente, l’unica vera sofista è lei stessa, oltre che sfrontata plagiaria di testi di Vidal-Naquet e...miei! La mia replica è apparsa nel 1998, col titolo L’ “irritante questione” delle camere a gas ovvero da Cappuccetto Rosso ad Auschwitz. Risposta a Valentina Pisanty. Dato che la signorina continuava a pontificare sulla presunta metodologia revisionistica senza rispondere, ho pubblicato lo scritto anche in rete: L’ “irritante questione” delle camere a gas ovvero da Cappuccetto Rosso ad... Auschwitz. Risposta a Valentina Pisanty, in questo stesso blog http://civiumlibertas.blogspot.com/2007/11/slomo-in-grande-emozione-con-veltroni-e.html#parteterza. Aspetto ancora la sua risposta. Forse l’ha affidata a Biancaneve e ai Sette Nani.

FRANCESCO ROTONDI, Luna di miele ad Auschwitz.
Schietto dilettante con pretese di storico. La mia risposta è disponibile in rete: Ritorno dalla luna di miele ad Auschwitz. Risposte ai veri dilettanti e ai finti specialisti dell'anti-“negazionismo”. Con la replica alla “Risposta a Carlo Mattogno” di Francesco Rotondi, 2007, 103 pagine, in http://www.aaargh.com.mx/fran/livres7/CMluna.pdf.

AUTORI VARI, Il nazismo oggi. Sterminio e negazionismo.
Un bel quadretto dell’insulsa storiografia olocaustica italiota (in Italia non esiste un solo storico olocaustico degno di questo nome) che ho bacchettato a dovere in Olocausto: dilettanti a convegno. I dilettanti a convegno sono: Enzo Collotti, Bruno Mantelli, Giorgio Nebbia, Marina Rossi, Liliana Picciotto Fargion, Francesco Germinario. Quale prodigioso consesso di luminari!

MICHAEL SHERMER e ALEX GROBMAN, Negare la storia.
Una risposta superficiale e confusa di una piccola parte delle argomentazioni di una piccola parte degli studiosi revisionisti, infarcita di forzature, omissioni e interpretazioni capziose che dimostrano la totale inconsistenza delle “prove” relative all’Olocausto. La mia confutazione di questo libro inconsistente è Negare la storia? Olocausto: la falsa “convergenza delle prove”. Effedieffe Edizioni, 2006. Su Le macchine dello sterminio di Jean-Claude Pressac ritornerò sotto.

Si può credere seriamente che un giornalista di LA REPUBBLICA non disponesse di queste informazioni alla portata di tutti? Bernardo Valli le ha taciute intenzionalmente per far credere che il revisionismo venga bastonato di santa ragione ogni giorno e non sappia fare altro che tacere. Per sua sfortuna accade proprio il contrario: sono gli anti-“negazionisti” ad essere bastonati di santa ragione da me, e nessuno fiata più, perché ormai hanno capito che la loro posizione è insostenibile, disperata. Perciò ora è il tempo dei polemisti usa e getta, i kamikaze dell’integralismo olocaustico che si fanno esplodere con le loro corbellerie. Poi qualche altro utile idiota da lanciare all’attacco si troverà sempre...

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2.
“Negazionismo” e revisionismo
«Non c’è bisogno di sottolineare che, nonostante le pretese, il negazionismo non abbia nulla di scientifico e neppure scalfisca gli studi e le testimonianze dirette sulle tecniche di sterminio nei campi di concentramento nazisti. Il negazionismo è un’ideologia. Meglio ancora, si è di fronte a una setta religiosa...».
L’improntitudine dell’ultima affermazione è inaudita. Proprio ora, nel momento in cui persino la Chiesa erige l’olocausto a nuovo mistero della fede! E dopo che persino Vidal-Naquet si era opposto, come informa l’articolista stesso, alla «sacralizzazione della Shoah» e al suo «uso politico».
«I negazionisti vogliono essere considerati dei revisionisti. Una qualifica cui non credo abbiano diritto. Non è revisionista l’intellettuale impegnato a contrastare la realtà, concretamente provata, di un fatto storico, la cui veridicità non richiede supplementi di indagine. Il revisionismo ridefinisce il giudizio su un evento, ne dà un’interpretazione diversa, non ha come fine la sua cancellazione. La storiografia è una continua revisione. Il negazionismo è dettato da un’ideologia».
Questa magniloquente retorica non inficia minimamente l’unico fatto veramente inoppugnabile: le “camere a gas” omicide non sono né una “realtà”, né un “fatto storico”, ma una semplica affermazione ideologica di cui è facile ravvisare la genesi storica. Anzi, l’intera storiografia olocaustica, nel suo nucleo centrale, è essenzialmente il risultato di una ideologia. Essa nacque come propaganda nera in Polonia nel corso della seconda guerra mondiale da vari centri clandestini specializzati in storie di atrocità e fu diffusa dalla Delegatura, la rappresentanza del governo polacco in esilio. Finita la guerra, questa propaganda fu imposta con la forza delle armi dai Tribunali militari alleati. Quale fosse lo scopo reale di questi Tribunali, lo dichiarò candidamente il procuratore generale degli Stati Uniti J. R. H. Jackson, nel corso dell’udienza del 26 luglio 1946 del processo di Norimberga:
«Gli Alleati si trovano tecnicamente ancora in stato di guerra con la Germania, sebbene le istituzioni politiche e militari del nemico siano infrante. In quanto Corte di Giustizia Militare, questa Corte di Giustizia costituisce una continuazione degli sforzi bellici delle Nazioni Unite» (2).
Appunto per questo lo statuto di Norimberga conteneva le aberrazioni giuridiche dell’articolo 19 («Il Tribunale non è vincolato alle regole probatorie») e 21: «Il Tribunale non deve chiedere la prova di fatti generalmente noti, ma ne deve prendere atto d’ufficio» (3).

Questo era un invito esplicito a tutte le organizzazioni ufficiali, governative o no, a formulare qualunque accusa senza prove: l’accusa stessa sarebbe poi diventata “prova”!
In tal modo furono infatti acquisite le “prove” riguardo alle “camere a gas” di Auschwitz (rapporto sovietico URSS-008) e di tutti gli altri presunti campi di sterminio (rapporto ufficiale del Governo polacco esibito dai Sovietici come documento URSS-93).

Questo rapporto, tanto per rendere l’idea della sua affidabilità, attribuiva al campo di Belzec un impianto di folgorazione, a Treblinka camere a gas a vapore (sic!) e folgorazione. Inoltre descriveva “Una fabbrica di sapone fatto con grasso umano” a Danzica (4) .

Dunque la credenza nelle “camere a gas” si basa su una propaganda nera di cui fu preso atto d’ufficio da parte delle Corti Marziali dei vincitori come «fatto generalmente noto»!
L’attuale storiografia olocaustica è la degna erede di queste aberrazioni propagandistico-giudiziarie e ne mostra tutte le tare originali.

A questa regola non sfugge neppure quella che viene ritenuta l’opera più importante della storiografia olocaustica, La distruzione degli Ebrei d'Europa di Raul Hilberg, nella quale la dimostrazione dell’assunto fondamentale, l’esistenza di “centri di sterminio” nazionalsocialisti, non è supportato da un solo documento, ma si basa esclusivamente sul travisamento sistematico di documenti e sull’estrapolazione di testimonianze assurde e contraddittorie, come ho dimostrato ampiamente nello studio Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodologia. 2008, vedi in http://civiumlibertas.blogspot.com/2008/01/carlo-mattogno-raul-hilberg-e-i-centri.html. (A proposito: dove sono gli strenui difensori di Hilberg?).
Per completare il quadro, va detto che le farse giudiziarie dei vincitori della seconda guerra mondiale non ebbero nulla a che vedere con la giustizia, ma furono uno strumento per rifarsi artificiosamente una verginità perduta: per distogliere gli occhi del mondo dai propri crimini contro la pace (ad esempio l’aggressione sovietica alla Finlandia e la spartizione della Polonia) e contro l’umanità (i bombardamenti terroristici anglo-americani sulle città tedesche e italiane, i bombardamenti di Tokio, le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, i massacri di Katyn e Winniza) gli Alleati lanciarono l’accusa terribile di genocidio scientifico mediante camere a gas, che li faceva apparire istantaneamente come timide educande. E ciò spiega perché la storiografia olocaustica è intrinsecamente ideologica.

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3.
Il valore delle testimonianze

«Per evitare che la scomparsa di testimoni viventi favorisca le tesi negazioniste, Claude Lanzmann ha realizzato con anni di lavoro il suo documentario di nove ore sulla Shoah, basato non sulle immagini ma su una straordinaria e sconvolgente serie di testimonianze dirette, destinate a restare quando si passerà definitivamente dalla memoria alla storia».
Chi scrive così non ha capito che la storiografia è una disciplina diversa dalla giurisprudenza e si ostina ancora a sbandierare come “prove” sedicenti testimoni oculari, tutti miracolosamente scampati. Ecco per tutti il monito di uno storico olocaustico:
«Per lo storico scientifico, la testimonianza non è realmente la Storia, è un oggetto della Storia. E una testimonianza non ha molto peso, e pesa ancora meno se nessun solido documento la conferma. Il postulato della storia scientifica, si potrebbe dire forzando appena la mano, è: niente documento/i, niente fatto accertato.
Questo positivismo che conferisce una tale importanza al documento ha i suoi aspetti positivi e negativi. Quello positivo, è che la storia deve a questo metodo rigoroso di non essere una pura fiction, ma una scienza. In quanto tale, essa è revisionista per natura, ossia negazionista. La Terra è stata ritenuta a lungo piatta, ora lo si nega. Ne consegue che decretare l’arresto delle ricerche su un punto qualunque del campo scientifico è negare la natura stessa della scienza. Si vede dunque già apparire ciò che mette gli storici in una situazione insostenibile ponendo i negazionisti in buona posizione: dal momento in cui si è sul terreno scientifico, è vietato vietare di rivedere o negare. Farlo, significa uscire dal campo scientifico. Significa abbandonarlo» (5
).
Si tenta di avvalorare la tesi che i revisionisti temerebbero i “testimoni oculari” e aspetterebbero ansiosamente la loro morte per poter proferire le loro menzogne indisturbatamente. Niente di più falso. Sono i “testimoni oculari” ad essere terrorizzati dai revisionisti, perché sanno che sono gli unici in grado di verificare l’attendibilità di ogni loro dichiarazione.
«Quella retorica tuttavia non si limita a negare un fatto provato. Infatti essa contesta non solo le prove, ma le testimonianze di chi sostiene l’esistenza nelle forme e nei modi dello sterminio [?]. Anzi il vero obiettivo del rifiuto delle prove è la convinzione che i sopravvissuti non abbiano diritto di parola. Quel diritto non viene riconosciuto ai sopravvissuti perché la loro natura – e non la loro esperienza – li rende incredibili. Secondo i negazionisti, infatti, essi non sono credibili e non devono essere creduti non perché ciò che dicono si sarebbe dimostrato fondatamente falso, ma perché la loro identità ebraica li qualifica come pericolosi sovvertitori dell’ordine e perché la loro natura li rende “perfidi”. Credereste mai ai nemici irriducibili? Alla fine, dunque, per i negazionisti quei testimoni sono non credibili perché sono ebrei e dunque per natura, raccontano il falso e lo raccontano perché il loro obiettivo sarebbe la conquista fraudolenta del potere. Lungi da non essere mai avvenuto, lo sterminio per i negazionisti non è mai finito. È ideologicamente giustificato perché si basa sull’adesione all’ideologia che l’ha predicato e poi praticato. Alla fine lo si nega, per poter avere l’opportunità di completarlo».
Simili idiozie pisantyane qualificano bene chi le espone ed esimono da qualunque commento. La testimonianza “oculare” di Shlomo Venezia è assurta di recente ai fasti della memorialistica (la storiografia olocaustica, per la sua inconistenza, non l’ha neppure presa in considerazione). La mia relativa critica - «La verità sulle camere a gas»? Considerazioni storiche sulla «testimonianza unica» di Shlomo Venezia (6) - ne demolisce la credibilità sul piano storico, documentario e materiale e rappresenta il modello della confutazione categorica delle scempiaggini proferite dall’articolista.

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4.
Le “prove”

Per quanto riguarda la cifra dei morti di Auschwitz, Bernardo Valli si appella a Jean-Claude Pressac, ignorando che la revisione numerica da lui proposta fu subito considerata eretica dal Museo di Auschwitz, che si affrettò a lanciargli una solenne scomunica, le cui conseguenze egli patì fino alla morte.
Secondo Pressac, dunque, ad Auschwitz vi furono da 470.000 a 550.000 ebrei gasati «non iscritti» (= non immatricolati), più 126.000 detenuti «iscritti», cioè «gasati per malattia, debilitamento», ma Pressac dice semplicemente «deceduti», più altri 35.000 tra prigionieri di guerra e zingari, e conclude:
«Complessivamente dunque stiamo parlando di una quantità di persone gasate tra i 631 mila e i 711 mila. Nessuno di questi numeri è stato contestato dai negazionisti. Nessuno di loro ha mai risposto a Pressac. Questa cosa non fa pensare? ».
Preciso subito che, in tale elenco, i decessi documentati sono soltanto quelli riguardanti i detenuti immatricolati. Anzi, a rigor di termini, non è esatto neppure questo, perché il numero dei decessi documentato è di 68.864 (7), anche se la cifra di 126.000 proposta da Pressac si avvicina molto alla realtà.
Quanto al resto, sta di fatto che né Pressac, né alcun altro storico ha mai dimostrato documentariamente che ad Auschwitz sia stata gasata una sola persona.
La reboante affermazione successiva è sorprendente: nessun revisionista ha mai contestato Pressac! Perbacco: la cosa non fa pensare?
Se si fosse degnato di informarsi un pochino di prima mano, invece di affidarsi ciecamente ai soliti mentecatti, l’articolista saprebbe che risposi al libro in questione di Pressac fin dal 1994, prima ancora che ne uscisse la traduzione italiana (8). I migliori scritti revisionistici sull’argomento, redatti da R. Faurisson, G. Rudolf, S. Thion e da me, furono pubblicati in un unico volume lo stesso anno (9).
Pressac non ha mai risposto nulla né a me, né a nessuno degli altri critici, sicché è vero esattamente il contrario di ciò che scrive Bernardo Valli.
Per quanto mi riguarda, ho contestato anche la cifra dei presunti gasati, dimostrando la sua totale inconsistenza (10).
Visto che ha tirato in ballo Pressac, il nostro articolista sarà senza dubbio lieto di apprendere che in una lunga intervista da lui concessa a Valérie Igounet 15 giugno 1995, lo storico francese sconvolse i cardini della storiografia olocaustica dichiarando:
«Quanto al massacro degli ebrei, molte nozioni fondamentali devono essere completamente corrette. Le cifre proposte [dalla storiografia ufficiale] sono da rivedere da cima a fondo. Il termine di “genocidio” non va più bene» («le terme “génocide” ne convient plus») (11).
Il quadro storiografico olocaustico relativo ai “campi di sterminio” è in effetti inconsistente, come risulta dalla seguente tavola:

campo camere a gas secondo la storiografia olocaustica numero delle vittime secondo l’Enzyklopädie des Holocaustprove documentarie e/o materiali
Chelmno2 o 3 “Gaswagen”152.000-320.000nessuna
Belzec 3, poi 6 600.000nessuna
Sobibor 3250.000nessuna
Treblinka 3, poi 6 o 10738.000nessuna
totale23 o 28 1.740.000-1.908.000nessuna

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In pratica si pretende che nei suddetti “campi di sterminio” siano esistite da 23 a 28 “camere a gas” (fisse o mobili), in cui sarebbero stati gasati da 1.740.000 a 1.908.000 ebrei senza che sussista la minima prova documentaria o materiale.

Passiamo al campo di Auschwitz. Ecco il quadro delle “camere a gas” provvisorie:
impiantonumero delle
“camere a gas”
prove documentarie e/o
materiali
«indizi criminali»(criminal traces)
crematorio I1nessunanessuno
“Bunker 1”2 nessunanessuno
“Bunker 2”4 nessunanessuno

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Con queste, le “camere a gas” per le quali non esiste nessuna prova documentaria o materiale salgono a 30-35.
Per i crematori di Birkenau, Pressac nel 1989 (12) annunciò la scoperta di 39 «indizi criminali» (criminal traces), così ripartiti:
crematorio II: 11
crematorio III: 7
crematori IV e V: 15.
A 39 Pressac arrivava aggiungendo le varie menzioni del medesimo indizio. In realtà, raggruppando nelle singole voci le numerose ripetizioni, gli indizi criminali si riducevano a 9.
Nel 1993 egli aggiunse altri 6 indizi (13) e uno fu trovato successivamente da Robert Jan van Pelt (14).

Approfitto di questa occasione per annunciare la prossima pubblicazione del mio studio Le camere a gas di Auschwitz. Studio storico-tecnico sugli «indizi criminali» di Jean-Claude Pressac e sulla «convergenza di prove» di Robert Jan van Pelt, che costituisce la demolizione scientifica, totale e radicale di tutte le presunte prove a favore delle “camere a gas” di Auschwitz. Il documento in pdf è già pronto e conta circa 720 pagine, di cui circa 660 di testo, con 51 documenti.
Presento l’indice della Parte Prima (circa 200 pagine), dal quale risulterà già visivamente quanto «il negazionismo non abbia nulla di scientifico e neppure scalfisca gli studi e le testimonianze dirette sulle tecniche di sterminio nei campi di concentramento nazisti».
Infatti!
PARTE PRIMA
Introduzione
Capitolo 1 - Gli «indizi criminali»

1.1. Gli antecedenti storici
1.2. L’archivio della Zentralbauleitung di Auschwitz
1.3. Premessa metodologica
1.4. I 39 «indizi criminali»
1.4.1. Indizi per il crematorio II
1.4.2. Indizi per il crematorio III
1.4.3. Indizi per i crematori IV e V
1.4.4. Indizi supplementari (crematori II e III)
1.4.5. Altri indizi
1.5. Considerazioni preliminari
1.6. Determinazione cronologica degli indizi e suo significato
1.6.1. Indizi relativi al crematorio II
1.6.2. Indizi relativi al crematorio III
1.6.3. Indizi relativi ai crematori IV e V
1.7. Contraddizioni di fondo
1.8. Il sistema di ventilazione dei Leichenkeller 1 e 2 dei crematori II e III
1.9. I montacarichi dei crematori II e III
1.9.1. Storia dei montacarichi dei crematori II e III
1.9.2. I montacarichi al processo Irving-Lipstadt

Capitolo 2 - Gli «indizi criminali» per il Crematorio II

2.1. - «Vergasungskeller»
2.1.1. Il valore dell’indizio
2.1.2. Il contesto storico
2.1.3. Il significato del documento
2.1.4. La funzione del «Vergasungskeller»
2.1.5. Obiezioni e risposte
2.1.6. I commenti e le obiezioni di van Pelt
2.1.7. «Gaskeller»
2.2. - «Gasdichtetür», «Gastür»
2.3. - «Auskleideraum», «Auskleidekeller» e baracca davanti al crematorio II
2.3.1. «Auskleideraum» e «Auskleidekeller»
2.3.2. Origine e funzione dell’ «Auskleideraum» del crematorio II di Birkenau
2.3.3. La baracca davanti al crematorio II
2.3.4. Van Pelt e l’ «Auskleidekeller»
2.4. «Sonderkeller»
2.5. - «Drahtnetzeinschiebevorrichtung» e «Holzblenden»
2.5.1. La scoperta degli indizi
2.5.2. Significato dei termini e localizzazione dei congegni
2.5.3. La testimonianza di Michał Kula
2.5.4. Che cosa non erano i «Drahtnetzeinschiebevorrichtungen»
2.5.5. I commenti di van Pelt
2.6. «Gasprüfer» e «Anzeigegeräte für Blausäure-Reste»
2.6.1. L’interpretazione di Pressac
2.6.2. La destinazione d’uso dei «Gasprüfer»
2.6.3. Il contesto storico
2.6.4. Il contesto burocratico
2.6.5. I problemi lasciati insoluti da Pressac
2.6.6. Che cos’erano i «Gasprüfer»?
2.6.7. Prüfer e i «Gasprüfer»
2.7. «Warmluftzuführungsanlage»
2.7.1. Posizione del problema
2.7.2. La spiegazione di Pressac
2.7.3. La spiegazione di van Pelt
2.8. «Holzgebläse»
2.9. Eliminazione dello scivolo per i cadaveri
2.9.1. La pianta 2003 del 19 dicembre 1942 e il suo significato
2.9.2. Il mascheramento dello scivolo

Capitolo 3 - Gli «indizi criminali» secondari relativi al Crematorio II

3.1. Origine e definizione degli «indizi criminali» secondari
3.2. Considerazioni generali
3.3. Il sistema di drenaggio del crematorio II
3.4. L’apertura di un ingresso nel Leichenkeller 2
3.5. La direzione di apertura della porta del Leichenkeller 1
3.6. Sostituzione di una porta a due ante con una ad una sola anta (a tenuta di
gas) nel Leichenkeller 1
3.7. Eliminazione dei rubinetti nel Leichenkeller 1
3.8. Eliminazione del Leichenkeller 3

Capitolo 4 - Gli «indizi criminali» per il Crematorio III

4.1. L’interpretazione di Pressac
4.2. Il contesto storico
4.3. Le basi di legno delle presunte «docce finte»
4.4. La «Gasdichtetür»

Capitolo 5 - Gli «indizi criminali» per i Crematori IV e V

5.1. Esposizione degli indizi
5.2. Progettazione dei crematori IV e V: il progetto iniziale
5.3. Progettazione dei crematori IV e V: il primo progetto operativo
5.4. Progettazione dei crematori IV e V: il secondo progetto operativo
5.5. Progettazione dei crematori IV e V: il terzo progetto operativo
5.6. Tecnica di gasazione
5.7. Sistema di introduzione dello Zyklon B
5.8. Van Pelt e le «12 St. gasdichten Türen»
5.9. La ventilazione naturale
5.10. La ventilazione meccanica
5.11. Analisi della pianta 2006 dell’11 gennaio 1943

Capitolo 6 - Gli «indizi criminali» di carattere generale

6.1. «Normalgaskammer»
6.2. Perché le SS non usarono a scopo omicida le camere a gas Degesch-Kreislauf?
6.3. «Verbrennung» e «Sonderbehandlung»
6.3.1. Il documento
6.3.2. Il «contesto storico» secondo van Pelt
6.3.3. Gli errori di van Pelt
6.3.4. Il vero contesto storico
6.3.5. Il significato del documento

Capitolo 7 - I presunti «indizi criminali» per i Bunker di Birkenau

7.1. Precisazione sul titolo
7.2. - «Sonderbehandlung»
7.2.1. La tesi di Pressac
7.2.2. I rapporti esplicativi di Bischoff
7.2.3. Le quattro baracche «für Sonderbehandlung» e i Bunker di Birkenau
7.2.4. «Sonderbehandlung» e «Entwesungsanlage»
7.3. Le «Badeanstalten für Sonderaktionen»
7.3.1. Le spiegazioni di Pressac
7.3.2. Un progetto non realizzato
7.3.3. «Badeanstalten» e forni crematori
7.3.4. La spiegazione di van Pelt
7.4. «Sperrgebiet»
7.5. «Material für Sonderbehandlung»
7.6. I «Materialien für Judenumsiedlung» e il «rapporto» Franke-Griksch
7.6.1. I «Materialien für Judenumsiedlung»
7.6.2. Il «rapporto» Franke-Griksch e i commenti di Pressac
7.6.3. Analisi critica dei commenti di Pressac

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(1) In rete: http://www.aaargh.com.mx/fran/livres4/sbara1.pdf. Torna al testo.

(2) Atti del processo di Norimberga. Ed. Tedesca, vol. XIX, p. 440. Torna al testo.

(3) Idem, vol. I, p. 16. Torna al testo.

(4) URSS-93. trad. ted., pp. 41-42, 44 e 45-46. Torna al testo.

(5) http://civiumlibertas.blogspot.com/2007/11/slomo-in-grande-emozione-con-veltroni-e.html#baynac. Torna al testo.

(6) Idem. Torna al testo.

(7) T. Grotum, J. Parcer, «EDV-gestützte Auswertung der Sterbeeinträge», in: Sterbebücher von Auschwitz. A cura del Museo di Stato di Auschwitz-Birkenau. K.G. Saur. Monaco, New Providence, Londra, Parigi, 1995, vol. I, p. 237. Torna al testo.

(8) Auschwitz: fine di una leggenda. Considerazioni storico-tecniche sul libro di Jean-Claude Pressac Les crématoires d’Auschwitz. La machinerie du meurtre de masse. Edizioni di Ar, 1994. Torna al testo.

(9) Auschwitz: Nackte Fakten. Eine Erwiderung an Jean-Claude Pressac. Stiftung Vrij Historisch Onderzoek v.z.w., Berchem, 1995. Riedizione americana: Auschwitz: Plain Facts. A Response to Jean-Claude Pressac. Theses & Dissertations Press.Chicago, Illinois, 2005. Torna al testo.

(10) Il numero dei morti di Auschwitz. Vecchie e nuove imposture. I Quaderni di Auschwitz, 1. Effepi, Genova, 2004. Torna al testo.

(11) V. Igounet, Histoire du négationnisme en France. Éditions du Seuil, Parigi, 2000, p. 641. Torna al testo.

(12) J.-C. Pressac, Auschwitz: Technique and operation of the gas chambers. The Beate Klarsfeld Foundation, New York, 1989. Torna al testo.

(13) J.-C. Pressac, Le macchine dello sterminio. Auschwitz 1941-1945. Feltrinelli, Milano, 1994. Torna al testo.

(14) R. J. van Pelt, The Case for Auschwitz. Evidence from the Irving Trial. Indiana University Press, Bloomington and Indianapolis, 2002. Torna al testo.
Carlo Mattogno
6 febbraio 2009

1 commento:

Anonimo ha detto...

Fantastico!

Mattogno è certamente il migliore! Non vedo l'ora di gustarmi il suo libro in uscita! Una mole consistente ma sicuramente irrinunciabile!

A proposito, a fine gennaio è uscito un altro insulso articolo contro i "negazionisti" su Libero, il quotidiano di Feltri. L'avevo fatto presente ad Andrea Carancini (qui: http://andreacarancini.blogspot.com/2009/01/i-gas-tossici-e-la-storia-dellolocausto.html).

Un saluto!

Valerio