lunedì 15 luglio 2013

Può un bigliettaio che... non va a Messa la domenica continuare a vendere i biglietti e vivere di un lavoro onesto?

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Studiando le tecniche diffamatorie, messe in atto per ultimo contro un onesto medico di Cuveglio, scopro una uniformità di strategie. Davvero sempre le stesse. In genere funziona così. Si decide prima il bersaglio e cosa deve esser detto sulla persona. Poi ci si inventa una intervista. In pratica, ci si procura il numero telefonico del bersaglio. Questi riceve una telefonata del genere: “posso farle alcune domande?” “Sono un giornalista di Repubblica”. “Vorrei approfondire il suo caso?” “Ma perché vuole approfondire il mio caso? Cosa vi è da approfondire che non sia chiaro? Ma chi è lei?” E così via. Ricordo personalmente il caso di un sedicente giornalista del Corriere della Sera, ma spesso sono “precari” che collocano dei pezzi, il quale mi aveva innervosito perché appariva chiaro che non aveva nessun interesse a ciò che io effettivamente pensavo o quali fossero per davvero le mie posizioni, ma voleva che io gli confermassi le opinioni che mi voleva attribuire... Lo diffidai formalmente dall’attribuirmi una certa cosa, ma lui se ne uscì con un articolo denigratorio dove sviliva la mia persona... Erano tante allora le iene che mi stavano addosso che io non potevo tutte respingerle nello stesso tempo e soprattutto non avevo il tempo per studiarne le prave intenzioni. Per costoro l’importante non è che vi sia stata per davvero un’intervista, che corrisponde alla verità delle cose, ma che sia stata fatta una telefonata e che vi sia stato il “contatto”. Non è neppure necessario che vi sia una richiesta formale di intervista, con tutte le garanzie possibili sulle domande fatte e sulle risposte effettivamente date, ed una formale autorizzazione a pubblicare il contenuto della telefonata. Il sedicente giornalista non offre nessuna certificazione della sua identità. Potrebbe trattarsi di un impostore che si spaccia per chiunque... Poi, come nel caso ultimo del dott. Valli ci si trova nella classica posizione del “mostro sbattuto in prima pagina”, con la canaglia che aspetta il suo pasto quotidiano. Le cose che vengono attribuite, un ambulatorio trasformato in un museo delle cere, risultano immediatamente false, ma la vittima spesso è impreparata e non ha dietro di sé una rete mediatica per il fuoco di risposta. Questo è il giornalismo... di “Repubblica”, secondo quotidiano d’Italia.


L’obiettivo di questo genere di attacchi è di colpire la vittima non già tanto nelle sue opinioni, criminalizzate e demonizzate in partenza, ma di incidere sulle basi della sua esistenza materiale, sul suo mestiere che spesso non ha nulla a che fare con le opinioni professate o attribuite. Danneggiare la vittima perchè non abbia più un lavoro con il quale vivere onestamente. Vi può essere un comportamento più ignobile ed infame? Cosa ha a che fare ciò con la professione giornalistica? Ad un carcerato che esce dal carcere e che debba essere reinserito nella vita sociale si cerca di trovargli un lavoro onesto, per non tornare a delinquere. Invece questi Signori, che si ergono a Sommi Sacerdoti della Verità e della Morale, fanno di tutto per togliere alla loro vittima l’onesto lavoro del quale vivono. Un fornaio fa il pane, e non ha nessun interesse a fare del pane avvelenato. Tutti possono mangiare tranquillamente il suo pane senza minimamente curarsi o interessarsi delle opinioni del fornaio, sempre che ne abbia. Vi sono casi molto noti, come quello che ha colpito Norman G. Finkelstein, privato della cattedra. In alcune interviste rilasciate si confessa apertamente l’intenzione di privarlo di qualsiasi fonte di reddito e quindi di ridurla alla fame: “imparerà come si vive, andando al mercato per cercare la frutta che costa di meno...”. Questa “perfidia” viene dagli stessi correligionari... Similmente, dunque, se si va a leggere l’articolo di Repubblica, uscita nella cronaca di Milano, chiaramente un articolo preconfezionato, si può rilevare come il suo contenuto non è già la critica alle personali opinioni private del medico Valli, ma il suo rapporto con i pazienti, con i quali certamente il medico Valli di altro non parlava che delle loro malattie e della cura che doveva lui farne.

Norman G. Finkelstein
Tanta perfidia lascia senza fiato. Naturalmente, è una assoluta menzogna, spudorata menzogna che il medico Valli tenesse in esposizione nel suo ambulatorio il campionario di cui discetta l’Articolista. L’unica cosa che si può rimproverare al medico Valli è la sua ingenuità, o meglio la sua buona fede, per non aver subito sbattuto il telefono al giornalista di Repubblica, che lo molestava ponendogli domande campata in aria e poi del tutto falsificate nelle risposte effettivamente date, come può confermare lo stesso dott. Valli. 

È probabile che la strategia di queste combricole, lautamente finanziate e fornite di risorse illimitate, consista nella rapida diffusione della “calunnia”: un “venticello” che cresce e diventa subito tsunami, ormai inarrestabile. So per esperienza come soprattutto da persone in malafede anche a distanza di anni si continui a sfruttare una calunnia, dimostrata come tale anche in sede giudiziaria.

Basterebbe fotografare l’ambulatorio del dott. Valli, per verificare l’inesistenza dell’armamentario impiantatovi da Repubblica.  L’Articolista non ha mai messo piede nell’Ambulatorio. Per concludere, l’osservazione su cui è costruito questo post è nella rilevazione della perfidia con la quale si vuol colpire il medico Valli nel rapporto fiduciario costruito in tanti anni con i suoi clienti. Questo nuovo “caso” si aggiunge al bigliettaio che non può vendere i biglietti o all’insegnante che non potrebbe più insegnare, per colpe attribuite da una oscura e misteriosa Autorità. E così via. Fino a quando dovremo tollerare tutto questo?

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