Non è possibile nella nostra ricerca sulla Israel lobby separare la componente italiana dai suoi collegamenti e dalle sue matrici estere nonché dal quadro internazionale. Anche questa è globalizzazione. Il primo nome che richiama la nostra attenzione, nel cammino finora fatto, è l’attuale ministra degli esteri israeliana Tibni Livni, che si presenta ai nostri occhi per un chiaro attacco ad un’altra donna, Louise Arbour, che si cerca di neutralizzare impedendogli di organizzare Durban II, prevista per il gennaio del 2009. Per una volta tanto sarà interessante seguire gli eventi nel loro divenire e non post factum. Si è appreso nel frattempo che la Livni sarebbe stata un agente del Mossad e che è una probabile candidata alla successione di Olmert.
Versione 1.1/16.10.09
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Sommario: 1. Sono stata spia del Mossad. – 2. «La donna più potente di Israele e del Medio Oriente». – 3. Osservatori UE nelle future riserve indiano-palestinesi. –
1. Sono stata spia del Mossad. – Uno potrebbe pensare che è un lavoro come un altro, ma per chi ha letto la trilogia, ad esempio, di Chalmer Johnson, sapere che una determinata persona ha lavorato nella CIA o nel Mossad, o alle loro dipendendenze, significa che queste persone possono aver fatto di tutto. Se poi si ergono a sbandieratori di eletti principi e tengono cattedra di morale, allora la nostra reazione assume i colori dell’indignazione. La Livni è la degna compagna di Frattini e vi è perfino la possibilità che diventi il successore di Olmert, pare in crisi per faccende poco pulite.
2. «La donna più potente di Israele e del Medio Oriente». – Non credo alla versione democratica di Tzipi Livni e non mi appassionano le sue vicende governative. Per me resta la prima impressione legata ad un suo tentativo di impedire la rielezione di Louise Arbour e la riedizione di una nuova conferenza Durban, dove finalmente il sionismo possa venire formalmente equiparato al razzismo. La propaganda dei servizi israeliani all’estero ne verrebbe fortemente compromessa. Dall’intervista di Umberto De Giovanngeli sembra di capire che la Livni sia orientata verso l’unica soluzione praticabile: la costituzione di una “riserva indiana” dove ficcarci dentro i palestinesi, illudendo il mondo di aver dato vita finalmente ad uno “stato palestinese”. Finché avranno vita e forze sufficienti per resistere credo che i palestinesi reclameranno sempre ciò che la ragione, la giustizia e la dignità esigono: il ritorno ai loro villaggi ed alle loro case, lo stesso risarcimento materiale e morale che con minore fondamento gli israeliani hanno preteso dall’Europa. Ma ciò sarà possibile solo nell’ambito di uno Stato unico binazionale, che di per sé comporterebbe la “distruzione” di Israele così come la conosciamo, cioè uno stato ebraico basato sull’apartheid e su un fondamento razziale: Blut und Boden. Se Livni pensa allo “stato palestinese” è il minimo che responsabilmente possa proporsi, ma non è con ciò progressista. Se altri al suo posto prevarranno, sarà la disfatta per Israele. Insomma, Ahmadinejad al quale hanno fatto un’immensa pubblicità, attribuendogli l’intenzione di cancellare Israele dalla carta geografica, si dimostra un fine analista politico. Conosce cioè i vicoli ciechi della politica israeliana e ha presente tutti gli scenari possibili. Il mondo arabo non ha nessun bisogno di muovere guerra a Israele. Deve soltanto attendere nel rifiuto di riconoscere la legittima della conquista e dell’occupazione violenta dei territori palestinesi. Forse il grande errore storico dei sionisti è l’aver pensato che nel XX secolo fosse possibile la politica coloniale dei secoli precedenti, quando coloni europei partivano per l’America, l’Australia e gli altri paesi del mondo occupati da potenze coloniali. I sionisti fin dall’inizio non hanno mai contemplato una politica di integrazione nei territori dove andavano ad insediarsi. Volevano tutto per loro il loro stato: gli indigeni dovevano sparire. Per loro disgrazia non sono scomparsi e si sono riprodotti più numerosi di prima. Nel frattempo il mondo prende sempre più coscienza di una situazione reale che la propaganda non riesce più a mistificare. Il più solido sostegno era costituito dall’amministrazione americana, segnatamente da George W. Bush, che ora viene riconosciuta dagli stessi americani come il peggiore presidente della storia degli Stati Uniti. A lui si devono le guerre fallimentari in Medio Oriente ed ora anche la crisi economica. Già con l’11 settembre in non poca parte dell’opinione pubblica americana e mondiale si sono posti dubbi sulla versione ufficiale dell’accaduto. Questi dubbi non possono ora che aumentare. Israele ha un bisogno disperato di creare il sistema delle “riserve indiane” sottoscritte da qualche palestinese collaborazionista e riconosciute dal mondo arabo. Non sono un analista, ma mi sembra difficile avere successi su questa strada. Vedremo cosa ci riserverà il prossimo futuro dopo le elezioni presidenziali americane. Se non verrà confermata la linea Bush, i pericoli per la pace verranno non dall’Iran ma da Israele. Paradossalmente, se anche l’Iran rinunciasse ad ogni programma atomico, ma persistesse sulla linea del non riconoscimento di Israele, allora questa si inventerebbe qualche altra cosa per spingere ad una guerra contro l’Iran.
3. Osservatori UE nelle future riserve indiano-palestinesi. – Il “processo di pace” – terminologia alquanto eufemistica – prevederebbe la presenza di “osservatori” UE in quelle che bene che vada si caratterizzano già da adesso come una sorta di riserve indiane, dove confinare la popolazione palestinese superstite e non ancora dispersa. Il tempo della durata del “processo” non scorre in modo neutro: è esso stesso sostanza. Rientra nel campo delle previsioni dire quali potranno essere gli scenari prossimi venturi: l’implosione di Israele secondo la vera analisi di Ahamadinejad? La distruzione non di Israele ma di Gaza e di ogni forma organizzativa delle popolazioni palestinesi? La prevalenza della linea collaborazionista di Abu Mazen? La sua totale delegittimazione ed il necessario riconoscimento di fatto di Hamas come unico rappresentante del popolo palestinese? Una maggiore consistenza della stato unico binazionale? Meglio non azzardarsi in previsioni che possono essere smentite da un momento all’altro. Del resto, ciò che può succedere è in funzione della volontà delle parti che ciò succeda. Al momento da parte israeliana, Livni compresa, l’ipotesi dello stato unico è equiparata alla “distruzione” di Israele. Ma è una “distruzione” che si concilia meglio di ogni altra con il diritto, la giustizia, l’umanità.
4. «Soluzione nazionale» e «soluzione finale». – Ciò di cui non sembrano essere persuasi i “corretti informatori” è che la prevista “soluzione nazionale” è già “pulizia etnica”, qui tranquillamente ammessa. Neppure l’ombra del dubbio che lo “stato ebraico” sia a sua volta una stato razzista: è tranquillamente ammesso come cosa normale. Curiosa la preoccupazione per la bomba che non c’è a fronte invece della bomba che c’è, ed è in possesso di Israele. Moshe Feiglin fa capolino nelle cronache e sembra caratterizzare il tutto. Anche la Livni ne è condizionata. Ma di tutti costoro, anche quando paiono in dissenso, vale il proverbio sui ladri di Pisa: di notte vanno a rubare insieme, di giorno litigano.
2. «La donna più potente di Israele e del Medio Oriente». – Non credo alla versione democratica di Tzipi Livni e non mi appassionano le sue vicende governative. Per me resta la prima impressione legata ad un suo tentativo di impedire la rielezione di Louise Arbour e la riedizione di una nuova conferenza Durban, dove finalmente il sionismo possa venire formalmente equiparato al razzismo. La propaganda dei servizi israeliani all’estero ne verrebbe fortemente compromessa. Dall’intervista di Umberto De Giovanngeli sembra di capire che la Livni sia orientata verso l’unica soluzione praticabile: la costituzione di una “riserva indiana” dove ficcarci dentro i palestinesi, illudendo il mondo di aver dato vita finalmente ad uno “stato palestinese”. Finché avranno vita e forze sufficienti per resistere credo che i palestinesi reclameranno sempre ciò che la ragione, la giustizia e la dignità esigono: il ritorno ai loro villaggi ed alle loro case, lo stesso risarcimento materiale e morale che con minore fondamento gli israeliani hanno preteso dall’Europa. Ma ciò sarà possibile solo nell’ambito di uno Stato unico binazionale, che di per sé comporterebbe la “distruzione” di Israele così come la conosciamo, cioè uno stato ebraico basato sull’apartheid e su un fondamento razziale: Blut und Boden. Se Livni pensa allo “stato palestinese” è il minimo che responsabilmente possa proporsi, ma non è con ciò progressista. Se altri al suo posto prevarranno, sarà la disfatta per Israele. Insomma, Ahmadinejad al quale hanno fatto un’immensa pubblicità, attribuendogli l’intenzione di cancellare Israele dalla carta geografica, si dimostra un fine analista politico. Conosce cioè i vicoli ciechi della politica israeliana e ha presente tutti gli scenari possibili. Il mondo arabo non ha nessun bisogno di muovere guerra a Israele. Deve soltanto attendere nel rifiuto di riconoscere la legittima della conquista e dell’occupazione violenta dei territori palestinesi. Forse il grande errore storico dei sionisti è l’aver pensato che nel XX secolo fosse possibile la politica coloniale dei secoli precedenti, quando coloni europei partivano per l’America, l’Australia e gli altri paesi del mondo occupati da potenze coloniali. I sionisti fin dall’inizio non hanno mai contemplato una politica di integrazione nei territori dove andavano ad insediarsi. Volevano tutto per loro il loro stato: gli indigeni dovevano sparire. Per loro disgrazia non sono scomparsi e si sono riprodotti più numerosi di prima. Nel frattempo il mondo prende sempre più coscienza di una situazione reale che la propaganda non riesce più a mistificare. Il più solido sostegno era costituito dall’amministrazione americana, segnatamente da George W. Bush, che ora viene riconosciuta dagli stessi americani come il peggiore presidente della storia degli Stati Uniti. A lui si devono le guerre fallimentari in Medio Oriente ed ora anche la crisi economica. Già con l’11 settembre in non poca parte dell’opinione pubblica americana e mondiale si sono posti dubbi sulla versione ufficiale dell’accaduto. Questi dubbi non possono ora che aumentare. Israele ha un bisogno disperato di creare il sistema delle “riserve indiane” sottoscritte da qualche palestinese collaborazionista e riconosciute dal mondo arabo. Non sono un analista, ma mi sembra difficile avere successi su questa strada. Vedremo cosa ci riserverà il prossimo futuro dopo le elezioni presidenziali americane. Se non verrà confermata la linea Bush, i pericoli per la pace verranno non dall’Iran ma da Israele. Paradossalmente, se anche l’Iran rinunciasse ad ogni programma atomico, ma persistesse sulla linea del non riconoscimento di Israele, allora questa si inventerebbe qualche altra cosa per spingere ad una guerra contro l’Iran.
3. Osservatori UE nelle future riserve indiano-palestinesi. – Il “processo di pace” – terminologia alquanto eufemistica – prevederebbe la presenza di “osservatori” UE in quelle che bene che vada si caratterizzano già da adesso come una sorta di riserve indiane, dove confinare la popolazione palestinese superstite e non ancora dispersa. Il tempo della durata del “processo” non scorre in modo neutro: è esso stesso sostanza. Rientra nel campo delle previsioni dire quali potranno essere gli scenari prossimi venturi: l’implosione di Israele secondo la vera analisi di Ahamadinejad? La distruzione non di Israele ma di Gaza e di ogni forma organizzativa delle popolazioni palestinesi? La prevalenza della linea collaborazionista di Abu Mazen? La sua totale delegittimazione ed il necessario riconoscimento di fatto di Hamas come unico rappresentante del popolo palestinese? Una maggiore consistenza della stato unico binazionale? Meglio non azzardarsi in previsioni che possono essere smentite da un momento all’altro. Del resto, ciò che può succedere è in funzione della volontà delle parti che ciò succeda. Al momento da parte israeliana, Livni compresa, l’ipotesi dello stato unico è equiparata alla “distruzione” di Israele. Ma è una “distruzione” che si concilia meglio di ogni altra con il diritto, la giustizia, l’umanità.
4. «Soluzione nazionale» e «soluzione finale». – Ciò di cui non sembrano essere persuasi i “corretti informatori” è che la prevista “soluzione nazionale” è già “pulizia etnica”, qui tranquillamente ammessa. Neppure l’ombra del dubbio che lo “stato ebraico” sia a sua volta una stato razzista: è tranquillamente ammesso come cosa normale. Curiosa la preoccupazione per la bomba che non c’è a fronte invece della bomba che c’è, ed è in possesso di Israele. Moshe Feiglin fa capolino nelle cronache e sembra caratterizzare il tutto. Anche la Livni ne è condizionata. Ma di tutti costoro, anche quando paiono in dissenso, vale il proverbio sui ladri di Pisa: di notte vanno a rubare insieme, di giorno litigano.
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