venerdì 29 maggio 2009

Jürgen Graf: «Il gigante dai piedi di argilla. Raul Hilberg e la sua opera simbolo sull’ “Olocausto”». - Introduzione.

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I. Introduzione. - II. Osservazioni di carattere generale: 1 - 2 - 3. – III. Osservazioni sul primo volume. – IV. La mancanza di documenti su una politica di annientamento degli ebrei e sue conseguenze per gli storici ortodossi: 1 - 2 - 3: a. b. c. d. e. f. – V. I massacri sul fronte orientale: 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8. – VI. Le deportazioni: 1 - 2 - 3 - 4 - 5. – VII. I centri di annientamento: 1 - 2 - 3: a. b. c. d. – 4: a. b. 5: a. b. c. d. e. – VIII. Statistica delle vittime in Hilberg: anatomia di una truffa. 1 - 2 - 3 - 4 - 5. – IX. Sconfitta di Hilberg nel processo Zündel. – X. Conclusioni.

Rinvii: Mattogno -

Introduzione

«Tu o re, stavi guardando, ed ecco una statua; quella statua, che era molto grande e di splendore straordinario, si ergeva dinanzi a te e il suo aspetto era spaventevole. Questa statua aveva la testa d’oro puro, il petto e le braccia d’argento, il ventre e le cosce di bronzo, le gambe di ferro, i piedi parte di ferro e parte d’argilla. Tu guardavi e d’improvviso una pietra si staccò senza spinta di mani, colpì la statua nei suoi piedi, ch’erano di ferro e d’argilla, e li frantumò. Allora ferro, argilla, bronzo, argento e oro si frantumarono simultaneamente, e furono come la pula sulle aie d’estate; li portò via il vento senza che più se ne trovasse traccia. Ma la pietra, che aveva colpito la statua, divenne un gran monte che riempì tutta la terra» (Daniele 2, 31-35).
Secondo la versione della storia ufficiale i nazionalsocialisti tedeschi durante la seconda guerra mondiale perpetrarono verso gli ebrei un genocidio senza precedenti nella sua sistematicità e nella sua crudeltà. Parecchi milioni di ebrei - si dice - sarebbero stati portati da tutti i paesi dominati dai tedeschi in “campi di concentramento” situati in territorio polacco e qui assassinati soprattutto in camere a gas, in più piccola parte in autocarri da gasazione. Inoltre i tedeschi sul fronte orientale avrebbero massacrato un numero incredibile di ebrei. La cifra complessiva dei gassati, fucilati come pure degli ebrei morti per epidemie, esaurimento, fame etc. si aggira dai cinque ai sei milioni.

Per questo genocidio che si pretende sia unico nel suo genere si adopera comunemente la parola “Olocausto”, che deriva dalla parola greca per “sacrificio mediante fuoco” e che dopo la diffusione dell’omonimo film statunitense nel 1979 si è affermato anche fuori dell’ambito linguistico anglosassone.

La versione appena riassunta del destino degli ebrei durante la seconda guerra mondiale si trova in tutti i lessici ed in tutti i libri di storia del mondo occidentale. Nelle discussioni pubbliche sull’«Olocausto» si parte da essa sempre in modo assiomatico. Dubbi su questa versione non sono desiderati. Voci divergenti vengono messe a tacere da una stretta censura dei media ed in parecchi Stati europei represse con il terrore della polizia di Stato.

Benché nei decenni passati sia apparsa sull’«Olocausto» una quantità di letteratura sempre più difficile da dominare, si è però generalmente d’accordo su quale libro sia da considerare come l’opera cui doversi riferire in questo argomento: The Destruction of the European Jews di Raul Hilberg.
L’ebreo Hilberg, nato a Vienna nel 1926, emigrò nel 1939 con i suoi genitori negli Stati Uniti. Nel 1944 entrò nell’esercito americano. Nel 1948 incominciò ad occuparsi del destino degli ebrei sotto il nazionalsocialismo. Nel 1951/52 lavorò nel centro di documentazione di Alessandria, in Virginia. Il suo lavoro consisteva nell’analisi dei documenti depredati ai tedeschi. Nel 1952 conseguì il grado di Magister in Politologia, nel 1955 il dottorato in Scienze Giuridiche. Come la maggior parte degli altri autori che si sono occupati dell’«Olocausto», nemmeno lui quindi è per formazione uno storico. Nondimeno egli insegnò nell’Università di Vermont per anni accanto alle relazioni internazionali e alla politica estera degli Stati Uniti anche la storia degli ebrei durante la seconda guerra mondiale (1). The Destruction of the European Jews apparve dapprima nel 1961 ed è stata nuovamente edita in forma invariata nel 1967 come pure nel 1979. Seguì nel 1985 un’edizione modificata, “definitiva”. Sorprendentemente la vasta opera fu volta in tedesco solo nel 1982, e precisamente in una piccola casa editrice (Olle & Wolter in Berlino). Il titolo suonava Die Vernichtung der europäischer Juden. Noi adoperiamo di seguito l’edizione in tre volumi pubblicata a Francoforte nel maggio 1997 presso la Fischer Taschenbuch Verlag, che si basa sulla versione inglese definitiva del 1985.

Lo studio di Hilberg sull’«Olocausto» avanza la pretesa di essere per antonomasia il migliore e più esaustivo della sua specie. Ciò è chiarito inequivocabilmente nell’introduzione all’edizione tedesca:
«Se la parola “opera classica” ha ancora un senso, allora si deve indicare come tale la celebre opera generale di Hilberg sull’Olocausto. […] Il tema di questa opera sono gli autori, il piano, lo schema d’azione, l’atto stesso, la sua preparazione e la sua esecuzione. Con la “freddezza e precisione, che caratterizza i grandi cronisti" (SZ) Hilberg documenta l’implicazione e partecipazione delle élits dirigenti nell’amministrazione dello Stato, nell’industria e nell’esercito all’annientamento degli ebrei. È dimostrata anche la dedizione funzionale dei burocrati intermedi, dei ferrovieri, poliziotti e soldati nell’opera di sterminio. E viene alla luce un tipo di criminale (che è pure indicato per nome), che dopo il 1945 non ha incontrato il giudice: il generale prussiano, il funzionario ministeriale nazionalconservatore, il diplomatico, il giurista, l’industriale, il chimico e il medico.
Hilberg
ha raccolto e completato il materiale per il suo libro lungo la sua vita. Egli passa di gran lunga per il migliore conoscitore delle fonti, che provengono in gran parte dai colpevoli. Accurati come erano, essi hanno raccolto per centomila volte in raccoglitori le prove del lavoro omicida, con intestazione della lettera e sigillo d’ufficio.
La storia complessiva dell
’Olocausto che qui si presenta è “fonte per gli specialisti, analisi per i teorici e libro di storia impareggiabile per il gran pubblico” (Sunday Times)».
Che l’opus di Hilberg rappresenti il risultato di un immenso lavoro che richiede una grande applicazione, è riconosciuto dai revisionisti, che contestano la versione corrente della sorte degli ebrei nel Terzo Reich. Per il francese Robert Faurisson, uno dei più eminenti revisionisti, Hilberg si trova «in alto sopra Poliakov, Wellers, Klarsfeld e consorti» (2). In considerazione della posizione dominante di Hilberg all’interno della letteratura ortodossa sull’«Olocausto» i revisionisti si videro sempre di nuovo costretti a mettersi a disputare con la sua opera. Una prima disputa del genere ebbe luogo già nel 1964, cioè tre anni dopo l’uscita della prima edizione de The Destruction on the European Jews. Il francese Paul Rassinier, ex partigiano della resistenza, ex deportato dei campi di concentramento nazisti a Buchenwald e Dora
come pure fondatore del revisionismo condusse allora un aspro attacco contro Hilberg. Nel suo libro Le drame des Juifs Européens Rassinier sottopose ad un accurato esame la statistica delle perdite umane ebree durante la seconda guerra mondiale data da Hilberg. Egli respinse la sua conclusione che ha fatto ammontare il numero delle vittime ebree a circa 5,1 milioni. A questa cifra Hilberg sarebbe giunto attraverso una grossa manipolazione dei dati di partenza. In realtà si giunge, se si parte da questi dati, a sotto un milione di vittime ebree dei nazisti (3).

Negli oltre 35 anni, che trascorrono dall’uscita della critica di Rassinier ad Hilberg, la ricerca revisionistica non è stata ferma. Un’ampia analisi dei metodi impiegati da Hilberg, non limitata alla statistica della popolazione, come pure un’illustrazione e critica dei suoi risultati certamente manca fino al giorno d’oggi. Il nostro lavoro persegue lo scopo di colmare questa lacuna.

I punti che seguono sono al centro della nostra analisi:
– quali prove Hilberg offre che il governo nazista abbia pianificato un annientamento fisico degli ebrei che vivevano nel suo ambito di potere?
– quali prove Hilberg offre per l’esistenza dei campi di annientamento, cioè campi costruiti esclusivamente o in parte per l’uccisione di ebrei e dotati a questo scopo di camere a gas per l’uccisione di uomini?
– quali prove Hilberg offre per il numero da lui asserito di circa 5,1 milioni di vittime ebree della politica nazionalsocialista?

Non sono in discussione le persecuzioni e deportazioni di ebrei durante la seconda guerra mondiale, da nessuno poste in dubbio come pure la sofferenza degli ebrei nei Lager e nei ghetti. Hilberg si basa qui indiscutibilmente sul solido materiale delle fonti. Le cose stanno un poco diversamente riguardo le fucilazioni di massa nel fronte orientale. Che ci siano state non è posto in discussione da nessuno; ma è certamente posto in dubbio da parte dei ricercatori revisionisti il numero di queste fucilazioni secondo quanto asserito da Hilberg e da altri storici ortodossi. Anche su questo punto noi esaminiamo criticamente il numero delle vittime postulato da Hilberg come pure le fonti da lui utilizzate.

Detto in breve: noi vogliamo cercare di spiegare se il grande opus di Hilberg sull’«Olocausto» corrisponde alle alte pretese di scientificità che avanza o se, appena pesato, deve essere ritenuto troppo superficiale.

NOTE

(1) Sulla biografia di Hilberg vedi l’introduzione all’edizione tedesca di Hilberg qui utilizzata (Die Vernichtung der europäischer Juden, Fischer Taschenbuch Verlag, Frankfurt 1997), come pure Barbara Kulaszka (Hg.), Did Six Million Really Die?, Samisdat Publishers, Toronto 1992. p. 5 s. (online: http://www.org/falsenews.toc.html [Nota del traduttore: il sito indicato da Graf non mi mi risulta in questo momento attivo ma il testo indicato di oltre 900 pagine lo si può trovare ora anche cliccando qui]). Torna al testo.

(2) Robert Faurisson, Mon expérience du révisionisme, in Annales d’Histoire Révisionniste, Nr. 8, primavera 1990; citato secondo R. Faurisson. Ècrits révisionnistes (1974-1998), 4 volumi, Edizione privata, 1999, p, 954 (Volume III) (online: http://abbc.com/aaargh/fran/archFaur/RF9003xxl.html). Torna al testo.

(3) Paul Rassinier, Le drame des juifs européens, Les Sept Couleurs, Paris 1964. Ristampa presso La Vielle Taupe, Paris 1984, p. 15-32, 107-221. (Online: http://www.abbc.com/aaargh/fran/archRassi/dje/dje/html). Trad. it. Paul Rassinier, Il dramma degli Ebrei. Edizioni “Europa”, Roma, 1967, p. 14-29). Torna al testo.







(8) Léon Poliakov, Bréviarie de la Haine, Editions Complexe, Paris 1986, p. 124; qui da trad. it. Il nazismo e lo sterminio degli Ebrei, Einaudi, Torino, 1977, p. 153.

(9) Eberhard Jäckel und Jürgen Rohwer
(Herausgegeben von), Der Mord an den Juden im Zweiten Weltkrieg, Deutsche Verlagsanstalt, Stuttgart 1985, p. 186.

(10) William T. Shirer, Aufstieg und Fall des Dritten Reiches, Büchergilde Gutenberg, Frankfurt am Mein/Wien/Zürich 1962, Vorwort des Verfassers (p. XII, XIII). Qui citato da Carlo Mattogno, Il mito dello sterminio ebraico. Introduzione storico-bibliografica alla storiografica revisionista (Sentinella d’Italia, 1985), che a sua volta cita da William L. Shirer, Storia del Terzo Reich, Einaudi, Torino, 1971, pp. XIII-XV. La frase iniziale: “Alla fine della seconda guerra mondiale gli Alleati sequestrarono…” è di Mattogno. Segue poi tra virgolette il testo di Shirer.

(11) In due estese visite, fatte nel 1995 a Mosca insieme con lo storico italiano Carlo Mattogno, abbiamo esaminato tutte le 88.000 pagine e ce ne hanno lasciato copiare circa 4.000.

(12) Christopher Browning, La décision concernant la solution finale, in Colloque de l’Ecole des Hautes Etudes en sciences sociales, L’Allemagne nazie et le génocide juif, Gallimard-Le Seuil, Paris 1985, p. 191 s.

(13) Sulla collaborazione nazionalsocialista-sionista vedi ad es.: Edwin Black, The transfer Agreement, New York-London, 1994; Francis Nicosia, Hitler und der Zionismus, Druffel Verlag, Leoni 1989.

(14) Sulla versione ufficiale riguardo Babi Jahr vedi: E. R. Wien, Die Shoa von Babi Jar, Hartung-Gorre. Konstanz, 1991. Hilberg menziona i presunti massacri e altro a p. 311*

(15) Christopher Browning, op. cit. [supra, nt. 12], p. 192.

(16) Canadian Jewish News, 30 gennaio 1992.

(17) Raul Hilberg, The Destruction of the European Jews, Quadrangle Books, Chicago 1967, p. 177. Si tratta di una ristampa invariata della prima edizione apparsa nel 1961. Ringraziamo Robert Faurisson per il rinvio ai presunti ordini di Hitler qui menzionati come pure per l’indicazione della relativa pagina.

(18) Christopher Browning, The Revised Hilberg, in: Simon Wiesenthal Center Annual, 1986, p. 294.

(19) Adolf Eichmann, Ich, Adolf Eichmann, Druffel Verlag, Neoni 1980, p. 479.

(20) E. Jäckel, J. Rohwer (Hg.), op. cit. (nt. 9), p. 126.

(21) La relazione di Hilberg bsi trova in L’Allemagne nazie et le génocide juif, op. cit. (nt. 12), p. 219 ss.


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