giovedì 18 ottobre 2007

Monitoraggio di "Informazione Corretta": S. Doppio lealismo e doppia cittadinanza.

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Quadro d’insieme - Osservatorio sulle reazioni a Mearsheimer e Walt -

Versione 1.0

Sommario: Premessa. - 1. Avraham Burg, la bestia nera, critico della “legge del ritorno”. – 2.

0. Premessa – Mi son chiesto qualche volta il perché della speciale relazione fra soggetti appartenenti alle varie comunità ebraiche nei diversi paesi e lo stato di Israele sorto nel 1948 le cui modalità, i cui dettagli possono leggersi in libri di storia. Certamente, tra i titoli di legittimazione del nuovo stato viene invocata un delibera dell’ONU, quello stesso organismo internazionale le cui numerose risoluzioni vengono derise tutte le volte che condannano lo stato riconosciuto nel 1948, mediante un’opera di lobbying e pressioni non difficile da ricostruire. Ma noi qui eviteremo tanta noia. Ho sostenuto in una significativa circostanza che la vera ed unica legittimazione alla sua nascita come Stato può ottenerla solo dagli Stati arabi confinanti e da quegli stessi palestinesi cacciati dai territori dove gli ebrei hanno costituito il nuovo Stato. In effetti, gli stessi israeliani lo sanno bene che il vero fondamento alla loro legittimazione può venire solo da qui. Ma come pensano di ottenerlo? Spingendo prima gli inglesi, poi gli USA a fare guerra a tutti i paesi mediorientali, quindi a costringere i governi “liberati” a riconoscere Israele come loro primo atto di politica internazionale. Comunque sorto, il nuovo Stato di Israele ha concesso ad ogni ebreo nel mondo una diritto alla cittadinanza, che significa in pratica una doppia cittadinanza che comporta non pochi problemi teorici e soprattutto getta una luce sinistra sulle attività di lobbing nei vari paesi. Anche qui invero il termine Lobby è inadeguato in quanto nasconde una realtà più grave e delicata di quella che all'interno di un singolo paese potrebbe essere una lobby dei produttori di pomodori nell’area campana, volta al massimo ad ottenere dazi protettivi o rimborsi comunitari, ma non certo tesa a compromettere la pace mondiale e le relazioni internazionali dell’Italia. Il problema del lealismo ebraico si poneva già all’interno della Diaspora ed è sempre esistito in tutto l'arco storico dell’ebraismo, prima e dopo la nascita di Cristo. La letteratura sull’argomento è abbondante, anche se rischia di venir tacciata di antisemitismo. Riporto il testo di una nota del libro di Pietro Sella, Prima di Israele. Palestina, nazione araba, questione ebraica, Edizioni dell’Uomo libero, Milano 2006, p. 105-106:
«Comprensibilmente ostacolato in tutti i paesi del mondo, il privilegio di una doppia cittadinanza ha trovato legittimazione nello stato d’Israele. La “legge del ritorno” (luglio 1950), con il criterio che una cittadinanza in più può sempre far comodo, concede ad ogni ebreo il diritto di una cittadinanza isareliana senza che l’interessato debba rinunciare a quella d’origine. La nascita dello stato ebraico ed una legge siffatta avrebbero potuto consentire ad ogni altro stato di considerare gli ebrei residenti entro i suoi confini come ospiti stranieri. La situazione politica generale era però talmente favorevole agli ebrei che in nessun luogo fu possibile sfruttare l’occasione per fare chiarezza. Illuminante, a proposito della comodità di tale istituto, il caso di Samuel Flatto-Sharon, cittadino sia francese sia isrealiano. Amico del presidente del Dahomey, quando questi riesce ad ottenere dalla Banca Mondiale un prestito di dieci milioni di dollari, anche il Nostro riesce ad intascarne una buona fetta. In possesso di un passaporto diplomatico del Dahomey, si sposta poi a Parigi, attirato dal mercato immobiliare francese. Attraverso società fantasma, riesce a truffare migliaia di risparmiatori, inviando il ricavato in Svizzera, alla Banque pour le Commerce Suisse-Israel. Di qui i fondi tornano in Francia o vengono investiti in Israele. L’apertura di un’inchiesta nel 1972, “risvegliò in Flatto-Sharon un bisogno urgente di visitare Israele ed egli riuscì in tal modo ad evitare una condanna a quindici anni di carcere e un processo per 200 milioni di dollari intentato dagli investitori truffati” (Robin T. Naylor, Denaro che scotta, Edizioni di Comunità 1989, p. 316). Come avrebbe fatto qualche anno più tardi anche il gangsyer statunitense Meyer Lansky egli invoca la cittadinanza israeliana in qualità di ebreo “rimandato a casa”. La sua richiesta viene accolta. Quando il governo francese avvia la procedura per l’estradizione, Menachem Begin, leader del partito Herut, gli offre l’immunità in cambio di un sostegno finanziario per la campagna elettorale del partito. Nel 1977 è lo stesso Flatto-Sharon a sedere alla Knesset, promuovendo un disegno di legge che proibisce l’estradizione degli ebrei e promettendo “di mettere il suo genio finanziario al servizio del paese per risolvere i pressanti problemi finanziari di Israele”. Nel 1982, dopo che le bombe, i proiettili di artiglieria ed i missili israeliani hanno ridotto in macerie gran parte di Beirut Ovest, il buon Samuel appare in Libano, occupato a promuovere la creazione di una banca che gestisca il commercio tra Israele e la martoriata nazione. Inizia però da qui il declino delle sue fortune visibili. Perso il posto di deputato perché ritenuto colpevole di frodi elettorali, si ritrova pure vittima del caso Ambrosiano, avendo attivamente partecipato – attraverso Luigi Cavallo, confidente di vari servizi segreti ed editore di una rivista specializzzata in rivelazioni sensazionali e politicamente dannose – alla campagna intimidatoria contro Roberto Calvi, al fine di ottenerne l’esborso di “gravosi pagamenti” in favore di Michele Sindona. Arrestato nel 1985 dalla polizia italiana, l’ex deputato viene in breve rilasciato su cauzione e prontamente fatto scappare in Israele dove, sulla base della legge che egli stesso ha fatto approvare, può vivere al riparo dei fulmini di ogni tribunale dei goyim».
Per non distrarci troppo e tornare alla nostra ricerca, che è il Monitoraggio di “Informazione Corretta”, sono proprio questi aspetti internazionalistici che fanno pensare a questa testata non come ad una banale Rassegna stampa. Intanto, il nostro Angelo Pezzana – ebreo, omosessuale e radicale – è per diritto un cittadino israeliano. Molte delle vittime oggetto della sua alta “correzione” morale sono “soltanto” cittadini italiani, o non hanno la comodità di una dopppia cittadinanza da usare a seconda delle convenienze. In questa Sezione del Monitoraggio, ed attingendo sempre al prezioso archivio di I.C., cercheremo di lumeggiare questi delicati aspetti. Intanto, ad esempio, quando con benevolo risalto vengono ripresi articoli di Fiamma Nirenstein, i commenti pper lo più anonimi dello stesso Pezzana e di altrettanti personaggi che impariamo a conoscere poco per volta, noi abbiamo a che fare con concittadini italiani o con cittadini israeliani che antepongono gli interessi di Israele a quelli dell'Italia? Purtroppo, il libro di Mearsheimer e Walt si occupa solo della presenza e dell'attività della Lobby negli USA, disinteressandosi totalmente e comprensibilmente delle caratteristiche e dell’attività della stessa Lobby in Italia ed in Europa, dove con una vera e propria attività di lobbying sono state prodotte leggi come la famigerata Fabius-Gayssot, che in pratica toglie ai cittadini francesi ed europei quei diritti fondamentali alla libertà di pensiero e di ricerca che erano state le acquisizioni più originali della rivoluzione francese e del moderno stato di diritto nato da essa.

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1. Avraham Burg. la bestia nera, critico della “legge del ritorno”. Il solito trafiletto e la rititolazione di I.C., alla cui faziosità siamo ormai abituati, non riesce ad annullare il contenuto informativo che si trae dall’articolo che era apparso su la Repubblica dell'8 giugno 2007. Ne riporto questo brano sulla legge del ritorno:
Altro tema dai contenuti potenzialmente dirompenti, la legge del ritorno che garantisce a tutti gli ebrei del mondo di poter emigrare in Israele e acquisirne la cittadinanza. «Bisogna cambiare la legge del ritorno?», chiede Shavit. «Bisogna aprire il dibattito», concede Burg. «La legge del ritorno è una legge apologetica. È l´immagine speculare di Hitler. Non voglio che sia Hitler a definire la mia identità. In quanto democratico e umanista, la legge mi mette davanti a una contraddizione. La legge del ritorno dà un taglio netto tra noi e l´ebraismo della diaspora, tra noi e gli arabi». Al pari di Ehad Ha-Am, pseudonimo di Asher Zwi Ginsberg, un pensatore russo sostenitore del Sionismo culturale in contrasto con il sionismo pratico di Teodoro Herzl, Burg sogna un´Israele «che sia centro spirituale» e non di contrapposizione. Ma in realtà vede un paese traumatizzato: «La gente non è disposta ad ammetterlo, ma è ormai con le spalle al muro. Chiedi ai tuoi amici - dice all´intervistatore - se sono sicuri che i loro figli continueranno a vivere qui. Quanti diranno di sì? Tutt´al più la metà. Vale a dire che l´élite israeliana si è già separata da questo posto, e senza élite non c´è nazione».
«Sostieni - ribatte Ari Shavit - che stiamo soffocando per mancanza di spirito?». «Completamente. Siamo morti. Non ce l´hanno detto, ma siamo già morti». «E raccomandi a ogni israeliano di prendere un passaporto straniero?» «A tutti quelli che possono».
Potete leggere un mio ulteriore commento di cui mi ero dimenticato in UAAR Ultimissime, dove troppi passaggi hanno creato una certa confusione filologica. E sempre in fatto di filologia ho potuto constatare prima del tempo che questa sezione sul “doppio lealismo" si giustifica qui pienamente. Basti pensare alle 50 (se ben ricordo) Associazioni Italia-Israele che sono cosa ben diversa da quelle che erano e sono analoghe associazioni Italia-Cina proprio come conseguenza della “legge del ritorno” e di una doppia cittadinanza che non è assimilabile a nessun altro caso simile.

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