Non bisogna essere né Tucidide né Tacito per sapere e per capire come quelli che oggi si chiamano “israeliani” siano venuti dal mare, sbarcando in una terra dove esistevano degli indigeni, che dai colonizzatori venivano probabilmente considerati alla stregua di selvaggi, privi di dignità e di qualsiasi umanità. Essi erano non “soggetti” del diritto internazionale, ma semplici “oggetti” di cui si poteva fare ogni cosa, anche un uso vile, oppure potevano perfino essere “ripuliti” dai territori via via occupati. Quando la storia, ad opera di riconosciuti professionisti, cessa di essere documentazione del vero, che tutti possono riconoscere come tale, allora diventa ideologia ed apologia di condotte che non sono giustificabili o accettabili né sotto il profilo etico-politico né sotto il profilo strettamente politico, se in questo si include la valutazione e la decisione che i singoli popoli europei possono assumere in ordine alla crisi del nostro tempo, cioè il conflitto mediorientale, la cui causa ha un solo nome chiaramente riconoscibile per chiunque non si chiami Benny Morris o non sia parte interessata nel conflitto: Israele. È curioso come si agiti lo spauracchio della “distruzione di Israele”, quando Israele ha già distrutto tutto ciò che poteva distruggere, anche il nostro ordinario senso di umanità. Le vie della pace, se ancora esistono, non possono essere lasciati nelle mani di quanti finora hanno solo praticato la guerra e distruzioni immani di ogni genere.
Versione 1.1/st. 3.10.09Precedente/Seguente
Sommario: 1. Manca la soluzione più semplice: il disarmo nucleare di Israele. – 2. La schizofrenia di Benny Morris. – 3. Benny Morris attacca Avraham Burg. –
1. Manca la soluzione più semplice: il disarmo nucleare di Israele. – È evidente in questo articolo come lo storico Benny Morris cessi di essere storico, se mai lo è stato nel senso di Tucidide o Tacito, per diventare partigiano fazioso ed ideologo della parte in cui ha deciso di stare. Il suo quadro apocalittici e le soluzione vagamente prospettate urtano contro l’uovo di Colombo. Se il pericolo paventato è quello di un «Olocausto» nucleare, basta imporre ad Israele ciò che si chiede all’Iran: lo smantellamento di ogni arsenale nucleare chiunque lo possieda, almeno nello schacciere mediorientale. Sembra invece che esista un diritto divino ed incontestabile da parte di israele a possedere testate atomiche, che i maligni dicono puntate verso le capitali europei a mo’ di ricatto, mentre ad altri Stati è negato persino il diritto di immaginarsele. Come ha dire che Israele ha un diritto divino a tener puntate pistole ed armamentari di ogni genere verso quegli indigeni che ha già spossessati delle loro terre. Semplicemente assurdo. Nulla a che vedere né con Tacito né con Tucidide. Ogni cittadino ha pieno diritto di confrontare e di opporre la sua opinione e le sue opzioni politiche a quelle di un Benny Moris che evidentemente pensa alla sua baracca e non a quella degli altri.
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2. La schizofrenia di Benny Morris. – Da un poco di tempo, per quanto mi riguarda, lo storico Benny Morris si impone alla pubblica attenzione italiana con la sua militanza politica orientata in modo certamente riconoscibile. La cosa non mi scandalizza, ma mi consente di oppore opzione a opzione secondo una logica di scontro culturale che è una forma di lotta diversa da quella cruenta sui campi di battaglia. Morris è pur sempre uno studioso e gli sono qui grato per aver dato una prima notizia di un personaggio storico, dell’altra parte, che non mi era noto e che andrò studiando alla bisogna. Di certo non accolgo nessuna delle valutazioni di parte. Spiace tuttavia notare in uno studioso una gratuita offesa ed irrisione altrui: poteva non parlare della persona che chiaramente non apprezza. Gli insulti dati, si sa, possono essere restituiti e tornare al mittente. Cosa non difficile da fare nel caso specifico.
3. Benny Morris attacca Burg. – Certamente il “tradimento” di Avraham Burg deve essere stato cocente per il sionismo. Burg dà interettamente ragione a Ilan Pappe, l’«altro» storico rispetto a Morris, che in quanto “storico” si caratterizza meglio come “ideologo”. Pappe avverte, in risposta ad un Napolitano portavoce del B’naï B’rith, che se non si vuol essere “antisemiti” occorre, si deve essere “antisionisti”. Certamente, non Benny Morris non è un antisionista ed i suoi corposi libri di narrazione storica non inganno un lettore mediocramente informato sugli svolgimenti generali della storia della Palestina dal 1882 in poi. È prima di quella data che esistevano relazioni pacifiche fra la grande, grandissima maggioranza di palestinesi e le poche migliaia di ebrei residenti, i quali pare siano stati i primi a non gradire la presenza sionista e ad avere intuito il pericolo della loro presenza. Di Morris non ci impressiona né la fama né la produzione abbondante. È bastata la prima riga di un suo ponderoso volume ad irritarci e a costringerci ad interrompere la lettura, che però riprenderemo per scrupolo filologico e deontologico. Ma diciamo subito che di Morris ci basta la lettura di poche righe per capirne l’animus ideologico e sionista, che non ci è per nulla difficile da confutare e respongere. Su un piano storiografico bastano e avanzano le critiche che si trovano nel libro di Pappe, costretto da minacce a lasciare Israele e insolentito in pubbliche conferenze da un figuro come Alan Dershowitz.
(segue)
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2. La schizofrenia di Benny Morris. – Da un poco di tempo, per quanto mi riguarda, lo storico Benny Morris si impone alla pubblica attenzione italiana con la sua militanza politica orientata in modo certamente riconoscibile. La cosa non mi scandalizza, ma mi consente di oppore opzione a opzione secondo una logica di scontro culturale che è una forma di lotta diversa da quella cruenta sui campi di battaglia. Morris è pur sempre uno studioso e gli sono qui grato per aver dato una prima notizia di un personaggio storico, dell’altra parte, che non mi era noto e che andrò studiando alla bisogna. Di certo non accolgo nessuna delle valutazioni di parte. Spiace tuttavia notare in uno studioso una gratuita offesa ed irrisione altrui: poteva non parlare della persona che chiaramente non apprezza. Gli insulti dati, si sa, possono essere restituiti e tornare al mittente. Cosa non difficile da fare nel caso specifico.
3. Benny Morris attacca Burg. – Certamente il “tradimento” di Avraham Burg deve essere stato cocente per il sionismo. Burg dà interettamente ragione a Ilan Pappe, l’«altro» storico rispetto a Morris, che in quanto “storico” si caratterizza meglio come “ideologo”. Pappe avverte, in risposta ad un Napolitano portavoce del B’naï B’rith, che se non si vuol essere “antisemiti” occorre, si deve essere “antisionisti”. Certamente, non Benny Morris non è un antisionista ed i suoi corposi libri di narrazione storica non inganno un lettore mediocramente informato sugli svolgimenti generali della storia della Palestina dal 1882 in poi. È prima di quella data che esistevano relazioni pacifiche fra la grande, grandissima maggioranza di palestinesi e le poche migliaia di ebrei residenti, i quali pare siano stati i primi a non gradire la presenza sionista e ad avere intuito il pericolo della loro presenza. Di Morris non ci impressiona né la fama né la produzione abbondante. È bastata la prima riga di un suo ponderoso volume ad irritarci e a costringerci ad interrompere la lettura, che però riprenderemo per scrupolo filologico e deontologico. Ma diciamo subito che di Morris ci basta la lettura di poche righe per capirne l’animus ideologico e sionista, che non ci è per nulla difficile da confutare e respongere. Su un piano storiografico bastano e avanzano le critiche che si trovano nel libro di Pappe, costretto da minacce a lasciare Israele e insolentito in pubbliche conferenze da un figuro come Alan Dershowitz.
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