Come «Informazione Corretta» e altri media presentano Israele, il Medio Oriente e la Palestina: Allam - Battista - Bush - Colombo - Bordin - Buffa - Cicchitto - Diaconale - Fait - Ferrara - Foxman - Frattini - Israel - Livni - Loewenthal - Meotti - Morris - Nirenstein - Ostellino - Ottolenghi - Pacifici - Pagliara - Panella – Pezzana - Polito - Prister - Santus - Ranieri - Ronchi - Sfaradi - Shalev - Steinhaus - Teodori - Volli
Cosa si intende qui per Israel Lobby?
«Una coalizione informale di individui e gruppi che cerca di influenzare la politica estera americana in modo che Israele ne tragga beneficio».
Ed in Italia come stanno le cose?
Stiamo cercando di scoprirlo!«Esistono due distinti meccanismi che impediscono alla realtà del conflitto israelo-palestinese di essere giustamente divulgata, e sono i due bavagli con cui i leader israeliani, i loro rappresentanti diplomatici in tutto il mondo, i simpatizzanti d’Israele e la maggioranza dei politici, dei commentatori e degli intellettuali conservatori di norma zittiscono chiunque osi criticare pubblicamente le condotte dello Stato ebraico nei Territori Occupati, o altri aspetti controversi della storia e delle politiche di quel Paese. Il primo bavaglio è l’impiego a tutto campo dei gruppi di pressione ebraici, le cosiddette lobby, per dirottare e falsificare il dibattito politico sul Medioriente (negli USA in primo luogo); il secondo è l’accusa di antisemitismo che viene sempre lanciata, o meglio sbattuta in faccia ai critici d’Israele» (P. Barnard, Perché ci odiano, p. 206).
Ricerche correlate:
1. Monitoraggio di «Informazione Corretta»: Indice-sommario. – 2. Osservatorio sulle reazioni a Mearsheimer e Walt. – 3. La pulizia etnica della Palestina. – 4. Boicottaggio prossimo venturo: la nuova conferenza di Durban prevista per il gennaio 2009. – 5. Teoria e prassi del diritto all’ingerenza. – 6. Per una critica italiana a Daniel Pipes. – 6. Classici del sionismo e dell’antisionismo: un’analisi comparata. – 8. Letteratura sionista: Sez. I. Nirenstein; II. Panella; III. Ottolenghi; IV. Allam; V. Venezia; VI. Gol; VII. Colombo; – 9. La leggenda dell’«Olocausto»: riapertura di un dibattito. – 10. Lettere a “La Stampa” su «Olocausto» e «negazionismo» a seguito di un articolo diffamatorio. – 11. Jürgen Graf: Il gigante dai piedi di argilla. – 12. Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodologia. – 13. Analisi critica della manifestazione indetta dal «Riformista». – 14. Controappello per una pace vera in Medio Oriente. –Versione 1.1
Status: 22.7.08
Sommario: 1. Le origini del sionismo secondo Edgar Morin. – 2. Theodor Herzl, l’eroe eponimo del sionismo scalfito dal sacrilego Sandro Viola. – 3. Lettura ed analisi sequenziale del testo di Herzl “Lo Stato Ebraico”. –
Non avrei voluto allargare la mia indagine di un tema che non amo e di cui mi occupo a malincuore mio malgrado. Tuttavia, è uno sviluppo naturale la ricerca di maggiori approfondimenti che spieghino meglio i temi da cui si è inizialmente partiti. La materia è quanto mai esplosiva perché su di essa non è consentita una serena valutazione secondo i propri convincimenti. Inoltre essa è collegata ad altri annosi temi. Farò perciò un tentativo di isolare il sionismo come specifica dottrina politica sorta in un determinato contesto dal più ampio tema dell’ebraismo e dell’antiebraismo o inesattamente antisemismo, un conflitto che rigyarda principalmente i rapporti del cristianesimo con la sua matrice ebraica Provo fastidio per questo genere di ricerche perché manca un terzo soggetto fatto fuori da entrambi i contendenti: il cosiddetto paganesimo ovvero la religiosità precristiana. A mio avviso, la condizione spirituale degli uomini è regredita da quando si è passati dal politeismo al monoteismo. Questo processo è andato avanti con la formazione dell’Impero Universale e con la sua comodità nel poter meglio controllare la coscienza degli uomini attraverso una sola religione, un solo sacerdozio, una sola chiesa. Nel mia ricerca non faccio il tifo né per i cristiani né per gli ebrei: mi sono egualmente estranei e lontani, anche se sono stato battezzato, educato nella fede cristiana ed ora insieme a tutti i cittadini europei costretto alla conversione forzata nella “religio holocaustica”. Non tratterò questi temi, ma tenterò di isolare un movimento specificatamente politico responsabile dei più pericolosi conflitti e lacerazioni della nostra epoca. Al tempo stesso dovrò necessariamente esaminare quei testi, per lo più messi al bando, che passano come antisemiti, ma che sono piuttosto una reazione ed un contasto al sionismo, come ad esempio i famosi Protocolli di Sion, certamente un falso, ma non per questo meno significativi per l’epoca in cui sono stati prodotti e per gli scopi che si prefiggevano.
1. Le origini del sionismo secondo Edgar Morin. – Edgar Morin, un ebreo che ha passato guai giudiziari a lui causati da altri ebrei, nel suo libro su Il mondo moderno e la questione ebraica traccia un articolato quadro del processo di integrazione degli ebrei all'interno di una società europea ormai cristianizzata. Tratta ampiamente il fenomeno del marranesime e della doppia identità ebraica e gentile. Pensatori, artisti e personaggi ebrei assai famosi nei più disparati campi vengono rivisitati con rapporto al loro ebraismo. Faccio fatica a considerare Marx, Freud e tanti altri in quanto ebrei. Mi interessano, se mi interessano. La loro specificità ebraica, più o meno consapevole, più o meno dichiarata, più o meno marginali è cosa che non attrae la mia attenzione e non fornisce nessun criterio di lettura. Questa parte del libro di Morin mi sembra arbitaria ed opinabile. Personalmente, darei una spiegazione più generale facendola discendere dalla diversità in una società entegralmente cristianizzata da Costantino in poi. A nessuno era lecito non essere cristiano. A farne le spese non sono stati solamente gli ebrei, ma ogni gruppo dissidente in società dove il cristianesimo era religione di stato. Le innumerevoli sette di eretici o supertiti delle antiche religioni hanno pagato e sofferto molto più degli ebrei che non hanno nella storia il monopolio del dolore e della sofferenza. In questi giorni si sta criminalizzando perfino la geografia, rendendo responsabile il comune di San Rossore per essere stato il luogo materiale della firma delle leggi razziali fasciste. Vi è in effetti di che arrossire.
Più interessante diventa il libro di Morin dalla pagina 87 in poi che seguiremo pagina dopo pagina, riportandone osservazioni sul testo. Intanto per Morin è sionismo è una reazione all’antisemitismo dell’affaire Dreyfus. Osserva però ancora Morin che lo stesso sistema giuridico francese ha poi condotto alla revisione del processo, per cui se discriminazione vi è stata il sistema giuridica uscito dalla rivoluzione francese aveva in se rimedi del caso. Vi è stato il torto, ma al torto è seguita la sua riparazione.
(segue)
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2. Theodor Herzl, l’eroe eponimo del sionismo scalfito dal sacrilego Sandro Viola. – A dire il vero Thedor Herzl non ha nessun posto nel Pantheon dei personaggi storici di mio interesse. Non rientra in nessun mio programma di studi o di letture. Del sionismo ho in genere una cattiva opinione, ma non è cosa di cui mi sarei ora occupato se non me lo fossi “trovato tra i piedi”, per usare a mo’ di contrappasso una gentile espressione già adoperata nei miei confronti dai “Corretti Informatori”: a gentilezza si risponde con analoga gentilezza. Qualcuno però pensa di volersene occupare. Ed è il caso di Sandro Viola, che sulla Repubblica scrive un pezzo sul Santo dei “Corretti Informatori”, ai quali non piace il modo in cui il dissacratore parla del loro idolo. Segnalano perciò al loro esercito di lapidatori, ai Michelini Levi animati da santa follia, con questo commento introduttivo, altamente civile e per nulla intriso da ebraico odio, l’articolo messo all’indice:
Procedo in modo sequenzale nella lettura di quello che sembra essere il maggior “classico” del pensiero sionista. L’edizione da me usata, presa in prestito dalla biblioteca della mia università, è del 1955 ed è preceduta da uno “studio introduttivo” di Dante Lattes., edita in Roma da “La Rassegna Mensile d’Israel” e posta al n° 8 della «Collana di Opere Ebraiche e Sionistiche». La traduzione dal tedesco è di Gino Servadio. Una traduzione che ci riserviamo di verificare sull’originale in una successiva sessione di studio dopo esserci procurato il testo originale tedesco. L’edizione è preceduta da un “Ai Lettori” di Augusto Segre. Un’edizione non è mai avulsa dal contesto in cui è stata edita. Facciamo qualche ricerca in rete sui nomi finora apparsi: Dante Lattes, Augusto Segre, Gino Servadio.
Sommario: 3.1 - Il cinquantesimo anniversario della morte di Herzl. – 3.2 - Contenuti ideologici nella presentazione di Lattes. – 3.3 - 4. Il concetto di antisemismo nell’opera di Bernard Lazare. – 5. Lettura e analisi dei “Protocolli di Sion”. –
3.1 - Il cinquantesimo anniversario della morte di Herzl. – Il 1955, che corrisponde all’anno 5715 del calendario ebraico «è dedicato in tutto il mondo ebraico al ricordo del cinquantesimo anniversario della morte», avverte Augusto Segre. Come a dire che il 2005 ricorre il centesimo anniversario, di cui dovrebbero esservi stati maggiori celebrazioni, a me tuttavia sfuggite. Forse l’articolo di Viale, che ha suscitato l’ira dei «Corretti Informatori» cadeva nell’anno sacro delle celebrazioni ebraiche. Per Augusto Segre con Teodoro Herzl si tratta dell’«artefice del risorto Stato d’Israele», cui si deve – “dopo diciotto secoli” – «la soluzione moderna sul piano politica internazionale con raro acume e geniale preveggenza». Andiamo al sodo dicendo che di questa pagina di Augusto Segre a noi interessa solamente la sua assimilazione fra ebraismo e sionismo. Che nel 1948 e successibi vi sia stata in Palestina “pulizia etnica” dei palestinesi sembra ignoto o di poco conto ad Augusto Segre. Questi riconosce ancora in Herzl la costruzione degli «efficaci strumenti politici e finanziari per la realizzazione della sua grande idea». Quali essi siano è una nota dolente, su cui non è consentita piena libertà di pensiero ed occorre perciò una certa cautela, facendo ricorso all’arte dell’allusione. Lo studioso Augusto Segre non sembra turbato all’idea che la terra di cui trattasi sia la terra dei palestinesi, i soli ad avere presumibilmente conservato una presenza ininterrotta sul territorio dagli inizi dell’era volgare ad oggi. Non è azzardato presumere che come gli odierni laziali siano stati pagani prima di essere cristiani, anche gli odierni palestinesi siano stati ebrei prima di diventare musulmani: le religioni passano e sono imposte spesso dal potere politico, i “fedeli” possono essere convertiti liberamente o con la forza all'una o all’altra religione, quando non sia ritenuto necessario o opportunali sterminarli fisicamente. Le recenti ricerche storiche di uno Shlomo Sand, ma in realta si tratta di tesi già note ed ora solamente divulgate ad un più vasto pubblico, dimostrano che non vi fu mai una diaspora e che gli “ebrei” di duemila anni fa sono presumibilmente gli odierni palestinesi, non più di religione ebraica, ma divenuti o musulmani o cristiani e forse alcuni rimasti ebrei. Insomma, la religione che si adotta nel corso dei secoli è un conto, la storia concreta dei popoli nel loro essere antropologico è un’altra. Il sionismo è una tardiva ideologia nazionalistica del XIX secolo.
Per noi profani, o goim come siam detti, è interessante sapere che Teodoro Herzl è considerato da Augusto Segre un «novello profeta d’Israele». Particolarmente stridente è l’uso del concetto di «Risorgimento», che per quanti italiani ad una sola identità e fedeltà hanno frequentato le scuole elementari dell’obbligo è un concetto tutto italiano, che rinvia ad una perduta unità nazionale senza pulizie etniche di sorta e senza sbarchi in terre lontane. Risorge qualcosa che già aveva radici in uno stesso luogo, non qualcosa che si radica altrove espellendo l’esistente. Il “risorgimento” sionista in Israele è analogo al Risorgimento americano, ottenuto con il genocidio degli amerindi e l’importazione di schiavi negri per il lavoro nelle piantagioni. L’idea politica di “risorgimento” sembra a prima vista un prestito improprio, un furto concettuale per un’occupazione coloniale per nulla encomiabile. Noi italiani dovremmo rivendicare il nostro copyright per l’uso del termine Risorgimento.
Si affaccia ancora l’idea del messianismo che fu all’origine della scissione violenta fra cristiani ed ebrei. Questi ultimi non riconobbero mai in Gesù la figura del Messia, che avrebbe dovuto essere secondo gli antichi un sorta di odierno Moshé Dayan con un solo occhio non solo in senso fisico, ma anche metafisico, nel senso che il suo occhio era solo per questa terra, la terra dei palestinesi cui la sottrasse, e giammai un qualcosa che riportava ad un mondo dello spirito, ad un regno dei cieli. Sull’idea di “messianismo” si sofferma maggiormente il “nostro Maestro Dante Lattes” nelle “pagine sulla vita e l’opera di teodoro Herzl”, cui Augusto Segre rinvia.
3.2 - Contenuti ideologici nella presentazione di Lattes. – La presentazione incomincia con il mito se non con la falsificazione di sana pianta. Non dovremo forse attardarci molto nella lettura del testo. Si incomincia con la distruzione del Tempio, si compie un salto cronologico di quasi 1900 anni e si stabilisce un legame con il presente come un heri dicebamus. In realtà non è così. La diaspora non vi è mai stata. Gli ebrei di oggi sparsi per il mondo non sono i discendenti degli esuli della distruzione del Tempio. Se da un punto di vista genetico occorre rintracciare gli odierni discendenti degli abitatori della Palestina nel 70 dell’era volgare è più facile trovarli negli odierni palestinesi piuttosto che in persone di religione ebraica residenti in Giappone o in Papuasia. Posto un cambio generazionale minimo di 25 anni e massimo di 50 anni è come se ci separassero 77 o 38 generazioni da allora: di padre in figlio è più facile, a lume di logica, che sul territorio siano rimasti i discendenti autoctoni piuttosto che immaginare uno spopolamento totale del territorio ed un suo totale ripolamento. Non sembra che ciò si sia potuto verificare all’epoca dei romani, mentre si sta verificando oggi con lo Stato Ebraico che prevede la pulizia etnica del territorio. In ultimo queste cose sono state divulgate in Israele da Shlomo Sand. Mi auguro che un’edizione italiana del suo libro renda familiare ciò ad un più vasto pubblico. In realtà, vi fu anche un proselitismo ebraico che convertì alla religione di Jahvè varie popolazioni del mondo antico. Non ci interessa né ci abbisogna percorrerne la storia, ma ci è sufficiente fare alcune ovvie considerazioni. Posto che l’ebraismo è essenzialmente se non unicamente una religione, va però notata una sua peculiarità. Con la perdita del magnifico, variopinto, tollerante politeismo del mondo antico si è tuttora convinti che il monoteismo sia stato un progresso verso una Verità Unica che entra facilmente in sanguinoso conflitto con altre Verità Uniche. La specificità religiosa del “popolo eletto” contiene almeno due elementi cruciali: a) la trasformazione del concetto politico di popolo in un concetto religioso; b) l’idea che un simile popolo sia “eletto” rispetto a tutti gli altri popoli.
Tentiamo qui una breve illustrazione di questi due aspetti e delle loro gravi implicazioni. Noi qui assumiamo come una dato scientifico acquisito la definizione schmittiana del concetto del politico consistente nella contrapposizione di amico nemico. Una simile contrapposizione comporta l’individuazione di un soggetto concretamente esistente che è il popolo, un popolo. Resta problematico e indefibile giacché storicamente mutevole la definizione di un determinato popolo. Resta estremamente pericolosa l’individuazione su base religiosa dell’essere proprio di un popolo. Le radici cristiane o giudaico-cristiane (= compromesso storico) di un popolo sono alla base di ogni intolleranza religiosa ed hanno portato nel passato ad infiniti «olocausti» di cui si è persa traccia e memoria. Dalla peculiarità tutta religiosa del “popolo ebraico” possono desumersi le cause profonde della questione ebraica all’interno delle società che hanno ospitato nel loro seno componenti religiose ebraiche. Ma di ciò tratteremo più ampiamente analizzando l’opera di Lazare. È curioso come in un testo della UE si sia posto come costitutivo del razzismo o dell’antisemitismo (arbitraria confusione ed equiparazione di concetti) l’idea di “superiorità” di un popolo su di un altro. Ma questa idea – salvo gli equilibrismi logici e filologici di cui i teologi di circostanza sono capaci ma che noi ignoriamo volutamente – è alla base dell’ebraismo religioso, che diventa sionismo quando si traduce in dottrina politica.
Il “problema ebraico” di cui parla Lattes in esordio è tutto qui. Possiamo risparmiarci una ulteriore discussione del suo studio introduttivo, anche se continuiamo a leggerlo dilgentemente fino alla fine. Proseguiamo dunque. La «libertà di vivere, di pensare, di lavorare, di credere e perfino di respirare» (op. cit., 9) è in realtà quella che oggi viene tolta ai palestinesi autoctoni ed indigeni dai sionisti ritornati da conquistatori e occupanti nella presunta terra dei loro padri, nati in realtà nei luoghi più disparati della terra. Nel testo di Lattes agisce in modo automatico il pregiudizio anti-goym. Gli appartenenti ad una peculiare setta religiosa si caratterizzano come “altro”, come “diversi” refrattari ad ogni idea di integrazione e di assimilazione con le società dentro ed alle cui spese vivono e poi si lamentano delle comprensibili reazioni ed antipatie cui vanno incontro, beninteso mai giustificabili quando danno luogo ai noti eccessi, documentabili nella storia durante l’arco dei millenni e non circoscrivibili ai soli 11 anni in cui il nazismo fu al potere. È penoso sorbirsi la solita solfa consistente nella pretesa di avere tutti i diritti, ora anche appositi privilegi, all’interno di una determinata società, senza però identificarsi con essa e con i suoi problemi, ma vivendone ai margini. Tralascio ulteriori pericolose illustrazioni di un concetto che dovrebbe esser chiaro ad un lettore intelligente. Ma il lungo testo di Lattes pare tutto impostato su questo leit-motiv. Tirem innanz!
Politicamente e rigorosamente parlando, in un determinato territorio può esserci un solo popolo. Parlare impropriamente di “popolo ebraico” – come fa Lattes – , «nella condizione di un popolo senza radici nella società dei popoli» (ivi) significa supporre una condizione eterna di “profughi” o di “rifugiati politici”. Nulla però a che fare con gli odierni clandestini o esuli politici. Qui si tratta di soggetti che godono gli stessi identici diritti (e qualcosa di più) delle società in cui non riconoscono le loro radici. È davvero uno strano modo di essere grati dell’accoglienza ricevuta. Ma il vizio logico è nel pregiudizio di essere un «popolo» distinto, se non contrapposto, alla società in cui un simile popolo vivrebbe. Ad uno dei fratelli Rosselli (ahimé non ricordo quale) fu chiesto se egli si sentisse innanzitutto italiano e poi ebreo. Rispondeva che si sentiva prima italiano e poi ebreo. Nella risposta era implicito – ne fosse egli consapevole o meno – che l’essere italiano comportava una identità politica, mentre l’essere ebreo era una qualità religiosa, paragonabili ed equiparabile a quella di cristiano, valdese, musulmano, dionisiaco, priapeo, ecc., in sé politicamente non rilevante. Oggi pare che la stessa domanda posta a degli odierni ebrei sionisti – dopo l’«Olocausto» – ottenga una ben diversa risposta. Non mi sto inventando nulla, ma riferisco di un’esperienza fatta all’interno di un centro di cultura ebraica in Roma durante una conferenza con altissimi personaggi.
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Per l’analisi della classica opera di Bernard Lazare, L’antisemitisme. Son Histoire et ses causes, utilizzo una copia presa in prestito dalla Biblioteca della mia università. L’opera apparve nel 1934 in Parigi presso le Èditions Jean Crès ed è in due volume di circa 300 pagine ciascuno. È preceduta da uno studio di André Fontaines, mentre la Prefazione di Lazare è chiusa il 25 aprile 1894. La data è qui significativa in quanto precede Lo Stato Ebraico di Herzl, che è del 1896. Ma è non meno significatica per il fatto di precedere lo scoppio del caso Dreyfus, il cui arresto avvenno il 13 ottobre dello stesso anno 1894. La parola “antisemitismo” appare in Francia per la prima volta intorno al 1875 (così Edgar Morin, op. cit., 127), mentre lo stesso Lazare Bernard Lazare nasceva nel 1865, morendo nel 1903. Il concetto avrà una sua lunga evoluzione che cercheremo di seguire nei suoi meandri, ma a nostro avviso oggi è diventato solo un pretesto per mettere a tacere ogni sorta di legittimina critica in campo storico, politico, sociale, filosofico. Sembra che essa sia diventata un arma posta in mano a moderni Inquisitori contro i quali non è concesso appello. Mutatis mutandis sembrano ritornati i tempi dei Torquemada e delle varie Inquisizioni, complice un ceto politico che dal 1945 va alla ricerca di basi certe per la sua legittimazione al potere e si appiglia ad ogni zattera ideologica che trova annaspando nel buio.
Sommario: 4.1 - L’attitudine di Lazare. – 4.2
4.1. L’attitudine di Lazare. – Interessante notare come già nel 1894 lo stesso Lazare fosse stato accusato di “antisemitismo”, termine entrato nell’uso da non più di venti anni. Lazare dichiara subito di non essere né antisemita né filosemita, ma che il suo scopo è quello di condurre un’analisi scientifica del fenomeno dell’antisemitismo. Egli giudica negativamente questa concezione, anche se ritiene che la si debba spiegare. È da notare che in quest’anno il termine “antisemitismo” non è ancora diventato un articolo del codice penale e di conseguenza anche una trappola entro cui far cadere critici ed avversari. L’antisemitismo poteva essere concepito come una dottrina politica, magari non condivisibile e deprecabile, ma paragonabile a ciò che oggi può essere l’antifascismo o l’antinazismo. Nessuno oggi va in galera perché si professa antifascista o antinazista: è un presupposto democratico esserlo ed anche un titolo di merito che suscita emulazione in pubbliche professioni di antifascimo simmetricamente opposte ai Littoriali in cui gli intellettuali partecipavano a premi per chi professava i migliori elogi del fascismo. Altra cosa è fare professione di antisemitismo. Si tratta in questo caso di un’accusa da cui ci si deve ogni volta difendere per evitare conseguenze penali. Tutto ciò fa sì che ul libro scritto nel 1894 come quello di Bernard Lazare offre maggiori garanzie di obiettività scientifica di molti altri scritti in epoca successiva e recentissima, dove è lecito il sospetto che i loro autori perseguano scopi che non sono quelli dell’analisi scientifica ed obiettiva su un fenomeno che ha certamente bisogno di essere spiegato e compreso.
4.2. Il termine antisemitismo. – Già nel 1894 Lazare avverte come il termine “antisemitismo” sia stato mal scelto, avendo come scopo quello di allargare un conflitto storicamente esistente fra cristianesimo e giudaismo. Sarebbe più proprio l’uso del termine antigiudaismo. Sarebbe una ricerca linguistica interessante lo studio della diffusione del termine, individuando i soggetti che hanno avuto interesse alla sua creazione, al suo uso e alla sua diffusione. (segue)
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Dico subito per frenare i Lapidatori sempre in agguato che il mio interesse è qui scientifico. Non esistendo una specifico divieto a leggere non importa quali testi, mi avvalgo di un diritto costituzionale di leggere un libro di cui probabilmente non mi sarei mai accorto se non fosse stato preceduto dalle ricorrenti demonizzazioni che se ne sono fatte. Il problema della sua “falsità” mi interessa molto di meno della sua esistenza oggettiva in quanto testo scritto in un anno determinato, cioè il 1905. A quanto mi pare di poter giudicare il problema della falsità è stato posto in quanto sarebbe falso che a comporre il libro siano stati i “Savi di Sion”, cioè che il libro sia un prodotto interno al sionismo, che già nel 1896 aveva visto apparire come suo Manifesto lo “Stato ebraico” di Herzl, ma le cui prime formulazioni possono rintraccarsi fin dal 1836. A comporre i “Protocolli” sarebbero stati i servizi segreti zaristi. La questione della autenticità, che lasciamo impregiudicata, ci sembra in sé meno interessante rispetto al contenuto del testo che qualcuno, fornito di adeguate cognizioni, deve aver materialmente scritto nell’anno 1903. Il come ed il perché lo abbia fatto è in se stesso un tema interessante di ricerca, che speriamo ci lascino fare. Non possiedo nessuna edizione cartacea del “Protocolli di Sion” e di dubito di poterne trovare una copia in qualche biblioteca. Devo perciò basarmi su una edizione disponibile in rete, priviliegiando quello che di volta in volta mi appare filologicamente migliore. Per adesso mi baso sulla seguente. Se si può parlare di “classici dell’antisemitismo”, credo che una simile denominazione competa certamente ai “Protocolli dei Savi di Sion”, di cui cercheremo di indagare più che il testo ciò che dietro di esso si nasconde ovvero quali siano state le effettive intenzioni del loro o dei loro autori.
(segue)
1. Le origini del sionismo secondo Edgar Morin. – Edgar Morin, un ebreo che ha passato guai giudiziari a lui causati da altri ebrei, nel suo libro su Il mondo moderno e la questione ebraica traccia un articolato quadro del processo di integrazione degli ebrei all'interno di una società europea ormai cristianizzata. Tratta ampiamente il fenomeno del marranesime e della doppia identità ebraica e gentile. Pensatori, artisti e personaggi ebrei assai famosi nei più disparati campi vengono rivisitati con rapporto al loro ebraismo. Faccio fatica a considerare Marx, Freud e tanti altri in quanto ebrei. Mi interessano, se mi interessano. La loro specificità ebraica, più o meno consapevole, più o meno dichiarata, più o meno marginali è cosa che non attrae la mia attenzione e non fornisce nessun criterio di lettura. Questa parte del libro di Morin mi sembra arbitaria ed opinabile. Personalmente, darei una spiegazione più generale facendola discendere dalla diversità in una società entegralmente cristianizzata da Costantino in poi. A nessuno era lecito non essere cristiano. A farne le spese non sono stati solamente gli ebrei, ma ogni gruppo dissidente in società dove il cristianesimo era religione di stato. Le innumerevoli sette di eretici o supertiti delle antiche religioni hanno pagato e sofferto molto più degli ebrei che non hanno nella storia il monopolio del dolore e della sofferenza. In questi giorni si sta criminalizzando perfino la geografia, rendendo responsabile il comune di San Rossore per essere stato il luogo materiale della firma delle leggi razziali fasciste. Vi è in effetti di che arrossire.
Più interessante diventa il libro di Morin dalla pagina 87 in poi che seguiremo pagina dopo pagina, riportandone osservazioni sul testo. Intanto per Morin è sionismo è una reazione all’antisemitismo dell’affaire Dreyfus. Osserva però ancora Morin che lo stesso sistema giuridico francese ha poi condotto alla revisione del processo, per cui se discriminazione vi è stata il sistema giuridica uscito dalla rivoluzione francese aveva in se rimedi del caso. Vi è stato il torto, ma al torto è seguita la sua riparazione.
(segue)
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2. Theodor Herzl, l’eroe eponimo del sionismo scalfito dal sacrilego Sandro Viola. – A dire il vero Thedor Herzl non ha nessun posto nel Pantheon dei personaggi storici di mio interesse. Non rientra in nessun mio programma di studi o di letture. Del sionismo ho in genere una cattiva opinione, ma non è cosa di cui mi sarei ora occupato se non me lo fossi “trovato tra i piedi”, per usare a mo’ di contrappasso una gentile espressione già adoperata nei miei confronti dai “Corretti Informatori”: a gentilezza si risponde con analoga gentilezza. Qualcuno però pensa di volersene occupare. Ed è il caso di Sandro Viola, che sulla Repubblica scrive un pezzo sul Santo dei “Corretti Informatori”, ai quali non piace il modo in cui il dissacratore parla del loro idolo. Segnalano perciò al loro esercito di lapidatori, ai Michelini Levi animati da santa follia, con questo commento introduttivo, altamente civile e per nulla intriso da ebraico odio, l’articolo messo all’indice:
Delle due pagine dedicate da REPUBBLICA oggi, 25/11/2007, a Theodor Herzl si salva solamente l'impaginazione, come sempre molto elegante nel supplemento culturale. Ma niente di più. Herzl viene descritto da Sandro Viola come un bellimbusto, un vanaglorioso, un vanitoso, un fragile psichicamente, insomma una specie di megalomane, un folle. [Una interpretazione!] Sulla cui famiglia piombò un tragico destino. Povero Viola, come sempre rabbioso verso il sionismo, poteva non prendersela con il suo fondatore? [È questa un'obiezione critica all'articolo?] Herzl, con le sue idee e la sua tenacia, ha fondato uno Stato [e che Stato! Sulla pelle dei palestinesi!], lui Viola è stato e rimarrà soltanto un grade esperto dei bar [l’insulto, abituale risorsa critica dei nostri Corretti Informatori] dei Grand Hotel in giro per il mondo, a fare, lui sì, il vanitoso impomatato. Come chissà quanti altri. [Chi sarebbero e cosa c’entrano in questa storia?]Ciò che riesce patetico negli abituali commenti, sempre rigorosamente anonimi, dei Corretti Informatori è l’assoluta convinzione che i loro giudizi possano essere condivisi da chiunque anche per caso si trovi a leggerli: tanto grande è la loro obiettività. Evidentemente è un discorso tutto loro interno. E finché rimanesse al loro interno noi potremmo disinteressarcene. Il problema è che invitano i loro lapidatori a lanciare sassi scrivendo alle redazioni ed ai direttori dei giornali. In questo modo conducono la loro lotta sionista volta ad influenzare l’opinione pubblica e ad intimidire i non allineati al Verbo israeliano. Non è considerato lecito un punto di vista ed una valutazione critica diversa da quella che alberga nella testa dei Pezzana, Israel o dei Michelini Levi, cittadini israeliani scorazzanti per un’Italia da millenni abituata all’incursione di eserciti stranieri. Quest’ultimo per ogni articolo che non condivide ha ormai preso l’abitudine di scrivere al presidente dell’ordine dei giornalisti affinché il reo di opinione “non corretta” venga radiato dall’Ordine.
3.
Lettura ed analisi sequenziale del testo di
Teodoro Herzl “Lo Stato Ebraico”, tradotto in italiano.
Teodoro Herzl “Lo Stato Ebraico”, tradotto in italiano.
Procedo in modo sequenzale nella lettura di quello che sembra essere il maggior “classico” del pensiero sionista. L’edizione da me usata, presa in prestito dalla biblioteca della mia università, è del 1955 ed è preceduta da uno “studio introduttivo” di Dante Lattes., edita in Roma da “La Rassegna Mensile d’Israel” e posta al n° 8 della «Collana di Opere Ebraiche e Sionistiche». La traduzione dal tedesco è di Gino Servadio. Una traduzione che ci riserviamo di verificare sull’originale in una successiva sessione di studio dopo esserci procurato il testo originale tedesco. L’edizione è preceduta da un “Ai Lettori” di Augusto Segre. Un’edizione non è mai avulsa dal contesto in cui è stata edita. Facciamo qualche ricerca in rete sui nomi finora apparsi: Dante Lattes, Augusto Segre, Gino Servadio.
Sommario: 3.1 - Il cinquantesimo anniversario della morte di Herzl. – 3.2 - Contenuti ideologici nella presentazione di Lattes. – 3.3 - 4. Il concetto di antisemismo nell’opera di Bernard Lazare. – 5. Lettura e analisi dei “Protocolli di Sion”. –
3.1 - Il cinquantesimo anniversario della morte di Herzl. – Il 1955, che corrisponde all’anno 5715 del calendario ebraico «è dedicato in tutto il mondo ebraico al ricordo del cinquantesimo anniversario della morte», avverte Augusto Segre. Come a dire che il 2005 ricorre il centesimo anniversario, di cui dovrebbero esservi stati maggiori celebrazioni, a me tuttavia sfuggite. Forse l’articolo di Viale, che ha suscitato l’ira dei «Corretti Informatori» cadeva nell’anno sacro delle celebrazioni ebraiche. Per Augusto Segre con Teodoro Herzl si tratta dell’«artefice del risorto Stato d’Israele», cui si deve – “dopo diciotto secoli” – «la soluzione moderna sul piano politica internazionale con raro acume e geniale preveggenza». Andiamo al sodo dicendo che di questa pagina di Augusto Segre a noi interessa solamente la sua assimilazione fra ebraismo e sionismo. Che nel 1948 e successibi vi sia stata in Palestina “pulizia etnica” dei palestinesi sembra ignoto o di poco conto ad Augusto Segre. Questi riconosce ancora in Herzl la costruzione degli «efficaci strumenti politici e finanziari per la realizzazione della sua grande idea». Quali essi siano è una nota dolente, su cui non è consentita piena libertà di pensiero ed occorre perciò una certa cautela, facendo ricorso all’arte dell’allusione. Lo studioso Augusto Segre non sembra turbato all’idea che la terra di cui trattasi sia la terra dei palestinesi, i soli ad avere presumibilmente conservato una presenza ininterrotta sul territorio dagli inizi dell’era volgare ad oggi. Non è azzardato presumere che come gli odierni laziali siano stati pagani prima di essere cristiani, anche gli odierni palestinesi siano stati ebrei prima di diventare musulmani: le religioni passano e sono imposte spesso dal potere politico, i “fedeli” possono essere convertiti liberamente o con la forza all'una o all’altra religione, quando non sia ritenuto necessario o opportunali sterminarli fisicamente. Le recenti ricerche storiche di uno Shlomo Sand, ma in realta si tratta di tesi già note ed ora solamente divulgate ad un più vasto pubblico, dimostrano che non vi fu mai una diaspora e che gli “ebrei” di duemila anni fa sono presumibilmente gli odierni palestinesi, non più di religione ebraica, ma divenuti o musulmani o cristiani e forse alcuni rimasti ebrei. Insomma, la religione che si adotta nel corso dei secoli è un conto, la storia concreta dei popoli nel loro essere antropologico è un’altra. Il sionismo è una tardiva ideologia nazionalistica del XIX secolo.
Per noi profani, o goim come siam detti, è interessante sapere che Teodoro Herzl è considerato da Augusto Segre un «novello profeta d’Israele». Particolarmente stridente è l’uso del concetto di «Risorgimento», che per quanti italiani ad una sola identità e fedeltà hanno frequentato le scuole elementari dell’obbligo è un concetto tutto italiano, che rinvia ad una perduta unità nazionale senza pulizie etniche di sorta e senza sbarchi in terre lontane. Risorge qualcosa che già aveva radici in uno stesso luogo, non qualcosa che si radica altrove espellendo l’esistente. Il “risorgimento” sionista in Israele è analogo al Risorgimento americano, ottenuto con il genocidio degli amerindi e l’importazione di schiavi negri per il lavoro nelle piantagioni. L’idea politica di “risorgimento” sembra a prima vista un prestito improprio, un furto concettuale per un’occupazione coloniale per nulla encomiabile. Noi italiani dovremmo rivendicare il nostro copyright per l’uso del termine Risorgimento.
Si affaccia ancora l’idea del messianismo che fu all’origine della scissione violenta fra cristiani ed ebrei. Questi ultimi non riconobbero mai in Gesù la figura del Messia, che avrebbe dovuto essere secondo gli antichi un sorta di odierno Moshé Dayan con un solo occhio non solo in senso fisico, ma anche metafisico, nel senso che il suo occhio era solo per questa terra, la terra dei palestinesi cui la sottrasse, e giammai un qualcosa che riportava ad un mondo dello spirito, ad un regno dei cieli. Sull’idea di “messianismo” si sofferma maggiormente il “nostro Maestro Dante Lattes” nelle “pagine sulla vita e l’opera di teodoro Herzl”, cui Augusto Segre rinvia.
3.2 - Contenuti ideologici nella presentazione di Lattes. – La presentazione incomincia con il mito se non con la falsificazione di sana pianta. Non dovremo forse attardarci molto nella lettura del testo. Si incomincia con la distruzione del Tempio, si compie un salto cronologico di quasi 1900 anni e si stabilisce un legame con il presente come un heri dicebamus. In realtà non è così. La diaspora non vi è mai stata. Gli ebrei di oggi sparsi per il mondo non sono i discendenti degli esuli della distruzione del Tempio. Se da un punto di vista genetico occorre rintracciare gli odierni discendenti degli abitatori della Palestina nel 70 dell’era volgare è più facile trovarli negli odierni palestinesi piuttosto che in persone di religione ebraica residenti in Giappone o in Papuasia. Posto un cambio generazionale minimo di 25 anni e massimo di 50 anni è come se ci separassero 77 o 38 generazioni da allora: di padre in figlio è più facile, a lume di logica, che sul territorio siano rimasti i discendenti autoctoni piuttosto che immaginare uno spopolamento totale del territorio ed un suo totale ripolamento. Non sembra che ciò si sia potuto verificare all’epoca dei romani, mentre si sta verificando oggi con lo Stato Ebraico che prevede la pulizia etnica del territorio. In ultimo queste cose sono state divulgate in Israele da Shlomo Sand. Mi auguro che un’edizione italiana del suo libro renda familiare ciò ad un più vasto pubblico. In realtà, vi fu anche un proselitismo ebraico che convertì alla religione di Jahvè varie popolazioni del mondo antico. Non ci interessa né ci abbisogna percorrerne la storia, ma ci è sufficiente fare alcune ovvie considerazioni. Posto che l’ebraismo è essenzialmente se non unicamente una religione, va però notata una sua peculiarità. Con la perdita del magnifico, variopinto, tollerante politeismo del mondo antico si è tuttora convinti che il monoteismo sia stato un progresso verso una Verità Unica che entra facilmente in sanguinoso conflitto con altre Verità Uniche. La specificità religiosa del “popolo eletto” contiene almeno due elementi cruciali: a) la trasformazione del concetto politico di popolo in un concetto religioso; b) l’idea che un simile popolo sia “eletto” rispetto a tutti gli altri popoli.
Tentiamo qui una breve illustrazione di questi due aspetti e delle loro gravi implicazioni. Noi qui assumiamo come una dato scientifico acquisito la definizione schmittiana del concetto del politico consistente nella contrapposizione di amico nemico. Una simile contrapposizione comporta l’individuazione di un soggetto concretamente esistente che è il popolo, un popolo. Resta problematico e indefibile giacché storicamente mutevole la definizione di un determinato popolo. Resta estremamente pericolosa l’individuazione su base religiosa dell’essere proprio di un popolo. Le radici cristiane o giudaico-cristiane (= compromesso storico) di un popolo sono alla base di ogni intolleranza religiosa ed hanno portato nel passato ad infiniti «olocausti» di cui si è persa traccia e memoria. Dalla peculiarità tutta religiosa del “popolo ebraico” possono desumersi le cause profonde della questione ebraica all’interno delle società che hanno ospitato nel loro seno componenti religiose ebraiche. Ma di ciò tratteremo più ampiamente analizzando l’opera di Lazare. È curioso come in un testo della UE si sia posto come costitutivo del razzismo o dell’antisemitismo (arbitraria confusione ed equiparazione di concetti) l’idea di “superiorità” di un popolo su di un altro. Ma questa idea – salvo gli equilibrismi logici e filologici di cui i teologi di circostanza sono capaci ma che noi ignoriamo volutamente – è alla base dell’ebraismo religioso, che diventa sionismo quando si traduce in dottrina politica.
Il “problema ebraico” di cui parla Lattes in esordio è tutto qui. Possiamo risparmiarci una ulteriore discussione del suo studio introduttivo, anche se continuiamo a leggerlo dilgentemente fino alla fine. Proseguiamo dunque. La «libertà di vivere, di pensare, di lavorare, di credere e perfino di respirare» (op. cit., 9) è in realtà quella che oggi viene tolta ai palestinesi autoctoni ed indigeni dai sionisti ritornati da conquistatori e occupanti nella presunta terra dei loro padri, nati in realtà nei luoghi più disparati della terra. Nel testo di Lattes agisce in modo automatico il pregiudizio anti-goym. Gli appartenenti ad una peculiare setta religiosa si caratterizzano come “altro”, come “diversi” refrattari ad ogni idea di integrazione e di assimilazione con le società dentro ed alle cui spese vivono e poi si lamentano delle comprensibili reazioni ed antipatie cui vanno incontro, beninteso mai giustificabili quando danno luogo ai noti eccessi, documentabili nella storia durante l’arco dei millenni e non circoscrivibili ai soli 11 anni in cui il nazismo fu al potere. È penoso sorbirsi la solita solfa consistente nella pretesa di avere tutti i diritti, ora anche appositi privilegi, all’interno di una determinata società, senza però identificarsi con essa e con i suoi problemi, ma vivendone ai margini. Tralascio ulteriori pericolose illustrazioni di un concetto che dovrebbe esser chiaro ad un lettore intelligente. Ma il lungo testo di Lattes pare tutto impostato su questo leit-motiv. Tirem innanz!
Politicamente e rigorosamente parlando, in un determinato territorio può esserci un solo popolo. Parlare impropriamente di “popolo ebraico” – come fa Lattes – , «nella condizione di un popolo senza radici nella società dei popoli» (ivi) significa supporre una condizione eterna di “profughi” o di “rifugiati politici”. Nulla però a che fare con gli odierni clandestini o esuli politici. Qui si tratta di soggetti che godono gli stessi identici diritti (e qualcosa di più) delle società in cui non riconoscono le loro radici. È davvero uno strano modo di essere grati dell’accoglienza ricevuta. Ma il vizio logico è nel pregiudizio di essere un «popolo» distinto, se non contrapposto, alla società in cui un simile popolo vivrebbe. Ad uno dei fratelli Rosselli (ahimé non ricordo quale) fu chiesto se egli si sentisse innanzitutto italiano e poi ebreo. Rispondeva che si sentiva prima italiano e poi ebreo. Nella risposta era implicito – ne fosse egli consapevole o meno – che l’essere italiano comportava una identità politica, mentre l’essere ebreo era una qualità religiosa, paragonabili ed equiparabile a quella di cristiano, valdese, musulmano, dionisiaco, priapeo, ecc., in sé politicamente non rilevante. Oggi pare che la stessa domanda posta a degli odierni ebrei sionisti – dopo l’«Olocausto» – ottenga una ben diversa risposta. Non mi sto inventando nulla, ma riferisco di un’esperienza fatta all’interno di un centro di cultura ebraica in Roma durante una conferenza con altissimi personaggi.
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4.
Il concetto di antisemitismo nell’opera di Bernard Lazare
Il concetto di antisemitismo nell’opera di Bernard Lazare
Per l’analisi della classica opera di Bernard Lazare, L’antisemitisme. Son Histoire et ses causes, utilizzo una copia presa in prestito dalla Biblioteca della mia università. L’opera apparve nel 1934 in Parigi presso le Èditions Jean Crès ed è in due volume di circa 300 pagine ciascuno. È preceduta da uno studio di André Fontaines, mentre la Prefazione di Lazare è chiusa il 25 aprile 1894. La data è qui significativa in quanto precede Lo Stato Ebraico di Herzl, che è del 1896. Ma è non meno significatica per il fatto di precedere lo scoppio del caso Dreyfus, il cui arresto avvenno il 13 ottobre dello stesso anno 1894. La parola “antisemitismo” appare in Francia per la prima volta intorno al 1875 (così Edgar Morin, op. cit., 127), mentre lo stesso Lazare Bernard Lazare nasceva nel 1865, morendo nel 1903. Il concetto avrà una sua lunga evoluzione che cercheremo di seguire nei suoi meandri, ma a nostro avviso oggi è diventato solo un pretesto per mettere a tacere ogni sorta di legittimina critica in campo storico, politico, sociale, filosofico. Sembra che essa sia diventata un arma posta in mano a moderni Inquisitori contro i quali non è concesso appello. Mutatis mutandis sembrano ritornati i tempi dei Torquemada e delle varie Inquisizioni, complice un ceto politico che dal 1945 va alla ricerca di basi certe per la sua legittimazione al potere e si appiglia ad ogni zattera ideologica che trova annaspando nel buio.
Sommario: 4.1 - L’attitudine di Lazare. – 4.2
4.1. L’attitudine di Lazare. – Interessante notare come già nel 1894 lo stesso Lazare fosse stato accusato di “antisemitismo”, termine entrato nell’uso da non più di venti anni. Lazare dichiara subito di non essere né antisemita né filosemita, ma che il suo scopo è quello di condurre un’analisi scientifica del fenomeno dell’antisemitismo. Egli giudica negativamente questa concezione, anche se ritiene che la si debba spiegare. È da notare che in quest’anno il termine “antisemitismo” non è ancora diventato un articolo del codice penale e di conseguenza anche una trappola entro cui far cadere critici ed avversari. L’antisemitismo poteva essere concepito come una dottrina politica, magari non condivisibile e deprecabile, ma paragonabile a ciò che oggi può essere l’antifascismo o l’antinazismo. Nessuno oggi va in galera perché si professa antifascista o antinazista: è un presupposto democratico esserlo ed anche un titolo di merito che suscita emulazione in pubbliche professioni di antifascimo simmetricamente opposte ai Littoriali in cui gli intellettuali partecipavano a premi per chi professava i migliori elogi del fascismo. Altra cosa è fare professione di antisemitismo. Si tratta in questo caso di un’accusa da cui ci si deve ogni volta difendere per evitare conseguenze penali. Tutto ciò fa sì che ul libro scritto nel 1894 come quello di Bernard Lazare offre maggiori garanzie di obiettività scientifica di molti altri scritti in epoca successiva e recentissima, dove è lecito il sospetto che i loro autori perseguano scopi che non sono quelli dell’analisi scientifica ed obiettiva su un fenomeno che ha certamente bisogno di essere spiegato e compreso.
4.2. Il termine antisemitismo. – Già nel 1894 Lazare avverte come il termine “antisemitismo” sia stato mal scelto, avendo come scopo quello di allargare un conflitto storicamente esistente fra cristianesimo e giudaismo. Sarebbe più proprio l’uso del termine antigiudaismo. Sarebbe una ricerca linguistica interessante lo studio della diffusione del termine, individuando i soggetti che hanno avuto interesse alla sua creazione, al suo uso e alla sua diffusione. (segue)
(segue)
5.
Lettura ed analisi dei “Protocolli di Sion”
Lettura ed analisi dei “Protocolli di Sion”
Dico subito per frenare i Lapidatori sempre in agguato che il mio interesse è qui scientifico. Non esistendo una specifico divieto a leggere non importa quali testi, mi avvalgo di un diritto costituzionale di leggere un libro di cui probabilmente non mi sarei mai accorto se non fosse stato preceduto dalle ricorrenti demonizzazioni che se ne sono fatte. Il problema della sua “falsità” mi interessa molto di meno della sua esistenza oggettiva in quanto testo scritto in un anno determinato, cioè il 1905. A quanto mi pare di poter giudicare il problema della falsità è stato posto in quanto sarebbe falso che a comporre il libro siano stati i “Savi di Sion”, cioè che il libro sia un prodotto interno al sionismo, che già nel 1896 aveva visto apparire come suo Manifesto lo “Stato ebraico” di Herzl, ma le cui prime formulazioni possono rintraccarsi fin dal 1836. A comporre i “Protocolli” sarebbero stati i servizi segreti zaristi. La questione della autenticità, che lasciamo impregiudicata, ci sembra in sé meno interessante rispetto al contenuto del testo che qualcuno, fornito di adeguate cognizioni, deve aver materialmente scritto nell’anno 1903. Il come ed il perché lo abbia fatto è in se stesso un tema interessante di ricerca, che speriamo ci lascino fare. Non possiedo nessuna edizione cartacea del “Protocolli di Sion” e di dubito di poterne trovare una copia in qualche biblioteca. Devo perciò basarmi su una edizione disponibile in rete, priviliegiando quello che di volta in volta mi appare filologicamente migliore. Per adesso mi baso sulla seguente. Se si può parlare di “classici dell’antisemitismo”, credo che una simile denominazione competa certamente ai “Protocolli dei Savi di Sion”, di cui cercheremo di indagare più che il testo ciò che dietro di esso si nasconde ovvero quali siano state le effettive intenzioni del loro o dei loro autori.
(segue)
1 commento:
"A mio avviso, la condizione spirituale degli uomini è regredita da quando si è passati dal politeismo al monoteismo. Questo processo è andato avanti con la formazione dell’Impero Universale e con la sua comodità nel poter meglio controllare la coscienza degli uomini attraverso una sola religione, un solo sacerdozio, una sola chiesa. Nella mia ricerca non faccio il tifo né per i cristiani né per gli ebrei: mi sono egualmente estranei e lontani, anche se sono stato battezzato, educato nella fede cristiana ed ora insieme a tutti i cittadini europei costretto alla conversione forzata nella 'religio holocaustica'. (...) Al tempo stesso dovrò necessariamente esaminare quei testi, per lo più messi al bando, che passano come antisemiti, ma che sono piuttosto una reazione ed un contasto al sionismo, come ad esempio i famosi Protocolli di Sion, certamente un falso, ma non per questo meno significativi per l’epoca in cui sono stati prodotti e per gli scopi che si prefiggevano."
Sul monoteismo giudaico-cristiano, sul paganesimo, sulla "religio holocaustica" la penso esattamente come lei. Una delle sventure dell'umanità (del mondo animato più in generale) fu il trionfo "cattolico" del Monos di Giuda, astrazione tirannica d'origine zarathustriana, e il ritrarsi, lo scomparire degli dei naturali. Quanto ai Protocolli e al fatto che si tratti "certamente" di "un falso" non sarei, viceversa, così apodittico. Mi permetto di suggerirle i seguenti links: http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/51275, http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/51279, http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/51280, http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/51935.
Buona giornata.
Joe Fallisi
(www.nelvento.net)
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